Il viaggio di Frida per ritrovar se stessa
Transcript
Il viaggio di Frida per ritrovar se stessa
w- : .1 1 . . ; ; 01 Al, .. . ` ._-- - Il viaggio di Frida per ritrovar se stessa «Una donna va in Argentina dopo la morte del suo uomo, viaggia in luoghi-pantani dell'animo e cambia». La metafora "autobiografica" di Baire: il romanzo di Chiara Rapaccini, compagna di vita di Mario Monicelli di Donatella Coccoli ppena varchi la porta dello studio di Chiara Rapaccini, in via del Boschetto, a Roma, vieni colto da un turbinio di colori, fortissimi. Poi lo sguardo riesce a distinguere tavole e sculture di volti e corpi di donne, primitive, picassiane. Opere su cui sono incise frasi con una calligrafia arcaica. «Scrivo mentre dipingo, dipingo mentre scrivo, tutto insieme, non c'è distinzione». Rap (è il suo nome d'arte) si muove con eleganza tra le opere d'arte e le vignette ironiche della serie "Amori sfigati , che tanto successo hanno in rete: è il suo spazio, di pittrice, illustratrice e scrittrice. Qua e là appaiono squarci della sua vita, i bellissimi ritratti "disegnati" del regista Mario Monicelli, il compagno di oltre trent'anni, scomparso nel 2010, da cui ha avuto una figlia. Colori e immagini forti che si ritrovano anche tra le righe del romanzo Baires, appena pubblicato per Fazi. Ma stavolta è "solo" scrittura. «Finora ho fatto libri misti, reportage con fotografie e disegni; anche nel mio precedente libro, La bambina buona (Sonzogno, ndr) non ho resistito e ho inserito dei disegni, ma qui no, mi sono esposta», dice con un sorriso. Si è esposta in tutto, Chiara. Nel raccontare la crisi di una donna che arriva in Argentina alla ricerca di se stessa e con un lutto alle spalle che pesa come un macigno. Ma si è esposta anche nel raccontare la contrapposizione tra due mondi, quello «immobile, invecchiato» dell'Italia contemporanea e quello irrazionale e «infantile» del Sudamerica. "Baires, un libro in cui mi sono cercata, mi sono trovata? Mah...", ha scritto Chiara in un post su facebook. Le chiediamo, da dove viene questa ricerca di sé? «Nel libro ci sono tanti piani di lettura. C'è soprattutto il personaggio di Frida che vive un passaggio d'età, quello della cinquantina, che è un dramma, se ne parla pochissimo, eppure è un tema scottante che nessuno prende di petto, nemmeno con ironia». Le donne che vedono cambiare il proprio corpo che «lottano per mantenere una propria dignità», che sono vittime di un altro tipo di "femminicidio" da parte di «uomini terribili» che ti trattano da «ex bella» e che ti dicono: «Ma che fai, non la dai? Devi ringraziare Dio che c'è un maschio ancora interessato». Ma quel problema «è unito al lutto della morte del mio compagno», continua Chiara. «Non riesco a non nominarlo nel libro, non riuscivo a non mettere esperienze di vita con lui», dice ricordando un viaggio in Argentina con Monicelli, che rimase colpito soprattutto dalla saudade, da quel senso di malinconia, appunto, dovuto al «non avere più nulla sotto, il Polo e basta». C'è un po' di Mario anche nel protagonista maschile, lo scrittore Guillermo. Che è vero e inventato allo stesso tempo. «Questo personaggio è il massimo della mia ambiguità, del mio "frittomisto"», dice divertita. Nel romanzo, quell'uomo «dal fare spiccio con un linguaggio che affascina Frida» è ispirato a Guillermo Saccomanno, «il più grande scrittore argentino, un uomo molto affascinante, dalla scrittura cupissima. Nel momento in cui volevo che Frida cominciasse a innamorarsi di qualcuno ho scelto questo signore, dopo avergli fatto milioni di telefonate per avere anche il permesso di utilizzare dei suoi testi nel libro. Lui è stato felice e ora quando andrò in Argentina gli porterò il libro». Guillermo è un uomo colto, ma non sacrifica il corpo, anzi. Com'era del resto Mario Monicelli. «Un intellettuale finissimo, capace di ingaggiare - e vincere - con Sartre un duello sulla letteratura francese delle origini e che allo stesso tempo era un uomo molto bello che amava la vita, il sesso», ricorda Chiara. Il viaggio conduce Frida a Buenos Aires e in un'altra città, Gualeguaychù, «luoghi che conosco, in cui ti perdi come fossero pantani dell'animo». Il Rio de la Plata, dove Frida rischia di affogare inghiottita da un gorgo che non ha pietà del suo bel vestito di seta. Buenos Aires, con Rosaria suo punto di riferimeno e donna prorompente, e poi Gualeguaychù e l'umanità che incontra per strada. Tanti quadri con personaggi dipinti a tinte forti: la «locandiera-strega», il suo uomo dal braccio tatuato, la sciamana e la bambina, la compagna di viaggio Beber. Che tipo di viaggio è? «Lei arriva in Argentina, elegante, snob, chic, va in ambasciata, cene eleganti. È controllata. Poi a poco a poco cambia, nel suo viaggio i suoi abiti diventano luridi, lei stessa è sporca, si guarda allo specchio e non si riconosce, fino ad arrivare a essere fuori di senno», racconta. «Ma siccome i romanzi psicoanalitici o psicologici «L'Italia e l'Argentina? Noi ci comportiamo da colonizzatori e non capiamo che ci mangiano la pappa in testa. Noi ripetiamo , loro inventano» mi annoiano - dice la scrittrice - ho provato a raccontare di un viaggio veramente interiore. E ho provato a dire tutto sinceramente, cercando di dare al lettore la verità di una situazione come facciamo noi pittoM ri: quando vediamo una I L realtà, improvvisamente usciamo dalle regole e dobbiamo renderla in modo personale» con lo sforzo, però, di comunicarla al lettore. Un mondo spiazzante ed essenziale allo stesso tempo. In Argentina la scrittura di Chiara Rapaccini l'hanno inse- rita nel "realismo magico", uno dei filoni della letteratura latinoamericana. Ma Baires è anche l'occasione per parlare dell'Italia e della sua decadenza, è una critica sottile alla cultura «mefitica, morta». «Gli argentini hanno il mito dell'Italia. Del resto, uno su due è di origini italiane. Anche se tutto va a rotoli, ci salva, dicono, il famoso Rinascimento. Di me sostengono che mi abbia salvato Firenze... Ma se io e molti amici come Riondino o Benigni siamo scappati da quel mito - ride -, da quel mondicino perfetto da sindrome di Stendhal che rinchiude le persone!». Dall'altra parte, invece, «c'è un Paese che ama la letteratura: a Buenos Aires c'è una fiera del libro grandissima, gli argentini sono colti, amano la letteratura e il cinema. Noi li snobbiamo, arriviamo lì come fossimo colonizzatori e non capiamo che ci mangiano, come si dice, la pappa in testa. Noi ci fermiamo alla ripetizione, agli stereotipi, loro inventano, hanno fantasia». Ma perché l'Italia è finita così? «La cosa che distrugge il nostro Paese, culturalmente e politicamente, è la sottomissione al potere che porta a un ribasso, al fare peggio sperando di ottenere il successo. Invece in Argentina, saranno anche dei poveracci, ma non devono piacere a nessuno e portano tutto in alto». Due sguardi diversi, noi e loro, anche sul personaggio che condividiamo con l'Argentina: papa Bergoglio. Già nel libro ci sono dialoghi illuminanti sul fatto che porta «scarpe e calze dozzinali perché deve recitare la parte del povero francescano». Ma poi, aggiunge Chiara, «quando in Argentina provi a dire, "ma quanto è figo questo Francesco", tutti, peronisti e antiperonisti, ricchi e poveri, tutti dico, scoppiano a ridere: "Ah, ma ci siete proprio cascati!"». Rosaria, la guida di Frida, il suo "Virgilio", ci prova a farle scrollare di dosso il peso della religione: «Cattolici. Il fatto è che los italianos siete tutti in ginocchio davanti al papa... Dammi retta mi amor, smettila di ascoltare preti e moralisti. Mettiti in testa che qui il sesso non è peccato, ma al contrario, è meraviglia...». Nella parte finale con Frida a Roma, di nuovo al suo lavoro di scrittrice per bambini - «e tutto torna», dice Chiara -, appare una favola. Narra di Armida, la bambina nata vecchia che, con l'amico Coniglio, diventa sempre più giovane e bella nella foresta. Dove incontra Vittorio, il re di quel luogo selvaggio: potrebbe diventare immortale, anzi, mai nata - perché tornerebbe feto - ma lei sceglie di vivere con lui, di invecchiare e di morire. «Lei gli insegna a leggere e scrivere e lui a volare e a comandare i pesci. Quello mi sembra proprio amore - riflette Chiara Rapaccini -, lei che insegna la cultura e lui lo stato brado della natura. Ecco, il compendio mio è lì». E la storia di Frida? Bastano le parole di Rap: « È una metafora della vita di una donna». a.> Rap e il libro Chiara Rapaccini, in arte Rap, pittrice e scultrice, insegna Illustrazione per bambini all'Istituto europeo di design a Roma. Da molti anni scrive e illustra libri per ragazzi. Il suo precedente libro "per adulti" è La bambina buona, (Sonzogno, 2011). Come vignettista collabora con varie testate e ha una sua pagina satirica, Amori sfigati, molto seguita in rete. Il romanzo Baires, edito da Fazi, sarà presentato il 13 novembre al Pisa Book Festival, il 15 alla libreria Coop Ambasciatori di Bologna, il 16 al Circolo dei lettori di Torino e il 20 a Milano per BookCity. In alto, la copertina del libro Baires (Forzi 2016) e a lato, Dorma LraLlld, una scultura dell'artista