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SENTIREA SCOLTARE
online music magazine
DICEMBRE N. 38
A l tr o
L a dy b u g Tra n sis to r
Si ghti n g s
Ya c ht
3 / 4 ha d b e e n e l i min a ted
Sl i ts
J e a n M i c h e l J arre
K u br ic k / Ly n c h
A r nol d Sc h ö e n b e rg
VAMPISOUL
Musica mas caliente
sentireascoltare 1
EINSTüRZENDE
NEUBAUTEN Potomak
“Alles Wieder Offen”
LOW
“Drums and Guns”
“The Stage Names”
MATTHEW
HERBERT
GIARDINI
DI MIrò
CD/LP Sub Pop
k
File under: Slow-core/Indie/Roc
CD/LP Potomak
File under: Industrial
IRON
AND WINE
“The Shepherd’s Dog”
CD/LP Sub Pop
File under: Folk
“Score”
CD !K7 Records
File under: Musica per Film
FUJIYA &
Miyagi
KELLY
JONES
“Transparent Things”
“Only the Names
Have Been Changed” CD Grönland
File under:
Dance/Krautrock
CD+DVD V2 UK
File under: Folk
BURNT
FRIEDMAN
COBBLESTONE
JAZZ
“1st Night Forever” “23 Seconds”
CD Nonplace
File under:
Elettronica/Soul
THE SHINS
OKKERVIL
RIVER
2CD !K7
File under:
Elettronica/Jazz
THE
WOMBATS
CD ADA/14/th Floor
File under:
Indie/Pop/Punk
Dividing Opinions”
CD Homesleep
File under: Post-Rock/Indie Rock
STATELESS
SWAYZAK
DEERHOOF
“Some Other Country”
“Friend Opportunity”
“Stateless”
CD/LP Tomlab
File under:
Indie/Pop/Noise
CD !K7
File under:
Rock/Elettronica
...A TOYS
ORCHESTRA
DISCO
DRIVE
CD !K7
File under:
Elettronica
CANADIANS
or Dreams” “Things To Do Today”
“A Sky With No Stars” “Technicol
CD Unhip
CD Ghost Records
File under:
Indie/Pop/Rock
PIANO
MAGIC
Loss...” “Part Monster”
“Wincing the Night Away” “A Guide to Love,
CD Homesleep
CD Sub Pop
File under:
Indie/Pop/Rock
CD/LP Jagjaguwar
File under: Indie/Folk/Rock
File under:
Indie
CD Urtovox
File under:
Indie/Pop/Rock
MARK
OLSON
MATTHEW
DEAR
“Asa Breed”
CD Ghostly Intl.
File under:
Elettronica/Pop
www.audioglobe.it
File under:
Indie/Punk/Rock
“The Salvation Blues”
CD Hacktone rec.
File under:
Folk/Rock/Blues
ONDENZA
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14.30 alle 18.30
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sommario
4 News
8 The Lights On
T hose L on e Vamp s , Helioc ent r ic s ,
Yacht, 3 ee m
1 2 Speciali
S e ttlefish, Altro , Lady bug Tr ans is t or,
S ig htin gs, 3/4 ha dbeenelim inat ed,
10
Vamp iso ul
34 Recensioni
I ’m No t Th ere O.S. T. , Bur ial, Car t er Tut t i,
Do ve man , Grizzly Bear, J es u, Subt le. . .
8 7 Rubriche
(Gi)An t Step s
Cha rles Ming us
We Are De mo:
3Sacch etti, Da ni ele M aggioli,
Margareth, Denis e , S i s t e r D e w. . .
Classic
S lits, Jea n Miche l J ar r e, Fas t bac k s
14
Cinema
K ubrick/Lynch, Gior ni e nuv ole ( Soldini) ,
Tide lan d (Gillia m )
I cosiddetti conte m p o r a n e i
A r no ld Schö en be r g
Direttore
Edoardo Bridda
Coordinamento
Teresa Greco
Consulenti alla redazione
Daniele Follero
Stefano Solventi
Staff
Gaspare Caliri
Valentina Cassano
Antonello Comunale
Antonio Puglia
Hanno collaborato
Gianni Avella, Davide Brace, Marco Braggion, Nicolas
Campagnari, Paolo Grava, Manfredi Lamartina, Alarico
Mantovani, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea
Provinciali, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio
Zampighi, Giuseppe Zucco.
92
Guida spirituale
Adriano Trauber (1966-2004)
Grafica
Edoardo Bridda, Valentina Cassano
in copertina
Betty Davis
SentireAscoltare online music magazine
Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05
Editore Edoardo Bridda
Direttore responsabile Antonello Comunale
Provider NGI S.p.A.
Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.
La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi
supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione
scritta di SentireAscoltare
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news
a c u r a d i Te r e s a G r e c o
Battisti e Drake protagonisti delle nuove uscite Arcana. In attesa del
decimo anniversario della scomparsa di Lucio Battisti (che si celebrerà nel 2008), la Arcana Editrice pubblica due volumi della collana
“Songbook” dedicati al cantautore di Poggio Bustone, entrambi a cura
di Franco Zanetti. Ma c’è qualcosa che non scordo, di Renzo Stefanel, analizza gli anni della collaborazione con Mogol, mentre Specchi
opposti, di Ivano Rebustini, si concentra sul periodo con Pasquale
P a n e l l a . È i n o l t r e i n u s c i t a J o u r n e y To T h e S t a r s . I t e s t i d i N i c k
Drake, di Paola De Angelis, analisi e commento di tutte le canzoni
dell’icona del folk inglese…
J a g j a g u w a r a n n u n c i a l ’ e n t r a t a d i B o n I v e r n e l s u o r o s t e r. A l l ’ i n i z i o
del 2008 l’etichetta pubblicherà il suo debutto dal titolo For Emma,
Forever Ago…
Konkurrent rivela alcune delle sue uscite per il prossimo anno. Il 10”
d i D u b Te r r o r ( U n i v e r s a l E g g ) , l a c u i u s c i t a è p r e v i s t a p e r g e n n a i o ,
il debutto di Paramount Styles NYC, il nuovo progetto di Scott McClouds dei Girls Agains Boys (aprile 2008, ancora non si conosce l’etichetta), e il nuovo In The Fishtank, questa volta a firma Mark Linkous
(Sparklehorse) vs. Fennesz (previsto per estate-autunno 2008)…
Mark Linkous
Annunciate le prime due date del tour dei Radiohead: si tratta di due
festival in giugno in Germania, il Southside e l’Hurricane, dal 20 al 22
giugno; in Italia terranno un’unica data il 18 giugno prossimo all’Arena
Civica di Milano…
21 concerti a Londra per gli Sparks (Russel e Ron Mael): nei prossimi
mesi di maggio e giugno la band californiana suonerà un loro album
a serata. Sono venti i dischi infatti da loro pubblicati nel corso della
carriera, e nel corso dell’ultimo concerto faranno ascoltare brani del
prossimo disco, in uscita nel 2008…
N u o v o a l b u m p e r i M a r s Vo l t a : T h e B e d l a m I n G o l i a t h u s c i r à i l p r o s simo 29 gennaio, insieme a un gioco online¸ Goliath The Soothsayer,
basato sul disco…
Mick Harris torna con un nuovo album a nome Scorn, a distanza di
5 anni (se si esclude un live pubblicato dalla polacca Vivo nel 2005);
Stealth esce a dicembre per Ad Noiseam…
Billy Bragg pubblicherà il nuovo disco, Mr Love & Justice il prossimo
anno in marzo; prodotto da Grant Showbiz, vede la partecipazione di
Robert Wyatt nel primo pezzo, I Keep Faith…
Justice in Italia a dicembre: Gaspard Augé e Xavier de Rosnay sar a n n o i l 1 2 a M i l a n o ( M a g a z z i n i G e n e r a l i ) , i l 1 3 a F i r e n z e ( Te n a x ) , i l
4 sentireascoltare
1 4 a N o n a n t o l a ( M O , Vo x ) e i l 1 5 a R o m a ( P a l a c i s a l f a ) , s u p p o r t a t i d a i
Bloody Beetroots…
To r n a n o i n I t a l i a a f e b b r a i o i r i f o r m a t i S m a s h i n g P u m p k i n s d o p o l ’ a n n u l l a m e n t o d e l c o n c e r t o d i Ve n e z i a d e l l ’ e s t a t e s c o r s a ; s a r a n n o i l 2 a l
DatchForum di Assago (MI) e il 3 al Palamalaguti di Casalecchio di
Reno (BO)…
E ancora anticipazioni live: a marzo anche gli Eels passeranno dal
nostro paese, il 7 al Conservatorio di Milano, l’8 all’Auditorium Parco
della Musica di Roma e il 9 al MaxLive di Vicenza. Il 14 gennaio, come
gia preannunciato il mese scorso, saranno pubblicati dalla Universal
due raccolte per celebrare i 10 anni del gruppo: Meet The Eels: Ess e n t i a l E e l s Vo l . 1 è u n b e s t e u n D V d c o n i l o r o v i d e o , U s e l e s s T r i n kets è una raccolta di b-sides e rarità…
Il prossimo anno cadrà il ventennale della Sub Pop: ci saranno eventi
organizzati a Seattle per l’occasione e una reunion eccellente: quella
dei Green River a vent’anni dallo scioglimento (si erano riformati per
un’unica occasione nel 1993 durante il tour dei Pearl Jam (con Ament,
G o s s a r d Tu r n e r e A r m ) . M a r k A r m e S t e v e Tu r n e r a v e v a n o p o i f o r m a t o i
M u d h o n e y, J e f f A m e n t e S t o n e G o s s a r d e r a n o e n t r a t i n e i P e a r l J a m …
Il nuovo album dei Silver Jews si chiamerà Loukout Mountain, Loukout Sea e uscirà il prossimo aprile su Drag City…
Mr. E
A due anni dall’ultimo Aerial, Kate Bush torna con un pezzo, Lyra,
incluso nella colonna sonora di un film The Golden Compass in uscita
a dicembre in Inghilterra…
K e v i n S h i e l d s , T h e J e s u s A n d M a r y C h a i n e i C o c t e a u Tw i n s s a r a n no i protagonisti di un documentario sullo shoegaze, dal titolo Beautiful Noise, diretto dal film-maker losangelino Eric Green, e in uscita il
prossimo anno. Il film vedrà anche le testimonianze di Slowdive, Chapterhouse, Ride e Flying Saucer Attack tra gli altri, insieme a interviste
a f a n q u a l i R o b e r t S m i t h , Tr e n t R e z n o r e Wa y n e C o y n e …
E a proposito di shoegazers, anche gli Swervedriver si riuniranno per
un tour nel 2008 dopo quasi un decennio di assenza; la band (il vocalist/chitarrista Adam Franklin, il chitarrista Jimmy Hartridge, il bassista
Steve George e il batterista Jez) si era sciolta nel ’98…
I Sigur Rós registreranno il prossimo album, il quinto in studio, non
presso il loro studio di Sundlaugin ma a Reykjavik,; con loro ci sarà
Flood (produttore già di U2 e Nine Inch Nails). Non si sa quindi ancora
quando potrebbe uscire il disco il prossimo anno. Il gruppo ha appena
pubblicato il doppio Hvarf-Heim…
sentireascoltare 5
news
a c u r a d i Te r e s a G r e c o
To r n a n o i K i l l s s u D o m i n o , a d u e a n n i d i d i s t a n z a d a N o W o w , c o n
U.R.A. Fever singolo che uscirà a gennaio, e precederà un album che
sarà pubblicato il mese di marzo…
I Polvo, scioltisi nel ’97, torneranno a riunirsi in occasione dell’All
To m o r r o w ’ s P a r t i e s a m a g g i o d e l 2 0 0 8 , r i c o m p o s i z i o n e f o r t e m e n t e
caldeggiata dai curatori Explosions In The Sky. Non saranno al
c o m p l e t o , m a n c a n d o i l b a t t e r i s t a E d d i e Wa t k i n s , s o s t i t u i t o d a B r i a n
Quast…
E sempre nel 2008 sarà il momento dell’annunciata reunion dei My
B l o o d y Va l e n t i n e : K e v i n S h i e l d s e i s u o i , s o t t o l ’ e g i d a d e l l ’ o n n i p r e s e n t e AT P, s i e s i b i r a n n o i n t r e s h o w e s t i v i r i g o r o s a m e n t e “ d o m e s t i c i ” :
L o n d r a , M a n c h e s t e r e G l a s g o w, r i s p e t t i v a m e n t e i l 2 0 e i l 2 8 g i u g n o ,
e il 2 luglio. I biglietti sono in vendita a partire dal 16 novembre su
h t t p : / / w w w. s e e t i c k e t s . c o m / . . .
H e r e ’s To B e i n g H e r e s a r à i l p r o s s i m o d i s c o d i J a s o n C o l l e t t c h e
sarà pubblicato in America il 5 febbraio prossimo su Arts & Craft…
Beastie Boys
È ufficiale: sarà la XL a distribuire in Europa In Rainbows dei Rad i o h e a d , a p a r t i r e d a l 2 8 d i c e m b r e p r o s s i m o . Tu t t o n o r m a l e , q u i n d i ?
Non esattamente: l’album, che sul nostro territorio sarà distribuito
da Self (promozione Spin-go!), uscirà in formato eco-compatibile: al
posto del tradizionale case di plastica, al cd saranno allegati degli
adesivi che i consumatori potranno applicare a un case usato; la
confezione sarà in cartoncino riciclato e l’involucro sarà di materiale
biodegradabile. I formati disponibili saranno CD e LP; niente a che
vedere comunque con il famigerato discbox, in vendita direttamente
dal sito della band e distribuito a partire dal 3 dicembre. Nel comunicato stampa ufficiale, una nota proveniente dal management ufficiale
dei Radiohead precisa inoltre che “essendo l’album scaricabile solo
dal sito della band, è impossibile che società esterne abbiano i dati
reali sulle vendite”; in altre parole, tutte le notizie circa il successo
(o l’insuccesso) dell’iniziativa sarebbero soltanto speculazioni…
Sta cominciando a vedere la luce la versione vocale di The Mix Up,
l ’ a l b u m s t r u m e n t a l e d e i B e a s t i e B o y s d i q u a l c h e m e s e f a . Tr a g l i
o s p i t i c o i n v o l t i c i s o n o M . I . A . , L i l y A l l e n e J a r v i s C o c k e r. E a l d i s c o
sarà abbinato un film ricavato dal making of, oltre che dalle riprese
fatte in tournée nei mesi passati…
Qoob e MTV Italiainsieme a Isbn Edizioni (Gruppo Editoriale Sagg i a t o r e ) p r e s e n t a n o i l D V D + l i b r o Te c h S t u ff – M a n u a l e v i d e o d i
m u s i c a e l e t t r o n i c a , u s c i t o i l 1 5 n o v e m b r e ; Te c h S t u ff è l a p r i m a
s e r i e t e l e v i s i v a i d e a t a d a u n u t e n t e d i Q O O B , To b o r E x p e r i m e n t , s u l l a
musica elettronica, con una serie di mini-documentari a puntate sulle
6 sentireascoltare
tecniche, gli artisti e gli strumenti più bizzarri che ne hanno fatto la
storia. In collaborazione con Grinding Halt Concerti e SAE Institute,
venerdì 16 novembre allo Spazio Assab One di Milano e domenica
18 al Circolo Degli Artisti di Roma si sono esibiti in performance audiovisive i finlandesi Pan Sonic, protagonisti del decimo episodio di
Te c h S t u ff , a c c o m p a g n a t i d a l c h i t a r r i s t a e s p e r i m e n t a t o r e g i a p p o n e se Keiji Haino…
News dalla EMI: esce a dicembre un box contenente tutti i 14 album
dei Pink Floyd realizzati in studio in edizione mini vinile, con fedele
riproduzione degli originali LP in CD racchiusi in un box, dal nome
O h , B y T h e W a y , d a T h e P i p e r. . . A D i v i s i o n B e l l . I l 7 d i c e m b r e s a r à
poi pubblicato un box con i sei album in studio dei Radiohead più
il live I Might Be Wrong tutti i CD saranno in edizione Mini Vinyl,
packaging speciale che riprende gli artwork degli LP originali e sarà
possibile accedere a contenuti speciali sul web, come gli artwork
d i g i t a l i i n a l t a r i s o l u z i o n e . h t t p : / / w w w. r a d i o h e a d s t o r e . c o m I n f i n e , A
33 anni di distanza dall’ultimo disco su Capitol, Ringo Starr torna su
etichetta EMI con Liverpool 8, prodotto dallo stesso Ringo insieme a
Dave Stewart (con cui ha scritto i brani) e a Mark Hudson…
Edizione invernale del Primavera Sound Festival di Barcellona alias
Estrella Damm Primavera Club 2007: si svolge dal 30 novembre all’8
dicembre prossimi indoor all’Auditori e all’Apollo Halls. Ricco il cast
previsto: Thurston Moore, Liars, Earth, The New Pornographers,
D e e r h u n t e r, B i s h o p A l l e n , Vo n S u d e n f e d , S t a r s O f T h e L i d s , T h e P o nys, Parts & Labor tra gli altri...
Stephen Malkmus And The Jicks
Dig, Lazarus, Dig così si chiama il ritorno di Nick Cave & The Bad
Seeds, album che sarà pubblicato il prossimo 3 marzo su Anti…
Svelato il titolo del prossimo disco di Stephen Malkmus And The
Jicks di cui avevamo dato anticipazioni qualche mese fa: Real Emotional Trash uscirà su Matador a marzo…
I riformati Jesus And Mary Chain come già annunciato, realizzeranno un nuovo album insieme, previsto per maggio/giugno 2008, non si
sa ancora per quale etichetta; il disco sarà preceduto da un box di 4
CD con b-side e rarità che uscirà a marzo su Rhino…
Già più volte annunciato, arriverà in aprile il prossimo album dei Portishead, ancora con il titolo Alien che era stato più volte citato…
Nuova uscita per Boris il prossimo aprile su Southern Lord: Smile,
questo il titolo, vede i contributi degli abituali Michio Kurihara e Stephen O’Malley…
sentireascoltare 7
The Lights On...
those lone vamps
A dispetto dello stringatissimo rep e r t o r i o , i T h o s e L o n e Va m p s s o n o
attivi da ben otto anni. Da quando
c i o è i f r i u l a n i Vi n c e n t O m a r Tr e v i san (elettroniche e percussioni) e
Shawn Clocchiatti-Oakey (all’anagrafe Bruno Clocchiatti, voce,
chitarra, tastiere e armonica), entrambi classe ‘76, ne avviarono la
vicenda una volta conclusa l’esperienza acustic/wave dei Lingo.
C o i T LV i l d i s c o r s o s i f e c e p i ù
brusco, incanalato in un solco di
opposizione sociale (la critica ai
ritmi e agli spazi del vivere metropolitano), culturale (i valori protocristiani che punteggiano i testi
- in inglese - come antidoto alla
pervadente svalutazione esistenziale) ed estetica. Quest’ultima si
concretizza nella bruciante concisione dei pezzi inseriti oltretutto in
un flusso sonoro omogeneo, sorta
di piece spiritual-blues-folk come
p o t r e b b e s o s t e n e r l a u n Wa i t s i n vasato e poco incline al rispetto
delle consuetudini ritmiche/strutturali. Il risultato di questo lavorio
concretizza nell’esordio Sketches,
autoprodotto nel 2004, dieci minuti
vibranti e intrattabili che non mancano di stuzzicare certe occhiute
etichette underground, soprattutto
quella Setola Di Maiale che li scrittura nel 2006.
Oggi è tempo di opera seconda,
Standards (Setola Di Maiale, settembre 2007, rece sul #37). Appare evidente un addensamento delle
trame, una più meditata architettura delle atmosfere che permette
di ritagliare parentesi strumentali
sbrigliate, liberatori sussulti impro
quale contrappunto alle inaudite
tessiture melodiche che rimandano
8 sentireascoltare
a i C a v e e a i L a n e g a n p i ù s o ff i c i .
Stuzzicato in tal senso, il Clocchiatti risponde: “Lanegan è un mio
pallino dai tempi degli Screaming
Tr e e s , e m i p a r e u n a d e l l e m i g l i o ri voci in circolazione. Riguardo al
C a v e s o l i s t a o g n i p a r o l a è s u p e rflua... A loro aggiungerei senz’alt r o S c o t t Wa l k e r : Ti l t è p i ù c h e u n
c l a s s i c o , s e c o n d o m e ” . Vi s t a l a
disponibilità dell’uomo, l’approfondimento è inevitabile, a partire da
quella cosuccia del “cristianesimo
delle origini” cui Bruno sostiene
di rifarsi. “Molti mi hanno chiesto spiegazioni a riguardo. Penso
che la spontaneità espressiva sia
sicuramente attinente ai princìpi
cristiani. La forma musicale, nel
nostro caso, rappresenta più che
altro un’urgenza dettata dai ritmi
frenetici dei tempi correnti, vorrebbe essere una metafora della frenesia industrial/produttiva d’oggi”.
Così è, se ci pare.
Idem dicasi per la sconcertante
concisione dei pezzi, che fa sospettare una sorta di auto-frustrazione
artistica. È più una provocazione o
una scelta estetica? “Penso che in
realtà si tratti della forma più giusta e naturale, almeno in questo
momento. Ripeto quanto esposto
sopra: sia io che Omar viviamo a
ritmi così intensi che ci sentiamo
propensi a rappresentare la nostra
(e di molti altri) realtà, senza abbandonarci a forme troppo estetizzanti”. Provo a giocare la briscola
sostenendo che in qualche modo mi
hanno ricordato i dEUS dell’EP My
Sister Is My Clock. “Non possegg o q u e l l ’ E . P. , m a a p p r e z z o i d E U S ,
trovo che dal punto di vista strettamente musicale abbiano aperto
delle strade notevoli. Piuttosto: sicuramente non si evince da quello
che suoniamo, ma siamo profondamente legati al suono della prima
4AD, This Mortal Coil in primis. Io
personalmente poi ai primi Roxy
Music”.
Altra caratteristica che corrobora
il livello di osticità del prodotto è
il ricorso alla tecnica della talking
p o e t r y. D ’ a l t r o c a n t o , B r u n o h a
pubblicato due raccolte di poesie
(Metropolitan del 2002 e Déco
d e l 2 0 0 4 , e n t r a m b i p e r L’ A u t o r e
Libri Firenze), inevitabile che le
due “propensioni” si sovrappongano. Invece, a sentir lui, manco per
niente: “Nonostante quanto pensino alcuni, non ho mai fatto parte
d e l c i r c u i t o d e l l a t a l k i n g p o e t r y. H o
sempre scisso la musica dalla poesia in modo netto. Certo, mi piacerebbe essere uno ‘scrittore’, o
comunque scrivere in prosa. In tal
senso i punti di contatto con la musica sono ancora minori”.
I n e ff e t t i , l e a n t i c i p a z i o n i d e l n u o v o
p r o g e t t o B l a c k Ta p e r Ta i g a - c h e
vede Clocchiatti in trio con Stefano
Giust (boss della Setola Di Maiale)
ed il chitarrista Matteo Perissutti lo confermano: mezz’ora di improvpost screziata di visionari riflussi
blues, una roba aspra e solenne in
cui la voce di Bruno è presenza folgorante ma laterale. È un’altra storia, di cui riferiremo. Così come di
u n n u o v o p r o g e t t o , Ti t u s , a l l ’ i n s e gna di - sostiene Clocchiatti - composizioni di “lunga o lunghissima
durata, dalle basi acustiche lente
ed estremamente sobrie”. Il minimo
che ci attendiamo è di rimanere,
ancora una volta, spiazzati.
Stefano Solventi
The Lights On...
heliocentrics
“Good luck trying to categorize
t h e i r m u s i c ” . A l l a S t o n e s T h r o w,
il quartier generale di Madlib, ci
augurano buona fortuna, perché
sanno che gli Heliocentrics sono
u n b r u t t o a ff a r e p e r i g i o r n a l i s t i
più svogliati. Se negli anni ’90
p a r l a v a m o d i c r o s s o v e r, u n d e cennio dopo siamo ormai abbond a n t e m e n t e n e l p o s t - c r o s s o v e r, i n
una terra di nessuno dove i segni
musicali più disparati s’incastrano
con sorniona malizia. Le musiche
più interessanti oggi sono proprio
così. Un pout-pourri di elementi,
arrangiati in maniera astuta e con
la sapienza del senno di poi. La sociologia che ne consegue è chiara.
Non siamo più nella modernità, e
nemmeno nella postmodernità propriamente detta. Siamo un passo
più vicini al caos, ma ciascuno con
un sorriso isterico sulle labbra. Ieri
c’era Lester Bowie e il suo Avant
Pop - Brass Fantasy, oggi ci sono
gli Heliocentrics di Malcom Catto e
quello che potremmo definire come
Av a n t R a r e G r o o v e o a n c h e c o m e
Iper Fusion Psichedelia. La messe
di ristampe jazz, l’hip hop più deviante, il funk più lussureggiante,
le soundtrack più kitsch, la “generazione cocktail” e gli exotismi di
ogni latitudine che ritrovano una
propria centralità per il nuovo uomo
civilizzato dell’epoca Matrix. Gli
Heliocentrics sono una formazione che si alimenta da tutte queste
radici, si inventa un robusto tronco di sonorità psichedeliche misto
hip hop jazz, e fa sbocciare potenti
frutti di intricata musica groovedelica da rimanerci immediatamente
secchi. Del resto Malcom Catto
non lo abbiamo mica raccattato
dalle strade due minuti fa. Il Nostro
porta lettere di referenza firmate
M a d l i b e D j S h a d o w, c h e è u n p o ’
come dichiarare subito di che colpa si è colpevoli. E infatti come ci
si può professare innocenti quando
tra i verbali che lo incastrano troviamo sulla stampa anglosassone
dichiarazioni del genere: “Immagina George Martin e David Axelrood
che producono un disco hip hop.
Idealmente combiniamo la ruvidezza dei 7” funk, la pesantezza del
dub, la spontaneità del free jazz e
gli effetti sonori della psichedelia.
Non siamo ancora riusciti ad ottenere tutto questo, ma è un risultato
che pensiamo di poter raggiungere restando su questa strada”. Per
la serie molte idee e anche un po’
confuse, ma dopotutto il loro fascino sta anche qui. Gli Heliocentrics
non sono solo Catto. Intorno a lui
una formazione di otto persone con
un nocciolo strategico costituito insieme a Jake Fergusson (l’uomo al
basso) e Mike Burnham (elettronica
e d e ff e t t i ) . I t r e h a n n o u n a m a t r i c e
comune di ossessioni e interessi.
Malcom e Jake sono una sezione
ritmica dalla sapienza luciferina e
con un mestiere solido, costruito
in anni di militanza in sessioni disparate, per non parlare dei Soul
Destroyers e come backing band di
Dj Shadow per l’ultimo disco, The
Outsider. Nel curriculum leggiamo
che Madlib è un loro grande fan,
tanto che li ha campionati in più
occasioni, non ultimo nei dischi a
f i r m a Ye s t e r d a y s N e w Q u i n t e t , e
se gli apprezzamenti arrivano anche da lui, in costante ricerca di
smartness e coolness in giro per il
globo mediatico delle musiche di
fine-inizio millennio, un po’ di garanzia di qualità c’è a prescindere. Oh no? Certo siamo nel 2007, e
nella musica ormai vige sovrana la
regola try and buy A testare con le
proprie orecchie le qualità di Out
There (in spazio recensioni) si rimane immediatamente drogati da
un conglomerato di sonorità zuccherosamente liquide, campioni da
porno seventies (deep deep throat),
jazzismi criminali da thriller morriconiani, bordate di basso iperfunk,
attitudini più o meno free. La copertina dell’album lo rappresenta
al suo meglio. Un disegno circolare con una miriade di tasselli che
concorrono a comporre l’immagine.
Proprio come nella musica. Un mosaico senza soluzione di continuità
in un disco con tanto di intro e outro, e realmente concentrico, anzi
no… eliocentrico! Malcom si professa particolarmente soddisfatto
delle qualità umane del suo lavoro,
quel taglio analogico e vintage che
sa di rétro ma non in modo eccessivo: “Preferisco ascoltare qualcosa con delle grezze emozioni
umane, piuttosto che qualcosa che
suoni tecnologicamente brillante,
ma senza anima”. E probabilmente queste sono le regole che si
impone anche quando si tratta di
scegliere vecchi dischi funk e soul
da ristampare con la sua Jazzman
Records. Una sola cosa è certa.
Nell’anno in cui abbiamo dovuto
aggiornare le pagine dei necrologi
con un nome come James Brown,
gli Heliocentrics ci danno una pacca sulle spalle, ci rilassano l’animo
tormentato e ci aiutano ad elaborare il lutto.
Antonello Comunale
sentireascoltare 9
The Lights On...
yacht
Il ragazzo è intelligente e si applica.
Se avessimo la matita blu e rossa,
potremmo finirla qui; non avendocela, ci tocca il lights on.
J o n a t h a n B e c h t o l t , a k a Ya c h t , è
uno che credereste di non avere
incontrato, ma che probabilmente
conoscete già. A me piacerebbe
averlo incrociato per strada; non
tanto perché di bella presenza o
perché accompagnato da belle
presenze, quanto perché questo
significherebbe vivere, come lui, a
Portland, in quel bacino culturale
che, giusto per lanciare dalle acque oceaniche due ormeggi a terra, ha allevato e pescato gli Xiu
Xiu e i Parenthetical Girls (due
pesci di diverse dimensioni, ma
che nuotano spesso insieme).
Se pure non passate spesso da
Portland, forse però l’anno scorso vi
siete imbattuti in Bobby Birdman,
e nel suo Giraffes & Jackals; oppure, qualche anno fa (nel 2004),
avete sentito Magic Wand dei Little Wings. Quest’ultimo nome potrebbe far sentir odore di Devendra
nell’aria (magari dopo aver riletto di
lui e dei suoi amici su SA). In effetti
l’altro elemento per risolvere questo noiosissimo rebus musicologico
è proprio Banhart; Jona ha suonato percussioni e batteria in Cripple
Crow, così come nei due dischi
citati sopra, e pure, per chiudere
il cerchio, nei fantomatici gruppi –
della durata di un concerto – che
Devendra si inventa quando suona
coi suoi compagni. Un batterista,
dunque? Non proprio; il Nostro si
diverte moltissimo con il suo laptop (per efficacia descrittiva, se gli
domandate “Mac-user?” vi risponde
“Till I die”), grazie al quale condisce
10 sentireascoltare
frame ritmici con effetti electro-pop.
A cerchio chiuso, prendiamo allora
la tangente che ci riporta al punto – e forse qui il senso di déjà vu
mancato sarà maggiore; Bechtolt è
infatti metà di un gruppo a cui abbiamo prestato una buona attenzione ultimamente, ovvero le (anzi “i”)
Blow, dei cui due dischi (Poor Aim:
Love Songs e Paper Television)
ha curato tutte le musiche.
Tracciata il percorso parallelo, passiamo alla navigazione principale. La
crociera del progetto Y.A.C.H.T. (misterioso acronimo) nasce nel 2004,
quando Jona (neanche venticinquenne) esordisce con Super Warren MMIV (States Rights Records;
6.8/10), fatto di una casiotronicaelectro-dance giocosa ma molto evoluta nella sezione ritmica, speziata di
una drill lenta, incastrata da inghippi
quasi minimalisti – secondo una rotta simile al primo Dan Deacon (Jonathan Bechtolt, Do You Remember
The Summer). I Duemila sono iniziati da un po’, ma Aphex continua a
pungolare (Glowing Rock, Melting
Bones), con risultati non lontani da
Kim Hiorthoy. Jona strizza l’occhio
anche all’Europa, e lo farà (rischiando una causa per plagio, ma siamo
sicuri si tratti di ironia, o meglio, di
mimetismo ludico) anche nella sua
ultima opera, come potete leggere
nella recensione: il bersaglio non è
casuale, i Kraftwerk da Autobahn
in poi; The Denver Nuggets usa un
retaggio vocale proveniente da quel
tecnologismo un po’ decadente, quasi serio; ma da allora questa tradizione non ha avuto grosse soluzioni
di continuità – il che non può far pensare a un recupero, quanto al gesto
di abbracciare un milieu.
N e l f r a t t e m p o J o n a v a i n t o u r née
c o n L u c k y D ra g o n s e c o n Bir d ma n , c o n f e z i o n a a l t r a m u s i c a e
collabora con il video-artista los a n g e l i n o M a t t C h a mb e rs ; n e e sce
M E G A ( M a r r i a g e R e c o r d s ; 6 . 5 / 10 ),
u n r i c c o ( m a e c o n o m i c o ) c o f a n e tt o c o m p r e n s i v o d i m i n i a l b u m 10 ” ,
l a c o p i a i n C D e u n D V D . Tu t t o a
d i e c i d o l l a r i d i e c i . L a m u s i c a è si m i l e a l l ’ a l b u m p r e c e d e n t e , u n a ve r s i o n e p i ù l i b e r a ( s v i n c o l a t a n ella
c o m p o s i z i o n e d a l f o r m a t o c a n z o ne )
d e l l ’ e s p e r i e n z a B l o w ; a l c u n i v i deo
p r o p r i o d e l g r u p p o d i K h a e l a M ar ic i c h v a n n o a d a c c o m p a g n a r e , nel
DVD, altri clip di Jonathan e un intero live set.
Nello stesso anno Bechtolt produce tre tracce di Classic Battles dei
M a n t a , i n t e r v i e n e , s e m p r e c ome
Ya c h t , a l l a c o m p i l a t i o n B ro Z one
d e l l a S t a t e s R i g h t s ; i n s o m m a , no n
h a b i s o g n o d i p a g a r e l ’ o r m e g g i o alla
s u a i m b a r c a z i o n e , s e n o n , a l m eno
p e r i p r o d o t t i u s c i t i p e r l a r a g i one
s o c i a l e s o l i s t a , l ’ a n n o d o p o . È del
2007 il definitivo compimento dei
c a r a t t e r i d i J o n a , q u a n d o e s c e Our
F ri e n d s I n H e l l , r a c c o l t a d i r e mix
y a c h t i a n i d i b r a n i d e g l i a m i c i d i cui
s o p r a , o l t r e c h e d i A r c h i t e c t u r e In
H e l s i n k i , Tu s s l e , p e r s i n o M i ra h .
Il miscelatore è a pieno regime, e
ci permette di arrivare finalmente
al punto; c’è da stare sereni, a stare a Portland; Jonathan Bechtolt
ha un motivo in più per rallegrarsi; quel motivo si chiama I Believe
I n Yo u . Yo u r M a g i c I s R e a l , e d è
l’ultima uscita (data 2007, in spaz i o r e c e n s i o n i ) a n o m e Ya c h t . N o n
solo per simmetria con il titolo, noi
crediamo in lui.
Gaspare Caliri
The Lights On...
3eem
3 Emissioni Elettro Magnetiche. È
questo il significato che sta dietro
la sigla 3EEM, trio piemontese di
Ivrea fondato quattro anni fa dal
chitarrista Danilo Corgnati e da
Va l e r i o Z u c c a ( n o t o n e g l i a m b i e n t i
dell’elettronica come Abstract Q),
ai quali si è aggiunto, dopo qualche
mese, il saxofonista Fabrizio Bazzoni. Il nome è legato, come spiegano loro stessi, “al fatto che ogni
persona possiede un suo campo
elettromagnetico più o meno forte
e capace di influenzare l’ambiente
che lo circonda”. A voler giudicare dalle influenze musicali e dalle
passate esperienze, sarebbe stato
d a v v e r o d i ff i c i l e i m m a g i n a r e c h e
mondi tanto diversi potessero convergere in qualche punto. Danilo
si dichiara un fanatico del krautrock, con una giovinezza passata
ad ascoltare Fugazi, Bad Brains e
S o n i c Yo u t h , s u o n a n d o i n a l c u n e
band punk, a volte come chitarrista, altre come bassista, mentre
Fabrizio si forma negli ambienti
c r o s s o v e r. N e l m e z z o c ’ è Va l e rio Zucca, ingegnere informatico
(come Bazzoni), con un passato più
che decennale negli ambienti della
musica elettronica, dalle esperienze cyber-techno di Neural Coital
e Ludwig Elite al jungle ambient
del duo Abstract Quadrant. È a lui
che viene l’idea di mettere assiem e i l t r i o , c o m e m i s p i e g a : “ L’ i d e a
è nata alla fine del 2002 come reazione al lungo periodo durante il
quale ho suonato elettronica come
Abstract Q. Dopo anni, la voglia di
condividere idee con altri musicisti
e di poter presentare uno spettacolo live è tornata a farsi sentire
e l’utilizzo del laptop mi ha aperto
strade nuove. Da questi presupposti il passo è stato breve e Danilo
prima e Fabrizio poi, sono diventati membri ufficiali e insostituibili
del progetto”.
Equilibrio diventa una parola chiave per la musica di 3EEM, nata
in bilico tra mondi distanti, tra il
jazz e la techno, tra l’ambient e
i Cosmic Couriers, tra la materia
elettronica e quella acustica. È nel
naturale tentativo di far convivere
queste esperienze che trova linfa
vitale l’esordio del gruppo, Essence Of 3EEM (2005), che esce
p e r l a n o s t r a n a S m a l l Vo i c e s . U n
disco non certo di facile impatto,
complesso, dispersivo a volte, ma
interessante. Sonorità elettroniche
molto tendenti all’ambient si mescolano alla chitarra e al sax con
un approccio che richiama un modo
di produrre e un sound tipicamente
laswelliani (Reverse). Ma in ques t o a l b u m n o n è d i ff i c i l e r i c o n o s c e re anche echi di cosmische musik
che aleggiano tra i brani insieme a
spunti di kraut rock. Come nel caso
della conclusiva 24 Apes, ventiquattro minuti di deliri cosmicoelettronici, schizzetti psichedelici
e ritmiche cangianti, che passano
dall’ambient-dub al trip hop. Su
questi paesaggi sonori i fraseggi
di sax e gli arpeggi di chitarra disegnano figure che si mimetizzano
nei suoni elettronici creando impas t i t i m b r i c i a ff a s c i n a n t i .
Dopo un inizio così convincente,
continuare il cammino diventa quasi un obbligo. I tre si rimettono al
lavoro con calma e nel frattempo
costruiscono il loro live act, ancora più svincolato dalle forme chiuse. Durante i concerti, infatti, il
trio si lascia andare maggiormente agli interventi di manipolazione
elettronica, mentre sax e chitarra
hanno margine per intraprendere
brevi vie improvvisative. Diverso,
invece, il lavoro in studio, dove la
composizione segue schemi più regolari, come ci tiene a sottolineare
Danilo: “Nella maggior parte dei
c a s i Va l e r i o c o s t r u i s c e d e g l i s c h e letri di basi su cui io e Fabrizio
improvvisiamo qualcosa, registriamo tutto e poi, in fase di riascolto,
focalizziamo le idee su ciò che ci
sembra valga la pena di lavorare.
Più raramente si parte da frasi di
chitarra o sax, ma il punto fermo
rimane sempre quello di registrare
ogni cosa e lavorare di editing succ e s s i v a m e n t e . Tu t t o , i n o g n i c a s o ,
è suonato in modo da essere riproponibile in una situazione live”.
È sull’onda dell’entusiasmo, dovuto
all’ottima accoglienza di Essence,
che nasce Matilda (in recensioni), un disco più libero, più aperto all’improvvisazione, ma ancora
giocato su quegli equilibri di cui
si parlava poc’anzi, che qui giocano con la forma e il suo contrario.
Frutto del sodalizio con l’etichetta
inglese White Label, questo secondo capitolo ha il sapore della
piacevole conferma ed ha già un
atteggiamento maturo. Ma la fase
creativa non sembra essersi esaurita, neanche a lavoro finito, come
s i c a p i s c e d a l l e p a r o l e d i Va l e r i o :
“Stiamo lavorando a nuovi brani,
c e r c a n d o d i s v i l u p p a r e u l t e r i o rmente i concetti racchiusi in Essence e Matilda”. Un futuro pieno
di ottime intenzioni. Intanto, però,
godiamoci il presente.
Daniele Follero
sentireascoltare 11
Settlefish
FUGA DA WASHINGTON
di Manfredi Lamartina
I S ettle fish so no torn at i. E lo f anno c on un dis c o ( O h D e a r! , u s c i t o p e r l a U n h i p ) c h e s e g n a u n p u n t o i n p i ù
nella sto ria d el p iù a m er ic ano – s ia det t o c om e un c o m p l i m e n t o – d e i g r u p p i i t a l i a n i .
P erché i cin qu e b olo gnes i v ant ano un c ur r ic ulum “ s t a t u n i t e n s e ” ( c o n c e r t i , a l b u m p u b b l i c a t i d a D e e p E l m ,
recension i) di tu tto r is pet t o. O r a, la s v olt a. Dopo u n E P a c u s t i c o ( T h e Q u i e t C h o i r) u s c i t o p o c h i m e s i f a ,
adess o a rriva il nu ovo lav or o. M eno har dc or e, più p o p , s t e s s e e m o z i o n i .
Oh Dea r ! Com e do bbi am o i nt er pretare il titolo?
Jonatha n (vo ce , n dr ) : Com e un “ O h
cavoli!”. Abbiamo e s c l a m a t o c o s e
simili e an ch e pe gg ior i un bel po’
di volte durante la l a v o r a z i o n e d i
questo disco. Prog e t t i a n d a t i i n
frantu mi, p acch i su pac c hi, s postamenti di date, reg i s t r a t o r i c h e s i
rompo no e u n bra no c he non r iuscivamo a rendere s o d d i s f a c e n t e .
Oh Dea r è in fatti il tit olo dell’unic a
canzo ne ch e a bb iam o las c iat o f uori dal disco (recens i o n e s u l # 3 7 ) .
Oh dear è anche una e s c l a m a z i o n e
che usava spesso la s o r e l l a d i m i a
nonna quando ci ac c o g l i e v a n e l l a
sua casa a Lo nd ra dur ant e i t our.
C i ved eva a rriva re s em pr e a pez z i
e stanchi. È anche u n o m a g g i o a l e i
che ora non c’è più.
Emilio (chitarra, ndr) : M o i r a ! L a s u a
pasta al forno, pur e s s e n d o i n t e r r a
d’A lb io ne , era de lizi os a. M a c c a r o n i
and ch ee se !
Qu anto è im por ta nt e l a com pon en te ele ctr o nei nuovi suoni dei
Settlefish?
E: Se ti riferisci al gusto vagamente
elettronico dato alle batterie di Summer Drops è “colpa” di John Congleton. Quando abbiamo sentito il
missaggio eravamo esaltati perché
non avevamo mai pensato a “sentirci” in quel senso. Non ci poniamo
delle barriere e così come per il ritmo reggaeton di Head Full Of Dreams, ben venga anche il rullante a
“sberla di bud spencer” su Summer
Drops. Quando parlo di trovare stimoli parlo anche di queste cose che
12 sentireascoltare
avvengono in maniera totalmente
inaspettata. E il missaggio del disco, così diverso dal precedente, è
stato bello e “stupefacente”.
La par ol a p o p è s e mp re s t a t a i n c i sa nel DNA d e l g ru p p o , ma a d e s so sem br a e s s e re u n e l e me n t o
preponderante nei vostri suoni.
Come se la band si sentisse più
libera di esporre se stessa alla
gente…
J: Sì, decisamente. Credo che una
parte grande ce l’abbia Federico,
il nuovo batterista. Il nostro modo
di scrivere i pezzi non è cambiato più di tanto, ma lui ha mutato
il modo di intendere ritmicamente
le canzoni, che hanno maggiore
distensione. Esalta anche il lavoro
delle chitarre. Poi lui e Paul (bassista) suonano assieme da più di
dieci anni. Per il resto è solo una
naturale progressione del gruppo.
Abbiamo questa tendenza ad abbandonare nei nostri set dal vivo i
brani vecchi che non ci convincono
più. E già del disco vecchio alcune
non venivano eseguite. In maniera
naturale avviene quindi quasi una
selezione. Credo che se prendi 3-4
brani dal disco vecchio era inevitabile arrivare ad Oh Dear!.
Wa s h i n g t o n , D i s c h o r d , F u g a z i .
Quanta “colpa” hanno (avevano?)
nel suono dei Settlefish?
E: Al di là della speranza che i Fugazi sfornino un nuovo disco, siccome sono una grandissima band, la
loro influenza credo si sia sedimentata in noi. È ovvio che magari un
riferimento, anche se piccolo, a loro
si senta, ma per il resto ci sentiamo più liberi di una volta. Il ritmo di
Head Full Of Dreams è quasi reggaeton. È un genere terrificante, però
quando Fede è saltato fuori con
questo pattern allora perché no?
J o n a t h a n , d a q u e s t o a l b u m l a tua
v o c e n e e s c e ra f f o rz a t a .
J: Quando i volumi si abbassano non ti ritrovi sempre a urlare
per cercare di trovare uno spazio
nella canzone (ride). Però credo
di essere molto migliorato soprattutto grazie ai tanti live ed alle
esperienze con altri musicisti e
altri progetti. Sono molto contento
del disco. Il fatto di registrare in
“casa” con Bruno (chitarrista) mi
ha messo completamente a mio
agio. Insomma siamo abituati a
fare le cose assieme.
Ma il matrimonio con Deep Elm è
finito definitivamente?
J : A s s o l u t a m e n t e . C i t r o v a v amo
m o l t o d i s t a n t i d a l c a t a l o g o a t t u ale
d e l l ’ e t i c h e t t a e c o s ì a b b i a m o d e ciso
d i c a m b i a r e s t r a d a . N o n v o l e v amo
v e d e r e i l d i s c o u s c i r e s e n z a l i b r etto
e c o n p o c o s p a z i o p e r a r t w o r k . Per
f o r t u n a c ’ è G i o v a n n i e l a U n h i p . La
p r i o r i t à d e l l ’ e t i c h e t t a è f a r e a n che
un bel prodotto.
E: E poi anche Unhip è sempre
stupefacente. Deep Elm ha fatto
il suo tempo senza sapersi rinnovare. Ha sempre più puntato sul
nome dell’etichetta piuttosto che
alla promozione dei gruppi e questo l’ha uccisa.
Ne l v os tr o m ondo i deal e ci sar ebbe spazio pe r l e def i ni z i oni e i generi? Esiste d a v v e r o u n a “ l i n e a ”
da rispettare o i c o n f i n i e s i s t o n o
solo per esse r e s u p e r a t i ?
J: Però, che d o m a n d a . . . n o i n o n c i
siamo po sti p ar t ic olar i c onf ini.
E: Per an ni c i hanno def init i em ocore , u na d efiniz ione c he c i ha let te ralme nte sb ar r at o una s er ie non
in diffe ren te d i s t r ade. Non c i piac cion o affa tto le def iniz ioni, t ent iamo di scrivere c anz oni c on uno s t ile ch e orma i c ons ider iam o nos t r o.
Non per nient e a s c o l t i a m o d i t u t t o :
d al ja zz, al d ub alla s per im ent az ion e. L’u nico c onf ine da s uper ar e è
q ue llo d i fare qualc os a c he c i s t imo li e n on ci annoi.
L’indie è morto? Se sì, chi o cosa
l’ha ucciso?
J: La mia idea di indie è vivissima.
E: Oramai qualsiasi cosa è indie anche
perchè le major non investono più sul
rock, quindi per necessità quasi tutto
il rock è indipendente. Per quello che
mi riguarda l’indie storico è rappresentato da Pavement, Dinosaur Jr.
Fugazi e Sebadoh, band che non centrano nulla, ad esempio con i Maximo
Park, che vengono definiti indie. A me
piacciono le cose genuine in cui non
sento un volersi porre a tutti i costi in
un certo ambito sonoro solo perché in
quel momento butta così. Se la precedente sentenza può essere presa anche come definizione, trovo che l’indie rock sia vivo, se invece dobbiamo
parlare di frangette, cheap mondays
e compagnia bella, beh, tutta questa
roba passerà e chi se ne frega.
Dal vivo siete una band che non
si risparmia. Quanto è faticosa la
vita in tour? È difficile mantenere
la stessa intensità in ogni data?
J: Qualche anno fa il gruppo si faceva condizionare dal pubblico. Ora
per niente. Abbiamo trovato una dimensione, vedo che in tutte le date
siamo sempre carichi. Siamo in cinque, e se uno di noi una sera non
è in forma gli altri quattro danno
qualcosa in più. Poi essendo tutti
impegnatissimi durante la settimana
quando ci troviamo per suonare è
un modo per stare assieme. Ultimamente c’è un clima di gioia perenne.
La vita in tour è perfetta. C’è sempre un momento soprattutto nei tour
lunghi dove ti sembra che giri tutto a perfezione, soprattutto intorno
alla metà. Poi subentra la voglia di
tornare a casa. Noi al momento non
vediamo l’ora di ripartire.
Voi vi siete definiti un gruppo politico, sotto certi aspetti. Secondo voi nella musica dove comincia l’impegno e dove il semplice
slogan?
E: Non ho mai particolarmente
amato band come i Modena City
Ramblers. In Italia è facile presentarsi a pugno chiuso e cantare
Bella Ciao perché sai benissimo
che gran parte del pubblico va in
brodo di giuggiole quando viene
premuto il tasto “combat”. Questo
atteggiamento secondo me ha anc h e a n e s t e t i z z a t o i r a g a z z i . Va i a l
concerto, ti senti chiamare “comp a g n o ” e d e s c i d a l l a s a l a c r e d e n d o
di avere partecipato a chissà cosa.
Ma si tratta solo di intrattenimento. Noi non siamo comunisti, anche
se ci poniamo genericamente a sinistra, ma abbiamo sempre avuto
chiaro il concetto di “comunità” e
di posti in cui la “comunità” possa esprimersi, come ad esempio
Atlantide, che è un piccolo centro sociale situato in un torresotto
della cinta muraria bolognese. Le
cose nate dal basso, con pochi soldi, ma con la volontà di comunicare hanno sempre avuto importanza
per noi. Non ci vedrete mai con le
bandiere rosse, ma saremo sempre
attivi per difendere il nostro modo
di vedere e fare le cose.
Che cosa manca all’Italia per guardare finalmente dritto negli occhi
e senza complessi di inferiorità le
altre realtà musicali europee e internazionali?
E : C i s o n o t r o p p i g r u p p i c he si p i a n g o n o a d d o s s o e c h e a m muffiscono
i n s a l a p r o v e s p e r a n d o ne l “ g r a n d e c o n t r a t t o ” , c h e n o n a r riverà mai
s e i r a g a z z i c o n t i n u a n o a stare in
s a l a p r o v e . C ’ è a n c o r a p o ca qualità
e m o l t a i g n o r a n z a n e i c onfronti di
s u o n i n u o v i o c h e e s u l i n o da quello
c h e p u o i s e n t i r e s u l l e r a dio e le tv
c o m m e r c i a l i . I n I t a l i a c ’ è gente che
s p e r a t o r n i n o g r u p p i c h e suonino
t a l e e q u a l e a i M a rl e n e Kunt z, ma
i l m o n d o g i r a p e r u n a l t r o verso. Tra
l e b a n d c h e i n q u a l c h e mo d o h a n n o u n m i n i m o d i v i s i b i l i t à c’è poca
c o m u n i t à , m o l t a d i ff i d e n z a , u n p o ’
d i s g a m b e t t i . E a n c h e s e l a si tu a z i o n e è m i g l i o r a t a c ’ è a n cora molto
da lavorare.
sentireascoltare 13
Altro
TRE È IL NUMERO PERFETTO
di Giancarlo Turra
A utentica men te e ge nialm ent e “ punk ” , nel s ens o p r o f o n d o d e l l ’ a t t i t u d i n e , s p o n t a n e o e d i r e t t o p a t r i m o n i o
di perso ne ch e re sta no s e s t es s e, per c hé s ono qu e l c h e s u o n a n o e q u e l l o c h e s u o n a n o v i v e i n l o r o .
E cco p erché Altro ti s ’appic c ic ano addos s o, s m uov o n o q u a l c o s a d e n t r o e h a n n o u n f e d e l i s s i m o s e g u i t o .
N on lascia no ind iffer ent i, non appar t engono alle tr o p p e f a c c e a n o n i m e d i o g g i .
Quando scrivi di musica, di regola
accantoni le idiosincrasie personali e, se proprio non c’è verso, ti affidi a degli espedienti. Ironizzi, circoscrivi, fai il distaccato. Non con
gli Altro, band unica in Italia per
come suona e di conseguenza divide: si amano o si odiano, li si trova fantastici o inetti (ma da quanto
lo stile implica l’abilità tecnica?).
Una cosa, tuttavia, non ci si può
esimere dal notare: quanto siano autenticamente e genialmente
“punk”. Nel senso profondo dell’attitudine, spontaneo e diretto patrimonio di persone che sul palco restano se stesse, perché sono quel
che suonano e quello che suonano
vive in loro (“Alla volte ti capita di
conoscere gente nuova che dice di
conoscerti dal primo disco, e allora
gli chiedi sempre perché ci conosciamo soltanto ora!”) Ecco perché Altro ti s’appiccicano addosso,
smuovono qualcosa dentro e hanno
un fedelissimo seguito. Sentiti una
volta, non te li scordi. Non lasciano
i n d i ff e r e n t i , n o n a p p a r t e n g o n o a l l e
troppe facce anonime di oggi.
Pesaro, anni Novanta: tre ragazzi
ascoltano musica nei “vent’anni e
qualcosa” e nello stupore di dischi
che cambiano loro le cose attorno.
Iniziano come tanti dalla stanzetta di provincia, prima di internet
e Myspace (dove - evviva! - non
li trovi) e prima dei gruppetti d’incapaci brufolosi che come li spieghi altrimenti. All’epoca, insomma,
delle fanzine cartacee spedite per
due soldi (così Alessandro Baronciani - cantante, chitarrista e ta-
14 sentireascoltare
lentuoso “fumettista” - ha a lungo
gestito le sue pubblicazioni: con
l’abbonamento postale), quando
una certa indipendenza italiana
era in divenire creativo oltre i risibili orticelli, quando pensavi che
qualcosa stava cambiando e forse
davvero è successo (indizio: un
loro video - fulmineo e fulminante
come la visione dal buco della serratura - finì in rotazione su MTV;
poco dopo, Baronciani sedette sul
divano di Brand:New a menar per
il naso Paola Maugeri, accortasene solo a trasmissione inoltrata:
“ Tu t t i e t r e p o s s e d i a m o u n o s p i c cato senso dell’ironia, in maniera
differente. Quando siamo in due,
ridiamo sempre del terzo che non
c’è.”) Si comprano gli strumenti
dopo averli avuti in prestito, scegliendoli per la sintonia rivelatrice
con l’individuo: la Danelectro leggera che si scorda, il basso secco
(wave e grunge: un cerchio chiuso)
simil-Thunderbird in mano a Gianni Pagnini e i tamburi di latta cui
presiede Simone Sideri. Dal primo
singolo registrato in un ristorante
abbandonato, lungo la progressiva
presa di coscienza del proprio valore si legge una scelta e non una
necessità nel girare intorno a una
proposta sonora solo apparentemente uniforme. Bisogna vederli
dal vivo per capire: salti e canto
a occhi chiusi, quel che s’ha da
dire è detto con generosa partecipazione e allontanando gratuità
ed eccessi. Perché se non hai un
“come”, te lo cerchi, lo interpreti
a pennello e guadagni il rispetto.
Se non è punk, allora i modelli di
s t r i n g a t a e ff i c a c i a M i n u t e m e n c h e
sono esistiti a fare?
G l i a n n i f o r m a t i v i s o n o i m p o r t a n ti e
s p e s i n e l d i s t a c c o o g g e t t i v o d ella
p r o v i n c i a : S e n s e f i e l d , H ü s k e r Dü,
d o l c e “ t r a n c e ” c a l i f o r n i a n a - I n d ian
B i n g o , S h i v a B u rl e s q u e - e n u ova
o n d a c h e r i a ff i o r e r à , a s s i e m e a l l ’i n t r o v e r s i o n e S mi t h s e u n f i e r o s pi r i t o c h e d i r e s t i d e i F ra n t i ( “ A b b i amo
iniziato ad ascoltare Sex Pistols e
B u z z c o c k s p r i m a d e i N i rv a n a , p e rc i ò q u a n d o a r r i v a r o n o f u u n a f e sta.
E t a n t o t r a s h m e t a l c h e h o r i s c o p e rt o s o l o a d e s s o : a l t e m p o a s c o l t a vo i
C o c t e a u Tw i n s .” ) C e r c a t e l i , c h i più
e chi niente nel suono ci sono; nell a v i s i o n e d e l m o n d o e d e l l e c ose
p e r ò s ì , s e m p r e . B a s s a , d u n q ue,
l a f e d e l t à d e l t e r z e t t o i n a u g u rale
d i 7 ” : l ’ o mo n i mo ( a u t o p r o d u z i o ne,
1999; 6.6/10) si esprime spiccio ma
p e c u l i a r e c o m e l ’ a u t a r c h i c o s plit
c o i C o n t ra s t o ( a u t o p r o d u z i o ne,
2 0 0 0 ; 6 . 8 / 1 0 ) e i l c o n c l u s i v o A lt r o
( L o v e B o a t / S m a r t z , 2 0 0 0 ; 7 . 0 / 10 ).
Tr a l a f o g a l e g g i i n n u c e l ’ o s s i mo r o c h e s a r à , l e i n f l u e n z e d i c u i so p r a a c c o l t e d e n t r o u n a l v e o B eat
H a p p e n i n g e C u re “ i m m a g i n a r i ” ,
quasi una Manchester trasferita a
O l y mp i a , m a c ’ è d i p i ù . I t e s t i s ono
i n i t a l i a n o , t r a i p o c h i n o s t r a n i che
reggano l’ascolto: istantanee elus i v e d i r a p p o r t i i n t e r p e r s o n a l i che
lasciano in sospeso come Raymo n d C a rv e r, p e r i l q u a l e s c r i v er e
significava tagliare fino all’osso e
d o p o c e r c a r e i l m i d o l l o . C o m e quei
cromatismi sottilmente ribaltati sulle copertine dei singoli i particolari
“rivela no ” (“C a t t e d r a l e d i C a r t e r è
b ellissimo ! Ques t ’es t at e m io f r atello mi regalò l a r a c c o l t a c o n t u t t e
le sue poesie : g l i d i e d i p i ù d i u n o
sguardo, ma t r o v a i s o l t a n t o p o e s i e
che pa rlavan o di lui c he andav a a
pesca. Poi, u n a s e r a , m i o f r a t e l l o
prende il libro e l e g g e u n a p o e s i a
b ellissima . Mi piac e as c olt ar e c anzon i in in gle s e, c er c ando di int uire qu ello ch e dic ono c on quel c he
riesco a cap i r e . Ve n g o n o n u o v e
a ssociazion i di idee c he non hanno niente a ch e f a r e c o l t e s t o d e l l a
can zo ne .”) I t r e t ir ano dr it t o, m entre studio e l a v o r o l i a l l o n t a n a n o
nelle metropo l i d a l l e q u a l i t o r n a n o
p er scrive re i br ani ( pr ov ar li e r ip rovarli, a ch e pr o?) c he c om paion o sul cd d ’esor dio Candor e ( L o v e
Bo at 2 00 1; 7 .5/ 10) . I dis t r at t i lo c ata log an o ne lla v oga “ em o” , c on la
q ua le ha b en poc o da s par t ir e per
le influenze su d d e t t e e u n a m a t r i c e
p rossima a d ei m oder ni Di af r am m a,
n on in diffe ren t e a degli Wi r e pr iv at i
di britannico a u t o c o n t r o l l o . P e n n a
e d esecuzion e es s enz iali t ut t av ia
fra nche , n on os t ant e o più pr obabilmente grazie a l l ’ o r d i n a t o f r a s t u o n o ,
e pifa nie d’u m anit à in f or m at o c anzon e, ria ssun t e nel c or o “ I o c r edevo che noi f o s s i m o u n o , s o l t a n t o
u no ” di Pita gor a, c ent oquar ant at r e
fragorosi e in n o d i c i s e c o n d i s u b i t o
classici. Le f anno ot t im a c om pagnia il senso d ’ a t t e s a s t r o z z a t a c h e
a ccen na a sc ioglier s i in Doc um ento I, l’up -tem po f unk c andeggiat o
Rip resa, i ma r t e l l a m e n t i s f a l d a t i d i
Ca pita le, il g r igior e aut unnale della
smithsian a Pe r s a.
Seguono altri concerti, tra cui il
prestigioso il passaggio ad Arezzo, presupposti di un attesto secondo disco d’importante esito.
Della rifinitura di Prodotto (Love
Boat 2004; 7.8/10) si occupa
Bugo, permettendo il quid che
a ff i n a u l t e r i o r m e n t e l a s c r i t t u r a e
lo svolgimento rodati dal palco.
Ne risultano undici episodi nevroticamente vitali, brevi e viscerali
approfondimenti di un debutto cui
sottraggono il fiato a volte corto.
Lavoro rutilante (Ripasso) e incalzante (alla Gang Of Four senza
g r o o v e : R u m b a ) , c o n v u l s o ( I n t e rquartieri) e struggente (Minuto,
Ancora) malgrado i diciotto minuti
di durata, decolla deciso con la lirica Canzone del Gabbiano; da lì
inanella il saliscendi Posta, lascia
latente malinconia a innervare
Ipotesi e dipinge quadretti di post
adolescenza con la sferragliante Astio, ponendo la compassata
Circostanza saggiamente in disparte. Dopo la defezione di Simone, fronteggiata con l’energico
Matteo Caldari (“Suonava già con
noi quando Simone o Gianni non
c’erano. È stato sempre il quarto
A l t r o . ” ) s i g i u n g e a l “ d i ff i c i l e t e r z o
album”, sempre in giro per la penisola con umiltà. Di Aspetto (La
Te m p e s t a , 2 0 0 7 , i n s p a z i o r e c e n sioni) illuminano la trasparenza
dei suoni e la consapevolezza delle fasi creative, dalla produzione
al mixing, dei quali si è occupato
R i c o d e g l i U o c h i To k i ( “ I o a n c o r a
un po’ di difficoltà a farmi il suono
nell’amplificatore ce l’ho. Comun-
que è bello scoprire cose nuove
quando suoni, soprattutto che puoi
fare con le canzoni le stesse cose
che fai con Photoshop. È una questione di conoscere i termini: non
esistono persone disposte a capire che vuoi una batteria che faccia
“tah” e non “tuh””). Cogli echi ben
g e s t i t i n e l l ’ a s c o l t o , t a n t o P. I . L . e
funk-punk, lontano dalle rotondità
“hit indie” di Disco Drive e più fedele alla fonte originaria, più cruda
e acuminata ma allo stesso tempo
introspettiva. Soprattutto riconosci la maturità unita a un impeto
che non viene mai meno anche nei
rari momenti riflessivi, quella cifra stilistica personale che è più
di tutto riluttanza all’omologazione (“C’erano tanti nomi in lizza
per il titolo: volevamo trovarne
uno a metà strada tra “candore” e
“prodotto”. C’è un momento in cui
scopri che puoi far passare per
verità una bugia: ti accorgi che le
cose hanno un significato diverso,
che puoi dire cose non vere e farle
passare per reali. Da lì in poi non
si è più puri, ma nemmeno corrotti: diciamo che scopri la malizia.
Solo che è una parola brutta, non
puoi chiamare un disco “malizia”.
Poi arrivò “aspetto”, ci piaceva
anche perché eravamo sfiniti dalla
ricerca ed era quello che stavamo
cercando, alla fine.” Come alla
fine è valsa la pena aspettare tre
anni per degli Altro adulti e perciò
fedeli alla loro (non) identità. Del
resto, come cantava un “certo” Federico “Chi fa da sé, farà sempre
molto più di tre.”
sentireascoltare 15
LADYBUG TRANSISTOR
l’insostenibile mutevolezza delle ossessioni
di Stefano Solventi
Innam ora rsi d i tutto , dal lo- f i al c ount r y - s oul, s e q u e s t o s e r v e a m e t t e r e i n s c e n a l ’ a r s s c r i v e n d i d i u n t a l e n t o
discre to, d i un qu asi- genio dal pr of ilo s f uggent e. U n o c h e h a s o g n a t o m o r b i d e f a n t a s m a g o r i e p o p b e n p r i m a
di Jens Le kma n, n on abbas t anz a int ens am ent e pe r ò d a s e m b r a r n e i l m a e s t r o .
P arliamo di Ga ry Olson, uno c he s i s pende gener o s o m a c i r c o s p e t t o , a t t e n t o a f a r e l e s c e l t e g i u s t e ,
a non ripe tere le in fat uaz ioni s bagliat e. Uno c he s i a c c o n t e n t a d i g i r a r c i / g i r a r s i a t t o r n o :
imper do na bile dife tto c he non puoi f ar e a m eno di p e r d o n a r g l i .
C orre va no i Novan ta di m ez z o. Cer to, il grunge rimbo m b a v a a n c o r a
turgido e truce. Ce rto, il pos t c os pirava malanimi semp r e p i ù a l g e b r i c i
e apocalittici. Certo , c e r t o . M a s e
dovessimo individua r e i s o v r a n i d e l
formidabile e stracc i o n e r e g n o d e l
rock in q ue i No va nta di m ez z o, indichere mmo se nz’altr o i Pavem ent ,
arguti a do rab ili ca zz oni lo- f i all’apice de lla brilla nte zza. I n quant i potevano vantare un a v v i o d i c a r r i e r a
con due album stra o r d i n a r i c o m e
S l an ted and Enchant ed ( M a t a d o r,
1992) e Crooked R a i n , C r o o k e d
R ain (Matador, 1994 ) F u u n a b e l l a
scossa per tutta una g e n e r a z i o n e d i
rockofili e rocke ttar i, le c ui c ons eguenze più o meno t e l l u r i c h e t e l e
ritrovi ancora oggi a d i n f o r m a r e l e
emerg en ze ind ie.
C osì, a nche u no com e G ar y O l son,
cantante, chitarrista e t r o m b e t t i s t a
da Brooklyn, con ne l l a t e s t a e n e l
cuore tutto u n so gn o pop c he v ibr ava instabile e inco n t e n i b i l e , q u e i
brilla n tissimi Pavem ent dov et t er o
somiglia re ad u na spec ie d’os s es sione, porca miseria . C o n t u t t a l a
loro ca racolla nte , os s ut a, c ont agiosa invad en za . E allor a, e quindi? Accadde che O l s o n d e c i s e d i
tener si stretto quel s u o s o g n o p u r
cedend o a lle lu sin ghe dei c as c am i
colleg e, d eg li sp igo li e degli s t r idori n oise in vo ga . Con im puls iv o
entusia smo , ste mpe r ò l’inf at uaz ione passeggera e l’am o r e d e f i n i t i v o ,
mettendosi a fare il n o c c h i e r o d e i
Ladybug Transistor, v a l e a d i r e l u i
stesso col non picc o l o a i u t o d i u n
manipolo di valenti a m i c i .
Il deb utto a rrivò con M a l b o r o u g h
F arm s (Pa rk’n ’Ride , 1995; 6. 4/ 10) ,
tit olo mu tua to da l n om e della r es i-
16 sentireascoltare
denz a- s t udi o c h e o s p i t a v a l e s e s sioni della combriccola. Disco che
dopo pochi secondi della prima
t r ac c ia, W h e e l , t i s p i a n a t a n t a d i
quella ruvidità allampanata, tanto
di quel caracollare sornione che ti
s e m b r a p r op r i o d i v e d e r l a l a f a c c i a
da s c hiaff i d i M a l k m u s . I n v e c e , d i e tro all’impertinenza sorniona c’è il
ghigno ben più pacioso di Olson,
proprio come sotto lo screanzato
s b o c c i a r e d i r i ff e c i o n d o l i i a s p r i c ’ è
quel sogno che palpita psych-pop
e palpitando scomoda suggestioni
non meglio definite, infiorescenze
am or f e Bea c h B o y s v i a B a rre t t
( Seadr if t ) , s c o n c e r t a n t i a l l u c i n a z i o ni M y Bl oo d y Va l e n t i n e i n c h i a v e
wav e f olk ( Tw i c e A L i f e t i m e ) , c o n c r ez ioni k r a u t e S t e re o l a b t r a i r i des c enz e E l f P o w e r ( M a g i c F o r e s t
Repor t ) , f ol k p s y c h a t m o s f e r i c o C a l exi co in ( T h e m e To ) L o u t q u a n d o
non addirittura lo squilibrio senza
appigli dei F l a mi n g L i p s a i t e m p i
delle am bu l a n z e g u i d a t e d a i p r e t i
( 95 M iles P e r H o u r ) .
Insomma, mettici anche il sistematico ricorso al glockenspiel, alle arguzie di tastierina, ai flauti e agli ottoni, insomma lo capisci che il gioco
è ben altro che non un doveroso
chapeau agli antieroi di Stockton.
Un ventaglio stilistico più frastagliato che strutturato, messo insieme
scozzando folate di suggestioni diverse. La filigrana sonica ne esce
fin troppo stratificata, spiazza continuamente l’ascolto, disperdendo
il fuoco dell’obiettivo appena credi
d’averlo azzeccato. Quel che si profila è un patrimonio promettente ma
confuso. Che, alla luce degli sviluppi successivi, si rivelerà un clamoroso, affascinante equivoco.
Tr a i p r i m i a d a c c o r g e r s i c h e q u a l cosa non andava, ci fu probabilmente lo stesso Olson. La neonata
compagine venne infatti del tutto
smantellata, ad eccezione del batterista Ed Powers. Subentrarono la
chitarrista Jennifer Baron, già nei
noise pop newyorkesi Saturnine,
il bassista nonché di lei fratello
J e ff e l a t a s t i e r i s t a / c a n t a n t e S a s h a
Bell. Con tutto ciò, quanto profuso
in Malborough Farms non fu certo
inutile. Anzi, rappresentò la fortuna della band, giacché si guadagnò le attenzioni della Merge, che
scritturò senza tema il progetto Ladybug malgrado fosse un cantiere
aperto, dalle prospettive tutt’altro
che delineate.
Tu t t a v i a e r a p a l p a b i l e u n a q u a lità
superiore nella scrittura, una sensibilità capace di sintetizzare e
s t u z z i c a r e i p i ù v e l l u t a t i f a n t a smi
c h e i n f e s t a n o d a s e m p r e l a c a s a di
bambola del pop. Ciò che confermò
p u n t u a l m e n t e B e v e rl e y A t o n a le
( M e r g e , 11 f e b b r a i o 1 9 9 7 ; 6 . 9 / 10 ),
n e l q u a l e è b e n e v i d e n t e i l t e n t ati v o d i c o r r e g g e r e l a r o t t a , a n c h e se
q u a l e i n e v i t a b i l e c o n s e g u e n z a a ff i o r a n o l e t i p i c h e i n c e r t e z z e , g l i ab b o z z i e i r i p e n s a m e n t i d e i l a v o r i di
t r a n s i z i o n e . O v v e r o , v e n g o n o p a gati
ancora dei pegni fin troppo pesant i a i P a v e m e n t , p e r ò s t e m p e r a n doli
con gli ingredienti della nuova ric e t t a , c h e p o i e r a p r i n c i p a l m e n t e la
n a t u r a l e a t t i t u d i n e d e l l e a d e r. Vedi
q u e l c i o n d o l a r e t r a s p e z i e e z u cc h e r o v a g a m e n t e L e f t B a n k e d i It
Wi l l B e A L i f e t i m e . Ve d i l a f o l k w ave
d i Yo u r Wa g g i n g Ta i l ( S i n g l e S pa c e ) , d a l p a s s o s g h e m b o e b r u s c o sì
m a c o r r u c c i a t a e p a l p i t a n t e c ome
g l i e p i s o d i p i ù e t e r e i f i r m a t i d agli
Sm a shing P um pki ns nell’epoc ale Mellon Co l l i e And The I nf i ni t e
Sa dnes s (usc i t o , p e r l a c r o n a c a ,
d ue a nn i p rim a) . O ppur e e s opr at tu tto, ved i la t r epidaz ione c onf id en zia le di Ru s hes O f Pur e Spr ing,
l’organo frizza n t e l l o , l a t r o m b a e l a
chita rrina mor bida, M alk m us m es s o
in me zzo tra Scot t Wal ker , Cl i entele e Ma gnet i c Fi el ds.
La muta zio ne quindi c ’è, è palpabile an zi marcat a, al punt o c he The
Swe dish Lib ra And You c ala s ul t avolo un a so rt a di – pot r em m o dir e
- “lo fi confid e n z i a l e ” c h e s c a v a l c a
i riferime nti pav em ent iani per c andidarsi quale p l a u s i b i l e p r o n i p o t e
d i la ng uo ri Vel vet Under gr ound
(q ue lli d i Ca ndy Say s e S u n d a y
Mo rnin g, o f co ur s e) . Senz a c ont ar e
gli sfacciati a m m i c c a m e n t i a i p r i m i
Be lle And Se bast i an ( nella m or bid a allu re psy c h- pop di Windy ) , a l
J onathan Ric hm an p i ù p i g r o ( n e l l a
calma a pp ass ionat a di St uc k ) o a
certe conger i e e l e t t r o n i c h e c o m e
uno sgorbio k r a u t r o t o l a t o f u o r i d a l
cestino (Fo res t M ar c hing Song) .
Massiccio l’u t i l i z z o d e l l e t a s t i e r e
q ua li q uin te ir ides c ent i di una r appresentazione t e n e r a e b i z z a r r a ,
la tro mba com e un r ic am ino in c ifre d ora te co n c alligr af ia f anc iullesca, tutto un f l o r i l e g i o d i r i m b o m b i
visionari, spe r s i l a n g u o r i e s o ff i c i
croma tismi (s u t ut t e in T h i s O r d e r
Is Ta ll). Co m e dir e, il m ar c hingeg no è a vviato e il r um or e del m otore lascia in t e n d e r e u n ’ i n g e g n e r i a
inedita. Certo , i l p i l o t a d e v e a n c o r a
p ren de re co nf idenz a. Anc he, s oprattutto, coi p r o p r i m e z z i .
D’a ltron de , le m anov r e di as s es t amento non e r a n o c e r t o f i n i t e . E d
Powers difatti se ne andò, rendendo
quindi Olson l’unico superstite della
pr im a v e r s i o n e d e i L a d y b u g , d i f a t to sempre più una sua “proiezione
or c he s t r a l e ” , p e r q u a n t o r i f u g g i s s e la p a r t e d e l l e a d e r m a x i m o . A d
occuparsi dei tamburi arrivò quindi
S a n F a d y l , c o m p o n e n t e d e g l i a ff i n i
Esse x G re e n , d a i q u a l i p r o v e n i v a
a n c he l a v i o l i n i s t a J u l i a R y d h o l m .
Fu quindi un sestetto la formazione
bas e c h e l i c e n z i ò i l t e r z o o p u s T h e
Al be ma rl e S o u n d ( M e r g e , 2 3 m a r z o 19 9 9 ; 7 . 5 / 1 0 ) , t i t o l o c h e r i e v o c a
un importante estuario del North
Carolina creato dalla confluenza
di numerosi fiumi (una metafora?).
Già l’angelico languore piano-voce
dell’i n i z i a l e O r i e n t a l B o u l e v a r d m e t t e in c h i a r o q u a n t o i l q u i d s t i l i s t i c o
collimi oramai con quello poetico,
alegg i a n d o c o n u n a r i s o l u t e z z a p l a c ida d a S t u a r t M u r d o c k s p a l l e g g i a to Stephin Merritt. Il lo-fi è ormai
una polaroid nell’album della prima
comunione. Di Malkmus e del suo
c ar ac o l l a r e s c i r o c c a t o r e s t a n o p o che tracce nell’armoniosa flemma
Sc ot t Wa l k e r i n a n t i c i p o s u l J e n s
Lekma n p r o s s i m o v e n t u r o , m e n t r e
le s u g g e s t i o n i b r i t i s h o m e g l i o e u ropee semplicemente impazzano
s ot t o f o r m a d i s v a g a t e f a n t a s i e K i n ks in M e a d o w p o r t A r c h , m i s c h i a n d o
v apor o s e s u g g e s t i o n i B e a c h B o y s
e s in g u l t i S ma l l F a c e s n e l b o o g i e jangl e d i L i k e A S u m m e r R a i n , t r e molando di allucinazioni Stereolab
e biz z a r r i e b u c o l i c h e B a r r e t t i n T h e
Aut om o b i l e S o n g .
Il gusto per la canzone come un
cordiale per immaginari esausti
c o g l i e l ’ a s s o n e l l a s p l e n d i d a To d a y
Knows, una meraviglia di flauti,
corde pizzicate, friniti carezzevoli
e sibili arguti che va a spegnersi
in un prezioso finale bandistico.
Sembra d’essere capitati in un miraggio sixties bagnato da una miracolosa patina hi fi, un gioco intellettuale e accorato senza altra
velleità che non l’intrattenimento
più amorevole possibile con ogni
mezzo possibile (vedi quella specie di teatrino di marzapane vaudeville - piano, campanellini, flauto, tromba, sax... - che risponde al
nome di The Swimmer).
S ’ i n n e s c a c i o è u n a s o ff i c e i d i o si n c r a s i a t r a l ’ a t t i t u d i n e n o sta l g i co /
r e v i s i o n i s t a c a r o a l g i r o Elephant
6 - d i c u i i n o s t r i s o n o , c ome dire,
s o c i o n o r a r i - e l a f e s t osa p o stm o d e r n i t à d i B e l l e & S e bastian e
A p p l e s I n S t e re o . R i s p e t to ai quali
O l s o n è “ s o l o ” u n d i s c r e t o crooner
d e l l a p o r t a a c c a n t o , c a pa ce p u r t u t t a v i a d i s t r a p p a r s i d a cu o r e e
c e r v e l l o a n c h e d i g r e s s i o ni astruse
a l l i m i t e d e l g e n i a l e , c o m e ce r te
fantasie cinematiche tex-mex à la
C a l e x i c o ( l a m i l i t a n z a i m maginifica
d i C i e n f u e g o s ) , s t r a v i s i o n i so r n i o n e
M e rc u ry R e v ( Va l e O f C a sh m e r e ) o
e c h i f i f t i e s i n l i e v e i n c a n t e vo l e tr a m a ( O c e a n s I n T h e H a l l , vicina a
c e r t e e s c u r s i o n i b l a s é d e i B e a t le s
nei territori latini).
I n c h i u s u r a d i p r o g r a m m a , l a sp a r i g l i a t a r o m a n z a b e a t u n po’ valzer
u n p o ’ v a u d e v i l l e v e n a t a di rigurgiti
b u c o l i c i d i A l e i d a ’s T h e me ( p e r l a
v o c e d i S a s h a B e l l ) l a s cia intuire
u n u l t e r i o r e a l l a r g a m e n t o d e l ve n t a g l i o e s p r e s s i v o . Q u e l c he si dice
un capolavoro.
M a l g r a d o l a b a n d s e m b r a sse ormai
u n a b a n d v e r a e p r o p r i a , guidata da
sentireascoltare 17
un boss gentile e i s p i r a t o , d e c i s o
ad oscillare generos o n e l s o l c o c h e
at t raversa psich ed elia f olk e lus inghe pop , da re u n d eg no s uc c es s or e
a T he Alb ema rle Sou nd non er a af fare da poco. Ci vo l l e r o q u a s i d u e
anni pe r Ar gy le He i r ( M e r g e , 2 2
magg io 20 01 ; 6 .9/10 ) , pr ov a dignitosa per quanto frene t i c a , s p i a d e l l a
ancor frag ile costituz ione del c om bo imp eg na to a scor az z ar e nel r eperto rio mne mon ico c on v er v e s c apestrata. Stemperan d o l ’ i m p e t o t r a
coaguli cha mbe r-psy c h ( T h e G l a s s
P ane) e festaio lo te x - m ex ( W o r d s
H ang In Th e Air), b az z ic ando r um ba er rebì flemmatica e i m p r e n d i b i l e
come u no Sco tt Wa lk er in un s ogno
argenta to Clie nte le ( W ooden Bar s ) ,
farcendo di crema ja n g l e u n s o ff i c e
folk qu asi J ay ha wks ( Ec hoes ) , oppure mischiando il p i g l i o s o u l d ’ u n
Ji m M or r ison tra sv olaz z i M a m a ’s
A n d Pa pa ’s ( Nico Nor t e) , p e r p o i
macera re fru tti po s t - m oder ni M er cury Rev in ruspa n t e e m u l s i o n e
Magne tic Fie lds (T he Rec lus iv e
H ero). I violini e le t r o m b e , o r g a n i
tiepid i e ta stie rine v et r os e, s guar di abbacinati e resp i r i o r c h e s t r a l i ,
tutto quel che occ o r r e i n s o m m a
per d are fia to e so s t anz a al f es t oso gioco di rifrazion i p a s s a t i s t e , a l
frullato d i a rgu te biz z ar r ie f olk c or roborate dall’estetic a e l e t t r i z z a n t e
di una mo de rnità che r is c opr e at tualizzando. Qualco s a , v a d e t t o , s i
perde lungo il proce s s o a l c h e m i c o .
Si appiattisce nel g i o c o i l l u s o r i o ,
perch é forse i p ara m et r i s ono t r oppi da co ntro llare , gl i um or i e i t im bri inn esca no vo rtic i br ev i aut or e-
18 sentireascoltare
f e r e n z i a l i , s e g n a l i e ff i m e r i d a l p e s o
s p e c i f i c o i n s u ff i c i e n t e a p u n t e l l a r s i
l’un l’alt r o i n u n d i s c o r s o p o e t i c o or ganic o , f o r t e e a p p a s s i o n a t o
come esigerebbero le intenzioni.
C o s ì , t r a r i ff a z z e c c a t i s s i m i ( n e l l a
k ink s iana I n A C e r t a i n P l a c e ) e s p i gliat a dis invo l t u r a v a u d e v i l l e ( F i r e s
O n The O c e a n , F j o r d s O f Wi n t e r ) ,
la proposta si consuma alla stregua
di una int en s a p r o v a d ’ a p p e l l o , a t t ent a quind i p i ù a d i m o s t r a r e c h e
non a esprimere, salvo comunque
alzare la posta col folk ammaliante
e v or t ic os o d i C a t h e r i n e E l i z a b e t h
( t ipo i Fai r p o rt p i ù b i z z a r r i i m m i s c hiat i St er e o l a b ) e q u e l l a P e r f e c t
For Shat t er i n g c h e t r a e ff e r v e s c e n ze e malinconia inventa più o meno
t ut t o il Lek m a n p i ù v i v a c e .
Fu come un’inconsapevole - o forse, chissà, compiacente - dichiarazione di aurea mediocritas, il rifiuto della velleità, del lanciarsi oltre
l’ostacolo che pure talvolta ha fatto
grandi certe situazioni rock. Gary
Olson sembrava accontentarsi della fama di inappuntabile mestierante del pop-rock, capace al più di
brividoso entertainement, di crooning appena screziato d’inquietudine. Casomai, ci pensò il successivo
T h e L a d y b u g Tr a n s i s t o r ( M e r g e ,
7 ottobre 2003; 6.6/10) a ribadire
la questione. Non fosse che per
la smaccata attitudine Lambchop,
così evidente da far ipotizzare
una più o meno diretta filiazione
d a l l ’ o t t i m o I s A Wo m a n , l ’ a l b u m
c h e n e l 2 0 0 2 g u a d a g n ò a K u r t Wa gner e soci apprezzamenti inauditi,
sdoganandoli dallo status di band
d i c u l t o . Ve d i c o m e q u e l l o s t e s s o
stile felpato, indolenzito e disinvolto plasma l’acidula pigrizia di Song
For The Ending Day, l’intrigante
trama Monkees di Please Don’t
Be Long, la signorile apprensione
di The Last Gent oppure e soprattutto la floscia arguzia dell’iniziale
These Days In Flames. In questo
quadro di sostanziale succedaneità, la calligrafia della band si rivela
comunque di buona fattura, capace
d i c o n g e t t u r e s o u l s o ff i c i e s c r e anzate come uno Style Council
s e d a t o S c o t t Wa l k e r ( C h o k i n g O n
Air), oppure suggestive e sincopat e c o m e N Y- S a n A n t o n , s o r t a d i f i o re sbocciato nel giardino di confine
tra Elvis Costello e Steely Dan.
Per non dire del Gram Parsons via
M a m a ’s A n d P a p a ’s d i A B u r i a l A t
Sea, dei Mojave 3 a braccetto cogli Apples In Stereo di The Places
Yo u ’ l l C a l l H o m e ( c a n t a t a d a u n a
intrigante Sasha Bell) e dello Scott
Wa l k e r s u l l ’ a r c o b a l e n o p o p B a c h a rach/Calexico di In December.
S i a v v e r t e l a m a n c a n z a d e l l ’ i n tu i z i o n e s b a l o r d i t i v a , m a c ’ è i l f o n d ato
s o s p e t t o c h e n o n s i a s t a t a n e p p ure
r i c e r c a t a . S i a m o d i f a t t i a l c o s p etto
di un lavoro levigato, che non dif e t t a d i u n a c e r t a i s p i r a z i o n e , con
p o c h e c a d u t e - l ’ e s a u s t a G o s p e l , il
v e l l u t o c o u n t r y r o c k t u t t o s o m m ato
p r e v e d i b i l e d i 3 E q u a l s Wi l d - b i l a n c i a t e d a l l a c u r a m e t i c o l o s a con
cui certi brani tutt’altro che geniali
s i v e s t o n o d e g l i a b i t i m i g l i o r i , tipo
q u e l l a H a n g i n ’ O n T h e L i n e che
s c i o g l i e d o l c e z z a e b r i o a l m odo
d e i m i g l i o r i B e l l e A n d S e b a s t i an ,
o pp ure un a S plendor I n The G r as s
che fa imp atta r e Byr ds e Sm all Faces n el dio ram a onir ic o alles t it o
da slide e org a n o . U n d i s c o q u i n d i
senz’altro app r e z z a b i l e , c o l d i f e t t o
n on se co nd ar io di una f lem m a ec cessiva, all’in s e g u i m e n t o d i m o d e l l i
palpitanti ma i m p a l p a b i l i , f o r s e f i n
troppo idealiz z a t i . Ta n t o c h e r i s c h i a
d i semb rare u n dis c r et o s opr am m obile, un piace v o l e l e n i t i v o c o n t r o i l
lo go rio d ella v it a m oder na.
Ebbene, che f o s s e v o l u t o o m e n o ,
q ue lla se mbrò e s em br a la dim ensione congen i a l e p e r i L a d y b u g
Transistor. Co m e b i a s i m a r l i ? N o n s i
p uò rimp rover ar e a O ls on di v oler
e ssere se ste s s o, non di più e s e
possibile non d i m e n o . M u s i c i s t a d a i
b uo ni mezzi, innam or at o di quant o
a leg gia va in am bit o pop- s oul- f olk ro ck tra i sess ant a e i s et t ant a, epigoni compresi . N o n è c e r t o u n c a s o
la su a p arte c ipaz ione f at t iv a all’ultimo la vo ro di Kevi n Ayer s, il per altro no n e ccel s o The Unf ai r gr ound
(Tuition Reco r d s , s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) .
Co sì è , se ci par e. Q uant o al f ut uro, non dovre b b e r i s e r v a r e u l t e r i o r i
sorp rese, co m e r ibadis c ono le ultime pro ve . Pr im a l’EP Her e Com e s The Rain ( G r een Uf os / M er g e, d ice mbre 2006; 6. 8/ 10) c on le
sue quattro co v e r f i r m a t e d a Ay e r s ,
John Cale, Tr a d e r H o r n e e d a i G r i n
di Nils Lofgre n , t u t t o u n r a p i m e n t o
m inim a l e e u n i m p e n n a r s i s t r u g g e n t e, c e n t e l l i n a n d o d e t t a g l i c o n i m p e to misurato, stemperando impeto e
amarezza col consueto mestiere.
La p r e s e n z a d i J e n s L e k ma n a i
c or i d e l l a t i t l e t r a c k p o t r e b b e e s s e r e let t a c o m e u n ’ e m b l e m a t i c a c h i u s ur a d e l c e r c h i o , u n p a s s a g g i o d i
t es t im o n e , i l d o v e r o s o o m a g g i o d i
un qu a s i - d i s c e p o l o a d u n q u a s i - m a es t r o c h e h a a v u t o s e n z ’ a l t r o i l m e r it o d i a r r i v a r e p r i m a s u l l a s c e n a .
Lekman, appunto, può essere
preso quale pietra di paragone illuminante. In un certo senso, lo
svedese appare libero dall’ansia
di appartenere ai codici espressivi che si è scelto, quasi che essi
stessi avessero scelto lui. Lo senti
nelle sue canzoni, così abili a farsi largo tra le soavi recrudescenze
del cuore e tra gli zampilli aciduli
dell’allegria. Gary invece, che pure
possiede una penna altrettanto
capace, sembra muoversi circospetto, attento a non calpestare le
tracce sbagliate, a fare le scelte
giuste. Lo assillano i dolci fantasmi del passato e le lusinghe del
presente, in una giostra febbrile di
fascinazioni instabili. Alla fine, Olson si accontenta di girarci/girarsi
attorno. Forse per timore di quello
che può o può non trovare.
In questo senso, il sesto opus
Can’ t Wa i t A n o t h e r D a y ( M e r g e /
S e l f , 5 g i u g n o 2 0 0 7 ; 6 . 5 /1 0 ) - r e c e n s i o n e s u l # 3 5 - p u ò e sse r e l e tt o c o m e u n a d e f i n i t i v a conferma.
I l c o m b o v i a p p a r e o r m a i a p e r to a
m o l t e p l i c i i n t e r v e n t i e c o n tr i b u ti ( o l t r e a L e k m a n , g l i a l t r e t t anto affini
C l i e n t e l e , A rc h i t e c t u re i n H e ls ink i e A i s l e rs S e t ) , c a p a c e d i m e ta b o l i z z a r e l e d e f e z i o n i e persino le
t r a g e d i e ( S a s h a B e l l a bbandona,
S a n F a d y l e m u o r e s t r oncato da
u n a t t a c c o d ’ a s m a , i d u e vengono
r i m p i a z z a t i d a K y l e F o r e ster e Ben
C r u m , e n t r a m b i d e i G re a t La k e s ).
L a s c r i t t u r a è b u o n a s e n z a p a r ti co l a r i p i c c h i , s e m b r a p e r v a sa da una
l e g g e r e z z a d i m e s s a e fragrante,
f o r s e i l s o l l i e v o d e l l a m a turità. Nel
c o m p l e s s o è u n a p r o v a no n e cce l s a , m a - n e i t e r m i n i c h e abbiamo
delineato - inappuntabile.
I L a d y b u g Tr a n s i s t o r s o n o u n a b o tt e g a d i s i n v o l t a , a p p a s s i o n a ta , a ffi d a b i l e e a ff a b i l e . C h e s i è r a sse gnata ad essere quel che può. Una
d i q u e l l e r e a l t à c h e t u c h iamale se
v u o i m i n o r i , r o b a c h e f a sempre
c o m o d o t e n e r s i t r a l e p assi o n i d i
s c o r t a . P e n s a t e a i M o u n t ain Goats,
a g l i E l f P o w e r, a p a r e c c hi d i q u e l l i s o p r a c c i t a t i c h e i d e a l m e n te o fi s i c a m e n t e s i s o n o t r o v a t i a fianco
d e l l a c o m b r i c c o l a d i O l s on , a co n d i v i d e r e l a m o r b i d a m u t e volezza di
q u e l l e o s s e s s i o n i . Vo l e n d o , p o ssi a mo farceli bastare.
DISCOGRAFIA
Marlborough Farms
(Park’n’Ride, 1995)
Beverley Atonale
(Merge, 1997)
The Ladybug Transistors
(Merge, 2003)
Here Comes The Rain EP
(Green Ufos / Merge, 2006)
The Albemarle Sound
(Merge, 1999)
Argyle Heir
(Merge, 2001)
Can’t Wait Another Day
(Merge, 2007)
sentireascoltare 19
Sightings
la visione del rumore dal di dentro
di Gaspare Caliri
A l rum ore pu ò n on es s er c i m ai f ine, m a di s ic ur o c ’ è u n a s t o r i a d i e t r o .
A f f ron tiamo , ind ifesi e s enz a t appi per le or ec c hie , l a b a r a o n d a r u m o r i s t a d e i S i g h t i n g s ,
formazion e chita rra- bas s o- bat t er ia newy or k es e, g i u n t a , d o p o q u a s i u n d o p p i o l u s t r o d i a t t i v i t à ,
al ses to a lbu m. Sotto la c onc is ione delle lor o par o l e e l a p r o d u t t i v i t à d e l l a l o r o m u s i c a ,
scopria mo come fare r af f inat e eluc ubr az ioni all’inte r n o d i u n a s e g h e r i a .
Tre vent enni a Ne w York
Al rumore non c’è mai fine, ma può
esserci un inizio e una continuazione, prima che sfumi via nell’indistinto. Il primo avvistamento dei
Sightings può essere ricondotto al
passaggio di millennio, ma già da
qualche anno prima – per la precisione dall’inizio del 1997 – un
chitarrista di Brooklyn, Mark Morgan, e un batterista, Jonathan Lockie, si divertono a suonare delle
jam insieme. Gli esiti sono ancora
ingenui, il sacro fuoco del rumore
concede loro solo il fumo; poco
importa, perché ciò che è cogente
è semmai trovare un bassista che
porti a compimento la configurazione che hanno in mente. Per trovarlo, attaccano qualche volantino nei
n e g o z i d i d i s c h i d i N e w Yo r k C i t y.
Certo, è successo anche a molti di
noi, ma di fatto nel loro caso ha
funzionato; è il gennaio del 1999
q u a n d o n a s c o n o u ff i c i a l m e n t e i
Sightings, qualche mese dopo aver
conosciuto Richard Hoffman e il
suo basso, cioè dopo aver scoperto in lui il terzo angolo del triangolo.
U n ’ a l t r a d i ff e r e n z a c o n i l n o s t r o
mondo è che nel giro di qualche
mese il trio riesce a esibirsi in
qualche locale, producendo gli avvistamenti di cui sopra. È evidente
fin da subito che la gravitazione
dei Sightings avviene attorno alla
trasposizione del concetto di caos
in musica, anzi alla produzione
senza mediazione intellettuale di
un “caosmo” di impatto folgorante, ma debole se sezionato in sede
d’analisi.
Frega nulla di tutto ciò? Se si trattasse semplicemente di un gruppo
20 sentireascoltare
che alimenta una scena – la fantomatica scena noise newyorkese
dei primi Duemila – basterebbe la
loro presenza massiva; ma sono i
tre protagonisti a capire, per primi,
c h e i r i ff u t i l i z z a t i s o n o b a n a l i , c h e
i l r u m o r e c o p r e d e l l e i n s u ff i c i e n z e ,
che suonare insieme per andare
verso un altrove vicinissimo è un
obiettivo che trascende un mood
cittadino. Semmai, la scena noise
si sposterà in conseguenza alle
loro decisioni.
Mark decide di utilizzare la sua
voce – un lamento direttamente
preso da un incrocio tra harsh-nois e e N o - Wa v e – c o m e d e f i b r i l l a t o r e
studiato del loro rumorismo, come
tramite tra un’esplosione senza direzione e una cascata cacofonica
– ma ragionata - verso una formula. Nel frattempo il gruppo fabbrica due cdr che non vedranno mai
l ’ u s c i t a u ff i c i a l e ; n e l l a s e c o n d a
traccia del primo (ovviamente senza titolo) è proprio la parte vocale
a definire un andamento al mostro,
ma non c’è solo quello; una riflessione diventa piano piano lampante, e li accompagnerà fino alle ultime realizzazioni; la debosciatezza
del frastuono e la tabula rasa della
melodia ricordano, più che riferimenti strettamente interni al rock
– almeno nella tradizione del classico trio chitarra-basso-batteria –
la deriva disumana – ma umana,
come un reportage spaventoso –
dei Throbbing Gristle degli inizi,
quando veramente nulla era concesso all’ indulgenza musicale.
Come Genesis e soci, urge creare
con l’impatto sonoro deflagrante
un ambiente d’insieme – questo,
lo diciamo subito ma l’abbiamo
già detto (recensione sul #37), in
Through The Panama diventerà
ancor più evidente. Il rumore dei
Sightings sembra quasi descrittivo, non vuole distruggere ma avv o l g e r e n e l l a d i s t r u z i o n e . Tu t t e
queste chiacchiere valgono per il
7” untitled del 2000 (uscito per la
Freedom From), per la cassetta
Live dell’anno dopo (per la Spite
statunitense), ma soprattutto per
l ’ e s o r d i o u ff i c i a l e d e l t r i o , g i à f r u t to di uno spessore che, appunto,
più che di appartenenti a una scena si confà a chi una scena la crea
o la ricrea, la rivitalizza. Sightings
(Load, 2002; 7.0/10) è proprio questo: un masso lanciato dal cavalcavia su un’autostrada già piena
di altri massi, che risultano, dopo
l’impatto, polverizzati.
Come spesso accade, ciò che più
sorprende è la liberazione ancestrale – e quindi quasi primordiale
– di una stratificazione di rumore
così complessa. Cuckoo è un galoppo primitivista su un appaloos a f a t t o d i M D M A ; Tw o T h o u g h t s
è l’estrema sintesi della solita
European Song dei VU, al massimo delle sue conseguenze; in Don
We s t l a c h i t a r r a s e m b r a u n f o r n o
ustionante che continuiamo a toccare non curandoci delle ustioni;
il gioco è insomma già quello che
renderà famosi – o meglio, ciò per
cui sono spesso citati da chi li conosce – e cioè la dissimulazione
della strumentazione utilizzata,
la più classica come abbiamo già
detto, ma la più stravolta, al conto
dell’ascolto.
In realtà la struttura ritmica di
molte canzoni fa pensare a una
corsa impervia ma affrontata con
mezzi mostruosi. Il valore ritmico
degli strumenti sta sopra, anche
nelle cadenze più lente, al loro
dimensionamento fatto dai feedback. E siamo solo al primo capitolo, per il quale Adam Strohm,
della rivista Fake Jazz, dice – con
una felice espressione – essere
fatto di “two parts brawn and one
part brain” (due terzi muscoli, un
terzo cervello).
Strument i pesanti
ident if ica ti
non
Il 2002 non vede solo l’esordio dei
Nostri, ma anche la loro seconda
uscita (oltre che un altro intermezzo live, anche quello uscito
s o l o c o m e c d r, L i v e a t F r e e 1 0 3 . 9
FM). Si chiama Michigan Haters
(Psych-O-Path, 2002; 7.0/10) e ha
una chitarra che chiama a rapporto due personaggi illustri, vale a
dire Sumner Crane, che triturava
l a s e i c o r d e n e i M a r s . L’ i n v i l u p p o
di feedback di Brought A Grandfather Clock si interrompe solo per
s t a ff i l a t e c h e r i c o r d a n o l a s e c o n d a
produzione del gruppo di Cunningham e Crane, quella dopo No New
Yo r k , p e r i n t e n d e r c i . S c a v a n d o a n cora nel possibile passato di tanto frastuono, Cargo Embargo (di
poco più di un minuto) sembra propendere per estreme putrescenze
hardcore. La novità principale è
forse proprio la variabilità dei brani – nella lunghezza e negli esiti,
che da questo disco sarà sempre
più stupefacente, dal momento che
compare dentro uno strato costante di rumore. Chili Dog sposa l’atonalità chitarristica con una base
ritmica paranoica, che mostra dal-
lo spioncino i Liars di This Dust
M a k e s T h a t M u d , c o s ì c o m e i Wo l f
Eyes e i Boredoms – ma il japanoise è accostamento possibile per
molta produzione dei Sightings.
I Feel Like A Porche, che pure
compariva nell’esordio, viene ripresa e dilatata in una tensione
ancora maggiore; del resto, come
dice lo stesso Mark, “le canzoni
generalmente vengono fuori dalle nostre jam nella saletta prove”
(ascoltate la batteria della splendida Guilty Of Wrecking e avrete
una sensazione di aggiornamento
all’harsch della “New Thing” freejazz newyorkese); il che ci porta
a una precisazione: i Sightings
non hanno ancora uno studio, ma
dovranno aspettare il magnificato
Arrived In Gold per averne uno;
i risultati si vedranno. Per ora è
quasi un bene, che i tre suonino
e registrino in uno spazio angusto (e ingiusto); dà ulteriore claustrofobia all’insieme, crea riverberi che miscelano ancora di più
gli strumenti, eliminando la questione del leader; fanno intridere
le pareti della forza del male, le
abbigliano di distruzione prima di
fermarsi e riflettere.
In ogni caso, nel 2003 arriva Absolutes (Load; 6.8/10), e le cose
non cambiano granché. Anzi, forse
sì, e qui sta una caratteristica importante dei Sightings. Se la personalità è sempre quella, sembra
maggiorata l’attenzione ai particolari, i tempi batteristici trovano angolature che li fanno assomigliare
s e m p r e p i ù a r i ff ( R e d u c t i o n ) – e
vale viceversa. Un motivo c’è: Lockie suona anche la batteria elet-
tronica, che filtra con distorsioni
e d e ff e t t i c h e l o a v v i c i n a n o a u n
chitarrista. La dissimulazione si
complica. Anna Mae Wong è una
liberazione che non finisce più,
anzi, che non avviene mai; è come
nel videogame Doom, la chitarra
spara e la batteria segna i momenti
in cui il personaggio si muove, con
costante – anzi, crescente – timore
che la fine si avvicini. Bishops è la
techno-detroit del noise; entra in
testa e crea squilibri al cervelletto
che qualcuno chiamerebbe passi di
danza. È tempo di pensare a uno
spazio più adatto di una piccola
sala prove.
Fuori
dalla
sala,
la
concisione. Dentro lo
s tu d i o , l a r i v e l a z i o n e
Urge ora una piccola pausa, un
excursus dal baccanale, un breve
e meritato riposo per i nostri lobi
vibranti. Chiediamoci cosa direbbero i Sightings se gli chiedessimo di parlare di una supposta
scena rumorista di NYC. Direbbero forse che non sanno a cosa vi
riferite di preciso, e, comunque,
che loro non si sentono parte di
una scena noise di qualsiasi tipo
o provenienza. Spostando la focale, minimizzerebbero sugli effetti,
s u l l a N e w Yo r k d i o g g i , d e l l a N o Wa v e d i q u a s i t r e d e c e n n i o r s o n o .
D i p i ù : p a r l a n d o d i N e w Yo r k l i m i terebbero l’importanza di viverci
nel disagio di subire un costo della vita troppo alto. Se poi gli citassimo il motto “industrial music for
industrial people”, memori delle
invenzioni dei Throbbing Gristle,
ci lascerebbero abbastanza atto-
sentireascoltare 21
chi di chitarra e addirittura su un
pianoforte (suonato, come esordio
della loro collaborazione, proprio
d a A n d r e w W. K . ) ; S u g a r S e d i m e n t
ipnotizza con un riff da scala blue
del basso e poi procede – mostrandoci i suoi ultimi sospiri - al suo
sacrificio; Odds On è figlia diretta
ancora degli Einstürzende Neubauten (complice il violino di Samara Lubelski dei Sonora Pine)
– e suona strano che i tre non li
conoscano, se davvero è così. Del
resto c’è chi dice che è comune a
molti filosofi statunitensi fare invenzioni concettuali strabilianti,
ignorando loro che quelle invenzioni sono patrimonio dell’umanità
da millenni.
Fatto sta che i Sightings non hanno bisogno di inventare nulla, ma
di abbagliare, più che con avvistamenti, con presenze concrete,
niti ammettendo di non conoscere
la musica industriale, specie quella europea.
Ecco, togliete il condizionale, perché queste domande le abbiamo
rivolte direttamente a Mark Morgan, il quale ci ha risposto con
qualche riga concisa. Si direbbe
solipsismo, come atteggiamento. Eppure qualche amico c’è. Un
esempio? I Blues Control, altra gente materica che tratta col
rumore, nella fattispecie dopo
averlo comprato barattandolo col
blues, appunto. Un altro? Andrew
W. K . , m u s i c i s t a c h e d o p o q u a l c h e
anno sarebbe diventato produttore
di un EP dei Wolf Eyes e – se avete letto la recensione di Through
The Panama il mese scorso lo saprete già – dell’ultima fatica (del
sudore deve esserci) proprio dei
Sightings, data 2007.
To r n i a m o p e r ò a t r e a n n i f a , a l l a
comparsa del già menzionato Arr i v e d I n G o l d ( L o a d ; 7 . 8 / 1 0 ) . L’ e t à
d e l l ’ o r o p e r l o r o s e m b r a e ff e t t i v a mente arrivata, con lo studio, si diceva, ma anche con un riconoscimento che non li relega più a una
zona oscurata da Lighting Bolt,
No Neck Blues Band e soprattutto
Black Dice. I punti in comune con
questi ultimi, a essere sinceri, paiono crescere, il che non potrebbe
che mantenerli nell’ombra rispetto
alla formazione di Bjorn Cope-
22 sentireascoltare
land. Ma le diversità sono ben più
s o s t a n z i o s e d e l l e a ff i n i t à .
L’ e l e m e n t o d i c o n t i n u i t à c o n l a
produzione precedente, ma che
qui si risolve, nel classico punto
di catastrofe, in un passaggio a un
livello più alto, è l’analisi materica
della percussività degli strumenti
tradizionali del rock. Questa volta però, checché ne dica Mark,
spaziano davvero in un bacino
di musica malata molto ampio. In
O n e O u t O f Te n u n a p a r l a t a s i m i l Blixa Bargeld procede, prima di
impazzire, su rottami fatti di toc-
di cui non si vede l’inizio né la
fine. Internal Compass è l’ennesimo (ma in tempi meno sospetti)
anello di congiunzione tra i DNA
e i (penultimi) Liars; e la finale
lunga valchiria di Arrived In Gold,
Arrived In Smoke è la definitiva
fagocitazione del mondo che sta
attorno al trio newyorkese, in primis di provenienza Chrome. Una
solidissima conferma che li mette
nuova luce e che, forse, li mette di
fronte a uno statuto diverso, che
ha oneri oltre che onori, specie in
relazione al futuro.
Olt r e l’or o
Facile pensar e c h e o r a M a r k e s o c i
a bb ian o q ua lc he diff ic olt à a dar e
u n su ccesso re ad Ar r i ved I n G ol d.
Oppure, molt o s e m p l i c e m e n t e , s i
sono messi a s u o n a r e d e n t r o i l l o r o
stud io, aspe tt ando c he la lor o es perienza e una v o l o n t à n o n i n t a c c a t a
facessero da s o l e l a s c r e m a t u r a
d elle n uo ve ja m in at t es a di em er sion e d ai tre f lagelli.
Vengono inta n t o s e g n a l a t i i n u n a
recensione su C l e v e l a n d S c e n e –
non si capisce b e n e i n b a s e a q u a l e
p rincipio – com e la band più per icolosa d’Ame r i c a . A c h i s c r i v e p a r e
in ve ce ch e l’i m pat t o di ques t a m usica se rva da c alm ier ant e, s e pensato come sfo g o . C o m e u n p r i n c i p i o
o meo pa tico m a pr es o a dos i m as sicce; ok, in q u e s t o c a s o s i c h i a m a
d op ing , ma fa lo s t es s o. Sono c omunque disco r s i s u p e r f i c i a l i , a n c h e
se tentiamo d i c o m p l i c a r l i . P e r l a
cron aca, a bb iam o c hies t o a M or gan
se il ru more r ende f elic i, alla lunga, ma, triste m e n t e ( p e r n o i ) , n o n
abbiamo avut o r i s p o s t a . I l m i g l i o r e
riscontro dei S i g h t i n g s è s e m m a i
la prosecuzio n e i m p e r t u r b a b i l e d e l
lo ro fare ; End Ti m es ( 2006; Fus etro n, 6 .7/1 0) è p r o p r i o q u e s t o ; a n z i ,
rispe tto ad A r r i ved I n G ol d t o r n a
qualche pass o i n d i e t r o ; a s o r p r e s a
non accenna n e a n c h e u n i s t a n t e a
continuare la l i m a t u r a d e l s u o n o
che il disco dell’anno pr im a ( s eppure senza r i s u l t a t i d i s t e n s i v i p e r
l’ascolto); se m b r a p r e s t a r e m e n o
attenzione ai p a r t i c o l a r i ; p r o d u c e
il marasma e i l f r a c a s s o f o r s e p i ù
dirompente di t u t t a l a l o r o c a r r i e r a
(The Brain s You Wer e Bor n Wit h) ,
anche se non d i s d e g n a u n u l t e r i o r e
mime tismo gr is t leiano ( Car r y O n) .
Il movimento è d o p p i o , l a v i o l e n z a
con cu i i tre t r it ur ano i lor o s t r umenti sembr a r i v e l a r e l ’ e s t r e m a
resistenza al l a s t a n c h e z z a , c o m e
quando si acc e l e r a i l p i ù p o s s i b i l e
in autostrada p e r f a r e i n m o d o c h e
la ve locità ci s alv i dai c olpi di s onno che sentia m o i n a r r i v o … I n u n
a ltro verso, p er ò, End Ti m es p u ò
essere letto c o m e i l c a n t o d e l c i g n o
dei Sightings c h e f u r o n o , c o n l a
fisica lità de l lor o ar s enale ( es em plare, efficac i s s i m o , i l t r a t t a m e n t o
riservato da Hoff m an al s uo bas s o
in All Th e Sc am s , alt er nat iv am en-
te marziale e scosso da elettricità
pura), prima di lasciare spazio alle
s c elte g i à i n t r a p r e s e c o n A r r i v e d
I n G o l d . L’ u l t i m a n u d i t à , s p e c i e i n
pr ev i s i o n e d i u n l a v o r o d i p r o d u z i o ne c h e s i f a r à d e c i s a m e n t e s e n t i r e .
L’ a m b i g u i t à è p a r z i a l m e n t e r i s o l t a
dalla riflessione più ricca che ci ha
r egal a t o M a r k M o r g a n : “ Tu t t o q u e l lo che posso dire è che sebbene
ogni tanto ci sentiamo frustrati dai
nostri rispettivi strumenti, tutti e tre
am ia m o a n c o r a l e a r m i c h e a b b i a mo scelto”.
End Ti me s è l a d e f i n i t i v a d i c h i a razione d’amore bellico, ma, a ben
guar d a r e , a n c h e l a r i s o l u t i v a t a b u la r a s a c h e r e n d e p o s s i b i l e u n ’ a m bientazione nuova, cupa, violenta,
ma non necessariamente puntata
come un mitra verso qualcosa; è
il bulldozer che crea volume vuoto
p e r l ’ a r r i v o d i T h ro u g h T he Pa na ma , c i o è q u e l m o n d o n uovo dove
n o n s a r à p o i t a n t o s u r r e ale sentire
u n a c a n z o n e ; d o v e c i s a rà tutto lo
s p a z i o c h e v o g l i a m o p e r u n a Th e
E l e c t r i c i a n , c o v e r d i S c o tt Wa lk e r ,
s c e l t a d a l g r u p p o s o l o p er ch é u n a
b e l l a c a n z o n e e p e r c h é ca p a ce d i
f a r i n t r a v e d e r e u n l o r o intervento
interessante.
In quel mondo avranno luogo di
esprimersi gli stessi riferimenti che hanno animato, secondo
la nostra lettura, tutti i dischi da
Sightings a End Times, e qui sta
un punto notevole: saranno debiti
già pagati, assimilazioni già digerite e ora ricostruite su un humus
già loro. Nella musica dei Sightings, adesso, ecco la conclusione, gli avvistamenti non sono loro
là, ma noi qua.
sentireascoltare 23
3/4hadbeeneliminated
sottrarsi
di Nicolas Campagnari e Edoardo Bridda
Un sottrarsi che si riempie di significati. Minimi, concreti. Folk, magici, psych.
Tante definizioni per un collettivo che non ama sentirsi unitario ma multiplo.
Eppure un suono che emerge e scompare. Che fa paura anche dietro lo schiaffo di un calore familiare.
Un’immagine precisa può ben rappresentare i 3/4hadbeeneliminated,
quella della copertina del loro sec o n d o d i s c o A Ye a r O f T h e A u ral Gauge Operation: tenebrosa,
crepuscolare, con una fitta trama
di alberi scheletriti che potrebbe
sembrare una foto scattata poco
prima del tramonto, o poco dopo
l’alba, fortemente permeata da un
clima surreale e decadente, il viso
umano che emerge ma al tempo
stesso si nasconde sullo sfondo.
Vi b a s t e r à a s c o l t a r e u n a t r a c c i a a
caso della loro produzione per trovarvi all’interno di quella copertina, impauriti da qualcosa che non
conoscete, ma che al tempo stesso
vi sembra familiare.
E scono in q ue sti g ior ni per la Soleilmoon due dischi p e r i l q u a r t e t t o
it aliano d iviso tra Bologna e Ber lino, The ology e The Rel i gi ous Exp erience , rispettiva m e n t e i l t e r z o
e qu arto, che rapp r e s e n t a n o u n a
sintesi impo rtan te della lor o c ar riera n on ch é di qu elle, m olt o più
prolifiche, dei mus i c i s t i c o i n v o l t i .
È l’occasion e miglio r e per r iv edere un percorso artist i c o “ d i n i c c h i a ”
ma dalla portata già i n t e r n a z i o n a l e .
Un’analisi che si è a v v a l s a d i u n a
chiacchierata con i m u s i c i s t i s t e s s i ,
incontrati da l vivo a l f es t iv al Phonoram a 2 che si è t e n u t o a l R a u m
di Bologna lo scors o 9 n o v e m b r e ,
una convergenza/ d i v e r g e n z a d i
parole e rifle ssion i c he ev idenz iano, co me me tafo re ideali, le peculiarità di qualcos ’ a l t r o r i s p e t t o
alla classica idea di b a n d . D u n q u e
un t errito rio ap erto in c ui indagare stile e attitudini. U n l a b o r a t o r i o
musical-creativo il c u i d e b u t t o n e
sembra una logica p r e m e s s a , u n a
24 sentireascoltare
conseguenza per misurare assieme
passate esperienze soliste, alcune
am piam ent e r o d a t e , a l t r e i n a s s e s t am ent o c o s t a n t e , o m e g l i o u n t u t t o in c os t an t e e v o l u z i o n e .
In s olo
Partiamo dunque da quest’ultime
per c onos c e r e m e g l i o i p e r s o n a g g i
della v ic en d a , d a p p r i m a , C l a u d i o
Rocchet t i i l p i ù p r o l i f i c o . A l s u o a t tivo quasi una decina di uscite tra
c d , c d - r, c a s s e t t e e n e t r e l e a s e d i
c ui s i pos s o n o r i c o r d a r e T h e Wo rk
Cal l ed Ki t a n o ( B a r L a M u e r t e ,
2002) e Da v i d L e e R o t h ( L o n g L o n gChaney, 2 0 0 7 ) , l a v o r i c a r a t t e r i z z a t i d a c o ll i s i o n i p o c o c o n c i l i a n t i ,
nas t r i m ani p o l a t i , g i r a d i s c h i e s t r u menti classici. Rocchetti sa essere
m olt o f is ic o , e p p u r e a c a r a t t e r i z z a r lo al m eglio è u n o s g u a r d o m u t e v o le, mai concettualmente monolitico.
Possiede uno spirito dada dal quale
germogliano semi di dissacrazione,
quello s ber l e ff o f e r o c e e i p e r c i n e t i c o c he è po i l a f i r m a d e l c o l l e t t i v o /
label Sonic Belligeranza diretto da
Riccardo Balli nel quale il musicista
ha gr av it at o p e r u n b r e v e p e r i o d o .
A d o g n i mo d o , s e R o c c h e t t i è i l
più at t iv o, Va l e r i o Tr i c o l i p a r e i n c ar nar e il s u o o p p o s t o , a l m e n o i n
t er m ini di p r e s e n z a d i s c o g r a f i c a .
Tr a i l 2 0 0 3 e i l 2 0 0 5 i l m u s i c i s t a
s f or na due a l b u m : D i d T h e y ? D i d I ?
( Bowindo, 2 0 0 3 ) e M e t a p ro g ra mm i n g F r o m Wi t h i n T h e E y e O f
The St or m ( B o w i n d o , 2 0 0 5 ) , d u e
album dagli umori opprimenti al di
s ot t o dei qu a l i – m e d i a n t e l ’ e l e m e n t o elet t r oacu s t i c o – s ’ a n i m a n o p a ranoie e ancor più sotto recondite
p a u r e . L’ a c q u a s a n t a p a r e q u i n d i
as c r iv er s i a l n o m e d i S t e f a n o P i l i a ,
i l p i ù a ff i n e a l l a d r o n e m u s i c e da
u n a p r o d u z i o n e r i f l e s s i v a e m a li n conica. Composizioni le sue, ispir a t e a l l a t r a d i z i o n e m i n i m a l i s t a nel
s e n s o p i ù a m p i o , o v v e r o q u e l l a che
p a r t e d a L a M o n t e Yo u n g e a r riva
a L o r e n M a z z a c a n e C o n n o r s . Tre
u s c i t e u ff i c i a l i p e r l u i d i c u i v i c o n sigliamo di recuperare almeno il rec e n t e T h e S u n c ro w s F a l l A n d Tr e e
( S e d i m e n t a l , 2 0 0 6 ) d o v e i l N o str o
m a n i p o l a c h i t a r r e e f i e l d r e c o r d i ngs
f i n o a i t u b i i n p v c . N o n è u n c aso
s e i d i s c h i s o n o s t a t i p u b b l i c a t i per
S e d i m e n t a l , Ti m e - L a g e L a s t Visi b l e D o g , e t i c h e t t e a m e r i c a n e d e dite
a l l e o d i e r n e f i l i a z i o n i e d i r a m a z ioni
del drone.
Mu l ti p l e -n a m e
I 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d s o n o q u indi
u n a f u s i o n e d i e l e m e n t i i n d i v i d u ali,
stili propri, tecniche diverse, un ins i e m e d i c a r a t t e r i s t i c h e e p r o s pe tt i v e c h e s e d i e c i a n n i f a , p o t eva
r i e n t r a r e n e l c a l d e r o n e “ p o s t - r o ck”,
t e r m i n e c h e o g g i p a r e q u a n t o mai
f u o r v i a n t e . A d o g n i m o d o , p e r e rr o r e e d o v e r e g i o r n a l i s t i c o , i n c o mu ne con la macroetichetta c’è sicur a m e n t e u n a m a t r i c e s o t t r a t t i v a che
l u n g o l a t r a s f e r t a e l e t t r o n i c a d i ta l i
s o n o r i t à d i f i n e N o v a n t a v e d e un
a m p i o u s o d i f i e l d r e c o r d i n g s , l ive
e l e c t r o n i c s , g i r a d i s c h i , n a s t r i , mu s i q u e c o n c r e t e . C o m e è f a c i l e i n tu i r e d a l l e d i s c o g r a f i e s o l i s t e , s i a mo
m o l t o o l t r e i l c l a s s i c o q u a d r i l a t ero
v o c e - c h i t a r r e - b a s s o - b a t t e r i a , i n un
p i a n o t r a s v e r s a l e c h e c o m u n i c a con
l e c o s i d d e t t e a v a n g u a r d i e , c h e con
l e f i l i a z i o n i d a l c e l e b e r r i m o s u ffi ss o p o s t . N e i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a te d
i r u o l i f i s s i , g i à a m p i a m e n t e d e co s t r u i t i d a b a n d c o m e To r t o i s e , A e -
rial M, Gastr D e l S o l e L a b r a d f o r d ,
vengono qui a l o r o v o l t a s m i n u z z a t i
e rein ve nta ti s ec ondo una gr am matica differ e n t e e , s e v o g l i a m o
essenziale. S i a m o u n p a s s o i n l à
rispe tto al ja z z - r oc k dei pr im i, e ancor di più risp e t t o a i f a h e y i s m i f o l k
d i Grub bs e P ajo. C’è s ic ur am ent e
l’umoralità ab b a n d o n a t a d i u n M a r k
Nelson eppu r e s e n z a c o u n t r y, i l
field Recordin g d i u n J i m O ’ R o u r k e
senza però i r i c h i a m i p o p u l a r d i u n
Ca m oufleur .
Inappropriato dunque il facile paragone con tante cose dei Novanta
e comunque se dobbiamo per forza trovare un corrispettivo (anche
italiano, e pure bolognese, ma non
solo), si potrebbero chiamare in
causa i monumentali Starfuckers
(ora Sinistri) che similmente ai
3/4hadbeeneliminated si nutrono
del cadavere del rock per poi risputarlo in forma di vorticoso magma sonoro, cupo e doloroso. Eppure ancora una volta non parliamo
di una deriva di loose-loose-jazz
coniugato a brandelli di distorsore.
E, ancora, non parliamo di postrock e men che meno superband
per Stefano Pilia, Claudio Rocc h e t t i e Va l e r i o Tr i c o l i ( a i q u a l i
a g g i u n g i a m o i l b a t t e r i s t a To n y A r rabito che completa il quartetto).
“In origine c’era l’idea di eliminare
la nostra produzione individuale,
ispirandoci direttamente all’idea
del multiple-name sperimentata
in ambito narrativo/letterario dal
collettivo Wu Ming, proprio qui a
B o l o g n a ” , a ff e r m a Tr i c o l i , “ S i a m o
mossi da un senso comune per la
musica,infatti ascoltando i nostri
dischi solisti ti accorgi come ci sia
una comunanza di idee, un filo rosso, mai ovvio, che unisce l’esperienza collettiva a quella solista,
fermo restando che le differenze ci
sono e rimarranno.”
Via F i o r a v a n t i
Se abbiamo parlato di un collettivo
non convenzionale accennando a
Bologna è proprio da qui che partono le vicende che porteranno ai
3/4hadbeeneliminated. Siamo nei
primi anni Duemila, periodo in cui
il capoluogo vive la sua terminale
fase creativa, nonché l’ultimo rantolo delle grandi autogestioni della
decade precedente. Ed è proprio al
Link di via Fioravanti, simbolo contraddittorio dell’Italia underground
dei Novanta, fiore all’occhiello di
tutta una scena elettronica, che i
futuri membri del gruppo/collettivo
si frequentano e approfondiscono
tematiche musicali. Il centro sociale non è altro che il corrispettivo
d e l l a S PA P u b l i c I m a g e , s o l d i a p a late e buchi da tutte le parti, gente
c h e c i v a p e r c h é è u n c o ff e s h o p
e gente che va a ballare la techno di Detroit, gente indie rock che
ci trova i Dirty Three e gente che
c i v i v e , s u o n a e m a n g i a . Va l e r i o ,
Claudio e Stefano s’incontrano in
quest’ambiente ideale playground
della loro musica. Non il Link affollato della marmaglia senza volto, ma quello ancor più enigmatico
della sua architettonica essenza:
decadente, abusata prossima allo
smantello. Baraccone a picco dove
sguazzano squali e anime perse
che di lì a poco sarà raso al suolo per farci il Comune di Bologna.
“Stavo registrando a casa mia il di-
s c o B e M i n e To n i g h t d i D e a n R o berts quando un giorno si presentò
Stefano che doveva registrare una
parte di basso per quel disco. Dean
quel pomeriggio non si fece vedere
e allora cominciammo a parlare e a
suonare. Lì nacque l’amicizia che
mi portò a registrare anche il suo
d i s c o s o l i s t a ” . L’ e x h a r d c o r e k i d
Claudio Rocchetti si aggiunge da lì
a poco in corso d’opera. “La denominazione
3/4hadbeeneliminated
ancora non esisteva, era una cosa
d i c i a m o i m p u r a ” , r i c o r d a Va l e r i o ,
“si fece questo concerto per Superfici Sonore di Ixem, in cui suonavamo io e Renato Rinaldi. Poi
si aggiunsero Stefano, Claudio e
pure Andrea Belfi, anche loro presenti alla jam”.
S e g u e i l p r o v e r b i a l e p e r i o d o d ’ a ss e s t a m e n t o i n c u i p r e v a l e la volontà
d i t e n e r e n e l g r u p p o i “ b olognesi”,
o v v e r o Tr i c o l i , P i l i a e R occhetti e
c o s ì i n i z i a n o l e s e s s i o n d e l d e b u tt o n e l l o s t u d i o d i v i a P a olo Costa
( s e m p r e a B o l o g n a ) c h e d iventerà il
c r o c e v i a d i m o l t i d i s c h i p iù o meno
c o l l e g a t i c o n i 3 / 4 . L’ a l b u m , o m o n i m o , è u n a r a c c o l t a e s s e n zi a l e , m o l t o v i c i n a a l l e i n s t a l l a z i o n i a u d i o ch e
d a l 2 0 0 3 c a r a t t e r i z z a n o i l Raum, lo
s p a z i o g e s t i t o d a X i n g , f r a n g i a d i ss i d e n t e d e l L i n k p e r l a p roduzione
c u l t u r a l e c o n t e m p o r a n e a . Pa r l i a m o
d i m i n i m a l i s m i e c o n c r etismi ma
se si volesse semplificare parlerem o d i k o s m i s c h e m u s i k aggiornata
a l l e i s t a n z e d i u n ’ e t i c h e t t a come la
To u c h ; ( p e n s a t e a l R a f a e l Tor a l di
Vi o l e n c e O f D i s c o v e r y And Calm
O f A c c e p t a n c e a d e s e m pio). E se
q u e s t o p u ò e s s e r e v e r o per pezzi
c o m e i n G e t s e m a n y F i e l ds Under
sentireascoltare 25
d i v a r i a l u n g h e z z a i n p v c . I l CD
e s c e u n a n n o d o p o p e r l a B o wi n d o ( 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d ; 6 . 5 / 10 ),
p i c c o l a - m a g i à b e n a v v i a t a - eti c h e t t a f o n d a t a d a G i u s e p p e I e l asi,
Domenico Sciajno, Alessandro Bos e t t i , R e n a t o R i n a l d i e d a l l o s t e sso
Tr i c o l i n e l 2 0 0 3 . È s t a t a “ u n a s c elta
m o l t o u t i l e ” , r i c o r d a Va l e r i o , “ a l tr i m e n t i n e s s u n o c i a v r e b b e d a t o vi s i b i l i t à . A n z i a b b i a m o g u a d a g n a to
una certa notorietà nel settore”.
Tr a s c e n d e n z a
Impossib le Rain , c ’è pur e un’incursio ne p rop riame nt e r oc k in Bedrock, che vede a n c h e l a p r i m a
parte cipazione alla b a t t e r i a d i To n y
A rrab ito, fig ura ch e div ent er à m em bro effettivo del gru p p o ( a n c h e s e
part-time ) a comin c iar e dal dis c o
seguen te.
Di fatto, in questo p e r i o d o e f i n o a l
completa men to d ell’ album , la band
rimarrà un pro ge tto da s t udio di r egistrazion e. “Il prim o d i s c o n a c q u e
pratica men te n el p ieno ar t if ic io,
26 sentireascoltare
l ’ u n i c o m at e r i a l e s u o n a t o e r a n o
un paio di session improvvisate di
elettronica noise riduzionista che
c oinv olgev a n o m e e C l a u d i o ” , a f f er m a Tr ic o l i . U n a p i c c o l a t e s t i m o nianza di queste session rimane
in St anding P o s i t i o n . Q u a n t o a l l e
restanti tracce sono state perlopiù
suonate in maniera indipendente:
Benc h/ Fr oze n s e g u e l e m i n u t e r i e
c onc r et e t i p i c h e d i Va l e r i o , m e n t r e M y Sm a l l e s t E g o c o m p o s t a d a
Stefano, imposta droni con tubi
I l d e b u t t o a r r i v a n e l l e m a n i d ella
H ä p n a e t i c h e t t a s p e c i a l i z z a t a in
m u s i c h e c h e f o n d o n o i m p r o v v i sa z i o n i a s u o n i a n a l o g i c i e d r o n e mu sic, un ideale approdo per il quart e t t o , s o t t o l a l a b e l s v e d e s e v errà
p u b b l i c a t o A Ye a r O f T h e A ural
G a u g e O p e ra t i o n ( H ä p n a , 2 0 05;
7 . 5 / 1 0 ) , i l p r i m o v e r o a l b u m del
g r u p p o l e c u i s e s s i o n e r a n o t u t t a via
i n l a v o r a z i o n e d a l 2 0 0 4 . ” N e l p r imo
d i s c o è i m p o s s i b i l e d e c r e t a r e ch i
s u o n a s s e c o s a , c ’ è s t a t a q u i n d i una
focalizzazione maggiore su quello
c h e s i s u o n a v a d a l v i v o . I n i z i a v ano
a d e v o l v e r s i a n c h e a l t r i a s p e t t i che
h a n n o a c h e f a r e c o n i l m o d o d i ge s t i r e i l p a l c o , l a d r a m m a t i c i t à de l l a p e r f o r m a n c e l i v e . I l d i s c o n a sce
d a s e s s i o n m o l t o p i ù r i c c h e . L’ el e m e n t o d i b a s e , d e l l a g r a n p a r t e dei
brani, è la loro struttura, ideata a
partire dalle dinamiche del suono
l i v e d i a l l o r a . Q u e s t o r a p p r e s e nta
un scarto importante che rende il
tutto più visionario”.
C o n Ye a r O f T h e A u r a l G a uge
O p e ra t i o n c o m i n c i a a s v i l u p p arsi
u n a s o r t a d i l i n g u a g g i o t i p i c o dei
3 q u a r t e r s c o n u n a p r e p o n d e r a nte
p r e s e n z a d e l l a c h i t a r r a a c a r a tte r i z z a r l o ( Wi d o w e r ) . A n c h e l a v oce
d i Va l e r i o , p u r a v v i c i n a b i l e a d uno
s t r u m e n t o s u p p l e m e n t a r e , c o m i n ci a
a r i t a g l i a r s i u n o s p a z i o a l l ’ i n t e rno
d e l l ’ e c o n o m i a s o n o r a . I n o l t r e l u ngo
l e t r a c c e s i a p r o n o s p a z i p e r d i va gazioni più “muscolari” come Monk e y Ta l k c h e s e m b r a q u a s i u n i n cr o c i o t r a i S u p e rs i l e n t e i To rt o i s e ;
senza contare quella voce che riecheggia direttamente i This Heat,
d i c h i a r a t a i n f l u e n z a d e l g r u p p o . In
I n E v e r y Tr e e a H e a r t a c h e t r o v i amo
t r a c c e d i S i g u r R ò s s e p p u r a f o ni e
i n s o l i t a m e n t e a f o s i : “ s p e s s o c i ca -
pita q ue ll’asso c iaz ione, l’unic o pr oblema è che so n o u n g r u p p o c h e n o n
conosco e ch e p e n s o d i n o n a v e r
mai sen tito”. As s oc iaz ioni e s im ilitudini a parte q u e s t o è i l d i s c o c h e
fotografa i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d
in un moment o d i g r a n d e c o e s i o n e
do ve il sin cre t is m o delle f ont i e degli stili si fond e i n u n a s e q u e n z a d i
tracce ch e solo per un v ez z o di editing si trovan o d i v i s e . È u n g r u p p o
solido quello c h e e m e r g e , c a p a c e
di scrollarsi d i d o s s o u n a p e s a n t e
eredità di rice r c a , e v i t a n d o c o s ì d i
risu ltare n oio s o o v uot o, o la c las s ica men ata intellet t ualoide.
Theology e The Religious Experience testimoniano una maturazione, ma anche un ampliamento
dello spettro di ricerca. I 3quarters attuali si posizionano in un
continuum tra psichedelia scura
e un folk minimal, di chiara matrice trascendente. Ancora spettri e
catalogazioni e non ci rimane che
accennare a un futuro che ancora
non è scritto ma che una traccia
potrebbe avere. “Finora non siamo
riusciti a organizzare delle session
con Oren Ambarchi. Purtroppo la
mancanza di tempo e la distanza
non ci permettono ancora di approfondire un qualsiasi discorso”.
Doveroso ricordare che Oren è un
vero e proprio ambasciatore della causa 3quarters in Australia,
dove i dischi del collettivo italiano
stanno andando benissimo. È una
probabilmente premessa. Un possibile domani. Di sicuro il quartetto
partito in sordina solo cinque anni
fa si è rivelato una delle più interessanti proposte nostrane e non.
Se non ci credete andate a verificare le playlist 2006 dei redattori
dell’autorevole The Wire.
Teologia
Le tappe successive passano dunque per gli Stati Uniti: il boss della
Soleilmoon (label americana che
nel corso degli anni è diventata un
piccolo faro per la fetta più scura
e scontrosa della sperimentazione
rock Lustmord, Steve Roach, Vidna
Obmana, Rapoon, The Hafler Trio,
:zoviet*france:), sente un loro brano per radio (!) e contatta via mail
il gruppo chiedendo loro se fossero interessati a realizzare un CD e
un LP per l’etichetta. Nel frattempo, tra settembre e ottobre 2006, il
gruppo intraprende un tour europeo,
nel quale si esibisce in solo anche
l’amico Andrea Belfi. La popolarità
in Europa cresce, è l’ideale prefazione all’accoppiata Theology e
The Religious Experience (in spazio recensioni). In questa sede anticipiamo che la questione Collettivo
vs. Individualità subisce un ulteriore
aggiornamento. “Il mio disco solista
si sarebbe potuto chiamare Theology come quello di Stefano o di Claudio, è un’esperienza individuale ma
anche molto collettiva”. Ci racconta
Valerio. E i due dischi sono più che
mai un corpus unico e maggiore coeso. “C’è stata una volontà specifica
in tal senso, il nuovo disco ha degli
elementi quasi operistici per come è
stato pensato e costruito e per come
sono state arrangiate le parti. Ad
esempio, l’arrangiamento armonico
e melodico e la sua integrazione
con l’arrangiamento elettroacustico, è stato particolarmente curato.
Anche il frequente utilizzo di voci è
stata una decisione estremamente
consapevole”.
sentireascoltare 27
vampisou
WILCO
Musica mas caliente
di Giancarlo Turra
C a r r e l la t a s u l l a s p a g n o l a Vampisoul, che da una decina d’anni
s i d e d i c a c o n p a s s i o n e e sfrenata disposizione al divertimento
alla r i s c o p e r t a d e l l e f ra n g e m e n o n o te d e lla “ b la ck m u sic”.
I n q u e l l a S p a g n a g io va n e p e r d e m o cr a zia co n q u ista ta
e s pi r i t o p o p o l a r e h a n n o ca p ito tu tto d o p o a ve r r e a lizzato
il v a l o r e d i g e n e r i d i me n tica ti, r e le g a ti a m e r e str a n e zz e
d a l l a c r i t i c a p iù le g a ta a l r o ck tr a d izio n a le .
sentireascoltare 29
È un m ondo caliente
Willie Bobo
A volte viene da benedirlo, l’arrivo sul mercato
del digitale. Ricordate? Al crepuscolo degli Ottanta il CD prese il posto dell’amato vinile tra le
vaschette dei negozi e sui nostri scaffali. Parve
allora una rivoluzione definitiva, e conseguenze
devastanti ne ebbe (come ne sta avendo, di gran
lunga meno positive, l’era dell’mp3) Per tagliar
corta una faccenda complessa e che porterebbe
fuori dal seminato: la “sindrome da ristampa frenetica” innescata per risollevare un mercato in
crisi ha permesso la riscoperta di gioielli dimenticati, ha ridefinito panorami storici dalle evidenti
ricadute sui ricorsi stilistici della musica. Generi
e fenomeni sono stati messi in discussione e altri,
senza il fatidico dischetto argentato, sarebbero
stati implausibili o assai differenti. Lì, nell’intricato sottobosco di etichette specializzate (un qualcosa tra il lavoro dell’archeologo e quello del bibliotecario) tantissimi sarebbero i nomi benemeriti
su cui indagare, in numero pari agli sciacalli e i
disonesti. Nello specifico, puntiamo qui di seguito
i r i f l e t t o r i s u l l a s p a g n o l a Va m p i s o u l , c h e d a u n a
decina d’anni circa si dedica con amore, passione
e sfrenata disposizione al divertimento alla riscoperta delle frange meno note della “black music”,
ma non solo. Etichetta esemplare, per come - in
quella Spagna in netta ascesa, giovane per demo-
Tony Allen
crazia conquistata e spirito popolare - ama la vita
davvero e senza compromessi. Serve una prova?
Prendete il logo: la vampira che più arrapante non
si può è ricavata da un modello in carne e ossa,
quella Lina Romay moglie e “ispiratrice” di Jess
Franco, regista spagnolo di horror erotico attivo nei Settanta. Un cerchio che si chiude, anzi
d u e : l a c o l o n n a s o n o r a d e l s u o Va m p y r o s L e s b o s
fu pubblicata nella seconda metà degli anni ’90
con un discreto successo. Insomma, in quel di
Madrid hanno capito tutto dopo aver realizzato il
valore di generi dimenticati, relegati a mere stranezze dalla critica più legata al rock tradizionale e schiava dell’anglofilia. Ecco gli eroi del soul
cui riconferire valore (Betty Davis, Ruth Brown,
Johnny Adams…), affiancarsi allo sfrenato “latin
bogaloo” e all’interpretazione/contaminazione di
funk e soul in chiave sudamericana, blocchi di
partenza per una festosa, colorata sarabanda cui
partecipano Carl Tjiader col suo pop orchestrale,
la solarità percussiva di Mongo Santamaria, la
musa “twee” ante litteram Claudine Longet e i
progenitori della militanza hip hop Last Poets,
m e n t r e To n y A l l e n o s s e r v a e d e c i d e d i a g g r e g a r si. Qualcuno deve pur farlo, questo lavoro, e non
è affatto sporco, credeteci: c’è tanto da divertirsi.
Con la certezza che chi questi dischi li pubblica,
si diverta altrettanto o più dell’ascoltatore.
30 sentireascoltare
In tanti, troppi si riempiono la bocca con quella par o l i n a m a g i c a , s v a l u t a t a d a l l ’ a b u s o : “ s t i l e ” . Ve r o è
che ognuno ha il proprio (alcuni quello che si meritano…), ma se al vocabolo associate la cura per
il dettaglio e un approccio all’esistenza che si ragg r u p p a n o a t t o r n o a l l a m u s i c a , a l l o r a Va m p i s o u l è
materiale per i vostri denti. Del resto, come insegnavano i Mods, ogni scelta estetica rappresenta
un mezzo di comunicazione sociale, fondamentale
per i gruppi di aggregazione giovanile e il loro reciproco riconoscersi. In questo, la label ispanica
m o s t r a s o m i g l i a n z e c o n l a Ta l k i n ’ L o u d , s e b b e n e
l’attitudine alla pura riscoperta abbia mantenuto il
catalogo lontano da modernizzazioni artificiose e
s t e r i l i f o t o c o p i e d e l l o i e r i . Vi c e v e r s a s i m i l e l ’ i n t e razione tra antico e moderno: ci volgiamo indietro
e - con la coscienza d’essere nel terzo millennio - si
riporta alla luce un meritevole passato, propagandandone la scintillante gioia di vivere in modo adeguato. Con agilità e la giusta dose di ironia, cioè,
senza tralasciare i singoli dettagli e setacciando
con rasserenante malinconia i “bei tempi in cui”. Lo
certifica l’interesse dell’etichetta verso il formato
del trentatre giri in vinile su cui viene in ogni caso
edito il catalogo, optando per tirature limitate e il
fatidico materiale vergine da 180 grammi. Fisime
f r e u d i a n e d a c o l l e z i o n i s t a t e r m i n a l e ? Tu t t ’ a l t r o : i l
gesto è da interpretarsi alla stregua di una preziosa
valutazione dell’oggetto artistico in sé, la cui natura
seriale si salda al contenuto in una miscela rara in
tempi di svilente downloading. Eh sì, perché potete
a n c h e s c a r i c a r v e l i , i d i s c h i Va m p i s o u l , m a b e n p r e sto cederete all’acquisto vinti dal fascino delle note
di copertina, delle grafiche capaci d’evocare intere
epoche, del sentire unificante che abbraccia ogni
uscita. Quell’equilibrio tra antico e moderno di cui
sopra emerge in modo preponderante, allorché scavo e propagazione del verbo vanno di pari passo: intensa è difatti l’attività dei dj della label nell’ambito
dei più ricettivi club d’Europa. Come dire: adoriamo
la musica “di una volta” ma teniamo le orecchie puntate sull’attualità. Il bisogno di gente con quest’attitudine lo si percepisce, assieme alla necessità di label in possesso di una distinta identità che emerga
d a l m a r e d e l l ’ o m o l o g a z i o n e o d i e r n a . Va m p i r i z z i a m o
l’anima, insomma, e meno male, perché il valore di
certe sonorità non va dimenticato, si deve tramandare. Nel suo vasto raggio d’azione, lo sforzo porta
infatti gli spagnoli a consegnare qualcosa che abbia
un sempre un senso, privo della fastidiosa sindrome del tappabuchi; nella peggiore delle ipotesi, vi
trovate in mano gradevoli curiosità o sfizi storici,
rare eccezioni in un inventario dalla media elevata
e prossimo a raggiungere le tre cifre. Che altro aggiungere, allora se non esortarvi a mettere in casa
quanto più catalogo potete? A prescindere dal “nostro” meglio riportato qui sotto - da intendersi quale
mera guida a un primo approccio - godrete all’infinit o , o p o c o m e n o . Q u e v i v a Va m p i s o u l !
Iñigo Munster
St ile è lo stile , moda è la mod a
sentireascoltare 31
Le major,
A A . V V. - C r a s h O f T h u n d e r
Rac c olt a c he as s em bla s i n g o li pubblicati da etichette poco
note ma dedite a bollenti funk
e m as s ic c io s oul c om e K i n g ,
Feder al e Del uxe. Uno s cr i g n o
r ic olm o di gem m e, per l’e s e m plificazione del quale valgano
est remi come la stradaiola Chopper 70 di Wayne C o ch ran e u na sq uilla nt e c ov er di Fev er di M ar i e Q u e e n ie Ly ons.
A A . V V. - A c t i o n S p e a k s L o u d e r
T h a n Wo r d s
Dal 1967 al 1970 anche la SSS
raccolse sotto la sua egida un
rhythm & blues in transito verso
lo smargiasso funk dei primordi.
L’ A d a ms i m p l a c a b i l e d i I D o n ’ t
Wo r r y M y s e l f e u n a B e t t y e L a v e t t e g i o v a n e m a g i à g r a n d e e f u m i g a n t e i n D o Your
D u t y i n o m i p i ù n o t i d e l l a c o m p a g n i a , s p e s s o s o r p r en dente il resto.
AA. VV. - Expl osi vos
Fav olos a c r onac a del d e f l a gr ant e s uono “ bogaloo” di S p a nish Harlem, con singoli pescati
tra le label simbolo di genere
ed epoca (dal 1966 al 69 circa:
Fani a, Ti co, Cot i que, Al e g re ) .
Festa immensa e non poteva
essere altrime nti, c on int r at t enit or i del c alibr o di J o e
C u b a, Eddie e Cha r l i e Pal m i er i , Ti t o Puent e…
A A . V V. - I n S e a r c h O f T h e
Cool
Un perfetto riassunto stilistico
per la label madrilena: funk a
bagno nella latinità, soul cantato in spagnolo, rumbe a braccetto dell’errebì e chi più ne ha ne
m e t t a . Ta n t o l o n t a n o d a “ k i t s c h ”
e “ c a m p ” q u a n t o i l p o l o d a l l ’ e q u a t o r e , f a c c e n d a q u al i tativamente assai seria e al pari impareggiabile.
AA. VV. - G et t i n’ Soul f ul
Alt r o c om pendio dei gener i m a n e g g i a t i d a l l a Va m p i s o u l , i d e a l e
punto di partenza che conquista
e stupisce nonostante peschi
tra materiale edito. Da metter
s u a u n p a r t y, p e r f a r i n m o d o
che non venga mai levato dal
lettor e . Vince a mani bas s e Wi l l e Hender son c o n l a
carna lità sbru ffon a e s ibit a in Br eak Your Bac k .
A A . V V. - S e n s a c i o n a l S o u l
A essere testimone in causa è
il sottotitolo di questa raccolta:
37 Groovy Spanish Soul & Funk
Stompers 1966-1976 riempie un
CD fino al limite con organetti
succosi, ritmiche elastiche e
chitarre sferzanti. Manca solo
l ’ u l t e r i o r e s o s t a n t i v o “ g a r a g e ” , c o m e l a Wo o v y G r o ovy
a firma Los Buenos s’incarica di chiarire.
AA. VV. - G óz al o! ( Bu g a l ú
Tr opi cal Vol . 1 & 2)
Da piegar s i le ginoc c hia e i m por r e gli s t r aor dinar i ai dolo r a n ti arti inferiori. Artisti peruviani
inf luenz at i dalla m us ic a c u b a na, popolar e in t ut t o il Suda m e r ic a dagli anni Tr ent a ed e s p l o sa definitivamente n e i F i f t i e s c o m e a u t e n t i c o f e n o m e n o
socioculturale. Due o r e e m e z z a d i m a m b o , m e r e n g u e
e bol ero.
J o h n n y A d a ms - H e a rt & S o u l
Ugola dal falsetto che più
acuto non poteva essere,
Adams resta nome di nicchia e misconosciuto quasi
per antonomasia. Scomparso nel 1998, era in realtà ottimo ed entusiasta ass e m b l a t o r e d i n e g r i t u d i n e e s t i l e m i c o u n t r y. D a
riscoprire, rimediando così alla sfortuna che lo
bersagliò in vita.
32 sentireascoltare
Señor
Joe Bataan - Latin Funk
Br ot her
Tit olo c he par la da s o l o , s p i e gando esaurientemente cosa
dovete attendervi. Aggiungete
ben più d’un t oc c o so u l ( e s e m plar i le r ipr es e della m a y f i e l d i a na G ips y W om an e d e l t e m a d i
Sha ft) e gusta t e i l p i a t t o i n c u i s p a d r o n e g g i a n o p i c c a n t i
spezie. Solo n a t u r a l e g e t t a r s i p o i s u l r e s t a n t e c a t a l o g o
disponibile.
The Last Poets - The Last
Poets
Padri riconosciuti dell’hip-hop
militante, gli Ultimi Poeti furono in tal modo i primi. A dimostrazione che ogni tanto il
Va n g e l o n e a z z e c c a u n a , t r a
nient’altro che rime e percussioni mai protesta fu sì scarna, profonda ed efficace,
nonostante la scarsa attinenza col resto delle uscite
Va m p i s o u l .
Wi l l i e Bobo - Do Th a t T h i n g
Por t ent o d’un Bobo, c h e f a r a f f inat o s f oggio di “ an i m a l a t i n a ” .
I r onic o e ilar e, s i t r a t t i d i m a ritare la salsa e il mambo con
il s oul o di s ov r app o r r e l a s c i v e s ez ioni di f iat i s o p r a t a p p e t i
per c us s iv i ipnot ic i, l ’ i m p a t t o o r ch estrale ci conquis t a in ogni f r angent e. C h i s s à c o m e
si d ice “ea sy lis t ening” in s pagnolo?
Claudine Longet - Cuddle Up
Wi t h
Più nota per aver sparato al marito, famoso sciatore, Claudine
fu ninfa “twee” nel solco di Nanc y S i n a t ra . S c o n t a n d o l ’ a s s e n za di Lee Hazlewood, si misura
c o n L e n n o n , C o h e n , B ri a n Wi l s o n e u n a C r y M y A R i v e r j a z z y. Tr a c a m i n e t t o, Vecchia
R o m a g n a e g l i H i g h L l a ma s .
Bet t y Davi s - Thi s I s I t !
Sebbene quasi superato da due
ristampe recenti dei tre dischi
che pubblicò, questo rivelatorio
CD della prima tra le Bad Girl
resta da consigliare. Introdusse il marito Miles a Hendrix, e
soprattutto si diede a un funk
magmatico intinto dentro un rock hard come un orgasmo fin troppo atteso.
Mongo Santamaria - Mucho
Mongo.
Best
Of
Va y a
Recordings (1973-80)
L’unico, autentico, inimitabile
Re del Bongo. Qui il cubano trapiantato a New York ritorna alle
radici afro-cubane dopo gli anni
della contaminazione jazz. La
sfida è resistere all’indiavolata e trascinante ritmica che
induce uno stato di trance. Non vi riuscirà, sappiatelo.
Erma Franklin - Super Soul
Si st er
Alt r o t it olo c he non m e n t e : i n dov inat e un po’ di c h i è s o rella - maggiore, per di più, e
scomparsa nel 2002 - Erma (il
c ognom e aiut er à… ) . S ì , e s a t to, e sappiate che pur distante
da ll’imman e Ar et ha, er a c ant ant e dalle c o r d e v o c a l i
ve rsa tili, b ast ant i a illum inar e un r eper t or i o n o n s e m pre orig ina lissim o.
Aldemaro Romero Y Mona Bell
- La Onda Nueva En Mexico
Aldemaro Romero è popolare nei ’50 con un mix di jazz,
bossa e folklore venezuelano.
Incide con la cilena Mona Bell
un disco di musica tradizionale
messicana virata lounge, poi si
f a n n o f o t o g r a f a r e d a r i v o l u z i o n a r i i n c o p e r t i n a. Bo i co tt a t o d a l l e o ff e s e a u t o r i t à , l ’ a l b u m d i v e n t e r à un culto.
Perfetto, no?
sentireascoltare 33
RECENSIONI
Altro
I’m Not There
DICEMBRE
34 sentireascoltare
3EEM – Matilda (White Label,
2007)
Genere: electro-acustica / dub-jazz
Ci era no pia c iut i m olt o ed io, per sonalmente, l i a v e v o a n n o v e r a t i t r a
i migliori frutt i d i u n 2 0 0 5 m u s i c a l e
sorprendentem e n t e “ i t a l i a n o ” . B e h ,
il rito rno d ei piem ont es i 3EEM c i
pia ce an co ra di più, nel s uo r es t ituire ce rtezze , c onf er m e e, al c ontemp o, e leme nt i di f or t e nov it à.
Le certezze e l e c o n f e r m e s o n o
quelle che ci s i a s p e t t a d i s o l i t o
dopo un buo n e s o r d i o : c o e r e n z a
stilistica , matur it à e dec is ione nelle
scelte. Tutti e l e m e n t i c h e r e n d o n o
Matilda il lo gic o s eguit o di Es s ence Of 3EEM. M a c ’ è d i p i ù . C ’ è u n a
mag gio re ten s ione nelle t r am e, t anto sp azio lasc iat o all’im pr ov v is az ione , che si im pone pr epot ent em ente, conferend o p i ù e l a s t i c i t à a l l a
co stru zio ne f or m ale, e un’ev idente in ten zio ne di r is c hiar e las c iando che l’inve n z i o n e p r e v a l g a s u l l a
convenzione. S e n z a d i m e n t i c a r e
che il nuovo l a v o r o è f r u t t o d e l l a
co llab ora zio ne c on una nuov a label: questo s e c o n d o a l b u m , i n f a t t i ,
a differenza d e l p r i m o , p u b b l i c a t o
da lla n ostran a Sm all Voic es , es c e
per l’etichetta i n g l e s e W h i t e L a b e l
(e sarà scar i c a b i l e i n a n t e p r i m a
su i Tunes). E l e m e n t i d i n o v i t à ( o
di “sviluppo p r o g r e s s i v o ” ) , q u e s t i ,
che integrano c i ò c h e d i b u o n o g i à
c’e ra. Re sta un s ound c he at t inge
a p iù fo nti, d al dub al jaz z , dal t r ip
ho p a ll’amb ient , m a c he s i ar r ic c hisce d i un ’ine dit a liber t à c r eat iv a.
Non ch e l’a tt enz ione per le f or m e
“ch iuse”, che c ar at t er iz z av ano Es se nce Of 3 EEM , s ia s t at a dis degnata. Anzi: LOE t i, l ’ e l e c t r o - m a r c e t t a
K14 1, la psyc ho f olk t r onic a di I Fune rali, nel lo r o i n c e d e r e r i p e t i t i v o
e cad en za to, r ic hiam ano le at m osfere ipnotich e e s o ff i c i d e l p r i m o
alb um. Con l a diff er enz a qui, c he
la ma teria mus ic ale non s i es aur isce nella sua s t r u t t u r a . S u i t a p p e t i
sonori e le rit m i c h e f l e m m a t i c h e d i
Va lerio Zu cca, la c hit ar r a e il s ax s i
metto no sp ess o in ev idenz a, dando
libero sfogo a l l e p r o p r i e p u l s i o n i ,
fino a rovesci a r e c o m p l e t a m e n t e l e
premesse di u n b r a n o . È i l c a s o d i
Toxic Je lly Ex per ienc e, c he c om incia co n u n sem plic e ar peggio di c hi-
tarra per poi perdersi, in più d’una
occasione, in un delirio di qualcosa
c he, p e r r e n d e r e l ’ i d e a , p o t r e m m o
def in i r e e l e c t r o - f r e e - j a z z .
C’è spazio e voglia per provare
anc h e l a v o c e d i F a b r i z i o B a z z o n i
c he, p e r ò , i n B o l s c e v i c o , n o n s i r i vela certo una plusvalenza rispetto
a ciò che di buono riescono a fare
gli strumenti. Del resto, i 3EEM
sono soprattutto una formazione
s t r um e n t a l e , c h e r i e s c e a e s p r i m e re benissimo ciò che vuole senza
r ic or r e r e a l l a p a r o l a . ( 7 . 4 / 1 0 )
Daniele Follero
4 B o n j o u r ’s P a r t i e s – P i g m e n t s
D r i f t D o w n To T h e B r o o k ( M u s h
Records, 4 dicembre 2007)
Genere: indie pop
G iov a n i s s i m a e n u m e r o s a b a n d
giapp o n e s e , i 4 B o n j o u r ’s P a r t i e s
s o ff i a n o v i a q u e l p u l v i s c o l o c h e
c om e l a n e b b i a , f i n t r o p p o f a m i l i a re purtroppo, molte volte ci avvolge
f ac en d o c i s m a r r i r e i n m e z z o a m i r iadi d i i n u t i l i u s c i t e d i s c o g r a f i c h e .
Ec c o , q u e s t o l o r o e s o r d i o , P i g m ent s D ri f t D o w n To T h e B ro o k ,
ci lascia completamente spiazzati.
Rapp r e s e n t a c i ò c h e n o n c i s a r e m mo mai aspettati da un gruppo di
To k yo . C o l p a n o s t r a , o v v i a m e n t e .
M ai l a s c i a r s i a s s u e f a r e d a l l a m a n canza di coraggio, oggi più che mai
dilagante, evitando qualsiasi forma
di pr e g i u d i z i o , s e m p r e . C h é l a m u s ic a, s i s a – a l t r i m e n t i n o n s a r e m mo qua –, riserva sempre incontrollabili e sovversive sorprese. Ora,
non c h e i l g r u p p o i n q u e s t i o n e a b bia rivoluzionato il combinarsi delle
sette note, niente di tutto ciò, ma
il loro debutto, composto da dieci
i m p e c c a b i l i t r a c c e , r i e s c e a riunire
a l s u o i n t e r n o p i ù d i q u a r ant’anni di
m u s i c a . E c i ò n o n è p o c o quando
i l r i s u l t a t o f i n a l e s u o n a così tanto
a t t u a l e i n m o d o d e l t u t t o originale.
I sette membri della band, alle pres e c o n s t r u m e n t a z i o n i p i ù disparate
( d a l f l a u t o a l l ’ o r g a n o , d al tr o m b o n e a l v i o l o n c e l l o , d a l l a chitarra al
v i b r a f o n o , p a s s a n d o p u r e d a ca l d e
p e r c u s s i o n i a s u o n i p r ettamente
e l e t t r o n i c i ) , c r e a n o u n a vvolgente
ed elegante sound capace di amalg a m a r e o r i g i n a l m e n t e p r og ca n te r buriano, folk psichedelico, dreamf o l k , p o s t r o c k , a r t - r o c k , g l i tch - p o p ,
j a z z r o c k , i n d i e r o c k e c h i più ne ha
p i ù n e m e t t a , c o n f a r e sp l e n d i d a m e n t e e t o t a l m e n t e p o p su l l a sci a
d i q u e l l o c h i t a r r i s t i c o d e i Sessanta.
Q u e s t o è i l l o r o p i ù g r a n de pregio:
r e n d e r e l e g g e r a a l l ’ a s c o l to la loro
p r o f o n d a r i c e r c a a r t i s t i c a . Ta l e fa c i l i t à a u d i t i v a è d a t a s i a dalla non
t r o p p o i n v a s i v a , s e p p u r mo l to str a t i f i c a t a , c o m p o n e n t e str u m e n ta l e , s i a d a l s u g g e s t i v o c a lore della
t r o m b a o n n i p r e s e n t e , m a so p r a ttu tt o d a l l e d u e v o c i c o o p e r a n ti , fe m m i n i l e e m a s c h i l e , c h e s u ssurrando
i n t i m a m e n t e e n t r a n o i n e v i ta b i l m e n t e s o t t o p e l l e . E m b l e m a t i c a di ciò è
l ’ i n i z i a l e M a g p i e Wi l l P e c k A H o l e
In My Plaster Cast, uno degli epis o d i p i ù r i u s c i t i : e v o c a t a nto i Pr a m
q u a n t o g l i S t e re o l a b , i B r oa dc a s t
e i M ú m, c u l m i n a n d o i n u n n o sta l g i c o f i n a l e d e g n o d e l l e d er i ve e m o z i o n a l i d e g l i A me ri c a n Foot ba ll
(Mike Kinsella).
A n c h e l e t r a c c e s u c c e s s i ve si m u o v o n o s u g l i s t e s s i b i n a r i e vo ca n d o
d i v o l t a i n v o l t a i n f l u e n z e p i ù d i ff e r e n t i ( p e r s i n o g l i A i r e i Tor t ois e
v e n g o n o c h i a m a t i i n c a u sa i n Ksa n a ) , m a p u r s e m p r e a c c o munate dal
t r a t t o d i s t i n t i v o p r o p r i o dei Nostri,
m a i a b b a n d o n a t o n e l c o r so d e l l ’ a l b u m : c o n d i r e d i f a c i l i e n ostalgiche
m e l o d i e l a s o f i s t i c a z i o n e str u m e n t a l e s o t t o s t a n t e . È p e r q uesto che
l e c a n z o n i d e i 4 B o n j o u r ’s Parties,
c o m e l u c i i n t e r m i t t e n t i natalizie,
s i a c c e n d o n o n o s t a l g i c a me n te r i s c a l d a n d o c i i n v i s t a d e l l ’ i n ve r n o
i n c i p i e n t e . Q u e s t o N a t a l e fatevi un
r e g a l o : r i n u n c i a t e a q u e l l a co r sa
c o n s u m i s t i c a p r e n d e n d o vi almeno
i l t e m p o n e c e s s a r i o p e r a sco l ta r e
q u e s t o a l b u m . E n o n s o r p r e n d e te -
sentireascoltare 35
turn it on
3/4hadbeeneliminated – Theology / The Religious Experience (Soleilmoon, novembre 2007)
Genere: psych, elettroacustica, drone music
Av v er t enz a: T h e o l o g y e T h e R e l i g i o u s E x p e ri e n c e s o n o d i s c h i d a a s c o l t ar e al buio e a v o l u m e a l t i s s i m o .
D u e d i s c h i p e n s a t i e s t u d i a t i d a q u a t t r o i n d i v i d u i , Va l e r i o Tr i c o l i , S t e f ano
P i l i a , C l a u d i o R o c c h e t t i e To n y A r r a b i t o , c h e g i u n t i a q u e s t o p u n t o , d o p o il
s uc c es s o di c r i t i c a d e l p r e c e d e n t e A Ye a r O f T h e A u ra l G a u g e O p e ra t ion
( H ä p n a , 2 0 0 5 ) , n o n p o s s o n o p i ù n a s c o n d e r s i , s o n o l ’ e n s e m b l e f a r o d i una
s c ena s per i m e n t a l e i t a l i a n a e d e v o n o f a r s e n e u n a r a g i o n e .
Per non las c i a r e d u b b i , l o r o , n o n s o l o n o n l a s c i a n o . R a d d o p p i a n o . P l a s m ano due d i s c h i g e m e l l i , c h e i n c o m u n e h a n n o d a t a d i n a s c i t a e m a te r iale di par t e n z a , m a s p e t t a a l l ’ a s c o l t a t o r e t r o v a r e p u n t i d i c o l l e g a m e nto
e r im andi.
T h eology , d iviso in due lunghe s uit e, I Am Daug h t e r e T h e C r a d l e , r i s p e t t i v a m e n t e d i t r e n t a e v e n t i m i n u t i, è
il primo a d esse re s t at o c onc epit o m a anc he quel l o c h e r i c h i e s t o m a g g i o r t e m p o d i l a v o r a z i o n e . A p p e n a I Am
D aughte r inizia si ca pis c e s ubit o c om e le at m os f er e s i a n o d i v e n t a t e p i ù p l u m b e e e d o p p r i m e n t i , r i s p e t t o a l d i sco
per Hä pn a, semb ra d i es s er e r ic at apult at i nell’univ e r s o b u i o e t e n e b r o s o d i M e t a p r o g r a m m i n g F r o m Wi t h i n The
E ye Of The Stor m ( B o w i n d o , 2 0 0 5 ) , s e c o n d o p a r t o s o l i s t a d i Va l e r i o Tr i c o l i , m a è p u r e e v i d e n t e c o m e l a m u sica
contenuta qui vive d i p u n t i d i t e n s i o n e d i ff e r e n t i .
Brandelli di canzoni i m m e r s i i n u n c a l e i d o s c o p i o d i s u o n i s c a r n i f i c a t i , d o l o r o s i , s e m p r e d e t e r m i n a n t i e e s s e n z i ali.
A subire l’evoluzione m a g g i o r e è l a v o c e c h e s p az i a d a l c a n t o s a c r o , a ff i n e a l c o n c e p t r e l i g i o s o d e i d i s c h i , alla
tener a e ammaliante e s p r e s s i o n e p o p . C i s o n o a nc h e r a d i c a l i a c c o s t a m e n t i c o m e q u e l l o t r a i l t e n u e p i a n o f o r t e e
la registrazion i di violent i s par i, quas i a v oler es e m p l i f i c a r e t u t t a l a p o e t i c a m u s i c a l e d e i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t ed ,
da semp re sospe sa t r a m elodia e r um or is m o, t r a b e l l e z z a e c r u d e l t à .
S i dice va di d ischi g em elli, The Rel i gi ous Exper ie n c e r a p p r e s e n t a u n a r i m o d e l l a z i o n e , d e l m a t e r i a l e r e g i s t r ato
per Theology. La cr u d e z z a e s p i g o l o s i t à d i q u e s t ’ u l t i m o s i s c i o g l i e i n u n f l u s s o l i q u i d o e e s t a t i c o . È p r o p r i o il
rit orn o a ce rte so no r it à di dr one m us ic , t ipic he de l l ’ e s o r d i o d e l 2 0 0 4 , u n a d e l l e c a r a t t e r i s t i c h e p e c u l i a r i d i The
R eligious Ex pe r ien ce. S i s e n t o n o m e n o l e f r a t t u r e t r a u n a s e z i o n e e l ’ a l t r a , q u i i b r a n d e l l i d i c o m p o s i z i o n i di
T h eology si fo nd on o in un c or pus s onor o più ac c o n d i s c e n d e n t e m a n o n m e n o a n g o s c i a n t e .
Le co mpo sizion i d i e nt r am bi i dis c hi s ono s t r ut t ur a t e c o m e s c a t o l e c i n e s i : q u a n d o p e n s i d i a v e r e i d e n t i f i c a t o u n
segmen to, a ll’inte rno s e ne nas c onde un alt r o più p i c c o l o e c o s ì v i a .
C on The ology / The Rel i gi ous Exper i ence i 3qua r t e r s p o r t a n o a p i e n a m a t u r a z i o n e u n ’ i d e a , u n c o n c e t t o
A que sto p un to, do po la piena c onf er m a della luc id i t à e v i s i o n a r i e t à d e l q u a r t e t t o , a t t e n d i a m o c h e l a l o r o v i c e nd a
prenda semp re p iù i m pr ev edibili, c or aggios e e affa s c i n a n t i , t r a i e t t o r i e . ( 8 . 0 / 1 0 )
Nicolas Campagnari
36 sentireascoltare
vi q ua nd o Nos t algic Was Br ok en To
Pieces, zucch er os a ballat a dall’ince de re folk, r iem pir à l’et er e c on
comete e scie l u m i n o s e m u l t i c o l o r i :
qu esta è la magia di P i g m e n t s D r i f t
Down To The Br ook. ( 7. 3/ 10)
Q ui, c o n i l p r i m o a l b u m d e i M o n k s
O f Th e B a l h i l l - Vi n c e n t F ri b a u l t
da R e n n e s , g i à i n P re s t e r e T h e
Cosm i c M a n d o l i n e rs , e Vi n c e n t
Cayle t d a L a n g o g n e , g i a a l l a v o r o
c om e V - , l a d i m e n s i o n e s i f a p u b blica, l’ambientazione selvaggia
Andrea Provinciali
A M a n & A G u i t a r – Wi n t e r ’s
Pieces
(Akoustic
Desease,
agosto 2007)
Monks Of The Balhill – Cormoran Sophistry (Akoustic Desease, agosto 2007)
Genere: folk acustico, experimental folk
La rispo sta d ella Ak ous t ic Des ease a lla slid e guit ar f o l k . E d u n q u e :
una chitarra a c u s t i c a s t r i m p e l l a t a
tra qu attro m ur a di un’abit az ione
privata, o ne l g i a r d i n o d i r i m p e t t o ,
un co ncep t-al bum s ine f lex ione s u l
tema de l sen t ir s i a c as a pr opr ia,
un a p iccola oper a v elat a di t enue
isp irazion e. U n s us s ur r at o int im ismo che risch i a t a l v o l t a d i a p p a r i r e
- e non si pu ò c h e p e n s a r e a d u n
Daniel Johnst on - i n c o m u n i c a b i l i t à
rice rca ta ed a ut is m o os t inat o. L’uomo con la chitar r a è Br uno Dupl ant ,
da Waziers, m e d i o c r e m u s i c i a n , b i g
he art, co me am a def inir s i all’es or dio su AkDe e al lav or o s u un album pop per D u s t W i n d Ta l e s . L e
sue son o stra lunat e nenie di nat ura improvvisa t a a b b o z z a t e a l c a l a r
d ella sera , in una s t anz a bagnat a
d a rag gi di pallido s ole, all’im br unire di un fred d o p o m e r i g g i o ; t i m i d i
abbagli di me l o d i a d a l s a p o r e f o l k
(Elsewh ere ) c h e s i p r e m u r a n o d i f a r
a dd orme nta re bam bini ( P i e c e F o r
Alb ert, Piece For Ali) , a c c a r e z z a r e
l’a tten zio ne dell’as c olt at or e dis t r at to (Sun , But C old I n The Af t er noon) ,
commu overe l’anim o di quello as sorto (Mo the r ) . A s s o r t o i n u n d i s c o
che non ha un i n i z i o , n o n u n a f i n e ,
che è una rac c o l t a d i c a n z o n i , p u r
non contenen d o n e a l c u n a : q u e l l o
che si ascolt a è s o l o i l f l u s s o d i
ricord i, di p rom es s e e c onf idenz e
a utu nn ali suss ur r at e a m ez z a v oc e
da un uomo – e d a l l a s u a c h i t a r r a .
(6 .5/1 0)
Disco rso diver s o, s e s i v uole s pecula re, pe r l’a lt r a - la quint a - us c ita della Akou s t i c D e s e a s e , a n c h e
stavolta in t r a s f e r t a t r a n s a l p i n a .
ed a n c e s t r a l e , p e r c h é C o rmo ra n
Soph i s t ry è m u s i c a d i r i t i s c i a m a n i c i o ff e r t i a d i v i n i t à p a g a n e o r m a i
as s en t i ( L e D e u x i e m e C o r n o e l , L e
Chan t D u D e r n i e r C o r m o r a n , G r a n d
Cor n o e l ) : i n c o m u n i c a b i l e a n c h ’ e s s a, d u n q u e , m a p e r r a g i o n i d i a m e t r alm e n t e o p p o s t e a q u e l l e s i n o r a
incontrate. Il destinatario esiste
s t av o l t a , a l m e n o n e l l ’ i m m a g i n a z i o ne debordante del mittente, ma è
l’Altro-da-sé (la divinità, ma anche
lo straniero: il sapore d’Oriente di
Sic C o r p M a r e n c ) c h e n o n r i s p o n de p e r c h é n o n i n g r a d o d i c a p i r e .
Quando la richiesta si fa insistente
diviene urlo, o rumore - la coda di
Le De u x i e m e C e r c l e - , s f r i g o l a r e d i
corpi ed oggetti-feticcio percossi
( Sic C o r p M a r e n c ) , r a n t o l o d o l o r o s o
di m a c c h i n e e d a n i m a l i ( L e P r e m i e r e De s C o r m o r a n s ) . D i s c o d i ff i c i l e ,
ma dal fascino davvero inesauribile - m y s t e r i u m t r e m e n d u m e t f a s c i nans . ( 7 . 5 / 1 0 )
i n p o c o p i ù d i u n a n n o d a l d i vo B uri a l . S o t t o d i l u i l e g i o n i di vecchi
r e c h e h a n n o a b d i c a t o . Gl i U nde r w o rl d c h e p r o v a n o a s t a c carsi dalla
p e l l e l e f e r i t e d e i r a v e , g li Or b che
m a n d a n o q u a l c h e r i c h i a mo d i sta n t e , m a s e m p r e p u l s a n t e e i n te n si ss i m o , l a p a z z i a p r o g r e s s i v a - a n co r a u n a v o l t a N o v a n t a - d i B a nc o de
G a i a . Q u e s t a è l a t e n d e n za . Og g i
s i v a d i a t m o s f e r e p i ù c h e d i p e r so n a l i t à . L o s c o p o n o n è p i ù essere e
n e m m e n o a p p a r i r e : l a s f i da o g g i è
c o s t r u i r e s p a z i f i s i c o - m e ntali (vedi
a n c h e l e o p e r a z i o n i d ’ a r r ed o d i DJ
O l i v e ) . L e c o m p i l a t i o n , q u i n d i , se g n a n o l a v i a . C o m e d i c eva Brian
E n o : “ I l m u s i c i s t a d i d o mani sarà
s e m p r e d i p i ù u n m u s i c- ta ste m a k e r ” , u n D J . S i p a r l a d i gusto. Si
p a r l a d i h a u t e c u i s i n e . Si parla di
bordate che spiazzano.
Come questa selecta. Nella miglior e t r a d i z i o n e d e l l a s e r i e At The
C o n t ro l s ( i p r e c e d e n t i v o lumi sono
s t a t i c u r a t i e m i x a t i d a guru come
J a m e s H o l d e n , M . A . N . D . Y. e C l a u d e Vo n S t r o k e ) q u e s t o d oppio CD
c i f a v e d e r e c o s a s t a s uccedendo
nella scena electro. E come già ant i c i p a t o , i l D J è s e m p r e di più un
a r c h i t e t t o , u n c r e a t o r e d i spazi. I
d u e C D c h e c i p r e s e n t a i l fr a n ce s e S é b a s t i e n D e v a u d n e sono la
r i p r o v a . L’ a p e r t u r a t o c c a al l ’ e l e ttr o n i c a c l a s s i c a c o n I n s t a n t s D ’ H i ve r
d i Te ru g g i , i l s u o n o m i n i ma l d i J e nn i f e r C a rd i n i n e l l a c o l l a borazione
c o n S h o n k y , l a s e l e z i o n e sa p i e n te
d i p e r s o n a g g i s t o r i c i d e ll a sce n a
e l e c t r o , c o m e A p p a ra t ( s p l e n d i d o i l
r e m i x p o s t - a c u s t i c o d i S wa y za k ) o
P l a i d ( e c c e l l e n t e l ’ I D M d i OI) fanno
d e l p r i m o d i s c o u n o t t i m o miscuglio
d i e l e c t r o , m a i t r o p p o s pinto, con
u n a s e n s i b i l i t à s t i l o s i s s i ma, come
Vincenzo Santarcangelo
A A . V V. – A g o r i a A t T h e C o n trols (Resist Music / Audioglobe, novembre 2007)
Genere: compilation minimal deep-ambient
Stiamo virando sempre di più verso
l’am b i e n t . I s e g n a l i c i s o n o t u t t i . I l
nuov o a v a m p o s t o è s t a t o c o s t r u i t o
sentireascoltare 37
solo po ch i fran ce si s anno f ar e.
N ella secon da pa rte s i pas s a all’intimismo dark-wave - a m b i e n t : u n a
B ela L ug osi’s De ad f u o r i t e m p o
massimo che - data l a c o l l o c a z i o n e
- destabilizza e deco s t r u i s c e a n c o r a
una v olta q ua lsia si ipot es i di genere/mappa sonica, si p r o s e g u e c o n
l’oscurità sin fon ica di M ur cof , l a
progr essività di Ror e, il downt em po di Flying Lotus , i l r e m i x i n s a l s a
2st ep d el ma estro B ur i al , il lam ento blue s di Planningt or ock, l’elec t ropop d i Tele popm u si c. L’et er ogeneità dei protagonis t i n o n m i n a l a
coerenza interna, an z i , a r r i c c h i s c e
il tutto formando un c a l e i d o s c o p i o
ritmico di visionarie t à p o s t - s c a z z o
Novan ta. Agor ia in es t as i div ina.
Doppio d a so gn o. Una delle c om pilation dell’anno. R e s i s t M u s i c n e l
got ha.(7 .6/1 0)
Marco Braggion
A A . V V. – E l l b o y M i x e d B y H e l l
(International Dee Jay Gigolo
Records / Audioglobe, 30 novembre 2007)
Genere: compilation eurodiscottanta french-touch
DJ Hell ritorna a par l a r e d i a n n i ‘ 8 0
e lo f a ch iama nd o a r appor t o le pietre milia ri de ll’ele ttr onic a di quella
decade così distante e c o s ì v i c i n a .
Un mix perfetto de l l ’ e u r o p o p c h e
Gio rgio Mor ode r e G i no Socci o
(qui pre se nti risp ett iv am ent e c on
C has e e Reme mbe r) hanno s doganato sulle piste di tu t t o i l p i a n e t a .
Il rem ix d i Patr ic k Cow l ey ( u n a
I F eel L ove sempr e d a b r i v i d o ) ,
i voco de r ca tch y-p op di D i g i t a l
E mo tion (Don ’t Sto p) , l e s t u p e n d e
connessioni
midi-8 0 8 - s t r u m e n t a l i
di Kl apt o e d i K l e i n & M . B . O , l a
s plendida p r o g r e s s i v i t à d i Ta k e A
Chanc e ( c h e p e r a l t r o c o m p a r e a n c he nel r ece n t e B a c k To M i n e d e i
Röyksopp) o d i C e rro n e ( c o n l a
s t or ic a Sup e r n a t u r e ) e l ’ i n e v i t a b i l e
r ic or do dei K ra f t w e rk .
Ottanta non vuol dire solo nostalgia.
In questo caso -ancora una volta, in
un 2007 diviso tra soul e retrofilia
- lo s guar d o a l p a s s a t o è t e s t i m o nianz a di c o m e i l s u o n o b a s a t o s u
poc he c os t a n t i r i c o n o s c i b i l i ( a r p e g g i a t o r i i n o t t a v a , v o c o d e r, R o l a n d
beatbox) sia ancora presente e vivo
dopo una generazione. Insomma, i
padri non hanno ancora finito di dire
la lor o, anz i , i n q u e s t o c a s o c o n t r i buis c ono al l a n a s c i t a d i n u o v i g e r m ogli ( v edi A l e x a n d e r R o b o t n i c k
c on la s ua s c i c c o s i s s i m a v e r s i o n e
di Pr oblem e s D ’ A m o u r o l o s t e s s o
Hell che inserisce richiami acid con
la s ua Contr o l ) . L’ o r i z z o n t e s o n o r o
del dis c o è p e r v a s o n e l c o m p l e s s o
da una pat i n a d i f r e n c h t o u c h c h e
s popola or m a i o v u n q u e .
Insomma, la tendenza passa dalla
m inim al al l ’ e l e c t r o - p o p . E q u e l l o
che sorprende è che i segnali di
questa mutazione partono proprio
da Ber lino ( s e d e d e l l a G i g o l o ) : i
galletti hanno colonizzato a suon di
paillet t es e l u c c i c h i i l e b a l e r e k r a u t e. Per c hi n o n h a m a i s e n t i t o n i e n te di europop è un appuntamento
obbligatorio. Per gli altri, un mix
senza sbavature. Dj Hell re Mida
del gir adis c h i . S e l e c t a c h i c p e r f e s te easy e serate-da-bere. French
Touc h now o b l i g e . ( 7 . 0 / 1 0 )
Marco Braggion
C r i a C u e r v o s - Vo r F e u e r schlünden (Afe Records, 2007)
Edward
Ruchalski
–
Dark
Night
(Afe
Records,
2007)
Non
Ethos
–
Syk
Asfalt
(Afe
Records,
2007)
The Infant Cycle/Uphold – Our
Past Present (Now Then) (Afe
Records, 2007)
Genere: drone / dark ambient
Si at t es t a s u c o o r d i n a t e d a r k a m bient ed elettroacustiche il lavoro
di Eugenio M a g g i a k a C ri a C u e rvos. I l s uo Vo r F e u e rs c h l ü n d e n
è composto da due lunghe suite:
nella prima utilizza field recordings
e d r o n e s d a l l a a l t e f r e q u e n z e pe r
c o s t r u i r e u n m u r o d i s u o n o che
r a g g i u n g e l ’ a p i c e v e r s o l a f i n e . La
s e c o n d a t r a c c i a e s p l o r a a t m o s f er e
p i ù t e n d e n t i a l l ’ i s o l a z i o n i s m o , pur
non rinunciando a visionari field
recordings. A tratti sembra di sent i r e g l i Æ t h e n o r d i D e e p I n O ce a n S u n k T h e L a mp O f L i g h t ( Vhf,
2006).(7.0/10)
Q u i e t e , q u a s i a s s o l u t a , i n v e c e n ella
D a rk N i g h t d e l l ’ a m e r i c a n o E d w ard
R u c h a l s k i , u s c i t a p r e c e d e n t e m en t e p e r F o x y D i g i t a l i s e o r a r i s t am p a t a c o n u n a n u o v a c o p e r t i n a ad
o p e r a d i P a o l o I p p o l i t i ( L o g o p la s m) . U n a p e r f e t t a c o l o n n a s o n ora
p e r u n s o g n o e s t i v o , u n s o g n o d alle
t i n t e f o s c h e e t e n e b r o s e , c o s t r uito
a t t r a v e r s o i s u o n i p r o d o t t i d a i suoi
s t r u m e n t i a u t o c o s t r u i t i , m a a n ch e
da pianoforti, chitarre, campane e
field recordings. (7.0/10)
N o n E t h o s e r a l o p s e u d o n i m o di e t r o i l q u a l e d i c e l a v a i l n o r v e g ese
H æ r l e i f L a n g å s , o r a a t t i v o c ome
N o rt h h a u n t , d e d i t o a d u n a c upa
d r o n e m u s i c i n t r e c c i a t a c o n una
f i t t a d o s e d i i s o l a z i o n i s m o . A f e fa
u s c i r e q u e s t o S y k A s f a l t d o p o che
e r a c i r c o l a t o s o l o i n u n a e d i z i one
p r i v a t a a c u r a d e l l ’ a u t o r e . N e l l e sue
i n t e n z i o n i d o v e v a e s s e r e u n a m ed i tazione sul tempo, sulla vacuità urb a n a e s u l l e f o r z e d i s t r u t t i v e d ella
n a t u r a , e d e v o d i r e c h e l a d a r k am b i e n t c h e l e s o r r e g g e r e n d e b ene
l’idea del concept. Su tutto i mag n e t i c i e d i p n o t i c i 1 8 m i n u t i d i I sa r .
(6.5/10)
P e r c h i u d e r e l o s p l i t t r a i c a n a d esi.
T h e I n f a n t C y c l e , o v v e r o J i m De J o n g , e U p h o l d , o v v e r o M u ff y St.
B e r n a r d . P e r T h e I n f a n t C y c l e un
l u n g o b r a n o d i v e n t i m i n u t i i n cui
c o n d e n s a v a r i e m a n i p o l a z i o n i di
turn it on
A A . V V. – I ’ m N o t T h e r e O . S . T. ( S o n y / C o l u m b i a , 3 0 o t t o b r e 2 0 0 7 )
Genere: 21st century Dylan
Solo sulla car t a , c e n ’ è a b b a s t a n z a p e r s b r o d o l a r s i a d d o s s o : S o n i c Yo u t h ,
Ste ph en Ma lk m us , Calex ic o, Yo La Tengo, C a t P o w e r, J e ff Tw e e d y, To m
Verlaine e tan t i - p a r e c c h i - a l t r i a l l e p r e s e c o n i l c a n z o n i e r e p i ù p r e z i o s o
d eg li ultimi q uar ant ’anni e pas s a, in quello c h e p o t r e b b e e s s e r e i l d e f i n i t i vo tribu to al M aes t r o, unit am ent e all’om oni m a p e l l i c o l a a c u i f o r n i s c e a c comp ag na men t o s onor o - l’ult im a f at ic a del v i s i o n a r i o e p o p a d e l i c o To d d
Ha ynes , co m e m inim o c ont r ov er s a eppur e i m p r e s c i n d i b i l m e n t e d y l a n i a n a, ne l suo ri t r at t o- m os aic o s c om pos t o a p i ù l i v e l l i . A l l o s t e s s o m o d o , l e
tre nta qu attro c anz oni qui r ac c olt e pr es ent a n o t a n t i D y l a n p o s s i b i l i , n e l l a
me de sima fram m ent az ione e per enne t r as f o r m a z i o n e o ff e r t a d a i s e i d i v e r si personaggi d e l f i l m , s o l t a n t o e l e v a t a a u n a p o t e n z a i n ( d e ) f i n i t a . C o m e
d ire, Dylan è anz it ut t o pur o c ont enut o; l’es p r e s s i o n e , l a f o r m a è l a s c i a t a a l l ’ a r t i s t a d i t u r n o ( s a r à m i c a un ca so se
Mr. Zimme rman è in t ut t a pr obabilit à l’aut or e p i ù c o v e r i z z a t o d a c h e r o c k è r o c k ? ) . I n f o n d o , q u e s t a è l ’ e sse n za
stessa d ella folk m us ic : un’er edit à c he s i f a t r a d i z i o n e t r a m a n d a t a ; i n q u e s t o c a s o , l a m u s i c a d i D y l a n ch e a ttr a versa i g iorn i nos t r i e s i pr oiet t a olt r e. A p e n s a r c i b e n e , q u e s t a p o t r e b b e e s s e r e l a m u s i c a p i ù a t t u a l e che possa
e sserci. E co m unque la s i v eda, I ’ m Not T h e re ( i l d i s c o ) n o n è a l t r o c h e u n a r a p p r e s e n t a z i o n e , i n c ui a d o g n i
protagonista s i d à l ’ o p p o r t u n i t à d i i n d o s s a r e u n a m a s c h e r a , d i e s s e r e l ’ a r t e f i c e d i u n i n g a n n o .
A p artire da llo s t es s o Dy lan nell’eponim a c h i u s u r a d i I ’ m n o t T h e r e , s p l e n d i d o g i n g i l l o s b a d a t a m e n t e scivolato
fu ori da l sacro s c r igno dei Bas em ent Tapes ( q u i n e l l a s u a p r i m a a p p a r i z i o n e “ u ff i c i a l e ” ) : B o b , s e m p l i c e m e n te non
è q ui, ed è pr o p r i o l a s u a p r e s e n z a / n o n pr e s e n z a c h e i n f o r m a t u t t a l ’ o p e r a ; p r o g r a m m a t i c a m e n t e , n ello stesso
b ran o si cime nt ano in aper t ur a i padr ini u ff i c i a l i d e l l ’ o p e r a z i o n e , d e g l i i s p i r a t i e s e m i a c u s t i c i S o n i c Yout h. È
in fatti Le e Ranaldo, ins iem e a St ev e Shelle y, u n o d e i m a g g i o r i a r t e f i c i d e l d i s c o t u t t o , i n s e n o a i M i l l i on D olla r
Ba sher s , ho us e band da s ogno c he s i c om p o n e i n o l t r e d i N e l s C l i n e , To m Ve r l a i n e , J o h n M e d e s k i ( d i f am a j a zzi sta, g iro d i Zo r n e dint or ni) , Sm ok ey Hor m e l e To n y G a r n i e r, b a s s i s t a d i D y l a n s t e s s o ; a d a v v a l e r s i d e i l o r o se r vigi, u n in ed it o M al km us inf er v or at o c las s ic r o c k ( i m p r e s s i o n a n t e B a l l a d O f A T h i n M a n ) , u n a C a t P o w e r in pura
e sta si d yla nia na ( non pot ev a c he dar e il m e g l i o d i s é i n S t u c k I n s i d e O f M o b i l e … , s o u t h e r n s o u l m e m p hisiano per
e ccelle nza), un Ver l ai ne più os c ur o e r eedi a n o c h e m a i ( C o l d I r o n s B o u n d ) . A f a r e , p o s s i b i l m e n t e , a n c or a m e g l i o
ci son o i sem pr e im pec c abili Yo La Tengo ( r i v e r e n t i a i l i m i t i d e l l a f i l o l o g i a , e a l t r e t t a n t o e m o z i o n a n t i ) , e so p r a ttu tto la pre miat a dit t a Bur ns&Conver t i no, a r i c o p r i r e d i s p e z i e e m a g i e t e x - m e x l e s t r e p i t o s e G o i n ’ To Aca p u l co
(p icco to tale ) e O ne M or e Cup O f Cof f ee, co n r i s p e t t i v a m e n t e J i m J a m e s d e i M y M o rn i n g J a c k e t e u n ritrovato
Ro ge r McGuin n a c ont ender s i il m ic r of ono. E a p r o p o s i t o d i g r a n d i v e c c h i , R i c h i e H a v e n s e R a m b l i n ’ J ack El l i o tt
son o da a nto logia ( del blues , del f olk , del l a m u s i c a t u t t a ) , d o v e i n v e c e Wi l l i e N e l s o n r i l a s c i a u n a Se ñ o r pure
tro pp o bo lsa . Not e dolent i c om e quelle – a f o n e – e s a l a t e d a C h a r l o t t e G a i n s b o u r g n e l l a s u a d i m e n t i ca b i l e Ju st
L ike A Woma n, m ent r e le par t it ur e aff idat e a i s o l i t i p r e z z e m o l i n i A n t o n y & T h e J o h n s o n s ( K n o c k i n ’ O n Heaven’s
Do or), Mark L a n e g a n e S u f j a n S t e v e n s r i s u l t a n o p e r l o p i ù r i d o n d a n t i n e i l o r o c l i c h é d i c l a s s e . E q u i c h i udiamo la
p are nte si n eg at iv a ( e la r ec ens ione) , per c h é a d e s s o p o t r e m m o a n c h e c o n t i n u a r e a s o ff e r m a r c i s u o g n i si n g o l o
nome coinvolt o , i l c u i c o n t r i b u t o è q u a s i s e m p r e r i m a r c a b i l e e n e i c a s i m i g l i o r i , p e r s o n a l e ; d a t o l ’ a r g omento, ci
sarebbero sem p r e t a n t e , t r o p p e c o s e d a d i r e . M a n o n c e n e v o g l i a t e ; c o m e d i c e To m Wa i t s , “ D y l a n è u n continente
a ncora ine sp lor at o” . ( 8. 0/ 10)
Antonio Puglia
sentireascoltare 39
registrazion i fa tte in pas s at o, c er cando di ricollocarle i n u n d i v e r s o
contesto son oro . M ent r e Uphol d
si affida a sintetizz a t o r i c a m p i o n i
per prod urre u n su ono m olt o c inematografico come b e n e s e m p l i f i c a
l’ultima traccia in cu i è p r e s e n t e u n
dialogo molto vision ar io. ( 6. 5/ 10)
Nicolas Campagnari
Akkura – Zaún (Malintenti / Jestrai, novembre 2007)
Genere: folk-rock
Ne hanno fatta di strada gli Akkura
dal 2003, anno della pubblicazione
dell’omonimo EP d’esordio. Una carraia che è diventata quasi una statale, tra passaggi radiofonici sempre
più frequenti, più di duecento concerti all’anno, aperture per Caparezza, Teresa De Sio, Negramaro, Avion
Travel. Il tutto sempre sull’onda di
un folk ricercato ma al tempo stesso
diretto, in cui tromboni, violoncelli,
chitarre, banjo, percussioni, contrabbasso, mandolino, dialogano piacevolmente con una scrittura d’autore
affascinata da mimetismi sonori a
base di ritmiche in levare, vocazioni
danzereccie, malinconie gitane.
Il qu i pre se nte Zaú n n o n f a c h e
conferma re qu an to già v is t o, r ic alcando in gran parte i l m o d e l l o d e l
suo pred ecesso re, dis c iplinando ulterior men te le trame , c or r eggendo
i possibili difetti di p r o n u n c i a , p e r
undici bra ni ch e sp az iano dalle c olorit ure va ga men te tex - m ex di F u g a
dalla fin estra de l b agno alle s c ar nificazion i cu ba ne di L’ a r r u m b a ,
dal valzer ub riaco di Nel quar t ier e
delle do nn acce alle m ez z e luc i di
N otte de i pro fumi, dallo s k a ac us t ico di Il ba llo d elle de but t ant i a l p o p
scanzon ato d i Rica m at o s ul div ano.
40 sentireascoltare
I l t ut t o s en z a m a i s u o n a r e t r o p p o
banali o pr e t e n z i o s e m a c o n l a c o n v inz ione an z i , d i a v e r e a n c o r a m o l t e c ar t e da g i o c a r e . ( 6 . 9 / 1 0 )
Fabrizio Zampighi
The Austerity Program – Black
Madonna (Hydra Head / Goodfellas, novembre 2007)
Genere: hardcore prog metal
Ma che bei fiori photoshop in copertina. Cosa c’entreranno con un album chiamato Black Madonna dal
sound completamente immerso nella Touch’n’Go family dei Novanta?
Fate conto di ascoltare dei Jesus
Lizard con il batterista del Metallica. Oppure un Albini abbacinato dal
Sunset Boulevard. In altre parole, gli
Austerity Program tritano gutturali
attitudini post-hardcore, progressioni ritmiche stile panzer, graticole di
riff tra machismo e schizzi psycho.
Però (e c’è un però) a caratterizzarne la furia ultracalcolata interviene
uno spostamento deciso verso il
metal. Meglio ancora quel metallo
innervato di prog (leggi alla voce …
And Justice For All) che nelle otto
tracce s’inserisce nella coda lunga
dell’hardcore evoluto che dai Big
Black portava ai Girl Against Boys
(e ai citati Lizard). Messi da parte i
soliti discorsi sulla non-novità della
proposta, e appurato che parliamo
di un duo basso/chitarra (Thad Calabrese e Justin Foley) all’esordio
sulla lunga distanza senza un batterista in carne e ossa (cristo è una
drum macine quella che si sente!
Altro che Lars Ulrich, ingenuo che
sono…), quel che abbiamo è un
buon debutto d’amplificazioni pregne di testosterone e nitro. Provette
che appena le tocchi BOOM! Salta
tutto. Più che convincente la forza
motore dunque (quello scoppio che
non avviene mai veramente, quel
thrilling che poi è il suo bello), buona anche la desistenza verso licenze troppo metal à la Pelican o Isis,
peccato (e c’è un peccato) per la
mancanza di un leader come Yow al
cui carisma si sostituisce un cantato
(parecchio) hardcoreggiante (urla,
strazi, indistinguibile timbro…). Inutile dire che l’allargamento a tre sarebbe auspicabile (e Yow di questi
tempi è quasi un freelance per cui
sai mai i casi della vita). Rimane il
piacere muscolare della cosa. Un
piacere ricco di steroidi per giunta.
Take care. (6.7/10)
Edoardo Bridda
Bj Nilsen – The Short Night
( To u c h , 2 3 o t t o b r e 2 0 0 7 )
Genere: ambient,
field recordings
S e t u t t o l ’ a l b u m d i B j N i l s e n – il
s e c o n d o , a b b a n d o n a t o i l m o n i ker
H a z a rd , a s u o n o m e s u To u c h - si
e s a u r i s s e n e l l a p r e v e d i b i l e s i n t assi
a m b i e n t d i F r o n t e F i n i s t e r r e , po tremmo facilmente liquidarlo come
u n l a v o r o s c o l a s t i c o d i f i e l d r e co rd i n g s t u t t o g i o c a t o s u l l a s a t u r a zi o n e t o n a l e e l ’ i m p a t t o s c e n i c o c om p l e s s i v o . U n c o m p i t i n o s v o l t o alla
p e r f e z i o n e , m a a s s a i i r r e t i t o i n ste r e o t i p i d i g e n e r e , s v o l t o d a c h i , con
registrazioni d’ambiente, volumi e
r i v e r b e r i c i l a v o r a a i m a s s i m i l i ve l l i
ormai da anni.
P o i c o n P o l e O f I n a c c e s s i b i l i t y le
c o s e i n i z i a n o a c a m b i a r e : s e l e fr e q u e n z e d e i b a s s i i n i z i a n o a s c a v are
i l t e r r e n o , i n s u p e r f i c i e i d e t r i t i - la
risultante di uno scavo profondo s o n o s c o r i e d i r u m o r e d i d e r i v a z i one
i n d u s t r i a l e . I l p a e s a g g i o e s p l o r ato
i n i z i a a f a r s i m e n o o s p i t a l e , i s uoni
m e n o p a c i f i c a t i : l ’ a m b i e n t a c u i si
g u a r d a n o n è p i ù q u e l l a d i u n B r ian
E n o m a , s e m m a i , q u e l l o g e n e r ato
d e c e n n i f a d a l l e s p o r e p i ù m a l ate
d e l l ’ i n d u s t r i a l s t o r i c o . B l a c k L i g ht è
l a r i c e r c a o s s e s s i v a – a t r a t t i pe r c u s s i v a : e v i e n e d a v v e r o d a p e n sa r e a g l i : z o v i e t *f ra n c e : – d i u n cr e s c e n d o a l c u i c u l m i n e s t a u n f a scio
d i f r e q u e n z e d i p u r o r u m o r e , l a s ta si in divenire di un mood oscuro e
d e p r e s s o c h e m a l s i c o n c i l i a c o n il
p acifica to ed en ar t if ic iale r i c e r c a t o
da i b ran i d i p ur a ac c adem ic a am b ien t.
In qu e s t o s e n s o , u n b r a n o
come il co nclus iv o Vik ing Nor t h, p u r
e ssen do u n es per im ent o di s ound scap e dei p i ù c l a s s i c i , è s o r r e t t o
d a u n’in qu ietudine di f ondo – c he
h a la forma d i r um or e indis t int o s ot to traccia – che è anc or a e s em pr e
(e sempre de v ’ e s s e r e ) - i l p u n g o l o
d ella ricerca, anc he in un am bit o
o rmai alta men t e f or m aliz z at o c om e
la musica d’a m bient e. ( 6. 8/ 10)
Vincenzo Santarcangelo
Black Zone Ensemble - Life
( 11 - 8 R e c o r d s / S e l f , 2 8 s e t t e m bre 2007)
Genere: lounge nujazz
Debutta per l’etichetta salentina
11-8 Records il progetto Black Zone
Ensemble, creatura concepita da
Daniele Miglietta, musicista, produttore e DJ votato al nujazz e alla
latin house passando da chill out e
lounge, insomma quella roba da camera di decompressione per cervelli
stremati dalla fatica del troppo vivere contemporaneo che faccio fatica
ad impazzirci però non disdegno,
soprattutto quando sono buoni i livelli di cura e convinzione (la “vision” sonora). Come in questo caso,
dove appunto la compenetrazione
di fregole bossa, ambient, electro
e soul-jazz conduce dalle parti del
sollucchero inquieto, un danzereccio virtuale che accompagna e
blandisce ostentando una vena d’inquietudine per ogni tessitura catchy,
arguti fraseggi di piano e tastiera
(rigorosamente vintage) a ravvivare
il fragrante automatismo dei groove,
vampe di tromba (in Fire Dance) e
sax (sentitevi l’assolo in Exister)
quali opportuni sbalzi umorali.
Al microfono si alternano ben quattro gentili vocalist: una disinvolta
Stefania Di Pietro (già con Nicola
Conte), la svizzera Nathalie Claude
(che sprimaccia soul nell’ambientfunk di Give Me A Sign), Valentina
Grande col suo agile piglio bossa
(in Al Centro De Cuba e Luna Magica) e soprattutto una Violet Sol
che spande guizzanti ricami, evanescenze e turgori in ben sette
tracce (ragguardevole nella reverie
wave-bossa che risponde al nome
di Sudbahnhof Train). Degni di nota
senz’altro anche gli episodi strumentali, palpitanti di umori world (la
conclusiva Mediterranea) e acidule
reminiscenze jazz-rock (l’intrigante
Unreality Forest).
Nulla di nuovo per chi si è già seduto un milione di volte al tavolo
del café con Thievery Corporation,
Tosca, Zero 7 e - perché no? - Everything But The Girl, ma il piglio e
le capacità messe in gioco meritano
una certa considerazione. (6.9/10)
Stefano Solventi
Bogdan Raczynski - Alright!
(Rephlex, 19 novembre 2007)
Genere: happy drill’n’bass
I fan della Rephlex sono già divisi.
Chi d i c e c h e s i s t a d a n d o t r o p p a
im po r t a n z a a l l ’ e t i c h e t t a e c h i i n v e ce è dal 2002 che attende il ritorno
del s a l v a t o r e l ’ a r d k o r e ( y o u k n o w
t he s c o r e ) .
Bogdan Raczynsky? Chi è costui?
Dal suo sito, spassosissimo peraltro, si capisce quel che basta: ragazzo con il cappellino tutto cibo
t a k e a w a y, s i g a r e t t e , v e c c h i m o b i l i
della vetusta Britannia e laptop. La
sua vita è tutta lì e ovviamente nella drum’n’bass arena nella quale
può a buon diritto considerarsi un
veterano (o un reduce di seconda
generazione). Renegade Platinum
Mega Dance Attackparty di un lustro fa, nonché l’oscura/oscurata
collaborazione con Bjork, lo avevano reso un personaggio più famoso
di quello che avrebbe mai sperato, uno Squarepusher stravagante
e tutt’altro che complessato. Poi il
silenzio, alcune ricette impossibili
che campeggiano tra i video e le
chat del suo spazio internet, e una
spassosa a dir poco biografia svelata a cui vi rimandiamo su Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/
Bogdan_Raczynski). Oggi l’uomo
(classe 1977) ritorna con Alright!
e ci stupisce, e neanche poco. Un
album videogame in delicato equilibrio tra drum’n’bass e ‘ardkore
come non se ne sentono da anni.
Stupido e irresistibile come certa happy techno. Cartoon al cubo
come soltanto certe cose jap sparatutto (dal vivo suona vestito da
Power Ranger fate voi il personaggio). Un album di quaranta minuti
c h e è g i à u n c l a s s i c o d e l Tu n z Tu n z
Bleep Breakbeat! Musica maraglia
genialoide con fuori programma
e microtrovate innovative (per intenditori). Ma non è tanto la new
thing quello che ci piace del Bogdan, piuttosto, l’ironia che esprime,
morbida e leggera, in dialettica con
quella dell’Aphex tagliente-comeu n a - l a m a e d i u n Vi b e r t c h e e s y
come un formaggio indiano. Chiamatela pure intelligenza breakbeat,
questa la zampata che lo distingue
dalla bassa padana degli emuli con
il trapano, asso nella manica che
permette al polacco apolide di starn a z z a r e b e a t e e ff e t t i a n c h e a v e l o cità ragguardevoli (120-140 bpm),
senza cadere nell’autoreferenzia
lità o nel logorroico. Ridi sempre
e mai di lui (l’incedere cartoon dei
synth ultracompressi di part 3 e
soprattutto quel bofonchiare che
incontra il rave di part 4), oltre al
fatto che se smetti di sghignazzare
trovi trame per la mente da non sottovalutare (part 7). C’è un Raczynsky in ognuno di noi. E attenzione
alle ricette! (7.0/10)
Edoardo Bridda
sentireascoltare 41
B y T h e E n d O f To n i g h t & Te r a
Melos – Complex Full Of Phant o m s S p l i t ( Te m p o r a r y R e s i dence, 6 novembre 2007)
Genere: math
Math a go-go in questo split album che vede coinvolti i texani By
T h e E n d O f To n i g h t e i Te r a M e l o s
from Sacramento. I primi, quattro
cazzoni da provincia americana
mettono sul piatto la loro protervia math strumentale, virandola in
chiave talmente heavy da apparire più tendenti verso lidi metallosi che altro. A farsi però preferire
sono i rari momenti di apparente
quiete come Cold Hands, quando
sembrano disegnare malevoli landscapes ambient.
Un po’ meglio il “lato b” ad appann a g g i o d e i Te r a M e l o s , a l t r o c o m b o
dedito ad una sorta di math-noise
non originale ma nettamente più
schizofrenico e vario rispetto ai
compari. Siamo però sempre sulle
coordinate di quel suono abusatissimo che partendo dalla Chicago del decennio scorso (diciamo
Don Caballero/Cap’n’Jazz) arriva
s i n o a g l i H e l l a . Tu t t o g i à e s a u s t i vamente detto e sentito più volte,
quindi il giudizio è: “per completisti”. (6.0/10)
Stefano Pifferi
Carbon / Silicon – The Last
Post (Carbon Silicon Records,
ottobre 2007)
Genere: punk, electro, pop
Tutti abbiamo alme n o u n a v a g a
idea su cosa voles s e d i r e e s s e r e
rivoluzionari - e pu n k - n e l 1 9 7 7 .
F igur ia moci Mick Jo nes e Tony J ames, co mpa gn i d i l ungo c or s o aldilà delle rispettive m i l i t a n z e i n
42 sentireascoltare
Cl ash e G e n e ra t i o n X ( n o n c h é B i g
Audio Dinamite per il primo, Sigue
Sigue Sputnik per il secondo). Nel
21° secolo, i due hanno pensato di
per pet r ar e l ’ i d e a d a n d o v i t a a u n
pr oget t o au t a r c h i c o , b a s a t o s u l l a
v e l o c e r e a l i z z a z i o n e e d i ff u s i o n e gratis, ovviamente - di brani in mp3.
Q uant o c i s i a d i r i o t i n t u t t o c i ò n o n
è nos t r o int e r e s s e s t a b i l i r l o ; p i u t t o s t o, di f r on t e a l p r i m o d i s c o “ r e a le” dei Carbon / Silicon (laddove il
carbone è Jones e il silicone sono
i c om put er d i J a m e s ) c i p r e m e p i ù
di ogni alt r a c o s a t a s t a r e i l p o l s o d i
ar t is t i c he o g g i d ì p o t r e b b e r o b e n i s simo passare per sopravvissuti (o,
nel peggiore dei casi, mummie). Ma
c he, inv ec e , h a n n o s a p u t o g u a r d a r si bene in giro e diventare mentori
- e par t e - d i q u e l l o s t r e a m c h e a t traversa, dominandolo, il panorama
inglese del nuovo millennio.
Il riferimento non è soltanto al Mick
J ones deus e x m a c h i n a d e i L i b e rt i nes; s t i a m o p a r l a n d o d i c o m e q u i
il songwriting tipicamente punk
dell’ex-Clash viene trattato con un
s uono e una p r o d u z i o n e i n p a r t e a f f idat i alle m a c c h i n e , d o v e l e c h i t a r re aspre – ma familiari – collidono
c on r it m i e b a s i s i n t e t i c i ( n o n s y n t h ,
at t enz ione) , f r a s u g g e s t i o n i p r o t o new wave alla Magazine e l’indie
da c lub de i n o s t r i g i o r n i ( n i e n t e
nom i, pot r e b b e e s s e r e f u o r v i a n te); più una bella dose di pop Jam
/ Kink s ( Th e Wh o l e Tr u t h , Wa r O n
Cult ur e) .
Ce n’è abba s t a n z a s i a p e r c h i v u o l e a b b a n d on a r s i a l l a n o s t a l g i a e a
c er t e s ugge s t i o n i ( M a g i c S u i t c a s e
v iaggia s ull ’ a s s e Tr a i n I n Va i n ; e s u
Ac t on Zulus p r i m a o p o i t ’ i m m a g i n i
entri la voce di Joe Strummer), sia
per c hi am a f a r s i s t u z z i c a r e d a n u o -
v e s f i d e . N o n s a r à m e m o r a b i l e in
s é T h e L a s t P o s t , m a c o n t i e n e una
m a n c i a t a d i c a n z o n i c h e s ì , s i f a nno
r i c o r d a r e ( l a f i l a s t r o c c a T h e N ew s
s u t u t t e ) , e s o p r a t t u t t o c i r i c o r d ano
d i c h e p a s t a s i a n o f a t t i i l o r o a uto r i . E p o i , s e l ’ a l t e r n a t i v a è e s s e r e il
J o h n n y R o t t e n d e l 2 0 0 7 , l u n g a vita
ai Carbon / Silicon. (6.8/10)
Antonio Puglia
Carta – The Glass Bottom Boat
(Resonant, 2007))
Genere: post-rock
C a p i t a d i a v e r e t r a l e m a n i u n CD.
C a p i t a d i a s c o l t a r l o v e l o c e m e nte
e d i b o l l a r l o c o m e i l s o l i t o d i s c o di
(post) post-rock. Capita di tornarci su dopo qualche tempo, di dedic a r g l i p i ù a t t e n z i o n e e d i p e n s are
c h e i n f o n d o i s u o i c i n q u a n t a s ette
m i n u t i d i m u s i c a n o n s o n o p o i c osì
male. A patto di riservarli a una domenica pomeriggio in cui si è ben
d i s p o s t i v e r s o i l m o n d o e p i e n i di
buoni propositi.
Q u e s t o l ’ u n i c o m o d o p e r a p p r e zz a r e g l i i n a ff e r r a b i l i a r p e g g i d i ch i t a r r a c h e r e g o l a m e n t a n o i l t r a ffico
r a l l e n t a t o d i K a v a n e S o u t h C i r cu l a r s e n z a s b a d i g l i a r e , d i i n c a me r a r e l ’ i m p e t o s t e m p e r a t o d i L a rva
s e n z a c h i u d e r e g l i o c c h i n e m m eno
p e r u n ’ i s t a n t e , d i g o d e r e d e i c a mbi
d i u m o r e d i S i m u l t a n e s e n z a de s i d e r a r e u n c a ff è , d i a p p i c c i c arsi
a l l e m o r b i d e z z e d i I f N o t F o r Yo u
T h e n N o t F o r M e s e n z a m e t t e r si a
p r o g r a m m a r e l e p r o s s i m e v a c a nze
e s t i v e . C o l p a d i u n ’ o p e r a q u a s i del
t u t t o s t r u m e n t a l e c h e , n e l l a s u a un i formità, pur rassicurando, pur rius c e n d o a s c i o g l i e r e l e t e n s i o n i , pur
r i e m p i e n d o q u a l c h e s p a z i o v u oto,
p u r g r a t i f i c a n d o c o n l a r a ff i n a t e zza
d e i s u o n i e d e l l e t r a m e , p r e t e nd e
d a c h i a s c o l t a u n s e n s o m a n i a ca l e p e r l a s f u m a t u r a e u n c a r a t t ere
p o c o a r r e n d e v o l e . D i q u e s t i t e mpi,
forse, è chiedere troppo. (6.4/10)
Fabrizio Zampighi
C a r t e r Tu t t i – F e r a l Va p o u r s O f
The Silver Ether (Conspiracy
International, 15 ottobre 2007)
Genere: ambient, new age
CarterTutti non è altro che la coppietta dei (rinati) Throbbing Grist-
turn it on
A l t r o – A s p e t t o ( L a Te m p e s t a / G o o d f e l l a s , 2 6 o t t o b r e 2 0 0 7 )
Genere: dopo-wave italiana
C’eravamo qu a s i c a s c a t i a l l ’ i n i z i o , e r i p e n s a n d o c i s ’ e r a p r e f e r i t o p e n s a r l a
un a simp atica bout ade, la des c r iz ione di qu e s t ’ a l b u m f o r n i t a c i d a i d i r e t t i
inte ressa ti co n un s ar donic o “ s hoegaz e, m a c o l c a n t a t o p u n k ” . A l s o l i t o ,
no n sa i con che pinz e pigliar li, Alt r o, e que s t a v o l t a s g u s c i a n o c o n a n c o r
più ag ilità. C’ è m olt o Set t ant as et t e “ t r ent ’an n i d o p o ” i n q u e l l ’ a u t a r c h i a f i e ra, nello spiri t o c h e f a s ì c h e r e s t i n o g l i s t e s s i s u l p a l c o e f u o r i , a l p u n t o
che li potresti v e d e r e t r a i l p u b b l i c o a o s s e r v a r s i m e n t r e s u o n a n o . N o n g l i
impedisce di e s s e r e d i v e n t a t i g r a n d i , p e r ò , d i f a r g l i s o t t o s c r i v e r e c h e n o n
è co sì male , in f ondo, quella s t r ana f ac c e n d a c h i a m a t a m a t u r i t à a r t i s t i ca . Que sto è Aspet t o: u n d i c i b r a n i c h e s m a t a s s a n o i l b a n d o l o d e l “ t e r z o
disco , q ue llo def init iv o” s m ent endo l’as s un t o c o n s o t t i g l i e z z a , e s i b e n d o
su on i fin alme nt e adeguat i s enz a s nat ur ar e l ’ i n d o l e c h e d a s e m p r e a c c o m p a g n a i t r e m a r c h i g i a n i . D i c on se g u e n za , la callig raf ia s onor a ha nec es s ar iam en t e s m a r r i t o q u a l c o s a i n i m m e d i a t e z z a , r i p a r a n d o c o n l a p a d r o n a n za
de gli sce na ri new wav e c he f ur ono e c he s o n o d i n u o v o t r a n o i .
Non pensate a d u n a m o s s a d e t t a t a d a l c o n v e n i e n t e o p p o r t u n i s m o o i g n o r a n z a d e l l a s t o r i a , c h é n o n è da loro: a
questo già pr o v v e d e l a m a g g i o r a n z a d e l l a s t a g n a n t e s c e n a m u s i c a l e i t a l i a n a . I l l i n g u a g g i o i n c o n f o n d ibile degli
Altro, infa tti, ha t ut t or a m odo di em er ger e c o s t a n t e a l d i l à d e l l e i n f l u e n z e , c h e n o n s i p o s s o n o e v i t a r e m a n e m men o ca lpe star e. Lo t r ov at e c r is t allino e p e c u l i a r e c o m e l a r e g o l a e s i g e , d e n t r o l ’ u g o l a d a p r i m i P u b lic Im a ge
Lim ite d in cu i il gr uppo s i s pec c hia s pes s o , v o l e n t i e r i e i n C a n z o n e d i A n d r e a , Q u a d r o A . e P a s s a t o (dove sei,
Memo ries?) p i ù c h e a l t r o v e . N o n m a n c a n el l e s p o l v e r a t e d i p a r a n o i a , s t e m p e r a t a d a u n r e s p i r o m a l i n c onico che
dire sti a pp artenut o al M or r i ssey r ibelle da c a m e r e t t a ( m a p u r e a l F i u ma n i c i n i c a m e n t e a c u s t i c o : l ’ a ccoppiata
pio vo sa Smett er e e Chius o) . Tu t t a v i a , q u a l c o s a s f u g g e c o m e s e m p r e e p e r f o r t u n a , p e r c h é q u a l e r u o l o giocano la
frattu rata , fals am ent e im pas s ibile Feder ic o o l a s c h e g g i a G a n g O f F o u r d i R a m i r e z ? E l o s h o e g a z e c h e d a vve r o
affio ra da i river ber i di lont ane c hit ar r e nella c i n g o l a t a S t e f a n o , l ’ e c o s u l l a v o c e i n s t i l e P o r n o g r a p h y d i C o l p i to , o
la to ccan te 3 1/ 12, nuov o c las s ic o nel s olc o d i P i t a g o r a e C a n z o n e d e l G a b b i a n o ?
Cresce nd o all a dis t anz a, l’av v inc ent e r om p i c a p o q u a s i f o r n i s c e u n a c h i a v e : e r a g i à t u t t o p o t e n z i a l m e nte cu sto dito dai due l a v o r i p r e c e d e n t i , a s p e t t a v a s o l o d i p o t e r e m e r g e r e , m a f o r s e c i s t i a m o s b a g l i a n d o . G l i Altro, più
che fornire ris p o s t e , p a i o n o p r o p e n s i a i n v e n t a r e d o m a n d e d a l a s c i a r c i i n e r e d i t à . A l s o l o s c o p o d i c o n tinuare la
mag ia e pe r ris pet t o del lor o s eguit o, ne s ia m o ( a b b a s t a n z a ) c e r t i . ( 7 . 7 / 1 0 )
Giancarlo Turra
sentireascoltare 43
le, quella che ha messo depressione
a Genesis P-Orridge quando, tanti
anni fa, si è formata, ovvero Cosey
Fan Tutti e Chris Carter. Ciò detto,
ad alcuni parrà strano che un duetto
tale possa produrre un disco di musica ambientale – e, per di più, che
utilizza ogni escamotage a disposizione per sembrare un bel disco, un
album rilassante. E invece questo è,
Feral Vapours Of The Silver Ether,
uscito per la Conspiracy International, etichetta (di Carter e Tutti, appunto) nata nel 1982.
Nell’ultima frase c’erano però almeno due particolari atti a far ricredere le aspettative, a ponderarle con
la storia dei due e la profondità del
tempo, cioè una data e il nome della
label; entrambe le cose sono memori
della separazione del trio industriale, foriera a sua volta della nascita,
dal lato genesisiano, degli Psychic
TV, mentre, dal lato dei piccioncini
(Chris&Cosey), di dischi di synthpop ma anche di qualche episodio
di elettronica rarefatta, antenata di
quella qui presente.
So Slow The Knife ha tanto di corno
(l’invenzione arrangiativa migliore
del disco, secondo chi scrive) ma
anche voci da coro gregoriano (sintetizzate su tastiera); forse però è
meglio di quando canta Cosey, che
sembra in certi frangenti (Lowlands,
che ha di interessante un basso dub
interrotto) aspirare alla celestiale
ugola che campeggia in Hosianna
Mantra dei Popol Vuh (un esempio
volutamente notorio).
I n e ff e t t i l ’ a ff l a t o c o s m i c o - n a t u r a lista è esattamente l’obiettivo di
C & T, p e r a l t r o g i à d i c h i a r a t o n e l
precedente Cabal (del 2004) e
ora rivangato con visione ancor
più trascendentale. A proposito di
esempi da enciclopedia della mu-
44 sentireascoltare
sica, non si può non pensare alla
musica ambientale per aeroporti di
B r i a n E n o q u a n d o s i a s c o l t a To m
Window; o perfino a Nico (per melodia e timbro) seguendo la voce
d i Tu t t i i n W o v e n C l o u d s . L e u l t i m e
tracce si aggiornano invece alla
seconda metà del decennio Novanta, ridimensionando il respiro newage su un’inquietudine più oscura
(Black Dust). Rispuntano il dub,
una pulsazione (funerea, ma più
vitale del resto del disco), il corno
( F e r a l Va p o u r s ) ; e i l d i s c o i n d o s s a
un corpo ectoplasmatico, senza ali
o a u r e o l e , g u a d a g n a n d o s i l a s u ff i cienza. (6.0/10)
Gaspare Caliri
Daft Punk - Electroma DVD
(di Thomas Bangalter e GuyManuel De Homem-Christo –
Francia, 2006)
Se Alive 2007 è electro-dance’n’roll
per masse adoranti, Electroma si
interroga sulla robotica stessa dal di
dentro. Se il primo è rock da stadio
il secondo è ambient isolazionista.
È curioso come il DVD esca proprio
a corollario dell’esperienza superomista dell’ultima tournée (peraltro
ancora non conclusa), curioso perché non sembra affatto un impacciato cartoon su due robot che cercano
di diventare umani. Piuttosto è la
tragedia di due macchine autocoscienti che fallendo nel tentativo di
diventare delle posticce caricature
di umani (erano felici anche così, e
anche funky a modo loro…) decidono di suicidarsi in un deserto rosso
di gusvansantiana memoria. Se ancora ci fosse bisogno di verificare lo
stretto legame che intercorre tra la
moderna grammatica dei videoclip
e quella classica della settima arte,
ecco che con Electroma abbiamo un
case history che frulla e trasuda immaginario cinematografico, ma come
se fosse geneticamente modificato
dall’estetica video. Per parafrasare
i Daft Punk stessi: Electroma è un
robotico videoclip che cerca in tutti
i modi di trasformarsi in umano cinema. Vista in quest’ottica anche le
citazioni sono come un mascherarsi
per il pubblico dei festival e servono
per farsi accettare presso la comunità cinefila. Il film infatti inizia in
un’alba desertica senza declinazioni geografiche di sorta secondo un
immaginario preso in prestito da Kubrick (2001: Odissea nello spazio),
prosegue come il più classico dei
road movie sulle note di Todd Rundgren (Vanishing Point) e si immerge nella tipica paesaggistica da neighborhood americano che è perfetta
come una cartolina, ma non accetta
i diversi (Twilight Zone e tanta scifi anni ‘50). Non è più il momento
per narrare di macchine che anelano ad avere una coscienza propria
(HAL 9000) o che già mimetizzatesi
tra gli umani vorrebbero durare in
eterno (i Nexus 6 di Blade Runner).
I robot dei Daft Punk sono più simili a Robocop, hanno problemi di
verosomiglianza e di conseguente
accettazione sociale, ma sostan-
zialmente anche loro si infatuano
del sogno americano e vorrebbero
farne parte. Il momento del maquillage è quindi tutto giocato con una
virginale estasi cromatica di bianco
che richiama quella di THX-1138 di
Lucas e cerca di convertire il nero
androide delle tute e dei caschi in
bianco pallore carnale. Ma le maschere umanoidi sono biodegradabili come quelle della Maschera di
Cera e di Darkman. Ai due robot
non resta quindi che scappare dalla
città e ritirarsi a vagare nel nullificante deserto senza tempo e senza
storia, già frequentato dai ragazzi
di Gerry, cui si fa riferimento anche
in senso prettamente cinematogra-
fico. Si riprendono i robot a vagare
senza metà nella stessa maniera di
Van Sant (lenti sfocate, panoramiche laterali, soggettive frontali). Il
film termina con un suicidio rituale.
Thomas Bangalter preme il bottone
dell’autodistruzione ed esplode in
un milione di pezzi come il televisore di Zabriskie Point. Guy-Manuel
De Homem-Christo, rimasto solo, si
spoglia della sua corazza e sulle tristissime note di Jackson C. Frank si
lascia bruciare come un Icaro di silicio che ha cercato di arrivare troppo
vicino al sole e si è scottato.
Vice Re co rds ha pr edis pos t o l’us c ita del DVD n o r d a m e r i c a n o p e r l a
fine dell’anno . I n a c c o r d o c o l s i t o
u fficia le d ei D af t Punk , s ar à dis t r ib uito in tu tti gli s t or e ingles i il 15
Otto bre 20 07 .
Antonello Comunale
e Edoardo Bridda
Daft Punk – Alive 2007 (Virgin,
19 novembre 2007)
Genere: elettrock
Do po a ve r p ar lat o di una Daf t gen era tion che a lor o dev e m olt o s e
non tutto (PDF N ° 3 6 ) , i D a f t P u n k i n
persona metto n o i n c h i a r o c h i s o n o
i nu mbe r o ne e lo f anno piaz z ando sul merca t o u n l i v e p a r t i c o l a r e
che va a bissa r e , a d i s t a n z a d i d i e c i
anni, il prece d e n t e a l b u m d a l v i v o
con lo stesso nom e. Al i ve 2007 è
sia il be st di una f olgor ant e c ar r iera, sia un abil e g i o c o d i a u t o - r e m i x ,
o tten uto med iant e l’us o c om binato di Ableton L i v e e s o p r a t t u t t o d i
Minim oog Vo yager, v ec c hie m ac chin e d al su ono unic o c o n l e q u a l i
p ote r muo ve re lev e e s pinger e bot to ni. Così, in un m is t o d’es alt az ione rave’n’rock , i l s a m p l e c h e d i c e
“Te levisio n Ru les The Nat ion” t r o v a
in rispo sta q uello di “ A r o u n d T h e
Wo rld”, le tracc e di Robot Roc k dialo ga no co n q uelle di O h Yeah, quelle d ella citata Ar ound The W or ld
con qu elle di Har der, Bet t er, Fas t er,
Stro ng er e co s ì v ia.
Ch i ha assist it o alla per f or m anc e
d i Be rcy, h a pr at ic am ent e il r es oconto su disc o d i q u e s t ’ e s p e r i e n z a
e chi, da lle nos t r e par t i, li ha v is t i
a Torin o (con una s c alet t a non t r opp o d iffere nte – leggi anc he la nostra re ce nsione s u w e b , o p p u r e i l
pdf n°35) non potrà che rivivere la
m a g ia d e l l o s h o w, a p p r e z z a n d o n e
in dettaglio i passaggi e le chicche
d’ar r a n g i a m e n t o . A p r e s c i n d e r e d i
m ix in g l i v e , e d e l l ’ e s a l t a n t e r i u s c i t a
di acc o p p i a t e c o m e D a F u n k / D a f t endi r e k t o S u p e r h e r o e s H u m a n
Af t er A l l R o c k ’ n R o l l , i l g r a n d e m a
del s o n t u o s o s p e t t a c o l o è r a p p r e s ent a t o d a l l ’ a s s e n z a d e l l ’ i m m a g i ne. P u r c o n 5 0 p a g i n e d i b o o k l e t ,
manca la mega piramide con le
ic one r o b o t a t r o n e g g i a r e , m a n c a no i movimenti a tempo dei caschi,
il mirabolante show tele-visivo. È
un’as s e n z a c h e r e n d e l ’ a u d i o g r a n dguignolescamente monco e che
si fa sentire ancor di più quando,
nei pochi sprazzi lasciati liberi dal
gr oove , i l p u b b l i c o è i n d e l i r i o p r o prio per una sinestesia di sensi e
non u n i c a m e n t e p e r i l s o u n d . Vi e n
da pe n s a r e c h e c h i c ’ e r a n e s e n t ir à l a m a n c a n z a ; c h i n o n c ’ e r a è
giusto che abbia il concerto in DVD
(che però non c’è). Come del resto,
c once p i t o c o m e i n c r o c i o t r a c o n c e r to rock e one night eletro-house, lo
s how è u n i b r i d o t r a l a s i m m e t r i a
del ballo per il ballo e l’asimmetria
pubb l i c o s o t t o / s t a r s o p r a . L’ i m m a gine n e è d u n q u e u n c o m p l e t a m e n to. E di fatto totalmente da ballare,
e quindi più funzionale a uno scopo
spendibile anche altrove, il secondo
cd (quello bonus nella versione delux e) c o n u n e n c o r e p a r t i c o l a r m e n te legato alle produzioni collaterali
( e da n c e a p p u n t o ) d i B a n g t l e r ( To get he r e M u s i c S o u n d s B e t t e r w i t h
You ) d i q u a s i d i e c i m i n u t i . I n f i n e ,
il v id e o d i H a r d e r, B e t t e r, F a s t e r,
St r on g e r ( a n c h e s u Yo u Tu b e , e v o lut o e s p r e s s a m e n t e d a l d u o c o n u n
missaggio di riprese di alcuni fan al
c o n ce r t o d i B r o o k l y n ) c h e c h i a r i s c e
o g n i d u b b i o ; i n d e f i n i t i v a, l’unica
– s o b – e r a v e d e r l i d a l vi vo . U n
a c q u i s t o p e r f a n e i n d i sp e n sa b i l e
s t r u m e n t o d i c o n o s c e n z a per dj che
s t u d i a n o d j . A n c h e e i n f i ne, l’arma
c o m u n i c a t i v a c o n i l q u a l e i l d u o a ff e r m a c h e n o n c ’ e n é : s u l l o r o te r r i t o r i o , n e s s u n o s t a c o l o . ( 7 .0 /1 0 )
Edoardo Bridda
Daniel Higgs – Metempsychotic Melodies (Holy Mountain /
Goodfellas, 23 ottobre 2007)
Genere: raga-folk
L a s a g a m i s t i c a d i D a niel Higgs
c o n t i n u a . A q u a l c h e m e s e dal terzo
c a p i t o l o s o l i s t a , i l s i n c r eti co A t omi c Y g g d ra s i l Ta ro t , q u e sto quarto
atto di devozione (in cima alla mont a g n a s a c r a ) s i c o m p o n e a n co r a d i
q u a l c h e p e z z o d i c h i t a r r i s ti co i n d i a n u m e , f a t t o d i r a g a e m i s t i canze che
n o n p o s s o n o c h e c h i a m a re a padre
p u t a t i v o J o h n F a h e y ; c o m p o si zi o ni e mondi dove, neanche a dirlo,
n u l l a s i c r e a e n u l l a s i distrugge.
L’ i n t e r e s s a n t e è c a p i r e s e qualcosa
comunque possa succedere.
L e t r a c c e q u e s t a v o l t a sono solo
q u a t t r o – e a d i ff e r e n z a de l p r e ce d e n t e q u i i l b a n j o - c h i t a r r a è su o n a t o c o s ì c o m ’ è , s e n z a f i l t r i rumorosi
( t r a n n e l o p s e u d o - w a h w a h p si ch e d e l i c o d i L e o n t o c e p h a l i n e R h a p so d y , c h e r i c o r d a a l c u n i p assaggi di
A R a i n b o w I n A C u r v e d A i r d i Terry
R i l e y ) , a c r e a r e u n ’ i n t e r azione più
d i r e t t a t r a l ’ i n t r e c c i o n a r rativo e i
v o l i p i n d a r i c i d e l l a m e n t e de l l ’ a sco l t a t o r e , c h e s e g u e , a ff r o nta l e r o c a m b o l e r i e d e l l e c o r d e , s i distende
n e l l e v o l u t e m e n o t e s e , a bb a n d o n a
l ’ a t t e n z i o n e , l a r i p r e n d e , si r i p r e n d e a d i s c o f i n i t o . È t u t t o q ui, e a chi
p e n s a c h e g l i s t i a b e n e s ta r à b e n e .
R i a p p a r e – c o m e i n Ancestral
S o n g s , s e c o n d o d i s c o solista di
Daniel – la voce, solo un po’ più enf a t i c a e t a g l i e n t e , i n s o s t a nza meno
d e b i t r i c e d i u n a t r i t a t r a d i zi o n e r i s p e t t o a l r e s t o d e l l ’ i m p i a nto. Sarà
a n c h e c o n s i d e r a t o u n t ar d i ssi m o h i p p y, H i g g s , m a l o s p o s alizio che
e g l i c e l e b r a t r a f o l k e r a ga sembra
n o n s t a n c a r e i c o m m e n s al i i n vi ta t i , c o n v i n t i p e r a l t r o d i e s sere a una
s a g r a d e l l e s p e z i e . ( 6 . 8 / 1 0)
Gaspare Caliri
sentireascoltare 45
Darren Hayman And The Secondary Modern - Self Titled
( Tr a c k & F i e l d , n o v e m b r e 2 0 0 7 )
Genere: urban folk-blues
Darren Hayman, qui al secondo album solista e negli ultimi dieci anni
coinvolto in una serie di formazioni
(tra cui gli Hefner poi diventati il suo
progetto in solitaria), in realtà lo diresti più americano che britannico. Un
suono, il suo, figlio dei Television in
primis e del rock USA, a metà tra revival byrdsiano alla Robin Hithchcock
e R.E.M., e un incedere nervoso proprio di certa new wave di filiazione
UK (di derivazione Elvis Costello)
questa volta sì anche se in misura
minore. Questo self titled così composito allora colpisce per pienezza di
suono, sia quando rifà il verso al Tom
Verlaine acido (Rochelle), o al Jagger più blues (Higgins Vs. Reardon,
Nothing In The Letter) sia quando
si distende nelle ballad ibride folkblues (Elizabeth Duke) di derivazione
hitchcockiana (Straight Faced Tracy)
in cui la fanno da padrone assoli di
banjo, mandolino,violino, ukulele,
french horn, oltre ai canonici strumenti. E infatti non sorprende sapere che Hayman fa parte di un supergruppo bluegrass, anche se qua e là
non mancano lievi spruzzate di synth,
retaggio di una sua fase precedente.
Le soluzioni di arrangiamento mai
banali e una scrittura effervescente
insieme a testi ironici (e tuttavia fatalisti) fanno così la differenza in un disco del genere, che altrimenti correrebbe il rischio di rimanere ancorato
a un puro spirito emul. Ma il punto di
forza di Hayman consiste soprattutto
nell’ essere songwriter accorto e mai
banale. (7.0/10)
Te r e s a G r e c o
46 sentireascoltare
David
Thomas
Broughton
David Thomas Broughton vs. 7
Hearts (Acuarela, 6 novembre
2007)
Genere: chamber folk, improv
Mini album di 5 pezzi che dura più
di un CD medio (un’ora), vede la
collaborazione dell’obliquo/ubiquo
Broughton con il collettivo di Leeds
7 Hear t s. Q u e s t ’ u l t i m i s o n o d e d i t i
a una s or t a d i c h a m b e r i m p r o v m i s t a a jaz z , f o l k e c o n t e m p o r a n e a ,
c on inf luen z e b a l c a n o - o r i e n t a l i a
c om plet ar e l a m i s t u r a . A l b u m r e g i s t r at o in una c h i e s a d e l l a l o r o c i t t à ,
c om e del r e s t o e r a l ’ e s o r d i o d e l N o s t r o, vs. 7 H e a rt s è u n l u n g o f l u i r e
m agm at ic o, i n p a r t e i m p r o v v i s a t o ,
a c c o m p a g na t o d a g l i a r c h i ( v i o l i n i ,
c lar inet t o) d e l l ’ e n s e m b l e c h e c o m prende anche un contrabbasso, e
dal consueto chitarrismo looopato,
che richiama immediatamente la
prima opera sulla lunga distanza
di Br ought o n , T h e C o mp l e t e G u i de t o I nsuff i c i e n c e , i n q u e s t o c a s o
m olt o m eno s c a r n o p e r l ’ a c c o m p a gnamento al seguito.
Cos ì l’open e r We i g h t O f M y L o v e
as s um e le se m b i a n z e d i u n a d r a m m a t i c a b a l la d n o i r p u n t e l l a t a d a g l i
ar c hi c he d i v e n t a m a n m a n o c h a m ber f olk liv i d o , u n a s o r t a d i C a v e
primigenio, così come la lunga
s uit e No G r e a t S h a k e r c h e f i n i s c e
in una c od a s c o m p o s t a . E F i s t e d
Hand s i apr e d i s t e n d e n d o s i i n m e lodia per poi richiudersi nel finale,
pr epar ando i l t e r r e n o a l l a c o n c l u s i v a Riv er O u t l e t , o d i s s e a n a r r a t i v a
e la più scarna del lotto, per voce,
c h i t a r r a e d e ff e t t i , m e n t r e g l i a r c h i
qui la puntellano sottolineandone i
m om ent i più d r a m m a t i c i , f i n o a l p a r os s is m o f in a l e . A l b u m s c u r o , f a i n t r av eder e u n a l t r o p o s s i b i l e p e r c o r s o ( m ent r e f e r v o n o n u m e r o s e a l t r e
collaborazioni intanto) e conferma
la vena irrequieta e paradossale
insieme del musicista di Leeds. In
at t es a di alt r i p r o g e t t i ( 7 . 2 / 1 0 )
la provenienza, quali che siano gli
interessi musicali sottesi, di una
cosa si può esser certi: se nelle
note di copertina compare il nome
di Paolo Messere, ci si trova davanti a un’opera di confine. Qualc o s a d i d i ff i c i l m e n t e c l a s s i f i c a b i l e ,
spesso in bilico tra orientamenti
m u s i c a l i d i ff e r e n t i , t u t t a v i a q u a s i
mai risultato di un girovagare peregrino e senza senso o di idee
poco strutturate.
N e l c a s o d e g l i a v e l l i n e s i D e n y, il
Nostro compare nelle vesti di produttore aggiunto, arrangiatore –
c o n i l g r u p p o – e m u s i c i s t a , c o n tr i b u e n d o a m o d e l l a r e u n s u o n o che
s a d i p s i c h e d e l i a , p o s t - r o c k , b l u es,
n o i s e , m a a l t e m p o s t e s s o e v i t a di
dichiarare apertamente le proprie
i n f a t u a z i o n i . M a s c h e r a n d o l e g r azie
a u n p r o c e s s o d i r i e l a b o r a z i o n e che
n o n l a s c i a q u a s i n u l l a a l c a s o , a un
a m o r e p e r l e d i l a t a z i o n i s e n s a t e, a
u n o s t i l e c h e r i e s c e a d u n i f o r m a re i
d i v e r s i i n p u t g e n e r a n d o c r e s c e nd o
viscerali (Charles Bonnet Syndrome), viaggi interstellari (Leave Me
H i g h ) , d i s t o n i e ( L e a v e s O f G r a ss) ,
r e m i n i s c e n z e c l a p t o n i a n e i n s a l sa
p o s t - r o c k ( O n l y L o v e To . . . ) . I l m er i t o d i t u t t o v a s o p r a t t u t t o a m u s i ci sti
c a p a c i e t e c n i c a m e n t e p r e p a r ati,
c h e p u r p a g a n d o p e g n o , t a l v o l t a , in
t e r m i n i d i l u c i d i t à , n o n m a n c a n o di
regalare momenti di rock di sana e
robusta costituzione. (6.7/10)
Te r e s a G r e c o
Fabrizio Zampighi
Deny – Sharing Ghosts (Seahorse / Goodfellas, dicembre
2007)
Genere: post rock-psichedelia
Qualunque sia il nome del gruppo
titolare del disco, qualunque sia
Donsettimo – Self Titled (Malintenti, 2007)
Genere: folk
C e s a re B a s i l e s t a f a c e n d o p r o se l i t i . Ta n t o p i ù c h e l o r i t r o v i a m o ora
turn it on
Boxcutter – Glyphic (Planet Mu Records, novembre 2007)
Genere: any(thing)-step avant-ambient
Se qu alche gi ov ane lev a è s t at a s om m er s a d a l l ’ e u f o r i a d u b s t e p , n o n m a n cano i salvati . Q u e s t o s e c o n d o a l b u m d i B o x c u t t e r f a b e n s p e r a r e p e r l e
sorti de ll’(orm ai indef inibile) any ( t hing) - s t e p . N o n c ’ è c h e l a v a r i a z i o n e
infinita all’oriz z o n t e . G u a r d a n d o d i s g u i n c i o a l l e s e m p r e p i ù l o n t a n e / v i c i n e
roots, questa è l a s o l a i p o t e s i d i r e g g a e ( s ì , s ì , p r o p r i o l u i ! ) c h e c i p u ò
aspettare e c h e f i n a l m e n t e c ’ è . U n ’ a z i o n e m u t a n t e c h e p r e l e v a i l m e g l i o
d ai primi va gi t i della Tem pa, dalle s em pr ev e r d i p r o d u z i o n i S o u l J a z z e d a i
p assa ti pro ssim i dei nuov i e os c ur i m aes t r i K o d e 9 e B u ri a l , p a s s a n d o p e r
la sto ria d i tut t o quello c he è s t at o G iam aica .
L’ i s o l a d e l m i t i c o S t u d i o O n e r i t o r n a q u i s p a p p o l a t a , f r u l l a t a e r i m a s t i c a ta. Come nel finale di Guerre Stellari, quando all’ultimo cavaliere Jedi
apparivano le visioni dei suoi predecessori, che gli davano “la forza”, Boxcutter ci va giù di viaggio oniricotemporale: Glyphic è una suite da 8 minuti che esplode sui bassi, sui vocals dubbissimi e che sfrutta un sax
c h e g r o n d a t u t t o i l j a z z d i c u i a v e v a m o p e r s o t r a c c i a , q u e l l ’ e l e t t r i c i t à c h e p e r s o n a g g i c o m e L u k e Vi b e r t s i
permettono di (s)fottere ed elevare allo stesso tempo, Windfall è puro inno minimal dub, cose che si trovano
i n q u e i t r i p l i c o f a n e t t i m o n o g r a f i c i d e l l a Tr o j a n o n e i p i ù l o n g e v i a l b u m d i J a h Wo b b l e , a m b i e n t e K i n g s t o n - l i k e
in bilico tra elettronica e post-chill.
Il go mitolo d el gr im e s i ingar buglia poi nell a g i à c l a s s i c a ( e p u r o d i s t i l l a t o 2 - s t e p ) B u g O c t e t , p e r r i v a lutare con
Ru sty Brea k l a v o c e , a l l a b a s e a n c h e d e l l ’ u l t i m o B u r i a l . M a s e i l m a e s t r o d e l l ’ E a s t L o n d o n c i v a d i n u-soul, qui
stiamo an co ra s ull’is ola/ pat r ia f elic e del r eg g a e ( v e d i l a s p l e n d i d a c a l m a d e g l i o r g a n e t t i H a m m o n d i n J D u b o la
n ostalg ia d ’n’ b di Fox y ) . Chir al è il t oc c o di h o r r o r e d i t e n s i o n e , K a l e i d è n o w - j a z z à l a S q u a re p u s h e r i n a ci d o
g rimey e Blosc id è l’om aggio ai s ogni am bie n t d i A p h e x Tw i n . F i e l d t r i p c o n c l u d e c o m e s o l o l ’ A mo n To bin di fine
No va nta sa pe v a f ar e, s am ur ai della v ec c hia s c u o l a N i n j a Tu n e .
Ba r r y Linn co n ques t o dis c o s e ne v iene f u o r i d a l l ’ a l t r a p a r t e d e l c i l i n d r o a n y - s t e p ; p e r c h é s e m p r e d i b l a ckn e ss
stiamo p arla ndo. Solo c he qui il c oniglio no n è i l s o u l , b e n s ì i l m o d e r n a r i a t o r o o t s d i c l a s s e . E d è b e l l o se n ti r e
che l’o nd a via ggia anc or a, c r es c endo di c on t i n u o . I l p r i m o a l b u m d i a m b i e n t - s t e p c h e m e t t e r à d ’ a c c o r d o l a g e n e ra zio ne de l ra v e c on quella delle c am er e di d e c o m p r e s s i o n e c h i l l - o u t . C o n t a m i n a z i o n e c o n t a m i n a z i o n e co n ta m i nazione: unica s p e r i m e n t a z i o n e p o s s i b i l e ? P e r o r a s e m b r a p r o p r i o d i s ì . I l d u b s t e p c h e e s c e d a l t u n n el grime a
rived er le ste lle. ( 7. 5/ 10)
Marco Braggion
sentireascoltare 47
anche nelle vesti d i p r o d u t t o r e d i
pregevoli esordi dis c o g r a f i c i c o m e
questo Donse ttim o. P e r f o r t u n a ,
verrebb e d a d ire, d al m om ent o c he
per un a vo lta no n si t r at t a di s ponsorizzare un giovan e a r t i s t a d a l l e
dubbie capacità e in c e r c a d i f a c i l e
fama, quanto di ind i r i z z a r e i p a s s i
di un musicista – al s e c o l o S e t t i m o
S erra difa lco , p iù un a s er ie di v alent i
collaboratori a dar m a n f o r t e - t a n t o
ispirato qu an to a tipic o. Un m us ic ista rapito da un ca n t a u t o r a t o f o l k
struggente e anores s i c o , i n s i d i o s o
e smaliziato, figlio d i u n a t o n n a r a e
del mare di Sicilia, d e l s u o n o d i u n a
banda di paese e di D e A n d r è , d e l l a
tradizio ne po po lare it aliana c om e
di passioni oltre fr o n t i e r a . S t i l i e
input cu ltura li ch e s i m es c olano,
dando il la a feste d i s u o n i e c c i t a t i
(Mang iacristo ), in trec c i di linee v o-
cali sca rnificate (Bo r a Bor a) , ac c elerazioni indolenti i n s t i l e w e s t e r n
(A uto sa loo n), o scillaz ioni s inc opate di o tton i e con trabbas s i ( P a t t i n i
e lam e), b ran de lli cr epus c olar i ( J ah
Mah Elfn aa ).
Positivo il giudizio c o m p l e s s i v o s u l
disco , con u n vo to f inale c he, c onsiderato l’otto pieno a s s e g n a t o a l
lato A e il sei e mezz o d ’ u ff i c i o c h e
racimola il lato B, s i a t t e s t a s u u n
generoso e stra meri t at o ( 7. 5/ 10) .
Fabrizio Zampighi
Doveman – With My Left Hand,
I Raise The Dead (Brassland, 9
ottobre 2007)
Genere: indie folk
Il newyo rke se Thom as Bar t l et t ,
mente e cuore che s i c e l a n o d i e t r o
48 sentireascoltare
la sigla Doveman, dopo il debutto di
due anni f a ( T h e A c ro b a t ) e d o p o
av er s uonat o c o n A n t o n y A n d T h e
Johnsons, D a v i d B y rn e e m o l t i a l tri ancora, porta avanti la sua idea
di “lamp rock” o “insomnia pop”,
definizioni da lui stesso coniate,
sempre facendosi accompagnare
dai s uoi f id i c o m p a g n i d i a v v e n t u ra, tra i quali compare il nome della
nuov a pr om e s s a f o l k S a m A mi d o n .
Com e per il s u o e s o r d i o d i s c o g r a f i co i riferimenti più evidenti restano
gli Spar kl e h o rs e d e i p r i m i d u e a l bum , il M ark H o l l i s p i ù i n t i m i s t a e i
Red House P a i n t e rs c o m e i n t r i s i d i
notturna elettronica. Con Doveman,
per ò, s i ac c e d e i n u n a d i m e n s i o n e
altra, privata e segreta, in cui per
ent r ar e oc c o r r e p a z i e n z a e , s o p r a t t ut t o, pr edis p o s i z i o n e p e r c e r t i s o f f er t i paes ag g i s o n o r i . I n f a t t i , Wi t h
M y Lef t Ha n d , I R a i s e T h e D e a d
r i s u l t a d i no n f a c i l e a s c o l t o , t a n t o
è dilat at a e c l a u s t r o f o b i c a l ’ a t m o s f er a, s or r e t t a s e m p r e d a u n a s o t tile tela di nostalgiche malinconie
r es a anc or p i ù t r e m o l a n t e d a s u s surri, ronzii e rumori di fondo. Ogni
brano – a parte i sette strumentali
cinematici posti a spartiacque tra le
tracce – parte sempre dallo sfiorare
dei t as t i di u n p i a n o , a l q u a l e s i a g giungono meste spazzolate, fiati in
s or dina, ban j o e c h i t a r r a c l a u d i c a n t i , i n u n a co l t r e d i f u m o j a z z a t a i n
c ui s i ins er i s c e s o m m e s s a l a v o c e
di Bar t let t . I l t u t t o s p o r c a t o – M a r k
Li nkous do c e t – d a u n ’ e l e t t r o n i c a
di f ondo dai t o n i s p e t t r a l i ( l a g l a c i a le G hos t , l’i n d o l e S i g u r R ó s d i Te n der M er c ies , e l ’ a b i s s a l e i m p o n e n z a
di Happy ) , i n u n ’ a l t e r n a n z a d i t i m i dez z a e pr e c a r i e t à , s o s p e n s i o n e e
minimalismo. Sedici canzoni come
nuv ole in v i a g g i o : c o l p e v o l i , s a l -
v i f i c h e e i n u t i l i a l l o s t e s s o t e m po,
capaci di oscurare o sprigionare lum i n o s i t à , o a t t r a v e r s a r e i l c i e l o di
n o t t e n e l l ’ i n d i ff e r e n z a p i ù t o t a l e . È
p e r q u e s t o c h e u n a v o l t a a s c o l t a to il
disco, come recita Chasing Clouds
– stupendo brano già contenuto in
T h e A c ro b a t – v o r r e m m o a n d a r e a
c a c c i a d i n u v o l e p e r c a r p i r n e i l se g r e t o , a n c h e s e i l c i e l o n o n è n o stro
a m i c o e q u a n d o l a m u s i c a s v a n i sce
è d i ff i c i l e d a r i c o r d a r e . M a n o n i m p o r t a . P e r D o v e m a n t u t t o è p o s s ib i l e , a n c h e r e s u s c i t a r e i l m o r t o c o n la
mano sinistra. (7.3/10)
Andrea Provinciali
E l t o n J u n k - B e c a u s e O f Te r r i ble Tiger (Forears / Audioglobe,
ottobre 2007)
Genere: wave rock
S i c c o m e h o a v u t o l a f o r t u n a d i co n o s c e r l i e a p p r e z z a r l i f i n d a i p rimi
c i m e n t i s u p a l c o , è c o n u n a c er ta
s o d d i s f a z i o n e c h e a c c o l g o q u esto
s e c o n d o l a v o r o l u n g o d e g l i E l ton
J u n k p e r i t i p i d e l l a n e o n a t a e ti c h e t t a f i o r e n t i n a F o r e a r s . D u n q ue,
quella band che in qualche demo e
n e l t r a v a g l i a t o d e b u t t o M o o d s m e tteva sul piatto l’impeto visionario e
l ’ i n t e n s a d e t e r m i n a z i o n e d i c h i p oss i e d e p r e z i o s i s e g r e t i s o t t o c h i ave
e u n p o ’ d i g r i m a l d e l l i p e r t e n t are
l o s c a s s o , s i p r e s e n t a o g g i c ome
u n t r i o d a l p i g l i o d e c i s a m e n t e più
asciutto ma l’estro intatto.
C ’ è i n s o m m a a n c o r a t u t t a i n t e r a la
fregola teatrale così come quella
s m a n i a d ’ i n v e n z i o n i s o n o r e ( e le tt r i c h e e d e l e t t r o n i c h e m a a n che
a c u s t i c h e e f i n a n c h e “ a r t i g i a n a l i”),
p e r ò c o m e c o m p r e s s e i n u n a si l h o u e t t e p i ù a l g e b r i c a , c o m e uno
s c a r n o g u s c i o m a t h - w a v e c h e r acc h i u d e u n f o r m i c o l a n t e o r g a n i smo
a r t y - g h i r i b i z z i p r o g r e s s i v e , s f r an g i a t u r e p s y c h , b i e c h e c i r c o s t a n ze
i n d u s t r i a l , v o l t a f a c c i a n o i s e , s p e rse
aciderie quasi folk - in un florilegio
di sconcerti sonici, tramestii perc u s s i v i , s c h i a ff i v e t r o s i .
Così, quasi di soppiatto, ci ritroviam o a f a r e i c o n t i c o i p a l p i t i i n s i di o s i d i Ta k e I t c h e è q u a l c o s a c o m e
i R a d i o h e a d s t r a n g o l a t i d a I ggy
P o p , c o n q u e l l a B e c a u s e O f S a t ur n
c h e p r e c i p i t a d i v a l z e r i n v a l z e r tra
quadrature hard wave tipo i dEUS
a rresi a d un as s edio Shel l ac, c o n
l’e bb ro ca racollar e Ji m M or r i son
tra a ng elici a r peggi Beat l es e s ospe nsion i Tor t oi se di Sis t er , c o i
tiglio si ord iti June O f ‘ 44 t r a ir idescen ze son ic he PI L di I Will Run.
In oltre , c’è il g higno St ooges s t iliz zato Gang Of Four di 100. 000, u n a
Su sp icio n tutta glauc he inquiet udin i, il Joe Spe ncer t allonat o J o h n n y
Lydon di Gas olina, lo s t r uggim ento Ba r r ett d i Hur r y Com e Along, i
Wir e via Str a ngl er s di La M ont ag no la (unico p e z z o i n i t a l i a n o ) , l a
fo sca mala ttia Ni ck Cave am m or b ata p sych d i M r. Sane… Un int r ico ricco e sto r d e n t e . U n a b a n d g i à
matura che p e r ò s e m b r a n o n p o t e r
fare altro che p r o g r e d i r e , s c o p r i r e ,
cresce re. Gli elo augur iam o, c e lo
a ug uria mo. (7 . 2/ 10)
Stefano Solventi
En rico en i cola - Press the
pul santino (Auteditori, ottobre 2007)
Genere: electro/pop
I frate lli En ric o e Nic ola Luc c hese brillantem e n t e s i a s t r a g g o n o
nell’entità sin t e t i c a E n r i c o e n i
cola. La paro l a f r a m m e n t a t a a n z i
sconnessa, s c o n c e r t a t a , v i t t i m a d i
un’amnesia pa r z i a l e a n z i b e n e d e t t a
d a un a pe rdita di c ons uet udine. E
il su on o ch e s egue a r uot a, aleat orio e toccante c o m e c e r t i m i m e t i s m i
giocattolo da c a m e r e t t a . O v v e r o ,
p ren diti la tua os s es s ione M ous e On Mar s t as c abile, r ipr oduc ila
con sp iglia tez z a ir r is or ia, dis t illane l’allampan a t a a l i e n a z i o n e c o n
le sin co pi conc et t uali del Panel l a
b attistian o e del Bat t i st i panellian o, acco gli le m elodie s et os e, le
p ulsazion i p rof onde, le m ic r or it m i-
c he s p r i m a c c i a t e , p s e u d o t r o m b a p s e ud o c l a r i n o - p s e u d o o r c h e s t r a ,
le tastierine di resina trasparente
lav ab i l i i n l a v a s t o v i g l i e , g l i a z z a r d i
robofunk come li strattonerebbe un
Beck g a r r u l o o i l B a t t i a t o s c i r o c cato, qualche arpeggio a rimagliare
b u c ol i c i i n c a n t i t r a m i n i m a l i s m o e
c onc r e z i o n i d a d a , c h i n c a g l i e r i e l i quide e c r o m a t i s m i a d o l i o S y l v i a n ,
s ia f a t t a l a v o l o n t à d i q u e s t a a l i e naz io n e p a s t e l l o n e l l e c a n z o n c i n e
ar gut e a c u r a d i n e o m e l o d i c i c y b e r confidenziali, di solito piuttosto
s ar c a s t i c i , t a l o r a i m p r e s s i o n i s t i , l a conici, se vuoi pure struggenti.
E br a v i , b r a v i d a v v e r o . ( 7 . 0 / 1 0 )
Stefano Solventi
Enzo Orefice – The Old Standards (Silta Records, 2007)
Genere: jazz
Q uel l a d i r e i n t e r p r e t a r e a u t o r i c l a s s ic i c o m e B a c h e M o z a rt i n c h i a v e
j a z z is t i c a n o n s i p u ò d e f i n i r e u n a
grande innovazione, soprattutto
da qu a n d o K e i t h J a rre t t n e h a f a t to una bandiera stilistica per farsi
c o n os c e r e a l g r a n d e p u b b l i c o . U n
po’ meno scontata è l’operazione
d i En z o O r e f i c e d i a d o t t a r e t e m i
“classici” come standard sui quali
im pr o v v i s a r e , s e n z a r i m a n e r e f e d e li alla p a g i n a s c r i t t a . L’ i d e a i n s é è
interessante, non c’è dubbio, anche
se, purtroppo, il risultato non lo è
altrettanto.
Si s a , i l j a z z , a l m e n o q u e l l o p i ù
conformista, maggiormente legato
agli s t e r e o t i p i d e l b e - b o p ( t e m a im pr o v v i s a z i o n e - r i p r e s a d e l t e m a )
ormai interessa soltanto chi lo
p r a t i c a , c h i r i c e r c a l a r a ff i n a t e z z a
nella singola improvvisazione, chi
am a p e r d e r s i n e i “ d i s c o r s i ” i m p r o v v is ati v i , n e l l e e d u c a t e t r a s g r e s s i o ni a r e g o l e d a t e m p o s u p e r a t e . D a
ques t o p u n t o d i v i s t a , s e m b r a c h e
non siano passati che pochi anni da
quan d o u n a m a n c i a t a d i a n t i c o n f o r m is t i c h e s i c h i a m a v a n o C h a r l i e
Par ke r, D i z z y G i l l e s p i e , T h e l o ni ous M o n k , n e i l o n t a n i a n n i ’ 4 0
s c onv o l s e i l j a z z r o v e s c i a n d o c o m pletamente i principi di quella che,
alla fi n e d e g l i a n n i ’ 3 0 , s t a v a d i v e n t ando u n a m u s i c a i p e r - c o n f o r m i s t a
(la ballabilità e la compostezza). La
storia del jazz, così come quella di
m o l t e a l t r e m u s i c h e , h a visto, nel
c o r s o d e g l i a n n i , s v i l u p p a r si d u e
c o r r e n t i : u n a r a d i c a l e e p r o g r e ssi s t a c h e , a t t r a v e r s o i l f o n damentale
passaggio del free jazz, ha liberat o t o t a l m e n t e l ’ a t t o i m p r o vvisativo;
e u n ’ a l t r a p i ù c o n s e r v a t r i ce, quella
d e l r e v i v a l - b o p , r i m a s t a i n ca str a t a i n u n m a n i e r i s m o d i “consumo”
c h e , r i m a n e n d o l e g a t o a stereotipi
d i g r a n l u n g a a c c e t t a t i d al l a so ci e t à , s i s c r o l l a d i d o s s o t u tti i r i sch i
e l e d i ff i c o l t à d e l l a r i c e r c a artistica
e s e n e s t a c o m o d a m e n t e relegata
n e l c o n f o r t e v o l e c a n t u c c io d e l l ’ i n t r a t t e n i m e n t o . N o n o s t a n t e le buone
i n t e n z i o n i , i l q u a r t e t t o di Orefice
n o n s i s c o s t a m o l t o d a q u est’ultima
p o s i z i o n e , m a n t e n e n d o immutate
le regole del gioco pur cambiando
i l c o l o r e d e l l e p e d i n e . I n ve ce d e l l e s t r a c l a s s i c h e B l u e M o o n e What
Is This Thing Called Love? il pianis t a c a m p a n o p r e f e r i s c e p re n d e r e a
m o d e l l o p e r g l i a s s o l i l e D a nze U ng h e re s i d i B ra h ms , g l i St udi p e r
p i a n o f o r t e d i C h o p i n , l e Suit e di
B a c h e b r a n i f a m o s i , o r m ai popular,
tratti dal repertorio classico-romant i c o , c o m e P e r E l i s a d i B ee t hov e n.
M a l e b u o n e i d e e e l a b r avu r a te cn i c a d e i m u s i c i s t i n o n r i escono ad
e v i t a r e d i f a r p r e c i p i t a r e i l tu tto i n
u n ’ a t m o s f e r a s o n n o l e n t a : l e so l u z i o n i s o n o s c o n t a t e , i t e mi lasciati
d a p a r t e p e r e s s e r e r i p r e si solo nel
f i n a l e , S c h u b e rt e M o z a t ch e n e l l a t r a s f o r m a z i o n e p e r d o n o tutta la
l o r o c a r i c a d r a m m a t i c a pe r r i sco p r i r s i j a z z i s t i d a o s t e r i a . Tra le cose
migliori risultano, invece, gli arrang i a m e n t i d e l l a S a r a b a n d a e d e l l ’ Al l e m a n d a i n S o l m i n o r e d i J.S. Ba ch .
Q u i , i l r i s p e t t o d e l l e c ostruzioni
c o n t r a p p u n t i s t i c h e r e n d e p i ù a ffa s c i n a n t e l ’ a t t o d e l l ’ i m p r o vvisazione
sentireascoltare 49
e las cia p iù lib ertà alle s t r ut t ur e. I
quattro musicisti fir m a n o s o l t a n t o
dei brevi inte rlud i s olis t ic i c he, incasellati tra i brani, c o m p l e t a n o u n
lavoro discreto, fors e t r o p p o , c h e ,
in punta di piedi, tr a u n a s c o l t o e
l’altro, se ne va ind i s t u r b a t o v e r s o
il suo d estino . (5.8 /10)
Daniele Follero
suonate dal padrone di casa, le
chitarre di Ken Nicol (già Steeleye
Span) e Kevin Trainor (della Jono
Manson Band), gli archi (a cura di
Joe Brughton - già Albion Band - e
della brava Giulia Nuti) e la sezione
ritmica degli emergenti Underfloor,
si mettono a scomodare il brio caldo
di un Mellencamp in fregola Traffic
(Blackpool Babylon), o la polvere di
stelle di un Alex Chilton cameristico (Lost Hollywood), oppure la fierezza errebì di un Randy Newmann
via Warren Zevon (It’s Tomorrow),
quando non addirittura certi vaghi
aromi Wyatt tra visioni broadwayane (Endless Flight). La voce di
De Pascale è tigliosa e asprigna,
ma come si dice getta il cuore oltre
l’ostacolo finendo col rivelarsi adeguata a canzoni che hanno il non disdicevole merito d’essere più grandi
di lei. (7.0/10)
Stefano Solventi
Ernesto De Pascale - Morning
Manic Music (Il Popolo del
Blues / Materiali Sonori, 5 ottobre 2007)
Genere: rock blues
Debutto in solitario per Ernesto De
Pascale, decano della stampa musicale italiana nonché musicista dai
trascorsi tutt’altro che irrilevanti (già
leader dei fiorentini Lightshine,
ha lavorato negli anni con Litfiba,
Assalti Frontali, Elliott Sharp, Dr
John e Solomon Burke tra gli altri).
È un lavoro piacevolmente, generosamente votato a mettere in scena
una passione/attitudine matura e radicata, tuttavia ancora capace di un
entusiasmo da absolute beginner.
Come un sogno rock blues fanciullo
lasciato a maturare nel cassetto per
anni, quindi fatto trapelare un poco
alla volta, nelle prime ore del mattino quando scrivere canzoni è un
po’ come mormorare all’orecchio del
mondo, o tirare per la giacca certe reminiscenze d’un tempo che fu
sì glorioso, tipo una Grace Slick a
Woodstock in un’alba mitologica del
‘69, con tutto ciò che questo può ancora significare.
Nove tracce in cerca di sbrigliata e
struggente intensità, arrangiate senza risparmio ma anche senza boria,
dove le tastiere (hammond, mini
moog, mellotron, piano elettrico…)
50 sentireascoltare
Ewan Pearson - Piece Work
(!K7, 27 settembre 2007)
Genere: elettronica
Piece Work è una doppia raccolta
che cerca di ordinare e selezionare
il meglio della sterminata quantità di
remix di Ewan Pearson, dj e produttore conosciuto anche come Maas
per le uscite su Soma a cavallo del
millennio. Scorrendo i nomi presenti
nella tracklist è già chiara la duttilità
del produttore britannico, vent’anni
di storia della musica filtrati attraverso l’ottica Pearson, dai Depeche
Mode ai Fields, dai Pet Shop Boys
ai Chemical Brothers, di cui viene ripresa la visionaria The Golden
Path con Wayne Coyne alla voce. E
l’ascolto non fa che confermare che
ci troviamo di fronte a un professionista del remix.
Capace di prendere un brano e di
stravolgerlo fino al mimetismo, come
capita con il Glass Half Empty(!) Remix di 49 Percent dei Röyksopp, o
con la destrutturazione di Outsiders
dei Franz Ferdinand, quanto di camuffarlo senza infierire come con I
Need Your Love dei Rapture a cui,
attraverso pochi essenziali inserti di
fiati, donata una nuova rispettabilità
disco. (6.5/10)
Paolo Grava
Fabio Orsi – Find Electronica
(A Silent Place / Audioglobe,
ottobre 2007)
Fabio Orsi/Gianluca Becuzzi
– Wildflowers Under The Sofa
(Last
Visible
Dog,
ottobre
2007)
Genere: ambient, drone
Stavolta ad accoglierti è una stanza fredda. Nessuna voce, nessuna
traccia umana, all’interno. Un drone algido e cedevole si introduce
da una finestra lasciata inavvertitamente aperta, come fosse una
slavina di suono. Richiusa, continua ad insinuarsi uno spiffero di
melodia in sottofondo, e detriti di
rumore tambureggiano sul vetro, e
quel vento che continua ad ululare
minaccioso ma innocuo (Part 1).
Rumori di uno strumento spostato, per sedervi di fronte. Un piano indovina una melodia, si inizia
ad avvertire calore nella stanza.
Pur sempre sintetico, è vero, ma
calore. Poi un arpeggio di chitarra reiterato sdoppiato intrecciato.
Come a difendersi dal muro di suono che spaventa incombendo. Poi
ancora tastiera, quasi rileyana, e
melodia, tanta melodia. E calore.
(Part 2) Il vento che si allontana,
e guardarlo dirigersi altrove dai
vetri della finestra ormai chiusa.
Un drone, ancora un drone, ma
in dissolvenza, come un miraggio
che stenta a voler scomparire, tenace Fata Morgana dura a morire.
( P a r t 3 ) . Tr o v a l ’ e l e t t r o n i c a , q u i .
(7.5/10)
Fabio Orsi e Gianluca Becuzzi
completano la loro trilogia, anche
se di trilogia propriamente detta
non si dovrebbe più parlare, dal
momento che i due sembrano intenzionati a far uscire ancora altre
release con la firma di entrambi
turn it on
Burial – Untrue (Hyperdub / Goodfellas, novembre 2007)
Genere: urban soulstep nu-ambient
Già lo si era intuito dall’omonimo album dell’anno scorso: Burial si distingueva dalla congrega del grime/dubstep per l’uso innovativo delle voci.
La parola cantata insieme allo sprawl londinese risultava elemento di eccellenza rispetto alla pletora di DJ della scena; e lui, anche se conscio di
questa sua trasversalità, è sempre stato nascosto, per un anno ha atteso
in silenzio. Il silenzio di chi medita. Untrue, come dichiarato dal boss
d e l l a H y p e r d u b è h y p e r- s o u l , m a n o n q u e l s o u l c h e c i r c o l a n e l l e p i s t e
( i n f a r c i t o d i r ’ n ’ b e e ff e t t i s p e c i a l i ) , p i u t t o s t o l a s u a v e r s i o n e s u b l i m i n a l e
– d e l d o p o G e n e r a t i o n E - , q u e l l a c h e i n d a g a n e l s u b c o n s c i o d e l R a v e r,
il portale su una città d’anime senza volto che cercano un riscatto senza
nome nel dedalo urbano.
L’atte nzion e e la c if r a s t ilis t ic a s i c onc ent r a n o s u l t i m b r o , f i l t r i e t r a t t a m e n t i p e r l e v o c i , u n m a k e - u p b i a n ch i ssi m o
che conserva u n p a l l o r e e u n c a l o r e u n i c i . S o t t o / a s s i e m e l ’ o s s a t u r a r i t m i c a , a p p e n a u n f r a s t a g l i o 2 - s t ep, tutt’al
p iù spe ed -ga r age s ot t o pr ov et t a. Un t ec h s p o g l i a t o d ’ o g n i c i n e s i c h i m i c a m e n t e i n d o t t a . L a m e t a f o r a è p i ù i l si stema endocr i n o c h e l ’ e s o s c h e l e t r o . I n f i n e l ’ a t m o s f e r a : i l c o l o r e d e l l a n o t t e d i p i n t o d ’ a r c h i . A r c h i i n e chi eterni.
L’oscu rità che s i f a wav e, c om e a dir e la s p o r c i z i a p e r f e t t a d e l l e p u n t i n e s u l p i a t t o ( A r c h a n g e l ) , l a breakbeat
me dita tion (N ear Dar k ) , ps eudo dr oni e m al i n c o n i e u n d e r g r o u n d ( G h o s t H a r d w a r e ) . È u n d i s c o c h e è un tutt’uno
Untr ue , un co nc ept c he m es c ola lam ent i e a m b i e n t i u r b a n i c o m e d e i B o a rd s o f C a n a d a ( l a p e r f e z i o n e d e l l ’ i n tr e ccio in End orp hin o la bellis s im a t ens ione ir r i s o l t a d i I n M c D o n a l d s ) i n c o m b u t t a c o n i M a s s i v e A t t a c k (Shell of
L igh t) alla fine d e l c o r r i d o i o m o r r i s o n i a n o . L a s u a c i t t à d ’ e l e z i o n e è B r i s t o l , c i t t à d o v e t u t t o t o r n a d o p o la sbornia
d rum’n ’ba ss ( v edi il m inim alis m o di Rav er ) , u n l a s s o d i t e m p o c h e s e m b r a u n a v i t a f a e d è o r a .
È un p o’ com e per l’Endt r oduci ng di Dj S h a d o w, B u r i a l c o n i a s u l l ’ o n d a g r i m e u n n u o v o p a e s a g g i o , e proprio
come Dav is nel 1996 f ac ev a c on l’hip hop, a n c h ’ e g l i c o n v e r t e o g g i i l r i t m o e l o s p a z i o i n u n ’ o s c u r a o d i sse a n u a mbie nt u rba na. La c om plet a r ius c it a dell’a l b u m è r a c c h i u s a i n q u e s t a f r a s e e i n m e t a f o r e c o m e i l f u o c o d e l l ’ a n i ma ch e b rucia lent am ent e. Una br ac e et er n a t r a u n d e r g r o u n d h e l l e u n b l a c k p a r a d i s e s e n z a c l a s s i n é str a ti fi ca zioni sociali. G i à , i l r i s c a t t o i m p o s s i b i l e d e l l a B r i t a n n i a d i s e m p r e . I l m o t o r e d ’ o g n i r i v o l u z i o n e m u s i c a l e made in
UK. So ulstep is t he new lim bo. ( 7. 1/ 10)
Marco Braggion
sentireascoltare 51
(mentre scrivo avvisto infatti un
altro dischetto nuovo su Foxglove!). Probabilmente l’iperpresenzialismo discografico è inevitabile
per questo tipo di produzioni (si
veda anche il caso di Machinefabriek che ormai vende di tutto,
anche i singoli mp3), ma ci si incomincia a saturare e a perdere
noi la bussola delle uscite e loro
il controllo e la rifinitura sulle
proprie produzioni. Wildflowers
comunque è ancora al di qua del
g u a d o d e l l a q u a l i t à . Tr a t t a s i i n f a t ti dell’ennesimo bel disco dei due,
che per l’occasione approdano su
un’etichetta specializzata in droni e folk neozelandesi di origine
controllata come Last Visible Dog.
La chitarra pinkfloydiana dell’inizio si aggancia subito al discorso
interrotto con The Stones Know
Everything. La malia dei tre lunghi brani è la stessa di sempre,
e si utilizzano coscienziosamente
soluzioni già indagate nei dischi
precedenti che sembrano essere
diventate un marchio di fabbrica:
il refrain che chiude il primo brano, l’arpeggio mandato in loop che
introduce il secondo pezzo ascendendo verso un suggestivo climax,
l’utilizzo scientifico e creativo dei
field recordings nel terzo. Una
malinconica frase di piano fa calare il sipario e risistema sotto il
sofà l’odore dei fiori selvatici che
a v e v a m o a s c o l t a t o f i n o r a . Tu t t o è
tornato alla normalità. (7.0/10)
Vincenzo Santarcangelo
e Antonello Comunale
Federico Aubele - Panamericana (ESL / Audioglobe, 19 settembre 2007)
Genere: latintronica
Suadente
malinconia
spalmata
lungo miglia e miglia di incommensurabile, utopica strada che attraversa unendolo tutto il continente
americano, da Ushuaia (Argentina)
a Prudhoe Bay (Alaska) - o viceversa, e viceversa - carezzando
coste e tagliando stati come solo
una tensione ideale può fare. Cile,
Perù, Colombia, Messico, Stati
Uniti, Canada: non un confine o un
muro che tenga di fronte all’impeto
della leggerezza, maturata grazie
52 sentireascoltare
all’infusione di morbide concezioni
folk (soavi struggimenti da mariachi triste) nel flebile siero sintetico, giusto quel poco di tastiere ed
aloni elettronici, quanto basta a
sbalzarne il mood in una “consapevolezza di contemporaneità”, in un
presente che prova a pulsare vivo.
L’ a r g e n t i n o F e d e r i c o A u b e l e , c h i tarrista, già bassista per i Thievery Corporation, compie con
questo Panamericana un viaggio
prima interiore che geografico, o
meglio esplora la geografia delle
proprie radici, traducendo la romantica nostalgia che lo muove in
tredici accattivanti tracce perlopiù
votate ad un reggae-dub screziato di languori tex-mex. Federico
è autore di tutti i pezzi, suona la
chitarra flamenca con calligrafia
intensa e lieve, spalma il piglio del
basso tra brume stilose da club,
canta con la flemma indolenzita
d’un Manu Chao trasfigurato Miguel Bosé, sparge con discrezione le perturbazioni sintetiche e gli
s b u ff i d i f i s a r m o n i c a . L o a i u t a n o
e non poco un manipolo di amici,
tra cui la suadente vocalist Natal i a C l a v i e r, l a p i ù t e r r i g n a A m p a r o
Sanchez degli Amparanoia (nella
splendida amarezza di Las Cancion e s ) , i l c o l o m b i a n o Ve r n i e Va r e l a e
Joey Burns dei Calexico in quella Este Momento che sdilinquisce
fiero melodramma tra chitarrine
wah, trombe e congas. Una traccia
via l’altra il programma si compie
accattivante, ipnotico, un po’ monotono. In un presente sabbioso
di spersa passionalità, di miraggi
impalpabili che dissolvono la crudele insensatezza delle frontiere.
(6.8/10)
Stefano Solventi
Francesco Camattini - Fine della storia (Radar / Egea, novembre 2007)
Genere: cantautorato
Te r z o l a v o r o p e r F r a n c e s c o C a ma tt i n i , p a r m e n s e c l a s s e ‘ 6 9 , p r o f e ss o r e d i d i r i t t o n o n c h é c a n t a u t ore,
d i q u e l l i c h e – e b b e n e s ì - l a pa r o l a s t a s e m p r e u n g r a d i n o s o pra
l o s v o l g e r s i d e l l e s o n i c h e c o s e . Ma
c’è una sbrigliatezza e un curare
l ’ i m p a t t o m u s i c a l e c h e c e l o f a nno
c o n s i d e r a r e s o t t o u n a l u c e d i v e r sa,
u n p o ’ p a r t i c o l a r e . S ’ a v v e r t e un o
s f o r z o d ’ i m m e d i a t e z z a c h e t utto
s o m m a t o c o g l i e n e l s e g n o , e s cl u dendo però subito e senza indugio
l a s c e l l e r a t a c o m m i s t i o n e t r a folk
t e n e r e l l o e r o c k e m o d i s t o r t o d i La
v e r i t à t i p r e g o s u l l ’ a m o r e , p e zzo
a ff i d a t o a l l e c u r e d i N i c c o l o B o ss i n i , g u i t a r i s t p e r L i g a b u e , e non
a g g i u n g i a m o a l t r o . A l t r o v e i n v ece
accogliamo con piacere la dolceag r a t i t l e t r a c k , c h e c i r i p o r t a a l l ’ arte
a ff a b u l a t o r i a d e l m i g l i o r R o n , q uel
f a r e f i a b e s c o t r a a r g u z i a e m a l i n co n i a c h e p r o d u c e u n p o p s ì a c c o mo d a n t e m a d a l b u o n p e s o s p e c i f ico ,
d e l t i p o c h e s e m p r e m e n o a h i noi
p o p o l a l ’ a i r p l a y r a d i o f o n i c o . L i beri
d i f r e g a r v e n e , m a c o n t a a n c h e la
musica che gira intorno, o no?
C o n t a , c o n t a , c o m e s o s t e n e v a a suo
t e m p o i l b u o n I v a n o F o s s a t i , n ome
c h e v o l e n t i e r i a c c o s t i a m o a l l ’ a c co r a t a m a l i n c o n i a d i E c o e N a r c i so
c o s ì c o m e a l l a c u p a I l t r a g h e t t o di
C a r o n t e , n e l l e q u a l i O v i d i o , D a nte
e L e o p a r d i s i s t e m p e r a n o i n a l l e go r i e p a l p i t a n t i , m e n t r e s u l v e r s a nte
d e l d i s i m p e g n o I l p o p r a t o e S o n fe l i c e s c a r t a b e l l a n o t r a s w i n g e m am b o c a b a r e t t i s t i c o l a p r i m a ( e c h i del
P a o l o C o n t e d i D a n c i n g r e s i t a ng i b i l i d a l l a p r e s e n z a f a t t i v a d i A n to n i o M a r a n g o l o ) e g a r r u l o v i t a l i smo
Ca poss ela la s ec onda. Det t o delle
to ccan ti citazioni di Calder on De
L a Ba rca ch e inf or m ano l’is panic o
la ng uo re di Poc o r epar o e ¿ Q u é e s
la vid a? , o ccor r e s ot t olinear e il c imen to orche s t r ale di La c adut a, ov ve ro il mito di Luc if er o r iv edut o s ot to una roman t i c a l u c e - a z z a r d e r e i
dire - De buss y, p r e v i o i l g e n e r o s o
inte rve nto de i M us ic i di Par m a ar ran gia ti e d iret t i da Alber t o M iodini,
col risultato d i s f o g g i a r e g r a n d e u r
sin fon ica sen z a gr az iaddio pr os t r azio ni me lò a lla Cocci ant e.
Così è, se vi pare, per quel che
vale. Gli affamati d’evoluzione
& avanguardia ne stiano lontani.
Tu t t i g l i a l t r i , f a c c i a n o p u r e u n
giro. (6.4/10)
Stefano Solventi
Grey Daturas – Path of Niners
(Rocket Recordings / Goodfellas, Novembre 2007)
Genere: drone / noise
Con osce vo i G r ey Dat ur as s o l o p e r
l’ottimo Copper / Si l ver i n c o m b u t t a
co n g li Yello w Sw ans d i q u a l c h e
anno fa, e m a i m i e r o a d d e n t r a t o
nella loro disc o g r a f i a p e r s o n a l e c h e
invece p are alt r es ì c os pic ua.
Que sto Path of Ni ner s è in r ealtà la ristampa e u r o p e a d i u n d i s c o
uscito l’anno s c o r s o i n A u s t r a l i a ,
pa ese da cui pr ov iene ques t o t r io
de dito ad un a s or t a di pos t - nois edro ne stru men t ale.
Il primo gruppo che viene in mente
con l’iniziale The New Neuralgia
sono i giapponesi Boris, con quella chitarra gravida di distorsione e
wah wah, quella batteria tutta rullate e schiaffi al ride e quel basso che ha il suono di un ordigno
nucleare.
Poi s i v i r a v e r s o s p e r i m e n t a l i s m i
indust r i a l ( C r e t i n i s m ) o m i n a c c i o s e
div ag a z i o n i a m b i e n t ( A u r o r a A u s t r ali s ) . S u t u t t o c o n v i n c e l a l u n g a
G hos t s O f T h e E a s t e r n B l o c k , d e n t r o la q u a l e v e n g o n o f r u l l a t i k r a u trock, post-rock, metal, in maniera
non co s ì d i s s i m i l e d a q u e l l o c h e p o t r ebb e r o f a r e d e g l i I s i s i n a c i d o .
Disco divertente e per certi aspetti
f a s c in o s o m a d e c i s a m e n t e t r o p p o
der iva t i v o . ( 5 . 5 / 1 0 )
tuito quest’ultime con altro materiale inedito, (che sarebbe andato
ad sommarsi con le prime quattro
tracce registrate in una chiesa), il
mini avrebbe potuto compiutamente possedere un valore in sé. Le
premesse portavano a questo, il
marketing altrove. (6.7/10)
E d o a r d o Br i d d a
Nicolas Campagnari
G r i z z l y B e a r - F r i e n d E P ( Wa r p /
Self, 9 novembre 2007)
Genere: folk pop
A un anno di distanza dall’incensat o Ye l l o w H o u s e ( i n t o p a l l e l i s t e
d i f i n e a n n o s i a d e l N e w Yo r k T i mes che di Pitchforkmedia) i Grizzly Bear di Edward Droste e co.,
sono già un’altra cosa o perlomeno,
con un piccolo aiuto dei friends, si
stanno attrezzando per diventarlo.
Praticamente uno short album, almeno nella durata, l’eppì contiene
sia rivisitazioni di materiale edito
(da soli come in compagnia) sia
versioni cover dello stesso, dove
gli amici reinterpretano i brani dei
B e a r. A l l i g a t o r ( c o n o s p i t i B e i r u t e
Dirty Projectors), traccia che nel
debutto contava poco più di un minuto, diventa un’open song cavernosa e trascendentale come piacerebbe agli Akron Family; Little
Brother (Electric), originariamente
s u Ye l l o w H o u s e , c a m b i a p e l l e i n
un misto di sapori confident cinquanta (le voci) e cacofonie tipicamente seventies rock in crescendo; e Shift (da Horn of Plenty),
dapprima registrazione lo-fi, sboccia in una sublime ballata dal gran
arrangiamento vocale. Proprio su
questo aspetto infatti si concentra il mood quieto e ecclesiastico
delle rivisitazioni, nonché la vera
cifra stilistica della band, ovvero
i cori e i contro cori (emblematica
Deep Blue Sea, l’unico inedito della raccolta). Da segnalare inoltre
l’inframezzo strumentale afro-free,
Plans (con nervature laptop), e
i n f i n e l e c o v e r, n e s s u n a i n d i s p e n sabile - come nessuna nemmeno
i n s u ff i c i e n t e - d i C S S , B a n d H o r s e s e A t l a s S o u n d . Av e s s e r o s o s t i -
J a c k i e O ’ M o t h e r f u c k e r – Va l l e y
O f F i r e ( Te x t i l e , 2 7 n o v e m b r e
2007)
Genere: psichedelia
L’ a t t a c c o è p i ù c o s m i c o del solito.
U n a l u n g a s u i t e s t e l l a r e a passo
c a d e n z a t o s u u n a r o u t e americana
e l o s g u a r d o r i v o l t o a l c ie l o . Sing
Yo u r O w n S o n g r e g a l e r à momenti
d i p u r o p i a c e r e s e n s o r i a l e a g l i e sti m a t o r i d e l k r a u t p i ù l i q u id o e o n i r i c o , d i c i a m o p u r e t r a Tangerine
D re a m e C a n . I J O M F o r ma i l a vo r a n o d i m e s t i e r e c o m e t u t t i i musicisti
n a v i g a t i , m a l ’ i s p i r a z i o n e la avverti
a n c o r a n e l l e m a n i d i To m Gr e e n w o o d s o p r a t t u t t o q u a n d o arrivano
c o s e c o m e We A r e / C h a nn e l Ze r o
c h e c h i u d e i l d i s c o c o n v enti minuti
v e n t i d i r i t m i c a f r e e , n e n ie d a p e l l e r o s s a i n t r a n c e , c h i t a r r i n e l i se r g i c h e a d i r r e t i r e g r a p p o l i d i co ste l l a z i o n i c o m e s e i n o s t r i a n dassero a
p e s c a n e l m a r e m a g n u m del cosmo.
I l c u o r e d i q u e s t a v a l l e di fuoco è
p e r ò c a l d o e a c c o g l i e n t e co m e u n a
c a n z o n e c a n t a t a i n t o r n o a l fo co l a r e . I l b r a n o d a c u i p r e n de il titolo
i l d i s c o è u n a b a l l a t o n a y ankee, un
p o ’ N e i l Yo u n g , u n p o ’ B ob D yl a n ,
u n p o ’ c a m p f i r e s o n g “ a n i malesca”.
E a n c o r a T h e Tr e e , a l t r o congegno
f o l k b l u e s c h e s o r r i d e a l la grande
tradizione della canzone popolare
americana. I JOMF sono una garan-
sentireascoltare 53
zia co me semp re, a nc he s e diff ic ilmente to cche ran no d i nuov o i v er t ici di Fig. 5. Certo … una v ec c hiaia
del genere mi sentir e i d i a u g u r a r l a
un po’ a tutti. (6 .5/1 0)
Antonello Comunale
Jesu – Lifeline (Hydra Head, 23
ottobre 2007)
Genere: doom ambient
Sarebbe un’impresa quasi impossibile spiegare ad un alieno appena sceso sulla terra che Jesu è un progetto
che proviene dalla stessa mente che
ha dato vita ai Godflesh e agli Head
Of David. Eppure, l’animo umano è
così volubile da riuscire a produrre
manifestazioni espressive così diverse, quasi agli antipodi. Questa
forse sarebbe la risposta più appropriata alle richieste meravigliate del
nostro amico extraterrestre.
Incontri alieni a parte, anche a noi,
che Broadrick lo conosciamo bene,
stupisce un bel po’ il percorso intrapreso con la sua ultima e prolifica
creatura (questo EP è già la quinta
uscita in sei mesi a firma Jesu!), alla
quale si dedica anima e corpo da un
paio d’anni. Quattro brani inediti,
figli dell’ultima release sulla lunga
distanza Conqueror e che non aggiungono molto, se non in termini di
“accessibilità”, allo stile shoegaze
ormai ben definito del progetto: tempi dilatati, atmosfere che dondolano
tra il doom e l’ambient e una spiccata vena melodica. Se però Conqueror conservava ancora una certa
irruenza metal-rumorista dietro una
facciata calma e sognante, Lifeline
addolcisce ancor di più i toni, dando
vita a un sound che, personalmente, almeno nei primi due episodi (la
title rack e You Wear Their Masks),
mi richiama alla mente addirittura i
Cure di Disintegration leggermente più dissonanti. Sorprende di più
l’attrito stilistico tra la voce soul della cantante Jarboe e i riff metal di
Storm Comin’ On, mentre End Of The
Road ricalca più fedelmente lo stile
di Conqueror. La versione giapponese contiene due bonus track. Ma non
credo valga la pena fare un viaggio
così lungo per due versioni alternative. (6.4/10)
Daniele Follero
54 sentireascoltare
Jonathan Kane – The Little
D r u m m e r B o y ( Ta b l e O f T h e E l ements, 15 novembre 2007)
Genere: instrumental blues
Q ues t o ep d i 1 5 m i n u t i b u o n i s i i n carica di ricordarci dell’esistenza
di J onat han K a n e , u n a d e l l a p r i m e
v it t im e ec c e l l e n t i d e l b r u t t o c a r a t tere di Michael Gira, con il quale
litigò furiosamente all’epoca della
prima formazione degli Swans. “I’m
l e a v i n g t h e b a n d ! ” d i s s e l u i . “ Yo u ’ r e
already out of the band!” gli rispose
G ir a. Più o m e n o q u e s t o l o s c a m b i o
finale tra i due. Ma questa è storia.
Per v enir e a l l ’ a t t u a l i t à T h e L i t t l e
Dr um m er B o y è u n t r a s c u r a b i l i s s i m o d i s c h e tt o c o n u n u n i c o b r a n o ,
che distilla il chitarrismo southern
di Kane funzionando praticamente
c om e un ou t t a k e d a l s u o p r i m o d i s c o s olis t a, i l F e b ru a ry d i d u e a n n i
f a . D a v v e r o p o c a c o s a . Tr a l ’ a l t r o
nel genere in oggetto si continua a
pr ef er ir e Ch r i s B r o k a w, p i ù v e l v e t t iano e s ex y d e l m o n o l i t i c o e m o n o c or de Kane . ( 5 . 8 / 1 0 )
Antonello Comunale
Joni Mitchell – Shine (Hear /
Universal, 24 settembre 2007)
Genere: cantautorato rock
Ogni nuovo disco proveniente da
artisti che furono grandi decenni
addietro porta con sé un’inevitabile domanda sulla sua “necessità”.
Ci si chiede, in parole povere, se
abbia ancora un senso oggi ascoltare musica che - se di per sé non
è a ff a t t o “ v e c c h i a ” - v i e n e a l t r e s ì
proposta da chi il meglio lo ha ormai alle spalle. Il tempo passa, va
bene, tuttavia abbiamo visto fior
di “anziani” uscirsene con lavori
sorprendenti e capaci di ridimen-
sionare la più parte delle nuove
g e n e r a z i o n i . Ta l e n o n è i l c a s o d i
Joni Mitchell che ha infine ceduto al richiamo delle sirene dopo
aver sbattuto la porta disgustata
dal mercato discografico un lustro
fa, imbolsita dai tentennamenti e
gli inciampi seguiti al suo ultimo
disco degno di menzione (Night
Ride Home, A.D., 1991).
Sappiate che Shine non apporta
novità clamorose: porge in loro
vece dieci brani (più l’antica Big
Ye l l o w Ta x i c h e r i e m e r g e i n p i a c e vole foggia cajun) che posseggono
antichi aromi, pensati al pianoforte nella stessa magione di tronchi
che partorì For The Roses. Piace
pensare che l’ambientazione abbia in qualche modo benedetto il
disco, non esente da pecche e con
tutto ciò il suo più riuscito da tre
lustri in qua (non quel gran pregio, forse ma tutto sta nell’accontentarsi). Se è inevitabile l’enfasi
senile con cui la Signora affronta
temi sociali e in fondo perdonabili
gli arrangiamenti a tratti appannati, l’insieme merita rispetto e non
solo. A convincere più del resto
contribuiscono il tenue acquerello Strong And Wrong, la spigliata
sintesi stilistica This Place e If,
atmosferico adattamento di una
celeberrima poesia di Kipling.
S u t u t t o s i i m p o n e u n a c l a m o r o sa ,
j a z z a t a B a d D r e a m s i n t e s s u t a con
c o r d e v o c a l i a n n e r i t e , q u a n t o d i più
v i c i n o a l l a M i t c h e l l c h e f u e c h i ssà,
p o t r e b b e e s s e r e a s s a g g i o d i a v ve n i r e o c o m m i a t o d i l u s s o . A n d r e bbe
b e n e l o s t e s s o , p o i c h é a s e s s a nta q u a t t r o a n n i - d u e t e r z i a b b o n d an t i d e i q u a l i t r a s c o r s i a t r a c c i a r e un
esaltante romanzo sonoro - non è
l e c i t o p r e t e n d e r e d i p i ù , a n c h e solo
turn it on
P e r c e e P - P e r s e v e r a n c e ( S t o n e s T h r o w, 1 8 s e t t e m b r e 2 0 0 7 )
Genere: hip hop
John Percy S i m o n h a i n i z i a t o a m e t t e r e i n f i l a l e p r i m e r i m e n e l B r o n x ,
n el lo nta no 1979. All’et à di ot t o anni. Da a l l o r a q u a s i t r e d e c a d i c i s o n o
volu te p er a rr iv ar e al par t o dell’album d’es o r d i o v e r o e p r o p r i o . U n a v i t a
passata a reg i s t r a r e m i x t a p e s , c h e p o i a n d a v a a v e n d e r e p e r s t r a d a , a i
con ce rti o sul m ar c iapiede ant is t ant e l’ingr e s s o d i F a t B e a t s , s t o r i c o n e gozio di disch i n e w y o r k e s e . È s t a t a q u e s t a p e r s e v e r a n z a , p e r l ’ a p p u n t o , a
consentirgli d i c o n s o l i d a r e n e l l ’ u n d e r g r o u n d u n a f a m a e d u n a r i s p e t t a b i l i t à
che già gli p r o v e n i v a n o d a l l a r e a l i z z a z i o n e d i a l c u n i p e z z i p i o n i e r i s t i c i
negli Ottanta. A p e r m e t t e r g l i , a l t r e s ì , d i e n t r a r e i n c o n t a t t o c o n m o l t e d e l l e
figure emerge n t i d e l l ’ h i p h o p d e i N o v a n t a : l a s u a v o c e è s t a t a c a m p i o n a t a
d a Dj Sha dow per Napalm Br ain/ Sc at t er Br a i n d a E n d t r o d u c i n g . . . e s o n o
a rriva te le pa r t ec ipaz ioni agli album di Aes o p R o c k , J u r a s s i c 5 , W i l d c h i l d , J a y l i b , E d a n , F o u r Te t . P e a nut Butter
Wo lf ed Ego n della St ones Thr ow lo hanno i n f i n e c o o p t a t o e d o p o u n a m a n c i a t a d i s i n g o l i è g i u n t o qu i n d i l ’ a l b um, d eg no fr ut t o della non s c ont at a c ollab o r a z i o n e t r a m c P e r c e e P e M a d l i b : i l f a s t r a p d e l v e t e r a n o n e l l ’ a l ve o
delle comples s e , v e r s a t i l i e d i n c o n f o n d i b i l i s t r a t i f i c a z i o n i d e l p r o d u t t o r e p i ù c o o l e d o t a t o d e l d e c e n n io. L’esito
è strep itoso nella quat er na iniz iale: la s er r a t a e c a u s t i c a i n v e t t i v a d i T h e H a n d T h a t L e a d s Yo u , l a c o mmovente
The Man to P r ais e, f ier o s guar do r et r os pet t i v o a l l a s u a v i t a , L e g e n d a r y Ly r i c i s t e d u n a Wa t c h Yo u r S t e p insieme
a Vinnie Pa z e G ui l t y Si m pson, p e z z o d i v e n t a t o g i à d a u n p a i o d ’ a n n i u n p i c c o l o c l a s s i c o d i c a s a S t o nes Throw.
Do po u na fa s e int er loc ut or ia, ar r iv ano le bo r d a t e d e l l ’ i n c a l z a n t e P u t I t O n L i n e e d i l r a p r o c k d i s c u o l a Def Jux
d el tra vo lge nte duet t o c on Aesop Rock ( Th e D i r t a n d F i l t h ) . N e l l e c o n c l u s i v e R a w H e a t e T h e L a d y Behind Me
il sig illo è rise r v at o, r is pet t iv am ent e, alle e s o t i c h e e s i n c o p a t e m o v e n z e f u n k e d a l l e s u a d e n t i e c a l d e n o te so u l
di un Madlib c o m e s e m p r e i s p i r a t o .
Mister Joh n P er c y Sim on può andar ne or g o g l i o s o : l a s u a p e r s e v e r a n z a è s t a t a p r e m i a t a . N o n g l i d ia m o to r to
q ua nd o affe rm a per ent or iam ent e: “ All I c an s a y i s t h a t h a r d w o r k p a y s , M C P e r c e e P i s t h e m a n t o p r a i se .” M a ssimo rispe tto. ( 7. 5/ 10)
Alarico Mantovani
sentireascoltare 55
al pensiero di qua n t e n e h a n n o
seguito le o rme di lir ic a int r os pezione, imb raccia nd o la c hit ar r a o
sedute die tro al pia no. Ben ( r i) t r ovat a, Jo ni. (6 .6/1 0)
Giancarlo Turra
m or bido s o u l e g g i a r e d i C l o s e r ) , i l
cui falsetto schiarì la via a Junior
c om e a m ol t i a l t r i i n t e r p r e t i d e l l ’ i s o la. Ben cantato ed eseguito, il CD
ha dalla sua una ben congegnata
scaletta (citazione d’obbligo per il
s alm odiar e c a d e n z a t o S a l o m o n , l a
s inuos a Zio n Tr a i n e u n ’ a r c i n o t a
m a par t ec ip a t a A i n ’ t N o S u n s h i n e a
f ir m a Bi l l Wi t h e rs ) e c e n t r a i n p i e no l’at m os f e r a c a s a l i n g a e i n t i m a
- a un c er t o p u n t o , i n l o n t a n a n z a
si odono alcuni latrati - col quale è
stata concepita l’intera operazione,
r es t it uendo c i u n M u r v i n s c i o l t o e
pr es ent e no n o s t a n t e l a s e s s a n t i n a
as s ai pr os s i m a . G r a z i e d e l l a s o r pr es a, gar ç o n s . ( 6 . 7 / 1 0 )
Giancarlo Turra
J u n i o r M u r v i n – I n n a D e Ya r d
(Makasound / Goodfellas, 18
giugno 2007)
Genere: roots-reggae
Etichetta di piccole d i m e n s i o n i e c i ò
nonostante battaglie r a , l a f r a n c e s e
Makasound. Dotata d i u n a c e r t a
inventiva inoltre, a g i u d i c a r e d a l l a
serie In na De Ya rd c ui appar t iene anche questa ric o m p a r s a s u l l e
scene di Jun ior Mu r v in. Una s or t a
di version e g iama ica na della m oda
“unplug ge d”, ved e a lc uni nom i del
reggae - Earl Chinn a S m i t h , R a s
Mich ael Junior e Li nval Thom p so n quelli di spicco c h e v i s i s o n o
cimen tati - d arsi a d ac us t ic he, distese rivisitazioni de l r o o t s - r e g g a e ,
adeguate allo “yard” , i l g i a r d i n o s u l
retro di casa dove le s e s s i o n i s o n o
registrate in una so r t a d i o m a g g i o
alle origini di questa m u s i c a .
Buon a la forma di M u r v i n , l a c u i l a
fama è soprattutto le g a t a a u n s o l o
straclassico brano. A s u o t e m p o
prodotta d a Le e Perr y, P o l i c e A n d
T hiev es fu d ifatti un s uc c es s o, r iletto ma gn ifica men te dai Cl ash s u l
loro alb um d’e so rdio e r iv elat os i
lussu oso tra ino de lla c ar r ier a - nonché di un omonimo, p r e g e v o l e d i s c o
edit o su Isla nd - de l Nos t r o. O v v iamente presente, fa b e l l a m o s t r a d i
sé senza svela re i tr ent a anni s ulle spalle, seduta c o m o d a m e n t e
tra due oma gg i a Cur t i s M ayf i el d
(una Gip sy Wo man d i s c r e t a m a
lievemente tirata pe r l e l u n g h e , i l
56 sentireascoltare
Lamps – Self Titled (In The Red
/ Goodfellas, ottobre 2007)
Genere: garage’n’roll
Il classico disco targato In The Red.
Sguaiat o, u r l a t o , d i s t o r t o , m e g a f o nato rock’n’roll dei primordi sputato
in f ac c ia al l ’ a s c o l t a t o r e s e n z a g r a zia né rimorsi. Passato e presente,
Cr am ps e B l a c k L i p s , c h i t a r r e v i n tage scordate e catastrofismo fuzz,
m e l o d i e a ff o g a t e e u r l a d a r e i e t t i ,
t am bur i s c o m p o s t i e b a s s i d a w a v e
dev iat a, O b l i v i a n s e I n t e l l i g e n c e ,
frustrazione e sconquasso, pochi
ac c or di in p o c h i m i n u t i p e r t a n t o
s udor e e t a n t i s s i m a e n e r g i a , p u n k nois e abr asi v o e m a n i a c a l e .
Primitivi come solo il rock’n’roll
sapeva, sa e saprà sempre essere, i tre Lamps definiscono la
propria musica mongoloid frenzy music. Non si può non essere
d’accordo. (6.8/10)
il suo nome nella storia dell’avanguardia jazzistica: basti qui citare
i Room, fondati nel 1986 insieme
a William Winant e Chris Brown;
l’International Creative Music
O r c h e s t r a c o n i l t a s t i e r i s t a Wa y n e
Horvitz e il più recente trio Maybe
Monday, insieme a Fred Frith e il
suonatore di koto Miya Masaoka.
Per non parlare delle sue attività
collaterali di compositore di musiche da film (Letters Not About
Love) e saggista (il suo saggio
“Strategies For Structured Improvisation” è stato pubblicato nella
raccolta di scritti di compositori,
curata da John Zorn, Arcana).
Il trio Larry Ochs Sax & Drumming
Core, nel quale il saxofonista amer i c a n o a ff i a n c a d u e b a t t e r i s t i , S c o t t
Amendola e Don Robinson nasce
nel 2000 come esperienza estemporanea, di passaggio, per dimostrarsi presto una realtà tutt’altro
che transitoria. Un album (The
N e o n Tr u t h , B l a c k S a i n t R e c o r d s ,
2002) e, soprattutto, un’attività
live di tutto rispetto, ne sono la garanzia più concreta. Ed è proprio
dall’esperienza dal vivo che Ochs
ha tratto ispirazione per il secon-
Stefano Pifferi
Larry Ochs Sax & Drumming
Core – Up From Under (Atavistic, 2007)
Genere: new new thing
Il sassofonista newyorchese Larry
Ochs, classe 1949, è ricordato finora soprattutto per il suo progetto principale, che segue da quasi
trent’anni e sul quale ha centrato principalmente la sua carriera,
il Rova Saxophone Quartet. Ma
sono, in realtà, molte di più le occasioni nelle quali Ochs ha scritto
do capitolo discografico della form a z i o n e . A ff a s c i n a t o d a l l ’ a c u s t i c a
d e l Te a t r o F o n d a m e n t a N u o v e d i
Ve n e z i a , s p e r i m e n t a t a n e l 2 0 0 2
durante il primo tour europeo della
band, il trio, due anni dopo, trova
la possibilità e il tempo di ritornarci per registrare alcuni brani con il
teatro completamente vuoto e con
le attrezzature da studio. Ne sono
venute fuori otto registrazioni che
godono dell’aspetto positivo di entrambe le situazioni, l’impatto di-
retto e il feeling che si crea nella
performance live, e la resa sonora
ottimale, ottenuta con le attrezzature di uno studio di registrazione
“fuori” dallo studio.
Up Fro m Und er c onf er m a il f as c ino
d i Och s p er l’i m pr ov v is az ione s t r ut turata, una co m m i s t i o n e d i s c r i t t u r a
e libertà esec u t i v a c h e n e l j a z z h a
ra dici b en p rof onde, e la s ua c apacità di far ris uonar e nel s uo s t r umento cinqua n t ’ a n n i d i s t o r i a d e l l a
musica afroam e r i c a n a . I l s u o s t i l e
filtra la vee m enz a im pr ov v is at iv a
d i Joh n Coltra ne at t r av er s o A l b e r t
Ayle r , Br a xto n e l a N e w T h i n g . P e r
il modo in cu i p a s s a t o e p r e s e n t e ,
Or nette Cole m an e M at s G ust af ss on, si incro c i a n o i n l u i e p e r i l
suo atte gg iam ent o s em pr e aper t o a
n uo ve solu zio ni t im br ic he e c om positive, non su o n e r e b b e t a n t o s t r a n o
d efin irlo u n p os t - m oder no, un m em bro ormai dec e n n a l e d i q u e l l a “ n e w
thing della n e w t h i n g ” c h e d a g l i
a nn i setta nta s i im pegna a s uper are la stag ion e r adic ale e apoc alit t ica del free.
Il tentativo di r i n a s c i t a d e l g e n e r e
passa anche d a q u i , d a i f r a s e g g i
torrenziali di O c h s , d a u n a s e z i o n e
ritmica che s e g u e i s e n t i e r i a p e r t i
d al sa x co n un inc eder e c he pas sa con disinv o l t u r a , i n u n o s t e s s o
b ran o, da l fun k al r oc k per poi infrangersi in ta n t i p i c c o l i p e z z e t t i n i
assolutament e l i b e r i d i m u o v e r s i i n
q ua lsia si d irez ione. ( 7. 6/ 10)
Daniele Follero
Lento – Earthen (SupernaturalCat / Audioglobe, 9 novembre
2007)
Genere: heavy-ambient
Non suona s o l o l e n t o c o m e d a
nome, ma an c h e p e s a n t i s s i m o i l
quintetto rom a n o , g i à i n c o n t r a t o i n
occasione del l a c o l l a b o r a z i o n e c o n
gli Ufomammu t . U n s u o n o e s t a t i c o
e trascendent e c h e , n o n o s t a n t e g l i
o vvi refe ren ti ( I si s e Neur osi s s u
tutti), ha la ca p a c i t à d i n o n r i s u l t a r e
ma i o pp rimen t e o c hius o in una auto refe ren zia lit à c he da s em pr e r appresenta il lim i t e p e r c e r t i s u o n i .
Il su on o de i s et t e pez z i s t r um enta li d i Ear then è v a r i o e s c r e z i a t o ,
potente anch e g r a z i e a g l i i n c a s t r i
d elle tre chita r r e m a non è m ai ba-
nale. Non solo pachidermici assalti
guidati dalle tre chitarre, insomma,
ma indagini condotte nel sottosuolo
di un s u o n o a l t r i m e n t i t r o p p o i n f l a z iona t o . N o n d i r i s e n t i t a e b a n a l i z z at a a l t e r n a n z a v u o t o / p i e n o p a r l a no i cinque, bensì di una continua
immersione/emersione in un suono
h e a vy s e m p r e p i ù s a t u r o o s e m p r e
più d e s o l a t a m e n t e a l t r o , c h e p r o c e de spesso per pesante sottrazione.
Se Hadrons e Need sono monolitici
assalti in the vein dei citati maestri, le sorprese vengono dai pezzi in cui, nonostante la potenza di
fuoco, i cinque procedono per riduzione. Subterrestrial e la conclusiva Leave soprattutto mettono in
atto un processo di immersione in
un suono che diventa drone-oriented, al limite dell’ambient più scura
e s o ff o c a n t e . M a è l o s c a n d a g l i o
gettato nel profondo vuoto dell’animo di Emersion Of The Island a lasciare a bocca aperta: emotività
repressa, striature da microsuoni,
interferenze, una quiete apparente
troppo simile alla rassegnazione.
Nel suo genere, decisamente ottimo. (7.0/10)
Stefano Pifferi
U n s a s s o a d a g i a t o s u l l a sabbia e i
c e r c h i c o n c e n t r i c i c h e s i diramano
c o m e o n d e . P r o b a b i l e c h e Ens o sia
l a n a t u r a l e e v o l u z i o n e ( o filiazione)
del progetto “alfabeti_linguaggi” ins t a l l a z i o n e c o n d i v i s a c o n Gia nluc a
B e c u z z i e i n c e n t r a t a s u ll ’ i n te r cu l t u r a , s u l l e s c r i t t u r e e s u i linguaggi
d e l m o n d o . E p r o p r i o B ecuzzi qui
siede in cabina di regia per produrr e e d e s a l t a r e l e q u a l i t à sonore di
u n l a v o r o c h e s i b a s a p r oprio sulla
t r a s c e n d e n z a n e l s u o n o . I l suono di
u n o S h a k u h a c h i c h e a p r e l ’ o r i zzo n t e e c h e è “ s o t t i l e c o m e la lama di
u n a k a t a n a e d e l i c a t o c o me un fiore
d i l o t o ” o a n c o r a i c i n g u e t ti i d i ch i ss à q u a l i u c c e l l i , o r i g l i a t i in chissà
q u a l e o c c a s i o n e . E n s o è u n l a vo r o c h e s i a l l i n e a c o n a l c u ne recenti
p r o d u z i o n i d e l l a R o o m 4 0 , in special
m o d o i l d o p p i o a n t o l o g i c o dedicato
a d O z u , m a c h e r i s e n t e m o l to a n c h e d i c e r t a e s t e t i c a E C M. Il d i se g n o d e l l e t r e l u n g h e c o mp o si zi o n i
f a p e n s a r e a d u n o S t e p han Micus
a n c o r a p i ù a s t r a t t o e d i so l a zi o n i s t a . L a s u g g e s t i o n e i n q u esto caso
è p a r e n t e a l l o s c o p o c h e Tu r r a si
p r e f i g g e . A ff r e s c a r e u n a grandiosa
i d e a d i U n i v e r s o c o n i l mi n o r i m p i e g o d i e n f a s i . D a l e g g ersi anche
c o m e e s p e r i e n z a p s i c o - sensoriale
v e r a e p r o p r i a . L a q u a l i t à del suono
i n q u e s t o c a s o s i i n t e g r a co n i r i fe r i m e n t i a l l a c u l t u r a n i p p o n ica. Turra
u s a l o S h a k u h a c h i e c e r t i accenti di
g a g a k u , i m m e r g e n d o l i i n u n va cu u m o n i r i c o e o t t u n d e n t e . U n ca n to
t r a t t a t o s u l f i n i r e d e l s e c o ndo brano
p o t r e b b e s o n o r i z z a r e q u a lch e te r r i f i c o k a i d a n . I l p r o c e d i m e nto non è
p o i c o s ì d i s s i m i l e d a q u ello usato
d a F a b i o O r s i i n O s c i . In questo
caso come in quello l’idea, gli elementi e i suoni di un luogo (il meri-
L u i g i Tu r r a – E n s o ( S m a l l Vo i ces, novembre 2007)
Genere: zen elettroacustico
Ens o è u n t e r m i n e n i p p o n i c o c h e s i gnifica cerchio e calligraficamente
è il s i m b o l o p i ù d i ff u s o i n G i a p p o ne. P u ò a s s u m e r e d i v e r s i s i g n i f i c a t i, m a p r e s u m i b i l m e n t e è n e l l ’ a c c e zione di “Universo” che lo intende
L u i g i Tu r r a , c e l e b r a t o s o u n d a r t i s t
italiano, qui al suo debutto su Small
Vo i c e s . L a c o p e r t i n a è u n ’ a l t r a
chiave per entrare in questo lavoro.
sentireascoltare 57
dione p er Orsi, il Giappone per Tur ra) concorrono a dis e g n a r e u n ’ i d e a
di U niverso, ch e è pr im a di t ut t o
menta le e po i so no ra. ( 7. 3/ 10)
Antonello Comunale
male/female con tanto di rapporto
di coppia, Eloe Omoe sono quanto
di più lontano dall’hype da coppia
promiscua à la White Stripes/Fiery
Furnaces/Kills, per intendersi. Slabbratissimi e distorti, apparentemente
senza la minima cognizione di causa su cosa o come stiano suonando,
tanto primitivi quanto spontanei i due
intessono lunghe suite di free-metal
improvvisato che, a dirla tutta, alla
lunga stanca un po’. La press-sheet
cita i GodHeadSilo ma il paragone
non sembra reggere: non può l’assenza di chitarra avvicinare questi
pivellini ai prime-movers. (6.0/10)
Stefano Pifferi
Mammal
–
Lonesome
Drifter (Animal Disguise, ottobre
2007)
Eloe Omoe – Marauders (Animal
Disguise, ottobre 2007)
Genere: blues industriale / free-sludge-metal
Gary Bea uvais n on è s olo il los c o
figuro ch e sta d ietro la Anim al Disguis e, la be l da l ca t alogo da r iv alutare, ma anche i l r e s p o n s a b i l e
unico de ll’effe rato p r oget t o di pow er ele ctro nics a nom e M am m al .
L o n e som e Dr ifte r per ò s egna il distacco dal passato h a r s h n o i s e p e r
affonda re le un gh ie in una s pec ie
di morb oso blu es iper dis t or t o incentrato sul concep t d i u n a “ e p i c a
soundtra ck sulla d ep r es s ione industriale d ella città ” (!) .
Idea pretenziosa ma che colpisce nel
segno, sin dall’iniziale Repulsion: se
riuscite ad immaginare 10 minuti di
(maci)lento e mantrico blues harshnoise, beh ci siete. I lenti avvitamenti
di basso e chitarra creano magmatiche textures e ipnotiche ripetizioni il
cui retrogusto industriale lascia trasparire una desolazione prossima al
nichilismo. Le atmosfere etimologicamente heavy disegnano una densa
nebulosa grigio-paranoia che apre
però nuovi ed imprevedibili squarci
sulle evoluzioni future di Mammal.
Non a caso il sottotitolo dell’album
è proprio This Is Both The End And
The Beginning. (6.8/10)
L’altro disco targato Animal Disguise
è l’esordio lungo di Eloe Omoe. Duo
58 sentireascoltare
The Marigold - Erotomania (I
dischi del Minollo / Deambula
Records, settembre 2007)
Genere: rock wave
Un trio da Chieti molto motivato e
ben s palleg g i a t o d a l l ’ a m o r e v o l e t e nac ia di m i s t e r U l a n B a t o r A ma u r y Cam buza t , p r o d u t t o r e d i q u e s t o
loro esordio su lunga distanza che
m et t e in f il a n o v e t r a c c e e u n ’ o s sessione dark wave veemente e
i n s i d i o s a . To r v e c o n g e t t u r e q u i n d i ,
s t r at t onat e d a g l i u l u l a t i a l l a r m i s t i c i
delle c hit ar r e , d a l l a n e v r a s t e n i a i n v as at a del c a n t o , d a l l ’ i m p e t o t r i b a l /
m ar z iale de l d r u m m i n g . U n i m p a s t o
ossessivo che ci porta nei dintorni
della br um a J o y D i v i s i o n p e r ò i n a s pr it a di r ud e z z a A P e rf e c t C i rc l e
( v edi l’or gia s t i c a - è i l c a s o d i d i r e
- O r gy ) , o p p u r e a n z i s o p r a t t u t t o i n
un m alanim o c a l i g i n o s o e a s p r i g n o
à la Cur e, a v e n d o p e r ò l ’ a c c o r t e z z a
di c ar ac olla r e & t r e m o l a r e t r a c i g o lii v is ionar i B a u h a u s e p s y c h - b l u e s
per nic ios o ( v e d i l ’ i m p e t u o s a A S i m ple Ref lex To T h e L i g h t , o q u e l l a
Dogm a c he s i a v v a l e d e l l a u l t e r i o re chitarra di Umberto Palazzo dei
Sant o Ni en t e ) .
Va det t o pe r ò c h e a l t r o v e l o s c e n a r io c am bia e p a r e c c h i o , c o m e q u a n do in M er c u r y u n p a s s o r o b o t i c o e l e
eluc ubr az io n i e l e t t r o n i c h e s c o m o dano i pr im i s c a p e s t r a t i N o t w i s t ( e
un po’ anc h e g l i A i r, m a v i e p p i ù p e r
il cantato in francese), così come
sconcerta la deriva esotic/psych tra
djem bee s yn t h i r i d e s c e n t i d i 9 %. Va
det t o per ò c h e l a t a z z a d i t h e ( a v v elenat a) d e i N o s t r i s e m b r a e s s e -
re principalmente quella turgida &
s c o r t i c a t a d i M o n g o l i a ( p a r e n t e fi n
d a l t i t o l o d e i C S I p i ù t o s t i , c o n l’ e b o w s e n z i e n t e d i C a m b u z a t e uno
x i l o f o n o a p e t t i n a r e i l m i d d l e e i ght)
e d i q u e l l a t i t l e t r a c k c h e c h i u d e il
p r o g r a m m a c o l d e l i r i o g u i z z a n t e di
f l a u t i e u n a f o g a c o r r u s c a d e g n a di
c e r t i G u n C l u b . Te a t r a l i e o m b rosi
c o m e s i c o n v i e n e a l g e n e r e , m a so p r a t t u t t o c o n v i n t i f i n d e n t r o l e o s sa .
Aspettiamoci del buono in futuro.
(7.0/10)
Stefano Solventi
Miranda & The Creeping Nobodies – Split cd (FromScratch /
Goodfellas, novembre 2007)
Genere: indie
Due formazioni strambe e fuori
moda si incontrano in uno split cd
breve e intenso, dall’artwork delizioso.
Dei nostrani Miranda avevamo apprezzato il post-rock abrasivo e
spigoloso del precedente Rectal
Exploration, ma li ritroviamo ancor più sghembi e groovey nei 4
pezzi di loro competenza. Aperture
free, ritmi (quasi) danzerecci, sincopi basso/batteria, grooves malatissimi, breaks ipnotici; i tre dimostrano di essere ormai un gruppo
senza più riferimenti precisi ma in
grado di organizzare un meltingpot musicale eclettico e sempre
più indefinibile.
D e i v e t e r a n i c a n a d e s i o r m a i s i do v r e b b e s a p e r e t u t t o , s e s i è a m an ti dell’art-rock più deviato. Cabar e t t i s t i c i e s g u a i a t i , a s i m m e t r i ci e
c l a u d i c a n t i , i c i n q u e s o n o d i q u ella
p a s t a d i m u s i c i s t i c a p a c i d i s a lire
sui tavoli di uno scalcinato e semid e s e r t o b a r d i p r o v i n c i a p e r u r l are
turn it on
Sachiko – Kunado (Utech Records, novembre 2007)
Genere: drone industrial
Un a mu sica c he è c om e un laghet t o z en da l l e o n d e c o s m i c h e . O n d e c h e
san no ag itarsi c om e m ar ee o dileguar s i do l c e m e n t e n e l l ’ u n i v e r s o . S a c h i ko è un a su per ba geis ha dei dr ones . G ià b a s s i s t a i n O v e rh a n g P a rt y
e Kousokuya , ques t a as t r al m is t r es s i n c a r n a a l l a p e r f e z i o n e i l l a t o p i ù
e pico-e sisten z iale della m ent alit à nipponic a , l a d d o v e l e Tu j i k o N u r i k o e
le Sa wako ne r appr es ent ano il v er s ant e più l e g a t o a l l e t r i s t e z z e c o n t e m p ora ne e che pr opr io in G iappone s em br a a r t i s t i c a m e n t e a l l ’ a v a n g u a r d i a
(si gu ard ino anc he alc uni f ilm di Tak es hi Ki t a n o e K i y o s h i K u r o s a w a ) . M a
Sachiko non s i f a s p e z z a r e i l c u o r e d a n e s s u n o , p e r c h é i l s u o c u o r e è g i à
in partenza u n b u c o n e r o a b i s s a l e . I l p r i m o b r a n o è u n m a e s t o s o r i t u a l e
e so terico p er es or c iz z ar e quas ar e s uper no v a . F a s c i o p p r i m e n t i d i d r o n e s
e fo late d i n ote t ir at e in delay dai r if les s i s t e l l a r i , e u n a v o c e c h e s i f a e c o d i s e s t e s s a i n u n p r o c e s s o c he se m b r a
in finito . Semb r a il s uono c he pot r ebbe es pr i m e r e u n a N i c o s g a n c i a t a d a q u a l s i a s i a p p i g l i o t e r r e n o . M a no n è so l o
con le carezz e c h e S a c h i k o o t t i e n e q u e l c h e v u o l e . S a c h e a l z a n d o i l t a s s o d i n o i s e , t r a s f o r m e r à l e carezza in
sch iaffi e qu indi Rout e 21 e Cos m ic G ar den s e m b r a n o s u o n a t e d a i T h r o b b i n g G r i s t l e d e l 3 0 0 0 . G a k i d o No M o r i e
Ch iacon a Un d Konz er t I n G M oll s ono di nu o v o e s t a s i c o s m i c a e c a n t o d a c e r i m o n i a l e z e n . S a c h i k o n o n è fo r se
d ive rsa da lla pr inc ipes s a f ant as m a de I Rac c o n t i d e l l a L u n a P a l l i d a D ’ A g o s t o d i M i z o g u c h i , u n o s p i r i t o del male
suo malg rad o m a pieno di una s olit udine im p e n e t r a b i l e c o m e i m p e n e t r a b i l e s e m b r a l a s u a m u s i c a . ( 7 . 5 /1 0 )
Antonello Comunale
sentireascoltare 59
le proprie canzoni in c u r a n t i d i t u t t o
e tutti. Per inquadra r l i d i c i a m o c h e
potre bb ero e ssere d ei Fal l v i s i o n a r i
e ubriachi in fissa c o n m a r c e t t e d a
paese, mu sica d eser t ic a e ps ic hedelia d’a ccatto . Asp et t iam o f r em enti il nu ovo Augur s & Auspi ces s u
D eleted Art; po treb be es s er e la definit iva co nsacrazion e. ( 6. 7/ 10)
Stefano Pifferi
N a t h a n F a k e - Yo u A r e H e r e E P
( B o r d e r C o m m u n i t y, d i c e m b r e
2007)
Genere: electro ambient
In attesa di futuri sviluppi, Nathan
Fake capitalizza il successo del
fortunato Drowning In A Sea Of
Love dello scorso anno con un eppì
di cinque brani più un video (http://
w w w. y o u t u b e . c o m / w a t c h ? v = 0 r g _
I x 1 3 D h e ) . S i t r a t t a d i Yo u A r e
Here, la bella traccia dalle bucoliche trame psych, qui presente sia
in versione originale sia in quella
live (per mano dello stesso Fake)
e r e m i x ( i l p r e z z e m o l o F o u r Te t ) , d i
u n i n e d i t o ( C a s i o Tr i a n g l e T h r o u g h
A Granular Synth) e della versione
(sempre in autoremix) di Stops (il
brano d’apertura di Drowing dalle
f r a g r a n z e p r i m o A p h e x Tw i n ) . L a
m a n o d i F o u r Te t d à a l b r a n o u n a
dilatazione techno-trance con car e z z e d a l v a g o s a p o r e To r t o i s e ( u n a
chicca), quella di Nathan (anch’essa in distensione) propende invece
verso un house casalinga stile Kim
Hiorthøy in combutta con James
H o l d e n ( d i s c r e t a ) . L’ i n e d i t o n o n è
altro che uno spegnimento di circuiti robot di 30 secondi e il videoclip,
pur concettualmente valido (mix tra
ripresa e disegno cartoon digitale),
s o ff r e d i u n a r e a l i z z a z i o n e f r e t t o l o -
60 sentireascoltare
sa (o di un intervento grafico non
eccezionale). Per dj chill out soprattutto. (6.5/10)
Edoardo Bridda
N i c k C a v e & Wa r r e n E l l i s - T h e
Assassination of Jesse James
By The Coward Robert Ford
OST (Mute / EMI, 12 novembre
2007)
Genere: gothic folk
La pr em iat a d i t t a C a v e & E l l i s c i r i prova col cinema western un anno
e s pic c ioli d o p o l a t u t t o s o m m a t o
r ius c it a s ou n d t r a c k p e r T h e P ro p o si t i on. I l p r e t e s t o s t a v o l t a è u n f i l m
del rampante regista australiano
Andr ew Dom i n i k b a s a t o s u l r a c c o n t o di Ron H a n s e n c i r c a l a v i c e n d a
di Jesse James e di come fu ucciso.
Un po’ c om e i n v i t a r e l a l e p r e a c o r r er e, ins om m a , e d i f a t t i l e q u a t t o r dici tracce in programma emanano
t ut t a un’ep i c a s p e r s a d a r o m a n t i cismo fatalista, fosco, amniotico.
Non m anc a n o – c o m e a v r e b b e r o
pot ut o? - la p r o p e n s i o n e a l m e l o dramma dell’ultimo Re Inchiostro
e la s olenn i t à g o t i c h e g g i a n t e d e i
Di r t y Thr ee , s f r o n d a t e p e r ò d i q u e l
qualc os a di t r o p p o c h e l e h a r e s e
t alor a indig e s t e .
Sar à la t r a m a t e n d e n t e a l d i s c r e to quando non al minimale delle
orchestrazioni - piano o chitarra,
un basso profondo ma riguardoso,
il v iolino m a i e c c e s s i v o , i n t e r v e n ti di mandolino e tastiere - oppure
s ar à l’as s en z a d e l l a v o c e , e c a p i r e t e c he non s t i a m o p a r l a n d o d i u n a
voce qualsiasi. Magia del cinema o
m eglio del f a r e m u s i c a p e r i l c i n e m a. Q ues t o s p e c c h i a r s i n e l l o s p e c chio opaco di celluloide che libera
la visione laterale del duo, distilla
le r is pet t iv e c a l l i g r a f i e s p i n g e n d o le a narrare con forza e concisione
tenendo al centro la loro natura di
c hios a s ono r a . Ve d i c o m e l a t o c c a n t e Falling o l ’ i n i z i a l e R a t h e r L o v e l y
Thing r ies c a n o a c o n c i l i a r e s t r u g g i mento e rarefazione, un dispiegarsi
at t onit o c he i n v e s t e a n c h e i l c a r a c ollar e wait s i a n o d i C o w g i r l , s m o r z ando gli e v e n t u a l i e c c e s s i a n c h e
dei m om en t i p i ù “ c i n e m a t i c i ” – ç a
v a s ans dir e - t i p o A n o t h e r R a t h e r
Lov ely Thin g o d e l l a s t u p e n d a S o n g
For Bob. De t t o c i ò , p o t e t e c o n s i d e -
r a r l o t r a n q u i l l a m e n t e u n g u s t oso
antipasto per il nuovo Cave & The
B a d S e e d s , a t t e s o p e r m a r z o 2 0 08 .
M a c ’ è i l r i s c h i o c h e r i s p e t t o a q ue l l o s i r i v e l i u n p r e d e c e s s o r e p i u tto sto impegnativo. (6.9/10)
Stefano Solventi
Orion Rigel Dommisse – What I
W a n t F r o m Yo u I s S w e e t ( L a n g u a g e O f S t o n e s / D r a g C i t y, 2 5
settembre 2007)
Genere: cantautorato folk moderno
La poetica da folletto nordico c h e s s ò , u n a H a n n e H u k k e l b e rg s m a r r i t o s i c h i s s à c o m e i n u n m o ndo
civilizzato vissuto con ingenuità e
d i s a g i o – e s e m p l a r e , a t a l p r o po s i t o , l ’ i n c o n t r o - s c o n t r o t r a l ’ a r r an g i a m e n t o c l a s s i c o e l ’ e l e t t r o n i c hina
p o s t - 9 0 s d i L i t t l e N e i g h b o r o S i mon
Sent For Me.
U n a c l a s s i c i t à e s i b i t a c l a s s i c a ( Al i c e A n d S a r a h , C a p r i c o r n ) , v i s s uta
i n d i e ( A s h e s F r o m Yo u r B u r ning
L a n d ) c h e n o n p u ò c h e r i c o r d ar e
J o a n n a N e w s o m o C o l l e e n , no n
f o s s ’ a l t r o c h e p e r l ’ u t i l i z z o d i s tr u menti – l’arpa, il violoncello – e una
d i s c i p l i n a v o c a l e m u t u a t i d a l f olk
t r a d i z i o n a l e ( l a v o c e r i c o r d a i n più
d i u n ’ o c c a s i o n e Va s h t i B u n y a n ) .
Q u a n d o q u e s t i e l e m e n t i s i f o n d on o
n a t u r a l m e n t e i n u n ’ u n i c a , s p l e n dida
canzone, vien da gridare al capolav o r o ( F a k e Ye r D e a t h , S u i c i d e Kiss
( B e c a u s e D e a d ) ) ; e s i è q u a s i t en t a t i d i c r e d e r e c h e l a g i o v a n i s s i ma
c a n t a u t r i c e d i B a l t i m o r a , M a r y l a nd,
O r i o n R i g e l D o m m i s s e s i a v e n u t a al
mondo che già conosceva la canz o n e t r a d i z i o n a l e p e r f e t t a , c h e già
p o t e v a c a n t a r e d i a m o r e , d i m o rte,
d i v i t a . D i s p i a c e , s e m m a i , p e r c erte
stucch evole zz e ( l’ar pa di Lit t le Neig hb or e Ca pri c or n c he s em br a ins eguire la formu l a v i n c e n t e d i J o a n n a
Newsom) e a l c u n i i n c o n t r i a m e t à
strada solo i n p a r t e r i u s c i t i ( c h e
bisog no c’e ra di t r at t ar e elet t r onicamente alcu n i s u o n i ? ) . C o m u n q u e
un gra nd e e so r dio ( 7. 3/ 10)
Vincenzo Santarcangelo
Pangolinorchestrà
Ex-perimento #5 (CSC / Idee Nere /
Stella Nera, ottobre 2007)
Genere: impro / avant
Garrulo irato n o n s e n s e , t e r r o r i s m o
frug ale d ad a, c i s ono m os t r i nell’ar ia
tra note e tit o l i c h e m o s t r a n o u n o
sta r sop ra al m ondo c om e una c os a
ch e s’o pp on e al non es s er c i, v iv a
qu ind i e g raziaddio. Pangolinor c hstrà è un meg a c o m b o , o e n s e m b l e
di - contiamol i - d i e c i e l e m e n t i , d u e
batterie e un b a s s o , v o c i , c h i t a r r a ,
elettronica e u n b e l p o ’ d i o t t o n i .
Tra i n omi co inv olt i, quelli di G i G asp arin e Jacopo Andr eini, oc c upazio ni prin cip ali c hit ar r a per il pr im o
e sax alto pe r il s ec ondo, agit at ori ipe rattivi del s ot t obos c o im pr oavan t da un bel po’ di t em po a questa parte. Dic e v a m o l ’ e s s e r v i v i , l o
sp asmo vitale , il s ens o di pat r im onio sonico (c u l t u r a l e ) s q u a r c i a t o e
quindi aperto a l l ’ i n f e z i o n e d i t u t t o
quel che pullu l a n e l l ’ a r i a d i s o n i c o
(e cultu rale ).
Volendo, pos s i a m o i n d i c a r e q u a l e
co rrisp ettivo il Vi ni ci o Capossel a
scrittore, che m i è v e n u t o i n m e n t e
le gg en do le fr as t agliat e not e di c op ertin a a ll’insegna d’un f ebbr ic it ante cut up. Mus i c a l m e n t e p e r ò è t u t t o
un impastar fa n f a r e e p s i c h e d e l i a e
b alcan i e n o wav e e t r opic i e deserto e bolero e p u n k e f u n k d e n t r o
la pig na tta d ’un jaz z m ut ant e & ir r i-
verente, free ovvero libero da altre
pr eoc c u p a z i o n i s e m a n t i c h e / f o r m a l i
che non l’espressione più bruciante
e immediata di sé. Ecco quindi una
Per D o m e n i c o M o r e l l i c h e è b o s s a
di pa e s e a l l a f r o n t i e r a d o v e s i s f a l dano limiti e steccati e confini, che
poi è b l u e s , n o i s e , j a z z , m a r c i a b a l canica e via discorrendo. Ed ecco i
m us c o l i t e s i n e l d e l i r i o p a r a p s y c h i co western e scricchiolanti litanie
di M o s t F i r e s S t a r t S m a l l . E d e c c o i l
br as s f u n k d i S v e d e s e d i s t e s o , c o n
la c h i t a r r i n a J e f f e rs o n A i rp l a n e ( ! )
e il g r a c i d i o e l e t t r i c o e q u e i s a x c h e
s c ior i n a n o f r a g r a n z e “ e t i o p i q u e ” .
Ed al t r o a n c o r a t r a m i s t i c h e m i n g u siane e frenesie scat scaracchiate
c on d i g r i g n a n t e g o l i a r d i a , t r a i s t e r i ci cicalecci che quasi ti scomodano
il Wa t e rs d i U mma g u mma e s o g n i
di m a r z a p a n e v e l e n o s o , t r a m e d i t a z ioni v i s c h i o s e e f u r i o s e c e n t r i f u ghe d’arcaico e modernità. La vita,
dic eva m o . L a v i t a . ( 7 . 3 / 1 0 )
Stefano Solventi
Pantaleimon – Mercy Oceans
(Durtro Jnana, 19 novembre
2007)
Genere: folk
Dal 1999, anno di pubblicazione di
Tr ee s H o l d Ti me , s u o p r i m o d i s c o ,
molte cose sono cambiate nella vita
di An d r i a D e g e n s , i n a r t e P a n t a l e i mon, e la sua musica è cambiata
d i c o n s e g u e n z a . C o m e a ff e r m a l e i
s t es s a i l c a r a t t e r e r u v i d o e s e n z a ba r i c e n t r o d i q u e l d i s c o e r a i n
qualche modo diretta conseguenza
del s u o s t i l e d i v i t a , a l l ’ e p o c a n o m ade e “ h o b o - l i k e ” . M e rc y O c e a n s
è probabilmente il suo opposto. Un
lav or o m o l t o m e d i t a t o , l a c u i g e s t a zione si è protratta per due anni e
m ez z o , p a s s a n d o p e r v a r i s t u d i d i
r egist r a z i o n e , c o n l a b e n e d i z i o n e
degli amici di sempre: Colin Potter
e Da v i d Ti b e t . M e r c y O c e a n s h a
una purezza di intenti che è propria
solo delle migliori pagine del british
f olk d i c u i P a n t a l e i m o n r a p p r e s e n ta la più credibile discendente. Un
dis c o c h e s i b e n e f i c i a d i c o m p a r s a t e ec c e l l e n t i c o m e B a b y D e e , I s o bel C a mp b e l l , K e i t h Wo o d ( H u s h
Ar bo rs ) , e J o h n C o n t re ra s e c h e
manifesta la sua ragion d’essere
s ulla b a s e d i a r r a n g i a m e n t i d a l c a -
r a t t e r e q u a n t o m a i m i n i m a l . Under
t h e Wa t e r è s o l o l e i e l a su a ch i tarra, doppiata appena in un paio
d i p u n t i . L a m a g n i f i c a e l e g i a d i We
L o v e h a g i u s t o q u a l c h e intervento
in più: una base di tastiera, le dopp i e v o c i e b a s t a c o s ì . A n d ria non ha
b i s o g n o d i p a r t i c o l a r i t r u c chetti per
e s a l t a r e l a q u a l i t à d e l l e s u e ca n zo n i . S o l o l a b e l l i s s i m a B o r n In to Yo u
f a s p r e c a r e u n p a i o d i t r a cce in più
i n f a s e d i m i s s a g g i o . L e i sa che il
f o l k è u n l i n g u a g g i o c h e basta a se
s t e s s o p e r t o c c a r e l e c o rde giuste
c h e s i h a n n o d e n t r o . C o s ì The Sun
C a m e O u t , R a w H e a r t , At Dawn
s o n o b r a n i d a l l a m a l i a classica.
Una questione di scrittura e di imm e d e s i m a z i o n e n e l l e p r o pria voce
e n e l l e p r o p r i e p a r o l e . I e ri c’erano
N i c k D r a k e e A n n e B r i g g s . Oggi c’è
A n d r i a D e g e n s , i n a r t e Pa n ta l e i mon. (7.3/10)
Antonello Comunale
Pascal Comelade – Mètode De
Rocanrol (Discograph / Self, 23
novembre 2007)
Genere: toy folk music
A ff a s c i n a , d i C o m e l a d e , l a d i m e n s i o n e l u d i c a a p p l i c a t a a u n co n ce tt o t o t a l e d e l l a m u s i c a . K ur t We ill
o i F a u s t p e r l u i p a r i s ono, se lo
s p i r i t o c h e l i r i l e g g e r e s t a r i d a n ci a n o e s t r a l u n a t o , a m e z z a via tra il
p a t a f i s i c o e i l d a d a i s t a . Questo fa
d i P a s c a l u n c o m p o s i t o r e d a l l a ci f r a i n c o n f o n d i b i l e , n o n o s tante con
g l i s t r u m e n t i g i o c a t t o l o si si a n o
g i à m i s u r a t i i n t a n t i p r i ma e dopo
d i l u i . P o c h i , p e r ò , c o n altrettanto
d i s p i e g o d i c l a s s e e i n v e nti va ve r s a t e n e l l a s c r i t t u r a , q u a s i nessuno
c o n l a m e d e s i m a v a r i e t à e co sta n z a d ’ i s p i r a z i o n e i n u n a d iscografia
a s s a i a m p i a : l o c e r t i f i c a no illustri
sentireascoltare 61
personalità del rock a u t o r i a l e c o m e
Wyat t e P.J . Har v ey c he ne hanno in crociato i perco r s i n e g l i u l t i m i
anni. Va da sé , allo r a, c he il “ m et odo del rock and rol l ” s i t r a d u c a i n
un passato e presen t e s o n o r i c h e s i
compon go no in u na m us ic a aut ent icamente po po lare , c he c ioè appar tiene a tutti ed esis t e p e r t u t t i . U n
patrimonio che tras c e n d e g e n e r i ,
cultur e ed etn ie in un abbr ac c io af fratellante. Meglio a n c o r a s e , c o m e
ogni ta nto a ccad e, as s is t i allo s boc ciare di u na do lce m elanc onia, luminescenza che, pe r q u a n t o f a t i c h i
a definire, comprend i e s s e r e p a r t e
integrante di quanto s ’ a s c o l t a .
Simile nei presuppo s t i ( e t a l v o l t a
nella forma …) a lla P e n g u i n C a f é
Orch e str a , anche in q u e s t o d i s c o i l
pirenaico immerge u n ’ a v a n g u a r d i a
spens iera ta de ntro t anghi ( S m o g
On T h e Ve rmut), va lz er ( L a Ve d e t t e
D ’el M olin o, d a seg uir e c on gli oc chi...) e b lue s d i New O r leans ( L’u ) ,
oppure la inzup pa d i r it m i s udam ericani (The Ind ian Of The G r oup) e
caraibici (lo ska Il Luna Par k G alactic o, L e Barma n De Sat an) . A
sostenerlo, la disin v o l t u r a d i c h i
conosce più di quan t o d i a a v e d e r e
ma non lo a mmette , s ic ur o c he c on
la curiosità se ne po s s a s v a n i r e l a
magia. Non sia mai . Per at t ener c i
al qu i e o ra, in ag giunt a alle m ulticolori suggestioni d i c u i s o p r a , a
scompigliare le carte v i i m b a t t e r e t e
in cita zio nismi iro ni c i ( il r iff di All
D ay And All Of Th e N ight d i s f a t t o d a
E lvis Lo ve d Dog s), i n u n p i a n i s m o
para- amb ien tale mem or e di Sat i e
(C ata lan a d e Jazzz , l ’ i n c a n t a t a e
incante vo le Com Un R o s s i n y o l A m b
Mal De Quie xa l), in un Am or Br ujo allestito e pe nsat o per s é ( The
H alucin og en ic Esp ont ex Sinf onia:
62 sentireascoltare
favolosa), in ninne nanne d’incerta,
f av olos a pr o v e n i e n z a ( N o i a D e P o rc ellana: un a c o v e r d i P a u R i b a ) .
Sagacia, fascino e arguzia d’artista
in abbondan z a . ( 7 . 5 / 1 0 )
Giancarlo Turra
Pet Genius – S (Hydra Head /
Goodfellas, 23 ottobre 2007)
Genere: hard-low-folk
St ephen B ro d s k y , p i ù f a m o s o
c om e leade r d e i C a v e - I n , s e m b r a
av er dec is o , c o n q u e s t o s e l f - t i t l e d
del pr oget t o P e t G e n i u s - i n s i e m e
a Johnny C o o l b re e z e e a J R J o h n
Juni or ( s i c ! ) - , d i d e v i a r e v e r s o
ballate tra primo prog e hard-rock
( Doom s day ) ; p e r f a r l o c i c o n d u c e
in un per c o r s o v e r s o m e l o d i e q u a s i beat les ia n e e q u a s i P e t S o u n d s
c he inc r oc ia i n s e r t i d a s c a z z o p o n der at o alla P a v e me n t .
Certo Steve non è mai stato un monolite, come testimoniano una sua
recente creatura, i The Octave
Museum, come mille altre collaborazioni e side-project. Ma qui si
intravede una visione a ritroso che
può essere frutto di lenti più meditate, meno fugaci; una costruzione
più stabile. Ci sono infatti i Gentle
Giant dietro a Cosmic Erosion, oppure meglio i King Crimson dietro
T h e Vi s i t i n g D y n a m i t e r ; n o n m a n cano ritorni arrangiativi al metallo
pesante (Man Of The Mountain), o
divertissment di pata-swing-prod u z i o n e ( i l k a z o o d i Tr a s h H e a p
Swing, Emit Fo Deeps Eht Esare);
in generale si avvertono due matrici che intrecciano i loro output (e
garantiscono la solidità della loro
tradizione), la prima il blues (fucina a sua volta dell’hard), quasi
omnipervasivo, la seconda la melodia, appunto.
La c os a f or s e p i ù c u r i o s a ( m a n e anche troppo, perché conosciamo
già questa mossa) è che sul piatto
f inale, pur v i r a t o s u l p a s s a t o , v i e ne s er v it a q u e l l a s e n s i b i l i t à p r i m i
anni ‘90 che riprese l’hard rock dei
Set t ant a ( Wa l l s O f E t i q u e t t e , F l o a t
M y Boat , C h r o m a t i c B l u e s ) . C o m e
summa (nel senso di riassunto e
v er t ic e) dell a r i c e t t a , l a l e c c o r n i a è
Er as e The S p e e d O f Ti m e , c o n u n
d u e t t o e ff i c a c i s s i m o t r a c h i t a r r a ( e )
e batteria (la quale fa di tutto per
n o n p e r d e r s i u n c o l p o ) – u n b r an o
s t r a t e g i c o , m e s s o p o c o p i ù i n là
della metà del disco.
C’è comunque caso che questa rim a n g a u n a p a r e n t e s i d i B r o d sky,
c o m e u n s e c o n d o f i l o n e p o s t - C a ve In (fare un s/t presta il fianco arg o m e n t a t i v o a e n t r a m b e l e i p o t e si).
C h i v i v r à a s c o l t e r à ; e n o n o p e r a tevi
in gesti scaramantici. (6.7/10)
Gaspare Caliri
Pine Hill Haints - Ghost Dance
(K Records, 6 novembre 2007)
Genere: roots folk
E s a l a c o m e u n r u g g i n o s o f u o c o fa t u o c i m i t e r i a l e l a m u s i c a d e i Pine
H i l l H a i n t s , b a n d a c o n d u z i o n e se mi-familiare - i leader sono i coniug i J a m i e ( v o c e e c h i t a r r a ) e K atie
B a r r i e r ( m a n d o l i n o e w a s h b o a r d) con base a Huntsville in Alabama,
il cuore devoto all’aggressivo ventaglio sonoro che attraversa blueg r a s s a p p a l a c h i a n o , c o u n t r y f ol k,
h i l l y b i l l y, r a g e h o n k y t o n k . Una
m i s c e l a e s p l o s i v a c o m e u n a m i s sile
t e r r a - t e r r a s p a r a t o n e l p o l l a i o d ove
r a z z o l a n o i p r o d r o m i p u n k b l u e s , di
c u i s i c i b a n o p i ù o m e n o l e c i t a m en te tanti fenomeni più o meno da bar a c c o n e , t a l u n i b a c i a t i d a v a m p ir e s c o s u c c e s s o ( v o g l i a m o d i r e W hite
S t ri p e s ? M a s s ì , d i c i a m o l o ) e t a l a l tri appena sfiorati da una luce di rif l e t t o r e ( i t r a v o l g e n t i I m m o r t a l Lee
C o u n t y K i l l e rs ) .
Il merito dei Pine Hill Haints, che
fanno quel che fanno ormai da anni
(il qui presente Ghost Dance è o
dovrebbe essere il quarto album a
loro nome) è di non smettere l’aria
da busker band che gira la Nazione ad incendiare i granai con pezzi originali e traditional riesumati,
turn it on
Scorn - Stealth (Ad Noiseam, 12 ottobre 2007)
Genere: dark dub breakbeat
Chissà cosa è s uc c es s o a M ic k Har r is : pr im a u l t r a p r o l i f i c o e p o i i n c a d u ta ve rtica le c oinc is a c on l’ult im o album a n o m e S c o r n , P l a n B ( 2 0 0 2 ) . I n
mezzo , da al lor a a l’alt r o ier i, poc a r oba: u n l i v e ( L i s t O f Ta k e rs ) , u n a
co mpila a p ropr io nom e ( Hednod Sessi ons ) , q u a l c h e s i n g o l o e u n p a i o d i
cdr, niente in c o n f r o n t o a l l a f r e n e s i a d e l q u a d r i e n n i o 1 9 9 8 - 2 0 0 2 , p e r i o d o
ne l qu ale l’ex - Napalm Deat h e Paink iller a v e v a s f o r n a t o u n a c o s a c o m e
qu ara nta titoli ( e s ic ur am ent e s ono di più ) . A m b i e n t u l t r a i s o l a z i o n i s t a
(Lu ll), Drum’n ’Bas s ar ena ( Q uoit ) , pont i e r a g n a t e l e t r a C h i c a g o e B i r ming ha m. Pos t - r oc k e am bient dub di qua l u n q u e s p e c i e e p r o v e n i e n z a .
Già, u na pa us a di r if les s ione er ano in t ant i a c o n s i g l i a r g l i e l a e c o s ì è s t a to. Stea lth ro m p e g l i i n d u g i d o p o c i n q u e a n n i . P o s s i a m o a n c h e p e n s a r e
che arrivi nei n e g o z i s u l l ’ e c o d e i p l a u s i d e i c e ff i d e l l ’ h i p h o p p i ù d a r k e d e g l i a d e p t i d e l l a c r i c c a d u b s t e p . E Harris
è semp re Ha r r is , s pr of onda nella s ua t ec h fa n g h i g l i a a n c o r a u n a v o l t a : s e m p r e p i ù i n m o d u l a z i o n e d u b e su b fr e qu en ze , se mpr e più as c iut t o e m inim al in t e r m i n i d i s a m p l e e e ff e t t i a l e a t o r i . U n a ff a r e d i p a n c i a e m i r ag g i p o stgrind in magi c a r i c o n g i u n z i o n e t r i p h o p ( v i a Tr i c k y ) , u n i n c r o c i o d i r i t o r n i d i c u i i l n u o v o S c o r n p a r e f arsi carico
e n on a caso: t or nar e al lim bo har r is iano d o p o B u ri a l , B o x c u t t e r e M i l a n e s e è q u a s i o b b l i g a t o r i o , u n po’ come
immerg ersi ne lla pur ez z a ner a della c os a. E s e l ’ a t t a c c o è u n a S t r i p p e d B a c k H i n g e c o n q u e l b a s s o s pugnoso e
l’irresistibile r i n t o c c o d i m e t a l l o , c ’ è d a d r i z z a r e l e o r e c c h i e .
Il brano rappr e s e n t a p r o b a b i l m e n t e i l m i g l i o r e a f i r m a S c o r n d e l d o p o B u l l e n , q u a n t o a l r e s t o a b b i a m o un lavoro
co eso, avvo lgent e e par t ic olar m ent e at t ent o a l l a t i m b r i c a ( l e a t m o s f e r e f u r t i v e d i R o v e - d u b s t e p p e r, a d or a te l o ! - ,
la ma rzia lità d i una G lugged - im pos s ibile n o n o n d u l a r e i l c a p o ) . I n u n a m e t a f o r a ( n e a n c h e t r o p p o t a l e ) St e a lt h è
come una pot e n t e f u m a t a d ’ h a s c i s c . I s u o n i p a i o n o t a t t i l i . I l d u b s o n o p a r e t i m o b i l i a t t o r n o a n o i . C ’ è d a dire che
su l fina le la qualit à non è quella della pr im a p o r t e n t o s a t r i p l e t t a , a d o g n i m o d o c ’ è u n a l u n g i m i r a n t e T h e Pa l o m a r
ch e g ua rda indiet r o, alm eno f ino a Col ossu s . È u n r i n f r e s c o ( s i f a p e r d i r e ) c h e f a b e n e . C o n v i n t i ? ( 7 . 3 /1 0 )
Edoardo Bridda
sentireascoltare 63
scatenando un liberatorio inferno sotto ai front-porch e nell’anim a a ff l i t t a d a l l ’ i n q u i e t o v i v e r e . E
questo malgrado a produrli siano
n i e n t e m e n o c h e M r. K R e c o r d s i n
persona Calvin Johnson e quel
Ly n n B r i d g e s g i à a l l ’ o p e r a c o n u n
altro masticatore di fantasmi come
D e v e n d r a B a n h a r t . Ve n t i l e t r a c c e , u n a r a ff i c a g h i g n a n t e , e b b r a ,
infoiata, talora epicamente irreq u i e t a ( Wa k e U p ) o a m m o r b i d i t a d i
aloni fifties (Say Something, Say
Anything). Alla fine dei conti la proposta non è che una ri-proposta,
ma avvince come avvince per la
folgorante convinzione nei mezzi e
negli obiettivi, ciò che gli permette
di assalirci come kamikaze da una
frontiera violata. (6.9/10)
Stefano Solventi
dr one s ot t o c u t a n e o c h e e s p l o d e i n
f iot t i em at ic i d i s y n t h , s c h i a n t i m e t allic i e s t r a z i v o c a l i .
In Mayhem in the Mansion, Shivers
i n t he Shac k a r p e g g i a c i d i v e n g o n o
sostenuti dal drumming minimale,
m ent r e l’ha r m o n i u m d i J a i me F e n nel l y i n u n l e n t o c r e s c e n d o c r e a i
presupposti per uno stato di trance.
Quella dei Peeesseye è una forma
di ps ic hede l i a d i s t u r b a t a c o m e i l
sonno in preda alla febbre, colta da
spasmi e punteggiata da risvegli e
delir i c om e n e l l a c o n c l u s i v a ( Z o l t a n
I s ) M y New B i r d .
I tre newyorkesi conoscono i giusti
ingr edient i p e r f a r v i a g g i a r e l ’ a s c o l tatore senza ricorrere a pozioni
apoc alit t ic h e , s p e s s o p i ù s o p o r i f e re che psichedeliche, e barbe finte
da freakettoni weird-folk. Ma sono
troppo crudeli per non interrompere
br us c am ent e i l t r i p .
I suoni slittano e precipitano, le
percussioni invece che reiterate e
ipnotiche sono spesso caotiche e
dis t ur bant i e F ri t z We l c h p e r a u mentare l’entropia alterna anatemi
is t er ic i a m a n t r a s p a s t i c i .
La forza del disco è proprio nei
c ont r as t i t r a s u o n i d i l a t a t i e i n t e m per anz e r um o r i s t e , n e l l a s o v r a p p o sizione di continuo e discreto che
c r e a u n ’ a m a l g a m a a ff a s c i n a n t e e
aliena. ( 7. 5 / 1 0 )
Paolo Grava
Peeesseye - Mayhem In The
Mansion, Shivers In The Shack
( E v o l v i n g E a r, 2 0 0 7 )
Genere: free-noise
I Peeesseye, partiti all’insegna
dell’improvvisazione
rumorista,
hanno in seguito incamerato elementi rock plasmando un suono
indefinibile e personale che si rifà
alla tradizione folk senza perdere
un grammo del suo carattere innovativo.
D urante gli o tto min ut i di M oon Vegetable s la ch itarra di Chr i s For syth tesse la tram a d i u n b r a n o
costellato di framm e n t i p e r c u s s i v i
e nenie d eme nti, m ent r e c on Plastic Gra ss si piomba i n u n v o r t i c e d i
ammassi noise, aritm i e p e r c u s s i v e ,
intem pe ran ze vocali c he r im andano
al catalo go Skin Graf t .
R idin g On The Cu rly Head O f A M an
F rom Con ey Isla nd I n A 280ZX è u n
64 sentireascoltare
The Pyramids – Self Titled
(Domino / Self, 9 novembre
2007)
Genere: garage rock, psych
Se ne fa un gran parlare, di questi
Pyramids. C’è chi dice che siano
meglio degli Archie Bronson Outfit, il gruppo principale da dove
provengono il batterista Mark Cleveland e il cantante e chitarrista
Sam Windett. Ed in effetti la stoffa
in questo lavoro eponimo c’è. Un
pastone di garage rock psichedelico
come ormai neanche i Comets On
Fire sono in grado di fare. Una caciara maestosa per fricchettoni post
datati dalla lacrimuccia facile per i
bei tempi che (non) furono. Amplificatori valvolari e svisate lisergiche
spalmati su dieci brani che puzzano
di sudore sulle ascelle e forfora sui
capelli. White Disc Of Sun dà il via
alle danze dopo la falsa partenza rumoristica di Pyramidy, ed è il trionfo
dell’acidità riverberata all’eccesso.
Piblokoto è un’ossessione sonora
reiterata per cinque lunghissimi minuti, ed è l’apoteosi rock’n’roll dei
Pyramids. Guitar Star è il classico
“intoppo”
stilistico
nell’altrimenti monolitica sequenza di canzoni:
una serie di arpeggi sospesi il cui
unico scopo è far riprendere fiato
all’ascoltatore.
I Pyramids pare che abbiano registrato questo disco durante un pomeriggio di improvvisazioni. Si sente la botta da presa diretta. Si sente
il tiro rock. Si sente la fibra vigorosa dei brani. Per diventare un album
imperdibile sarebbe stato preferibile
minor cazzeggio e maggior talento.
Ma tant’è. Se si deve parlare di capolavoro – come taluni fanno – tanto vale specificare meglio la portata
del giudizio. Capolavoro forse, prescindibile senz’altro. Niente male,
in fin dei conti. Anche se detta così
sembra un ossimoro. (6.9/10)
Manfredi Lamartina
R a y D a v i e s – Wo r k i n g M a n ’s
Café (V2, ottobre 2007)
Genere: rock pop
A chi scrive, nonostante fosse l’attesissimo esordio solista di un signore
che sta sulle scene da quaranta e
passa anni, Other People’s Lives
(2006) non era poi troppo piaciuto.
Più per la refrattarietà all’idea di un
Ray Davies maturo e rock oriented,
più U.S. che U.K. (da anni vive a
New Orleans, dove quasi ci lasciava
la pelle dopo un tentativo di rapina),
così apparentemente diverso dalla
sua veste “classica” di acuto, visionario e ironico storyteller. E nemme-
no uno dei tanti: lo storyteller per
antonomasia (come da titolo di un
suo disco-happening del ’98), colui
che seppe raccontare – fustigandoli
e deridendoli - grandi e piccoli difetti dell’animo umano, attraverso
la sua Inghilterra, fissando al contempo nuovi canoni per il pop intero
(brit, che ve lo diciamo a fare).
Si sarà capito: impossibile guardare
al Ray Davies di oggi senza pensare
a quel Ray Davies. Beh, fare marcia
indietro ci viene naturale di fronte
a Working Man’s Café, un disco
che obiettivamente dimostra quanto l’ispirazione dell’Uomo oggi sia
più che mai vivida, vivace nel commentare il presente - tanto il nostro
quanto il suo -, vestendolo di mestiere quanto basta (i sessionmen
di Nashville fanno dignitosamente il
loro lavoro). Epperò con una verve
subito evidente dalle due prime cartucce sparate, Vietnam Cowboys e
You’re Asking Me (kinksiane oltremodo, e come altro, sennò?), proseguendo poi in un percorso che si
fa rock, soul, pop, in una maniera
che tuttavia va ben oltre il farti chiedere “where have all the good times
gone?”. Che basterebbe solo quello, in fondo; e invece Ray ci mette ancora una volta del suo, vedi le
autobiografiche title track e Morphine Song, talvolta inciampando (la
quasi Springsteen-iana Peace In
Our Time, strana per le sue corde),
aggiornando antichi fasti ricoprendoli d’urgenza odierna (The Voodoo
Walk, No One Listen), per portare
infine il risultato a casa. Non si può
chiedergli di meglio, no. (Da mettere sullo scaffale accanto al recente
ritorno di Edwyn Collins.) (7.0/10)
Antonio Puglia
O m a r R o d r i g u e z L o p e z & Ly d i a
Lunch – Self Titled (Willie Anderson, 8 ottobre 2007)
Genere: prog
Appena prima di ascoltare questo
disco, pensavo contento, in un apice di nerditudine critico-musicale:
“so già cosa mettere sotto la voce
“ g e n e r e ” ; s a r à N O - P R O G ! ” . Av e s s i
ascoltato prima il disco di collaborazione di qualche mese fa tra
Omar e Damo Suzuki, avrei titubato; ma sono bastati cinque minuti di questo EP che mette insieme
Ly d i a L u n c h – p i l a s t r o d e l l a N e w
Yo r k t r a S e t t a n t a e O t t a n t a – e
Omar Rodriguez-Lopez – artefice
del passaggio At The Drive-in /
M a r s Vo l t a – p e r r i c r e d e r m i ; o m e glio, semplicemente per togliere la
particella “no”.
C e r t o , Ly d i a l a d i a b o l i c a ( e p r a n z i fera) non è mai presenza timida; i
titoli dei brani mi siano a testimonianza, e le sue spoken-word antimaschiliste, anti-religiose, antis o c i a l i , f i l t r a t e d a v o c o d e r, e c h i
e riverberi. Ma sotto di lei c’è un
flusso progressivo e sfrenato che
sembra una traccia sola - ma vi accorgerete che non è così dopo che
un quarto d’ora di ascolto non vi
avrà dato l’impressione di alcuna
soluzione di continuità, guarderete
lo stereo e la traccia sarà la 4 o
l a 5 . M a s o p r a t t u t t o s o t t o Ly d i a s i
dissimula una specie di jam degli
Experience di Jimi Hendrix in posa
da BBC Sessions, del tutto fuori dal tempo e dalla cogenza, che
spumeggia tecnicisticamente fagocitando la voce della sciamana.
Un risultato piuttosto pallido, se
si guarda il voto, ma frutto di due
spinte opposte che sostanzialmente si annullano; l’una di entusiasmo per l’esperimento, l’altra di
minimizzazione di uno degli addendi, quello da cui più mi aspettavo
qualcosa. (6.0/10)
Gaspare Caliri
Sambassadeur
–
Migration
(Labrador / Goodfellas, 24 ottobre 2007)
Genere: pop
Niente di nuovo sotto il sole della
Sv ez i a , o f o r s e , v i s t o i l p e r i o d o , s a rebbe meglio dire sopra il gelo di
G ö t e b o r g . I S a m b a s s a d eur se ne
e s c o n o c o n l a l o r o s e c o n d a fa ti ca
s e m p r e l i c e n z i a t a d a l l a L a b r a d o r,
l o r o c o n n a z i o n a l e e t i c h e t ta. Quale
s i a l a s t r a d a i n t r a p r e s a d a q u e st’ u l t i m a è o r m a i c o s a a c c e r t ata e, visti
g l i e c c e l l e n t i r i s u l t a t i , c o nfermata.
L a s t e s s a c o s a s a r e b b e s ta ta p o ss i b i l e a ff e r m a r l a a n c h e p er la band
i n q u e s t i o n e s e s o l o a v e sse p r o c e d u t o s u q u e l c r e p u s c olare pop
c h i t a r r i s t i c o d i p i n t o a d acquarelli
n e l l o r o o m o n i m o a l b u m di debutto.
O r a , n o n c h e q u e s t o M i g r a t ion sia
u n d i s c o m e d i o c r e , a n z i : le canzoni
s o n o t u t t e d i a m p i o r e s p i r o e di una
s o l a r i t à c o n t a g i o s a . M a ciò che ci
l a s c i a p e r p l e s s i è i l p e r ché questi
q u a t t r o s v e d e s i a b b i a n o in parte
a b b a n d o n a t o q u e l l o r o m uo ve r si i n
p u n t a d i p i e d i i n u n c o n te sto m o d e r a t a m e n t e m a l i n c o n i c o fatto di
d e l i c a t e t r a m e c h i t a r r i s t iche, dal
s a p o r e s h o e g a z e i n b a s s a fe d e l tà ,
p e r a v v i c i n a r s i p e r i c o l o s am e n te a
u n p o p a n n i O t t a n t a , c o mposto da
f a c i l i e a l l e g r e m e l o d i e c o n tastiere
i n p r i m o p i a n o . I m m a g i n a te vi i B e ll e A n d S e b a s t i a n a b r a c ce tto co n i
J e s u s A n d M a ry C h a i n p assati nel
frullatore degli Abba.
Q u i n d i , b o c c i a r l i s e n z a ritegno?
N o n p r o p r i o . I l f a t t o è c h e i Sa m b a s s a d e u r t u t t o q u e l l o c h e fanno, lo
f a n n o b e n e e b a s t a a s c o l ta r e ca n z o n i c o m e l a t i t l e t r a c k , T h e Pa r k e
S o m e d a y We ’ r e T h r o u g h per capire
i l l i m p i d o t a l e n t o p o p p o s seduto dai
N o s t r i . R e s t a f u o r d i d u bb i o p e r ò
c h e p e r n o i M i g r a t i o n r a ppresenta
u n p i c c o l o p a s s o i n d i e t r o rispetto
a l p r e c e d e n t e l a v o r o e c he rischia
d i f a r c a d e r e A n n a P e rs s on e soci
i n q u e l l ’ o c e a n o d i a n o n i ma to d o ve
m o l t e b a n d a r r a n c a n o p e r n o n a ffo g a r e . I n f a t t i , è t u t t a u n ’ a l tr a sto r i a
sentireascoltare 65
quando il passato p r o s s i m o v i e n e
evoca to in alcun i p as s aggi dell’album: la riuscitissim a r i l e t t u r a d i
F allin g In Lo ve d i Denni s Wi l son
e la stru men tale Calv i, c o s ì i n t r i s e
di malinconica belle z z a , f a r e b b e r o
ben sperare in un fu t u r o c a m b i o d i
rotta. Per il momento , p r o m o s s i c o n
riserva . (6.0 /10 )
Andrea Provinciali
Sarin Smoke – Smokescreen lp +
cd (Three Lobed, settembre 2007)
I t C h a r s O u r L i p s Ye t S t i l l W e
D r i n k 1 2 ’ ’ ( W h o l l y O t h e r, s e t tembre 2007)
Genere: guitar landscapes
S arin Smoke, o vver o la c ollaborazione ch e n on t’as pet t i. Se Tom
Carter è uso, spec i a l m e n t e n e l l e
prove al di fuori del l a c a s a m a d r e ,
pasteggiare a base d i d e s e r t i c h e e
visionarie elucubraz i o n i d i c h i t a r r a ,
Peter Swanson, not o a i p i ù c o m e
Yellow Swa ns , è av v e z z o a s u o n i
decis ame nte più lan c inant i.
L’inco ntro tra i d ue non s i t r as f or ma, pe rò, in un o scont r o, c om e s arebbe immaginabile , m a m e t t e i n
evidenza le capacità t r a s f i g u r a t i v e
di S wan so n. A dispet t o del br ut ale pedigree noisy, n i e n t e f o l a t e d i
rifiuti industriali, m a l a p r e z i o s a
capac ità d i pie ga rs i a dis t es e di
suoni più pacati m a u g u a l m e n t e
destab ilizzan ti. Le c hit ar r e duet t ano in una serie di t r a n c e - o u t s p e r
chitarra elettrica che i n n a l z a n o u n a
vera e propria cor t i n a f u m o g e n a
emozion ale da va nti agli oc c hi/ or ec chi deg li asco ltato ri, il c ui c ont inuo
e rip etitivo fra ng ersi di not e s pogliate d ise gn a la nd s c apes dal f or te impatto allucinat o e a l l u c i n a n t e
come un Fa he y d isid r at at o e s enz a
ambizioni.
R oba ch e sep pu r rar ef at t a è int ensissima e urticante, e s i a p p i c c i c a
al cervello in manie r a l a n c i n a n t e .
A scolta te Bloo d Window e d i t e m i
se non gronda san g u e d a l v o s t r o
impianto ste reo .
N el 1 2” g eme llo u scit o per la W holly Oth er di Tom il d is c or s o non c am bia. I tre p ezzi Untit led del lat o A
si rigenerano in ric h i a m i o r i e n t a l i
(U ntitle d 1), in gorg o g l i i s o m m e s s i
(U ntitle d 2) e in u na ipot es i di m elodia d a weird -folk sinuos o e def or -
66 sentireascoltare
m e ( Unt it led 3 ) . I l m a n d a l a d e l l a t o
B del picture, opera di Liz Harris
di G r ouper, i n v e c e , l a d i c e l u n g a
sull’intento trance-inducing della
c ollabor az io n e . C h e s i s p e r a v i v a mente non sia secondaria, né tanto
m eno es t em p o r a n e a . ( 7 . 0 / 1 0 )
Stefano Pifferi
Savage Republic – 1938 (Neurot
/ Goodfellas, novembre 2007)
Genere: trance rock
È pur v er o e n o n a b b i a m o m a n c a to a riferirlo che i Savage Republic
di oggi sono altra cosa. È pur vero
c he Br uc e L i c h e r e P h i l i p D r u c k e r
da tempo gravitano altrove, ma è
olt r em odo v e r o c h e q u a l c h e s o f f it t o, i r edivi v i c a l i f o r n i a n i , a n c o r a
oggi lo s c u o t o n o . Q u i n d i e v i t i a m o
f r as i f at t e d e l t i p o “ e h , p e r ò i p r i m i
dis c hi… ” , “ u h , s e m i o n o n n o f o s s e
anc or a v iv o ” e p o n i a m o c i s u l p r e s ent e. As s o d a t o , d u n q u e , c h e i f a s t i del pas s a t o s o n o l ì e n e s s u n o
li s c alf is c e, a s s o d i a m o a n c h e c h e
1938 e s ì u n d i s c o d i a t t e m p a t i
t r a n c e - r o c k e r, m a a d a v e r c e n e o g g i
di gruppi forti, in prospettiva, di una
“vecchiaia” pari a quella dei Savage
Republic ( p e r d i r e , v o i c o m e l ì v e det e i Tv O n T h e R a d i o t r a v e n t ’ a n ni, c os i in fo r m a ? D u b i t o … ) .
Dopo quas i q u a t t r o l u s t r i d i a s s e n z a t em ev am o u n f u l l l e n g t h m a l e
assortito, ed invece questo è un
lav or o es t r e m a m e n t e o r g a n i c o , c o n
apogei di a c c e c a n t e b e l l e z z a q u a li Car av an – d i c i a s s e t t e m i n u t i d i
Joy Di vi si o n i n f l u e n z a t i d a g l i H i g h
Ti de e per si i n u n a t o r r i d a j a m v i s ionar ia – e l a c h i u s a P e k i n g . 1 9 3 8
già la c on o s c i a m o ( c o m e a n c h e
M ar s hall Tito , M o n s o o n e S i a m , t u t te nel mini dello scorso marzo) ed
ancora riesce nel cristallizzare il
t e m p o , t a n t o d a f a r c i d i r e – a t t i r an d o c i s i c u r a m e n t e l e i r e d i q u a l c uno
– c h e l ’ a s s e n z a d e i p e z z i g r o s s i di
cui sopra (che erano il motore dell a b a n d ) p a s s a q u a s i i n o s s e r v ata .
C o s i c o m e S i a m a n c h e 1 9 3 8 v ede
l a g r i ff e N e u r o t , e l e s o l e p a r o l e di
S c o t t K e l l y - “ P o c h i a r t i s t i s i p o ss o n o r e a l m e n t e d e f i n i r e u n i c i . A r ti s t i c h e c o l m a n o i v u o t i d e l l a n o stra
a n i m a . I S a v a g e R e p u b l i c a p p a r t en g o n o a q u e s t a r i s t r e t t a c a t e g o ria.
S o n o i l s u o n o c h e p r e d a t a i l f u t uro
e ci ricorda il passato.” – bastano a
t o c c a r c i l ’ a n i m a . C h a p e a u . ( 7 . 0 / 10 )
Gianni Avella
Henrik Schwarz - Live (!K7,
2007)
Genere: elettronica profonda
I l s u o D j K i c k s , c o n c o n t r i b u t i tra
gli altri di Pharoah Sanders, Marv i n G a y e , D ’ A n g e l o , p u ò e s s ere
considerato il più “nero” della serie.
H e n r i k S c h w a r z t o r n a c o n a l b u m dal
vivo che prosegue nel segno della
b l a c k m u s i c . Q u e s t ’ a n n o a b b i amo
a s s i s t i t o a l d e f i n i t i v o t r a m o n t o dei
s u o n i m i n i m a l i , a l i e n i e g l a c i a li e
all’esplosione dei groove caldi e
d e l l e s o n o r i t à a v v o l g e n t i e m u s co l a r i . H e n r i k d a R a v e n s b u r g f a r c i sce
i p r o p r i s e t c o n a b b o n d a n t i d o s i di
j a z z , f u n k e d u b , c h i l ’ h a v i s t o dal
vivo sa cosa aspettarsi.
S i p a r t e n i e n t e m e o c h e c o n S un
R a , m e n t r e i l p a d r i n o J a m e s B r o wn ,
già presente nel Dj Kicks con Sinc e Yo u ’ v e B e e n G o n e , v i e n e o m ag g i a t o c o n i l r e m i x d i I t ’s a M a n´s
Wo r l d . U n i n s o s p e t t a b i l e B o y Ge o r g e c o m p a r e c o m e g u e s t d e i D ark
G l o b e n e l l ’ i n c a l z a n t e b o m b a s o u lful
Atoms, Leave My Head Alone Brain,
g i à f r u t t o d i r e m i x d a p a r t e d i O s un -
turn it on
The Heliocentrics – Out There (Stones Throw / Goodfellas, 1 ottobre 2007)
Genere: psych funk groove
Qu est’an no va nno di m oda il c os iddet t o r ar e g r o o v e e I l k i t s c h d é m o d é . O
p er lo me no a noi piac e pens ar e c he c er t e c o i n c i d e n z e n o n s i a n o t a l i . L u k e
Viber t e Per rey appena un m es et t o f a s t r i z z a v a n o l ’ o c c h i o l i n o a l l ’ E x o t i c
Mo og di Mar t i n Denny; i Beast i e Boys que s t ’ e s t a t e s i s o n o c a l a t i p e r f e t ta men te in un a v er s ione ins t r um ent al lounge e a n c o r a M a d l i b e M . I . A . c h e
rubano al ten t a c o l a r e r e p e r t o r i o d i B o l l y w o o d , e q u a l c h e m e s e i n d i e t r o
King Br itt a d ant ologiz z ar e, c on t ut t a la s ci e n z a d e l c a s o , u n p r i m o v o l u me di chicche r i e c o s m i c j a z z d a f a r v e n i r e l a b a v a a l l a b o c c a a q u a l u n q u e
musical antiqu a r i o . I n f i l i a m o c i p u r e l a c o p e r t u r a c o s t a n t e d e l l e p r o d u z i o n i
Su blime Freq uenc ies , Finder s Keeper s , Vam p i s o u l e S o u l J a z z . È i l p a n o ra ma d i un a n uov a “ gener az ione c oc k t ail” , q u e l l a c h e a l c i n e m a v a i n b r o d o d i g i u g g i o l e d i f r o n t e a l l e s tr i zza ti n e
d ’occh io ma rc at e anni ’70 dei G r i ndhouse d i Ta r a n t i n o e R o d r i g u e z e n o n d i m e n t i c a c h e q u e s t o è l ’ a n no in cui è
morto James B r o w n e h a n n o d a t o l ’ O s c a r a d E n n i o M o r r i c o n e . È i l q u a d r o g e n e r a l e d e n t r o c u i s i c o l l o c a un disco
come quello d e g l i H e l i o c e n t r i c s , m u l t i f o r m e c r e a t u r a d i M a l c o m C a t t o , u o m o d i p e r c u s s i o n i e r i s t a m p e funk-soul.
Un Intro e u n O ut r o d a l p i g l i o c i n e m a t i c o : c a m p i o n a m e n t i v o c a l i , b a t t e r i e t r a t t a t e , e l e t t r o n i c h e t t a v i n t a g e, chitarre
a cid e d a trip c alif or niano. Nel m ez z o? Un’op e r a z i o n e c h i r u r g i c a d o v e i l c a d a v e r e d i u n j a z z g i à t r a s f i g u ra to vi e n e
sezion ato a colpi di bis t ur i hip hop ( Dis t ant S t a r , S i r i u s B , U n t i t l e d , B e f o r e I D i e ) e l a m e f u n k ( O n c e U p o n a Ti m e ,
Be yo nd Rep air , The Zer o Hour, J oy r ide) c o n i n n e s t i d i n a r c o l e t i c a p s i c h e d e l i a , c a m p i o n a m e n t i c i n e m a ti ci , i n fe zioni cosmich e . Q u e l l o d e g l i H e l i o c e n t r i c s è u n g r a n d e G r i n d h o u s e d i m u s i c h e o l d s t y l e . E n e l d i s c o c ’ è di tutto,
d i più . Tirate ac id f unk da poliz iot t es c o c he n e m m e n o D e A n g e l i s e M i c a l i z z i ( B e y o n d R e p a i r , J o y r i d e ) , congegni
a stra l ja zz d a odis s ea s paz iale c he guar da n o a S u n R a e M a r c u s B e l g r a v e ( T h e A m e r i c a n E m p i r e , Age of the
Su n), sin istre s c eneggiat e ex ot ic he da giallo - t h r i l l e r i t a l i a n o c h e s o l o M o r r i c o n e ( A Wo r l d o f M a s k s , S o u nds of the
Ea st). Alle pre s e c on la c ov er di Wint er Son g d i N i c o , g l i H e l i o c e n t r i c s p a r t o n o i m m e d i a t a m e n t e p e r l a tangente
e la tra sfig ura no in una nenia c os m ic a, c on b u o n a p a c e d e l l e p r e t e s e n e o c l a s s i c h e d i J o h n C a l e . O u t The r e è
l’unico disco c o n t e m p o r a n e o i m m a g i n a b i l e c o m e m u s i c a d i s o t t o f o n d o p e r i l b a l l e t t o d i B a r b a r a B o u c h e t nel night
d i Milano Ca l i br o 9. I ns om m a… m at er iale p e r u n c u l t o i s t a n t a n e o . ( 7 . 5 / 1 0 )
Antonello Comunale
sentireascoltare 67
lade, è lo zenith de l d i s c o . Tu t t o i l
disco vie ne pe rco rs o da r it m i f ebbrili per balli ad a l t a d i s p e r s i o n e
sudor ife ra, in un d elir io di ( c ontrab)bassi pulsanti, s a x m a e s t o s i i n
loop frenetico, piano f o r t i i n c a d u t a
libera. Hu ge de ep ne s s ! ( 6. 5/ 10)
Paolo Grava
smo) preferisce una lucida autoip n o s i ( Wi s m u l t , E p i r e x M o t o r e l a
migliore del lotto ovvero l’alt-take
d i Wi s m u l t i n c o d a ) , o p p u r e , n e l p i ù
tipico dei casi, uno scandaglio della classica tematica dell’industria(l)
o dell’anima dei Robot (Rawema).
Non un tanto gioco di manopole analogiche, piuttosto una laptop music eminentemente ritmica
e razionale, svolta in un platter
compatto ma abbastanza vario da
allontanare ogni idea di concept
(vedi anche Richie Hawtin).
Robot r on è p r o b a b i l m e n t e l a d e f i nit iv e t hing: u n b u o n p r o d o t t o d i g e nere confezionato secondo cliché
per i quali n o n s i p o s s o n o g i u s t i f i c ar e elogi i n c o n d i z i o n a t i o s o p r a v valutazioni unicamente sulla linea
di una c on c e t t u a l i t à e x t r a - m u s i c a le. ( 6. 5/ 10)
Edoardo Bridda
Signal - Robotron (Raster-Norton, settembre 2007)
Genere: electro glitch
Cosa potrebbe accadere se il boss
della Raster-Norton si rimettesse
con Frank Bretschneider e Olaf
Bender sotto la sigla Signal e pubblicasse un album frutto di cinque
a n n i d i l a v o r a z i o n e t r a B e r l i n o , To k yo e Chemnitz (il luogo dove la label iniziò la produzione nel 1999)?
Sembra la classica premessa per
un lavoro che si misura con lo stato
dell’arte della produzione art-tronica tedesca. E così di fatto pare
Robotron, prova sulla lunghissima
distanza di Signal (il precedente
album era datato 2000), caratterizzato da beat ipnotici, micro glitch
e in generale un approccio conciso
e minimalista tipico della casa, che
tuttavia preferisce un linguaggio
architettonico funzionale allo studio delle superfici o all’inserto delle stesse (leggi noise). Robotron è
dunque l’essenza della cosa: Brain
dance (c’è del funk trasfigurato),
ma non nello stile Rephlex (non
ci sono breakbeat) bensì in quello
dei Pan Sonic, un’evoluzione artica
della techno, un tribalismo (passatemi il termine) zen che apre alla
trascendenza meditando in un white
c u b e . A d i ff e r e n z a d e i f i n n i c i p e r ò ,
troviamo un corpus concettuale che
alla forza d’urto (o all’isolazioni-
68 sentireascoltare
Six By Seven – If Symptoms
P e r s i s t , K i l l Yo u r D o c t o r ( S a t urday Night Sunday Morning
/ Goodfellas, dicembre 2007)
Tw e l v e – 0 3 ( S a t u r d a y N i g h t
Sunday Morning / Goodfellas, 8
agosto 2007)
genere: space rock
/ kraut, ambient
Non è dato sapere se i Six By Seven
oggi sono la maggiore preoccupazione per Chris Olley; dopo il lancio del progetto electro-clash Fuck
Me U.S.A. (in tandem con il tastierista James Flower), che è apparso
perfino sul palco di Glastonbury la
scorsa estate, il dubbio è lecito. Di
fatto, non solo la vecchia band si è
ricompattata, nonostante l’annunciato - e naturale…- scioglimento
di due anni fa, per di più contando il ritorno clamoroso del figliol
prodigo Sam Hempton (chitarrista
noise che impresse a fuoco i primi
due, ottimi e ad oggi insuperati –
a l b u m , T h e T h i n g s We M a k e e T h e
C l o s e r Yo u G e t ) . È i n o l t r e u s c i t o ,
anche se in sordina – as usual:
è la dura via dell’indipendenza -,
quello che è possibilmente il più
sperimentale e “battagliero” - vedi i
titoli - dei dischi del gruppo di Nottingham: otto lunghe tracce prevalentemente strumentali, molto
trancey e psichedeliche, ricolme di
d r o n e s a l l a Te r r y R i l e y ( N a t i o n s ) ,
esplosioni shoegaze, ballad tecnovelvettiane (Radio Silence), ossessioni space-kraut alla Spiritualized
e blues ambient apocalittici (World
Army). Praticamente tutto come
al solito, non fosse per un piccolo
particolare: mancano il rock (dov’è
mai finita la batteria?) e soprattutto il pop. Lo interpretiamo come un
bel salto in avanti - o all’indietro,
se preferite - rispetto alle deboli
derive pseudo-easy-wave o fintorock degli ultimi anni, e questo è
senz’altro un bene. (6.7/10)
D’altronde che a Chris del rock ormai importi davvero poco lo si cap i s c e a n c h e d a l t e r z o d i s c o d a lui
p u b b l i c a t o s o t t o i l m o n i k e r Tw e l ve,
s o l o p r o j e c t c h e p o r t a a v a n t i o r mai
d a q u a l c h e a n n o . 0 3 è u n - a ff atto
v e l a t o - t r i b u t o a l k r a u t e a l l a ko s m i s c h e m u s i k , a p a r t i r e d a i t i toli
i n t e d e s c o ; e i m m a n c a b i l m e n t e te d e s c o s u o n a i l d i s c o c o n l a t r i ade
C l u s t e r / K r a f t w e r k / N e u ! a b e n ed i r e d a l l ’ a l t o ( s e n t i t e r i s p e t t i v a m e nte
Tr a u m , E s c h e r , Wo l k e n ) . I l r i s u l tato, ancor prima che pretenzios o - n o n p o s s i a m o a c c u s a r e d i ci ò
un musicista che mantiene uno dei
p r o f i l i p i ù b a s s i d e l l ’ o r b e t e r r a q ueo
- è piuttosto noiosetto. (6.0/10)
Antonio Puglia
Starving
Weirdos
–
Shrine
Of
The
Post-Hypnotic
(Root
Strata,
2007)
Sudden Fear DVD (Cut Hands,
novembre 2007)
Genere: drone apocalypse
Dalla California continuano ad arrivare colonne sonore di una apocalisse annunciata. Gli Starving
We i r d o s s o n o c o m e g l i a b o r i g e n i
di una civiltà che si prepara psicologicamente alla fine e tutto sommato gioca ad annientarsi ancor
prima di arrivare alla data di scadenza. Musicalmente ti calano in
un ruvido stato allucinatorio, una
dimensione parallela dove droni e
percussioni arrivano da una distanz a s i d e r a l e ( C r e w e l l , Wa r t i m e S u n rise). È un metodo senza rifiniture
fatto di note sostenute e tensioni
che sanno tendersi fino allo spasimo (Droned And Poned). Non è
un caso che uno dei brani del loro
precedente disco si chiamasse Plastic Gagaku. Il modo di improvvisare è simile a quello degli ensemble
di corte giapponesi. In entrambi i
casi, abbiamo musiche che annullano i ritmi, le strutture, le inflessioni, i contorni. Sospensione e ipnosi che possono essere agevolate
anche con un uso sapiente dei field
recording (Shrine Of The Post-Hypnotic), in tutti i casi questa musica è come un cinema dell’illusione,
ma non diretto alle orecchie, bensì
alla mente. Così come le immagini
(e le inquietudini) che si intuiscono nello sguardo fantasma di Joan
Crawford, eroina di Sudden Fear. I
We i r d o s s c e l g o n o u n c l a s s i c o n o i r
diretto nel 1952 da David Miller
per una performance multimediale
al terzo Annual Experimental Film
& Music Night in Humboldt. Il DVD
edito da Cut Hands contiene il montaggio video fatto da loro stessi e
la musica improvvisata in quell’occasione. Uno score di tremuli, sospiri, echi abissali, che si insinua
nei chiaroscuri espressionisti della
pellicola e ne rovescia gli angoli. Il
loro montaggio altera così tanto la
pellicola (rallenti, sovrimpressioni,
dissolvenze) che sembra quasi che
per una volta siano le immagini ad
adattarsi alla musica, anziché viceversa. Ovviamente hanno scelto un
n o i r, p e r c h é i l n o i r è i l g e n e r e m e tafisico per eccellenza. (7.5/10)
Antonello Comunale
Steve Jansen – Slope (Samadhisound / Self, dicembre
2007)
Genere: elettronica, ambient
Intimamente conservatrice eppure
progressista, la Sylvian family lo è
da sempre. Sin da quando David e
il fratello Steve erano nei Japan e
ancor di più quando il primo intraprese, sempre con l’aiuto del secondo, la carriera solista. Il canovaccio si caratterizza, oggi come
allora, dal crooning adult-intimista
del cantante e dall’essenzialità del
batterista quando è semmai l’arrangiamento, di volta in volta, a
cambiare e caratterizzare i lavori.
Arrangiamento che si traduce in
numerosi ospiti, in combinazioni
di essi, sempre illustri e dal sicuro impatto (Fripp, Hassell…). Pure
il bel Blemish, benché rivestito al
qbase non inganna, ci troviamo i
consueti modi dei due e Derek
Bailey a giocare in contrappeso,
come identico (se non retroattivo)
il nuovo progetto con Burnt Friedman, Nine Horses, firmato sotto
moniker non a tre.
Le e t i c h e t t e , e n e m m e n o i c o m p u t e r, c a m b i a n o a d o g n i m o d o u n a
s os t a n z a c h e s e è v a r i a t a i n q u e s t i an n i n o n è d i c e r t o n e l l e d i n a m i c he d i b a s e , s e m m a i a m u t a r e è
la portabilità della tecnologia - con
la qu a l e l a c o p p i a h a p r e s o d e c i s i va confidenza - il fattore chiave. La
Sam a d h i s o u n d n o n è c h e l ’ e s c r e scenza più visibile di un nuovo
m odu s o p e r a n d i p i ù i n p i c c o l o , p i ù
v e l o c e e a ff i d a b i l e . L a p t o p e l a b e l
di proprietà dunque, come ideale
piattaforma per pubblicare album in
un t e m p o r a g i o n e v o l e e s e n z a t r o p pi dispendi economici e soprattutto
di tempo (David e Steve abitano tra
L o n d r a , N e w Yo r k e i l G i a p p o n e ) .
In conseguenza di tutto ciò, il primo
album s o l i s t a d i S t e v e J a n s e n a r r i va soltanto ora. È un nuovo-vecchio
album i n f a m i g l i a , c o n S y l v i a n n a t u ralmente (in due brani) e gli ospiti in
j o i n t v e n t u r e . S i d i c e v a d el laptop,
s e n e f a u n u s o i m p o r t a n t e, tuttavia
n o n m a n c a i l p r o v e r b i a l e suonato
e s o p r a t t u t t o , a m m e t t e lo stesso
b a t t e r i s t a , q u e s t o è u n l a vo r o su l l a f o r m a - c a n z o n e . S i t r a t t a perlopiù
d i e l e g a n t i l a n d s c a p e d a l l e ritmiche
c h i r u r g i c a m e n t e s c o m p o ste, sulle
q u a l i u n a m a n c i a t a d i c a n ta n ti p u n t e g g i a n o l a c o n s u e t a u m a n i tà e l e g a n t e e d e s s e n z i a l e ( u n a splendida
d i v a d i g i t a l - s o u l , s i m i l e all’ultima
N i o b e , A n j a G a rb a re k , i n C a n ce l l e d P i e c e s , l a c r i s t a l l i n a N i n a Ki n e r t
i n P l a y g r o u n d M a r t y r s ( R eprise) e,
d i c i a m o , u n S y l v i a n p i ù se cco , o vv e r o , T h e o Tr a v i s i n S l e e p ya r d ).
La cifra soul-noir del lavoro, la sua
u n i t à c h e s i g u s t a c o m e u n b r a n d y,
è ancora la medesima e questa,
signori, è musica adulta, adattamento per grandi d’arrangiamenti
software fino a ieri dominio di sma-
nettoni hardcore del ritmo complicato e ora (dopo il maquillage
2-step), soundtrack di salotti per
quarantenni. La minuteria sampledelica, gli astrattismi (fourth)world,
quell’architettura Blade Runner,
sono l’attuale progressismo a contorno del consueto conservatorismo. A voi la scelta della valenza
dei termini, positiva o negativa che
sia. Noi siamo moderati. Li amiamo. Ma non possiamo fare a meno
di criticarli. (6.5/10)
Edoardo Bridda
S u b t l e – Ye l l & I c e ( L e x / W i d e ,
2007)
Genere: avant-prog-pop
C o m e e r a g i à s u c c e s s o p er A Gr e a t Wh i t e n e l 2 0 0 4 , s e g u ito da un
m i n i a l b u m d i r e m i x , Wi s h ingbone ,
sentireascoltare 69
così, l’ultimo full-len g h t d e i S u b t l e
(band ch e h a d imost r at o di pr ediligere la dimension e d e l l ’ e p p e r
dare forma a i p rop r i lav or i dis c ograf ici), For He r o: For Fool , a u n
anno di distanza ri c o m p a r e s o t t o
mentite spoglie. An c h e i n q u e s t o
caso, infa tti, la ma t er ia di par t enza è q ue lla de ll’alb um pr ec edent e
e il processo di tras f o r m a z i o n e d e i
brani è più o me no il m edes im o. I
testi sono spesso ris c r i t t i d a c a p o e
le musiche ven go no r ic os t r uit e s ulla base di sampler e a r r a n g i a m e n t i
molto diversi dagli o r i g i n a l i , c o n i l
risultato ch e ci si tro v a di f r ont e ad
un disco nuovo, più n e i c o n t e n u t i ,
però, che ne llo stile. Q uello inf at t i,
rimane molto legato a l s u o “ f r a t e l l o
maggio re”, d al q ua le er edit a l’at mosfera solare e l’ a t t e n z i o n e a l l e
melodie orecchiabili c h e d i s t o g l i e ,
anche se non definit i v a m e n t e , d a l l a
vena rock-crosso ve r alla quale la
band d i Doseo ne ci av ev a abit uat i.
La gue st list, co me al s olit o nei pr oget t i d el ra pp er e x cLO UDDEAD è
molto fitta ed eterog e n e a . I l r i t o r n o
a duettare co n Why ? è già di per
se una n otizia e rica lc a, nell’iniz iale F a llin g, il fe lice s odaliz io, dim ostrando che la forza d e l t r i o c h e f u ,
st ava pro prio n ell’a m algam a per fetto di tre individua l i t à d i s t i n t e . U n
alt ro gra dito ritorn o è quello di M ar ku s Acher , co mpa gno di Dos eone
nei Notwis t (Th e P it Wit hin Pit s ) ,
mentre sono due le “ n e w e n t r y ” : l a
nuova leva d ella An t ic on Br acken
(alias Chris Ad ams, g ià m em br o degli H ood) che a ffianc a la band in
S inking Pinks, sorta d i d r u m ’ n ’ b a s s
in salsa po p, Dan Boeckner d e i
Wo l f Par a de , pro t agonis t a nella folktron ica Mid dle c las s Haunt e
Tu n de Adebim pe dei T V O n T h e
70 sentireascoltare
Radi o ( Dea t h f u l , m i x d i p r o g r e s s i v e
r oc k e hip h o p ) .
A c om plet a r e u n q u a d r o i n t e r e s sante ed inedito si aggiungono l’hip
hop ps ic he d e l i c o d i I s l a n d m i n d ,
l’elec t r o f un k d i C u t Ye l l , N o t ( i l
br ano più p o p d e l l ’ a l b u m ) e l a b a l lat a Requiem F o r A D i v e , t u t t e a f i r m a Subt le.
Che dire? In questo disco, come
nel precedente, il sound corposo, a
m et à t r a il r o c k e l ’ h i p h o p h a l a sciato il posto ad un atteggiamento
più leggero, più soft, nel quale la
r ic er c a di r i t o r n e l l i e m e l o d i e o r e c chiabili si sposa ad arrangiamenti
m e n o i m p a t t a n t i e p i ù r a ff i n a t i , c h e
richiamano i prodotti Anticon ultima
maniera. I primi Subtle sono già un
r ic or do lon t a n o . M a c i s t i a m o g i à
abit uando. ( 6 . 8 / 1 0 )
p e r s o n a l i t à d e i p a r t e c i p a n t i p r e nde
i l s o p r a v v e n t o e a l l o r a l a f r e a ke r i a d i c u i s o p r a s i d i l a t a , d e v i a ndo
v e r s o l i d i d i t o t a l e p a z z i a v o ca l p e r c u s s i v a c o m e n e l l a f i n a l e Ta ppajahauki.
C o s m i c o e d i l a t a t o , s e n z a f o rma
e i s t i n t i v o , T h e B l a z e G a me è un
p r o g e t t o e s t e m p o r a n e o , m a d e c i sa mente sopra la media. (7.0/10)
Stefano Pifferi
Daniele Follero
Sunburned Circle – The Blaze
G a m e ( C o n s p i r a c y, s e t t e m b r e
2007)
Genere: weird freakness
Cosa succede se i portabandiera
del new weird america sound incontrano i freak finnici per antonomasia? Nulla di più, nulla di meno
di ciò che è contenuto in The Blaze
Game: 40 minuti belli tondi di freakerie post-hippie della miglior specie. Galeotta fu la Finlandia dove i
Sunburned decisero di concludere
il proprio tour 2006 in una sala di
registrazione con i Circle a jammare in totale libertà improvvisativa.
L’ a l b u m p u b b l i c a t o d a l l a C o n s p i r a cy è dunque il resumen in 7 pezzi di alcuni giorni di delirio impro
dell’esteso collettivo: i bostoniani
ci mettono la loro attitudine free:
gli speed-krauters l’amore per la
ripetizione e la (ovvia) circolarità
delle strutture. E la compenetrazione tra i due progetti stupisce
perché, pur mantenendo ognuno le
proprie specificità, il connubio riesce appieno creando una sorta di
catartica fusione.
Spaz io quin d i a l u n g h e j a m d i p s i chedelia sommessa sempre lì lì
per es plode r e ( Va r i k s e n p e l a t i n ) e
a world music tribale e alienata da
bos c hi f inla n d e s i ( H e i n ä v e l h o ) , a m mantata sempre di un gusto folk da
fare invidia. A volte la deragliante
Te n d e r F o r e v e r – W i d e r ( K
Records / Goodfellas, 4 dicembre 2007)
Genere: indie pop
D o p o l ’ e s o r d i o S o f t A n d T h e Ha r d c o re d i d u e a n n i f a , M e l a n i e Va l e ra , l a f r a n c e s e c h e s i c e l a d i etro
l a s i g l a Te n d e r F o r e v e r, l i c e n z i a il
n u o v o a l b u m s e m p r e s o t t o l ’ e gida
d e l l a K R e c o r d s . Q u e s t a e t i c h e tta,
r e g i n a i n c o n t r a s t a t a d e l l a s c ena
i n d i e d e l n o r d - o v e s t s t a t u n i t e n se,
dovrebbe già di per sé – e per la
f i d u c i a m o s t r a t a l e – r a p p r e s e n t are
u n ’ o t t i m a g a r a n z i a p e r Wi d e r. Ma,
p u r t r o p p o , q u e s t a s e c o n d a f a tica
d i Te n d e r F o r e v e r f a r e g i s t r a r e po c h i s s i m i p a s s i a v a n t i . S i a d a l p unto
d i v i s t a d e l l a f o r m a , s i a d a q u ello
d e l l a s o s t a n z a . I l s u o f a r e a r t i s tico
d i ff e r i s c e d i p o c o d a q u e l l a f o rma
cantautoriale elettro pop che già
f a t i c a v a a e m e r g e r e a l d e b u t t o , an c h e s e a l c u n e b u o n e i d e e f a c e va n o b e n s p e r a r e p e r i l f u t u r o . B u one
i d e e c h e i n v e c e d i m a t u r a r e s i s ono
a d a g i a t e p i g r a m e n t e s u s e s t e s se .
Certo, alcuni episodi – sicurament e l ’ i n i z i a l e Ti n y H e a r t A n d C l e ve r
H a n d , l a s p e n s i e r a t a N i c e r I f T he y
Tr i e d e F o l d e d P a p e r s , i l p e z z o m i g l i o r e d e l l o t t o – r i s u l t a n o p i ù c om p l e s s i e a p e r t i a s o l u z i o n i n u o ve,
turn it on
Ya c h t – I B e l i e v e I n Yo u . Yo u r M a g i c I s R e a l ( M a r r i a g e – E R R /
Goodfellas (novembre 2007)
Genere: elettropop
Yacht ra ccog lie quello c he ha c olt iv at o c om e f a c t o t u m d e l l a c i t t à d i P o r t la nd con q ue s t o I Bel i eve I n You. Your M a g i c I s R e a l . M i s c e l a l a s u a
e sp erie nza Blow - iana ( in See A Penny ( Pic k I t U p ) ) e s p r i m e n d o u n a c o n vincente lucid i t à e s p o s i t i v a c h e n o n e r a d e l t u t t o r i u s c i t a q u a l c h e m e s e f a
a Kha n. Scriv e per es em pio una pop s ong c h e p u ò s e m b r a r e u n p r e t e s t o
p er sfog are in legger ez z a le s ue s m anie r itm i c h e ( We ’ r e A l w a y s Wa i t i n g ) ,
ma lo fa b en e; a im m aginar c i a un s uo c onc e r t o , c i g u a r d e r e m m o s o r r i d e n d oci tutto so m m at o c onv int i.
Del resto, la f e l i c i t à d e l l a t r a s p o s i z i o n e i n m u s i c a d e l l e s u e c o m p e t e n z e
era già dimost r a t a ; i l p e r i c o l o e r a s e m m a i u n p r o f e s s i o n i s m o p o c o i s p i r a t o ;
o pp ure , pe gg io, un ec c es s o di s ic ur ez z a, la c o n v i n z i o n e d i r i u s c i r e a f a r e
semp re in modo c he le per s one s i guar dino s o r r i d e n d o s i t u t t o s o m m a t o s o d d i s f a t t e .
E in ve ce il ris c hio è s uper at o c on gioia di v ive r e e s e n z a p r e s u n z i o n e , c o n q u a l c h e p u n t o d e b o l e T h e M a g i c Be a t),
certo, ma tras c u r a b i l e ( t u t t o s o m m a t o ) . I l s u o m e g l i o è l a d i m e s t i c h e z z a n e l l a g e s t i o n e ( c o e r e n t e ) d i mondi non
tro pp o vicini t r a lor o; So Pos t All ‘Em az z ec c a u n a f o l k t r o n i c a t r i b a l i s t a c h e p i a c e r e b b e a g l i A k ro n / F a mily degli
in izi; ma la ch ic c a v er a è Plat inum ( dov e Bo b b y B i rd ma n g l i r e s t i t u i s c e u n o d e i f a v o r i ) , u n a v v i c i n a m e n to a g l i El
Guapo sul te s s ut o es plic it o ( e s pas s os is s im o ) d e l l a t a s t i e r a d i We A r e T h e R o b o t s d e i K ra f t w e rk .
E se ta lvo lta g li s t es s i El G uapo div ent ano i n g o m b r a n t i ( I t ’s A l l T h e S a m e P r i c e ) , s p e c i e n e l l e s c e l t e v o cali, Jona
Be ch tolt ha il c ar is m a di c alar e ques t e ult im e i n u n a d e c o s t r u z i o n e c h e l e s t e m p e r a ( I t ’s C o m i n g To G e t Yo u ), in
u n go sp el fall it o. I ns om m a, s e la padr onan z a f a d i v e r t i r e s i a l ’ a u t o r e c h e l ’ a s c o l t a t o r e , è f a c i l e c h e un a cr i ti ca
d ive nti spe cio s a, pr em edit at a, s e ins is t it a. N o i s i p r e f e r i s c e s o r r i d e r e , t u t t o s o m m a t o . ( 7 . 1 / 1 0 )
Gaspare Caliri
sentireascoltare 71
ma rappresentano r a r e e c c e z i o n i .
I nfat ti, a p arte un a p iù m ar c at a v ic inanza a ll’un ive rso indiet r onic o della Morr Music, nel co m p l e s s o l a s u a
cifra stilistica è rim a s t a i n v a r i a t a .
Melanie fa sempre t u t t o d a s o l a :
part en do d a un a ch it ar r a ac us t ic a
o da un piano e im p r e z i o s e n d o i l
t utto con strati e str at i s int et ic i di
laptop e tastiere vin t a g e . C i ò c h e
ne sca turisce so no legger e m elodie naif modulate so p r a t t u t t o d a l l e
dolci sfumature voca l i d e l l a N o s t r a .
Tutto qui. Per il p r o s s i m o a l b u m
questa raffin ata fra nc es e dal c uore po p avrà sicuram e n t e b i s o g n o d i
una p rofo nd a rifle ssione e una degna m e ssa a pu nto s e v or r à us c ir e
dalle sabbie mobili d e l m a n i e r i s m o
nelle qu ali Wide r s em br a av er la
condo tta. (5 .3/1 0)
Andrea Provinciali
The Killers – Sawdust (Island /
Universal, 13 novembre 2007)
Genere: pop
Che i Killers sia no div ent at i una
delle rea ltà più establis hed d e l p o p
t utto, in gra do di cont ender e non
solo le cop ertin e p at inat e m a anche gli onori e i pla u s i d e l l a g e n t e
che co nta (vedi an c h e l a r e c e n t e
parte cipazione alla c o l o n n a s o n o r a
del bio pic joydivisio n- iano Cont r ol ,
in cui rileg go no Sha dowplay ) , è u n
f atto orma i d ifficilm ent e c onf ut abile. Solo così potre m m o a c c e t t a r e
qualc osa co me Tranquiliz e, l’inedit o d i a pe rtura d i ques t a c om pilation di rarità, piomb a t a s u l s e m p r e
aff olla tissimo e rem uner at iv o m er cato natalizio. Eppu r e , n o n b a s t a .
Perché dovremmo a n c h e a c c e t t a r e
un’altra verità , o vver o c he le c apacità d i d iscern imen t o del s ig. Lou
Reed, pr ot a g o n i s t a - n o s t r o m a l grado - del duetto, non siano più
t ant o aff ida b i l i .
Meglio glissare - malignità a parte,
il pezzo è francamente terribile - e
s off er m ar s i s u l l a s o s t a n z a q u i p r o pos t a, c he n o n è p o i m e r o r a s c h i a mento del barile ma anzi propone
out t ak es e r i e l a b o r a z i o n i a d h o c d i
brani già editi, mischiate a b sides
as s or t it e. I l b e l l o d i q u e s t e r a c c o l t e, di s olit o , è c h e m e t t o n o i n e v i denza lati nascosti, certe sfumature
che usualmente sono appannaggio
d e i s o l i a ff e z i o n a t i ; m a g a r i q u e l l a
gem m a nas c o s t a c h e n o n c e l ’ a v e v a f at t a a f i n i r e s u l l ’ a l b u m , o q u e l l a
particolare session in cui era uscito
fuori qualcosa di irripetibile.
Ma, ahinoi, sul piatto non gira Hatful Of Hollow, e detto ciò si potrebbe anche chiudere qui. Però
ecco, a sentire l’inedita Leave The
Bourbon On The Shelf ci ricordiamo di certa leggerezza glam-pop
dell’esordio Hot Fuss (ah, quei
ritornelli), come anche in Under
The Gun, e il romanticismo semip a r o d i s t i c o d i S h o w Yo u H o w ( c o n
incipit quasi lo-fi!) e il Bowie esagerato di The Ballad Of Michael
Va l e n t i n e h a n n o i l l o r o p e r c h é ; e
per chi è a caccia di stranezze, c’è
perfino un’incursione nel countr y R u b y D o n ’ t Ta k e Yo u r L o v e To
To w n , s e n z a c o n t a r e l a R o m e o A n d
Juliet dei Dire Straits (che, però…
v a b b è ) , o u n a S a m ’s To w n s p o g l i a ta e classicheggiante. Come dire,
il potenziale non è del tutto assente. Questo non lo si è mai messo in
dubbio; semmai è il gusto pomposo
e kitsch che imperversa anche qui
- praticamente nel resto delle tracce -, che continua a farci vedere i
Killers come una grande occasione
sprecata (ad esser buoni), o come
un pacco formato famiglia (ad esserlo meno). (4.7/10)
Antonio Puglia
The
Va l e r i e
Project
–
s/t
(Drag
City
/
Tw i s t e d
Nerve,
26
novembre
2007)
A A . V V. – D a i s i e s ( F i n d e r s K e e p ers, 26 novembre 2007)
Genere: czech folk
La cosiddetta new wave del cinema cecoslovacco è ancora tra noi.
72 sentireascoltare
Niente a che vedere con il grottesco “cinema polacco” che si vede
ultimamente sul palco di Zelig. Con
i l t e r m i n e C z e c h N e w Wa v e s i f a
riferimento alla produzione cinematografica boema dei primi anni
’60. Una vera e propria nouvelle
vague, con tanto di autori chiave
e o p e r e c a r d i n e . Tr a q u e s t e s i c u r a m e n t e Va l e r i e A n d H e r We e k
O f Wo n d e r s d i J a r o m i l J i r e š e
Daisies di Věra Chytilová, rapidamente entrati nell’empireo dei cult
movie, con tanto di estimatori oltre ogni sospetto come Jarvis Coc k e r e Tr i s h K e e n a n d e i B r o a d c a s t .
M a a n d i a m o c o n o r d i n e . I l Va l e r i e
Project è un vero e proprio supergruppo che riunisce alcuni nomi
cardine della scena psych folk di
Philadelphia. Il deus ex machina
del progetto è manco a dirlo Greg
We e k s d e g l i E s p e r s . I l N o s t r o
vede il film di Jireš su una copia in
16mm di proprietà di Joseph Gervasi, collezionista e distributore di
pellicole culto, e si innamora immediatamente della stranissima atmosfera del film (che per la cronaca in Italia girò quasi in condizioni
di clandestinità con il titolo forzatamente osè di “Fantasie di una
t r e d i c e n n e ” ) . I l p r o g e t t o Va l e r i e
assume rapidamente i connotati di
un omaggio sotto le sembianze di
una nuova soundtrack. Greg chiama a raccolta membri degli Espers
e altri amici musicisti del giro di
Philadelphia: Fern Knight, Grass,
F u r s a x a , Ti m e s b o l d , Wo o d w o s e ,
Rake, Charles Cohen. Il disco in
questione è il lascito su disco delle session strumentali concepite
dal gruppo e già ampiamente rodate dal vivo. Lo score originale
di Lubos Fiser è una lunga suite
dolciastra e deliziosamente bucolica che si sposa a meraviglia con
i vampiri e gli assurdi personaggi
del film. Lo score concepito dal
Va l e r i e P r o j e c t è i n v e c e m o l t o p i ù
sinfonic-folk. Una “versione sinfonica dei Magma” la definisce inf a t t i We e k s . C o m e s o u n d t r a c k n o n
funziona benissimo, come omaggio ideale ai singoli momenti del
film si. Progetto tra i più strambi
e originali che è capitato di ascoltare di recente, farà felice qualche
giovane wicca dark sempre alla ricerca di oscure fairy tales. Proprio
la soundtrack originale di Fiser fu
pubblicata l’anno scorso dalla Find e r s K e e p e r s d i A n d y Vo t e l c h e o r a
completa la sua personale operazione nostalgia mandando in stampa lo score di Daisies, per la prima
volta in assoluto. La parabola delle
due Marie che vivono sempre più
in simbiosi, immergendosi nei loro
personalissimi mondi mentali, viene scandita da brevi marcette belle epoque, non-sense melodici da
cartoon e sciccherie exotiche misto coretti d’opera. Un documento
sonoro che ovviamente va di pari
passo con le immagini e ad esse si
riallaccia, ma mostra i suoi perché
anche su supporto audio. “Here, at
last, is the soundtrack to maybe
THE underground film of all time in
a l l i t s c r a z y d a i s y g l o r y. M o n s i e u r,
you are spoiling us”. Parola di Jarvis Cocker! (7.0/10)
Antonello Comunale
alla definizione “foxcore”, inventata da Thurstone Moore per qualificare quell’entità simil-riot grrrl ma
simpatizzante con il grunge e l’heavymetal; come esempio virtuoso
ci giochiamo subito la sabbathiana Damage Done, presa dall’album
di cui vi stiamo per parlare, ma è
un’eccezione.
Sì perché purtroppo (opinabilment e ) p e r n o i , l e Ve r u c a S a l t d i o g g i
non fanno altro che rimescolare retaggi inizio anni Novanta (come gli
amplificatori al massimo) con una
fantomatica rabbia femminile, in
definitiva sessista e sempre pronta a valorizzare una voce in fondo
bella. In più il loro ultimo disco –
IV – (che era uscito l’anno scorso
per la Sympathy Records e ora viene ristampato dalla Fillfull) arriva
dopo un rimescolamento dei componenti che non rallegra le carte,
anzi paga l’assenza della spinta
forse più creativa dei tre dischi
precedenti, cioè Nina Gordon.
Cercando di essere sobri, si evita
per un pelo di usare male parole
p e r C i r c u l a r Tr e n d ( c o n u n “ y e a h ”
direttamente rubato da Smells Like
Te e n S p i r i t ) – e l e s i p r e f e r i s c e ,
n e l l a s u a m a g g i o r e o n e s t à , Wa k e
Up Dead – sarà pure in antitesi con
quanto interessa a chi scrive, ma
almeno fa quello che deve fare,
cioè suscitare emozioni ovvie.
C’è di peggio: ascoltate come viene rovinato l’inizio promettente di
Closer, che sembrava far pensare
c h e a n c h e p e r l e Ve r u c a i J e s u s
Lizard non fossero passati invano. Concentratevi sui piatti della
batteria quando inizia la seconda
parte della canzone, pensate a
quanto sono lì a un passo dal convincervi, se non fossero così grossolanamente appostati per sortire
u n e ff e t t o . P e r m e è s u ff i c i e n t e p e r
spegnere la musica. (4.8/10)
Gaspare Caliri
Ve r u c a S a l t – I V ( F u l l f i l l , 8 n o vembre 2007)
Genere: foxcore
L e Ve r u c a S a l t s o n o s t a t e ( i n s i e m e
alle L7) uno dei gruppi più adagiati
Vo l c a n o T h e B e a r – A m i d s t T h e
N o i s e A n d Tw i g s ( B e t a L a c t a m
Ring, 6 novembre 2007)
Genere: mondo weird
Nerd di tutto il mondo unitevi. È
u s c i t o i l n u o v o Vo l c a n o T h e B e a r !
Ormai questi ragazzi inglesi sono
dei veri e propri eroi in certi am-
bienti weird – impro – avantgarde
– freefolk e via di questo passo.
Peraltro pare che il loro ultimo album, Classic Erasmus Fusion,
abbia beneficiato di un tale passaparola da spingerli addirittura
n e i c i r c o l i c o s ì e l i t a r i d i To p O f
The Pops. Come dire, “La rivincita
d e i N e r d s ” . C h e q u e l l o d e i Vo l c a no The Bear sia uno dei laboratori
musicali più intriganti e intelligenti (e tipici) di questi anni è cosa
dimostrata ampiamente anche da
questo nuovo disco. Amidst The
N o i s e A n d Tw i g s r i t r o v a l a c o n c i sione che era andata perduta con
il doppio album dell’anno scorso,
a parer di chi scrive, vittima dei
consueti problemi da album doppio: minutaggi eccessivi, idee allungate, una generale perdita della
bussola sulla tenuta del progetto e
sulle troppe idee messe in campo. Che le ragioni del fascino di
quel disco siano anche in questi
peccati veniali, fuor di dubbio. Ma
Amidst sembra dire che la band di
Leicester ha ora voglia di ritornare sui propri passi per frequentare
di nuovo i territori più direttamente weird folk di The Idea Of The
Wo o d e T h e I n h a z e r D e c l i n e , m e t tendo in campo l’esperienza maturata da Daniel Padden con i One
Ensemble. Musicalmente parlando le dieci tracce di questo disco
si possono descrivere facilmente
come una via mediana tra le exotiche alterità dei Sun City Girls e
le nenie stregonesche dei Comus.
Certi accenti da ritualismo pagano
così tipicamente personali trovano
qui rapidamente sbocco in marcette folk e coretti esoterici (The Sting
O f H a s t e , B e f o r e We C a m e To T h i s
R e l i g i o n ) . L’ e s o t i s m o g e n e r a l e d e -
sentireascoltare 73
gli arrangiamenti e al tempo stesso
forma e sostanza dei brani. Si passa rapidamente dal sinistro banjo
di Burnt Seer alle ritmiche cerimoniali di Splendid Goose. Senza
c o n t a r e c h e i n S h e Va n g M o o n e
O n e H u n d r e d Ye a r s O f I n f a m y i
Nostri escono allo scoperto come
non mai, gettando definitivamente la maschera e rivelando tutta la
sostanza apocalittica che sottende
l e l o r o s t r a m b e r i e . I Vo l c a n o T h e
Bear sono come dei malevoli giullari di corte che distraggono gli
astanti mentre tutto il mondo va in
rovina. (7.0/10)
Antonello Comunale
Why? – The Hollows EP (Anticon / Goodfellas, 27 novembre
2007)
Genere: pop “collaborazionista”
A volte gli Ep e i singoli possono
rivelarsi più interessanti degli album, soprattutto quando nei lavori,
per così dire, marginali, la fantasia
viene sprigionata più liberamente.
Why? (nome che ormai indica un
t r i o e n o n p i ù i l s o l o Yo n i Wo l f , a c compagnato stabilmente dal fratello
Josiah e da Doug McDiarmid) sceglie, per aprire la strada al successore di Elephant Eyelash (Anticon
/ Goodfellas, 2005), un EP molto
ricco di contenuti. Paradossalmente, però, in questo caso, la scelta
di collaborazioni d’eccellenza, ha
messo in ombra e reso superfluo
il lavoro del trio. Difatti The Hollows, il primo singolo del prossimo
venturo Alopecia (la data di uscita
è fissata per marzo) è l’unico episodio trascurabile di questa relea-
74 sentireascoltare
se, per il resto costruita su remix e
cover di alcuni brani, editi e inediti
di Why?: un pop a presa immediata
che non si sposta molto dalla scia
tracciata dall’esordio. Nulla a che
vedere con il resto della tracklist,
alla quale partecipano nientemen o c h e X i u X i u ( c h e s i o ff r o n o c o n
una loro personale versione elect r o d e l l a g i à n o t a Yo y o B y e B y e ) e
Boards Of Canada: loro è il remix
della ancora inedita Good Friday,
u n a b e l l i s s i m a b a l l a t a f u n k y, d e l l a
quale potremo godere solo noi europei, considerato che non è presente nella versione americana.
Come non sono presenti la cover
della tenebrosa Broken Crow, di
N i c k T. e q u e l l a s l o w c o r e , a n c o r a d i
Yo y o B y e B y e , d i D u m p , n i e n t ’ a l t r i
c h e J a m e s M c N e w d i Yo L a Te n g o
(chissà perché, poi, tutto questo
privilegio per il pubblico d’oltreoceano?). Chiudono questa carrellata di “star” Dntel, che remixa un
a l t r o b r a n o d i A l o p e c i a , B y To r p e d o
O r C r o h n ’s , r i v e s t e n d o i l r a p p i n g
d i Yo n i ( c h e r i c o r d a v a g a m e n t e u n
Tr i c k y b i a n c o ) d i u n ’ a t m o s f e r a t r a
l’ambient e il trip hop, e il medley
Pre-teen Apocalyptic Film Acting,
col quale Half-Handed Cloud danno il loro contributo.
Se queste fossero le fondamenta di Alopecia, sarebbe una gioia immensa poterne parlare bene
fra qualche mese. Ma vista la poca
credibilità del singolo, ho il timore
che questo EP rischi di rimanere
un bel caso isolato. (7.0/10)
Daniele Follero
Winter Beach Disco - After The
Fireworks We’ll Sail (Black
Candy / Audioglobe, 23 novembre 2007)
Genere: indie wave
I W i n t e r B e a c h D i s c o d a Vi t e r b o
sono un quintetto col manico caldo
di brio infervorato, gente che si è
buttata sull’osso con l’intenzione
di farsi un trip garrulo alla faccia di
chi ci crede troppo intensamente,
a quella vecchia fattucchiera del
rock’n’roll. Poi invece è successo che, chissà come, si sono fatti
prendere la mano. Forse, chissà,
sono stati colti dal brivido giusto
al momento giusto, col velo che
si squarciava ad ogni pennata ad
ogni spasmo, se solo giravano la
leva e ci mettevano il dovuto. Insomma, ecco l’esordio covato in
sei anni farciti di consuete trafile,
tra demo e concerti sempre più autorevoli e autoritari. Il titolo è ok,
le dieci tracce sbrecciano muriccioli lo-fi e quadratura adrenalinica punk-funk, quelle cose lì da
basso ghignante, ritmica tenace,
tastiere incandescenti e chitarrine
in fregola, furia furiosa e agre bizzarrie come una rimpatriata etilica
tra Rapture e Runi, poniamo. Ma
ecco spuntare certi contagi Echo &
The Bunnymen via Blur (Cut And
F i t F o r Yo u ) q u a n d o n o n s b r i g l i a t a
a l l u r e C l a s h e l i r i s m o Te l e v i s i o n
(Kayoko And Cornelius), e allora
drizzi un po’ di più le orecchie, anche perché in entrambi i suddetti
pezzi il cliché viene scompigliato
da arguzie di tromba e sax con
quel fare un po’ da banda sbandata
tipo il Mirko Guerrini che incoccia
Marco Parente. Certi segnali sono
importanti, cambiano in qualche
modo la chiave di lettura: e allora
il dramma emo-wave di Gardenale, ad esempio, ti sembra provenire da profondo e lontano, lo stess o v a l e p e r q u e l l a I t ’s S o U s e l e s s
che si mangia crudi electroclash e
post-punk come un cibernipotino di
PIL e Human League. Alla fine, un
po’ di straforo, ti passa per la testa anche l’augusto nome dei Polvo, per quella smania di smontare
e rimontare in un gioco di vampe
e dramma che alla fine resta però
essenzialmente un gioco. Questione di crederci o no. Loro, a quanto
pare, ci credono. (7.1/10)
Stefano Solventi
è un a b a l l a t a ; N o Wa r n i n g G i v e n
s f r ut t a d e g l i e s c a m o t a g e a r r a n g i a t iv i e s t r a t i d i r u m o r e c h e s t a r e b ber o a p r o p r i o a g i o i n 1 5 4 , m a p o i
s i ap r e a u n r i t o r n e l l o a l l a S i m p l e
M i nd s . P a r e a c c e r t a t o c h e i l p r o s simo (iperannunciato) album non
c ont e n g a q u e s t e t r a c c e ; m a c h i s s à
s e ne s a r à u n p r o s e g u i m e n t o . P r o pong o , c o m e m i g l i o r e s t r u m e n t o d i
previsione, di far volteggiare una
m one t a i n c i e l o . ( 6 . 5 / 1 0 ) Gaspare Caliri
The Wire – Read & Burn 3 EP
(Pink Flag, 13 novembre 2007)
Genere: post-punk / Wire
2 3 an ni fa era il 1984, dat a c he doveva esse re apoc alit t ic a per let t erati e punk – m a c h e , p u r t r o p p o p e r
i letterati, fu a p o c a l i t t i c a s o l o p e r i
p un k. In qu ell ’anno i The Wi r e n o n
e sistevan o, s e non nelle inc ar nazion i d el pro get t o s olis t a di C o l i n
Ne wm an e d ei Dom e di Br uce G i l be r t e di Gr aham Lew i s. Ve n t i t r é
anni dopo, c i o è o g g i , q u e l l ’ e n t i t à
ch e p ose p iet r e angolar i del pos t punk torna co n i l t e r z o c a p i t o l o d i
Rea d & Bur n, s e r i e d i t i t o l i i n i z i a t a
ne l 20 02 .
Se p erò i prim i due EP dim os t r av ano una aggre s s i v i t à d a p u n k s t e r s
mag gio re in Newm an e s oc i, le at mosfere d i o ggi s ono più am bigue;
da u n lato , in 23 Year s Too Lat e,
tornano ai c u p i f i n e S e t t a n t a d i
15 4; l’auto-di c h i a r a z i o n e d i r i t a r d o
della prima t r a c c i a a v v i e n e i n f a t t i
co n un a lun ga eluc ubr az ione m ez zo parlata m e z z o c a n t a t a , m e z z o
synth -acco mpagnat a, m ez z o c avalcata, dove l e p r o f o n d i t à v o c a l i
di Colin ricor dano Ka- Spel dei Legenda r y Pink Dot s. D a l l ’ a l t r o l a t o
il resto dell’E P è d i v e r s o , e a l 1 9 8 4
d ob bia mo tor nar e, per l’ult im a v olta , pe r ch iarir e c os a int endiam o.
I tre bra ni rim anent i s ono c a n z o n i
vere e propr i e , c h e a b b a n d o n a n o
d el tutto il dis agio dell’obliquit à ar monica che g l i W i r e i n t r o d u s s e r o
qualche anno p r i m a ; a n z i p e s c a n o
d a qu ella me tà anni O t t ant a indor at a
d al p op – d a l or o ( allor a) non per lustrata , ch i pe r int ent i av anguar dis t i,
chi p er u rge nz e indus t r iali, e inv ece lascia ta, per es em pio, ai pr inc ip i As socia tes. O ur Tim e es pr im e
ancora una p r o d u z i o n e o s c u r a , m a
W o e l v - To u t S e u l d a n s l a F o r ê t e n P l e i n J o u r. . . ( K R e c o r d s /
Goodfellas, 4 dicembre 2007)
Genere: avant folk
Sot t o i l m o n i k e r Wo e l v s i c e l a l a
c anad e s e G e n e v i è v e C a s t r é e ( o r mai trapiantata negli Stati Uniti da
qualc h e a n n o ) , f u m e t t i s t a e s c r i t t r i c e t r a l e a l t r e c o s e . To u t S e u l d a n s
l a Fo rê t e n P l e i n J o u r. . . è i l s u o
secondo disco, un concept nato con
l’idea d i f a r n e a n c h e u n l i b r o , e r e gis t r a t o i n s i e m e a P h i l E l v e ru m c o n
cui abitualmente collabora. Cantato
int er a m e n t e i n f r a n c e s e , è u n a l bum che ha più di un debito con le
pr im e B j o rk e C a t P o w e r, n e l c a n t at o e n e l m o o d e u l t i m a m e n t e c o n
una co m e L a rk i n G ri mm, a l l a q u a l e
la accomunano temi e sensibilità (il
c onf l i t t o u o m o - n a t u r a i n u n m o n d o
dall’equilibrio ormai spezzato e dei
r appo r t i u m a n i c h e t e n d o n o s e m p r e
più a l c o n f l i t t o e a l l e c o n t r a d d i z i o ni). La voce di Geneviève qui è
spesso in loop, doppiata, per ballad
folk dal sapore oscuro ed amaro,
che diventano tribali nei crescendo
dilatati, o sognanti nell’incrocio di
v oc i e n e i b o z z e t t i p e r c h i t a r r a a c u -
s t i c a e d e l e t t r i c a , u n a v ant folk il
s u o d a l s a p o r e a n c e s t r a l e che si fa
o r a s o g n a n t e o r a a g g r e s si vo . Pi cc o l i q u a d r e t t i s u u n a n a t ura violata
m a a n c h e p r e s e n t i s s i m a e arcana
c h e s i a v v e r t e i n t u t t a l a su a n a tu r a m i s t e r i c a . U n a c o n f e r ma p e r u n
d i s c o f a t t o d i a t m o s f e r e rarefatte.
(7.0/10)
Te r e s a G r e c o
The Wombats – A Guide to
Love, Loss and Desperation (14
Floor / Audioglobe, 9 novembre
2007)
Genere: …just rock
and roll for kids
O v v i a m e n t e , i n U K l a f o t o copiatrice
n o n f i n i s c e m a i i l t o n e r. Ovvi a m e n t e , n o n h a p i ù s e n s o p a r l a re d i emul
(sarebbe emul dell’emul dell’emul
d e l l ’ e m u l , p i ù d e l c u b o ) ; co m e d e f i n i r e s t e u n a b a n d c h e m e tte i n si e m e s e n z a t r o p p i c o m p l i m e n ti A r c t i c M o n k e y s , I n t e rp o l (con una
b r i c i o l a d i K i l l e r s ) e c h i a ma la sua
m a g g i o r e h i t L e t ’s D a n c e To Jo y D i v i s i o n ? O v v i a m e n t e , i Wombats da
L i v e r p o o l – p r o p r i o c o m e i cu g i n i
a r t i c i d i S h e ff i e l d - s o n o a n fe ta m i n i c i , a d r e n a l i n i c i , t u t t ’ a l t r o ch e ci n i c i , a n z i a c u t i , i r r i v e r e n t i , e – o vvi a m e n t e – d i v e r t e n t i ( i t e s t i diamine,
i t e s t i ) . O v v i a m e n t e , s o n o da tempo
a d d i t a t i c o m e l a n e x t b i g th i n g p i ù
b i g d i t u t t e : d u e s i n g o l i a nd a ti fu o r i
s t a m p a i n t e m p o r e c o r d e NME che
s b r a i t a g i à d a l l o s c o r s o a p r i l e . Ovv i a m e n t e a n c h e s t a v o l t a ci si p u ò
d i v e r t i r e e b a t t e r e i l p i ed i n o : Kill
T h e D i r e c t o r , B a c k f i r e A t Th e D i s c o s o n o l ì p r o n t e p e r i l p r o ssi m o
p a r t y u n d e r - 2 0 . O v v i a m e nte , so tto
l a b u c c i a l u m i n e s c e n t e e tr e n d y- i ss i m a c ’ è a n c h e d e l l a s o s ta n za , so p r a t t u t t o n e l l e b e a c h b o y siane parti
a c a p e l l a ( s o n o o n o n s o n o r e d u ci
d a l P a u l M c C a r t n e y ’s L i v e r p o o l In s t i t u t e o f P e r f o r m i n g A r t s ? ) . Ovvi a m e n t e , i l s u c c e s s o e r a g i à segnato
p r i m a d e l d e b u t t o ( t u t t i g l i sb a r b a t e l l i b r u f o l o s i d e l R e g no h a n n o
p r e v e n t i v a m e n t e m a n d a t o in palla
s e r v e r p 2 p e r i e m p i t o i concerti).
O v v i a m e n t e , ( 6 . 0 / 1 0 ) . Ma giusto
p e r c h é , c o m e d i c e v a l ’ a l i eno Ziggy,
let all the children boogie.
Antonio Puglia
sentireascoltare 75
Backyard
Due intermezzi per chitarra e voce,
Pas s ing The P e t a l 2 Yo u e I n m a t e s
O f Hear t ac h e , e T h e D o l d r u m s t r o v a f inalm en t e u n d e g n o r e f e r e n t e .
È m at er iale d e l b i e n n i o 2 0 0 0 / 2 0 0 1
m a nes s uno o q u a s i n e s a p e v a n u l la… È un cane sciolto, ma basta
addom es t ica r l o . . ( 7 . 0 / 1 0 )
Gianni Avella
A A . V V. – B e a r d e d L a d i e s Vo l -
Ariel
P i n k ’s
Haunted
Graffiti – Scared Famous (Hall Of
Records-Human Ear Music /
Goodfellas, 2 novembre 2007)
Genere: pop (?)
Il 2007 potrebbe ess e r e i l c r o c e v i a
di A riel Pink. No tizie r ec ent i, inf at ti, dicono che una d e l l e s u e i c o n e ,
Mado nn a, a bb ia con os c iut o il Nostro grazie ad un alb u m t r i b u t o a l e i
dedica to, e ch e la v er s ione di Ev erybody allestita da A r i e l R o s e n b e r g
sia p iaciuta non poc o a l l a S i g n o r a
C icco ne .
C he il losan ge lino s ia s obbalz at o
dalla sedia? Boh. C h e s i s c h i u d a
qualch e p orta ? Ma h. Che non ne ha
mai abbastanza ques t o è c e r t o : u n a
nuova rista mpa d al s uo c onf us ionario ca talo go , Sca r ed Fam ous, e l o
stralun ato colle ga d egli Anim al Collective pubblica un d i s c o f r u i b i l e e
dal suono, finalment e , m e n o s a t u r o
del so lito. C’è il Bow ie in paillet t es
che suo na coi Sup er t r am p ( G opacapulco: me tà Starm an e m et à G oodbye Stran ge r. Tu t t o v e r o ) e u n
P rinc e d’a nn ata (H o w l i n g A t T h e
Moon ) che non t’asp e t t i . C ’ è q u i n d i
funk e ro ck. Quin di l e s olit e s or pr ese, c o me l’a nd ame nt o in lev ar e di
T he Kitch en Clu b e la v iz ios a I n A
Tomb All Yo ur Own c h e s u o n a c o m e
una No Fun (Stoog e s ) r e d a t t a d a
dei S uicide gio ca ttol o.
76 sentireascoltare
ume One (Finders Keepers, 3
settembre 2007)
Genere: folk
D o n n e b a ff u t e , s e m p r e p i a c i u t e . I l
c anone dell a g i o v a n e d o n n a c h e i n tona nenie lunari nel freddo della
not t e è pr es e n t e i n t u t t e l e t r a d i z i o ni folkloristiche ad oriente, come ad
oc c ident e. J a n e We a v e r, d o n n a l u nar e di s uo, s i i n c a r i c a d i a n t o l o g i z z ar e in più vo l u m i g l i e s e m p i p i ù l u m inos i del fe m m i n i n o f o l k . B e a r d e d
Ladi es s i i m m e r g e c o s ì p e r f e t t a mente tanto nel recente revival del
br it is h f olk ( S h i r l e y C o l l i n s , S h e l a gh M c dona l d , Va s h t y B u n y a n , J u dee Sill, An n e B r i g g s … ) q u a n t o n e l la c or r ent e c o n t e m p o r a n e a d i n o m i
nuovi (Joanna Newsom, Josephine
F o s t e r, E s p e r s , M a r i s s a N a d l e r,
Autumn Shade, Nanzy Elizabeth).
I l r is ult at o è p a r t i c o l a r m e n t e r i u s c i t o nella pul i z i a f o r m a l e d e l l a s e l e -
z i o n e . N o n a c a s o s i i n i z i a c o n gli
S p e c k M o u n t a i n g r u p p o d i D e t ro i t
c h e i n t o n a u n a H e y - M o o n d a l t a glio
p l a c i d a m e n t e p s i c h e d e l i c o . L e c ose
m i g l i o r i d e l l a r a c c o l t a a r r i v a n o p erò
c o n i b r a n i p i ù d a t a t i c o m e P a i s ley
Wi n d o w P a n e d i We n d y a n d B o n n ie
a u t o r i d i u n u n i c o d i s c o n e l 1 9 69,
o p p u r e c o m e l ’ i n c r e d i b i l e S e l da ,
p r i m a s t a r t u r c a a u t r i c e d a l c a nto
u l t r a t e r r e n o i m p a r e g g i a b i l e . E an c o r a , d o v e r o s i d a s e g n a l e a l t r i tre
h i g h l i g h t s d i s t r a o r d i n a r i a c a r a t ura,
c o m e q u e s t a p i c c o l a N a n c y S i n atr a
psichedelica che risponde al nome
d i S u s a n C h ri s t i e , s f o r t u n a t i s s ima
a u t r i c e d i u n i c o d i s c o m a i p u b b l i ca t o , s e n o n i n t r e c o p i e , s a l v o p o i ess e r e s t a t o r i s t a m p a t o l ’ a n n o s c o rso
d a l s o l i t o A n d y Vo t e l ; l a d e l i z i o sa m e n t e “ f o l l e ” B ri g i t t e F o n t a i n e ,
n o n a c a s o u n o d e i n u m i t u t e l a r i di
L e t i t i a S a d i e r d e g l i S t e r e o l a b . Ma il
b r a n o p i ù b e l l o d e l l a r a c c o l t a è ce r t a m e n t e R e f u g e d e l l e H e a v e n and
E a rt h , d u e r a g a z z e ( P a t G e f e l l e Jo
A n d r e w s ) e u n s o l o d i s c o n e l 1 9 73.
I l p r i m o v o l u m e d e d i c a t o a q u e ste
D o n n e B a r b u t e f o l k s i c h i u d e con
u n a c o n t e m p o r a n e a d i C a r d i ff , tale
Cate Le Bon, che ci lascia con una
forte voglia di avere tra le mani anc h e i l s e c o n d o c a p i t o l o d i q u e sta
magnifica storia dell’umanità narrat a c o n v o c i d o l c i e c h i t a r r e g e n tili.
(7.0/10)
Antonello Comunale
Betty Davis – Self Titled / They
Say I’m Different (Light In The
Attic, 2007)
Genere: funk
T H I S A S S I N V E N T E D F U S I O N . Eh
s i , p r o p r i o l a f r a s e g i u s t a d a f arsi
t a t u a r e s u l c u l o p e r M a d e m o i s elle
M a b r y , c o m e l a r i b a t t e z z a M i les
D a v i s n e l l ’ a l b u m F i l l e s d e K i l i ma nj a ro c h e s i b e n e f i c i a p r o p r i o d i una
su a foto in c oper t ina. Bet t y M abry in Davis n o n e r a m i c a l a p r i m a
sciacquetta co n i c a p e l l i c o t o n a t i e
il visino maliz i o s o c h e a d e s c a v a l e
star afro dell’ e p o c a p e r i n g r a s s a r e
il conto in ba n c a . B e t t y l a v e d e v i
un a volta ed er i già m or t o. Per s t are alla sua alt e z z a b i s o g n a v a c o m e
minimo esse re un s em idio alt r im enti via, figu rar s i pr ender s ela in m oglie. Lei se la f a c e v a c o n i l g i r o d i
Sly An d Th e Fam ily St one. Hendr ix
lo chia mava p er nom e. Dic ev a “ Hey
Jimi, come wit h m e ! ” . S e d i e t r o o g n i
gra nd e u omo , c ’è una gr ande donna , a llora e ccola qui la gr ande f em mina di fuoco c h e t r a v i ò M i l e s e l o
po rtò a lla fu si on ibr idat a della s v olta Bitches Brew . La f am os a f us ion
inven tata co l c ulo. G enio e s r egolate zza. Anzi no. Cor po e s r egolatezza, al punt o c h e M i l e s s i i n g e l o s ì
(alcuni dicono p e r c e r t i r u m o r s a l
sa po re di go s s ip s u Hendr ix … ) , m a
lei nie nte . Die de alle s t am pe un pr imo disco o monim o e alt r i due dopo
il divorzio. Il r is ult at o? Un’inf er nale bailamme d i s e s s o , g r i n t a , r i t m i .
Una donna al T N T, p e r u n a d e c a d e
(i ‘70 ) orma i t r oppo lont ana.
Per fortuna la g i o v a n e l a b e l L i g h t I n
Th e Attic ca pi s c e c he s iam o depr es si e ing rigiti d a ques t i anni 2000 del
ca vo lo e si invent a ques t ’anno le r ista mpe de i pr im i due dis c hi di Bet ty, rimasterizz at e dai m as t er or iginali con l’agg i u n t a d i b o n u s t r a c k
mai p ub blicate f in’or a e libr et t i r if initi nel dettag l i o , c o n l i n e r n o t e s e
mate riale fo togr af ic o c om e c om anda Dio! Se n o n s o n o l e r i s t a m p e
dell’anno poc o c i m a n c a , m a c o s a
impo rta. L o st er eo r ingr az ia, le c as se tornano a s u d a r e , l e o r e c c h i e s i
risvegliano da l l o r o t o r p o r e a l g r i d o
di “He Wa s A Big Fr eak ” e le v ibr a-
zioni provocate dalla voce di Betty
ora dolce e suadente, ora feroce e
selvaggia, si fanno sentire in ogni
anfratto del corpo. Non ce n’è per
nes su n o . I n v e r s i o n e r i m a s t e r i z z a t a Be t t y f a a n c o r a o g g i t e r r a b r u ciata intorno a se. Le ugole calde
d e l l ’ r ’ n ’ b d i q u e s t i a n n i ( M a c y G r a y,
Laur y n H i l l , K e l i s , A l i c i a K e y s , M i s sy Elliott, ecc.) cosa mai sarebbero
se ieri non ci fosse stata Betty? Il
funk sotto le sue mani era come il
pongo per i bambini. Immaginate la
Tina Tu r n e r d i M a d M a x a l l a g u i d a
di un ’ a c c o l i t a d i g u e r r i e r i p o s t a t o mici che suonano come Sly Stone,
Funk a d e l i k e J i m i H e n d r i x . E r a d a v v er o t r o p p o e i n f a t t i c o m e l a f i a m m a ch e a r d e c o n i l d o p p i o d e l l ’ i n tensità finì presto. Ma il tormento
di poter verificare la veridicità delle
indis c r e z i o n i c h e v o r r e b b e r o l ’ e s i stenza di un intero album registrato
da Betty e Miles e mai pubblicato,
c i t er r à v i g i l i a n c o r a a l u n g o . I n s i e me alla sua musica, masterizzata
o non masterizzata, ovviamente.
( 8. 0/ 1 0 )
Antonello Comunale
B o b b Tr i m b l e - I r o n C u r t a i n I n nocence (Bobb Records, 1980
- Secretly Canadian, novembre 2007) - Harvest Of Dreams
(Bobb Records, 1982 - Secretly
Canadian, novembre 2007)
Genere: psych folk
Clas s e 1 9 5 8 d a M a r l b o r o u g h , M a s s a c u s e t t e s , B o b b Tr i m b l e c r e b b e i n
un incanto popadelico da cui non si
riprese mai. Nelle note di copertina
del d e b u t t o I ro n C u rt a i n I n n o c e n ce a r r i v ò a p r o p o r s i c o m e q u i n t o
elem e n t o d e i B e a t l e s , r i v o l g e n d o si direttamente a loro, all’epoca sì
d i s c i o l t i d a u n d e c e n n i o m a a n co r a - a n n o 1 9 8 0 - t u t t i v i v e nti. Forse
s c h e r z a v a . F o r s e n o . F a t to sta che
q u e l d i s c o s t a m p a t o i n p o ch e ce n ti n a i a d i c o p i e m e t t e v a i n mostra un
s o u n d n o n p r o p r i o b l t o l s i ano, quasi
c h e B o b b - i l p r o p r i o q u i d artistico
- n o n f o s s e c h i a r o n e a n che a se
stesso.
U n a s c r i t t u r a i n t r i g a n t e p er quanto
sfibrata la sua, votata all’indolenz a , s u c c u b e d e l p r o p r i o c i n ci sch i a r e o n i r i c o i n s e l l a a d u n falsetto
v i b r a t i l e . C h e a t r a t t i , v i s to d a q u i ,
p o t r e s t i s c a m b i a r e p e r u n ca n o va cc i o F a i rp o rt a v a r i a t o ( l a psicotica
Night At The Asylum), per una Con e y I s l a n d B a b y r i f a t t a d a u n Elliott
S mi t h d e b o s c i a t o ( K i l l e d By Th e
H a n d s O f A n U n k n o w n R o ck Sta r r ),
p e r c e r t i L e d Z e p p i ù r a r e fa tti tr a s l a t i n e l l a s c i r o p p o s a m i t ol o g i a B ol a n ( l a s o g n a n t e G l a s s Menagerie
F a n t a s i e s ) . C ’ è i n s o m m a q u e sta
t r a m a f o s c a d i f a n t a s i e spaziali e
f i a b e s c a s t r a l u n a t e z z a , che ora
s ’ i n t e s t a r d i s c e d i f u z z c a priccioso,
d i g o t i c a m i s e e n s c e n e a l l i m i te
d e l l a c o m i c i t à i n v o l o n t a r i a ( When
T h e R a v e n C a l l s ) , p o i p e r ò a zze cc a u n a O n e M i l e F r o m H ea ve n che
c i o n d o l a s p l e n d i d a m e n t e ve l ve tt i a n a c o m e u n a o u t t a k e di Loa de d
n e l l e s o ff i c i m a n i d e i L e ft B a nk e .
C h e d i r e , p r o b a b i l m e n t e l ’ uomo non
a v e v a d e l t u t t o l e i d e e c h i are, ma in
q u a l c h e m o d o r i u s c i v a a farle stare
a s s i e m e , a d a b b o z z a r e un delirio
a m n i o t i c o p i u t t o s t o c o e r e n te e p e r ciò fascinoso (7.0/10).
C h e f u l u i s t e s s o a s c onfessare,
a l l e s t e n d o p r i m a u n a g a rage band
d i b a m b i n i a l m a s s i m o decenni B o b b & T h e K i d d s , p r e s t o sm a n te l l a t a d a t e m p e s t i v i g e n i t o ri - quindi
u n t r i o a s s i e m e a d u e a d o l e sce n t i ( i C r i p p l e d D o g B a n d ) , coi quali
u s a v a e s i b i r s i t r a v e s t i t o – ehm - da
c o n i g l i o . P o s t - m o d e r n i t à p r o to fl a m i n g l i p s i a n a ? P e d o f i l i a s ublimata?
Macché, solo un utopismo naif ben
s i n t e t i z z a t o n e l l o s l o g a n “Th e ch i l d r e n a r e t h e f u t u r e ” . N e l bel mezzo
d i q u e s t e a v v e n t u r e , a n no domini
1 9 8 3 , B o b b e b b e m o d o d i registrare
l ’ o p e r a s e c o n d a , H a rv e s t Of D r e a ms , n e l q u a l e q u e s t a r e g r e ssi o n e i d e a l i s t a p r e n d e i l s o pravvento,
p a l p e g g i a n d o f o l k a g r e s t i sotto cieli
iridescenti, prodromi dell’abbando-
sentireascoltare 77
no bu co lico Poly ph oni c Spr ee e
della spe rsa de dizione Dani el Joh n ston. Ecco qu ind i i r if lus s i Bee
Gees in sa lsa Big St ar (Ta k e M e
H ome Vie nn a), i cat at onic i inc ant i
floydia ni (Pa ralyze d) , c er t e buc oliche oleografie a b a s e d i s h a k e r,
flaut o q ue rulo , a rmonic a da Dyl an
fanciullo e una voce d a c u g i n a s t r o
svam pito di Alex Chi l t on ( le due
P remon ition s). Un a s t r is c iant e ansia arty spande sul p r o g r a m m a l e
spore del concept, t a n t o c h e t r a
una c on trita a pp ren s ione ( I f W or ds
Were All I Had ) e u n glam appas s ito (la q ua si len no ni ana A r m o u r o f
the Shro ud ) s’in co nt r a una W o r l d I
Left Be hin d ch e è un paio di m inuti e passa di silenz i o ( l e n n o n i a n o
anch’esso , no ?). Spes s o e v olentieri deraglia spacey, c o n l a b e a t a
noncuran za che u nis c e s aggi s opraff in i e b eo ti irre c uper abili, t anto ch e accetti di buo n g r a d o q u e l l a
sort a di Stooge s li o f i l i z z a t i d a u n
bambin o (n on a cas o è O h Baby ,
reperto del periodo T h e K i d d s ) e
le trafe late allu cin az ioni di Another L on ely An ge l, c he nella r ealt à
paralle la avreb be ro pot ut o s f or nare i The Who co lti da una f r egola
B arre tt. Visto ch e la r is t am pa c i
offre tre interessan t i d e m o i n e d i t i
– soprattutto l’ubria c a n t e l a n g u o r e
B u ck ley /Bola n d i Wav es O f Conf usion In Pu zzled Time s - a l l a f i n e n e
esci atto nito , sto rdit o, inopinat amente sod disfatto (6. 9/ 10) .
D a allora , qu asi un quar t o di s ec olo fa, Mr Trimble no n h a l i c e n z i a t o
più a lcun ch é, a pa rt e L i f e B e y o n d
T h e Doghouse (Orp heus Rec or ds ,
2002), raccogliticcia c o l l e z i o n e d i
scart i e b ozze tti. Ce n’er a abbas t anza tu ttavia per un cu l t o s o t t e r r a n e o
coi f io cchi. E c’è da s c om m et t er e
che questa benemer i t a i n i z i a t i v a d i
rist amp e o pe rata da Sec r et ly Canadian po rterà a q ua lc os a di nuov o.
Chissà.
Stefano Solventi
John
Carpenter
and
Alan
Howarth – Halloween III: Season of the Witch (AHI Records,
15 novembre 2007)
Genere: soundtrack
S ono pa ssati 25 a nn i dall’us c it a nelle sale di Ha llowe en I I I d i To m m y
78 sentireascoltare
L e e Wa l l a c e e d e l l a c o r r i s p o n d e n t e
s oundt r ac k s c r i t t a e d e s e g u i t a d a
J ohn Car pe n t e r e A l a n H o w a r t h . I l
film andò male per tutta una serie
di r agioni, p r i m a f r a t u t t e l ’ a s s e n z a di M ic ha e l M y e r s c o m e v i l l a i n .
Il terzo capitolo della serie è infatti
l’unic o a no n e s s e r e i n c e n t r a t o s u l le ges t a de l f o l l e u o m o d e l m a l e ,
c he v a in g i r o a s g o z z a r e b a b y s i t t er c on il v o l t o c o p e r t o d a u n a m a s c her a bian c a c o n l e s e m b i a n z e d i
William Shatner (il capitano Kirk di
S t a r Tr e k ) . C o n i l t e r z o c a p i t o l o i
pr odut t or i vo l e v a n o i n a u g u r a r e u n
franchising nuovo. Una serie di film
am bient at i n e l l a n o t t e d i O g n i s s a n ti con diverse storie minacciose e
apoc alit t ic h e . I l f l o p d e l f i l m l i i n dus s e poi a r i t r o v a r e M y e r s p e r i
successivi capitoli, ma questo terzo
Halloween, incentrato su una setta
di druidi che vogliono conquistare
il mondo attraverso una miscela
esplosiva di maschere di carnevale
e segnali televisivi, è diventato un
piccolo culto nel corso degli anni.
M a anc or a p i ù d i c u l t o l a s u a c o l o n na s onor a, m a i r i s t a m p a t a f i n o a d
ora, e battuta occasionalmente a
c i f r e e s a g e r a t e s u l l e a s t e d i e B a y.
I n oc c as ion e d e l 2 5 ° a n n i v e r s a r i o
dalla sua uscita, Alan Howarth si è
quindi deciso a ristampare lo score
aggiungend o b e n 1 3 p a r t i t u r e s c a r tate dalla colonna sonora originale
e m ai pubb l i c a t e f i n o r a . L’ o c c a s i o ne è quindi incredibilmente ghiotta,
anc he per c h é l o s c o r e d i H a l l o w e e n
III va certamente annoverato tra i
capolavori del Carpenter musicista.
I due per l’occasione inaugurarono
un m odo nu o v o d i c o m p o r r e , s u o nando in s in c r o n o m e n t r e l e i m m a gini del film venivano restituite su
u n m o n i t o r, n o n s a p e n d o c h e c o s ì
f a c e n d o s t a v a n o p r a t i c a m e n t e a n ti cipando il sequencing digitale dell e t r a c c e , c h e s a r e b b e d i v e n t a t o di
u s o c o m u n e s o l o a n n i d o p o . Q ue s t o m e t o d o r i b a t t e z z a t o d a C a r p en t e r “ a m u s i c a l e l e c t r o n i c c o l o r ing
book” giustifica quindi l’incredibile
c o m u n i o n e t r a i m m a g i n i e m u s i ca.
S i v e d a p e r e s e m p i o l a s e q u e nza
i n i z i a l e d e i t i t o l i d i t e s t a e d e l l ’i n s e g u i m e n t o i n m a c c h i n a a l s u o n o di
Chariots Of Pumpkins. Non essend o c i p i ù M i c h a e l M y e r s i d u e d e ci s e r o c h e d o v e v a n o l a s c i a r p e r d er e
a n c h e i l c e l e b e r r i m o t e m a s c r itto
per il primo capitolo, per concent r a r s i s u u n n u o v o t i p o d i m u s i c he.
Quelle che ascoltiamo sono quindi
le personalissime e terrificanti marc e t t e s i n t e t i c h e i n c u i s i s p e c i a l i zzò
i l r e g i s t a d i C a r t h a g e , f a c e n d o un
u s o s e m p r e p i ù m a s s i c c i o d i si n t e t i z z a t o r i e t a s t i e r e a n a l o g i c he.
Questo score sarà alla base dello
s t i l e a n n i ’ 8 0 d e l C a r p e n t e r m u si ci sta, che tornerà ad usare a più rip r e s e m e t o d o e m o v e n z e d i q u esti
b r a n i c o n f e r m a n d o l o c o m e u n v ero
e p r o p r i o p i o n i e r e d e l l a m u sica
e l e t t r o n i c a n e l s e n s o p i ù a m p i o del
termine. (8.0/10)
Antonello Comunale
Jon Spencer Blues Explosion Jukebox Explosion (In The Red,
novembre 2007)
Genere: psycopunkblues
I l c a r o v e c c h i o J o n S p e n c e r ha
s e m p r e a v u t o i l v e z z o d e l l ’ i d e n ti fi c a z i o n e m i m e t i c a . Q u a l c o s a a m e tà
t r a l a p a r o d i a e l a d e v o z i o n e . Già
c o i P u s s y G a l o re a v e v a s f o r n ato
u n H i s t o ri a D e L a M u s i c a R o c k
( C a r o l i n e , 1 9 9 0 ) c h e a m m i c c ava
tanto nella confezione quanto nel
con ten uto ce r t e pubblic az ioni antologiche da e d i c o l a p i ù o m e n o
preziose e at t e n d i b i l i . S i m i l m e n t e ,
p oco do po a ve r innes c at o lo s c ellera to o rdig no J SBX - as s iem e ai f edelissimi nei s e c o l i R u s s e l l S i m i n s
e Judah Baue r - a v v i ò u n a s e r i e d i
sing oli isp irat i a quelli c he Char lie Fea the r s, im per t er r it o er oe del
ro ckab illy, sn oc c iolò lungo i Sev enties. Ritrovia m o i n s o m m a q u e s t a
smania di so m m e r s o i n s i d i o s o , d i
borderline gr a ff i a n t e , u n a l o n e d i
culto straccio ne c ol quale il Nostro da sem p r e a m a a m m a n t a r s i
cimentandosi. U n c i m e n t o , q u e s t o
in particolare , d u r a t o u n d e c e n n i o
(d al ‘9 2 a l 20 02) per diec i s ingoli al
fu lmico ton e, s c r eanz at i e ir r iguar dosi as usual a n z i d i p i ù , q u a s i c h e
l’e sig uità de l f or m at o av es s e indot to il trio a sp a r a r e l e c a r t u c c e p i ù
a bra sive d el r eper t or io.
Doverosa ancorché meritevole quindi l’operazione della benemerita In
The Red che raccoglie quei singoli la Jukebox Single Series - in questo
Jukebox Explosion, diciotto tracce
che non fanno prigionieri, arrembanti a spasmi funk-blues asciutti e
irruenza punk-wave con sclerosi impro e corollari psych che non sto neanche a dirvi, che tanto basta ascoltarsi la sequenza iniziale Shirt Jac,
Son Of Sam e Train #3 per ottenere
folgorante esplicazione. Riff come
badilate di taglio, l’osso scoperto
del drumming, il canto distorto svaccato invasato gorgogliante tenebroso, assalti crudi e squittenti di sax
alla bisogna proprio come le folate
d’armonica e i synth in differita dalla cripta sci-fi, quella stessa dove
lievitano i mostri che ci riempiono
gli incubi più crapulosi. Fumettistico e marziale incendio che brucia le
gambe delle marionette freak’n’roll,
ordigni via via più consapevoli,
strutturati (vedi il siero hip hop che
riempie gli interstizi folli e genialoidi
di Get With It e Showgirls, Pts 1 &
2) e compiuti (l’estro iperrock’n’roll
di Ghetto Mom), ma non per questo
- non ancora - soggiogati, invischiati, cortocircuitati, come invece ahimé nell’ultima fase JSBX. Potenza
dell’imprendibile strategia del piccolo formato, chissà. (7.0/10)
Stefano Solventi
Lucksmiths – Spring A Leak
(Lost and Lonesome, settembre
2007)
Genere: indie pop, folk
Q uel m i s c u g l i o d i m e l o d i e i n t i m e ,
c hit a r r e a c u s t i c h e , l i r i c h e i n t e l l i genti e acute, battimani, coretti e
f iat i c h e v i e n e c o m u n e m e n t e c h i a m at o i n d i e p o p t r o v a s t o r i c a m e n t e
nei Lucksmiths dei protagonisti fra
i più amati e rispettati dai cultori:
ques t i e t e r n i a d o l e s c e n t i a u s t r a liani sono infatti da ormai 15 anni
fieri portabandiera di quello che,
più che un genere, è una vera e
pr opr i a w e l t a n s c h a u u n g m u s i c a l e .
Lung a e s p e r i e n z a e i m m a r c e s c i b i l e
fedeltà alla causa: non è dunque un
c as o s e l a l o r o m u s i c a s i a u n a m a l gama in cui sono ben distinguibili al
palato tutti gli ingredienti essenziali
e nec e s s a r i , o v v e r o S mi t h s , B e l l e
And S e b a s t i a n , M a g n e t i c F i e l d s ,
G o- B e t w e e n s , a d o s i v a r i a b i l i e
in formati che vanno dalla ballata
s of t p e r v o c e , c h i t a r r a e v i o l o n c e l lo ( F r o m M a c a u l a y S t a t i o n ) a d u p tempo sbarazzini che lambiscono il
r oc k ( O f f Wi t h H i s C a r d i g a n s , t i p i c am e n t e J a m) , p i ù o g n i a l t r a c o s a
che può stare in mezzo a questi
due estremi.
Tr ov a t e t u t t o d e n t r o q u e s t a d o p pia raccolta, che in quarantacinque
c anz o n c i n e r a c c o g l i e r a r i t à e d o d dit ies d i o g n i t i p o , d i s s e m i n a t e n e l
corso degli anni fra 7”, compilation,
r adio e t v s e s s i o n , p i ù v a r i i n e d i ti. Ed ecco allora che si verifica,
inspiegabile, la magia: è in questi
episodi cosiddetti “minori” che si
s ublim a t u t t a l ’ e s s e n z a – e l ’ e s t e t i ca – di un genere che, per antonom as i a , è “ m i n o r e ” , s o t t o t o n o , s o t t ov oc e . P e r q u e s t o , S p ri n g A L e a k
per i L u c k s m i t h s v a l e p i ù d i u n i p o -
t e t i c o b e s t o f , e h a d i g n i tà uguale
– s e n o n m a g g i o r e – d e l l e pur rade
u s c i t e s u l l a l u n g a d i s t a n z a (l’ultima
è Wa rme r C o rn e rs d e l 2 0 0 5 ) .
C o s a m e g l i o d i u n o s c u ra ve r si o n e a 4 5 g i r i d e l l a t r a c c i a - manifesto
M a c y n t i r e , o p e r l e p o p soul come
A n y o n e ’s
Guess,
o
brevissimi
schizzi memori dei primi James
( $ 3 0 ) , o i l c o u n t r y i r o n i cissimo di
A r e Yo u H a v i n g A G o o d Ti m e , o il
r e m i x p e r c e r t i v e r s i s o r prendente
d i I P r e f e r T h e Tw e n t i e t h C e n tu r y?
I l t u t t o , p o i , a p p r o p r i a t a m en te e g e n e r o s a m e n t e u n i t o a c o v e r d i M od e rn L o v e rs , B e e G e e s ( q u e l l i p o p ,
m i c a q u e l l i d i s c o ! ) , L a d y bu g Tr a n s i s t o r ( u n a R u s h e s O f P u r e Sp r i n g
c h e p a r e r e s a d a l l ’ A l e x C h ilt on più
f r a g i l e ) , B o y r a c e r, S i d d e l e ys; cu r i o s o p r o p r i o c o m e i l b r a n o più sacro,
q u e l l a T h e r e I s A L i g h t T hat Never
G o e s O u t a f i r m a M o r r i ssey/Marr,
s i a l a p e g g i o r i u s c i t a , s t ucchevole
a d e s s e r e g e n e r o s i . S i gnificherà
qualcosa? (7.0/10)
Antonio Puglia
Nathaniel Mayer – Love And Aff e c t i o n ( Va m p i s o u l / G o o d f e l las, settembre 2007)
Genere: rhythm and
blues, funk
E t i c h e t t a s u g l i s c u d i i n q uesta fine
d ’ a n n o , l a m a d r i l e n a Va m pisoul. Tre
g l i a s s i a u t u n n a l i c a l a t i capaci di
s b a n c a r e , d o p o l a l i e v e f l essione al
d i s o t t o d e l l ’ a b i t u a l e , e l evatissimo
s t a n d a r d . A s m e n t i r e l e p r e o ccu p a z i o n i e r i p o r t a r c i a l l ’ a b i t udine che
c o n o s c e v a m o ( a t t e n t i p e rò , r a g a zz i , o c i a s p e t t e r e m o s e m pr e i l m e g l i o d a v o i ) e c c o u n a r a ccolta che
si prefigge di portare il nome di Nat h a n i e l M e y e r a l d i f u o r i de l l a ce r -
sentireascoltare 79
chia di diligenti inte n d i t o r i “ b l a c k ”
della quale era fin q u i p a t r i m o n i o .
B ene asse mbla ta, per di più, per ché oltre a lle co pi os e e punt ualissime note di cop e r t i n a c o n t i e n e
praticamente tutti i s i n g o l i e d i t i d a
“N ay Dog ” - co me am av a f ar s i c hiamare - pre sso la For t une Recor ds
lungo gli anni Sessa n t a ( p e r q u e s t o
manca l’altro suo h it I D o n ’ t N e e d
N o Bald Hea de d Wom an. . . ) e d u e
estra tti di un singolo d i i n i z i o ’ 8 0 , i n
verità legnosi e poco r i u s c i t i .
A rrivò a in cid ere c he er a adolescente, Ma ye r, acc as andos i pr es so la bizzarra etiche t t a d e i c o n i u g i
B ro wn, cui n on so lo lo s t r apot er e
Mo town impe dì a Det r oi t p i ù a m p i
successi. Si registra v a i n e c o n o m i a
di mezzi, come del r e s t o c e r t i f i c a
la bassa qu alità tec nic a delle r egistrazioni, in un un i c o s t a n z o n e e
in presa diretta, co n f e r e n d o i n t a l
modo u na ve ste più r uv ida a s uggestive cartoline d’iniz i o S i x t i e s . P i ù
spesso pro ve nie nti d a Anim al House che Ame rica n Gr af f it i, s e v o l e t e
un paragone filmico, o p p u r e i n v i a t e
da un ip ote tico Sa m Cooke gar agistico, sguaiato e p o c o i n c l i n e a i
compro messi (Lo ve r Pleas e, il c avallo d i b atta glia Vi llage O f Lov e) .
P osizio na ti in o rdin e c r onologic o
e unificati dal grezz o e s p o n t a n e o
approccio , i bra ni pe r m et t ono di c ogliere il transito stilis t i c o d a l r h y t h m
and blu es an co ra ti nt o di doo- wop
che si contamina c o l p o p , i n f i n e
rinas ce fun k (se nsaz ionale I Wa n t
Love And Affection… ) pas s ando
per g li ob blig ato ri sp igoli pr os s im i a
James Br own e una v e r s i o n e c r u d a
del suo no Stax .
Uno di quei casi in c u i l ’ e c o n o m i a
di me zzi e u n a rtista inc andes c ente ap portano una vis i o n e p e r s o n a l e
della regola - si ved a l ’ i c o n o c l a s t a ,
splend ida e pe r l’ep oc a par ec c hio
avven turo sa ve rsio ne di Sum m er t ime - col me rito, in olt r e, di r ibadir e
quanto sia radicata n e l l a m e t r o p o l i
del M ich iga n la pa s s ione per i m otori e il rumore, e co m e d a s e m p r e
questi influ en zin o la m us ic a lì pr odotta . Valga a ripro v a i l f a t t o c h e
parecchi su oi bra ni s iano s t at i r ipresi in te mpi recent i da D e t r o i t
C o b ras , Holly Golight l y e G i b s o n
B ro the r s tra gli al t r i , e c h e o g n i
tanto pa re di co glie re c enni dei Rol -
80 sentireascoltare
l i ng St ones d i O u t O f O u r H e a d s .
Nonostante i trascurabili difettucci
di cui sopra, operazione meritevole
e as c olt o es a l t a n t e , v a l e a d i r e a c quis t o obbli g a t o . ( 7 . 6 / 1 0 )
Giancarlo Turra
Orlando
Julius
–
Super
Afro
S o u l ( Va m p i s o u l / G o o d f e l l a s ,
ottobre 2007)
Genere: rhythm and
blues, funk
Uno dei primi paesi africani a conquistarsi l’autogoverno, conferitogli dagli inglesi in via definitiva nel
1960, la Nigeria cadde sei anni più
tardi sotto una dittatura militare a
forte impronta accentratrice. Da lì
iniziava lo stillicidio di guerre civili e ulteriori colpi di stato che è la
realtà - spiace dirlo, ma è un fatto
- quotidiana di quelle terre martoriate. Terra piuttosto ricca (giacimenti
petroliferi da cui trae profitti anche
il nostro paese), ha goduto grazie a
ciò e nonostante la situazione politica e sociale di un panorama musicale fiorente, ricco di contatti e contaminazioni con l’occidente, gli Stati
Uniti in particolare.
Ed è una peculiare interpretazione
della soul music che viene in mente
ascoltando - anzi: facendosi folgorare da Orlando Julius in questi due
fumiganti CD che lo fotografano nel
periodo tra il ’66 e il ’72. Proprio nel
‘66, il ventitreenne l’altosassofonista Orlando esordiva accompagnato
dai fidi Modern Aces con l’album
Super Afro Soul (su Polygram!),
nel quale mescolava la musica “highlife” importata dal Ghana con influenze jazz e suggestioni regalategli dai ripetuti ascolti di Smokey
Robinson, Temptations (eloquente
la ripresa della loro My Girl) e Otis
Redding. Ne nasceva una versione
più percussiva - in formazione conga e bonghi, ma pure l’agigdigbo
dei rituali Kokoma - del rhythm and
blues, che riscuoteva un successo
immediato nei club di Lagos.
Ecco allora spiegata l’irruzione di
contorti assoli nello stile del suo
mito Coltrane sui gioiosi bombardamenti d’ottoni tipicamente Stax,
a loro volta poggiati su tappeti ritmici battenti e ipnotici. Impossibili
in un qualsiasi brano occidentale
coevo, come del resto le chitarre
insieme serpentine e grattate, una
Ijo Soul metà Hold On I’m Coming e
metà I Feel Good che infine culmina in qualcosa di unico. Così, e con
successi come Jagua Nana, Topless
e Ololufe, Julius divenne una star
nel suo paese, superiore anche a
quel Fela Kuti che se ne uscirà con
l’”Afrobeat” solo tempo dopo.
Rispecchiando l’evoluzione della
black americana, il sassofonista indagò nei dischi seguenti Orlando’s
Idea e Ishe - compendiati nel secondo CD - il funk (garantisce l’omaggio
James Brown Ride On) con la nuova
formazione Afro Sounders, espandendo le durate dei brani e cadendo
in benefiche tentazioni rock e funkedeliche (la tastiera chiesastica
che spunta dall’implacabile groove
di Home Sweet Home). Psychedelic Afro Shop recita uno dei titoli di
quella fase, ed è pienamente esplicativo. Esaurita la spinta propulsiva, Orlando entrerà nel giro della
fusion americana, passando lunghi
periodi lontano dal suo paese, cui
ha fatto acclamato ritorno nel 1999.
Un suono che va dritto alla fonte delle origini tribali della musica
nera, strettamente legate al cordone ombelicale della “madre Africa”.
(7.8/10)
Giancarlo Turra
P s a p p – T i g e r, M y F r i e n d ( D o mino Records, novembre 2004
– Ristampa Domino / Self, 23
novembre 2007)
Genere: electronic pop
O r i g i n a r i a m e n t e d a t o a l l e s t a mpe
d a l l ’ i n t r a p r e n d e n t e L e a f R e c o r d s,
t o r n a o g g i d i s p o n i b i l e d o p o q u a l che
an no d i la titan z a Ti ger, M y Fr i end,
album d’esor d i o d e g l i P s a p p , p e r
l’occasione d o t a t o d i u n a n u o v a
copertina vag a m e n t e p i ù i n t r i g a n t e
dell’originale. C a m b i o c h e è a n c h e
l’unica differe n z a t r a l a r i s t a m p a e
l’originale, in q u a n t o i r e s p o n s a b i l i
della Domino n o n h a n n o i n q u e s t o
caso voluto ag g i u n g e r e n e s s u n t i p o
di bo nu s track , dem o v er s ion oppure re mix che s olit am ent e abbondano in operazio n i d e l g e n e r e .
Decisione pe r u n a v o l t a s a g g i a ,
che dà la poss i b i l i t à d i c o n c e n t r a r s i
senza distrazi o n i d i s o r t a s u l l ’ o p e r a
prima di ques t a f o r m a z i o n e , g i à i n
pa ssato d a no i des c r it t a c om e l’ipotetico anello d i c o n g i u n z i o n e t r a i l
po p rétro d eg li St er eol ab e q u e l l o
più p rog ressi s t a di c as a M or r M usic . L’e ste tic a gioios a e gioc at t olosa ch e po i div ent er à il t r at t o distintivo del su c c e s s i v o ( e m i g l i o r e )
The Only Thi ng I Ever Want ed,
è già tutta sp i e g a t a t r a i s o l c h i d i
qu este die ci c anz oni, s os pes e t r a
tentazioni ip n o - l o u n g e d i s c u o l a
Pr am ( Rea r M ot h) m ic r opop elet troa cu stico ( Leav ing I n Cof f ins ) ,
melo die sop raff ine ( Calm Down) e d
ina sp etta te div agaz ioni eas y jaz z
(Th e Cou nte r) , t ut t e c os e già allora ampiamen t e s c o p e r t e , m a c h e
si facevan o e s i f anno appr ez z ar e
per una limpi d i t à e d u n a q u a l i t à d i
scrittura de cis am ent e s opr a la m edia . (6.8 /10 )
Stefano Renzi
Slits - Return Of The Giant Slits
(CBS, 1981 - Blast First Petite,
novembre 2007)
Genere: avant etno
Qua nd o u scì R e t u r n O f T h e G i a n t
Slits, qu el “ giant ” c onnot av a t r i-
s t em e n t e u n p a s s a t o o r a m a i l o n t a no p e r l e t r e p r o t a g o n i s t e s u p e r stiti dell’avventura Slits. Come se
non bastasse la critica dell’epoca
non l e s i n ò s t o c c a t e a n c h e p e s a n t i a ll ’ a l b u m , t a c c i a n d o l o d ’ e s s e r e
stato troppo prodotto e perciò non
ader e n t e a l p a t t o p r i m i t i v i s t a r a d i cale inaugurato con il Pop Group
un a n n o p r i m a . E p r o p r i o i l P o p
G r ou p , i l f a r o d i q u e l l a g e n e r a z i o ne, e r a f i n i t o , f r a m m e n t a t o i n a l m e n o q u a t t r o b a n d q u a l i M a x i m u m J o y,
Pig Bag, il progetto solista di Mark
Stewart infine i New Age Steppers,
open e n s e m b l e n e l q u a l e c o n f l u i v a no al c u n i r e d u c i d ’ e n t r a m b e l e f o r m az i o n i .
S o t t o i m i r a g g i e l e f u s i o n i . Ti r a v a
una b r u t t a a r i a . S i d i s p i e g a v a d a
una parte la dispersione e dall’altra
la depressione, l’aver vissuto una
per io d o f a n t a s t i c o d a l q u a l e d i ff i c i l m ent e s i p o t e v a o p p o r r e u n a l t r e t tanto potente avventura. Eppure
Ret u rn O f p i ù p r o d o t t o m e n o c o e s o
di Cu t e s e n z ’ a l t r o p i ù s u o n a t o d i
qualsiasi cosa fatta in precedenza
è u n d i s c o d a l q u a l e d i ff i c i l m e n t e s i
può p r e s c i n d e r e i n q u e l l ’ i n i z i o O t t ant a c r e a t i v a m e n t e f u n k e w o r l d .
L’et n i c a s t a v a a n d a n d o p r e p o t e n t e m ent e d i m o d a p r e s s o g l i a m b i e n t i
int ell e t t u a l i , p e n s i a m o a R e m a i n I n
Li ght d e i Ta l k i n g H e a d s f i n o a B i l l
Las w e l l ( n e i M a t e r i a l ) , o p p u r e ( e
più v i c i n o a l l e r a g a z z e ) , a l t e r z o g e nit o d e l l a S PA P u b l i c I m a g e , q u e l
Fl ow e rs O f R o ma n c e d e l 1 9 8 1 ,
dov e i l p o s t - p u n k s i n u t r i v a d i A f r i ca e Giappone passando per mezzo mondo. Pure le Slits, in quello
stesso anno, non resistettero a
quelle geografie con brani tribali
c om e H e a r t b e a t ( d a l r i t m o c a v e r noso sul quale Bjork ha ripreso la
s u a H u m a n B e h a v i o u r ) , e altri più
o r i e n t a l e g g i a n t i c o m e L i f e On H e a r t ( i l p i ù v i c i n o a l l ’ e s t a t i ca p r i m i ti ff r e e d e l P o p G r o u p m a p u re alla No
Wa v e ) . D e l r e s t o l ’ a l b u m è tutt’altro
c h e p a r c o d ’ i n f l u e n z e e a l tr i p r o f u m i : c ’ è m o l t o a v a n t s p ettacolo e
l i q u o r o s e s o l u z i o n i f u n k ( Animal
S p a c e / S p a c i e r ) m a a n c h e w e ste r n
s p i r i t a t o ( Wa l k A b o u t ) e i stanze più
t i p i c a m e n t e D . I . Y ( I m p r o p er l y D r e ss e d ) . L e t r a c c e d i d u b s o l a r e ch e
f e c e r o i l s u c c e s s o d i C u t si r e sp i r a n o u n i c a m e n t e i n D i f f i cu l t Fu n ,
t r a c c i a n e l q u a l e B o v e l l sposta le
l e v e t t e c o m e s o l o l u i m a , appunto,
p o t r e b b e e s s e r e i l f i g l i o di un’altra
r a g i o n e s o c i a l e q u e s t o r itorno dei
t a g l i g i g a n t i . Ta g l i a p p u nto con il
p a s s a t o e p e r u n f u t u r o ch e fa u n
p o ’ p a u r a . E v e r r à p e r c iò r e ci so ,
a l m e n o s o t t o i l n o m e d i Slits, per
venticinque anni.
L a r i s t a m p a d i R e t u rn O f è co r r e d a t a d a u n s e c o n d o C D d ove oltre a
u n ’ i n t e r v i s t a - n e l l a q u a l e s’ a p p r e n d o n o i r a p p o r t i d e l l e r a g a zze con la
s t a m p a e i l l o r o h u m o u r - troviamo
b e n c i n q u e v e r s i o n i d i H e a r tb e a t
( p e r m a n o d i A d r i a n S h e r w o o d d o ve
a n c h e l a p e g g i o r e è m e g l io d e l l ’ o r i g i n a l e ) e u n ’ a l t e r n a t e t a ke d e l l a
m i g l i o r e d e l l e l o r o b o u t a d e i n fa n ti l i s t e o v v e r o F a c e P l a c e , sempre in
s a l s a d u b . A c q u i s t o i n d i s pensabile.
(7.5/10)
Edoardo Bridda
The House Of Love – Self Titled
/ The German Album (Creation,
1 9 8 8 / R o u g h Tr a d e , 1 9 8 8 - R e nascent / Goodfellas, ottobre
2007)
Genere: guitar pop,
psych, dream pop
Gruppo di fine Ottanta della Creation Records (in origine un quintetto con tre chitarristi, che ruotava
intorno ai leader Guy Chadwick e
Te r r y B i c k e r s ) c h e v i s s e a l t e r n e
vicende discografiche e diversi
cambi di formazione, gli House Of
Love non ebbero forse la risonanza dovuta, rispetto ad altri gruppi
coevi. Un coacervo di influenze di
revival psichedelico sixties unite a
b u o n e d o s i d i Ve l v e t U n d e r g r o u n d
informavano il nucleo della band,
riunitasi un paio di anni fa per un
sentireascoltare 81
nuovo disco (Days Run Away). Il
gruppo si abbeverava alla stessa fonte di band precedenti quali
S m i t h s , Te a r d r o p s E x p l o d e s , E c h o
& The Bunnymen, e Go Betweens,
con l’aggiunta di influssi shoegaze dell’epoca misti a dosi di dream
pop di marca 4AD, anche se la rielaborazione che ne facevano era
abbastanza lontana stilisticamente
dai coevi shoegazers.
I due album in oggetto sono le
ristampe del debutto self titled
dell’88 e di una raccolta import dello stesso anno che comprende le
canzoni dei primi due singoli (Real
Animal e Shine On) non incluse in
album, insieme a inediti e rarità.
L’ i n c i p i t d e l s e l f t i t l e d c o n C h r i s t i ne è puro Jesus and Mary Chain
sound (la band che fece desiderare al leader Chadwick di entrare
nella Creation!), una ballad acida
in salsa psych sixties, altrove si
ritrova il jingle jangle alla Byrds
(Love In A Car) come potrebbe rielaborarlo un Robyn Hitchcock, o
i riverberi shoegaze che riechegg i a n o n e l l a c o n c l u s i v a To u c h M e .
La raccolta di singoli The German
Album li fotografa un attimo prima del disco di debutto, nelle loro
hit iniziali: Shine On innanzitutto,
dream pop e chitarrismo, poi la
velvettiana Real Animal e Destroy
The Heart tra Echo & The Bunnymen e i soliti J&MC, le rare b-side
N o t h i n g To M e e P l a s t i c c o n p i ù d i
u n ’ e c o d r e a m y, l a l i s e r g i c a M r. J o e
gli esempi potrebbero continuare.
Il duo Chadwick/Bickers (voce e
chitarra il primo, chitarra il secondo) non mancava di inventiva nel
rielaborare le proprie influenze, in
un riconoscibilissimo marchio di
fabbrica che sarebbe venuto meno
82 sentireascoltare
alla dipartita di Bickers nel 1989,
appena prima del secondo album
insieme al cambio di casa discografica (passeranno alla Polygram/
Fontana), che segnerà uno stallo e
l’inizio della crisi del gruppo. Ma
qui erano al massimo della creatività e in un periodo di grazia purtroppo non più ripetuto a questi
livelli.
Te r e s a G r e c o
To n y A l l e n – A f r o D i s c o B e a t
( Va m p i s o u l / G o o d f e l l a s , o t t o bre 2007)
Genere: compilation afrobeat
Per t ant i, To n y A l l e n è q u e l l ’ a t t e m pato signore di colore che suona la
bat t er ia nel “ n u o v o g r u p p o d i D a m o n A l b a r n ” . Va b e n e , f a c c i a m o
pur e f int a c h e , s e s e r v e a m e t t e re sotto i riflettori un talento puro
e fumigante, che fu cuore ipnotico
degli Af r i ca 7 0 e p e r c i ò a u t e n t i c o
braccio - gambe, cervello - destro
di Fel a Kut i , c h e a c c o m p a g n ò d a i
t em pi dei K o o l a L o b i t o s ( 1 9 6 4 … )
f i n o a l l i t i gi o a c r e d e l 1 9 7 8 . L o s i
dev e anc he a l u i , a q u e l l e s t o r d e n ti, cicliche e ciclopiche partiture
ritmiche se l’”Afrobeat” è diventata
inf luenz a s u b l i m i n a l e i n t a n t e m u s i che che ci stanno intorno.
Ci si augura pertanto che questa
edizione in digitale dei suoi primi
quat t r o albu m ( J e a l o u s y d e l 1 9 7 5 ,
cui andava dietro l’anno successivo
Pr ogr ess e d i l ì a v e n t i q u a t t r o m e s i
No Accom o d a t i o n F o r L a g o s ; N o
Di scr i m i na t i o n r i s a l e i n v e c e a l ´ 7 9 :
i primi tre vedono della partita Fela
e gli Af r ic a 7 0 , l ’ u l t i m o l i s o s t i t u i s c e c oi f r es c h i d i f o r m a z i o n e A f r o
M essengers ) c o n t r i b u i s c a a f a r
g i u s t i z i a . Co s ì f o s s e , r i v e l e r à a u n a
fetta più ampia del mondo musicale
ant ic ipi di Te s t e P a r l a n t i i n v e r s i o ne soul (che una sezione fiati così
non l’av ev a n o ) i n P r o g r e s s , o u n ’ i n dic ibile Hus t l e r , c h e i n i z i a c o m e i
Devo e s t r a d a f a c e n d o i n c o n t r a i
Can s p e r d u t i n e l l a j u n g l a : h a i v i s t o
m ai c he c e r c a s s e r o D a v i d B y r n e
per inv it ar lo a u n r a v e c o n J a m e s
Br ow n?) . N o n s o n o , q u e s t i , c h e u n
paio d’esempi delle meraviglie qui
c ont enut e, s w i n g a n t i m a s t r a t i f i c a t i r it uali pol i r i t m i c i c h e o t t u n d o n o i
s ens i e f ann o r i f l e t t e r e m e n t r e r e a -
l i z z i l ’ i m p o s s i b i l i t à a s t a r f e r m i . In c u r s i o n i d i t a s t i e r e ( c o m e u n M i le s
D a v i s d ’ e p o c a D a r k M a g u s , n on d i m e n o o p p i a c e a m e n t e r i l a s s ato)
e ordinate sarabande di ottoni in
t r a n s i t o a t t r a v e r s o l ’ A t l a n t i c o che
n o n c o n c e d o n o r e q u i e ; u n s e nso
d e l l a t r a n c e c h e p e r f o r z a d i c ose
è p e n e t r a t o d e n t r o t e c h n o e h o use
( l ’ o n d e g g i a r e d i N o A c c o m o d a t ion
For Lagos e l’ingranaggio di tens i o n e e r i l a s c i o d e l l a t i t l e t r a c k in
c i ò e s e m p l a r e ) ; u n a l i q u i d i t à e na turalezza dello sviluppo ritmico-arm o n i c o c h e n a s c o n d e r a ff i n a t e zze
s u p r e m e e u n a p o t e n z a e v o c a t iva
r a r e ( l a c h i t a r r a g u i z z a n t e i n L ove
I s A N a t u r a l T h i n g ; l a s t r u t t u r a ch e
sorregge Ariya).
P e n s e r e s t e m a g a r i a m u s i c h e di
c o m p l e s s a f r u i z i o n e , r a g g o m i t ol a te sulla propria pretesa di “integrit à a r t i s t i c a ” , i n t e n t e a s b a n d i e r are
l a d i ff i c o l t à p e r m a s c h e r a r e l ’ evi denza di non saperlo scrivere, un
b r a n o c h e s i a u n o . N o n q u i : non
t r o v e r e t e a v a n g u a r d i a p r e t e n z i o sa
c h e i n v e c c h i a p i ù a l l a s v e l t a d ello
y o g u r t l a s c i a t o f u o r i d a l f r i g o . Qui
c i s o n o m u s c o l i c h e f a n n o d a m ezzo espressivo per idee, una gioia
di vivere che viene a galla e innerv a a n c h e i m o m e n t i p i ù t e n e b r osi ,
d o v e l ’ i m p e g n o p o l i t i c o d i g e nte
c h e l a f a m e l a s p e r i m e n t a v a per
d a v v e r o n o n è u n a p o s a . D o v e per
d u e o r e n o n s b a d i g l i e a n z i t i fai
i m b a m b o l a r e f i n c h é q u e s t a m u s ica
diventa una droga. Fela sostenev a c h e To n y s u o n a s s e “ c o m e c i n q u e b a t t e r i s t i i n u n o ” . S i s b a g l i a va:
e r a n o a l m e n o i l d o p p i o . I m m e n so,
p e r l i m i t a r s i a u n u n i c o a g g e t t i vo.
(8.0/10)
Giancarlo Turra
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Dal vivo
che ha spopolato agli storici festival di
Monterey e Woodstock alla fine degli
anni ’60, concludendo la carriera assai
presto e per motivi tutt’altro che futili
(tra i quali la morte prematura di alcuni
dei suoi leader carismatici e fondatori
Bob “The Bear” Hite e Alan “Blind Owl”
Wilson), non aleggia neanche il fantasma. Manca perfino Adolfo “Fito” De
La Parra, l’unico superstite della storica formazione che provò a far dialogare il boogie di John Lee Hooker con la
psichedelia. In assenza della propria
bandiera, rimasta da sola a portare
avanti un nome così pesante, la band
che si presenta all’Estragon potrebbe
benissimo essere considerata, se non
nella forma almeno nella sostanza,
una cover band.
Saranno anche bravi musicisti, ma
Barry Levenson, Robert Lucas e Greg
Kage (il veterano della situazione in
quanto a presenze nella band) non
hanno nulla in comune con chi ha
messo la sua firma indelebile su brani
divenuti veri e propri inni della Flower
Power generation. Possono soltanto
imitarne le gesta, presentare al pub-
blico i Canned Heat che furono (e che
non sono più da un bel pezzo) e sviscerarne il repertorio, approfittando
degli assoli per far presente al pubblico che ci sono anche loro, al di là
dell’astratta leggenda. Una divertente
serata di blues rock per chi non aveva
nient’altro di meglio da fare. Potrebbe
essere questa la sintesi più efficace di
un concerto che aveva già detto tutto
dopo dieci minuti. Compiuto il rito nostalgico dell’esecuzione della stranota
On The Road Again, proposta in apertura, l’interesse per la “cover band”
si è perso nei meandri di una performance prevedibile sotto tutti i punti di
vista: Lucas fa sfoggio della sua voce
limpida e potente (spesso addirittura
cantando a voce nuda riuscendo a non
farsi calpestare dall’amplificazione),
Levenson del suo chitarrismo composto e scolastico. Senza un disco da
promuovere e con nessuna novità da
proporre, i quattro musicisti possono solo giocare con un passato non
loro, sciorinando ad uno ad uno tutti
i classici della band, da Going Up The
Country (nella quale il bellissimo riff di
Canned Heat
Canned Heat - Estragon, Bologna
(29 ottobre 2007)
Non c’è dubbio alcuno sul fatto che i
fan veramente interessati alla storia
del gruppo sapessero già che la band
che avrebbe suonato all’ Estragon, dei
Canned Heat portava solo il nome. In
più aggiungiamoci una serata uggiosa
caduta in un anonimo lunedì lavorativo,
un prezzo del biglietto assolutamente
spropositato (20 euro. Ma per ascoltare chi, poi?) ed ecco che diventa piuttosto facile trovare la giustificazione di
un Estragon più vuoto di una sala da
concerti di musica da camera. Saranno meno di una cinquantina i presenti
accorsi al palatenda bolognese per assistere al fallimento annunciato di un
finto evento. A parte qualche vecchio
nostalgico, il pubblico è composto prevalentemente da giovani che all’epoca
di Woodstock non erano neanche stati
concepiti, richiamati forse da una sigla, forse da un nome, o, più genericamente, dalla parola blues. Della band
che ha traghettato il blues nel movimento pacifista della summer of love,
adattandolo alle sonorità del rock e
84 sentireascoltare
flauto è eseguito da una più scontata fisarmonica) a Same All Over. Ci si
mettono anche i soliti problemi tecnici
e alcuni ragazzotti un bel po’ sbronzi
ma per nulla “coinvolti” (che non fanno altro che urlare a squarciagola per
tutta la durata del concerto, riuscendo
perfino a coprire il suono dei musicisti)
a rovinare un’accoglienza già di per sé
freddina. Chissà cosa avranno pensato Hite e Wilson, lassù nell’alto dei
cieli, di fronte ad uno spettacolo così
tristemente povero di emozioni e, diciamocelo pure, un pochino grottesco.
Per me, se esiste un mondo nell’aldilà,
si sono incazzati…
Daniele Follero
Carla Bozulich - Gowns - Father
M u r p h y - Te a t r o R a s i , R a v e n n a
(21 novembre 2007)
Il tempio della prosa ravennate diventa con il folk psichedelico dei
Father Murphy, le dissonanze postvelvettiane dei Gowns e il blues apocalittico di Carla Bozulich, un contenitore elegante quanto insolito per
una serata a base di indie rock ad
alto tasso emotivo.
Ad aprire le danze nell’abside-palcoscenico del Rasi è la formazione di
Treviso, impegnata in questi mesi a
registrare il successore del fortunato Six Musicians Getting Unknown
e decisa a regalare al pubblico una
gustosa anticipazione del nuovo materiale. Da quanto si è potuto ascoltare nella mezz’ora di set, sembra
che la band abbia diluito le istanze
barrettiane e le stramberie pop che
avevano caratterizzato la passata
discografia, in favore di un approccio elettrico ridotto all’osso, dai toni
cupi, articolato nelle geometrie e attento alle sfumature.
Sfumature che invece latitano nel
noise sui generis degli americani
Gowns, armati fino a denti di viola,
effetti a cascata, chitarra, basso,
batteria e impegnati a snocciolare
conoscenze approfondite sulla destrutturazione dei suoni, sull’avanguardia, sulle improvvisazioni corali. Non tutto gira per il verso giusto
e l’impressione è che a fianco di
un’innegabile capacità di scrittura e
un’originalità comunque affascinante, vi sia spazio anche per una certa
autoreferenzialità. Da riascoltare.
Chi invece ha convinto oltre ogni ragionevole dubbio è stata Carla Bozulich. Nonostante l’occhio pesto
conseguenza del gesto di un folle
durante una recente visita in Francia,
l’ex membro degli Ethyl Meatplow e
dei Geraldine Fibbers si è fatta letteralmente sommergere dal sottofondo dissonante e fangoso dell’ultimo
Evangelista, declamandone alla
stregua di una novella Patti Smith traviata dai Birthday Party -, anima e
suoni. In un intreccio di voci dirompenti e dall’intensità catartica, sostenuto da una band capace di scorticare le corde emozionali dei presenti a
suon di violoncello, basso, batteria,
tastiere e campionamenti e di rendere adeguatamente il pulsare perennemente in fibrillazione della proposta dell’artista americana. Teatrale,
alla costante ricerca di un feedback
dal pubblico, carismatica al pari del
Nick Cave meno borghese, la Bozulich ha dimostrato di meritare ampiamente la stima riservatale nell’ultimo
periodo dagli addetti ai lavori, oltre a
ricordare a tutti che non sempre l’avvicinarsi della mezza età porta con
sé l’odore di naftalina.
Fabrizio Zampighi
Fiery Furnaces – Music Drome,
Milano (17 novembre 2007)
C’è attesa stasera per l’unico concerto italiano del duo di Chicago, la
si percepisce palpabile in un Music
Drome non pienissimo ma bastevole
di tutta la partecipata attenzione che
i Fiery Furnaces meritano. E infatti
basta la materializzazione sul palco del deus-ex-machina Matthew al
controllo delle tastiere poco prima
dell’inizio del set per scatenare l’entusiasmo non solo delle prime file
in transenna. E quando poco dopo
al soundcheck fa la sua comparsa
un’infreddolita Eleanor imbacuccata
in un cappottino striminzito, non si
può fare a meno di invocarla a gran
voce. È un attimo e pochissimo dopo
i fratellini rientrano sul palco, accompagnati da un funambolico Bob
D’amico alla batteria e da Jason Loewenstein (sì, proprio l’alter ego di
Lou Barlow nei Sebadoh) al basso.
E parte così un happening senza
soluzione di continuità che li vede
eseguire quasi tutto l’ultimo Widow
City, riarrangiato e trasfigurato alla
loro maniera, ora rallentato ora accelerato, a partire dalla caricata
opener The Philadelphia Grand Jury.
È un piacere per occhi e orecchie
vederli in azione on stage, Matthew
camaleontico col sorriso sulle labbra
alle prese con le sue tastiere (quasi
come avesse più delle due mani a
disposizione!) e una Eleanor - che
raramente sorride – attenta, duttile e versatile, che vediamo tra uno
strumentale e l’altro riposarsi mentre
prende un sorso di birra in lattina,
tamburellando sulle lunghe gambe
infilate in stretti jeans vintage e stivaletti, mentre tiene il tempo.
Assistiamo così ad un act che a posteriori si fa fatica a categorizzare:
è prog, rock, pop, vaudeville? Poco
importano in fondo le definizioni, è
tutto questo insieme, è la somma
delle parti che fa la differenza, e
l’”opera rock” davanti alla quale ci
troviamo ha in effetti molta dell’enfasi prog, ma viene stemperata dagli
inserti pop e dall’ ironia del gruppo.
Un collage di suoni e sensazioni amplificate che creano un unicum avant
pop. Ecco, forse è questa la definizione migliore! Per un gruppo che
non perde colpi pur avendo sfornato
in pochi anni una quantità consistente di musica.
A fine concerto si passa anche dalle
parti di Bitter Tea e dell’EP (Bitter
Tea, la clamorosa Single Again in
una rielaborazione proggy). E dopo
poco più di un’ora di set, segue un
quarto d’ora buono di bis, durante i
quali vediamo Eleanor proporre un
siparietto su brani a richiesta, e qui
prevalgono a gran voce e con gran
divertimento dei presenti, Here Comes The Summer, Blueberry Boat e
Tropical Iceland condensate in mini
song e mixate l’una dentro l’altra.
Il pubblico è in delirio e li richiama
a gran voce anche dopo la fine del
concerto. Ci si augura vivamente di
non dover aspettare così a lungo per
una prossima occasione dal vivo.
Te r e s a G r e c o
Fink – Init (Roma, 16 ottobre 2007)
Sogno di una notte di metà novembre.
Tutto faceva pensare che questa serata non fosse altro che un qualunque
venerdì di un qualunque autunno ro-
sentireascoltare 85
mano. Sin dal pomeriggio nel quale
sono iniziate le prime prove invernali
tra grigiore e pioggia diffusa. E tali presupposti non sono cambiati neanche
una volta giunti a destinazione. l’Init,
locale riesumato da poche settimane
e messo a nuovo con un programma
concerti niente male, risultava semi
vuoto durante il dj set pre-Fink. Meglio
così – si sdrammatizza – dato che il
live, vista la strumentazione sul palco,
si preannunciava totalmente acustico.
Meno rumori di fondo. E poche persone
si sono aggiunte ai presenti non appena il protagonista della serata, Finnian
Greenall, è montato sul palco accompagnato dal suo prezioso compagno
Guy Witthaker. Posizionatisi sui propri
sgabelli, imbracciando rispettivamente
chitarra acustica e basso a sei corde,
hanno aperto le danze. Fin da subito è
stata netta la sensazione che qualcosa
di strano stesse avvenendo, o meglio,
che qualcosa di tremendamente normale stesse per affermare la propria
epifania. Infatti, Fink che suona acustico, senza neanche una base elettronica in sottofondo, è straordinario e
usuale simultaneamente. Pensare che
fino a qualche anno fa l’inglese in questione calcava le consolle dei dancefloor fino a mattina inoltrata fa strano.
Ma pensare che suoni acustico dopo
due album in parte registrati a spine
staccate è del tutto prevedibile. Ecco
che con tale sensazione viene accolta
So Many Roads. Fin dalle prime battute si capisce subito quale sarà il ruolo
del basso: struttura portante di ogni
canzone e ornamento stilistico grazie
alla maestria di Witthaker. Va a riempire quei vuoti lasciati dalla mancanza della batteria – ma a questa sopperiscono anche i piedi e le mani dei
Nostri, fatti battere rispettivamente sul
suolo e sulle casse dei propri strumenti – ma soprattutto, quando può, va a
rimediare all’assenza dell’elettronica
con virtuosismi rumoristici sulle prime
due corde. Vengono così presentati i brani dell’ultimo album, Distance
And Time, alternati a quelli del primo
Biscuits For Breakfast. Ciò che differisce dalle registrazioni in studio è
un approccio molto più blues, quasi
aggressivo, che fa terminare gli episodi più movimentati in vere e proprie
rincorse strumentali con un trasporto
contagioso (i brani migliori: il singolo
This Is The Thing, l’ossessiva Blue-
86 sentireascoltare
berry Pancakes e la sincopata Pretty
Little Thing). Non a caso alcune canzoni nel finale vengono del tutto stravolte rispetto alle versioni ufficiali. Ma
non mancano nemmeno quelle ballad,
molto apprezzate dal pubblico, nelle
quali Fink riesce a dar sfogo a tutta la
sua anima soul con un timbro vocale
impeccabile anche dal vivo. Certo, la
veste acustica mette in secondo piano
quel groove con cui il Nostro si è fatto
le ossa, ma a guadagnarne è l’intensità dell’esecuzione, impreziosita anche
da una complicità palpabile tra i due
che si riversava sul pubblico sotto forma di chiacchiere e battute. Una serata come non ci si aspettava. Grazie al
calore sprigionato da Fink in una notte
di metà novembre.
Andrea Provinciali
Liars - Estragon, Bologna (14
novembre 2007)
L’appuntamento con i Liars è ormai
un classico irrinunciabile. Che il trio
newyorkese dia poi una connotazione particolare ad ogni nuovo album non fa che caricare di ulteriori
aspettative uno dei migliori live act
cui si possa assistere in questi anni
un po’ avari. E Angus Andrew è uno
dei pochi animali da palco rimasti:
una specie da proteggere, in via
d’estinzione, che sa stimolare e catalizzare il flusso empatico della folla in virtù del suo carisma. Come un
santone o uno sciamano. Uno spilungone dinoccolato che si presenta
sul palco opportunamente vestito di
bianco da capo a piedi, come fosse appena scappato dall’ospedale
psichiatrico. Per dovere di cronaca
dobbiamo pur ammettere che stasera pare meno fuori del solito, più
controllato e professionale e tuttavia ben calato nella parte.
Se la partenza è folgorante - e mette immediatamente in chiaro che
il calibro della band non si discute
- il seguito è riservato alla curiosa
e divertita esplorazione dell’ultimo
lavoro. E all’uopo i Liars portano
in tour un quarto membro, Jarrett
Silberman degli Young People. Qui
arrivano le sorprese, anche se non
ci colgono a freddo: Houseclouds è
un pezzo decisamente alla Beck (!)
mentre Freak Out e Pure Unevil sono
psicocaramelle alla Jesus & Mary
Chain, spacedelia post-punk che
talvolta assume camaleonticamente striature alla Joy Division, alla
Sonic Youth o alla Spacemen 3, se
non addirittura tinte shoegaze. Accertato che il singolo Plaster Caster
of Everything - guardate il relativo
video dal sapore lynchiano - è una
bomba anche dal vivo, non ci resta
che considerare che nell’economia
di un live all’altezza delle aspettative la parte del leone la fanno ancora
i capolavori del secondo album: We
Fenced Other Houses With Bones of
Our Own, con la sua litania maledetta (“Fly, fly, the devil’s in your eyes...
Shoot! Shoot!”), e gli spasmi di Broken Witch (“I, I Am the Boy. She, She
Is the Girl...”). A qualche anno di
distanza sono ancora questi, insieme ad alcuni sprazzi di Drum’s Not
Dead, i momenti più visceralmente
catartici e magnetici del loro show,
probabilmente a causa di un inossidabile mix di primitivismo neopagano
e avant rock di cui sono essenzialmente permeati: gli Stooges di We
Will Fall che copulano con i Teenage
Jesus & the Jerks con la benedizione dei Virgin Prunes... (“Blood. Blood. Blood. Blood. Blood...”)
I Liars sono semplicemente la band
che al giorno d’oggi meglio reinterpreta e rivitalizza gli azzardi e gli
ardimenti post-punk. Già lo sapevamo. Ne abbiamo avuto ulteriore conferma. E questa lieve svolta “pop” e
“rock” non stona affatto né ci spaventa. Ci fa semplicemente sogghignare sornioni, nell’attesa della loro
prossima imprevedibile zampata.
Alarico Mantovani
Merzbow + Valerio Tricoli – Artissima - Lingotto, Torino (8 novembre
2007
Il live set di Valerio Tricoli si accende improvviso: il salone espositivo del
Lingotto è ancora affollato da sciantoso via vai di imprenditori dell’arte. Dire
che l’installazione del ¾ Had Been
Eliminated sia site specific è assai
poco: il suono delle macchine si inerpica pieno per la rampa in cemento
che conduce all’Ovale della Fiat, aderisce alle pareti, profondo in altezza,
foderando internamente la struttura
cilindrica. L’effetto è amplificato da
improvvisi lampi di luce che squarcia-
Vincenzo Santarcangelo
Peeesseye + Bob Corn + Harshcore
- United Club, Torino, (7 novembre
2007)
Nella settimana in cui Torino è sulla
bocca di tutti per il festival di musica
elettronica ClubToClub e per le esibizioni legate ad Artissima (Merzbow, V/
VM tra gli altri), lo United Club, spesso
dedito a concerti punk/hardcore, porta
in città i Peeesseye, accompagnati da
Bob Corn e dai rumoristi Harshcore.
Quest’ ultimi, un duo mascherato che
sembra uscito dal delirio di un matto,
aprono le danze, se così si può dire.
Merzbow by Bruben
no il buio assoluto a ritmo di musica,
fino alla sinestetica esplosione finale
di bianco accecante e rimbombare di
bassi, alla batteria, presenza celata in
uno degli ultimi tornanti della rampa,
quindi al di sopra del pubblico dislocato ai primi livelli; la batteria del sodale
Andrea Belfi conferisce quindi, ce ne
fosse bisogno, maggior dinamismo alla
performance.
Si attende per Merzbow. Si attende per
mezz’ora abbondante di rumore bianco
a gradiente ritmico variabile - si passa dalla totale assenza di impalcatura
ritmica all’incalzare di beat quasi gabber. Uno schiaffo - fisico, ancor prima
che morale - a quanti, a pochi metri di
distanza, mercanteggiano opere d’arte modello grande magazzino. A quei
passanti, di tutto punto vestiti, che, di
ritorno dalla Fiera dell’Arte Contemporanea, incappano, loro malgrado, in
quel monstrum sonoro che si dimena
tra mille rantoli. Che tornano alle loro
Porsche, ora tappandosi le orecchie,
in un disperato tentativo di oltrepassare indenni quel campo di forze; ora osservando esterrefatti, basiti, qualcuno
un po’ schifato - e solo dopo aver guardato in alto, a quelle teste che spuntano dai vari piani della rampa che
conduce all’ovale del Lingotto, come
a chiedersi come possano tante teste
appartenere a persone così idiote da
farsi devastare da simile tormento.
Una performance dal potente valore
simbolico, prima e più che estetico: le
frequenze che salgono su per la rampa, quel muro di suono generato da un
distinto signore orientale che da tempo
si fa chiamare Merzbow, sono - nome
omen - la risultante di tutti gli scarti di
una società alla deriva.
Nastri, microfoni, pick-up generano
una massa indistinta e pulsante di
sano rumore analogico che in breve
riempie l’aria del club. Luca Sigurtà è
l’addetto alle macchine, mentre Tommaso Clerico si occupa degli strumenti tradizionali, il cui suono viene
adeguatamente stravolto. In piena era
digitale, quando sembra che anche il
più incredibile dei rumori possa essere
riprodotto con una fredda sequenza di
0 e 1, gli Harshcore riportano il magnetismo al centro della scena, restituendo al fenomeno fisico una valenza
naturale e incontrollabile, quasi magica. Notiamo una new entry nel parco
macchine del duo: un “cubone” stereo
rosso fiammante che a fine concerto
Luca mi confiderà di aver trovato abbandonato per strada e aver adottato.
Torna la quiete con Bob Corn, il barbuto autore di Songs from the Spiders’
House, che inizialmente viene accompagnato dai Peeesseye. Un primo passo per una futura collaborazione su
disco? I newyorkesi lasciano da parte
le tipiche scorribande rumoriste e si
adeguano al mood tipico della musica
di Tiziano che dopo un paio di pezzi
viene lasciato solo con la sua chitarra.
Negli ultimi anni è passato spesso da
queste parti, il numero degli estimatori
forse è aumentato anche per una naturale empatia nei confronti della persona oltre per la validità dell’opera. L’uomo Fooltribe conquista il pubblico con
la sua ricetta a base di cantautorato
folk sincero e genuino e storie semplici
sussurrate ad occhi bassi. Bob “Prince” Tizio ha il dono della sintesi e la
sabbia in tasca. Non è poco.
È il momento dei PSI, il chitarrista
Chris Forsyth e Jaime Fennelly
all’harmonium generano un ammasso
pulsante e ipnotico. Una situazione
che porterebbe velocemente a stati
mentali alterati se non fosse per gli
sconquassi percussivi di Fritz Welch
che alterna i tamburi a elementi metallici e plastici, quando non a utensili
sentireascoltare 87
PSI by Tommaso Clerico
testimone del morente state of the art
dell’underground italico, tutta chiacchiera e distintivo, ha però poca attenzione voyeuristica da dedicare ai
gruppi spalla. Devozione e curiosità
sono tutti per l’attrazione principale.
Dal trio apprezzato su disco sparisce
il feedbacksaxophone di Ed Bear, e
non è una perdita da poco. Le dinamiche si riducono giocoforza ad un continuo dialogo a due. Se questo riduce le possibili contaminazioni, lascia
spazio ad aperture synth-batteria non
da poco e permette di capire di che
pasta sono fatti. Sembrano comunque
non accusare il colpo e attaccano a
testa bassa investendo l’audience con
una furia devastante. Matt si dimena
come un ossesso tarantolato sul suo
scalcagnato synth. Ne estrae rumori,
brontolii, strepiti, stralci di melodie
senza tempo, trovando anche il tempo di duettare col sodale in esilaranti
disturbanti, come un blocco di polistirolo che genera un suono particolarmente caustico. È Fritz il motore fisico
del gruppo, un folletto post-apocalittico che calamita l’audience, soprattutto quando abbandona la batteria
per dimenarsi brandendo una catena
in mezzo al pubblico, parte del quale appare intimorita, forse in ricordo
di una precedente esibizione torinese. La sua voce copre le più svariate
gradazioni dei toni disumani, passando dai rantoli al growl, in esplosioni
grind(guignolesche) che ricordano Eye
e il Patton più oltranzista. I Peeesseye si confermano fenomenali anche
dal vivo, con un esibizione muscolare e psichica, fuori dai canoni senza
cadere in sterili stramberie e che per
molti dei presenti diventerà un termine di paragone per il futuro. L’ordine
delle esibizioni, con Tiziano piazzato
al centro dei due ensemble rumorosi,
crea una certa discontinuità e provoca
un adattamento da parte degli spettatori, forse l’apertura delle danze sarebbe stata più adeguata o, perché no,
il congedo in punta di piedi (a proposito di estremità, Tizio sembra un hobo
placido e imperturbabile a cui abbiano
trapiantato i piedi di James Brown). In
88 sentireascoltare
ogni caso la soddisfazione dei presenti
alla fine è palpabile, il prezzo ridotto
del biglietto permette che i banchetti
dei gruppi, ricolmi di primizie limited
edition, vengano saccheggiati senza
rimpianti, con il motto psiano stampato
in fronte: Stay Positive, Asshole!
Paolo Grava
Talibam! + Plaisir + A. Calbucci & A.
Compagnucci – SinisterNoise, Roma
(28 ottobre 2007)
“The night of the duos”. Ovvero, come
una domenica sera stanca e silenziosa si trasforma in un orgiastico gangbang sonico. Due coppie copulano sul
palco prima dell’avvento degli attesissimi Talibam! from NY. Per primi Alessio Compagnucci e Alessandro Calbucci, ex sezione ritmica dei Sedia,
con uno scarno set di divagazioni per
basso e batteria. Una prima assoluta
che incuriosisce nei suoi vuoti pneumatici e lascia curiosità sulle future
evoluzioni. A ruota Plaisir, chitarra e
batteria per un sonic mayhem senza
sosta, che deve molto al grunge più
grumoso. Una sorta di Soundgarden
meets Lightning Bolt.Preliminari gustosi, ma lo scarso pubblico presente,
siparietti nonsense su conigli giganti
e peni scomparsi. Kevin risponde dal
suo essenziale drum-kit indossando i
panni, non solo metaforici, dello schizofrenico in crisi epilettica. Il suo volto si deforma. Lo sguardo è perso. Le
braccia vorticano senza sosta, al punto da sembrare 2 o 3 batteristi in uno.
Lo spettacolo vero, però, non è solo in
quel che vediamo. Lo spettacolo è in
quello che è sotteso alla radicalità delle
impro. I due sono orgasmici, umorali, al
limite del rissoso e mettono in scena un
teatrino consapevolmente d’avanguardia, in cui masticano le ferraglie sonore
degli ultimi 50 anni. Le risputano reinventandole sotto la lente deformante di
una libertà d’azione totale e follemente
fuori da ogni schema. Ma lo fanno, e
qui sta il bello, con uno schema, con
una progettuale idea di fondo che ha
come obbiettivo quello di unire l’impro
colta con quella destrutturante e di matrice rock che stava alla base del postpunk e della no-wave più rovinosa. Tutto è apparentemente caos, ma nulla è
appartenente al caso. Se a volteggiare
sul palco è il simulacro di Sun Ra e a
benedire dall’alto è lo spirito libero di
un Coleman ubriaco e drogato, ad agitarsi sul palco sono i fantasmi del rock
che abbiamo sempre apprezzato. Questo sono i Talibam! oggi, autunno 2007.
Cosa saranno tra qualche mese nessuno può immaginarlo.
Stefano Pifferi
Pithecanthropus Erectus
#12
di Fabrizio Zampighi
ra pp resen ta u na t appa obbligat a per i neof i t i q u a n t o p e r g l i a p p a s s i o n a t i .
Charles
Mingus
–
Pithecanthropus
Erectus
(Atlantic,1956)
La musica di Charles Mingus è
Charles Mingus.
Irrequieta, irascibile, carnale,
capace di attimi di stasi come
di esplosioni virulente, di decompressioni e ingorghi, di dissertazioni solitarie e crescendo
corali, di brutali dichiarazioni
di intenti e patologie incontrollabili, di urla sguaiate e malinconie urbane. Una musica figlia
del be bop, coinquilina del free,
risultato di un’infanzia difficile,
violenta, vissuta costantemente
nell’emarginazione e con l’incubo della discriminazione razziale. Pulsioni che trasformano il
musicista dietro agli spartiti in
un disadattato cronico, un innocuo Jeckyll in un Hyde dalla personalità riottosa e perennemente
scissa, con in testa - soprattutto
in gioventù - un girovagare confuso tra Duke Ellington, la polifonia, il cool.
È il 1956 quando Pithecanthropus Erectus fa la sua comparsa ed è con questo disco che
Mingus aggiusta per la prima
volta il blando peregrinare degli
esordi in una registrazione stilisticamente matura e qualitativamente ineccepibile. Un’opera
che omaggia il jungle sound di
Ellington, trasponendolo da input musicale a ispirazione per
un concept sulla modernità, con
tanto di ritmi forsennati, rumore,
luci e naturalmente, l’uomo, animale selvaggio confinato in una
giungla metropolitana. Il tutto in
due brani, la title track e A Foggy Day, il primo un carteggio di
sax composto da Mingus e infarcito di cambi di tempo e atmosfere cariche di fisicità - tratto che
diventerà distintivo della poetica
del contrabbassista dell’Arizona
-, il secondo una passeggiata
ironica tra i clacson assordanti
di San Francisco sulle note di un
brano di George e Ira Gershwin.
Due tracce che costituiscono
l’alfa e l’omega del concept, dal
momento che il lato B fa un po’
storia a sé. Profile Of Jakie suona infatti come una tipica ballata
notturna irretita da una pletora
di ottoni ruffiani e solcata dal
surfing del basso di Mingus e
Love Chant si traveste da suite
di quindici minuti buona per dar
c o r d a a l p i a n o f o r t e d i M a l Wa l dron e consentire al titolare di
mettere in mostra qualche derapata sul manico.
sentireascoltare 89
una rubrica jazz a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi
Min gu s fu un bat t it or e liber o nella s t or ia de l j a z z . Tr o p p o r u d e p e r s c e n d e r e a p a t t i ,
d ifficilme nte gov er nabile, aff as c inat o dal s u o n o d e l l e b i g b a n d c o m e d a l l e s t i l e t t a t e d e l f r e e ,
d all’imp eto de l be bop c om e dalla m us ic a cl a s s i c a , c o m p r i m e t t e i n u n j a z z d e l t u t t o p e r s o n a l e
u n’e sisten za per ennem ent e al lim it e. Tr ov a n d o l a v i a p e r u n a f o r m u l a e s p r e s s i v a c h e a n c o r a o g g i
(Gi)Ant Steps
Charles Mingus
WE ARE DEMO
a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi
WE ARE DEMO
Side A
Corde di violino pizzicate (finalmente
un po’ di musica da camera, penso),
ciottolame vario a far da tappeto percussivo, una calda melodia gitana e
poi trac dopo pochi secondi già tagli
improvvisi, bordate e schizzi trash metal. Continui cambi di ritmo e scenario
(e ti pareva? E allora violenza sia). Siparietti western, perizie free-jazz-core,
melodie orientali, klezmer zorniano,
vocalizzi dementi, risa e schiamazzi improponibili, intervalli di classica
contemporanea, schitarrate pese, neanche un attimo di tregua. Estenuanti
ma anche tanto tanto divertenti e come
suonano poi! Registrazione ed intesa
perfetta, capacità compositiva sopra
la media ed energia da venderne. I
3Sacchetti da Venezia-Mestre escono
allo scoperto senza mezzi termini, è
un assalto col sorriso sulle labbra e la
coscienza delle proprie capacità tecniche. Parodistici e paradossali, schizzati ed ironici, colti e hardcore non li
si riesce ad ingabbiare facilmente,
sfuggono scivolando via, strattonando e allora lasciamoli liberi che ce n’è
per tutti. E dire che non è neanche il
mio genere ma per una volta la colpa è
solo mia. Impressionanti (7.3/10).
Una giornata al mare, solo e con mille
lire, poi la sera tutti in trattoria quando ancora si poteva fumare e bere,
soprattutto bere, piada e cocktail che
sient a me tu vuò fa l’americano, ma
90 sentireascoltare
#22
statevi un po’ zitti lasciatemi ascoltare le panzane gonfiate a dovere del
vitellone di paese: storie di bionde
adescate sul molo, di grandi passioni
e lacrime amare. Leggende per cuori
caldi e gioviali ma colmi di malinconia
che non si sa cos’è, forse è il mare che
buio profuma le notti fin sulle colline.
E finalmente si accendono come stelle
lontane le luci del Cabaret. Si comincia a sognare, è jazz. Si comincia a
scalpitare, è swing. Storie antiche,
amici, l’amaro Averna. Carezze di chitarra acustica folk, senza prewar, solo
folk acustico, quello tra ‘60 e ’70. Poche note, tanto silenzio intorno. Punta
delle dita, una mano calda quando sei
solo e intirizzito dal freddo che fa. Echi
e rintocchi in lontananza ad allargare il
panorama, secca batteria a scandire il
tempo. E prenditelo ‘sto tempo, mettiti
a sedere un attimo, comodo, chiudi gli
occhi e goditi la magia di questi cinque
ragazzi, i Margareth, da Venezia-Tre-
musiche che dell’indie e di quel che ne
è seguito se ne strafottono e se solo
sapessero si farebbero grasse risate.
Musica suonata da musicisti, un giorno
non sapremo neanche più cosa sono.
Entertainment! C’è il primo Capossela,
l’estetica di Conte nelle sette canzoni
viso. Un’armonica, una tromba rotonda, una voce educata a stendere larghe e consolanti melodie. Quando un
mini di quattro canzoni (perché chiamarlo demo mi fa un certo che) è bello, è bello. Quando è realizzato bene,
registrato con cura e scorre che è un
piacere ancora e ancora c’è poco altro da aggiungere. Per la cronaca se a
qualcuno interessasse a me hanno ricordato certe acusticherie Radiohead,
i Sophia meno disperati e perché no,
qualche melodia di tutte quelle band
emo-acustiche che andavano tempo fa
oltreoceano. Basta. Bravi (7.2/10).
Davide Brace
del riminese Daniele Maggioli, lingua
sciolta, voce profonda, imbonitrice e
seducente con quel fare da mascalzone bello e dannato. Insieme a Nobraino
e Granturismo si potrebbe quasi parlare di una nuova scena romagnola, un
po’ nostalgica se si vuole, ma con le
idee molto chiare. Ottima la registrazione . Saprà conquistare ascoltatori,
o almeno glielo auguro (7.0/10).
Il fumo dai comignoli all’orizzonte.
Fredda notte boschiva. Devi farne di
strada bimbo e già ne hai fatta parecchia. Altroché. Quel che ci vorrebbe
adesso è una casa, un camino, degli
Side B
Twee è la terza demo per Denise,
giovane cantante/autrice salernitana
la cui determinazione è direttamente
proporzionale alla gentilezza incantata
della voce, timbro da bambolina neo
(nella bowiana Speed Of Life) e chitarra elettrica (nella title track, pezzo
autografo assieme a Jumping In Your
Soul) infarciscono di circospetta, vibrante (eh, già!) concretezza. Il risultato è questa splendida, allampanata
contraddizione, la sua capacità di ipnotizzarti dolcemente. (7.2/10)
Stefano Solventi
melodica ribadita dai synth, si smarca
dalla filiazione dEUS e Afterhours per
compiersi in un rock forte e accorato.
Belli i testi e ben cantati, tesi come un
Filippo Gatti corroborato Gang e Marlene Kuntz, capaci di dare vita a trepidazioni adulte (vedi la pulsante Finzioni,
ballata noise di tutto rispetto), ciò che
non esclude momenti più “sofisticati”,
come il soul spiegazzato e languido di
So Fly, o manifestazioni di franchezza
disarmante fino all’ingenuità (Attenti).
Finché, con L’ossessione, azzardano
pure la carta del plausibile singolo,
in un crescendo di tiepide iridescenze
che incendiano una semplicità Perturbazione. C’è un’ultima cosa da dire:
bravi. (7.2/10).
Anche di Roberto Celi abbiamo già riferito, nel gennaio scorso, in occasione di Vibrando. Se quello rispettava la
tipica dimensione dell’EP, stavolta con
Clouds By Fire siamo all’album bello
e buono, benché breve, annoverando
ben nove tracce di cui due originali
ed il resto cover di brani (talora anche troppo) celebri. Per chi non fosse
provvisto di memoria elefantina, ricordiamo che Celi è vibrafonista, quel
che propone è un’anomalia convinta
che nel vaporoso luccichio delle note,
in quella manifestazione di armoniche
dense e impalpabili, che riarticolano
melodie fino all’astrazione, si nasconda un codice non esprimibile altrimenti che così. Un segreto complesso ed
etereo, ricco ma portatore di un messaggio semplice: il suono come eventualità magica, non necessariamente
sintetica/sintetizzabile. Tra una calligrafica Michelle, una garrula The Man
Who Sold The World e una non meno
che stupenda Summertime, si consuma questa utopia se vogliamo anche
ingenua eppure forte, stranamente
forte. Che gli interventi di basso, sax
B o n u s Tr a c k
Chitarra elettrica, basso, batteria. Loro
sono gli Ogun Ferraille e il demo in questione si chiama My Own Drama, che in
italiano vuol dire noise, crossover, riff
uncinanti, vocazione decisamente hard.
Sarebbe tutto - o quasi - perfetto, se la
lunghezza eccessiva dei brani – in media sopra ai 5 minuti e in qualche caso
oltre i sei – non impedisse di apprezzare appieno il tiro degli episodi in scaletta, facendo suonare il tutto un po’ troppo dispersivo (voto: 6.3/10, web: www.
myspace.com/ogunferraille). Discorso
diverso per i Metro Corskol Blue Division, che con Confine collezionano
cinque brani vicini per indole agli Afterhours di Germi. Melodia e rumore si
mescolano a testi in italiano che non lasciano troppo l’amaro in bocca, rivelando buon gusto nelle geometrie e intelligenza nel mantenere un basso profilo,
anche se un pizzico di coraggio in più in
sede di scrittura non avrebbe guastato
(voto: 6.4/10 web: www.myspace.com/
metrocorskolbluedivision). Elettronica,
new wave, chitarre elettriche sono invece gli ingredienti di base della proposta
musicale degli Alba Caduca. L’omonimo
EP della band si fregia di un elettro-rock
talvolta evocativo, più spesso energico,
in generale di immediato consumo, unito a facilonerie liriche in italiano che
non convincono appieno, pur nel rispetto ossequioso delle strutture musicali
(voto: 6.1/10, web: www.myspace.com/
albacaduca). Quarta e ultima bonus del
mese, A ritroso, raccolta di tre brani
a nome Una Pura Formalità. La band
pisana unisce a strutture vagamente
post-rock tutte chitarra, tastiere, batteria, basso, un cantautorato in italiano
piuttosto ricercato, ottenendo una fusione di stili interessante e una proposta
musicale all’altezza delle aspettative
(voto: 6.6/10, web: www.myspace.com/
unapuraformalita).
Fabrizio Zampighi
sentireascoltare 91
WE ARE DEMO
folk nella cameretta di Mùm e Cocorosie, però appunto titolare di un piglio tenace e ispirato che la mette al
centro di situazioni interessanti, spalleggiata da svariati nomi dell’alternativo italico (tra cui Songs For Ulan e
A Toys Orchestra). La sua è una calligrafia fiabesca, palpitante, bucolica e
sottilmente inquieta, adagiata tra archi
serici e chitarrine di marzapane, tra
percussioni genuine e una fantasmagoria indolenzita di organetti e campanellini. Rispetto al passato sembra
essersi dissolta la componente elettrica da shoegazer in incognito, a tutto
vantaggio di un più etereo incedere tra
acidule suggestioni folk-blues languidamente jazzate (l’enigmatica Moonchild, la preziosa Lovely Baby Lovely),
alla bisogna screziate d’elettronica ma
senza esagerare, tipo che viene da
pensare ad una Beth Gibbons adolescente. La proposta è buona, lascia intravedere una certa profondità e chissà quali sviluppi. Che non dovranno
comunque mancare, perché al momento il dubbio – praticamente l’unico – è
che stilisticamente Denise si muova un
po’ in ritardo. Speriamo non fuori tempo massimo. (7.0/10).
I Sister Dew sono un quartetto marchigiano di cui abbiamo già parlato un
po’ di tempo fa (We Are Demo giugno
2006) recensendo L’intangibile voglia, lavoro risalente al 2005. All’epoca i ragazzi non avevano le idee chiare
circa la ragione sociale, visto che venivano da un periodo in cui si facevano
spacciare per Sofia, ma dal punto di
vista musicale erano già a posto. Il qui
presente Non c’è niente di male alza
ulteriormente la posta, forse anche in
virtù dell’ultimo arrivato in formazione,
il “quinto elemento” Stefano Procaccini, chitarrista. Fatto sta che il suono
sembra allargarsi, svincola la vena
Classic
Slits
THESE ARE (NOT) TYPICAL GIRLS...
di Edoardo Bridda
L’imm ine nte tou rné e in G iappone e la r ec ent e r is t a m p a d e l c o n t r o v e r s o s e c o n d o a l b u m ,
rappr esen tan o la pe r f et t a s c us a per r ipes c ar e una d e l l e p i ù f r e s c h e e s p e r i e n z e p o s t - p u n k b r i t a n n i c h e .
Anzi, senza scuse: l a p r i m a p u n k b a n d t u t t a a l f e m m i n i l e . A n z i , m e g l i o : t r e f o r m a z i o n i c h e h a n n o m a r c h i a t o
altretta nti mo men ti s alient i di quel m agic o inc r oc io d i f u l m i n i e s a e t t e c h i a m a t o p o s t - p u n k .
Soli due dischi uffici a l i a l l ’ a t t i v o p e r
le S lits, e pp ure il lor o è un c as o del
quale si po treb be p ar lar e per or e
e da una miriade di p u n t i d i v i s t a ,
musicali e non, di co s t u m e c o m e d i
contraddizioni in sen o a l p o s t - p u n k ,
d’at t itud ine e d i cont am inaz ione.
Un n aturale sbocco i n t r o d u t t i v o , a
nostro avviso, inforc a s i a u n t i p i c o
vezzo britannico sia u n a p e c u l i a r e
novit à de ntro la n ov it à c he le r agazze rap pre se nta rono. I l quar t et to nasceva attorno a l 1 9 7 6 , a n n o
domini d ello sba rco dei Ram ones
nell’isola, il prelud i o d e i P i s t o l s
e di McLaren. Un c u l t o s e n z a u n
suono. Ragazze vio l e n t e , f e m m i n e
incaz za te. Atto rno a lor o ( e al nascente fermento pun k ) s ’ e r a c r e a t a
una morbosa curiosi t à f a t t a d i c a s i
disco gra fici se nza dis c hi e pr at ic amente neanche una s e s s i o n .
D el r e sto , e ra acca dut o per le f or mazion i in cui le ragaz z e av ev ano
milit ato p oco prima ( le Cast r at or s,
i F l ower s Of Romance) e s t a v a
accadendo ancora c o n l o s t e s s o
canov accio (età gio v anis s im a, incapacità totale di i m b r a c c i a r e g l i
strum en ti). Pra tica m ent e er ano un
fenomeno alla Mclar e n f a t t o d i s o l i
tenta co li ma sen za la t es t a, c om e
un tipico vizio britan n i c o . U n a r o b a
del t ipo : an imali a doles c ent i e incontrollabili. Una fa n t a s i a e r o t i c a .
Una fonte di recond i t e p a u r e p e r i l
maschio working cla s s . L’ i d e a l e p e r
la stampa.
L’imm ag ine , pe r da v v er o, er a s f r ontat a qu an to il p un k r ic hiedev a e s l i t
significa ta glio , fen dit ur a. Un quadro ch iaro q ue llo o ut s ide t he s lit ,
quanto curioso appa r i v a d e n t r o : l e
92 sentireascoltare
r agaz z e no n e r a n o a ff a t t o l e t i p e
violente che tutti volevano. Il punk
e l’ener gia d i q u e l f a m o s o ’ 7 7 a v e v a dat o lor o u n ’ i n c o n t r o l l a b i l e v i t a lit à e un’uni c a a r m a , l ’ i r o n i a , u n a n ticorpo al panico da palcoscenico.
Q uel non a v e r e m o d e l l i , i l s a p e r e
suonare… Il pubblico, caricato dai
m edia, c om p r e s e t u t t ’ a l t r o , s ’ i m paurì, ma anche scattò: durante
un’es ibiz ion e u n r a g a z z o s a l ì s u l
palc o c on u n c o l t e l l o e p u n t a n d o lo s ul s eder e d i A r i d i s s e “ È q u e s t o
c he v olet e, n o ? ” .
Lo spavento per lo spavento non
finì in spirale: l’onda era troppo
f or t e e nel m e n t r e s i a v v i c e n d a v a no piogge di sputi on stage, una
scacchiera si colorava di bianchi e
ner i m ent r e u n a p a r t i t a v e n i v a g i o cata con agile e sinuosa prontezza.
As s iem e ai P I L , f u r o n o l e p r i m e a
contaminare il punk con i detonanti
bassi del dub, e da lì si spalancò
un’altra porta che le porterà a quel
d u p l i c e p r e: u t e r o / A f r i c a . I n q u e s t o
senso, le Slits erano le eredi del
Pop G r oup e d e g l i A l t e rn a t i v e T v ,
anche se lo furono soltanto in parte
e per un brevissimo tempo.
P r i m a d i r ac c o n t a r v i d e l l a l o r o f i n e
facciamo perciò un passo indietro,
quando il g r a n d e p u b b l i c o l e c o nobbe e le i n c e n s ò c o n C u t ( I s l a n d ,
1979; 7. 5/ 1 0 ) , d e b u t t o u ff i c i a l e s u
major che fruttò loro il 30° posto
nelle c har t d e l R e g n o . L’ a l b u m a r r iv av a s ulla c r e s t a d i u n e m e r g e n te successo reagge-punk spianato
c om m er c ial m e n t e d a R o x a n n e d e i
Pol i ce e ide o l o g i c a m e n t e d a i C l a s h
( una c anz on e : T h e G u n s o f B r i x t o n ,
1978) . E, s e m p r e a p r o p o s i t o d i p a -
r a g o n i , l e S l i t s a v e v a n o q u a l c o sa
i n c o m u n e a n c h e c o n q u e s t ’ u l t im i :
entrambe le band denunciavano e
s c h e r n i v a n o i l u o g h i c o m u n i m o rali
e le ipocrisie della società britannic a p r e f e r e n d o g l i l o s t i l e d i v i t a gi a maicano, decisamente più comunit a r i o e r i l a s s a t o . I n o l t r e , l e r a g a zze
a v e v a n o d a l l a l o r o D e n n i s B o v ell,
p r o d u t t o r e d i Y ( f i r m a t o , c h e v e lo
d i c o a f a r e , P o p G r o u p ) , s e m p l i ce m e n t e l ’ u n i c o n e l R e g n o a t e n ere
t e s t a a g l i i l l u s t r i p a d r i n i d u b q uali
L e e P e r r y e K i n g Tu b b y.
C u t – s i a s c o l t i n o l e d i v e r s e ( e non
p o c o ) P e e l S e s s i o n r e g i s t r a t e un
a n n o p r i m a e p u b b l i c a t e n e l 1 998
- e r a d i f a t t o a n c h e f i g l i o s u o , non
l e s i n a v a f i l a m e n t i a c i d - r o c k ( alla
B e y o n d G o o d A n d E v i l ) e , p i ù di
o g n i a l t r a c o s a , a ff o n d a v a b assi
s t o r d e n t i e d e ff e t t i c a m p i o n a t i che
i f a n d e i J o y D i v i s i o n c o n o s c e v ano
b e n e . S o n o a s p e t t i d i p r o d u z i o ne ,
eppure l’album - tra dissonanze e
c a n t o e c c e n t r i c o - e r a s o s t a n z ia l m e n t e u n a ff a r e p o p f i s c h i e t t a b i l e e
ballabile. Qui la sua forza e il plauso di Olympia fino a M.I.A.
Va a n c h e d e t t o p e r ò c h e l e S l i t s
erano perfette figlie del loro tempo: confini labili, membri in prestito da altre band e persino batteristi in incognito. Negli anni del Rip
It Up, assieme al Pop Group, Ari
e co. condividevano quel concetto
di liberazione “totale”, che partiva
dall’happening rock dei Sessanta
e giungeva ora a un lacerante rituale ancestrale. In comune con la
band di Stewart, con la quale stabilirono una vera e propria alliance (e un singolo split, il datato ma
te con Joe Strummer e Mick Jones.
Tut t i a s p e t t i , c o m e s i d i c e v a a l l ’ i n i zio, che contribuirono a connotare
t r e ba n d d i ff e r e n t i : u n a ( u l t r a ) p u n k ,
una reagge-dub-punk e infine una
av ant - a f r i c a n a ( a n c h e w o r l d ) , e m a naz io n e d e l P o p G r o u p - p e n s i e r o d i
c u i vi d i r e m o .
Tor na n d o a l l a p r i m a , c ’ è d a r i c o r d a re il fondamentale documentario di
Don L e t t s , T h e P u n k R o c k M o v i e
(un ritratto verace, denso di colori
e trend della bohème primo-punkista pre-borchia ed eroina), il cui
c or r isp e t t i v o v i n i l i c o è i l B o o t l e g
Ret r o s p e c t i v e ( Y, 1 9 8 0 ; 6 . 0 / 1 0 ) ,
un r i t r a t t o d i a u t e n t i c i i n t e n t i p u n k ,
m ent r e p e r i l s e c o n d o , o l t r e a C u t ,
r ic or d i a m o l a c o v e r d i M a n N e x t
Door ( s o l o s u s i n g o l o o 1 2 ’’ ) , s p l e n dido r i f a c i m e n t o d e l c l a s s i c o d e l
rastaman John Holt e missato da
Adr i a n S h e rw o o d .
La terza e ultima fase delle Slits
c oinc i d e c o n R e t u r n O f t h e G i a n t
Sl i t s ( C B S , 1 9 8 1 ; 7 . 2 / 1 0 ) , l ’ a l b u m
t r ibal e c o n a n c o r a B o v e l l i n p r o duz io n e e l a p a r t e c i p a z i o n e d i u n
alt r o g e n i a c c i o c o m e L a u n a y ( s u o i
molti espedienti in post-produzione
di Fl o w e rs O f R o ma n c e ) . L’ a l b u m
( r ec e n s i o n e a p a g . 8 1 ) f u a c c o l t o in m a n i e r a c o n t r o v e r s a : d a u n a
parte c’è chi lo tacciò di essere un
prodotto commerciale, dall’altra
c hi d i s s e c h e l e S l i t s a v e v a n o p e r so la verginità/ingenuità. Il lavoro
rappresentò in verità una classica
t r ans i z i o n e ; a d o g n i m o d o , a s c o l t ando l o o r a , n o n p o s s o n o n o n r i s a l tare certe chicche come l’opener
E a r t h b e a t c h e c o n t i e n e lo stesso
a ff a s c i n a n t e t e r r i c c i o a f r o sul quale
B j o rk p a r t o r ì H u m a n B e a hvi o r (e se
s c a v a t e v e d r e t e c h e t u t t o torna…),
i l b a l l e t t o a v a n t a n t i - c l a s s ifi ca Face
P l a c e c o n u n ’ i n t r i g a n t e p er fo r m a n c e d i A r i - U p , e l ’ a f r o - f u n k liquoroso
d i Wa l k A b o u t , n e l q u a l e l e ragazze
b i l a n c i a n o m i r a b i l m e n t e l a vertigine
di Stewart e co.
L e S l i t s n o n s i s c i o l s e r o p e r l e cr i t i c h e m a p e r v i a d e l l a v o ragine del
d o p o p u n k . È s t a t a u n a fi g a ta , m a
o r a ? H o r r o r v a c u i c h e m ol ti , a l cu n e S l i t s c o m p r e s e , c o l m arono con
l’eroina e rincorse di verità più prof o n d e . U n a d i q u e s t e , m u si ca l m e n t e p a r l a n d o , f u l ’ a ff a r e New Age
S t e p p e rs , u n p r o g e t t o a perto che
o l t r e a A r i e Vi v, c o i n v o l se membri
d e l P o p G r o u p e d e l m o n do reggae
( S A # 1 6 ) . P e r u n a t t i m o se m b r ò i l
n a t u r a l e s b o c c o , u n a f a m ig l i a a l l a r g a t a c a p i t a n a t a d a A d r i a n Sh e r w o o d , l ’ e s e g e t a d e l d u b c o n ta m i n a to
c h e a l t e m p o r i a r r a n g i ò a l cuni brani
d i R e t u rn O f t h e G i a n t S lit s . Era
s o l o u n m i r a g g i o . L a p ostfazione
d i q u e s t a a n a l i s i a r r i v a b e n ve n ti c i n q u e a n n i d o p o c o n R e venge Of
T h e G i a n t s S l i t s ( 2 0 0 6 ), EP con
t r e n u o v i b r a n i d o v e a p prendiamo
c h e l e r a g a z z e s i s o n o ap p r o p r i a t e d e l l e i s t a n z e r a p ( c h e a momenti
a v e v a n o a n n u s a t o n e l 1 980 - vedi
N e n e h C h e r r y c h e a v e v a militato
n e l l ’ u l t i m i s s i m o p e r i o d o d ella band)
e d e l d r u m ’ n ’ b a s s , n a t u r a l e co r o l l a r i o d e g l i a f r i c a n i s m i b r i t di Ar i . N o n
v e d i a m o l ’ o r a d i r i v i v e r e tu tto q u e s t o . Va l e a d i r e , l e a t t e n d ia m o l i ve .
sentireascoltare 93
Classic
divertente In The Beginning There
Was Rhythm), le ragazze possed e v a n o u n a l e a d e r, g i o v a n e , i s t i n tiva e curiosa.
Ari-Up scava l c a v a a s i n i s t r a i l
p iù orto do sso s t ile dar k - punk della musa Siouxsi e, e r a p i ù v i c i n a
all’infantilismo ( c h e s a r à a n c h e
d elle Rainco at s) c h e a q u a l s i a s i
n ich ilismo . As s iem e a lei, due c om p ag ne sod ali quali Viv Alber t ine,
chita rrista ca pac e di f unk liquor osi e ritmi ch uk a c huc k a t aglient i
come lame (a v e v a p r o v a t o a l u n g o
con Ke ith Le v ene dei P. I . L. ) e Tes sa Pollitt, bas s i s t a i n t r i p p a t a c o n i
sou nd syste m e una t er na di bat t eristi/turnisti o v v e r o P a l o m a R o m e r o
(a ka Palmo liv e) , f igur a pr oblem at ica da ll’altre ttant o t um ult uos o dr um ming prima so s t i t u i t a ( n e l l e s e s s i o n
d i Cut) da Bu dgie e inf ine dal più
solid o Bruce Sm it h del Pop G r oup,
percussionista
tribaleggiante
e
strate gicame nt e “ lat er ale” .
L’insieme for m a v a u n c a n o v a c c i o
musicalmente a p o l i d e q u a n t o l o
erano poi le b i o g r a f i e d e l l e s t e s s e
mu siciste (il padr e di Viv er a f r ancesce, quello d i A r i t e d e s c o , m e n t r e
Pa lmolive avev a t r as c or s o l’adolescenza con la f a m i g l i a i n S p a g n a ) ,
non meno tras c u r a b i l i p o i i m e n a g e
fa miliari: Up er a f iglia di Nor a, f utura moglie d i J o h n Ly d o n n o n c h é
a mica a suo te m po di Hendr ix . E af fettivi: la can t a n t e e r a s t a t a l e g a t a
per tre anni c o n i l c h i t a r r i s t a C h r i s
Sp ed din g, un o dei pr im is s im i pr od utto ri d ei Pis t ols , m ent r e la bat t erista e la chitar r is t a r is pet t iv am en-
Classic
Cl a ssic album
Jean Michel Jarre-Oxygène-Live In Your Living Room (EMI, 26 novembre 2007)
S e c’è un suo no che più di ogni alt r o ha r es o l’id e a d i p r o g r e s s o e f e d e
nella tecnologia, qu e s t o è s t a t o s e n z ’ a l t r o q u e l l o d e i s y n t h e d e l l e d r u m
machin e. In qu esto a r t ic olo, e dic iam olo, per una v o l t a t a n t o , n o n v i p a r l e remo dei Kraftwerk e d e l l a l o r o i m m a g i n e r o m a n t i c o - r o b o t i c a , e n e m m e n o
dei soliti kra uti sul ver s ant e c os m ic o. È v er o c he un f u t u r e m u s i c a l e ( s e n z a
il ph beninteso…) ci p o r t e r e b b e a l l ’ U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e , m a s a r e b b e
anch’esso u n esemp io t r oppo s poglio dell’idea di f e d e u g u a l e t e c n i c a c h e
abbia mo in men te, un c onc et t o per le v ec c hie m a s s e n o v e c e n t e s c e p i ù
che una cospirazion e d i s p a r i z i o n i c o l l e t t i v e . E c c o c i a l n o c c i o l o : s e c ’ è u n
invasato che ha forn i t o e s a t t a m e n t e q u e s t o t i p o d i s o v r a s t r u t t u r a , q u e l l o
è sicura men te il fra nc es e oc eanic - s how J ean M ic h e l J a r r e . C o l u i c h e h a
dedicato una vita al b i n o m i o s u o n o - s p a z i o - f u t u r o , i l p e r s o n a g g i o d a l l ’ e g o
espanso che avrebb e p r o d o t t o u n b r a n o c o n l a p r i m a s e s s i o n n e l l o s p a z i o
se lo Schuttle non f o s s e e s p l o s o . Q u e l c o m p o n i m e n t o n o n m a n c h i a m o d i
dire, re gistrato in o m aggio al m us ic is t a s c om par s o ( R o n ’s P i e c e ) , f r u t t ò a J a r r e u n i n g a g g i o c h e p o r t ò a H o u s to n
un milio ne e me zzo di per s one. Uno s how enor m e, i l s e c o n d o d e i m e g a c o n c e r t i c h e c o s t e l l a r o n o l a s u a c a r r i e r a ,
ma sotto ai n ume ri c ’è una s oc iologia: il s uo s uc c e s s o r i s i e d e n e l l a s u a c a p a c i t à d ’ i n s t i l l a r e q u e l l a f e d e t e c n o l o gica se nza fro ntie re il c ui c or ollar io em inent em en t e m u s i c a l e è s e n z ’ a l t r o s t a t o O x y g è n e .
P ropr io qu est’alb um , in oc c as ione dei s uoi t r ent ’a n n i ( i n v e r i t à t r e n t u n o v i s t o c h e i n F r a n c i a u s c ì n e l 1 9 7 6 ) , è
stato interamente ris u o n a t o c o n i s y n t h o r i g i n a l i d a J e a n M i c h e l , c o n l ’ a i u t o d i d e i f i d i F r a n c i s R i m b e r t , D o m i n i que
Perrier e Claude Sa m a r d . L a s e s s i o n ( n o n p r o p r i o ) i r o n i c a m e n t e c h i a m a t a “ d a l v i v o n e l t u o s o g g i o r n o ” è s t ata
pure filma ta in un 3 D par t ic olar e ( per la v er s ione c o n D V D d e l l a r i s t a m p a ) : s i t r a t t a d i u n a n e x t g e n e r a t i o n d ella
tridim e nsion alità sen z a oc c hialini s t upidi s t ile Squ a l o 3 , m a c i s a r à b i s o g n o d i c o s t o s i s c h e r m i p e r v e d e r l a e i m pariamo dalla stamp a c h e p u r e J a m e s C a m e r o n pa r e s t i a g i à a l l a v o r o s u q u e s t o f o r m a t o , m e n t r e n o i – a n o stra
volta ancora attratti d a l d e l i r i o t e c n o l o g i c o - c i s t i a m o s c o r d a n d o d i p a r l a r e d e l l e s e i p a r t i d e l l ’ a l b u m . P r i m a di
farlo pe rò è ne ce ssar io am m et t er e c he la r iediz io n e d ’ O x y g è n e r i p o r t a s u l p i e d i s t a l l o i l f r a n c e s e d o p o i l t o nfo
colossale d i Te o&Te a, pr obabilm ent e il lav or o pi ù s t r o n c a t o d i q u e s t i D u e m i l a . N o i m a n c o l ’ a b b i a m o s e n t i t o i l
concep t de dicato all ’am or e s u int er net , m a s enz ’a l t r o p i ù d o v e r o s a m e n t e r i a s c o l t i a m o u n o d e i p o c h i d i s c h i j a r riani vera men te d eg ni di not a ( as s iem e a Equi nox e e i M a g n e t i c F i e l d s ) . È u n a l b u m d a l g i u s t o m i x d i g r a n d eur
at mosfe rica e me lod ia, un piac er e per l’or ec c hio a ff a m a t o d i s y n t h a n a l o g i c i . R i m e t t i a m o a l l o r a s u l l e t t o r e q u el l a
vit uperata Oxyg ne ( par t I V) e s e n z a v e r g o g n a . N o n è i n v e c c h i a t a m a l e . È l a c a n z o n e e l e t t r o n i c a p i ù f a m osa
d’ogni tempo, quella c h e i k r a u t r o c k e r a l l ’ e p o c a d e t e s t a r o n o e n o n d i c i a m o c e r t o c h e a v e s s e r o t o r t o , n o n del
tut t o. Il co mpo sito re pot r à es s er e pr es unt os o quan t o l a s u a m u s i c a b a n a l m e n t e a s e t t i c a m a n o n q u i : P a r t 1 – con
quel th ere min satu rnino - è eloquent em ent e m is t e r i o s a , P a r t 2 c o n i l b e l g i o c o “ m o l e c o l a r e ” a i s y n t h è t u t t ora
avvincen te, e pe rsin o il m ot or ik di Par t 5 p u ò e s s e r e r i t e n u t o p r o t o - t e c h n o ( e d a l ì U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e …).
Ritornando al futuro , q u e l f u t u r o l u m i n o s o e f i e r o d e i p r o p r i m e z z i è m o r t o . E n o n è s t a t o i l 1 9 8 6 a u c c i d e r l o (e
manco è colp a d el p unk e di quei t es t im oni di G e o v a d e i P e r e U b u ) . D o p p i o p i a c e r e d u n q u e n e l t o r n a r e a q u e l
senso di sp azio e tem po del pulit o e “ pr ogr es s iv a m e n t e m e g l i o ” . 4 0 m i n u t i d i v i n t a g e f u t u r i s t a s u i q u a l i s a r e b b e
troppo controsnobist i c o p a r l a r e d i m u s i c a a s s e r v i t a a l p o t e r e d o m i n a n t e . C i a o A d o r n o .
Edoardo Bridda
94 sentireascoltare
Fastbacks
Un motore pop molto, molto potente
Son fucilieri pop dalla mira precisissima i Fastbacks. Se te li ritrovi
nel plotone d’esecuzione power puoi star sicuro che ogni tiro centra il
bersaglio. Ed il bersaglio è la melodia poppy appiccicosa, rincorsa da
c h i t a r r e r u v i d e m a n o n t r o p p o , t a l v o l t a h a r d e t a l a l t r a p u n k y, s e m p r e e
c o m u n q u e “ t e e n ” s i n n e l l e o s s a . N a c q u e r o a S e a t t l e , WA , i F a s t b a c k s .
K u r t B l o c h , K i m Wa r n i c k e L u l u G a r g i u l o i n i z i a r o n o c o m e t a n t i s t u d e n t i
di highschool allora. Avevano degli idoli musicali da idolatrare e vollero
idolatrarli cercando di seguirne le gesta. Ramones e Buzzcocks su tutti. Melodie veloci, punkizzate a dovere, ma con tante e tante strizzatine
d’occhio al bubble-gum più (fintamente) stupido di sempre, quello dei
Sixties. Una spruzzatina, tanto per dare qual certo “colore locale” che
non guasta affatto, d’hard rock dei Seventies ed ecco che la formula del
trio comincia a marciare. In The Summer è il primo 7” registrato dell’ancor acerba band. Duff McKagen, poi nelle fila ben più blasonate dei Guns’n’Roses, fa qui una sua comparsata
alla batteria. È il 1980. Seguono nell’arco di un annetto scarso anche Don’ t Eat That It’s Poison (1980) e
Someone Else’s Room (1981). Il secondo pezzo in particolare è un teen-anthem sospeso fra ruvidezze punk
nelle chitarre, una melodia epica e romantica, ed una voglia di music for fun peraltro mai celata dal gruppo
sin dagli esordi. Il suono più verace, nell’assieme, è quello del chitarrismo approssimativo, da autodidatta,
d i L u l u . I t ’ s Yo u r B i r t h d a y / Yo u C a n ’ t B e H a p p y r i s a l e a l l ’ a p r i l e 1 9 8 1 , e p r o s e g u e r u v i d o e m e l o d i c o n e l l a s c i a
dei suoi fratellini in formato breve. Gran parte di questo dimenticato primo repertorio fu poi inclusa dalla benemerita Sub Pop in un LP dal titolo The Question Is No (1992). In realtà, sin da questi immaturi primi vagiti
discografici ci si accorge che i tre ragazzotti centreranno poco e nulla nel calderone grunge in cui verranno
schiaffati in virtù della sola appartenenza, dal 1992 al 1996, nel novero delle band di casa Sub Pop. Play
Five Of Their Favorites (No Threes, 1982) e Every Day Is Saturday (No Threes, 1984) sono EP che valgono
solo in quanto studi preparatori per quella sontuosa cornucopia di ritornelli powerpop nascosti nell’LP d’esordio dei Nostri. And His Orchestra (PopLlama, 1987) è il festival della canzoncina briosa-ariosa, è la saga del
1-2-3-4-let’s-go, è l’apoteosi del melodismo più scipito incollato al passo di marcia hardcore. Seven Days, in
tal senso è esplicita fin dal primo ascolto. Richiama anche un poco, nelle partiture, una sorta di incrocio fra
R e p l a c e m e n t s e P a n d o r a s . I f Yo u Tr i e d v o l a a l t a c o l s u o i n c i s o a r i o s o e D o n ’ t C r y F o r M e r i m a n e u n p i c c o l o
capolavoro di pop da cameretta, struggente e fatale nella sua enfatizzazione dei piccoli drammi da Pretty
I n P i n k ( i l f i l m , n o n l a c a n z o n e ) . C o l 1 9 8 9 c i s o n o n o v i t à i n c a s a F a s t b a c k s . B l o c k s i u n i s c e a i Yo u n g F r e s h
F e l l o w s , Wa r n i c k l a v o r a n e g l i u f f i c i S u b P o p e L u l u s i d à a d u n a b b o z z o d i c a r r i e r a n e l m o n d o d e l c i n e m a .
M a l ’ e s p l o s i o n e g r u n g e t r a v o l g e a n c h e i N o s t r i i q u a l i , d o p o u n a l t r o o t t i m o d i s c o , Ve r y, Ve r y P o w e r f u l M o tor (PopLlama, 1990, zeppo di numeri à la Joan Jett con e senza Runaways), ricompaiono alla grande sulla
scena discografica indie che conta. Zucker (Sub Pop, 1993) ancora non perde colpi. 14 canzoni, 30 minuti
appena. Never Heard Of Him, Believe Me Never, Hung On A Bad Peg sono solo alcune delle spensierate nenie poppy che il gruppo fa scoppiettare nella propria pentola rendendole popcorn zuccherini che mandano in
sollucchero. Answer The Phone Dummy (Sub Pop, 1994) suona forse anche meglio del precedente. On The
Wall è semplice e complessa al contempo, è marziale e cantabile, è spensierata e accigliata senza darsene
il minimo pensiero. Sing-along tipico dei Fastbacks questo, chitarre metalliche e voci femminili a rincorrersi
nel più scipito girotondo dei ritornelli trovati. Perfetta popsong! Fra alti e bassi inevitabili la carriera dei
Fastbacks prosegue fino alle soglie degli Anni 2000. New Mansions In Sound (Sub Pop, 1996... deludente),
Win Lose Or Both (PopLlama, 1998) e The Day That Didn’t Exist (Spinart, 1999) le tappe di avvicinamento
alla nuova decade. Lulu pone fine alla band e Truth, Corrosion And Sour Bisquits, che esce nel 2004, è
il giusto epitaffio per il terzetto. Una raccolta di unreleased song dal tiro micidiale. Se ancora ha un senso
per voi l’etichetta “powerpop”, è qui che dovrete essere di casa. Abbandonatevi ai Fastbacks e al loro lirismo
(pre)adolescenziale. Senza riserve.
Massimo Padalino
sentireascoltare 95
Classic
Lost Grunge Heroes
l a s e ra d e l l a p r i m a
Kubrick/Lynch in mostra
Le strategie della farfalla
di Giuseppe Zucco
Il cinema in mostra
diventa una farfalla
immobilizzata.
Trarne ogni sfumatura
è possibile, ma senza
l’energia che lo spinge
verso direzioni e linee
di fuga.
96 sentireascoltare
Se ti senti coinvolto dal cinema - e di film non ne perdi uno, e conosci la filmografia di migliaia di registi, e
sei in grado di recitare intere battute da copione, e discutere di un singolo fotogramma di un lontano film coreano, come se dalla sua descrizione risultasse evidente la bellezza e il destino dell’umanità intera - in pochi
mesi accade l’imprevedibile. Una dopo l’altra, vengono varate notevoli mostre su i grandi nomi della storia del
cinema. Non trovi neanche il tempo di impreziosirne una con la tua presenza, che già la prossima ha dichiarat o l a d a t a d i a p e r t u r a . I n c o n v e n z i o n a l e o r d i n e c r o n o l o g i c o , s b u c a n o d a l n u l l a e o c c u p a n o t v, g i o r n a l i e s p a z i
p u b b l i c i t a r i q u e l l e s u C h a r l i e C h a p l i n , S t a n l e y K u b r i c k e D a v i d Ly n c h . C o s ì i l m a r k e t i n g d e i m u s e i t i l a v o r a
b e n e e t i l o g o r a a p u n t i n o . Ta n t o p i ù c h e l e m o s t r e s o n o c o n f i n a t e o g n u n a i n c i t t à d i v e r s e , e c i v u o l e t e m p o e
premeditazione per visitarle e digerirle tutte.
In fondo, era inevitabile. Nei musei non entra più solo l’arte, per dirla in maniera ottocentesca. Le ultime collezioni e le temporanee – da distinguere accuratamente dalle permanenti, e immaginarle itineranti per il globo
intero, mentre numerose schiere di pubblici di nazionalità distanti forgiano il loro gusto e la loro visione delle
cose su immagini che continuano a fare il loro corso, e si sono già impresse su milioni di retine diverse, e
provvedono, come un qualsiasi format televisivo, a dare al significato della parola globalizzazione un che di
tangibile e di poco consolatorio – riguardano la vita quotidiana, l’immaginario collettivo, tutto ciò che attraversa
i nostri schemi percettivi e in un modo o nell’altro ci trasforma, ci cambia, ci disciplina, ci dà modo di riflettere
su noi stessi e sulla nostra storia.
S i a m o s t a t i t e s t i m o n i d i f o r t u n a t i s s i m e m o s t r e s u l D e s i g n e s u l l a S t o r i a d e l l a Te l e v i s i o n e , s u l C i b o e s u l l a M o d a ,
e d o r a è l a v o l t a d e l C i n e m a . E l a c o s a i n s o s p e t t i s c e . Tu t t e q u e s t e m o s t r e i m m e s s e c o n r a p i d a s u c c e s s i o n e s u l
mercato dell’intrattenimento di massa danno l’impressione di un debito che il Sistema Culturale Italiano doveva
necessariamente saldare. Come se ci fosse da pareggiare i conti proprio con il cinema, da sempre definito settima arte, eppure trattato da sfigato in mezzo al grande parterre dell’arte con la a maiuscola – pittura, scultura,
teatro, fotografia, musica, letteratura, che tra l’altro il cinema sembra riassumere in sé, in maniera totale e
centrifuga. Ma, a pensarci bene, il problema non è confinato tutto lì, in un ritardo culturale. La questione rivela
la difficoltà a trattare e manipolare il cinema fuori dai centri di produzione e dalle sale di proiezione.
Del resto, se lasci galleggiare sopra qualsiasi definizione il celebre refrain “che cos’è il cinema?”, ti viene in
mente una risposta, neanche così banale: immagini in movimento. Ed esiste anche un’unita di misura. Il cinema è la verità ventiquattro volte al secondo, diceva romantico Jean-Luc Godard. Uno scatenato vorticare di
fotogrammi inseguiti dalla luce. Impressionati e scolpiti dalla luce.
N o n è d i ff i c i l e , a l l o r a , s c o p r i r e c o s a d i v e n t a i l c i n e m a a d u n a m o s t r a : e s p a n s o d e n t r o i c o n f i n i d i u n m u s e o ,
inchiodato un fotogramma per volta alle pareti, esposto con tanto di targhetta e didascalia in basso, disintossicato dal suono, ripulito dai raccordi che legano e stringono le immagini, il cinema è una farfalla trafitta e immobilizzata dagli spilloni. Certo, puoi guardarla meglio, passarla ai raggi x, leggerne ogni sfumatura, conquistarne
i dettagli e riporla con precisione nella memoria, ma non c’è modo di ridargli vita e infondergli quell’energia,
quello scatto, quella testardaggine che la spingeva lungo traiettorie, direzioni e linee di fuga.
Perdi il cinema nello stesso momento in cui credi di averlo più vicino. Senza alcuna velocità, ritorna alle origini.
Le immagini ci eccedono e ci sorpassano, ma si sono trasformate in pose, in fotografie, in farfalle sequestrate
dagli spilloni. A meno che, strategie segrete, non le riportano in vita, almeno per qualche istante.
2.Tut t o Kubric k , nie nt’altro c h e L o l i ta
L a g r a n d e r e t r o s p e t t i v a s u S t a n l e y K u b r i c k è a R o m a , a l P a l a z z o d e l l e E s p o s i z i o n i . Tr a i l 6 o t t o b r e 2 0 0 7 e i l
6 gennaio 2008, puoi andarci quando vuoi, tranne il lunedì che è chiuso, ma io ci arrivo sul finire di ottobre. Si
s o n o a p p e n a a c c e s e l e l u c i s u l l a s t r a d a e i l t r a ff i c o s c o r r e l e n t a m e n t e . P i o v e . P e r c o r r o l a s c a l i n a t a , d u e g r a d i ni per volta, e sono all’ingresso. Due ragazzi, in completo nero, giacca e cravatta, il gel tra i capelli per aria,
danno il benvenuto e distribuiscono lunghi tubi di plastica bianca su cui spiccano i caratteri rossi del nome del
museo. Sembrano dei condom, quei tubi. Ci infili dentro il tuo ombrello ed eviti la contaminazione.
Infine, entro. Sono esattamente in mezzo alla descrizione del depliant: il Palazzo delle Esposizioni è enorme se
non magniloquente, esteso per oltre 10000 mq, articolato su tre livelli, ogni livello con la capacità di ospitare
mostre ed eventi culturali. Per salire da Kubrick, passo in mezzo all’esposizione dei quadri di Mark Rothko, ed
è tutto un levitare di colori e dimensioni, di tele pulsanti orizzonti ed oscurità. Mi prometto di ritornarne al più
presto. Poi prendo le scale e sono in mezzo al cinema.
Dopo la prima rampa, compaiono piccoli schermi, impilati l’uno sull’altro stile tetris, attraversati da alcune celebri sequenze dei film di Kubrick - come se un puzzle elettronico, appena all’ingresso, facesse i conti con te, e
ti sfidasse a riconoscere attori e titoli dei film. Salgo ancora e la mostra si apre nella luce bianca dei neon. Le
pareti sono sature di fotografie, e nel loro bianco e nero mettono subito in chiaro il debutto di Stanley Kubrick, i
reportage degli anni ’40 per la rivista Look, e le pellicole degli esordi, da Day Of The Fight fino alla vera opera
prima, Fear And Desire - un film allegorico sulla guerra che il regista ripudierà e non vorrà più vedere.
Nelle foto, Kubrick appare giovane ed elegante, sempre in giacca e cravatta, senza quella barba che nella vecchiaia diventerà parte integrante della sua icona. In mezzo alle foto, ogni tanto appaiono le pagine delle prime
sentireascoltare 97
l a s e ra d e l l a p r i m a
1.C inem a , farfalle e spilloni
l a s e ra d e l l a p r i m a
sceneggiature, o sceneggiature intere tenute sotto vetro, dove ai lati delle pagine, o in mezzo alla battute,
risaltano gli appunti a matita e le correzioni. Segui le evoluzioni della grafia con commozione, pensando al giorno in cui le stese, all’ispirazione ed ai dubbi che continuavano a ronzargli in testa fino al momento del ciak.
C’è una miniera di fotografie curiose, tra cui quella in bianco e nero, scattata durante la sessione di riprese di
Rapina a mano armata, dove Kubrick gioca a scacchi con il lottatore russo – e del resto, gli scacchi erano una
cosa seria per lui, ed i suoi film non potrebbero essere altro che tante mosse ordinate, premeditate, studiate al
dettaglio, per dichiarare scacco matto allo spettatore e agli studiosi che da tempo s’interrogano sulla bellezza
e la densità della sue opere.
Mentre avanzi lungo sale e corridoi, percorri la storia cinematografica di Stanley Kubrick. E senza alcuna fatica
percepisci intorno l’intensità di quella storia, che si accumula, si ammassa, si stratifica, si fa ogni volta più ricc a d i t e s t i m o n i a n z e e r e p e r t i c h e a ff i o r a n o d o v u n q u e . E n t r i n e l l a s a l a d e d i c a t a a 2 0 0 1 : O d i s s e a n e l l o s p a z i o e
trovi le tute da astronauta e i costumi degli scimmioni, le immagini dei fondali stile gran canyon ed il modellino
in gomma rosa del feto astrale. Percorri i metri che ospitano Arancia Meccanica e ti muovi tra il tavolino del
K o r o v a M i l k B a r e i c o s t u m i b i a n c h i e m i n i m a l i s t i d i A l e x , i l t u t t o c o n l a b e n e d i z i o n e d i L u d o v i c o Va n c h e s ’ i n f i l a
a c i d o t r a l e o r e c c h i e . Vi s i t i l o s p a z i o d i B a r r y L y n d o n e s u b i t o t i g i r i t r a i c o s t u m i d a O s c a r e g l i o b i e t t i v i c o n
lente Zeiss, prodotti dalla NASA, che permisero al regista di girare a lume di candela. Cammini nel recinto di
Shining e avvisti la riproduzione in scala del giardino-labirinto e un metro quadro di moquette su cui sfrecciava
i n s e l l a a l t r i c i c l o D a n n y. I n s o m m a , c r e s c e i n t e l ’ i d e a d i e s s e r e i n m e z z o a g l i o g g e t t i c h e K u b r i c k u s ò , v a l u t ò ,
filmò. E non ti trattieni dall’immaginare le scene, in mezzo a tutti quegli oggetti, con le fotografie davanti, come
se le sequenze dei film girassero nella tua testa e la pellicola scorresse senza sosta. Guardi le ali della farfalla
muoversi nonostante la trappola degli spilloni.
E il cinema che scaturisce dagli oggetti e si ricompone nella tua memoria, ha le forme dell’amore e le venature
di una perversione: il feticismo. Capita che quando si ama qualcosa/qualcuno, una parte sostituisca il tutto,
una tessera condensi il mosaico. E basta la visione di quel frammento, per quanto piccolo, per quanto limitato e circoscritto, per risuscitare nella sua interezza l’oggetto amato. Forse non esiste amore senza una dose
minima di feticismo.
In fondo, Kubrick apre Lolita - una delle più grandi e controverse storie d’amore di tutti i tempi - in modo spudoratamente feticista. Prima il vuoto, appena un drappo sullo sfondo, poi quel piede nudo, in primo piano, e una
mano che lo sorregge e ne vernicia le unghie, mentre i titoli scorrono sopra, bianchi ed eleganti, come il cotone
infilato tra le dita, con cura, per sottrarre lo smalto alla pelle. È uno sguardo insistito sul piede di Dolores che
anticipa e dichiara la presenza di Lolita. Lo stesso tipo di sguardo con cui lo spettatore scardina la staticità
della mostra per lasciare fluttuare la visione di movimenti, immagini e sequenze. Così, lo spettatore compie il
miracolo. È l’amore per l’opera cinematografica di Stanley Kubrick, la potenza del desiderio applicato al suo
cinema, a rendere inutili gli spilloni e liberare le farfalle dalla gabbia delle cornici.
3 . Lynch e la r is e rva di fa rfa lle
P e r D a v i d Ly n c h s f i d i i l f r e d d o e p e r c o r r i M i l a n o d a u n c a p o a l l ’ a l t r o f i n o a L a Tr i e n n a l e . E p o t r e s t i a n d a r c i u n
giorno qualsiasi tra il 9 ottobre 2007 e il 13 gennaio 2008, ma metà novembre va più che bene, soprattutto di
sabato. C’è una notevole circolazione di persone, e insospettabilmente sembra che tutti si precipitino tra gli inc u b i e i l d e l i r i o d i T h e A i r I s O n F i r e , l a m o s t r a a l l e s t i t a d a Ly n c h i n p e r s o n a . N o n c r e d e v i c h e i l r e g i s t a a v e s s e
tanto credito, ma dopotutto è famoso e citatissimo, e magari è solo un’impressione, la tua – del resto, il cinema
è una parte pulsante dell’immaginario collettivo e la gente sarà attratta da quello soprattutto: vedere e capire,
o almeno sperare di capire, cosa si nasconde nella testa di uno dei più geniali e inquietanti e complessi registi
d i t u t t i i t e m p i . U n o d e i p o c h i c h e q u a n d o s i f a b u i o i n s a l a e p a r t e i l f i l m , s e m b r a c o s ì p a r t i c o l a r m e n t e a ff a s c i nato dal tuo stato emotivo, che seduce, e poi dilata, e spinge ai confini estremi della tensione e del desiderio,
come se avessimo i componenti di un’orchestra dentro, che lui dirige e indirizza nelle profondità, nell’oscura
percezione di se stessi. È infatti la psicoanalisi del cinema, sulla scorta degli studi di Jacques Lacan, ha ripetutamente scandagliato le stive dei suoi film per capire la forza e la precisione con cui trascina a galla il Reale,
l a p a r t e p i ù i n c o n f e s s a b i l e d i n o i , c i ò c h e n o n s i p u ò e n o n s i d e v e d i r e , e c h e d i t a n t o i n t a n t o a ff i o r a g r a z i e
a d u n ’ e s t r e m a r a ff i n a z i o n e d e l l i n g u a g g i o - d e l S i m b o l i c o s p e c i f i c h e r e b b e L a c a n - e s s e n d o l ’ i n c o n s c i o s t e s s o
strutturato come un linguaggio.
Ma non è esattamente così. Il viavai di gente, almeno la stragrande maggioranza della ressa, non è lì per quello. Lo capisci pochi istanti prima entrare. Ci sono colossali camion blu, fuori - e dentro tutta una confusione
d i t e c n i c i c o n l e c u ff i e , c a v i , s p o t , d o l l y, c a m e r a m a n c o n o c c h i a l i e t a t u a g g i i n v i s t a , e t e l e c a m e r e p r e d i s p o s t e
a l l ’ u s o . R i p r e n d e r a n n o u n a p u n t a t a d i S t r i s c i a l a n o t i z i a , l ì a L a Tr i e n n a l e , p e r f e s t e g g i a r n e i v e n t ’ a n n i . C ’ è i n
vendita un catalogo con la storia del programma e la gente verrà fatta accomodare sulla gradinata, per una
volta testimone e complice della televisione, come nelle migliori occasioni.
E quello che pensi è che la tivù di oggi è come il cinema di ieri, quello degli anni ’60 e ‘70, in cui la gente faceva la coda per farsi scritturare come comparsa nei kolossal. Solo che allora ti capitava di recitare un ruolo,
di entrare nei panni di un personaggio, mentre oggi soltanto per il fatto di apparire in video sei già un perso-
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LE MOSTRE
Stanley Kubrick
D a v i d Ly n c h – T h e
Palazzo delle Esposizioni, Roma
Air Is On Fire
6 ottobre 2007 - 6 gennaio 2008
Triennale, Milano
A cura di Hans – Peter Reichmann
Domenica, martedì, mercoledì e giovedi:
dalle 10.00 alle 20.00
Venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30
Lunedì: chiuso
9 ottobre 2007 – 13 gennaio 2008
A cura di Hervé Chandes con
Hélène Kelmachter e Ilana Shamoon
Orario: 10.30-20.30,
Lunedì: chiuso
sentireascoltare 99
l a s e ra d e l l a p r i m a
naggio, e la parte che reciterai sarà la stessa che metti in scena tutti i giorni nella vita quotidiana. Non c’è più
scarto tra il mondo dello spettacolo è quello della gente comune. Accendere la tivù oggi è come aprire la porta
di un’altra stanza di casa tua.
E il volume delle prove è alle stelle. Quando paghi il biglietto c’è quella musica nell’aria, del tutto natalizia,
c o n a c c e n n i d i s w i n g . Vo r r e s t i c h e f i n i s s e q u a n d o e n t r i n e l l a m o s t r a , m a d o p o t u t t o Ly n c h s a r e b b e c o n t e n t o . I l
contrasto tra il mondo patinato e vagamente felice della televisione e l’oscurità perversa del suo cinema riev o c a l ’ a t m o s f e r a d i Ve l l u t o b l u . G r a t t a l a p a t i n a e s o t t o s c o p r i r a i i v e r m i . M a n o n è c i n e m a , q u e l l o c h e g u a r d i .
Entri e trovi una serie di quadri, ognuno inserito tra i drappi di un sipario, che ricordi in Eraserhead, in Fuoco
cammina con me, o nella sequenza di Mulholland Drive, celebre per il no hay banda, la battuta più nota dei
f i l m d i Ly n c h . E d è u n c o n f i n e , q u e l s i p a r i o . L o s u p e r i , e a b b a n d o n i l a r e a l t à p e r i l s o g n o o g l i i n c u b i . E i q u a d r i
e i disegni sono popolati da case in fiamme, fabbriche volanti, nuvole nerissime, occhi che ti scrutano. Il clima
è c u p o . L’ i n v e r n o t i r i n c o r r e c o m e u n ’ o m b r a . E s o n o c a r i c h i d i l e t t e r e , q u e i q u a d r i . D i f r a s i d i p i n t e i n c a r a t t e r i
neri e tremolanti che incombono, che gravitano, che rimangono sospesi come il loro significato. La pioggia
immobile dell’alfabeto.
N o n a v e s s e f a t t o i l r e g i s t a , Ly n c h s a r e b b e c o m u n q u e e s p l o s o c o m e a r t i s t a . I m u s e i e l e c a s e d ’ a s t a a v r e b b e r o
f a t t o c a r t e f a l s e p e r a v e r l o . C o n l a p l a s t i c a b r u c i a t a e i l c o l l a g e d i m a t e r i a l i , D a v i d Ly n c h p r o s e g u e e r a d i c a lizza le intuizioni di Lucio Fontana e Alberto Burri, senza cadere mai nella pura astrazione, ma continuando a
inscrivere negli spazi, con alcuni tocchi e figure che ricorrono, storie minime, piccolissime, del tutto surreali,
quasi fossero frammenti dei suoi film - come quelli presenti in Inland Empire, con conigli in vestaglia che rispondono al telefono.
E i s u o i q u a d r i m i g l i o r i s o n o q u e l l i g i g a n t i , c o n s f o n d i i n s a l s a E d w a r d H o p p e r, s u l l a c u i s u p e r f i c i e v i v o n o i
personaggi composti di un materiale che sembra sempre sul punto sciogliersi, come se un incendio segreto li
c o n s u m a s s e d a d e n t r o . Ta n t o c h e s e m b r i a m o n o i d i f r o n t e a i s u o i f i l m : i n s t a t o d i a l l e r t a , f u o r i d a o g n i c o n t r o l l o ,
in preda al panico, rassegnati a non capire fino in fondo, persi nella traiettoria impazzita della narrazione, che
continua e t’inchioda sul posto.
E la cosa interessante è che passi in rassegna le foto, i cartoon, i cortometraggi, la serie di disegni tracciati su
scatole di cerini, bigliettini di hotel, tovaglioli da bar – architetture spaziali che lasciano intravedere i labirinti
e le scatole cinesi dei suoi capolavori – e non puoi far altro che avvertire le farfalle intorno.
Non è cinema, quello che osservi. Ma qualcosa che viene prima del cinema, o dopo, o durante: una fantasia
potente e squilibrata, apparentemente senza logica, che ti porta lì dove nascono le farfalle, tra gli incubi ed i
s o g n i , c o n l a s e n s a z i o n e c h e t u t t o s a r e b b e s t a t o p e r s o s e q u e l g i o r n o D a v i d Ly n c h n o n l ’ a v e s s e d i s e g n a t a s u
carta, trattenuta sulla tela, inquadrata nei fotogrammi.
l a s e ra d e l l a p r i m a
VISIONI
Giorni e nuvole (di Silvio Soldini – Italia, 2007)
L’I t alia del m o n d o d e l l a v o r o e d e l l a f l e s s i b i l i t à , d e l l a p e r d i t a d e l l a v o r o i n t o r n o a q u ar a n t ’ a n n i e d e l l a d r a m m a t i c a r i c e r c a d i u n a n u o v a o c c u p a z i o ne,
i n s i e m e a l l a r i c o n s i d e r a z i o n e d e l p r o p r i o r u o l o s o c i a l e e d e s i s t e n z i a l e : su
ques t a s pas m o d i c a q u e s t r u o t a i l n u o v o f i l m d i S i l v i o S o l d i n i . D o p o l a ( a p par ent e?) d e v i a z i o n e l e g g e r a d i P a n e e t u l i p a n i e d A g a t a e l a t e mp e s t a ,
il r egis t a t o r n a a l l e s u e r i f l e s s i o n i s u l p r i v a t o e s u i s e n t i m e n t i .
Els a e M ic h e l e s o n o u n a c o p p i a b e n e s t a n t e l a c u i v i t a v i e n e i m p r o vvi s am ent e t r a v o l t a d a u n e v e n t o ( i l r i t r o v a r s i s e n z a l a v o r o d a p a r t e d i l u i )
c h e c a m b i e r à d r a m m a t i c a m e n t e l e l o r o v i t e e i n s i e m e l a p e r c e z i o n e d ella
r ealt à. Cos tr e t t i a r i v e d e r e l e l o r o p r i o r i t à e q u i n d i a c o n f r o n t a r s i c o n u n a
r ealt à s oc ia l e t u t t ’ a l t r o c h e r o s e a , p a s s a n o a t t r a v e r s o u n a s e r i e d i d i savventure lavorative e non solo, che si connoteranno in modo diverso a
s e c o n d a d i c o m e o g n u n o d e i d u e a ff r o n t a l a r e a l t à .
Ad un pr im o p e r i o d o i n c u i M i c h e l e c e r c a d i d a r s i d a f a r e , s e g u i r à u n a s u a
i n e v i t a b i l e f r u s t r a z i o n e , m i s t a a s e n s o d i s c o n f i t t a e d u m i l i a z i o n e , i n s i eme
alla r ic ons id e r a z i o n e d e l p r o p r i o r u o l o . C h i n o n l a v o r a n o n p r o d u c e e d è
inv is ibile. S c o m p a r e d a l l a s o c i e t à . A l c o n t r a r i o , E l s a s a r à l a c o n t r o p ar te
at t iv a, la f o r z a m o t r i c e c h e p e r m e t t e r à a l l a f i n e d i s a l v a r e a n c h e i l r a p por t o di c op p i a c h e s i s t a v a d e t e r i o r a n d o , q u a n d o c i s i r e n d e r à c o n t o c he ,
nonosta nte le d isa v v ent ur e t oc c at e lor o in s or t e, è l ’ a m o r e p r o f o n d o c h e l i l e g a c h e l i t e r r à u n i t i e s a l v e r à l e
loro esistenze dando u n s e n s o a t u t t o , p i u t t o s t o c h e i l l a v o r o o i l p r e s t i g i o s o c i o c u l t u r a l e . I l r i t r o v a r e s e s t essi
profo nd ame nte qu indi.
F ilm in cui Sold ini gioc a abilm ent e in s ot t r az ione, c a l a n d o s i i n u n a g o n e d i ff i c i l e d a c u i e s c e b e n e , e v i t a n d o u n o
sterile affre sco so cia le in f av or e di un int im is m o in c u i l a d i s p e r a z i o n e e i l d o l o r e s o n o m a n m a n o i n t e r i o r i z z a t i , e
diventa no pe rciò un a s c elt a es t et ic a. Calat a la pel l i c o l a i n u n a c i t t à c o m e G e n o v a , p r e s e n t i s s i m a e l i v i d a , g r a zi e
all’ot tima foto gra fia, il r egis t a dec ide di s eguir e s tr e t t a m e n t e i p e r s o n a g g i s p e s s o c o n c a m e r a a m a n o e p i a n o s e quenze , cre an do un a im m er s ione t ot ale nello s paz i o . E u n a g e o g r a f i a c h e d i v i e n e p e r c i ò i n t i m a n e l l a c o m p e n e trazione uomo/ambie n t e . I l l a v o r o d i q u e s t o t i p o s u g l i a t t o r i è s t a t o p o s s i b i l e , v a d a s é , g r a z i e a u n c a s t d u t t ile,
che ve de n ei du e pr ot agonis t i ( Ant oni o Al banese e M a rg h e ri t a B u y ) i l p e r n o c e n t r a l e , a t t o r n o a i q u a l i r u o t ano
armon ica men te g li alt r i ( G ius eppe Bat t is t on, Car la S i g n o r i s , C a t e r i n a R o h r w a c h e r … ) .
Il senso d el te mpo è r es o lent am ent e, c om e uno s c o r r e r e d i p a e s a g g i e s t e r n i p i u t t o s t o i m m o b i l i , c o m e i l m a r e ,
il porto, le nuvole, g l i a ff r e s c h i ( E l s a è u n a r e s t a u r a t r i c e ) s i m b o l o d e l l a c o n d i z i o n e “ s t a g n a n t e ” i n c u i s i v i e n e a
trovare la co pp ia, fin o alla s v olt a f inale in c ui r ipa r t o n o u n i t i m a c r e s c i u t i i n c o n s a p e v o l e z z a .
Film intimo e prezio s o , c o n f e r m a , s e m a i c e n e f o s s e b i s o g n o , S o l d i n i c o m e r e g i s t a a t t e n t o a i s o t t i l i m o v i m enti
interiori d el n ostro a nim o e os s er v at or e at t ent o e p a r t e c i p e d e l l a r e a l t à s o c i a l e c o n t e m p o r a n e a .
Te r e s a G r e c o
100 sentireascoltare
l a s e ra d e l l a p r i m a
T i d e l a n d ( d i Te r r y G i l l i a m – C a n a d a / U K , 2 0 0 5 )
So lo il te mpo s apr à dir e s e Ter r y G illiam è u n a u t o r e s o t t o v a l u t a t o o u n
a uto re so pra v v alut at o. Par ados s alm ent e al m o m e n t o s e m b r a v i c i n o a d e s sere entramb e l e c o s e . S o t t o v a l u t a t o d a u n p e n s i e r o c i n e m a t o g r a f i c o d i
superficie che g r a d i s c e s e m p r e m e n o s c o s s o n i , r u v i d e z z e e i n q u i e t u d i n i
che no n sian o m eno c he c hic o all’ult im o gr i d o ( i n t u t t i i s e n s i ) . Vi c e v e r s a ,
sopravvalutat o Te r r y l o è d i s i c u r o d a l l ’ a c c o l i t a d i e n t u s i a s t i c i n e p h i l e s ,
d isp osti costant em ent e a pas s ar e s u ques ti e q u e i d i f e t t i , p u r d i r a d d r i z zare il torto st o r i c o c h e i n v e s t e l a r e p u t a z i o n e d e l l ’ a u t o r e m a l t r a t t a t o d a g l i
Stu dio s. Gillia m è in alt r e par ole un aut or e s e m p r e p i ù v i c i n o a l l a c a t e g o ria d ei Carp ent er e dei Cim ino. Deliz ios am e n t e r é t r o e f u o r i m o d a . F u o r i
te mpo ce rtam ent e.
Tide land arriv a i n 4 s a l e t t e i n t u t t a I t a l i a , c o n u n r i t a r d o d i d u e a n n i e u n a
nomea di film d i ff i c i l e . I n a l t r i t e m p i s a r e b b e s t a t o u n p e r f e t t o “ M i d n i g h t
Mo vie ”. Un “A lic e in Wonder land m eet s P s y c h o ” e a n c h e u n p o ’ Te x a s
Chainsa w Ma ssacr e. O r r or e e deliz ia neg l i o c c h i o n i d a m a n g a d i J e l i z a
Ro se u na Jod elle Fer land di br av ur a ec c e l s a . I b a m b i n i c i g u a r d a n o d i ceva De Sica e la quint es s enz a dell’ult im o G i l l i a m s t a t u t t a n e l l a g i o v a n e
lo lita che gu ar da il m ondo e t r aduc e le br u t t u r e i n f a n t a s i o s e m e r a v i g l i e .
Gillia m gio ca allor a a ins c enar le int or no u n l u n g o l u n a p a r k d e g l i o r r o r i .
Un andirivien i c o s t a n t e t r a i n t e r n i c u p i e l u r i d i e s p a z i d i l a t i d i g r a n o t u r c o n o n m e n o c l a u s t r o f o b i c i . U n southern
gothic che si a l i m e n t a q u i e l ì d e l l e s o l i t e s t r i z z a t i n e d ’ o c c h i o d i m a r c a s u r r e a l i s t a e f a n t a s y c o m e l e i nquietanti
te sto line di b am bola c he la pic c ola Ros e an i m a s u l l e p r o p r i e d i t a , p r o p r i o c o m e i l D a n n y d i S h i n i n g s i m e tte va i n
con tatto con i l s uo am ic het t o im m aginar io To n y. N o n m a n c a n o i s o l i t i s t r a m b i p e r s o n a g g i a i c o n f i n i d e l l a r e a l tà i n
u na uma nità f r eak f at t a di v edov e dar k , giu l l a r i d o w n e u o m i n i i m b a l s a m a t i ( u n a p e r f o r m a n c e d a O s c a r p e r J e f f
Br idge s, n on c ’è c he dir e… ) .
Cinematograf i c a m e n t e G i l l i a m v a a l l a r i c e r c a d i t e m p i l u n g h i e s p a z i d i l a t a t i , l ’ o n i r i s m o c o r t e g g i a t o a p iù riprese
si trad uce in un’unic a bolla di s apone c he i m p r i g i o n a l a n o s t r a p r o t a g o n i s t a , c o m e c e r t i g r a n d a n g o l i co sì sto r ti
che n emme no in Ar anci a M eccani ca. M a i l d i f e t t o d i G i l l i a m n o n è n e l l a c o n f e z i o n e d o v e e c c e l l e c o m e sempre,
ma n el su o tir ar la m ano poc o pr im a c he qu e s t a s i b r u c i . I n a l t r e p a r o l e G i l l i a m m o s t r a d i n o n a v e r e n é i l g u sto
p er l’o rrore pu r o di Philip Ridley ( il c ui Ref l e c t i n g S k i n è c e r t a m e n t e u n r e f e r e n t e d i r e t t o d e l f i l m ) , n é t a n to m e n o
l’a lch imia de l m er av iglios o di Vic t or Er ic e ( E l E s p i ri t u d e l a C o l me n a ) . C i ò n o n t o g l i e c h e Ti d e l a n d si a u n fi l m
profondament e p e r s o n a l e n e l s u o e s s e r e c o s ì s e n z a m i s u r a , s e n z a b a r i c e n t r o , d i f e t t a t o e d i f e t t o s o , c o l locandosi
id ea lmen te pi ù v ic ino a Paur a e del i r i o a La s Ve g a s c h e n o n a M u n c h a u s e n o B ra z i l . U n f i l m c h e d à c er ta m e n te
cibo agli occh i e a l l a m e n t e e c h e c r e s c e r à s i l e n z i o s o n e g l i a n n i , t r o v a n d o i l s u o p u b b l i c o d i a ff e z i o n a t i . Gli stessi
cinephiles di c u i s o p r a , p r o b a b i l m e n t e .
Antonello Comunale
sentireascoltare 101
Arnold Schoenberg
E PIERROT MISE IN SCACCO LA STORIA
di Daniele Follero
C ’è c hi lo od ia p er le s ue pos iz ioni polit ic he ( er a u n m o n a r c h i c o p i u t t o s t o c o n v i n t o ) , c h i l o d e f i n i s c e
un incon testab ile g enio e qualc uno c he, inv ec e, pr o v a a s m i n u i r e l a p o r t a t a d e l l a s u a o p e r a , g i u d i c a n d o l o
un rivoluzionario fal l i t o , t r a s f o r m a t o s i p r e s t o i n r e a z i o n a r i o i n c o n s a p e v o l e . N e l b e n e e n e l m a l e , i l c o m p o s i t o re
viennese Arn old Sch oenber g è s t at o il padr e dell’a v a n g u a r d i a e u r o p e a d e l N o v e c e n t o .
i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i
a cura di Daniele Follero
“C he sia d efin ito co ns er v at or e o r ivoluz ion ario , ch e com ponga in m aniera pro gre ssista o c onv enz ionale, che provi ad imit a r e v e c c h i s t i l i
o sia destinato ad e s p r i m e r e n u o v e
idee, og nu no de ve es s er e c onv into dell’infallibilità de l l a s u a p r o p r i a
fanta sia e deve cred e r e a l l a p r o p r i a
ispirazion e.” (Arn old Sc hoenber g)
Comunque si vedan o l e c o s e , c h e
piaccia o no, quan d o s i p a r l a d i
avanguardie storich e , d i m u s i c a
del secolo “breve”, d i n a s c i t a d e l l a
contemporaneità, il n o m e d i A r n o l d
Schoenberg si impo n e o v u n q u e . È
stat o lui a trag he tt ar e la m us ic a
dal Romanticismo, a n c o r a c a r i c o d i
ideolog ia, a lla d issoluz ione di t ut te le certezze, prelu d i o a l l ’ e p o c a d i
distruzion e d ella vita r appr es ent ato dalle d ue g ue rre m ondiali. Una
di queste certezze, m u s i c a l m e n t e
parland o, era ra pp res ent at a dal si stem a tona le, un p u n t o f e r m o n e l
linguaggio musicale d a o r m a i 1 5 0
anni, qu el siste ma d i r egole c ons olidate che accomun a v a , a n c o r a a l
principio del nuovo s e c o l o , A n t o n i o
Vivaldi e, con le d ov ut e t r as f or m azioni te mpo rali, Gu s t av M ahler.
Ebbene, è proprio Schoenberg,
autodidatta e figlio di un modesto
commerciante ebreo, a prendersi la
responsabilità di un crollo, probabilmente inevitabile, delle sicurezze di
un passato ormai vuoto di contenuti. Il musicista austriaco incarna una
sorta di Messia sceso sulla terra
per liberare gli uomini da un modo
di concepire la musica che, già con
Wagner, aveva manifestato tutta la
sua inappropriatezza ad esprimere
le ansie di un mondo che stava radi-
102 sentireascoltare
calmente cambiando. Ma sarà anche
colui che tornerà sui suoi passi, provando a rimettere in piedi tutto ciò
che aveva distrutto, quasi come se
si fosse pentito (non certo consapevolmente) di aver esagerato nel suo
radicalismo. Ma il corso degli eventi
è inarrestabile e il processo di avanzamento della nuova musica, a partire proprio dai più diretti discepoli
del Maestro, Alban Berg e Anton
Webern, non potrà più arrestarsi.
Schoenberg, nato a Vienna nel 1874,
in piena epoca tardo-romantica, non
amò mai Wagner, ma è proprio da
lui che prese le mosse, da quella
“melodia infinita” che evitava le cadenze, facendo in modo che i motivi melodici potessero incastrarsi gli
uni negli altri, senza interruzioni. Le
prime opere del compositore viennese sono, infatti, pregne di quello
spirito tardo-romantico già divenuto
classico all’inizio del secolo. Paradossalmente, l’esordio (con la prima esecuzione del Quartetto in Re
Maggiore e dei due Lieder op.1)
riscosse un consenso di pubblico
al quale molto presto il compositore
dovrà disabituarsi. I primi fischi non
tardano ad arrivare: la sua Verklaerte Nacht, poema sinfonico ispirato ad una poesia di Richard Dehmel
e i Gurrelieder di Jens Peter Jacobsen (che tanto piacquero a Mahler),
Pelleas Und Melisande e i Tre pezzi per pianoforte op.11, tutte opere
scritte tra il 1900 e il 1909, rappresentano quattro tappe fondamentali di quel processo di dissoluzione
della tonalità, che, per il suo carattere irriverentemente innovativo, attirarono non pochi dissensi, sia tra
il pubblico che tra i critici.
E s p r e s s i o n i s m o e a to n a l i tà : i n u n a p a r o l a ,
Pierrot Lunaire
La sua musica comincia ad acquisire
quelle caratteristiche che saranno
alla radice dell’Espressionismo: attenzione alle sensazioni ispirate da
un testo a discapito del rigore formale, la riduzione ai minimi termini
dei mezzi espressivi, il cromatismo
portato alle estreme conseguenze
con il progressivo appiattimento del
rapporto di contrasto tra consonanza e dissonanza e l’ambientazione
sonora oscura e oppressiva, caratteristiche che rappresentano la
chiave di volta che aprì le porte della musica all’avanguardia artistica.
L’amicizia con il pittore Vasilij Kandinskij ha avuto un ruolo fondamentale, non solo per lo Schoenberg pittore, ma anche per il musicista che,
a partire dagli anni 10 cominciò a
comporre con quel sistema sonoro
di riferimento che verrà definito atonalità (e che, al contrario, lui preferiva chiamare “pantonalità”) perché
totalmente privo di riferimenti tonali
e nel quale sparisce ogni gerarchia
tra le note, sia in senso orizzontale
(melodico) che verticale (armonico). Nei capolavori di questo periodo, l’opera teatrale Die Glückliche
Hand, il “monodramma” per soprano
e orchestra Erwartung (1909) e, soprattutto, il Pierrot Lunaire (“melodramma” per voce e otto strumenti
del 1912), vero e proprio manifesto dell’espressionismo musicale,
la musica si rapporta solo al testo,
come una sorta di commento, di descrizione delle parole non più a partire dal loro senso, bensì dalle emozioni che scaturiscono da questo.
i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i
La composizione schöenberghiana
più conosciuta in assoluto è costruita su 21 poesie del simbolista A.
Giraud nella traduzione dalle atmosfere decisamente più crepuscolari
di O.E. Hartleben. Alla sospensione
atonale derivata dalle parti strumentali si aggiunge qui un ulteriore
effetto di spaesamento dovuto alla
tecnica dello “sprechgesang” (letteralmente “canto parlato”) che utilizza il soprano. Si tratta di una nuova
tecnica vocale mediante la quale il
cantante non si ferma mai su una
nota, utilizzando ampi e continui
glissando che imitano il parlato. Il
risultato è un misto di recitazione e
canto lirico spiazzante e onirico.
La dodecafonia: passo
decisivo verso la nuova
m usica o rigurgito c onser vat or e?
Il problema che si pone, a questo
punto, è di ordine organizzativo. Organizzare la materia sonora anche
al di là di un testo diventa impossibile quando ci si trova senza quelle
fondamenta strutturali rappresentate dal rapporto di attrazione tra tonica e dominante che si era fatto esso
stesso struttura. Schöenberg sente il
bisogno di un metodo per mettere in
relazione e ordinare i 12 suoni della
scala cromatica, ormai liberati dalle
relazioni che li tenevano legati gli
uni agli altri. La soluzione del compositore austriaco è quella di elimi-
nare completamente le ripetizioni,
organizzando i suoni per serie di 12
note che, esaurendo il totale cromatico nel tempo più breve possibile,
diventano l’elemento germinale attorno al quale sviluppare la composizione. Questo metodo, chiamato
dodecafonia, applicato per la prima
volta alla Suite Op. 25 (1921-23) e
che ha raggiunto la sua perfezione
con opere che ne sono divenute il
simbolo (la Suite per 7 strumenti
del ’25; il Terzo Quartetto op.30 e,
soprattutto le Variazioni per orchestra del ’28), è stato visto da qualcuno (in particolare Berg e Webern)
come il passo decisivo verso una
musica totalmente nuova. Ma non
è mancato chi, con il senno di poi,
ha ravvisato, non a torto, in questa
sistematizzazione, un rigurgito conservatore, la volontà “repressiva” di
creare un nuovo ordine a discapito
della totale libertà alla quale si era
giunti con la pantonalità/atonalità.
Dal 1925 in poi, con il trasferimento
a Berlino, cominciò, per il musicista,
un periodo di peregrinazioni che,
con l’avvento del regime hitleriano
lo videro prima emigrare a Parigi e
poi, definitivamente, nel 1933, negli
Stati Uniti, dove morì nel 1951. Gli
anni passati lontano dalla Germania
sono per lui anni di riflessione, di
studio e approfondimento. Il frutto più maturo di questo periodo è
senz’altro l’opera monumentale Moses Und Aron, summa del pensie-
ro musicale schö enberghiano: tutta
la partitura è costruita su un’unica
serie, elaborata attraverso tutte le
soluzioni possibili, ricavandone i
vari temi dell’opera. Si affaccia qui
quella che sarà una costante nelle
ultime opere del Nostro: la problematica etico-religiosa della lotta tra
il bene e il male, tra l’individuo e
la società. In Ode To Napoleon, A
Survivor From Warsaw (che prende spunto dalla tragedia dei campi
di sterminio), ma anche nelle opere
più esplicitamente religiose come
il De Profundiis, queste tematiche
rappresentano una sorta di leitmotiv. Profonda spiritualità, saggezza,
riflessività, si traducono in musica
con una minore irruenza, uno stile
più sobrio e addirittura echi di ritorni sporadici alla tonalità. Come se
l’uomo, e con lui il musicista, perduti nel dilemma della vita, cercassero
appiglio nelle sicurezze. Ricostruire
dopo aver fatto tabula rasa.
M e n t r e p e r ò s i s e d e v a s u lle fatiche
d e l s u o l a v o r o , l u i v e c c h io saggio,
p i o n i e r e d e l l a n u o v a m u sica, una
s c h i e r a d i g i o v a n i , f i g l i d e l l a Se c o n d a G u e r r a M o n d i a l e e seguaci
d e l l e i d e e r a d i c a l i d e l s uo pupillo
A n t o n We b e r n , c o m i n c i a vano già a
s c a r d i n a r e l e c o s t r u z i o n i erette con
t a n t a c o n v i n z i o n e d a l M a estro. Per
g e n t e c o m e K a rl h e i n z St oc k ha us e n , P i e rre B o u l e z , L u igi N ono,
L u c i a n o B e ri o , J o h n C a ge , u n ’ a l t r a r i v o l u z i o n e e r a g i à c o mi n ci a ta .
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