Chiesta la condanna di Parretti a tre anni e mezzo.

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Chiesta la condanna di Parretti a tre anni e mezzo.
Chiesta la condanna di Parretti a tre anni e mezzo.
10 luglio 2002
Siracusa / Il finanziere è imputato di associazione per delinquere finalizzata all'esportazione
di capitali all'estero
Chiesta la condanna di Parretti a tre anni e mezzo
Santino Calisti
SIRACUSA – Circa dieci anni dopo il clamoroso arresto ordinato dalla magistratura siracusana, il
processo contro il finanziere Giancarlo Parretti, accusato di reati legati alla gestione di società che
operavano, in Italia e all'estero, nel campo della cinematografia, è arrivato alla fase decisiva. Ieri il
pubblico ministero Giorgio Orano ha esposto le proprie conclusioni, chiedendo la condanna, oltre che di
Parretti, di altri tre dei restanti sei imputati. Per Parretti sono stati chiesti tre anni e mezzo di reclusione;
due anni e due mesi sono stati chiesti per Salvatore Monaco, due anni per un altro finanziere, Florio
Fiorini, e un anno e due mesi per Antonio Rappazzo. I quattro, secondo il rappresentante della pubblica
accusa, hanno agito secondo un piano che insieme avevano concordato e per questo sono da ritenersi
colpevoli di associazione per delinquere. Per i restanti tre imputati, che non rispondevano del reato
associativo, ma solo di singoli casi di presunte violazioni finanziarie, a giudizio del pm tutte le accuse
sono cadute, in parte per effetto delle tanto contestate nuove leggi sul falso in bilancio, in parte perché
certi reati sono ormai prescritti a causa della lentezza con cui è stato celebrato il processo, durato anni. È
stata chiesta, pertanto, l'assoluzione per Bruno Gulino e una sentenza di non doversi procedere per Ord
Timotej e Renato Pecoriello. Gli illeciti finanziari ricostruiti dal pubblico ministero Giorgio Orano
cominciano sul finire degli anni Ottanta, quando (era il settembre dell'88) Giancarlo Parretti divenne
amministratore della Cannon Group srl. Da questa società ne dipendevano altre due: la Cannon Cinema
Italia srl e la Cannon Production srl, la prima proprietaria di una catena di sale cinematografiche, la
seconda impegnata nel campo delle produzioni cinematografiche. A sua volta, la Cannon Group srl
dipendeva da due società estere, l'inglese Cannon Film Distribuction e la Cannon Production, quest'ultima
con sede nelle Antille olandesi. Parretti, d'accordo con le altre persone finite sul banco degli imputati con
l'accusa di associazione per delinquere, decise di smantellare le società italiane e di portare all'estero il
ricavato delle vendite. L'operazione per il trasferimento all'estero di quelle somme non è in discussione.
Ciò che la magistratura inquirente contesta è la sottrazione di quei soldi (una trentina di miliardi, che
sarebbero serviti a Parretti per preparare la scalata al colosso americano della cinematografia Metro
Goldwin Mayer) al Fisco e ai creditori delle società italiane, ridotte a delle scatole vuote. Gli imputati di
cui è stata chiesta la condanna sono, inoltre, accusati di avere fatto sparire la documentazione delle società
svuotate, per impedire verifiche contabili che avrebbero potuto consentire di ricostruire i flussi di denaro
verificatisi dietro il vorticoso giro di operazioni finanziarie. Secondo la ricostruzione del pubblico
ministero, per realizzare il loro piano, Parretti e i suoi presunti complici crearono una nuova società, la Iva
srl, di cui fu nominato amministratore Bruno Gulino. La Cannon Cinema Italia, che delle due società
italiane era la più ricca, vendette le sale cinematografiche, incassando una trentina di miliardi. A quel
punto concesse alla Iva srl un prestito per l'intera somma che aveva incassato. La Iva srl, a sua volta, con
quel denaro, rilevò la Cannon Group srl, ovvero la società che controllava la stessa Cannon Cinema Italia.
In questo modo i soldi erano finiti alle due società, quella inglese e quella con sede nelle Antille Olandesi,
che controllavano la Cannon Group srl. Le società italiane del gruppo erano ormai delle scatole vuote e la
Iva srl praticamente schiacciata dal pesantissimo debito contratto. A questo punto sarebbe entrato in scena
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Chiesta la condanna di Parretti a tre anni e mezzo.
Salvatore Monaco. È lui, per il pm, il “regista” del trasferimento delle società, che, una dopo l'altra,
finirono tutte allo stesso indirizzo di Noto, via Galilei 12, che è anche la sede del vecchio studio legale
dell'avvocato Antonio Rappazzo. Il capitale di ciascuna società venne abbattuto a soli venti milioni. Fu
l'Ufficio Iva, agli inizi degli anni Novanta, a sospettare di quelle società che a Noto avevano lo stesso
indirizzo e a chiedere alla Guardia di Finanza di indagare. Un tassello dopo l'altro, i finanzieri
ricostruirono il complicatissimo quadro di presunti illeciti. Uno scambio di comunicazioni via fax tra i
principali imputati sarebbe una delle prove del piano concordato per portare i soldi all'estero. Ma il pm ha
ammesso che tante difficoltà incontrate nelle indagini, tra cui il mancato ritrovamento di documenti
contabili, hanno impedito di raccogliere altre prove contro gli imputati. Alla ripresa del processo, il 29
ottobre, la parola passerà alla difesa, rappresentata dagli avvocati Bruno Leone, Mario Fiaccavento,
Federico Italia, Marco Mancuso, Olga Diamante e Ettore Randazzo.
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Articolo tratto da: www.maccarrone.da.ru
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