edificabilità dei suoli ai fini fiscali

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edificabilità dei suoli ai fini fiscali
EDIFICABILITÀ DEI SUOLI AI FINI FISCALI
Sommario: 1. Premessa – 2. L’annoso dibattito tra prassi ministeriale e giurisprudenza prevalente – 3. Il
problema affrontato dalla Corte di cassazione: l’annullamento del piano regolatore generale e suoi
effetti sulla valutazione automatica dei terreni e sull’imposta di registro.
1. PREMESSA
Con la sentenza del 3 novembre 2005 n. 26137 la Suprema Corte di cassazione, sezione
tributaria, accoglieva il ricorso proposto dal sig. --- (erede del sig. ---) avverso il Ministero delle finanze
(oggi Ministero dell’economia e delle finanze).
Il sig. ---, in primo grado dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, aveva impugnato un
avviso di accertamento con il quale il competente ufficio finanziario, sulla base di una stima UTE, aveva
rettificato in aumento il valore dichiarato dei terreni siti nel comune di ….. caduti in successione. Il sig.
…. eccepiva che i valori di quei terreni erano stati calcolati e dichiarati in base alle rendite catastali, ex
art. 52, comma 4 T.U. 26 aprile 1986 n. 131, e in quanto tali non soggetti a rettifica. L’esistenza di un
piano regolatore (successivamente annullato dal giudice amministrativo) indusse la Commissione
investita del giudizio ad accogliere parzialmente il ricorso ritenendo che i terreni non avessero più
natura agricola ma fossero divenuti sostanzialmente edificabili (dando rilievo alla limitata edificabilità
consentita dall’ottavo comma dell’art. 4 L. 28 gennaio 1977 n. 10) anche se soggetti a limitazioni che ne
riducevano il valore commerciale (ridotto così del 45 per cento).
La Commissione tributaria regionale, respingendo l’appello promosso dal sig. ---, confermava la
decisione di primo grado.
2. L’ANNOSO DIBATTITO TRA PRASSI MINISTERIALE E GIURISPRUDENZA PREVALENTE
Un suolo, nel momento in cui è considerato edificabile, assume rilevanza ai fini fiscali.
L’art. 52, comma 4 T.U. n. 131 del 1986 (testo unico dell’imposta di registro) sancisce: Non
sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di
rendita, dichiarato in misura non inferiore per i terreni a 75 volte il reddito dominicale risultante in
catasto…omissis… La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli
strumenti urbanistici prevedono la destinazione urbanistica.
La ragione dell’esclusione per le aree edificabili si fonda, come ritenuto dalla Corte di
cassazione1, sulla presunzione che il valore catastale di queste, a differenza dei terreni non edificabili
(agricoli), sia inferiore al valore venale o corrente di mercato, e per esse si è inteso quindi non rendere
operativo l’esposto sbarramento ai poteri di rettifica dell’Amministrazione finanziaria.
La semplice locuzione strumenti urbanistici si è purtroppo rivelata troppo generica ed imprecisa
per consentire di individuare con certezza le aree edificabili alle quali non si applicano i suddetti criteri
di valutazione automatica.
La legge tributaria (chiaramente strumentale al prelievo fiscale delle risorse economiche da
destinare alla collettività), con il generico riferimento agli”strumenti urbanistici”, non tiene conto della
discrepanza che nella realtà spesso divide gli effetti economici dell’edificabilità, che si producono
appena si può avere notizia dell’inclusione di un terreno in una zona edificabile, da quelli giuridici, che
risentono dei più lunghi tempi necessari per completare il procedimento amministrativo di formazione
del piano in corso di elaborazione.
Per strumenti urbanistici devono certamente intendersi gli strumenti della pianificazione
urbanistica comunale previsti dagli artt. 7 e ss. L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modifiche ed
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Cass., sez. trib. , 27 novembre 2000 n. 15255 in Banca Dati Il Fiscovideo.
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integrazioni e, quindi, i piani regolatori generali, i piani particolareggiati di esecuzione (o di attuazione)
ed, in mancanza di essi, i programmi comunali di fabbricazione previsti dall’art. 34 L. n. 1150 del 1942.
A tal proposito è necessario sottolineare che il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) è un atto
amministrativo complesso a formazione successiva, le cui fasi essenziali, dal punto di vista
dell’approvazione definitiva, sono: adozione del piano regolatore generale mediante delibera del
consiglio comunale, successiva approvazione definitiva della regione, riapprovazione definitiva da parte
del consiglio comunale. Il P.R.G. in itinere, ovvero sospeso tra la prima e la seconda fase, si dice adottato
e ha una valenza limitata alle misure di salvaguardia più restrittive mentre sono prive di effetto le misure
più favorevoli, per la cui valenza è necessaria l’approvazione conclusiva.
Si è visto che l’art. 52, comma 4 T.U. n. 131 del 1986 prevede la non applicabilità della
valutazione automatica ai terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione
edificatoria.
Sul punto è necessario, in primo luogo, evidenziare il lungo dibattito che ha visto come
protagoniste ed in pieno contrasto l’Amministrazione Finanziaria e la Cassazione, in particolare,
occupate su come considerare, ai fini valutativi, un terreno agricolo, divenuto edificabile per effetto di
un piano regolatore non ancora approvato dalla Regione. Ne sono conseguite incertezze e contrasti tra
le posizioni di chi ritiene che gli effetti economici dell’edificabilità siano presenti - e quindi già tassabili –
prima dell’approvazione regionale che rende il piano giuridicamente esistente e chi, invece, li ha ritenuti
tassabili solo al termine dell’iter formativo dello strumento urbanistico.
Si anticipa, sin d’ora, che l’Amministrazione Finanziaria ritiene (a parte qualche rara eccezione di
cui si dirà a breve) che tale terreno appartenga ad un tertium genus ossia, adottando una soluzione
intermedia, ha considerato, nel caso di specie, ai fini valutativi il terreno come né edificabile né
inedificabile con la conseguenza dell’inapplicabilità della valutazione automatica ex art. 52 T.U. n. 131
del 1986. L’Amministrazione Finanziaria2 ha stabilito che”la natura del suolo deve essere ricavata
esclusivamente dalla astratta possibilità edificatoria, derivante dal fatto che il terreno sia qualificato
come edificabile dal piano regolatore generale”. Su tale considerazione l’Amministrazione Finanziaria ha
fondato il proprio orientamento
Posizione non immune da critiche poiché crea una terza categoria di terreni intermedia a quelle
previste dall’art. 52, comma 4, che non trova riscontro nella normativa vigente3.
Solo negli ultimi anni la posizione dell’Amministrazione4 si è uniformata a quella della
prevalente Cassazione ritenendo, ai fini della qualificazione di edificabilità del terreno, necessario il
completamento integrale del procedimento amministrativo.
La Cassazione, affrontando la questione di destinazione edificatoria dei terreni in base agli
strumenti urbanistici, si è più volte indirizzata verso la necessità che gli strumenti urbanistici siano
perfezionati, non ritenendo sufficiente l’adozione del solo piano regolatore da parte del Comune5. Un’
importante sentenza della Cassazione6 afferma che l’art. 52, comma 4, T.U. 131 n. del 1986, nella parte
in cui reca”terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria” proprio
perché non specifica ulteriormente, non può che fare riferimento agli strumenti urbanistici già
perfezionati e poiché l’approvazione da parte della regione non è mera condizione di efficacia del piano
ma è un atto che concorre con quello comunale di adozione, realizzando la fattispecie dell’atto
complesso, la norma non può che riferirsi agli strumenti che siano stati completati in tutto il loro iter.
Negli ultimi anni la Cassazione ha più volte cambiato idea sull'applicabilità o meno della
valutazione automatica ai terreni la cui natura edificatoria risulti da strumenti urbanistici non ancora
perfezionati.
Alla base di tale convincimento della Suprema Corte7 vi è la considerazione che l’inserimento di
un terreno nella destinazione edificatoria di uno strumento urbanistico, ancorché solo adottato, costituisce
Istruzioni al Mod. Unico 2002, fascicolo 2, n. 5, 17.
Cfr. Ricci, Severini, I terreni edificabili nell’imposta di registro in Il fisco, n. 37 del 1998, p. 12086.
4 Risol. min. 27 maggio 1998 n. 47/E–IV-8-3783 in Il fisco n. 23 del 1998, p. 7702.
5 Cass. 12 novembre 2001 n. 13969 in banca dati Il Fiscovideo; Cass. 27 dicembre 2001 n. 16202 in Il fisco n. 20 del 2002, fasc.
1, p. 3194.
6 Cass. 3 dicembre 1994 n. 10406 in Il fisco n. 6 del 1995, p. 1430.
7 Cass. 4 settembre 2001 n. 11356 in Boll. Trib. 2002, p. 713; Cass. 27 marzo 2002 n. 4381 in Boll. Trib. 2003, p. 223.
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nell’apprezzamento della generalità dei consociati un’entità diversa - sotto il profilo funzionale ed economico – rispetto agli
altri terreni che nello stesso strumento a bbiano conservato la destinazione originaria.
Recentemente, infatti, una sentenza della Corte di cassazione8 ha stabilito che, ai fini della
inapplicabilità del criterio della valutazione automatica,”per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici
prevedono la destinazione edificatoria, non occorre che lo strumento urbanistico, adottato dal Comune,
abbia perfezionato il suo iter mediante approvazione della Regione”. Con questa ultima sentenza la
Cassazione ridefinisce il concetto di terreno con destinazione edificatoria, solo ai fini della valutazione
automatica e dell’applicazione dell’imposta di registro. È indubbio che tale inversione di tendenza della
Cassazione, ridefinendo anche il concetto di terreno suscettibile di edificazione, comporta delle notevoli
conseguenze.
Si è quindi sostenuto che la semplice adozione del piano ha di per sè valore conformativo
dell’assetto territoriale, rendendo obbligatoria l’applicazione delle misure di salvaguardia e, dunque,
rendendo già vigente il piano regolatore adottato, seppure non ancora approvato. Pertanto è sufficiente
la sola deliberazione del piano da parte del consiglio comunale per produrre effetti provvisori, come le
misure di salvaguardia e, quindi, incidere sul prezzo di mercato del bene, che non può non scontare la
rilevante aspettativa creata dallo strumento urbanistico in fieri, sebbene tale deliberazione non comporti
edificabilità legale.
Inoltre, la Cass. 18 settembre 2003 n. 138179, intervenendo sulla questione, ha ritenuto che”un
suolo deve essere considerato edificabile, ed assume rilevanza ai fini fiscali, quando lo strumento
urbanistico nel quale risulta inserito è stato legittimamente adottato dal Consiglio comunale”. La
successiva delibera dell’organo regionale perfeziona lo strumento ma, ai fini tributari, il terreno è
un’entità valutabile sulla base della destinazione edificatoria. Questa destinazione è già recepita dalla
generalità dei consociati come qualcosa di esistente e di difficile reversibilità che fa venir meno ogni
possibilità di diversa valutazione. L’orientamento cui ha aderito con questa sentenza la Cassazione
individua una nozione di area edificabile ancorata a valutazioni puramente economiche nella
considerazione che la mera approvazione comunale dello strumento urbanistico comporta
un’indiscutibile incremento di valore dei suoli destinati all’edificazione.
Appare allora necessario precisare a che tipo di edificabilità ci si riferisca ossia se possa parlarsi
di una edificabilità di fatto o di diritto.
Avvalendosi sostanzialmente della medesima formulazione della legge di registro, l’art. 2, lett. b),
D.lgs. 15 gennaio 1992 n. 50 qualifica come edificabile l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli
strumenti urbanistici generali o attuativi. In tal modo, la norma in esame richiede in primo luogo di definire
quali siano gli strumenti urbanistici ai quali essa rinvia ed in secondo luogo ripropone la problematica
che ha caratterizzato l’interpretazione della legge di registro con il dilemma di stabilire se l’edificabilità del
suolo debba essere intesa in senso giuridico, come effetto di una fattispecie che ha concluso il proprio
ciclo formativo, oppure come qualifica già prodottasi di fatto anche prima della conclusione del
procedimento amministrativo di formazione del piano, quando il valore economico delle aree riflette le
aspettative che la qualifica assegnata dal piano comunale solo adottato permanga anche dopo
l’approvazione di esso da parte della regione.
Nella Cass. civ. 7 luglio 1994 n. 638810 viene data rilevanza anche alla edificabilità di fatto
individuando gli elementi caratterizzanti le aree edificabili, che sono stati ravvisati in vari indicatori quali
la vicinanza al centro abitato, l’accessibilità e l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di
opere di urbanizzazione primaria, lo sviluppo edilizio nelle aree adiacenti e in genere di infrastrutture
che riflettono la concreta attitudine del suolo ad un’utilizzazione edilizia.
Ci si chiede, però, se nel comma 4 dell’art. 52 T.U. n. 131 del 1986, il legislatore si riferisce solo
alla edificabilità di diritto o anche a quella di fatto. Appare, in questo caso, unisona l’interpretazione che
si ricava: il riferimento agli strumenti urbanistici vigenti dà rilevanza alla edificabilità di diritto, mentre
non sembra dare peso alla edificabilità di fatto o potenziale dei terreni. L’edificabilità di fatto, pur
accordando la preminenza al dato economico, connesso sicuramente al requisito dell’edificabilità,
Cass. 27 marzo 2002 n. 4381 in Il fisco n. 24 del 2002, fasc. 1, p. 3926.
In Boll. Trib. 204, I, p. 73.
10 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
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finisce per trascurare il problema della edificabilità in senso giuridico formale che necessita
dell’approvazione del piano regolatore da parte dell’organo regionale.
Tale interpretazione risulta essere in linea con le intenzioni del legislatore, dato che quando ha
inteso attribuire rilevanza anche alla edificabilità di fatto o a quella potenziale, a prescindere dalla natura
giuridica del terreno, si è chiaramente espresso in tal senso (art. 2, comma 1, lettera b) D.lgs. 30
dicembre 1992 n. 504 istitutivo dell’ICI; L. 8 agosto 1992 n. 359 riguardante l’espropriazione).
Secondo il punto di vista di chi scrive, dovrebbe essere questo l’orientamento alla fine
prevalente: per i terreni agricoli che diventano edificabili in funzione di un P.R.G. non ancora
approvato da parte della Regione si dovrebbe rendere applicabile il riferimento alla valutazione
automatica proprio dei terreni agricoli.
Quindi, in tema”di imposta di registro, l’art. 52, comma 4, ultima parte, T.U. n. 131 del 1986,
che esclude l’applicabilità del criterio automatico di valutazione per i terreni per i quali gli strumenti
urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, si riferisce esclusivamente alle aree che in base ai
piani urbanistici sono destinate a fini residenziali e, quindi, non può essere interpretata estensivamente
fino a comprendervi i terreni aventi una destinazione diversa”. Con questa precisazione la Cassazione
ha posto un ulteriore criterio di identificazione dei terreni aventi destinazione edificatoria e per i quali
non si applica la valutazione automatica. Da ciò si può desumere che nei diversi settori debbono essere
considerate non edificabili quelle aree ove sia consentita una limitatissima edificabilità.
Tale conclusione è aderente con un’accezione legale che ravvisa la possibilità dell’utilizzazione
edificatoria dei terreni possibile solo in presenza dei suoi presupposti giuridici e riflette l’esatta
assunzione dello stesso concetto di strumento urbanistico proprio del diritto amministrativo (settore del
diritto che ai fini urbanistici qualifica come edificabile un’area solo in presenza di un piano generale o di
attuazione regolarmente approvato) nella legge tributaria. In tal modo risulta maggiormente garantita la
certezza delle situazioni giuridiche tributarie evitando nel contempo di interpretare estensivamente la
norma tributaria assegnando un significato atecnico alla locuzione”strumento urbanistico” che, per
quanto priva di riscontri normativi, identifica istituti ben noti del diritto amministrativo. Cosa che
invece accadrebbe nel caso in cui all’aleatorio accertamento del valore venale in comune commercio
fosse associata la possibilità di ritenere l’area edificabile anche solo in base ad un piano regolatore
adottato, ma non ancora approvato.
In definitiva, maggiormente condivisibile appare l’orientamento restrittivo nella considerazione
che il riferimento agli strumenti urbanistici, contenuto nell’art. 52, comma 4 T.U. n. 131 del 1986, debba
sottendere la loro perfezione, non potendosi ritenere, in mancanza di ulteriori precisazioni da parte del
legislatore, la rilevanza di strumenti ancora in itinere.
3. IL
PROBLEMA AFFRONTATO DALLA CORTE DI CASSAZIONE : L’ANNULLAMENTO DEL
PIANO REGOLATORE GENERALE E SUOI EFFETTI SULLA VALUTAZIONE AUTOMATICA DEI
TERRENI
La decisione operata nel merito dalle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado che, se
pur con molte remore, poteva trovare giustificazione nei casi sopra analizzati di piano regolatore non
ancora approvato dall’autorità regionale, a mio parere non trova alcun appiglio nel caso de quo.
L’annullamento del piano regolatore elimina il provvedimento sin dall’origine, tanto è vero che
esso è considerato tamquam non esset.
L’annullamento giurisdizionale – che può investire sia il piano regolatore considerato nel suo
complesso sia il provvedimento comunale di adozione o quello regionale di approvazione - comporta il
venir meno dell’atto annullato con effetto ex tunc, ossia dal momento in cui fu emanato. Indi,
l’annullamento del P.R.G. ha efficacia retroattiva per cui cadono tutti gli effetti dell’atto annullato. La
sentenza di annullamento del giudice amministrativo, tra l’altro, non produce effetti unicamente tra le
parti del giudizio poiché investe un atto amministrativo avente portata generale e quindi ha efficacia erga
omnes.
Dottrina e giurisprudenza dividono il giudicato amministrativo in un triplice ordine di effetti: in
primo luogo un effetto demolitorio al quale si riconduce l’annullamento del provvedimento
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amministrativo; in secondo luogo un effetto conformativo che obbliga la P.A. a conformarsi alla cosa
giudicata ed infine un effetto preclusivo che comporta da una parte l’impossibilità per
l’Amministrazione di emanare lo stesso atto già impugnato e da un’altra parte che, laddove l’esecuzione
comporti l’emanazione di un atto con identico contenuto, l’Amministrazione sia tenuta ad eliminare i
vizi come accertati giudizialmente.
L’annullamento giurisdizionale del piano regolatore generale originario avrebbe, secondo una
interpretazione giurisprudenziale11, un effetto”autoesecutivo” (ossia automatica reviviscenza del regime
urbanistico dettato dall’originario piano regolatore generale, senza necessità di ulteriori adempimenti da
parte dell’amministrazione) ma comporterebbe l’obbligo da parte dell’amministrazione di attribuire alla
zona un nuovo regime urbanistico.
Nel caso che ci occupa, non appare condivisibile quanto chiarito, da una recente sentenza della
Cassazione12 in tema di espropriazione per pubblica utilità, per la quale la cosiddetta edificabilità di fatto
rileva esclusivamente in via suppletiva - in carenza di strumenti urbanistici- ovvero, in via complementare (ed integrativa),
agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell'area espropriata, incidente sul calcolo dell'indennizzo
sostenendo, in merito, che la prevalenza del requisito dell’edificabilità legale13 non implica la sostanziale
ultroneità di quello dell’edificabilità effettiva.
Infatti in essa la Suprema Corte tratteggia l’ipotesi per la quale, in assenza dello strumento
urbanistico, può venire in rilievo il sussidiario criterio dell’edificabilità di fatto. Essa, in particolare,
menziona le aree comprese in Comuni sprovvisti di piano e situate fuori dal perimetro del centro
abitato per le quali l’edificabilità va valutata solo in fatto secondo gli indici elaborati dalla giurisprudenza
ed entro i limiti posti al riguardo dalla L. n. 10 del 1977.
Tale orientamento ha recepito le indicazioni formatesi in sede giurisprudenziale in tema di
espropriazione per pubblica utilità, nelle quali l’entità dell’indennizzo da corrispondere al proprietario
espropriato era stata ancorata al concetto di”vocazione edificatoria” di un terreno, definita dalla Corte
costituzionale. Per vocazione edificatoria si è, infatti, intesa la potenziale utilizzazione economica del
terreno non ancora destinato all’edificazione e ravvisabile ogniqualvolta il bene, pur non essendo
incluso in uno strumento urbanistico o in mancanza dello stesso, presenti degli elementi oggettivi tali da
evidenziarne le potenzialità edificatorie e dunque l’indennizzabilità, in caso di esproprio, con i valori
assegnabili alle aree fabbricabili anziché ai terreni agricoli.
Nel caso di specie, proprio perché i terreni sono assoggettati al regime di inedificabilità
pressocchè totale (così come stabilito in seno all’art. 4, comma 8 L. n. 10 del 1977) non può parlarsi di
destinazione edificatoria né in linea di principio né tantomeno di destinazione edificatoria prevista dagli
strumenti urbanistici atteso che il regime applicato è conseguenza della inesistenza (seppur
sopravvenuta) del piano regolatore generale.
I terreni per i quali vige la disciplina di cui all’art. 4 L. 28 gennaio 1977 n. 10 e successive
modificazioni ed integrazioni non rientrano tra quelli per i quali è esclusa l’applicazione della
valutazione automatica ex art. 52, comma 4 T.U. n. 131 del 1986.
Annullato il piano regolatore generale cade il presupposto fondamentale per poter ritenere
edificabili quei terreni.
La tesi dei ricorrenti è pertanto da condividere: i terreni in oggetto devono essere considerati
agricoli, ed il loro valore non poteva essere rettificato perché l’importo dichiarato era uguale a 75 volte il
reddito dominicale risultante in catasto.
Cristina Giunta
Avvocato
T.A.R. Veneto, sez. I, 8 febbraio 1996 n. 156.
Cass., S.S.U.U., 23 aprile 2001 n. 172 in Giur. It. 2001, pp. 11, 2161 con nota di G. DeMarzo.
13 Cass. 19 settembre 2000 n. 12408 in Rep. Foro It. 2000, p. 142; Cass. 29 aprile 1999 n. 4300 in Riv. Giur. Edil. 1999, I, p.
996; Cass. 25 agosto 1998 n. 8434 in Corr. Giur. 1999, p. 880.
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