E` divertente ciò che è successo mano a mano che il giro d

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E` divertente ciò che è successo mano a mano che il giro d
UNA RIVOLUZIONE SILENZIOSA CHE LA DICE LUNGA SUL PONTIFICATO (1)
E’ divertente ciò che è successo mano a mano che il giro di vite deciso dal Vaticano su un leggendario
monastero di Roma è venuto a conoscenza della stampa di lingua inglese. Divertente in senso letterale – il
fatto è stato trattato come una barzelletta, oscurandone il vero significato.
Per coloro che hanno occhi per vedere, la soppressione dell’abbazia cistercense presso la basilica di Santa
Croce in Gerusalemme, una delle sette basiliche tradizionali più visitate dai pellegrini a Roma, è una notizia da
collocarsi ben al di là della colonna delle “notizie stravaganti” di un giornale. Al contrario, si tratta dell’ultimo
capitolo di ciò che si può definire come una “rivoluzione silenziosa” in atto sotto il pontificato di papa Benedetto
XVI, che ha come oggetto la riforma della cultura clericale, a cominciare da Roma per estendersi ovunque.
E l’essenza della riforma è questa: è finita la logica della massima”dai loro frutti, li riconoscerete”, che un
tempo si traduceva in un lasciapassare, o almeno in un forte beneficio del dubbio, per chierici superstar e
gruppi di alto profilo accusati di devianze comportamentali. Nei sacri palazzi vigeva l’assunto che, se qualcuno
sta facendo del gran bene per la Chiesa, vuol dire che le accuse di abusi sessuali o finanziari sul suo conto,
sono probabilmente false e prenderle troppo sul serio incoraggerebbe i nemici della fede.
Senza tanto chiasso, Benedetto XVI ha messo bene in chiaro che oggi si applica una nuova regola. Se
persone o istituzioni, non importa quanto prestigiose esse siano, sono coinvolte in quella che il pontefice una
volta chiamò in modo memorabile la “sporcizia” nella Chiesa, non saranno più intoccabili.
E’ questo il profondo significato della recente azione vaticana nei confronti dei monaci cistercensi alla basilica
della Santa Croce in Gerusalemme, sebbene la maggior parte della stampa di lingua inglese non lo abbia
capito. Il titolo, ad esempio, che la BBC ha scelto giovedì scorso per tale fatto, è emblematico: “Il Papa chiude
monastero dove si faceva lap-dance”, non spiegando che suor Anna Nobili, ex ballerina di night club diventata
religiosa, un giorno eseguì una sorta di “danza sacra” di fronte a molti spettatori presenti in basilica, compresi
alcuni dignitari del Vaticano.
In realtà, i fatti della basilica non erano affatto uno scherzo. Innanzitutto, i monaci cistercensi stavano in
basilica da quasi cinque secoli, fin dal 1561, e ci fu un tempo in cui l’abate di Santa Croce era anche l’Abate
Generale dell’intero Ordine. Considerando il forte rispetto per la tradizione di Benedetto XVI, come pure la sua
venerazione per la vita monastica, ci vuole ben altro che una monaca danzante per determinare la
soppressione dell’intera abbazia.
Inoltre, la basilica ha vissuto un tempo di grande successo fino a pochi giorni or sono. La fama le veniva dalla
rinascita che si stava svolgendo sotto la direzione dell’abate Simone Maria Fioraso, un ecclesiastico molto
dinamico, per così dire. Le vocazioni crescevano e la basilica era divenuta un crocevia della nobiltà italiana,
dei VIP della politica e delle icone della cultura pop.
Nell’autunno del 2008, l’abate Fioraso ha ottenuto il suo massimo exploit: ha organizzato la lettura continuata
per sei giorni dell’intera Bibbia, chiamata “la Bibbia giorno e notte”, trasmessa in diretta dalla TV di Stato
italiana. La maratona fu inaugurata da Benedetto XVI e conclusa dal Segretario di Stato Vaticano, il Cardinal
Tarcisio Bertone. Altri numerosi prelati vaticani vi presero parte, insieme a celebrità, come l’attore Roberto
Benigni e l’ex presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi.
Sarebbe esagerato sopravvalutare l’impatto mediatico dell’evento sugli italiani. Alcuni titoli di articoli
proclamavano “La Santa Croce in Gerusalemme diventa superstar”.
Eppure, in quello stesso periodo, cominciarono a girare voci che qualcosa non andava. Alcuni affermavano
che l’abate Fioraso sembrava più interessato ad ingraziarsi le elites sociali che ad occuparsi delle tradizionali
discipline della vita monastica, mentre altri sollevavano questioni sulla gestione del denaro, dato che i monaci
avevano una boutique di successo e un hotel, senza una chiara contabilità dei guadagni. Ancora più
inquietanti, le voci di “relazioni inappropriate” da parte di alcuni monaci.
Tutto ciò, in passato, sarebbe stato archiviato come invidia o diffamazione, soprattutto per la fama crescente
dell’abate Fioraso, ma non questo volta. La Congregazione della Santa Sede per gli Istituti di Vita Consacrata
e le Società di Vita Apostolica ha condotto una Visita Apostolica che si è conclusa con la drammatica
decisione di sopprimere completamente l’abbazia e di allontanare i circa 30 monaci. Il decreto è stato firmato
dall’Arcivescovo brasiliano Joao Braz de Aviz, Prefetto della sunnominata Congregazione, e dal segretario,
l’Arcivescovo americano Joseph Tobin. E approvato da Benedetto XVI.
Come è suo costume, il Vaticano non ha fornito una spiegazione pubblica; in gergo tipicamente eufemistico,
alcuni funzionari hanno specificato che vi erano “numerose denunce di condotta incompatibile con la vita
consacrata”. La sostanza è che c’erano sicuramente dei problemi all’abbazia, sia in termini di responsabilità
finanziaria che di moralità personale. Per dirla con un funzionario vaticano, “non era un bel vedere”.
La soppressione dell’abbazia fa parte della riforma di Benedetto XVI, iniziata con interventi sanzionatori su
ecclesiastici di alto profilo, quale Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, e Marcial
Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo. Più recentemente, nel settembre 2008, papa Benedetto ha
ridotto allo stato laicale il noto sacerdote di Firenze, Lelio Cantini, la cui parrocchia della Regina della Pace era
ritenuta tra le più dinamiche della città. All’inizio di questo anno, papa Benedetto ha rimosso in modo
permanente dal ministero Fernando Karadima, leggendario prete cileno, guida spirituale di gran parte del clero
e dell’episcopato di quel Paese.
Tutti questi casi, e altri simili che si potrebbero menzionare, ruotano attorno ad accuse di devianze sessuali ed
abusi.
Oltre a tutto ciò, papa Benedetto sta accelerando la procedura per rimuovere dal sacerdozio i colpevoli di
abuso, come è dimostrato da una recente serie di revisioni del diritto canonico e dalla sua decisione all’inizio
dell’anno di creare un’autorità finanziaria di controllo con il potere di supervisione su istituzioni un tempo
intoccabili, quali la Banca Vaticana o Propaganda Fide. L’impressione complessiva è che questo è un papa
stanco degli scandali, e fa quello che può per ripulire la casa.
http://ncronline.org/blogs/all-things-catholic/benedicts-quiet-revolution-and-check-catholic-health-care
UNA RIVOLUZIONE SILENZIOSA CHE LA DICE LUNGA SUL PONTIFICATO (2)
Jean-Marie Guénois
Le evoluzioni profonde, storiche, non sono sempre le più spettacolari. Ciò che è avvenuto questa settimana a
Roma assomiglia a una rivoluzione di palazzo senza importanza, ma altamente significativa. Perché conferma
la direzione presa dal pontificato di Benedetto XVI e da tutta la Chiesa cattolica.
In una parola, Roma ha “ripreso in mano” un settore intero dell’attività della Chiesa cattolica: quello
dell’assistenza umanitaria e delle sue migliaia di ONG cattoliche, tecnicamente le “Caritas”, che si sono tutte
riunite in assemblea generale mondiale dal 22 al 27 maggio, per il 60° della loro fondazione.
Un organismo immenso: le 165 Caritas coordinano ciascuna, nel proprio Paese, molteplici associazioni
umanitarie cattoliche che apportano un aiuto concreto (sociale, educativo, medico…) a 24 milioni di persone.
Danno impiego a 440.000 salariati, senza contare i 625.000 volontari che mettono a disposizione il loro tempo
libero. Un lavoro ammirevole, di prossimità e di costanza sotto tutte le latitudini, spesso misconosciuto e
talvolta disprezzato. Una macchina enorme ma totalmente decentralizzata il cui bilancio, proveniente da doni
privati ma anche da fondi pubblici, si avvicina ai 4 miliardi di euro.
In occasione dell’assemblea generale, la Santa Sede non solo ha deciso di non rinnovare il mandato di LesleyAnn Knight, la Segretaria Generale della Caritas Internationalis (l’organizzazione centrale con base a Roma),
una donna giudicata troppo indipendente.
Ma il Vaticano ha anche “raddrizzato” la politica generale dell’organizzazione. Le ha richiesto di non
considerare, nella sua azione umanitaria, la Chiesa cattolica come una sorta di partner, privilegiato ma uguale
agli altri, ma piuttosto come il suo essere essenziale, il senso stesso, la ragione del suo impegno sociale.
In altre parole: l’azione sociale della Chiesa cattolica non può essere tecnicamente disconnessa dal corpo
centrale della fede cattolica. Un’azione che deve essere chiaramente identificata quale cattolica.
Benedetto XVI, ricevendo in udienza il congresso, ha precisato: “Per noi cristiani, Dio stesso è la fonte della
carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio
della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo”. E ha aggiunto: “la Santa Sede
ha il compito di seguire la sua attività (quella della Caritas) e di vigilare affinché tanto la sua azione umanitaria
e di carità, come il contenuto dei documenti diffusi, siano in piena sintonia con la Sede Apostolica e con il
Magistero della Chiesa, e affinché sia amministrata con competenza ed in modo trasparente”.
Ha poi rivolto un ammonimento: “L’esperienza che avete raccolto in questi anni vi ha insegnato a farvi
portavoce, nella comunità internazionale, di una sana visione antropologica, alimentata dalla dottrina cattolica
e impegnata a difendere la dignità di ogni vita umana. Senza un fondamento trascendente, senza un
riferimento a Dio Creatore, senza la considerazione del nostro destino eterno, rischiamo di cadere in preda ad
ideologie dannose”.
All’inizio del Congresso, il Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Santa Sede, aveva contestato,
dinanzi allo stesso Congresso “un’assistenza umanitaria che facesse astrazione dall’identità cristiana e
adottasse un approccio, per così dire, neutro, che cercasse di piacere a tutti”, perché “la Chiesa non deve
soltanto fare la carità, ma fare come il Cristo”.
Il Cardinale africano, Robert Sarah, che mediante la sua presidenza del Pontificio Consiglio Cor Unum,
sovrintende l’insieme delle attività caritative della Chiesa cattolica, si era espresso in termini non meno chiari
dinanzi al Congresso: “Una Caritas che non fosse espressione ecclesiale non ha senso, nemmeno di esistere.
(…) Il pane è importante, la libertà è importante, ma la cosa più importante di tutte è la nostra fede nel Dio
d’Amore e il nostro inginocchiarci per adorarlo e servirlo servendo i poveri”.
Ma perché questo richiamo a quelli che lavorano nel campo umanitario – in nome della Chiesa cattolica – che
essi non dipendono da una ONG neutrale ma da un organismo pienamente cattolico, con tutto quello che ciò
comporta, è tanto importante?
Perché indica due cose:
che Benedetto XVI continua la sua azione di riforma interna della Chiesa cattolica, secondo la rotta che si è
proposto nel 2005: ridare la sua “identità cattolica” a una Chiesa che finiva per dubitare di se stessa dopo il
Concilio Vaticano II, riallacciandola alla Tradizione antica.
lo ha fatto, in modo visibile, sul piano della liturgia autorizzando il rito della Messa in latino secondo il messale
del 1962, forma “straordinaria” del rito romano. Lo ha fatto, in modo meno visibile, con la nomina di vescovi dal
profilo piuttosto classico e sicuramente meno impegnati socialmente di certi loro predecessori. Oggi ha
affrontato il bastione dell’azione sociale della Chiesa, nella quale sono effettivamente e lodevolmente
impegnati – occorre ringraziarli data la carenza di volontari – un gran numero di cattolici che non si riconoscono
obbligatoriamente in questa linea di Benedetto XVI.
Questo riprendere in mano e questo raddrizzamento saranno criticati e combattuti all’interno, ma Benedetto
XVI ha già dimostrato che niente fermerà la sua volontà – che considera come la sua più alta responsabilità di
papa teologo – di rendere la Chiesa cattolica … cattolica.
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