N° 23, 2010 - Nuova Museologia

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N° 23, 2010 - Nuova Museologia
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Novembre 2010 - N°
23
Il tema del numero
Museologia egiziana
a cura di Patrizia Piacentini
e Giovanni Pinna
Rivista semestrale di Museologia
Giornale ufficiale
dell’Associazione Italiana di Studi Museologici
www.nuovamuseologia.org
sped. in abb. post. 70% Milano
Sommario
Nuova Museologia
n. 23, Novembre 2010
Segreteria
Via V. Foppa 16 - 20144 Milano
Telefono 02.4691589 - fax 02.700406383
E-mail [email protected]
pag.
1
Collaborazione Italia-Egitto per il Museo
del Cairo
Sandro Goppion, Patrizia Piacentini, Giovanni Pinna
pag.
2
Nuovi e spettacolari musei in Egitto
Zahi Hawass
Direttore Responsabile
Giovanni Pinna
pag.
Redazione e impaginazione
Claudia Savoiardo
Promozione e sviluppo
Carlo Teruzzi
Relazioni esterne
Donatella Lanzeni
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Telefono e fax 02.76004870
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Progetto grafico
Antonia Pessina
Stampa
Bine Editore s.r.l.
C.so di P.ta Vittoria, 43 - 20122 Milano
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6
La museologia egiziana
Wendy Doyon
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14
Dall’Ezbekieh a piazza Tahrir
Breve storia del Museo Egizio del Cairo
Patrizia Piacentini
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22
Il Museo dei Bambini al Museo Egizio del Cairo
Wafaa el-Saddik
pag.
24
Per il rinnovamento del Museo Egizio del Cairo
Giovanni Pinna
pag.
29
Il ruolo del Museo della Nubia nella comunità
Ossama A.W. Abdel Meguid
Associazione Italiana di Studi Museologici
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Nuova Museologia è aperta alla
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numero 445 del 18.06.1999
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32
Giovanni Pinna
pag.
33
Il Museo di Luxor
Giovanni Pinna
pag.
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Il Museo Greco-Romano di Alessandria
Sara Mastropaolo, Patrizia Piacentini
pag.
35
Libri
a cura di Giovanni Pinna
La Redazione declina ogni responsabilità in merito alle
notizie contenute nelle inserzioni pubblicitarie.
ISSN 1828-1591
Il Museo Imhotep a Saqqara
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Note Brevi
EDITORIALE
Collaborazione Italia-Egitto
per il Museo del Cairo
Nella Repubblica Araba d’Egitto ferve da poco più di un decennio una
grande attività volta a una sempre migliore conservazione del patrimonio
culturale nazionale e al perfezionamento delle strutture e dei mezzi per
comunicare al vastissimo pubblico di turisti e di cittadini egiziani l’arte, la storia
e le tradizioni culturali di questo millenario paese.
Sotto la spinta di Zahi Hawass, dinamico Segretario Generale del Consiglio
Superiore delle Antichità e Vice Ministro alla Cultura, e del Ministro Farouk Hosni,
è iniziato, in questo quadro, un programma di rinnovamento delle antiche istituzioni
museali e di creazione di nuovi musei nelle principali città del paese, in centri
urbani decentrati, e in prossimità di siti archeologici; un rinnovamento che pone
oggi l’Egitto in una posizione di avanguardia nella museologia per il numero
e per la qualità delle sue strutture museali.
Al centro di questo progetto museologico globale del Governo egiziano si colloca
lo storico Museo Egizio che si erge nella centrale piazza Tahrir al Cairo ed è
stato per oltre cent’anni lo scrigno del nucleo principale del patrimonio
archeologico nazionale. A questo storico museo, il cui edificio è stato costruito
all’inizio del Novecento, viene ora chiesto di trasferire parte dei propri tesori
alle nuove istituzioni e di ritagliarsi una nuova identità culturale, diversa da
quella mediaticamente monumentale che sarà propria del futuro Grande Museo
Egizio di Giza o da quella didattica e popolare prevista per il Museo della
Civilizzazione in costruzione nel quartiere di Fustat. Secondo il progetto del Consiglio
Superiore delle Antichità le esposizioni del rinnovato museo di piazza Tahrir
dovranno illustrare al pubblico la millenaria storia dell’arte egizia, mentre il
museo acuirà il suo ruolo di centro di ricerca scientifica e di accoglienza per
gli studiosi di tutto il mondo.
L’Italia, è noto, ha una antica tradizione di interesse scientifico per la
civiltà egizia (quella stessa tradizione che ha portato a Torino la più vasta collezione
egizia fuori dall’Egitto): non è dunque una sorpresa se nel Museo Egizio del Cairo
negli ultimi anni si è parlato anche l’italiano. Grazie infatti ai buoni uffici
dell’ambasciatore Antonio Badini e all’intraprendenza imprenditoriale di
Sandro Goppion, nel 2004 iniziarono le trattative per affidare a un gruppo italiano
lo studio preliminare per il rinnovamento del museo, e nel 2008 le autorità egiziane
diedero ufficialmente l’incarico a una cordata di aziende italiane, la Goppion
spa e la Museum Engineering srl, di realizzare un piano generale di rinnovamento
del museo, un masterplan che considerasse ogni aspetto del museo: dagli
impianti all’architettura del palazzo, dall’organizzazione degli spazi, dei
servizi, degli uffici e dei laboratori alla riorganizzazione museografica e
museologica delle esposizioni. Il gruppo di lavoro totalmente italiano, coordinato
da Sandro Goppion e comprendente ingegneri, architetti, egittologi e museologi
(fra i quali coloro che scrivono), ha portato a termine il progetto nel 2009 e ha
consegnato nelle mani di Zahi Hawass il documento The Redesign of the
Egyptian Museum Midan Tahrir, che, come voleva il Segretario Generale, prevede
che il museo “will display the history of art in the Pharaonic period and will
also have exhibitions dedicated to the history of Egyptology”.
Sandro Goppion, Patrizia Piacentini, Giovanni Pinna
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Nuovi e spettacolari musei
in Egitto
Zahi Hawass
Un tempo, quando guardavo i nostri musei in Egitto
stentavo a credere allo stato in cui versavano. Effettivamente non vedevo mai un buon lavoro di organizzazione museale o un’accurata spiegazione dei siti di provenienza degli oggetti. Molti musei erano male illuminati e le loro esposizioni non comunicavano messaggi educativi sul significato culturale dei pezzi. Ora, in Egitto, è iniziata una nuova era
per i nostri musei. L’aspetto più importante è che essi non
siano semplicemente dei magazzini, ma assolvano a importanti compiti culturali ed educativi. Attualmente stiamo costruendo nel paese più di una ventina di nuovi musei che si
avvarranno delle nuove tecnologie e interagiranno con il pubblico e per la prima volta abbiamo iniziato a costruire un database degli oggetti conservati nei musei.
Stiamo anche elaborando programmi educativi per bambini che saranno gestiti dai musei. Ho già avuto modo di valutare il risultato di questa apertura ai giovani: non molto tempo fa, mentre camminavo per le strade del Cairo, incontrai
un gruppo di ragazzi che giocava a calcio. Nel vedermi, si
fermarono e mi chiesero: “Zio, quando manderai un altro robot a scoprire cosa si nasconde dietro le porte segrete della Grande Piramide?”. Fui estremamente felice di quella domanda e spiegai loro tutto quello che abbiamo in progetto
di fare con il prossimo robot.
Abbiamo creato anche numerose organizzazioni di Amici dei Musei e sono contento di affermare che gli Amici del
Museo Copto, gli Amici del Museo di Arte Islamica e gli Amici del Museo Mohammed Ali sono estremamente attivi. Non
dimenticherò mai la serata di gala per la raccolta di fondi organizzata dal mio amico Faried Mansour, Presidente degli Amici del Museo Copto: ambasciatori e ricchi mecenati provenienti dall’intero Egitto acquistarono un tavolo per la cena
di beneficenza a favore del museo.
Oltre a ciò stiamo sviluppando una strategia globale per
i nostri musei. Il contributo più importante a questo nuovo
corso dei musei egizi si deve a Farouk Hosni, Ministro della Cultura. Egli ebbe l’idea di creare il Grande Museo Egizio
(GEM), che sorgerà a Giza all’ombra della Grande Piramide.
Questa istituzione è concepita come simbolo di una nuova
era di gestione delle risorse culturali in Egitto e come modello per i musei del nuovo millennio. Un’importante gara
internazionale ha portato alla selezione del progetto architettonico per l’edificio; tra gli oltre 20.000 progetti esamina-
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ti, ciascuno con una propria visione di grande impatto, abbiamo scelto lo studio Heneghan Peng di architetti cinesi con
sede a Dublino. Questa scelta rappresenta la cultura internazionale del nostro mondo moderno e si addice alla filosofia che si cela dietro questo museo, il creare cioè uno spazio che rappresenti un’esperienza estremamente piacevole ed
educativa e che sia in grado di comunicare e di collegarsi con
altre istituzioni e musei in tutto il mondo. L’approccio moderno è evidente nello strabiliante design che rende magnificamente omaggio all’architettura dell’Antico Egitto senza però
tentare di copiarla. Oltre a sale espositive, ristoranti e negozi, la struttura includerà luoghi sontuosi quali un centro visitatori di standard mondiale, tre giardini separati e un teatro IMAX. Quando sarà completato, tra cinque anni, il GEM
sarà il più grande museo al mondo. Sono già stati selezionati 53.098 oggetti antichi destinati a questo museo che alla
fine esporrà oltre 100.000 reperti. Esso conterrà le maggiori
collezioni egiziane, fra cui gli oggetti provenienti dalla tomba di Tutankhamon e altri capolavori. Le esposizioni interesseranno tutte le fasi della storia dell’Antico Egitto, dal periodo predinastico, all’Antico Regno, al Medio Regno, al
Nuovo Regno, fino ai periodi più tardi. Sarà la prima volta
che questi tesori saranno esposti in una cornice così educativa e piacevole, con un’illuminazione adeguata e le tecniche più moderne e sofisticate. In questo scenario, il pubblico potrà apprezzare pienamente il talento degli antichi Egizi attraverso i loro oggetti di vita quotidiana, l’arte e l’architettura. Un’attrazione di spicco del GEM sarà l’ampia Galleria dei Re, che sarà preceduta da una monumentale statua
di Ramesse II. Questa grandiosa statua si trovava presso la
stazione centrale del Cairo, denominata Stazione di Ramesse in onore di questo re. Anni addietro, feci rimuovere la statua utilizzando uno speciale autocarro e l’evento fu trasmesso in diretta dalla televisione egiziana. Un’altra acquisizione molto gradita sarà costituita delle due barche di Cheope in legno di cedro rinvenute nelle fosse alla base della Grande Piramide. Una è attualmente restaurata ed è conservata
in un museo a sud della Grande Piramide. Dopo che la barca sarà stata trasferita nel nuovo museo, il piccolo museo che
la contiene sarà demolito poiché, per quanto possibile, intendiamo riservare l’area delle piramidi esclusivamente alle
antiche costruzioni. Questa prima barca sarà esposta insieme a una seconda barca che finora è rimasta nella sua fos-
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turale dell’umanità. Il concorso bandito per la progettaziosa perché non eravamo certi che potesse essere rimossa e
ne di questo nuovo museo della civilizzazione è stato vinto
restaurata. Essa è attualmente sottoposta a lavori di conserda un architetto egiziano, il cui progetto prevede spazi per
vazione e ricostruzione da parte di un team della Waseda Unil’educazione, l’accoglienza, una caffetteria, ristoranti, un teaversity diretto dal mio amico Sakuji Yoshimura. Alle collezioni
tro, uffici amministrativi, un garage e 23.235 mq di spazio espodel GEM sarà trasferito il quaranta per cento degli oggetti atsitivo. Il NMEC ha sede ad Ain el-Chira, nel quartiere di Futualmente collocati nel vecchio Museo Egizio nel centro del
stat, e si affaccia sul magnifico lago, con vista sull’antica città
Cairo, e anche oggetti mai esposti prima, provenienti da macopta e islamica del Cairo. Il museo racconterà la storia
gazzini e depositi in tutto il paese. Provate a immaginare codell’Egitto attraverso tutte le età, dal periodo predinastico, ai
sa significherà trascorrere la giornata in questo luogo straorperiodi faraonico, greco-romano, copto, islamico e moderdinario o ammirare la maschera d’oro del Re Tut finalmenno. Le esposizioni saranno divise per aree tematiche e diversi
te esposta con la giusta illuminazione! Per proteggere i maargomenti saranno particolarmente approfonditi. In una sanufatti, sia le sale espositive sia i magazzini saranno dotati
la, gli oggetti esposti faranno luce sull’ascesa della civiltà egidei più avanzati sistemi di sicurezza. Inoltre, stiamo varanzia e sul collegamento tra l’ambiente e lo sviluppo culturado un progetto per costruire in internet un database per la
le, fornendo informazioni sul Nilo, sull’avvento dell’agricolricerca degli oggetti della collezione permanente, una risortura e sulla formazione dello Stato. Una seconda sala tratterà
sa che sarà utilizzata da studiosi e dal pubblico di tutto il monil tema del contributo dell’Egitto alla cultura, alla scienza e
do per fini di ricerca e di studio. Alcune parti del museo soalle arti. Sarà illustrato lo svino già operative. Sono stato
luppo del sistema di scrittucon Farouk Hosni all’inaura e della letteratura egiziane,
gurazione dei nuovi laborasaranno esposti oggetti di vatori di conservazione ubicalore culturale relativi all’arti presso la struttura e nessuno
chitettura, alla gioielleria e ad
credeva ai propri occhi. Le dialtre arti e saranno trattati temensioni dei laboratori sono
mi quali quello dello sviluppo
superiori a quelle di molti
della medicina, dell’astronomusei ed essi sono magnifimia e della matematica nella
camente attrezzati con tutto
storia dell’Egitto. Una terza
il necessario per la conseresposizione descriverà la revazione dei manufatti. Relazione tra la società e lo Stacentemente abbiamo pubto in Egitto, ed esplorerà arblicato un annuncio per il
gomenti quali le leggi e la
posto di direttore dei labogiustizia, la leadership, il siratori.
stema fiscale, la produzione
L’altro nuovo museo del
Maquette del Museo della Civilizzazione a Fustat (Il Cairo).
di prodotti alimentari e il ruoCairo è il Museo Nazionale del(Foto Nuova Museologia)
lo della donna. Una quarta sala Civilizzazione Egiziana
la illustrerà le credenze e la religione in Egitto, mentre una
(NMEC). È un museo veramente unico nel suo genere in Egitquinta sala presenterà il tema della monarchia con la printo, nessun museo ha mai presentato l’Egitto in questo mocipale attrazione del museo, le Mummie Reali. Queste ultido. L’idea è partita nel 1978, quando il Consiglio Supremo
me saranno esposte insieme ai risultati dei recenti studi con
delle Antichità (SCA) decise di costruire il Museo della Nutomografia computerizzata e sul DNA e alle storie delle reabia ad Assuan, realizzato in collaborazione con l’UNESCO,
lizzazioni compiute da questi re e queste regine. Le informazioni
per esporre i reperti salvati dall’innalzamento delle acque del
che accompagnano gli oggetti saranno comunicate ricorlago Nasser dopo la costruzione della Grande Diga. In quelrendo a grafiche strepitose. Oltre il 20% degli oggetti attualla occasione si stabilì che il Museo della Nubia dovesse non
mente nel vecchio Museo Egizio sarà spostato al NMEC che
solo esporre oggetti antichi, ma anche educare il pubblico
dovrebbe aprire tra due anni.
sulla peculiare cultura della regione nel corso di tutta la stoIl primo Museo Egizio di piazza Tahrir è adesso incrediria. Inoltre, si decise che lo stesso approccio potesse essere
bile. È stato ridipinto ed è stata installata una nuova illumiapplicato alla cultura egiziana in generale, il che condusse
nazione. Il portone anteriore, attualmente usato come entrata
alla realizzazione del NMEC. L’assistenza tecnica per la reae uscita, sarà adibito solo all’ingresso. L’uscita sarà spostata
lizzazione del museo è stata fornita in modo costante dall’UNEsul lato occidentale del museo e condurrà all’esterno attraSCO, la cui missione è la conservazione del patrimonio cul-
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verso una libreria di livello mondiale che sarà pronta a gennaio. Questa nuova libreria includerà anche un ristorante e
una caffetteria e sarà gestita attraverso una cooperazione internazionale. Sul lato orientale, abbiamo demolito il muro di
pietra e costruito una recinzione in ferro. L’area tra la recinzione e il museo ospita un museo open air. Tombe e statue
saranno illuminate per consentirne la visione da parte dei passanti anche di notte. È stato messo in ordine il seminterrato
del museo che prima era solo un dedalo di corridoi. Ogni
conservatore dispone ora di un ufficio e di computer: nel seminterrato è stato installato anche il laboratorio del DNA.
In molte regioni lungo tutto l’Egitto, abbiamo costruito
diversi nuovi musei nazionali, ciascuno con un proprio peculiare carattere. Mentre prima le collezioni dei musei consistevano in raggruppamenti casuali di oggetti, quali sarcofagi e mummie, ora ogni museo racconterà una storia precisa sulla sua regione. Per esempio, il Museo di el-Arish nel
Sinai, inaugurato due anni or sono dalla nostra First Lady Suzanne Mubarak, narra dettagliatamente la storia dello stile di
vita, delle arti e della gioielleria del beduino moderno. Il Museo di el-Suez, inaugurato in occasione dell’anniversario
dell’apertura del Canale di Suez, illustrerà la storia della costruzione del canale e l’impatto che esso ha avuto sulla storia e sul commercio mondiali. Il Museo Nazionale di Alessandria racchiude un’entusiasmante raccolta di reperti archeologici
e subacquei provenienti dalla città e da varie parti dell’Egitto. Il Museo al-Rashid, inaugurato di recente dal Presidente
Mubarak, racconta la storia di questa città nel periodo ottomano. Nel marzo 2009 è stato aperto il Museo di Sohag, situato nei pressi dei due importanti siti archeologici di Abydos e Akhmin. Esso narra la storia dell’unificazione dell’Egitto alla fine del quarto millennio a.C., illustra le prime tombe dei potenti sovrani egiziani di Abydos che ostacolarono
l’unificazione e fornisce informazioni sul culto delle importanti divinità egizie Osiride e Min.
Diversi musei sono stati rinnovati di recente o sono in
corso di rinnovamento. Al momento stiamo restaurando i musei nella città del Canale di Suez, Porto Said, che possiede
molti raffinati manufatti e una collezione della famiglia del
Khedivè, e Ismailia, che ha una fantastica esposizione sull’antico canale costruito durante il periodo della dominazione persiana. Inoltre sono state oggetto di importanti restauri anche
le tre maggiori collezioni dei periodi post-faraonici, il Museo
Greco-Romano di Alessandria, il Museo Copto e il Museo di
Arte Islamica del Cairo.
Il Museo Copto è stato riaperto qualche anno fa con nuovi locali collegati con un ponte al vecchio edificio; il nuovo
spazio ha consentito di rendere meno gremita la vecchia struttura. Voglio raccontarvi una storia importante inerente a
questo lavoro. Quando decisi di restaurare il museo, notai
dei bellissimi affreschi sulle pareti del vecchio edificio le cui
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scene, di pregevolissima fattura, non erano tuttavia esposte.
Qualsiasi demolizione ed espansione del vecchio edificio museale avrebbe comportato lo spostamento dei dipinti. Victor
Gergis, un grande studioso copto, avvertì che la rimozione
avrebbe potuto danneggiare i dipinti e, per scherzo, minacciò addirittura il suicidio se avessimo fatto del male alle pitture. Così, feci venire dall’Italia i migliori restauratori d’arte
che potei trovare affinché lavorassero insieme al restauratore egiziano Lufti Khalid. Essi sono riusciti a spostare magnificamente i dipinti che adesso sono in bella mostra tra i capolavori del periodo copto. Il Museo Copto è stato riaperto
dal Presidente Hosni Mubarak con grande risalto.
Il Museo di Arte Islamica è stato aperto in ottobre 2010,
ma niente è andato liscio. Il museo era come una persona
anziana, gli curavamo i reni e riscontravamo un problema al
cuore. Tra le difficoltà incontrate vi era il fatto che la biblioteca
di Dar el-Kotob è costruita accanto al museo, con cui condivide un seminterrato. Adesso, però, posso finalmente dire con orgoglio che il museo è pronto. Duemila oggetti del
periodo islamico racconteranno tutte le diverse ere della
storia islamica in Egitto. La riapertura del museo celebra anche il centenario dell’istituzione.
Il Museo Greco-Romano di Alessandria, in cui sono esposti reperti risalenti al periodo della dominazione ellenistica
e romana in Egitto, è attualmente ancora chiuso. Abbiamo
impiegato un anno e mezzo per spostare tutti gli oggetti dalle esposizioni e dai depositi. Conserveremo la facciata del
vecchio edificio mentre gli oggetti saranno esposti in un interno interamente rinnovato.
Sono stati aperti anche alcuni meravigliosi musei archeologici di sito che conservano importanti reperti accanto ai luoghi in cui sono stati rinvenuti.
Il migliore è il Museo Imhotep a Saqqara, che prende il
nome dall’architetto della prima piramide egiziana. È un
museo decisamente straordinario. Saqqara è un sito strabiliante, culla della prima architettura monumentale in pietra,
che ogni anno regala nuove grandiose scoperte. Le esposizioni nel Museo Imhotep propongono un’ampia gamma di
reperti, dalle statue in legno ai recipienti in pietra.
Un altro affascinante museo archeologico è il Museo del
Coccodrillo, situato proprio accanto al tempio di Kom Ombo, dove veniva venerato il dio coccodrillo Sobek. In esso
è degna di nota una collezione di 22 coccodrilli mummificati che si trovano in uno stato di conservazione così buono da sembrare pronti a balzare in acqua.
Abbiamo anche costruito alcuni pregevoli piccoli musei
ed esposizioni particolari. Un esempio molto bello è dato dal
museo ospitato all’interno della Bibliotheca Alexandrina che
fornisce una straordinaria panoramica dell’Egitto dal tempo
dei faraoni al periodo islamico, ed è parte integrante delle
strutture di questo grande centro di studi.
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Stiamo anche costruendo ulteriori nuovi musei, tra cui il
Un altro esempio è l’edificio annesso al Museo di Luxor
Museo del Mosaico. Nel luglio 2009 sono stato ad Alessanche presenta il tema dell’esercito nell’età d’oro dell’Egitto, il
dria per posare la prima pietra insieme al governatore Adel
Nuovo Regno. Le sue principali attrazioni sono due mummie;
Labib, nel quartiere di Shallalat. Saranno esposti tutti gli
una attribuita a Ramesse I, fondatore della diciannovesima distraordinari mosaici rinvenuti che, in vivaci colori, narrano
nastia, che intraprese la carriera di militare prima di essere deentusiasmanti storie della mitologia greco-romana.
signato erede al trono da un altro generale divenuto faraoNei nostri piani vi è anche la realizzazione di un museo sul
ne, Horemheb. Questa mummia è stata restituita all’Egitto dal
sito di Kom Osheim, nel Fayyum, in cui sistemare una colleMichael C. Carlos Museum di Atlanta. L’altra appartiene ad Ahzione dei famosi ritratti delle mummie del Fayyum. Queste immosi I, il re le cui campagne militari cacciarono dall’Egitto i
magini estremamente realistiche attireranno certamente nudominatori stranieri, gli Hyksos, e che fondò la diciottesima
merosi visitatori. Spero che il museo potrà essere pronto nel
dinastia. Questa fantastica esposizione è davvero imperdibigiro di due anni.
le e il museo è aperto anche di seSiamo anche nella fase iniziale
ra, decisamente una destinazione
di un progetto per la costruzioperfetta dopo una passeggiata lunne del Museo Marino, dove sago la Corniche di Luxor. Se salite
ranno esposti i reperti rinvenuti
la rampa di scale dal primo piano
negli scavi sottomarini nel porto
e vi guardate indietro, vedrete
di Alessandria. Al momento, stiaun’incredibile statua di Seti I che vi
mo conducendo uno studio di fatosserva da un piccolo foro.
tibilità per valutare la possibilità
Un altro museo importante è
di costruire il museo nell’area di
il Museo dei Tessuti, una vetrina
el-Shetby.
sulla storia della manifattura degli
Alessandria sarà anche la paabiti attraverso le epoche. Si trotria del Museo del Tè, nel quarva nella via el-Moez, un luogo neltiere di el-Montazeh. Il museo
la parte antica del Cairo stupendo
mostrerà un altro aspetto della
da visitare di notte, un’area in cui
vita della famiglia reale attraverabbiamo ristrutturato 33 fra moschee
so i tea parties che venivano orislamiche, scuole e abitazioni.
ganizzati nel giardino.
Il Museo dei Gioielli di AlesI musei possono inviare un
sandria è ubicato in una villa, nel
messaggio al pubblico. I nostri muquartiere di Zizenia, che è stata risei in Egitto sono spettacolari e
strutturata in quanto essa stessa è
unici. Abbiamo cercato di renderun capolavoro architettonico e
li vari e di fare in modo che avescontiene molti magnifici dipinti.
sero qualcosa da offrire a tutti. DeVi sono esposti i gioielli della fasidero esprimere la mia gratitudimiglia di Mohamed Ali.
ne all’opera di Hussein el-Shaboury
Il Museo delle Carrozze, nel
che ha lavorato al Museo di Luxor
quartiere cairota di Bulaq, si trova
Interno deI Museo di Arte Islamica pochi giorni
e al Museo Copto. Molti ringraziaaccanto al Ministero degli Affari
prima dell’apertura. (Foto Nuova Museologia)
menti vanno anche all’architetto
Esteri ed è stato destinato ad esportedesco Thomas Halen che ha lavorato al Museo dei Gioielli e
re le carrozze della famiglia reale di Mohamed Ali. L’esposiagli architetti francesi Armand du Boistesseuin e Adrien Gardèzione è stata opportunamente spostata dalla Cittadella in un
re che hanno lavorato al Museo di Arte Islamica. Mi preme anedificio un tempo adibito a stalle reali.
che dire che la gran parte dei nostri meravigliosi musei è stata
Il Museo di Aton illustrerà la storia del faraone Akhenaprogettata dall’artista Mahmoud Mabrouk, che ha messo a diton, ritenuto il primo monoteista del mondo, con esposiziosposizione il suo incredibile talento. Attraverso questi musei, amni di oggetti collegati alla sua capitale Amarna, al re e a sua
mirerete il suo grande lavoro e i suoi strepitosi successi.
moglie Nefertiti. È costruito sulle sponde del Nilo, nella città
di el-Minia nei pressi di Amarna. La costruzione dell’edificio
Zahi Hawass è Segretario Generale del Consiglio Superiore
a forma di piramide è ormai completata, ma l’allestimento
delle Antichità e Vice Ministro alla Cultura della Repubblica
dei giardini e l’installazione delle esposizioni richiederanno
Araba d’Egitto.
ancora del tempo.
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NUOVA
La museologia egiziana
Wendy Doyon
La storia divide la museologia egiziana in base al cambiamento nel tempo delle dinamiche istituzionali della società e
della cultura egiziane. Mi concentrerò qui sulla museologia contemporanea in Egitto in quanto espressione della museologia
nazionalizzante del Ventesimo secolo e del suo precedente coloniale nel Diciannovesimo secolo. Il saggio si colloca quindi
in un periodo che nella storiografia europea è successivo al 1850,
benché esso presenti evidenti limiti per l’esatta comprensione
di cosa vi sia di “egiziano” nella museologia egiziana. La storia europea indica in Auguste Mariette e nell’istituzione del Servizio delle Antichità dell’Egitto franco-coloniale del 1858 la nascita della tradizione museale egiziana. Certamente, il museo
come concezione moderna è una forma di espressione europea e una delle innumerevoli procedure di colonizzazione del
Diciannovesimo secolo, ma è tuttavia fuorviante sostenere che
la museologia egiziana ebbe inizio con Mariette. Piuttosto, nel
contesto mediorientale sono possibili molteplici punti di vista
storiografici sul carattere particolare del museo, vale a dire molteplici museologie. Da questo punto di vista, oggi il mondo museale egiziano è permeato di influenze non soltanto europee
ma anche ottomane, arabe, islamiche, e altre più specificamente
egiziane. Il decreto varato nel 1835 da Muhammad Ali per la
creazione di un museo che potesse arginare il flusso di antichità in uscita dall’Egitto può essere sicuramente citato come
un altro punto di partenza della museologia egiziana1. Ma per
comprendere le dinamiche sociali e istituzionali del decreto del
1835 sarà necessario studiare i documenti della storiografia, della legge e della diplomazia ottomana ed egiziana tra il 1800 e
il 18502. Pur comprendendo pienamente la cultura e l’istituzionalizzazione delle antichità agli inizi del Diciannovesimo secolo, la nostra comprensione di quelle dinamiche sarebbe comunque incompleta senza una più ampia discussione sulle dinamiche intellettuali del collezionismo e della conservazione
nel mondo islamico con riferimento almeno al periodo compreso fra il Tredicesimo e il Diciottesimo secolo3. In definitiva,
un’enfasi minore sulle fonti europee genererebbe una comprensione
molto più ampia della storia istituzionale egiziana, consentendoci di trasferire la discussione al di là di una divisione polarizzante ed eurocentrica tra coloniale e post-coloniale.
Parlando in generale, la “museologia colonizzatrice” in
Egitto ha abbracciato i decenni che si sovrappongono dell’occupazione francese del Servizio delle Antichità dell’Egitto (18581952) e dell’occupazione britannica dell’Egitto (1882-1922).
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Formalmente, entrambi i periodi di dominio francese e britannico
sulle antichità egiziane durarono fino alla Rivoluzione del 1952,
anche se nel periodo di semi-indipendenza compreso tra il 1922
e il 1952 dal punto di vista istituzionale vi fu uno spostamento delle procedure museali da coloniali a nazionali4. La tradizione museale egiziana dal 1850 alla prima guerra mondiale è
stata quindi caratterizzata da una museologia colonizzatrice, il
possesso dell’“altro” in una tradizione narrativa di razionalismo
scientifico5. Timothy Mitchell ha trattato l’idea della costruzione come una pratica coloniale che fornisce una certa cornice
storica per l’architettura di possesso nei musei egizi, e Donald
Reid ha trattato nei dettagli la storia dei musei egizi nel corso
del Diciannovesimo secolo6. Per questo periodo il lavoro di Reid
è autorevole dal punto di vista storiografico. In quanto lavoro
di museografia, la mia ricerca su cronologia, struttura e numero
di visitatori ha cercato di mettere insieme alcune dimensioni
istituzionali e storiche della pratica museale egiziana nel Ventesimo secolo e all’inizio del Ventunesimo7.
All’inizio della prima guerra mondiale, in Egitto esistevano nove musei distribuiti tra le città del Cairo, di Alessandria
e di Assuan. Il museo-tipo originale di quel periodo per la storia del periodo faraonico era il Museo Egizio, istituito inizialmente nel 1858-63 e poi trasferito in via permanente in una zona centrale del Cairo nel 1902. Rispettivamente nel 1884 e nel
1908 l’Egitto arabo-islamico e l’Egitto copto avevano preteso
musei propri che furono collocati ai margini della moderna città
del Cairo, mentre il patrimonio greco-romano dell’Egitto fu situato ad Alessandria nel 1892. Con il nuovo secolo, al Cairo
nacquero altri tre musei: il Museo Etnografico nel 1895, il Museo Geologico nel 1904 e il Museo Entomologico nel 1907. Nel
1898, Assuan ebbe il proprio Museo Botanico, seguito da un
piccolo Museo delle Antichità nel 1912. Ai loro tempi, questi
nove musei costituivano un’enciclopedia del mondo egizio la
cui classificazione era opera di una predominante élite intellettuale europea. Nell’immaginario museologico coloniale, l’egizianità era definita solo come egizianità antica, come se nella
visione europea del mondo l’Egitto rappresentasse una moltitudine di “altri”. Tutte le altre espressioni di egizianità, sia
quelle egemoniche quali la greca, la copta, l’araba e l’islamica, sia quella generica etnografica, erano definite da una sorta di teleologia inversa risalente ai faraoni. Se, come ha suggerito Timothy Mitchell, nell’Egitto del Diciannovesimo secolo le pratiche di colonizzazione furono rese più complicate dal-
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le tensioni epistemologiche tra la visione del mondo europea
e quella islamica, è probabile che i faraoni e l’Antico Egitto costituissero una comoda procura per la colonizzazione dell’Egitto moderno8.
In Egitto la “museologia nazionalista”, che aveva preso piede nel periodo semi-coloniale (1922-1952), raggiunse la sua piena espressione dopo la rivoluzione egiziana del 1952. La semi-indipendenza dell’Egitto che aveva fatto seguito alla rivoluzione del 1919, la fine della prima guerra mondiale e la scoperta di Tutankhamon nel 1922 stimolarono lo sviluppo di nuove tendenze nell’ambito della museologia nazionalista, coniando una nuova definizione di egizianità basata sulla sovranità nazionale. Gli anni Venti e Trenta videro la nascita di un
piccolo gruppo di musei dedicati alla storia e all’industria egiziane moderne, tra cui il Museo del Cotone e il Museo dell’Agricoltura (presumibilmente 1920, 1938), il Museo dell’Igiene
(1927), il Museo delle Ferrovie (1933), il Museo delle Poste (1934)
e il Museo delle Cere (1934). Il primo museo d’arte moderna
dell’Egitto fu istituito al Cairo nel 1927 mentre, verso il 1937,
un piccolo museo regionale fece la sua comparsa nella provincia di al-Minya, nel Medio Egitto. Risale a questo periodo
la nazionalizzazione del patrimonio copto dell’Egitto che vide
il Museo Copto confluire nell’apparato statale nel 1931, mentre gli europei continuarono a dirigere fino al 1952 i musei Egizio, Greco-Romano e Islamico9. Negli anni Cinquanta, con la
piena indipendenza emerse un altro gruppo di musei nazionali. Si trattava in gran parte di musei cittadini di storia e arte
e, con essi, un importante gruppo di collezioni biografiche resero popolare il mondo museale egiziano. Erano i musei di Mustafa Kamal (1956), Hassan Hashmat (1960), Mahmud Khalil (1962)
e Muhammad Nagy (1968) al Cairo, il Museo d’Arte di Gezira
(1957), il Museo Nazionale Dar Ibn Loqman a Mansura (1960),
il Museo Militare ad Alamayn (1956) nonché il Museo di Arte
Moderna Husayn Sobhi (circa 1948) e il Museo Navale (1950)
ad Alessandria.
Nel 1929, il Servizio di Antichità dell’Egitto fu trasferito dal
Ministero dei Lavori Pubblici al Ministero dell’Educazione e con
questo trasferimento di poteri i musei iniziarono ad assumere
un ruolo significativo nella faraonizzazione del nazionalismo
egiziano già in atto dagli anni Venti10. Le esposizioni al Museo
Postale del Cairo (presumibilmente 1934), per esempio, uguagliarono il design dei francobolli egiziani per quanto riguarda
l’uso del simbolismo faraonico per caratterizzare la sovranità
nazionale11. Per la gran parte i musei di storia nazionale, incluso il Museo Postale, fusero la “nazione” e la “civiltà” egiziane
ricorrendo a temi quali regalità, scrittura, esercito e ambiente
naturale. Immaginare l’Egitto moderno come immagine riflessa dell’Antico Egitto è pratica comune non solo nei musei di
storia, ma anche in quelli di arte e scienza. In qualche modo,
rispetto a quella coloniale che l’aveva preceduta, questa museologia nazionalistica può essere definita come un processo
di ripresa di possesso – un processo retorico di rivendicazione per l’Egitto della storia e della cultura egizie, così come sono definite dagli europei. Dobbiamo però fare attenzione a non
definire la museologia egiziana nel suo complesso con questa
semplice polarità coloniale-post-coloniale, poiché tale polarità
rischia di alterare i più profondi processi storici di formazione
dello Stato e dell’identità anteriori ai secoli Diciannovesimo e
Ventesimo.
Più recentemente, nell’ultimo quarto del Ventesimo secolo, in Egitto il numero e la varietà dei musei sono aumentati
notevolmente, con un incremento netto nella varietà dei musei rurali e un incremento costante dei musei di storia moderna al Cairo, ma anche con un movimento artistico e culturale
che ha generato sia musei di arte di alto profilo, quali il Museo di Ceramica Islamica (1998) e il Museo al-Nasr di Arte Moderna a Porto Said (1995), sia una moltitudine di musei popolari,
etnografici e di tradizione beduina a Marsa Matruh (1983), alFarafra (1985), Siwa (1990), Sinai (1990, 1994) e al-Bahariya (1995)12.
I musei storici locali di questo periodo comprendono i musei
di Zagazig (1973) e Dinshoway (1999), ma anche il Museo di
Ahmad Shawqi (1977), il Museo della Cittadella (anni Ottanta), il Museo dell’Assemblea Popolare (1986), nonché i musei
di Taha Husayn (1997), Qasr al-Aini (1998), i palazzi-museo Abdin (1998) e Abd al-Wahab (circa 2003) al Cairo, il Museo dei
Gioielli (1986) e il Museo Cavafy (1992) ad Alessandria. Altre
nuove aggiunte al mondo museale egiziano sono il Museo dei
Bambini a Heliopolis e quello ad Alessandria, un Centro d’Arte Contemporanea a Helwan nonché il Museo della Scienza e
il Planetario presso la Bibliotheca Alexandrina.
Anche la diffusione dei musei archeologici nelle aree rurali è una caratteristica degna di nota della museologia egiziana della fine del Ventesimo secolo, che ha determinato una generale tendenza alla regionalizzazione già iniziata nella metà
degli anni Settanta e durata senza soste fino al Ventunesimo
secolo. A titolo di esempio, possiamo citare i musei delle antichità di Mallawi (1973), Kharga (1974), Porto Said (1987) e
Bani Suayf (1997). Gli sviluppi più recenti, quali l’inaugurazione
del Museo del Tempio di Merenptah nel 2002, del Museo Nazionale di Alessandria nel 2003 e del Museo Imhotep nel 2006,
oltre agli ambiziosi progetti in corso a Giza (Grande Museo Egizio) e a Fustat (Museo Nazionale della Civilizzazione Egiziana) e più di una decina di progetti di musei regionali dal Sinai
all’Alto Egitto, riflettono l’attuale tendenza alla specializzazione e “tematizzazione” dei musei iniziata alla fine degli anni Novanta. Infine, vi sono i maggiori musei di antichità egizie, quelli che hanno raggiunto il Museo Egizio del Cairo nel tracciare
il percorso turistico da Alessandria ad Assuan: il Museo Egizio
d’Arte Antica di Luxor istituito nel 1975, seguito dal Museo della Barca Solare di Giza nel 1982, dal Museo della Nubia e dal
Museo della Mummificazione nel 1997 e dal Museo delle Antichità presso la Bibliotheca Alexandrina nel 2000.
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Le dimensioni del turismo museale in Egitto sono cresciute di oltre cinquanta volte tra l’inizio e la fine del Ventesimo
secolo: i 29.879 visitatori del Museo Egizio provenienti da ogni
parte del mondo nel 1913 prima della guerra e prima della scoperta di Tutankhamon sono infatti diventati i 2.087.947 visitatori del Museo Egizio del 200313. Tuttavia, la diversificazione
del turismo in Egitto non necessariamente indica la sua decolonizzazione. Insieme ai principali cambiamenti politici e industriali su scala mondiale che hanno messo in moto il turismo internazionale, e a due sensazionali apparizioni mediatiche di Tutankhamon e dei suoi tesori negli anni Venti e negli
anni Settanta, in Egitto il turismo si è certamente diversificato
passando da una élite intellettuale europea a un pubblico internazionale di massa. La stragrande maggioranza (forse l’8090%) degli 1,7 milioni di visitatori che ogni anno affollano il
Museo Egizio è composta da turisti stranieri14. Al contempo, le
tendenze alla popolarizzazione nei musei egizi hanno generato anche un significativo aumento del numero e della varietà
dei musei con impatto locale. Di conseguenza, la museologia
egiziana contemporanea rispecchia una relazione complessa
tra vita culturale e turismo nella società egiziana, che forse è
ancora simile all’esproprio culturale diretto attuato dal colonialismo
un secolo prima.
Attualmente ben più di tre quarti dei musei egiziani sono nazionalizzati. Questo significa che, con l’eccezione di pochissimi musei a gestione privata e della Bibliotheca Alexandrina (governata da un Board of Trustees), la maggioranza
è gestita da un ministero centrale. Di questa maggioranza,
circa due terzi appartengono al Ministero della Cultura, mentre il restante terzo comprende un gruppo di musei specializzati distribuito tra Ministero dell’Agricoltura (Musei dell’Agricoltura), Ministero del Petrolio (Museo Geologico), Ministero dei Lavori Pubblici (Museo di Igiene), Ministero della Difesa (Museo Militare), Ministero delle Comunicazioni (Museo
Postale), Ministero dei Trasporti (Museo delle Ferrovie) e Ministero degli Affari Sociali (Museo di Entomologia). In Egitto, la centralizzazione delle istituzioni museali raramente libera i singoli musei dagli standard e dalle procedure nazionali, e i ministeri nazionali, o in alcuni casi le loro divisioni
museali, gestiscono dall’esterno i fondi di bilancio destinati
ai musei. Il Ministero della Cultura è suddiviso in un Consiglio Superiore delle Antichità (SCA), che gestisce i musei di
“Antichità” e “Storia”, e nel Settore delle Belle Arti, che sovrintende ai musei di “Storia Naturale” e di “Arte”. I musei
delle Antichità abbracciano la storia egiziana dai primi faraoni
all’ascesa di Muhammad Ali, nel 1805 d.C., mentre i musei
di Storia accompagnano l’Egitto dal 1805 a un presente ancora non ben definito. La distinzione tra Storia e Storia Naturale, d’altro canto, sembra isolare l’Egitto come nazione dalla storia islamica, poiché i musei storico-nazionali tendono
a contemplare la storia laica dell’Egitto del Ventesimo seco-
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lo. I musei d’arte includono collezioni di arte contemporanea (anche se generalmente non arte popolare), di storia dell’arte (ma non preislamica) e collezioni biografiche. Stranamente, il Ministero della Cultura non gestisce le collezioni etnografiche di per sé. È facile vedere come queste distinzioni nette e strutturali tra arte, storia e antichità egizie possano creare importanti ambiguità culturali in quanto, per esempio, la storia islamica è anche storia moderna e nazionale,
la storia antica è anche storia dell’arte e la storia etnografica
è certamente culturale. D’altro canto, benché la loro relazione
sia tutt’altro che chiara, l’Antichità Egizia e la Storia Egizia sembrano appartenere, nello stesso modo astratto e irrealistico,
alla Cultura Egizia.
In Egitto le procedure museali intersecano in modi complessi la struttura istituzionale; vi sono infatti due tipi di esperienza museale “culturale” – locale e turistica – che non facilmente corrispondono alla divisione tra “Arti” e “Antichità” innanzi suggerita, ma piuttosto corrispondono a una distinzione
tra interessi pubblici e privati nei confronti dei musei. Il turismo museale è in Egitto una tradizione di vecchia data e costituisce una parte sostanziale dell’industria dei tour organizzati del paese. All’inizio l’afflusso del pubblico nei musei egizi era di stampo élitario e specializzato, ma gradualmente è diventato parte del movimento turistico europeo contemporaneo.
A mano a mano che al Cairo l’affluenza ai musei è andata differenziandosi dalla base originaria prettamente erudita, una separazione concettuale ha finito con il separare un’interpretazione privata della museologia (per esempio società di servizi turistici ed editoria turistica) da una interpretazione pubblica (ossia l’attività museologica), sebbene non sia ben compresa
la storia sociale dei musei egiziani in questo periodo15. Ancora oggi, la tradizione nella pratica museale in Egitto continua
a distinguere tra “VIP” e pubblico generico. Studenti e specialisti (inclusi i ricercatori stranieri) sono associati al primo gruppo, spesso autorizzato a entrare gratuitamente, mentre il secondo
gruppo si separa ulteriormente tra pubblico egiziano e straniero.
Nello SCA, i conservatori egiziani hanno due principali aree di
responsabilità, note come “commitee work” e “relazioni pubbliche”. Il primo è un approccio basato sulla collaborazione,
ma pur sempre gerarchico, alle consuete attività di gestione delle collezioni e delle gallerie espositive. Si tratta normalmente
di un processo lungo e burocratico che organizza meticolosamente l’attività quotidiana e controlla il movimento di tutti gli
oggetti e le informazioni all’interno del museo. Le pubbliche
relazioni, d’altro canto, prevedono visite guidate alle collezioni per VIP, professionisti ospiti e gruppi di studenti ma anche
l’assistenza ai ricercatori nelle collezioni. Le pubbliche relazioni
hanno un ruolo di interpretazione, rivolto a un pubblico erudito, che non comprende le visite guidate per gruppi. In un
contesto di attività museale, i turisti sono considerati un gruppo di interesse privato – nettamente distinto dal pubblico ge-
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zioni o esportazioni. Nel complesso, lo studio stima che il 12,6%
nerico – il cui comportamento e la cui esperienza sono mardella manodopera egiziana – circa 4,1 milioni di persone – ha
ginali rispetto alla gestione del museo. Contrariamente ai conun impiego redditizio grazie al turismo, in un modo o nell’alservatori di museo che lavorano per il Ministero della Cultura,
tro”19. La parte del leone la fa il turismo legato alle antichità
le guide turistiche private e le loro competenze nelle lingue straniere sono regolamentate dal Ministero del Turismo. Le guide
che costituisce l’interesse principale dell’economia politica in
turistiche rappresentano un gruppo economico di un certo poEgitto. Gran parte della stabilità, della capacità di ripresa e deltere nella società egiziana – e comunque ben più potente dei
la crescita a lungo termine dell’industria – da un milione di viconservatori dei musei che, in quanto funzionari governativi,
sitatori pari a 300 milioni di dollari nel 1980 a 5,4 milioni di viguadagnano una minuscola parte del reddito medio di una guisitatori pari a 4,3 miliardi nel 2000 – vanno attribuite al turismo
da turistica. Si racconta che una guida turistica indipendente
legato alle antichità20.
in una settimana possa guadagnare venti volte lo stipendio menIn termini assoluti, il turismo museale è insignificante dal
sile di un conservatore anziano. La mancanza di una politica
punto di vista economico ma, parlando in termini relativi, il suo
e di una supervisione coordinate tra il Ministero del Turismo
impatto è considerevole. Nel 2001, i ventuno principali musei
e quello della Cultura limita pesantemente il controllo dei congestiti dallo SCA hanno accolto un totale di 2.240.429 visitatoservatori nei musei delle antichità, lasciando le guide turistiche
ri e percepito entrate per 7,1 milioni di dollari21. Consideranampiamente senza controllo e i turisti privi di ogni regola. Gedo che il 2% delle entrate museali rappresenta la spesa locale
neralmente, la mancanza di
(cfr. Museo di Luxor 2003-04),
standard didattici per le guide
significa che il turismo muturistiche popolari, combinata
seale fornisce solo un microcon il limitato impatto sul pubscopico 0,16% dei profitti totali
blico dei conservatori compedell’industria. Tuttavia, i dati
tenti, può contribuire alla creadisponibili suggeriscono che
zione di un ambiente museale
almeno un terzo (probabilnon gradevole o addirittura ostimente più) di tutti in turisti in
le, in cui vengono esacerbate le
Egitto visita le principali attratensioni sociali e di classe. In ulzioni dei musei22. Inoltre, i mutima analisi, questa spaccatura
sei ospitano gran parte della ricistituzionale tra turismo e culchezza materiale dell’Egitto, e
tura conferisce maggiore poteperciò la loro amministrazione
re alle guide turistiche e ai tudetermina il valore sociale e culristi, esautora conservatori e
turale enormemente complesstudiosi e favorisce un attegso di tale ricchezza.
L’ingresso del Museo Militare alla Cittadella (Il Cairo).
giamento consumistico verso
All’inizio del nuovo seco(Foto Nuova Museologia)
le antichità egizie che, a sua
lo, i musei più visitati in Egitvolta, può alimentare atteggiamenti occidentali di stampo neoto erano il Museo Egizio, il Museo della Barca Solare, il Mucoloniale nei confronti dell’Egittologia16.
seo della Nubia, il Museo di Luxor e il Museo Greco-Romano.
Nell’arco di tre anni, tra il 2001 e il 2004, questi cinque musei
In Egitto l’industria turistica è un settore vitale ma estremamente
hanno accolto una media di 2,5 milioni di visitatori all’anno.
instabile dell’economia nazionale. Nel 2000, valeva 4,3 miliarSecondo lo SCA, in concomitanza con il costante aumento del
di di dollari USA, pari al 37% del reddito nazionale17. Nonoturismo da spiaggia, che nel 2003 già rappresentava il 40% dei
stante i drammatici alti e bassi del decennio successivo, in parviaggiatori in Egitto23, nello stesso periodo vi è stato anche un
ticolare il brusco calo del 54% registrato dopo l’11 settembre
2001, si stima che, complessivamente, il turismo rappresenti il
aumento annuo medio del 20% del numero totale dei visita10% del prodotto interno lordo18. Secondo uno studio sull’imtori dei musei. Il Museo Egizio – con 1,7 milioni di visitatori
all’anno – ha attirato il doppio della media dei visitatori di tutpatto economico del turismo, citato in “Egypt Almanac 2003”,
ti gli altri importanti musei di antichità in Egitto messi insieme,
il “turismo è collegato a così tante attività che il suo impatto è
seguito a distanza dal Museo della Barca Solare di Giza, con
di gran lunga superiore a quello di altre industrie chiave egiuna media di circa 206.000 visitatori all’anno. Il Museo della
ziane [...] ogni milione di dollari speso dai turisti stranieri geMummificazione di Luxor, che in termini di popolarità genenera non meno di 329 posti di lavoro. Questo va rapportato ai
rale segue immediatamente i migliori cinque musei con una
soli 13 posti di lavoro dell’industria petrolifera, ai 183 nell’inmedia di 73.000 visitatori all’anno, ha accolto poco meno deldustria delle costruzioni e ai 192 nell’industria dell’abbigliamento
la metà degli oltre 152.000 visitatori annuali del vicino Museo
che si creano per ogni milione di dollari derivante da produ-
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di Luxor. Nello stesso periodo, il vecchio Museo di Assuan ha
accolto meno di un quinto dei visitatori del famoso Museo della Nubia ma, con 29.500 visitatori l’anno, ha comunque fatto
registrare cifre di gran lunga superiori rispetto ad altri musei
regionali. Tra i musei locali di antichità di Bani Suayf, Ismailia,
Kom Aushim, Mallawi, Kharga, e San al-Hagar, il numero di visitatori annui è compreso tra una media minima di 2.500 del
Museo di Kharga e una media massima di circa 20.000 del Museo di Mallawi. In genere, per lo SCA, in questo periodo la presenza di visitatori nelle zone rurali rappresentava meno del 2%
degli ingressi ai musei ed era più alta nell’Alto Egitto rispetto
al Delta o ad altre regioni. Rispetto ai musei di antichità faraoniche
e di antichità classiche, i musei Copto e Islamico del Cairo presentano medie modeste di soli 44.000 e 22.000 visitatori all’anno, rispettivamente24. Purtroppo, questo stridente contrasto
non è una novità. Nel 1913, il Museo di Arte Islamica ospitò
poco più di 5.000 visitatori: solo il 17% di coloro che quello
stesso anno affollarono il Museo Egizio, ma sempre molto di
più dell’esigua percentuale dell’1,5% rispetto alle copiose presenze odierne del Museo Egizio25.
Il Museo di Luxor è secondo al Museo Egizio in termini di
reddito percepito e, come in questo, i suoi visitatori sono prevalentemente non locali. Dei 200.000 visitatori del Museo di Luxor
nel 2004, per esempio, solo 31.000 (16%) erano residenti locali26. Rispetto all’anno precedente (2003), la presenza locale
era salita da 21.000 presenze su un totale di 126.000, attestandosi quindi sul 16% degli ingressi totali del museo su un periodo di due anni. Per entrambi gli anni, le visite di locali e turisti nei periodi di alta stagione (da novembre ad aprile e da
ottobre a marzo, rispettivamente) erano un po’ più del doppio della bassa stagione. In questi anni, il 16% di visitatori locali ha fruttato al museo meno del 2% dei proventi annui derivanti dalla vendita dei biglietti. In virtù dei loro profili simili
di destinazioni turistiche ad alto traffico con prestigiose collezioni egittologiche e grazie ai programmi culturali per studenti locali, è ragionevole operare un confronto tra il Museo di Luxor
e il Museo Egizio per quanto riguarda il numero di visitatori.
Per contro, tuttavia, sia il Museo della Nubia ad Assuan, sia la
Bibliotheca Alexandrina ad Alessandria sono destinazioni a vocazione soprattutto locale, che attraggono il turismo solo secondariamente.
In quanto istituzione autogestita, la Bibliotheca Alexandrina è responsabile dello sviluppo e della gestione dei suoi tre
musei, anche se il Museo delle Antichità è curato dallo SCA. Il
Museo della Nubia, invece, è gestito dallo SCA ma ha ricevuto dall’UNESCO un sostegno nel campo dell’organizzazione museologica. Entrambi questi musei sono antesignani di una nuova museologia in Egitto che pratica una maggiore apertura rispetto ai musei tradizionali. Nel 2005, il Museo della Nubia ha
accolto poco meno di 180.000 visitatori, di cui il 57% era rappresentato da studenti locali e VIP (41.300), o visitatori egizia-
10
ni (62.000)27. In media, ogni giorno hanno visitato il museo 112
studenti locali, pari al 40% di tutti i visitatori locali e al 23% degli ingressi totali. Analogamente il 57% di visitatori della Bibliotheca
Alexandrina nell’esercizio fiscale 2004-05 era costituito da visitatori locali, valore stabile rispetto all’anno precedente (200304)28. Nel 2004, il suo Museo delle Antichità ha accolto complessivamente 45.400 visitatori. Comparativamente, queste due
istituzioni avevano identici bacini di visitatori locali esattamente per lo stesso periodo di tempo; in termini di organizzazione museale, entrambe le istituzioni hanno un impatto locale “ad ampio spettro” grazie a un’attenzione al pubblico di
ampio respiro.
Il Museo della Nubia è un ibrido per quanto riguarda la tradizione narrativa – con la sua collezione permanente esposta
cronologicamente, e il centro della comunità locale – che presenta un dinamico curriculum di eventi pubblici e di programmi scolastici29. Essendo un museo rivolto a una comunità
e con impatto educativo, anche l’obiettivo ideologico del Museo della Nubia riveste una certa importanza e per l’Egitto rappresenta una nuova forma di discorso museale. L’esposizione
permanente del museo presenta due cronologie parallele,
l’una tradizionale l’altra locale, in un movimento circolare che
va dal primo insediamento umano alla vita rurale contemporanea, e che ha quindi riconfigurato la storia egiziana da un
movimento lineare a una rete di prospettive culturali dal centro alla periferia e dalla preistoria al presente antropologico30.
Utilizzando metodi analoghi, il Museo delle Antichità della Bibliotheca Alexandrina ha collegato i tradizionali periodi della
storia egiziana (faraonico, classico, copto e islamico) in modo
da rendere indistinti i confini convenzionali tra questi stadi, al
punto che è difficile dire dove termina uno e dove inizia un
altro. In entrambi i casi, la narrazione è strutturata in modo molto classificatorio, e instaura relazioni visive e materiali tra alcuni tipi di oggetti, il che ricorda le strutture coloniali. Come
sistema narrativo, tuttavia, esso differisce dagli schemi o dalle
teleologie evolutive del Diciannovesimo secolo, poiché trasforma
in un ciclo chiuso la progressione lineare della storia. Questa
ideologia è diventata estremamente comune nei musei di antichità (si veda Museo di Luxor, Museo Nazionale di Alessandria, Museo di al-Arish e Museo di Assuan) e segue sempre più
l’esempio nubiano di includere prospettive locali e “popolari”.
Questa nuova architettura espositiva impone di esprimere l’egizianità come qualcosa di “totale”, invece delle rappresentazioni
isolate ed episodiche dell’egizianità tipiche del periodo coloniale. Ayman Abdel Moniem [sic] ha espresso al meglio questa filosofia nella descrizione del Museo Nazionale della Civiltà
Egizia ove egli scrive che “l’unità culturale dell’Egitto precede
la sua unità politica”31.
Come già rilevato, il Settore Museale dello SCA è economicamente significativo in termini relativi e non assoluti e l’economia sociale dei musei egizi è estremamente complessa. Pro-
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ricercatori e studenti locali, nonostante la loro generale fatibabilmente, l’impatto più importante dei musei di antichità è dascenza e le risicate risorse per la gestione museale. Appena
to dal ruolo che essi svolgono all’interno di una infrastruttura
svoltato l’angolo del Museo Egizio, per esempio, la Società
che dà lavoro a guide turistiche e ad altre figure dell’industria
di Entomologia Egiziana mantiene un piccolo gruppo di ridell’accoglienza, facendo in modo che i turisti paghino per cacerca con uno staff di quattro curatori. A differenza dello staff
mere d’albergo, cibo e souvenir. In Egitto i musei delle antichità
di oltre 300 membri del Museo Egizio, comprendente amhanno un impatto pubblico diretto ma limitato dai contenuti,
ministratori, carpentieri, addetti al trasporto di oggetti, fotodalle risorse e dall’esclusivismo (reale o percepito). Il fatto che
grafi, addetti agli ingressi, addetti alle pubbliche relazioni, tecil turismo privato generi forse il 98% o più del reddito nel setnici e più di 40 conservatori – il cui lavoro verso il pubblitore museale (si veda il Museo di Luxor) e che gli studenti non
co è paralizzato dalle tensioni tra Cultura e Turismo –, i conpaganti rappresentino una percentuale elevata dei visitatori loservatori del Museo Entomologico sono liberi di raccogliere
cali dei musei (si veda il Museo della Nubia) non implica nefondi per le collezioni, le ricerca e le pubblicazioni. Analocessariamente che i proventi derivanti dal turismo vadano a sovgamente, il Museo Geologico e il Museo Etnografico sono
venzionare i programmi dei musei pubblici. Solo una piccola
centri intellettuali per i ricercatori locali e offrono una certa
percentuale dei proventi dei musei fa ritorno ai singoli musei
programmazione didattica per i gruppi scolastici locali.
che li hanno prodotti e che, nella maggior parte dei casi, non
Vi sono poi i musei dell’era semi-coloniale, edificati durante
esercitano alcun controllo sui propri bilanci. Così, per esempio,
i successivi regni dei re Fuad e Faruq. Tra questi musei, il più
il reddito generato dai più famosi musei di antichità, quasi tutimportante e dinamico è atti con dipartimenti educativi
tualmente il Museo dell’Agriper gli studenti locali, può di
coltura, una istituzione notevofatto essere trasferito a un alle con un campus relativamentro museo o a un diverso sette grande di sette edifici mutore della cultura. Strutturalseali con sede a Doqqi, gestita
mente, questa logica è chiara
dall’organismo di controllo dei
ma nella pratica è tutt’altro che
musei del Ministero dell’Agritrasparente. Di nuovo, la non
coltura. Le collezioni abbracfacile co-dipendenza di interessi
ciano la storia dell’agricoltura
economici e culturali nel setegiziana dagli albori ai giorni
tore delle antichità egiziane
nostri e, oltre alla storia e alla boinvia alla società egiziana setanica relativa alla coltivazione
gnali contrastanti circa il loro
delle piante, comprendono tre
valore. Inoltre, lo stesso turismo
esposizioni sulla storia culturaagisce quasi da deterrente per
le dell’agricoltura egiziana – una
l’interesse locale verso il muIl Museo della Barca Solare a Giza. (Foto Nuova Museologia)
per l’età preistorica e l’età classeo. È facile identificare l’egitsica dei faraoni, una per l’età post-faraonica e islamica classitologia come un privilegio per consumatori non locali, con vanca e una che illustra la storia etnografica della vita agricola in
taggi o importanza alquanto ambigui per la gran parte degli egiEgitto – e due collezioni d’arte. Il gioiello di questa istituzione
ziani. Pertanto, in quanto argomento di economia politica, l’imè il Nuovo Museo dell’Agricoltura dell’Antico Egitto, istituito verpronta turistica in costante crescita in Egitto continua a esproso il 1996, quasi sessant’anni dopo che fu fondato nel 1938 il
priare il pubblico egiziano della propria eredità e, forse sul lunPrimo Museo dell’Agricoltura, come parte dell’originario progo periodo, anche di una parte della sua egizianità. Tuttavia, vi
getto museale. È un ottimo esempio di nuova museologia egiè un’altra direzione in cui l’azione museale in generale può camziana, senza il beneficio del sostegno economico derivante dal
biare per rispondere più direttamente agli interessi del pubblipubblico straniero o di élite32. Le collezioni e le esposizioni del
co egiziano, e ciò si riflette nella tendenza alla professionalizzazione della gestione museale dentro e fuori lo SCA.
Museo dell’Agricoltura presentano un’ampia varietà di forme
Nel mondo museale egiziano, i musei delle antichità con
e sono rivolte a un pubblico eterogeneo composto da studenti,
elevato profilo socio-economico sono in numero decisaspecialisti, VIP e visitatori egiziani; ciò rende il museo una demente superiore ai musei locali popolari, vecchi e nuovi. Apstinazione molto frequentata dalle scolaresche locali.
partengono al vecchio tipo i musei di storia naturale e di etConsiderando la tipologia più recente di museologia, quelnografia istituiti per fini coloniali e successivamente riordili che hanno maggiore impatto sono i musei storico-nazionali
nati dal Governo egiziano. Questi musei – Etnografico, Geoe militari e quelli legati al movimento artistico e culturale anlogico, Entomologico e Botanico – continuano a rivolgersi a
cora in evoluzione della fine del Ventesimo secolo. In questi
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musei prevalentemente cittadini, quali il Palazzo Abdin e il Museo Nazionale Militare del Cairo, il Museo della Ceramica Islamica, il Centro d’Arte di Gezira, la Bibliotheca Alexandrina e
la gran parte di altri musei di arte moderna del Cairo, Alessandria
e Porto Said, i conservatori operano essenzialmente da educatori, curando le visite pubbliche. Le folle di visitatori locali
al Museo Nazionale Militare alla Cittadella del Cairo, per esempio, possono essere paragonate per quantità alle folle di turisti che si accalcano nel Museo Egizio, con la differenza che qui
i conservatori assistono i visitatori nelle gallerie, senza nemmeno
l’ombra di una guida turistica privata. Il Museo delle Antichità
della Bibliotheca Alexandrina è tra i primi musei nell’ambito
dello SCA ad aver adottato questo modello di gestione museale
(assistenza pubblica dei conservatori), fornendo ai visitatori servizi professionali interni ed escludendo di fatto le guide private. Anche il Museo di Ceramica Islamica a Zamalek e il Museo di Palazzo Abdin sono importanti esempi di questa pratica. Nel contesto museale locale, si preferisce di solito un’assistenza orale al pubblico, in cui la trasmissione di conoscenza
viene effettuata attraverso il racconto di storie e la narrazione
visuale, a differenza dell’esperienza didattica propria dei musei “occidentalizzati” che spesso ricevono finanziamenti stranieri o sponsorizzazioni private. Oltre a formare conservatori
professionali, la maggior parte dei musei di storia nazionale e
d’arte ospita anche strutture educative, quali aule e biblioteche,
centri culturali e scuole, che ospitano programmi di successo
quali letture, spettacoli, festival e conferenze33.
Questi sono solo alcuni esempi di musei locali con impatto
sul pubblico non dipendenti dallo SCA. Nello SCA vi sono altri esempi di una museologia nuova, oltre quella rappresentata dal Museo della Nubia: i principali musei di antichità offrono infatti tutta una serie di programmi educativi che vanno dai
corsi e dai seminari pubblici di archeologia presso il Museo Egizio, ai programmi nelle gallerie, ai workshop per studenti e alle aperture alle classi presso il Museo di Luxor34. Il Museo Greco-Romano di Alessandria e il Museo della Mummificazione di
Luxor offrono anche servizi educativi per gli studenti locali, mentre programmi analoghi sono stati adottati in scala minore nei
musei regionali di Ismailia, Bani Suayf e al-Minya. Lo sviluppo dei musei regionali in corso in Egitto prevede anche una
pianificazione didattica per nuovi musei ad Alessandria, nel Sinai, a Suez, Sohag, Qena e Assuan. L’afflusso costante di finanziamenti esteri per l’archeologia egiziana ha anche diversificato la gamma di programmi museali per turisti che adesso, oltre alla tradizionale visita alle esposizioni, comprendono
lezioni, film, guide interattive, mostre tematiche e programmi
didattici. La maggioranza delle esposizioni e di questi programmi
per turisti è curata con la collaborazione di privati, secondo una
tendenza molto diffusa soprattutto nei musei archeologici regionali, come quello di Elefantina (Germania), il Tempio di Merenptah (Svizzera) e Qusayr (USA). Un esempio di museo tu-
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ristico curato dalla mano pubblica – e forse un segno del corso futuro per lo SCA – è il Museo Nazionale di Alessandria35.
Le pratiche di gestione museale ed educative nelle istituzioni con risorse speciali – quali la Bibliotheca Alexandrina e
il Museo della Nubia – stanno esercitando un impatto graduale e sistematico sul modello museale tradizionale. Nei musei
dello SCA al Cairo e a Luxor, i vecchi ruoli di attività museale,
quali il prestare assistenza agli studiosi e ai VIP in visita, stanno assumendo obiettivi dalle connotazioni più marcatamente
educative che conquistano un pubblico molto più ampio, inoltre, questa professionalizzazione “fatta in casa” sembra riflettere un diverso orientamento pubblico. Solo il tempo potrà dire in che modo questi cambiamenti nell’assistenza dei conservatori
verso il pubblico possono essere riconducibili a un corpo di
egittologi egiziani sempre più professionalizzato, oppure alla
consapevolezza pubblica del progresso archeologico in Egitto. La professionalizzazione sembra già essere caratterizzata in
parte da una maggiore inclusione di temi etnografici nei contesti museali esistenti. Una tendenza, questa, già osservata nella regionalizzazione museale dagli anni Settanta in poi, nella
comparsa di musei etnografici popolari di cultura beduina negli anni Ottanta e Novanta, e nella rielaborazione della narrazione storica presso il Museo della Nubia nell’intento di inserire prospettive locali e quotidiane nella lunga cronologia della civilizzazione egiziana dai faraoni all’Islam. Tutti questi cambiamenti riflettono nuove idee di pluralità culturale ed evidenziano
l’inclusione di tanti “Egitti” quanti ne permettono le fonti materiali. La pluralità può essere espressa cronologicamente ed
etnograficamente, come nei musei di antichità, o per temi, come nei musei di storia nazionale, di arte e di storia naturale.
Considerato che, generalmente, i musei riflettono le ideologie
dominanti dall’alto verso il basso o dal centro verso l’esterno,
ci si può interrogare sulla logica sociale di un movimento etnografico che presenta gruppi nubiani, beduini o gruppi in altro modo subalterni confrontati con manufatti preistorici; comunque, nell’ultimo quarto di secolo, il punto di riferimento
narrativo nella museologia egiziana si è spostato da una egizianità esclusivamente faraonica verso una egizianità totalizzante.
E tuttavia, nonostante questo evidente spostamento nel discorso
museale, nel contesto della lotta quotidiana tra Turismo e Cultura, la società egiziana non è meno lontana dal proprio patrimonio archeologico di quanto non lo fosse nel Diciannovesimo secolo. Inoltre, la narrazione totalizzante della storia egiziana deve considerare l’accettazione e l’impatto della storia dei
faraoni nella società musulmana contemporanea. In conclusione,
sembra probabile che la chiave di questi sforzi per la definizione dell’“egiziano” nella museologia egiziana risieda adesso
nella definizione della stessa gestione museale pubblica.
Wendy Doyon è candidata al PhD in Storia alla University of
Pennsylvania.
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1. Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and Egyptian national
identity from Napoleon to World War I, UC Press, Berkeley, 2002, pp. 54-58.
2. Il lavoro di Donald Reid (Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and
Egyptian national identity from Napoleon to World War I, op. cit.) concerne
una parte della storiografia egiziana del periodo e Wendy Shaw ha scritto
una teleologia storico-artistica del mondo museale ottomano (Possessors
and Possessed: Museums, archaeology, and the visualization of history in the
late Ottoman Empire, UC Press, Berkeley, 2003), ma attualmente non esistono fonti autorevoli sulle attività ottomane ed egiziane nel campo delle antichità durante questo periodo.
3. Sulla storiografia araba delle antichità egiziane, si veda Cooperson M., alMa’mun, the Pyramids, and the Hieroglyphs, in: Occasional Papers of the School
of Abbasid Studies, Peeters, Leuven, 2010 (di prossima pubblicazione); Okasha el-Daly, Egyptology: The missing millennium: Ancient Egypt in medieval
Arabic writings, UCL, London, 2005; Haarmann U., Medieval Muslim Perceptions
of Pharaonic Egypt, in: Loprieno A. (ed.), Ancient Egyptian Literature: History and Forms (605-27), Brill, Leiden, 1996.
4. Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and Egyptian national
identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002, pp. 293-294.
5. Si veda Preziosi D., The Museum of What You Shall Have Been, in: Brain of
the Earth’s Body, University of Minnesota Press, Minneapolis, 2003, pp. 116-136.
6. Mitchell T., Colonising Egypt, UC Press, Berkeley, 1988, e Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and Egyptian national identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002.
7. Questa ricerca è stata resa possibile nel 2005 dall’American Research Center in Egypt ed è stata pubblicata per la prima volta nella mia tesi di dottorato (Presenting Egypt’s Past: Archaeology and identity in Egyptian museum
practice, University of Washington), nel 2007. Per i dettagli, fare riferimento a Doyon W., The Poetics of Egyptian Museum Practice, British Museum
Studies in Ancient Egypt and Sudan, 10, 2008, pp. 1-37.
8. Mitchell T., Colonising Egypt, op. cit., 1988. Si veda anche Mitchell T., Orientalism and the Exhibitionary Order, in: Preziosi D., Farago C. (eds.), Grasping
the World: The idea of the museum (442-461), Ashgate, Hants, England, 2004.
9. Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and Egyptian national
identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002, p. 292.
10. Si veda Reid D., Indigenous Egyptology: The decolonization of a profession?, Journal of the American Oriental Society, 105.2, 1985, pp. 233-246.
11. Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and Egyptian national identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002, pp. 17, 205, 294.
12. Ethnographic Museums, Egypt (brochure), Il Cairo, p. 101, ca. 2005.
13. Per il 1913, si veda Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums,
and Egyptian national identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002,
p. 239. Per il 2003, si veda Annual Statements of the Arrangement of Principal and Rural National Museums by Income 2001-2, 2002-3, 2003-4, Dipartimento di Progettazione e Realizzazione, Settore Museale, Consiglio Supremo delle Antichità, Museo della Cultura, Il Cairo, 2002, 2003, 2005, secondo quanto citato in Doyon W., The Poetics of Egyptian Museum Practice, op. cit., 2008, p. 29.
14. Annual Statements, op. cit., 2002, 2003, 2005, secondo quanto citato in
Doyon W., The Poetics of Egyptian Museum Practice, op. cit., 2008, p. 29, cfr.
Museo di Luxor 2003/4, di seguito.
15. Si veda Reid D., Indigenous Egyptology: The decolonization of a profession?, op. cit., 1985, pp. 239-240, e 2002, pp. 64-92, 106, 195-212, 299-303.
16. Sulla capitalizzazione della cultura egiziana, si veda Mitchell T., Colonising Egypt, op. cit., 1988, e Moser S., Wondrous Curiosities: Ancient Egypt at
the British Museum, University of Chicago Press, Chicago, 2006.
17. Egypt Almanac 2003, Egypto-file, Wilmington, DE, 2002, p. 236.
18. Ibidem, p. 238.
19. Faulks B., The Real Importance of Tourism, in: Egypt Almanac 2003, op.
cit., 2002, p. 238.
20. Egypt Almanac 2003, op. cit., 2002, pp. 236-237.
21. Sono compresi il Museo Egizio (Il Cairo), i musei Greco-Romano, Copto,
di Arte Islamica, Gayer-Anderson, il Museo di Assuan, il Museo della Nubia,
il Museo di Luxor, il Museo della Barca Solare, il Museo della Mummificazione, il Museo di Palazzo Manyal, il Museo dei Gioielli Reali, i musei di Mallawi,
Zagazig, Bani Suayf, San al-Hagar, Ismailia, Kom Aushim, Kharga, la Grotta di
Rommel e il Museo di Rashid (Annual Statements, op. cit., 2002, 2003, 2005).
22. L’unico importante museo di cui è stato possibile tracciare un profilo dettagliato è il Museo di Luxor, in cui, nel 2003 e 2004, l’84% dei visitatori totali
era composto da turisti. Un confronto molto limitato tra il numero dei visitatori del Museo di Luxor e del Museo Egizio nella stagione invernale del 2006
indica che il numero di visitatori è molto simile, anche se i profili dei visitatori di altri famosi musei variano in modo sostanziale (per esempio, tra il Museo della Nubia e il Museo della Barca Solare). Utilizzando come base il numero di visitatori del Museo di Luxor, gli 1,8 milioni di turisti museali (84% dei
visitatori del museo) nell’esercizio 2001-02 equivalgono a un terzo dei 5,4 milioni di turisti in totale che hanno visitato l’Egitto nell’esercizio 2000-01.
23. Egypt Almanac 2003, op. cit., 2002, pp. 237-238.
24. Si noti che queste medie riguardano solo gli anni 2001 e 2002, prima dei
recenti restauri.
25. Per il 1913, si veda Reid D., Whose Pharaohs? Archaeology, museums, and
Egyptian national identity from Napoleon to World War I, op. cit., 2002, p. 239.
26. Museo di Luxor, registri dei visitatori non pubblicati (da gennaio a dicembre 2003, 2004), secondo quanto citato in Doyon W., The Poetics of Egyptian Museum Practice, op. cit., 2008 p. 31.
27. Museo della Nubia, registri dei visitatori non pubblicati (da gennaio a dicembre 2005), secondo quanto citato in Doyon W., Presenting Egypt’s Past:
Archaeology and identity in Egyptian museum practice, op. cit., 2007, p. 23.
28. Sulla base di 151.500 visitatori in totale per luglio-giugno 2003-04 e di
197.000 per luglio-giugno 2004-05, Annual Report: Bibliotheca Alexandrina,
luglio 2004 - giugno 2005, Bibliotheca Alexandrina, Alessandria, Egitto, 200,5
pp. 183-184.
29. Si veda Ossama Abdel Meguid, The Nubia Museum’s Role in the Community, MUSEUM International, n. 225-226: Heritage Landscape of Egypt, 57,
1-2, 2005, pp. 67-72, tradotto qui di seguito, pp. 29-31.
30. Si veda Nubia Museum (catalogo delle esposizioni), Save Nubia Fund,
Settore Museale. Consiglio Supremo delle Antichità, Ministero della Cultura,
Assuan, s.d.
31. Ayman Abdel Moniem, The National Museum of Egyptian Civilization,
MUSEUM International, n. 225-226: Heritage Landscape of Egypt, 57, 1-2, 2005,
pp. 24-30.
32. Si veda Hassan F., The Forgotten Museums of Egypt, MUSEUM International, n. 225-226: Heritage Landscape of Egypt, 57, 1-2, 2005, pp. 42-48.
33. Si veda, per esempio, Ministry of Culture, Sector of Fine Arts (Web),
http://www.fineart.gov.eg/, 2007-10; Museum of Egyptian Modern Art (catalogo),
Amministrazione Centrale per l’Assistenza Tecnica a Musei e Mostre, Settore delle Belle Arti, Ministero della Cultura, Il Cairo, 2005; Annual Report: Bibliotheca Alexandrina, op. cit., 2005; Elmikaty H.S., Science Education: On
the agenda of the Library of Alexandria, MUSEUM International, n. 225-226:
Heritage Landscape of Egypt, 57, 1-2, 2005, pp. 92-99.
34. Si veda Hawass Z., A New Era for Museums in Egypt, MUSEUM International, n. 225-226: Heritage Landscape of Egypt, 57, 1-2, 2005, pp. 7-23, e Madline al-Mallah, The Luxor Museum of Ancient Egyptian Art: The challenge of
abundance, MUSEUM International, n. 198, 50, 2, 1998, pp. 16-22.
35. Alexandria National Museum, Consiglio Supremo delle Antichità, Ministero della Cultura, Il Cairo, 2003.
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Dall’Ezbekieh a piazza Tahrir
Breve storia del Museo Egizio del Cairo
Patrizia Piacentini
La crescente presa di coscienza di Mohammed Ali
sull’importanza della tutela dei monumenti antico-egiziani fu coronata nell’agosto 1835 quando, per cercare di osteggiare l’esportazione della collezione riunita dal console di
Francia Mimaut, il Viceré decretò la creazione di un Servizio delle Antichità e di un Museo Egizio al Cairo, sebbene vi fosse ancora una certa confusione tra beni dello
Stato e beni di proprietà personale del Viceré1.1 Il primo
trentennio dell’Ottocento aveva visto i monumenti egizi da
una parte depredati in maniera selvaggia dagli europei, dall’altra vittime della cupidigia o dell’incuria dei locali, che non
esitavano a distruggerli per ricavarne pietra da costruzione o calce. Lo stesso Champollion, pur essendo ripartito
dall’Egitto con una grande quantità di pezzi importanti per
il suo Louvre, aveva inviato nel novembre del 1829 a
Mohammed Ali, su sua richiesta, una relazione sulla situazione
dei monumenti antichi nel paese e sulla necessità della creazione di un’istituzione finalizzata alla protezione delle antichità2.
Secondo il decreto del ’35, i pezzi recuperati sul territorio egiziano dovevano essere inviati a Rifaa el-Tahtawi,
celebre intellettuale egiziano dell’epoca, ed erano posti
sotto la direzione di Youssef Diya Effendi, che fu incaricato anche di periodiche ispezioni sui siti archeologici. La collezione che andava formandosi venne ospitata in alcuni locali non utilizzati per la Scuola di lingue all’Ezbekieh, nel
centro del Cairo, e più precisamente nell’ala meridionale del
palazzo, in corso di ristrutturazione, già appartenuto al
“defterdar” Elfy Bey, come si legge nel decreto sopra citato e in successive ordinanze. Pochi erano tuttavia gli oggetti che riuscivano a entrarvi, senza essere “persi” lungo
il tragitto o trafugati all’arrivo. Nel 1848-49, Linant de Bellefonds fu incaricato di stilarne l’inventario3 in vista del loro trasferimento, ordinato nell’ottobre 1849 da Abbas Pacha, prima in una scuola nel quartiere di Sayedah Zeinab
poi, vista l’esiguità del luogo, in un deposito della Scuola
degli ingegneri a Boulaq.
Negli stessi anni, anche negli ambienti colti occidentali si cominciava a deplorare la sistematica distruzione o
spoliazione dei monumenti egizi, come risulta dall’appello
lanciato nel 1836 da Lord Algernon Percy, dal rapporto sulla situazione disastrosa delle antichità inviato al Viceré da
Lord Bowring, o del memoriale redatto da George Robins
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Gliddon, già console americano al Cairo, nel 1841. Queste
prese di posizione rimasero pressoché inascoltate, e quando, verso il 1851, gli oggetti del primo museo dell’Ezbekieh
vennero trasferiti alla Cittadella negli edifici del Ministero della Pubblica Istruzione, erano così pochi da poter essere raccolti in una sola stanza, utilizzata dagli impiegati per depositarvi
i loro soprabiti e il loro pranzo4. A tali oggetti si aggiunsero, tra il 1852 e il 1854, alcune stele scoperte da Auguste
Mariette nel Serapeo di Saqqara. Nel ’55, tuttavia, la maggior parte dei pezzi fu offerta come dono di Stato all’Arciduca Massimiliano d’Austria di passaggio in Egitto, e fa oggi parte della collezione del Kunsthistorisches Museum di
Vienna.
Ma Auguste Mariette, che scavava in Egitto con eccellenti risultati e continuava a credere che fosse necessario arginare la progressiva dispersione del patrimonio egiziano,
riuscì, per intercessione di Ferdinand de Lesseps, a convincere
il nuovo Viceré Said Pacha della necessità della riorganizzazione di un vero e proprio Servizio delle Antichità che decidesse, fra l’altro, quali oggetti dovessero restare in Egitto
e quali potessero essere donati o venduti all’estero. Il 1° giugno 1858, fu cosa fatta, con la nomina di Mariette a Direttore del Service. I primi passi della nuova istituzione sono
raccontati dallo studioso francese in un’ormai celebre lettera all’amico e collega Heinrich Brugsch, datata 10 aprile
1859, conservata negli Archivi di Egittologia dell’Università
degli Studi di Milano5. Inizialmente, Mariette pensava di realizzare il museo a Giza, presso il tempio in valle di Chefren
da lui scoperto nel 1854. Alcuni anni dopo, tuttavia, si decise invece di installare la collezione nel giardino e in quattro sale di un edificio abbandonato della Compagnia Fluviale del porto di Boulaq, sistemato e decorato all’egiziana
dallo stesso Mariette, con l’aiuto dei suoi fedeli collaboratori Bonnefoy e Floris, come racconta Maspero6.
“Choisissant quatre chambres mieux closes que les
autres, il les transforma en salle d’exposition pour
les monuments les plus beaux et les plus curieux. Un
Corse à tout faire du nom de Floris lui improvisa des
piédestaux et des vitrines, tandis que lui-même, se
souvenant d’avoir été maître de dessin dans sa jeunesse, il peignait sur les murs un décoration sobre
et fine.”
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Il museo, apparentemente ultimato dal Mariette il 18 ottobre 1863, venne inaugurato qualche tempo dopo, come
sembra potersi dedurre dal diario di viaggio di Félicien de
Saulcy, suo amico e sostenitore7. Di passaggio in Egitto
sulla via per la Terra Santa, quest’ultimo visitò il museo il
19 ottobre, e lo stesso giorno andò a rendere omaggio al
Viceré, e a comunicargli che Mariette aveva finito di allestire il museo solo la sera prima8. Ismail Pacha si recò poi
in visita al museo intorno al 23 ottobre.
L’archeologo francese, nell’introduzione alla sua Notice
des principaux monuments exposés dans les galeries provisoires du Musée d’Antiquités Égyptiennes de S. A. le Vice-Roi
à Boulaq, sottolinea la provvisorietà dell’installazione, ma
illustra la natura e le finalità del nuovo museo9.
“Le Musée de Boulaq emprunte aux circonstances qui
l’ont fait naître un caractère tout particulier. A part
une bonne collection de petits objets achetés par S.
A. Saïd-Pacha de M. Hubert, ancien Consul général
d’Autriche, il est tout entier le produit de mes découvertes.
Tandis qu’en Europe on ignore presque toujours la
provenance de morceaux très importants, ici nous savons où le plus insignifiant fragment a été trouvé. La
valeur de ce fait n’échappera à personne. [...] C’est
un Musée organisé pour servir pratiquement l’égyptologie, et si les indifférents trouvaient à y blâmer l’introduction de quelques débris en apparence trop
mutilés, je répondrais qu’il n’est pas un archéologue
qui, avec moi, ne désirerait lui en voir encore davantage.
[...] C’est de parti pris et après mûre réflexion que, dans
l’emménagement intérieur des vitrines et des armoires, j’ai sacrifié au goût et cherché une certaine
mise en scène qu’exclut ordinairement la froide régularité de nos Musées d’Europe. Les motifs qui m’ont
guidé sont faciles à comprendre. Le Musée du Caire
n’est pas seulement destiné aux voyageurs européens
: dans l’intention du Vice-Roi, il doit être surtout
accessible aux indigènes qu’il est chargé d’instruire
dans l’histoire de leur pays. Or, je ne médis pas la civilisation introduite sur les bords du Nil par la dynastie de Mehemet-Ali en prétendant que l’Egypte
est encore trop jeune à la vie nouvelle qu’elle vient
de recevoir, pour posséder un public facilement impressionnable aux choses de l’archéologie et de l’art.
Il y a quelque temps, l’Egypte détruisait ses monuments;
elle les respecte aujourd’hui; il faut que demain elle les aime. [...] Si le Musée ainsi arrangé plaît à
ceux auxquels il est destiné, s’ils y reviennent souvent
et en y revenant s’inoculent, sans le savoir, le goût
de l’étude et, j’allais presque dire, l’amour des antiquités de l’Egypte, mon but sera atteint.”
Il nuovo museo viene spesso visitato e descritto dai viaggiatori dell’epoca. Un racconto particolarmente interessante è quello di Arthur Rhoné, risalente alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento10.
“La route en est assez longue et ne se fait qu’en voiture ou à baudets; on tourne le dos au Mousky, on
traverse l’Esbekyeh, on suit de longues avenues bordées
de sycomores, à travers des terrains nus et vagues que
l’on appelle des plantations; à gauche, des traînées
de boursouflures pierreuses indiquent des quartiers
entiers tombés sur place au temps des croisades,
peut-être. On trouve, au bout de tout cela, une petite place à l’entrée d’un vieux quartier, une grande
porte dans un grand mur, et l’on entre: c’est le musée de Boulaq. Quelque chose de riant et de charmant
apparaît tout d’abord: c’est une cour parsemée de vieux
arbres, au fond de laquelle on voit couler le Nil au
pied des fourrés de sycomores et de dattiers qui couvrent la rive opposée; au delà, des plans successifs de
verdure qui s’effacent et se perdent dans l’éloignement,
puis les deux grandes pyramides de Gizeh, qui se confondent presque dans la même silhouette.
A main gauche, dans la cour, s’élève l’habitation de
M. Mariette et de sa famille; à droite, la cour du
musée, séparée de la première par une grille dont les
piliers portent des moulages de ces petits sphinx qui,
en 1850, mirent M. Mariette sur les traces du fameux
Serapeum de Memphis. La chienne Bargoût, gardienne du musée et contemporaine de sa fondation,
fait son kief sous un arbre, et Finette, la gazelle
privée, bondit à travers la cour.
Le cabinet de travail de M. Mariette fait face au Nil,
près de la porte d’entrée: Devéria nous y introduit,
et nous trouvons le maître dans une grande pièce aux
murs décorés de fresques à l’égyptienne, remplie de
livres, d’antiquités, et d’où la vue plonge directement sur les ravissantes perspectives du Nil et de la
région des Pyramides. Quelques années plus tôt, sous
le règne de Saïd-pacha, nous n’aurions trouvé ici qu’un
pâté de masures délabrées appartenant à la Compagnie
du transit et servant de magasins depuis l’expédition
française. La protection et les encouragements de
Saïd et d’Ismaïl-pacha ont permis à M. Mariette d’y
installer, dans des bâtiments provisoires, en peu de
temps et sans frais trop considérables, le premier
musée égyptien du monde. Aujourd’hui, grâce aux
pouvoirs et aux facilités donnés à son fondateur
pour se transporter à sa guise du nord au sud de l’Égypte, les principaux monuments, déblayés, fouillés et gardés,
craignent de moins en moins le vandalisme extérieur
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et intérieur; les trouvailles qu’on y fait, au lieu d’être
dispersées ou perdues, vont droit au musée de Boulaq, qui est composé en totalité d’objets découverts par
la Direction, et dont le lieu de provenance, ainsi
connu, apporte souvent les plus grands éclaircissements à l’étude de l’histoire d’Égypte. On comprend
toute l’importance d’un pareil avantage, presque
impossible à obtenir en Europe, où les objets d’antiquité égyptienne passent de main en main avant
d’arriver aux musées.”
Le piene del Nilo erano sempre un pericolo per il Museo di Boulaq, situato proprio sulla riva del fiume. Ma quella del 1878 fu talmente forte da danneggiare seriamente il
museo, al punto che Mariette dedicò i due anni seguenti al
suo restauro e alla sua riorganizzazione,
come lui stesso racconta all’amico
Heinrich Brugsch in una lettera conservata negli Archivi di Egittologia
dell’Università degli Studi di Milano,
datata 9 marzo 1880.
“Nous venons de refaire le
Musée tout entier à neuf, et je
vous assure que ce n’était pas
une petite besogne. J’en sors,
pour moi, absolument fatigué
et malade. [...] Heureusement
notre peine n’a pas été perdue,
et le nouveau Musée ne me
fait en rien regretter l’ancien.”
1881 rese ancora più urgente un rinnovamento totale del
museo. I lavori cominciarono nel novembre di quell’anno
sotto la direzione di Gaston Maspero, successore di Mariette
alla direzione del Service des Antiquités e del museo. E per
cinque anni, Maspero continuò a studiare i pezzi della collezione e a riorganizzare le sale. La sua intensa attività può
essere seguita grazie ai documenti d’archivio, alle lettere
che scriveva regolarmente alla moglie Louise e alle sue pubblicazioni tra cui la guida del museo, scritta a Boulaq nel
1883 e pubblicata a Parigi nel 1884.
Uno degli assistenti di Maspero era Ahmed Kamal, il
primo egittologo egiziano che, assunto come segretario
e interprete-traduttore, sbrigava in realtà i compiti più diversi. Nel 1882, Kamal aprì una scuola di Egittologia presso il museo, dove studiarono tra gli altri i futuri ispettori egiziani Mohammed Sha'bân e
Hassan Hosni, ma che venne chiusa già nel 1886.
Nel frattempo, Maspero continua a coltivare l’idea di creare un museo di antichità greco-romane ad
Alessandria. Questa idea fu ripresa,
nel 1891, da Giuseppe Botti “primo”, egittologo di origine modenese arrivato in Egitto come professore nelle scuole italiane. Tale museo,
posto sotto la sua direzione, aprì in
una sede temporanea nel 1892, per
essere poi trasferito nell’edificio attuale (ora in ristrutturazione) nel
189512. In una lettera messa a disposizione degli Archivi di Egittologia milanesi, datata 31 ottobre 1893
e indirizzata dal Botti al fratello, si
legge fra l’altro quanto segue.
Nonostante il duro lavoro di Mariette, il luogo non era tuttavia più
adatto a una collezione che cresceva molto rapidamente11. Nel genInterno del Museo di Boulaq ai tempi di
“Non sono più al servizio del
naio del 1881, il giovane egittologo
Mariette. ( © Archivi di Egittologia, UniGoverno Italiano, ma del KhéVictor Loret arriva in Egitto con il suo
versità degli Studi di Milano)
diwe [sic] d’Egitto: lotto e lotprofessore Gaston Maspero. Negli
to e faccio del mio meglio per fare onore al mio paearchivi milanesi è conservata una grande quantità di apse ed a quella buona Modena donde sono uscito e
punti, fotografie, disegni e relazioni dello studioso sul Muche non mi conosce più. [...] Non è l’Italia che ha
seo di Boulaq. Questi documenti ci permettono di ricostruire
fondato un Museo in Alessandria: è tuo fratello che
nel dettaglio non solo la lista di molti oggetti che faceval’ha creato, che lo dirige, che lo fa crescere con suo
no parte della collezione nella prima metà degli anni Otsacrificio.”
tanta dell’Ottocento, ma anche la loro collocazione precisa nelle sale, nel giardino e nei magazzini. La sistemazioNegli ultimi anni dell’Ottocento e nel primo quindicenne dei materiali nelle sale riveste inoltre un interesse parnio del Novecento, inoltre, Maspero e Kamal spinsero il Goticolare dal punto di vista museologico, dal momento che
verno nazionale e le autorità provinciali a organizzare dei muessa ispirò quella di tutti i successivi musei egiziani. Qualsei locali di antichità, in particolare ad Assuan, Assiut, Minia
che mese dopo la morte di Mariette, la scoperta del primo
e Tantah tra il 1912 e il 191413. Tali raccolte andavano ad agnascondiglio delle mummie reali a Deir el-Bahri nel luglio
16
MU
NUOVA
giungersi al già citato Museo Greco-Romano e a quelli di Arte araba (1884), Etnografico (1895), Botanico (1898), Geologico
(1904), Entomologico (1907) e Copto (1908). Di essi, il Museo Copto e quello di Arte Islamica sono stati di recente completamente ristrutturati e riaperti al pubblico.
Nel 1887, il Governo egiziano aveva deciso di trasferire temporaneamente la collezione del Museo di Boulaq nel
palazzo di Ismail Pasha a Giza, situato nel parco dove dal
1891 si trova lo zoo del Cairo. Tale palazzo, di aspetto imponente ma di scarsa qualità costruttiva, era stato disegnato,
tra gli altri, da Ambroise Baudry14, ed edificato dall’impresa
di Giuseppe Garozzo15. I difetti dell’edificio e la sua inadeguatezza a essere trasformato in museo sono messi in
evidenza in una relazione della Society for the Preservation of the Monuments of Ancient Egypt del giugno 1889,
pubblicata cinque anni dopo16.
“Ce n’est pas sans regret que nous avons démonté les
pièces rassemblées à Boulaq. Mariette, pendant vingtcinq ans, M. Maspero, de 1881 à 1886, avaient travaillé à embellir l’ancien musée. [...] Le musée de Boulaq était une œuvre d’art, dont les antiquités fournissaient les matériaux. On y voyait moins les objets
exposés qu’un ensemble séduisant où se fondaient les
détails, c’est-à-dire les monuments. Il faut avouer que
le public avait vite traversé ces onze salles, garnies
jusqu’au plafond, et en sortait sans que la plupart des
pièces eussent attiré ses regards. [...] Dès 1886, la circulation dans le musée était difficile. De nouveaux
magasins furent aménagés à la suite des anciens, qui
étaient remplis. En 1889, il n’y avait plus de place
disponible, ni dans le musée, ni dans les magasins.
Le produit des fouilles de cette année, resté dans la Haute-Égypte sur un chaland et des
barques, fut amené plus tard
à Gizeh. [...] Pendant que les
Travaux publics préparaient
le nouveau local, la Direction des musées, au cours de
l’été de 1889, déménagea le
musée et les magasins de Boulaq, puis, à mesure que les
salles du palais de Gizeh lui
furent livrés, y commença l’installation des antiquités.”
“Considering the importance
of the historical documents
and unique works of art contained in the Boulak Museum,
this committee, while recognising the urgent necessity
of immediately finding another
site for the collection [...] regard
with serious alarm the proposed removal of the museum
to Ghizeh. The manifold dangers which would there threaten the collection arise from
Il Khedive Mohammed Tawfiq
the fact of the palace of Ghiinaugurò le prime 45 sale del museo
zeh being constructed of comil 12 gennaio 1890. In febbraio venbustible materials, which, if onne trasferita anche la tomba di Mace ignited, would speedily reriette che si trovava nel giardino del
duce palace and collection to
Museo di Boulaq19. L’anno seguente,
a heap of ashes without the
Altra sala del Museo di Boulaq ai tempi
chance of saving a single object:
Ahmed Kamal fu promosso assistendi Mariette. ( © Archivi di Egittologia,
standing alone and near the
te ispettore. Nel novembre del 1892,
Università degli Studi di Milano)
desert, there would always be
il nuovo Khedive Abbas Pacha Hildanger of robbers breaking in and carrying off the
mi II inaugurò 46 nuove sale, in presenza del nuovo Direttore
valuable series of jewellery and gold armaments [...].
del Service, Jacques de Morgan20. Nell’introduzione alla seThe committee, therefore, venture to hope that, befoconda edizione della guida del museo, egli descrive brevemente
re taking a step which is open to the foregoing objecla nuova sistemazione delle sale21.
tions, the Egyptian Government will reconsider the
question.”
“Ces 91 salles renferment toutes les antiquités qui possède l’Égypte. Ces galeries sont, sans contredit, comme
Tuttavia, i pezzi furono spostati e vi furono sistemati tra
musée égyptologique, les plus riches et les mieux fourl’estate del 1889 e l’inverno del 1890, sotto la guida del nuonies qui soient dans le monde. Elles montrent la civivo Direttore del Service, Eugène Grébaut17. Nella prima
lisation pharaonique dans les moindres détails, et,
depuis les statues et les stèles royales de l’ancien emguida del nuovo museo, pubblicata nel 1892, egli scrive18
pire jusqu’aux dernières œuvres d’art des chrétiens copquanto segue.
MU
17
NUOVA
tes, elles fournissent aux visiteurs toutes les manifestations
du sentiment artistique des habitants de la vallée du
Nil. Bien que très nombreuses, ces collections n’en
sont pas moins appelées à prendre dans l’avenir une
extension plus considérable encore ; chaque année, chaque mois elles s’enrichissent d’objets nouveaux et il est
difficile de prévoir l’importance qu’il sera nécessaire
de donner aux bâtiments destinés à renfermer des
documents aussi nombreux. Quoi qu’il en soit, quelles que puissent être les découvertes, il est certain que
dans quelques années, le palais de Gizeh lui-même sera devenu trop petit. [...] La classification des antiquités dans le palais de Gizeh est faite suivant l’ordre
chronologique aux étages inférieurs, et suivant la nature des objets aux étages supérieurs. [...] Le musée se
trouve donc naturellement divisé en
deux parties : l’une
comprenant les monuments volumineux
et lourds qui sont exposés au rez-dechaussée, et l’autre
renfermant les objets
petits ou légers qui
ornent les salles du
premier étage.”
“The massive mummies of Rameses II and other great
kings looked sadly out of place in rooms with walls
painted blue, and mouldings of salmon-pink picked
out in gold, and ceiling decorated with panels, on which were painted Cupids, Venuses, etc.”
Alcuni anni dopo, invece, il giornalista Henry Aubanel
si rallegra delle belle sale aperte da Loret, nuovo direttore
dal 1897 al 189924.
“Au musée di Ghizeh, dans le dédale du palais presque neuf et déjà caduc... Voici deux salles claires,
pimpantes, donnant sur la gaîté du parc et battant
neuf avec leurs vitrines fraîches. On les a ouvertes il
y a trois jours et, s’ajoutant aux merveilleuses épaves de la vieille Egypte, y sont exposés
tous les objets récemment découverts
par M. Loret à Biban
el Molouk, dans les
tombeaux
de
Thotmès III et
d’Aménophis II.”
La decorazione della
maggior parte delle sale
era stata realizzata dal pitGrazie a Pascal Sebah e
tore italiano Gaetano Lodi.
ad altri fotografi ottocenteschi,
Ma anche il palazzo di
è possibile farsi un’idea di coGiza si rivelò ben presto
me gli oggetti erano stati
troppo piccolo e sopratesposti, in molti casi nelle metutto non abbastanza siEsterno del museo di Giza alla fine dell’Ottocento. ( © Archivi
desime vetrine o protetti dalcuro per ospitare le centidi Egittologia, Università degli Studi di Milano)
le stesse barriere utilizzate a
naia di oggetti che ogni
Boulaq. Il museo era stato pensato, innanzi tutto, per il pubanno, alla fine delle campagne di scavo, raggiungevano il
blico e per questa ragione i pezzi più importanti erano cormuseo. La sua modernizzazione, inoltre, sarebbe stata
redati di un apparato esplicativo22.
troppo costosa, al punto che il palazzo venne demolito nel
1902 per far posto alla sede della Facoltà di Ingegneria dell’Università del Cairo, tuttora esistente.
“Du jour de l’ouverture du musée de Gizeh, l’AdmiNel 1894, un comitato del Ministero dei Lavori Pubblinistration a fait coller sur les monuments les plus intéci, da cui dipendeva il Service des antiquités, decise di
ressants des descriptions tantôt manuscrites, tantôt
bandire un concorso internazionale per la progettazione di
découpées dans les catalogues du musée de Boulaq.
un nuovo museo. Tanto la vecchia idea di Mariette, già acDans chaque salle le visiteur trouve des tableaux
cettata da Ismail Pacha, di costruire un grande complesso
manuscrits qui appellent son attention sur les monuments
museale sulla piazza dell’Ezbekiya25, quanto il progetto di
les plus importants, les lui font connaître au moins
sommairement.”
un museo sulla punta meridionale dell’isola di Gezireh26 furono abbandonati a vantaggio di piazza Ismailiya (ora TahIl palazzo era molto bello, almeno a vedersi, ma molti sturir), dove vi era un’ampia zona non edificata, utilizzata codiosi non lo apprezzavano affatto. È il caso, per esempio, di
me campo da cricket dai soldati inglesi alloggiati nelle caE.A. Wallis Budge, che scriveva23 quanto riportato nel seguito.
serme adiacenti27.
18
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Il programma di concorso, datato 10 luglio 1894 e firmato dal Ministro dei Lavori Pubblici Husayn Fakhry, enunciava
nel dettaglio le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il nuovo museo, lasciando tuttavia molta libertà agli architetti28.
“Toute liberté est laissée aux architectes en ce qui concerne le style de la construction ; la décoration intérieure sera très simple. Avoir le plus de surface possible bien appropriée à l’exposition des collections, tel
est le but principal qu’on doit se proposer, sans perdre de vue toutefois le caractère imposant qui convient à un édifice destiné à contenir les trésors antiques de la vieille Égypte.”
cezione artistica molto meschina: lo stesso dicasi di quelle due orecchie che terminano i fianchi della facciata e che l’autore riserverebbe al direttore e agli uffici
e che danno l’idea delle appendici che si sogliono aggiungere ai ristoranti di campagna. [...] Indovinatissima invece è la disposizione della biblioteca e della
sala di vendita e l’illuminazione è pure bene ottenuta con aperture di fianco ai lucernari oppure con vetrate inclinate in un senso, quantunque queste non intercetterebbero i raggi solari.”
La prima pietra del museo venne posta il 1° aprile 1897,
in presenza del Viceré Abbas Hilmi II, di Jacques de Morgan e altre autorità e dell’architetto Marcel Dourgnon. Nel
frattempo, nel dicembre 1896, Giuseppe Garozzo, il più
Dei 73 progetti che vennero esposti dal 14 marzo al 15
celebre costruttore opeaprile 1895, a conclusione
rante in Egitto in quegli
del concorso, a palazzo
anni33, in società con un alAbdin, ben 23 provenivano dall’Italia, 16 dalla Frantro imprenditore di origicia, 16 dall’Inghilterra e,
ne italiana, Francesco Zafin numero minore, dall’Imfrani, fu incaricato dei lapero austro-ungarico, dalvori che durarono quattro
la Germania, dal Nord Ameanni, dal 1897 al 190134. Le
rica, dalla Bosnia, dall’Olanopere in cemento armato
da, dalla Grecia, dalla Siria,
Hennebique, come la cuda Malta e naturalmente
pola che sovrasta l’atrio
dall’Egitto. Molti erano in
d’ingresso, furono realizzate
stile egittizzante, e ricorda un’altra impresa di prodavano i templi egizi o le
prietà di un italiano, Nicola
piramidi; altri erano tropMarciano, che si era assopo costosi, troppo grandi,
ciato con Garozzo per reao troppo piccoli, o non rilizzare altri edifici imporspettosi delle norme relatanti del Cairo, tra i quali
Museo di Giza, galleria 26 del piano terra. ( © Archivi di
tive all’illuminazione. Alla
parte del palazzo Abdin e
Egittologia, Università degli Studi di Milano)
fine, fu il progetto in stile
lo Shepeard’s Hotel.
neoclassico del francese Marcel Dourgnon che vinse la comLo spostamento delle 5000 casse di antichità da Giza
petizione29, con il plauso del Direttore del Service Jacques
al nuovo museo in centro città fu un’operazione complessa, diretta da Gaston Maspero e, nella pratica, dal suo
de Morgan30.
assistente Alessandro Barsanti. Alla fine del ’99, erano staAltri invece non risparmiarono le critiche. È il caso
te costruite le casse dal carpentiere Mohammed Issa; due
dell’architetto italiano Ernesto Basile che, in un fascicolo pubanni dopo, nel dicembre 1901, furono spostate da Giza e
blicato al Cairo e datato 19 marzo 1895, commentava i procollocate nelle nuove sale le vetrine; a metà febbraio del
getti esposti a Palazzo Abdin, amareggiato dal fatto che nes1902 furono trasportati i primi 272 sarcofagi cui seguirosun progetto italiano fosse stato premiato31. Anche “L’Imparziale”,
no, a partire dall’inizio di marzo, gli oggetti di minori diil quotidiano italiano del Cairo dell’epoca che si occupò ammensioni. Il trasporto delle antichità continuò fino al 13 lupiamente del concorso, pubblicò tra marzo e aprile 1895 una
glio 1902, quando venne trasferita per la seconda volta anserie di articoli in cui si commentavano i progetti, tra cui
che la tomba di Mariette. Dal palazzo di Giza era stata riquello di Dourgnon32.
mossa anche la monumentale cancellata disegnata da Ambrosie Baudry, che venne destinata a circondare l’area del
“Il numero 49 [di Dourgnon (N.d.A.)] è in istile barocco
nuovo museo, oltre a quella antistante il palazzo Abdin e
con un’impronta di moderno niente indovinata e delil Parlamento. Agli inizi di settembre il museo cominciava
le facce laterali si può addirittura dire che sono di con-
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19
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E al 1925 risale un’importante proposta di ricostruzione
a essere visitato dagli studiosi e dagli stranieri di passagdel museo, con annesso un centro di ricerca e una biblioteca,
gio al Cairo, e il 15 novembre 1902, infine, venne inauguil tutto dipendente da una fondazione per la gestione delrato ufficialmente da Abbas Hilmi II.
le antichità e degli scavi, presentata dall’egittologo ameLa creazione di un museo dedicato esclusivamente
ricano James Henry Breasted al re Fouad I37.
alle antichità egizie, e la regolamentazione dell’esportazione
degli oggetti, sulla quale aveva scritto una dettagliata reIl progetto, che sarebbe stato finanziato da John D.
lazione Victor Loret – rimasta inedita e oggi conservata
Rockefeller Jr. per la somma di dieci milioni di dollanegli archivi milanesi –, seguita da una proposta di legri, equivalenti a cento milioni di dollari attuali, dovege formulata da Gaston Maspero nel 1902 e promulgava essere stato fortemente sostenuto da sua figlia, Abita nel 191235, anche se mai applicata agli europei, non
gail “Abby” Rockefeller Mauzé “Babs”, appassionata
d’Egitto 38. Il progetto, che escludeva praticamente gli
ne impediva tuttavia l’uscita dall’Egitto. Fino a oltre la
metà del Novecento, anzi, all’interno del Museo Egizio
egiziani dalla gestione delle antichità e dava grande podel Cairo vi era una sala per la vendita dei pezzi già amtere decisionale agli americani e agli inglesi, venne ripiamente rappresentati nella collezione, come si legge
fiutato dalle autorità locali, anche sotto le pressioni dell’alnelle varie guide del museo e si può vedere, per esemlora Direttore del Service, Pierre Lacau.
pio, sulle piante pubblicate
Un altro interessante
nelle guide Baedeker’s
progetto di ampliamento
dell’inizio del XX secolo.
del Museo Egizio in una
Si accedeva a questa sala
grande “città dei musei” ridall’ingresso occidentale,
sale al 1937, quando stavano
che immette oggi negli
per essere demolite le cauffici della Direzione. Pezserme inglesi. Voluto da
zi antichi potevano esseLudwig Borchardt e firmare comprati anche dai nuto dal suo assistente Otto
merosi antiquari, ufficiaKönigsberger, non ebbe
li o improvvisati, che opetuttavia alcun seguito, anravano soprattutto al Caiche a causa della salute
ro, ad Alessandria e a
precaria di quest’ultimo,
Luxor.
dell’età avanzata di BorPochi anni dopo la sua
chardt e dell’imminente
costruzione, il nuovo edifiguerra mondiale 39. Altri
cio del Museo del Cairo già
progetti di ristrutturazione
rivelò seri problemi costruttivi
vennero elaborati anche
Lavori per la costruzione del Museo del Cairo. ( © Archivi di
che resero necessari interventi
negli anni seguenti.
Egittologia, Università degli Studi di Milano)
importanti sul tetto36.
Nell’ultimo decennio
del Novecento, infine, venne presa la decisione di alleggerire la grande collezione del Museo del Cairo, non solo
“Lorsque, du 13 février au 13 juillet 1902, M. Macon la creazione e l’ampliamento di numerosi musei prospero transporta la collection égyptienne de Gizéh
vinciali, ma anche con la costruzione di due nuovi grandi
au Caire dans l’édifice construit spécialement au
musei cairoti, il GEM (Grand Egyptian Museum) nella spiaKasr-en-Nil pour la recevoir, sa lourde tâche ne fut
nata di Giza ai piedi delle grandi piramidi, e il Museo Napoint terminée : il fallait classer les objets par orzionale della Civilizzazione Egiziana nel quartiere di Fustat.
dre de matières et de dates, aménager les salles d’exAlla suddivisione delle antichità tra i vari musei seposition et la bibliothèque, cataloguer les séries
guirà poi la completa ristrutturazione dello storico muscientifiquement et faire connaître le sens des plus
seo di piazza Tahrir, al cui progetto preliminare ho
importantes au grand public, toutes choses assez
partecipato nell’ambito di un gruppo di lavoro coordidifficiles car [...] l’exécution qui en avait eu lieu
nato da Sandro Goppion, su incarico del Ministero itade 1897 à 1902 avait été entachée de malfaçons
liano degli Affari Esteri.
telles que l’on dut refaire presque immédiatement,
de 1907 à 1915, toutes les terrasses en ciment
Patrizia Piacentini è Professore Ordinario di Egittologia,
armé et, par conséquent, modifier sans cesse à
Università degli Studi di Milano.
l’intérieur la disposition des salles.”
20
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1. Per il testo del decreto, si veda Khater A., Le régime juridique des fouilles et des antiquités en Égypte, Le Caire, 1960, pp. 37-40. Il testo era stato
redatto in turco, e tradotto contemporaneamente in francese.
2. Champollion Le Jeune J.-F., Lettres écrites d’ Égypte et de Nubie en 1828
et 1829, Paris, 1868, pp. 382-388.
3. Kurz M., in: Linant de Bellefonds Bey, Voyages aux mines d’or du Pharaon, Saint-Clément, 2002, p. 87.
4. Maspero G., Histoire du Musée d’Antiquités du Caire, Revue d’Egypte
et d’Orient, 7ème année, 4, 1906, p. 135.
5. Piacentini P., Auguste Mariette in the Egyptological Archives and Library
of the University of Milan, in: Magee D., Bourriau J., Quirke S. (eds.), Sitting Beside Lepsius. Studies in Honour of Jaromir Malek at the Griffith Institute, Leiden, 2009, pp. 423-438.
6. Maspero G., Histoire du Musée d’Antiquités du Caire, op. cit., p. 138.
7. La data dell’inaugurazione non è chiara:. Dia Abou Ghazi affermava che
essa ebbe luogo il 19 giugno, Maspero il 18 ottobre, mentre dagli scritti
di De Saulcy si deduce che il museo dovrebbe essere stato inaugurato dopo il 23 ottobre 1863.
8. De Saulcy F., Voyage en Terre-Sainte, Paris, 1865, pp. 31-42.
9. Mariette A., Notice des principaux monuments exposés dans les galeries
provisoires du Musée d’Antiquités Égyptiennes de S. A. le Vice-Roi à Boulaq, Alexandrie, 1864, pp. 4-8. Questa guida fu pubblicata in sei successive edizioni.
10. Rhoné A., L’Égypte à petites journées. Études et souvenirs, Paris, 1877,
pp. 62-63.
11. Cfr. anche Charmes G., La réorganisation du Musée de Boulaq et les
études égyptologiques en France, Revue des deux Mondes, 1er septembre
1880, pp. 209-210. L’edificio che aveva ospitato il Museo di Boulaq venne abbattuto nel 1914.
12. Cfr. Piacentini P., Il contributo italiano alla tutela e alla catalogazione delle antichità nei musei egiziani, in: Casini M. (a cura di), Cento anni in Egitto. Percorsi dell’archeologia italiana, Milano, 2001, pp. 230-232,
248, in particolare p. 230.
13. Hilal A., Les premiers égyptologues égyptiens et la réforme, in: Roussillon A. (éd.), Entre réforme sociale et mouvement national: Identité et modernisation en Égypte (1882-1962), Le Caire, 1995, pp. 344-345.
14. Baudry ricevette nel 1873 l’incarico dal Viceré di ampliare il palazzo
di Giza, cfr. Crosnier Leconte M.-L., Volait M. (éd.), L’Égypte d’un architecte. Ambroise Baudry (1838-1906), Paris, 1998, pp. 66-69. Cfr. anche infra per i rapporti con il pittore G. Lodi.
15. Che avrebbe in seguito costruito l’edificio del nuovo museo nell’attuale piazza Tahrir.
16. Poynter E.J. et al., The Ghizeh Museum, The Architect and Contract
Reporter, March 16, 1894, pp. 183-184.
17. Grébaut succedette a Maspero e fu Direttore dal 1886 al 1892.
18. [Grebaut E., Daressy G.], Musée de Gizeh. Notice sommaire des monuments
exposés, Le Caire, 1892, pp. 3-7.
19. Donzel C., En Égypte, Paris, 2007, pp. 8, 82-85.
20. De Morgan fu Direttore dal 1892 al 1897. Si veda Jaunay A. (ed.), Mémoires de Jacques de Morgan 1857-1924. Souvenirs d’un archéologue, Paris, 1997, pp. 342-349.
21. De Morgan J., in: [Virey Ph.], Notice des principaux monuments exposés au Musée de Gizeh, Le Caire, 1892, pp. XVIII-XXI.
22. [Grebaut E., Daressy G.], Musée de Gizeh. Notice sommaire des monuments
exposés, op. cit., p. 10.
23. Budge E.A.W, The Nile: Notes for Travellers in Egypt, London, 18954, p. 154.
24. Aubanel H., Au Musée de Ghizeh, Le Journal Égyptien, 21 janvier 1899,
p. 1. Questo ritaglio di giornale è conservato nel fondo Loret degli Archivi
di Egittologia dell’Università degli Studi di Milano.
25. Mariette A., Notice, op. cit., 1864, p. 6.
26. Mariette A., Notice des principaux monuments exposés dans les galeries provisoires du Musée d’Antiquités Égyptiennes de S. A. le Khédive à Boulaq, Le Caire, 18766, p. 3.
27. Le caserme inglesi sorgevano nella zona sud-occidentale dell’area, approssimativamente sul sito attuale del palazzo della Lega Araba e di parte dell’ex Nile Hilton Hotel.
28. Gouvernement Égyptien, Programme du concours pour l’érection d’un
musée des antiquités égyptiennes au Caire, Le Caire, 1894. Sull’eco avuta
dal concorso nella stampa internazionale e l’ampio dibattito che si aprì in
Europa sul programma, cfr. da ultimo Giacomelli M., Ernesto Basile e il
concorso per il Museo di Antichità Egizie del Cairo 1894-1895, Firenze, 2010,
pp. 17-28, che affronta il tema dal punto di vista della Storia dell’architettura.
29. Le numerose tavole del progetto sono oggi conservate nell’archivio del
Museo Egizio del Cairo in piazza Tahrir, e sono state parzialmente pubblicate nel volume edito soltanto in arabo nel 2002 in occasione del centenario del museo (cat. 55-67). Sono inoltre state esposte alla mostra “The
History of the Cairo Museum, Egyptian Museum in Cairo”, 19 ottobre 2008
- 30 gennaio 2009, organizzata da Wafaa el-Saddik e da chi scrive. Per visualizzare i pannelli della mostra, cfr. www.permegiat-egittoamilano.it.
30. Jaunay A. (ed.), Mémoires de Jacques de Morgan, op. cit., p. 416.
31. Secondo quanto si legge sulla stampa italiana in Egitto di quegli anni, anche a causa del fatto che Basile avrebbe dovuto partecipare alla commissione del concorso, ma arrivò dall’Italia in ritardo, quando i premi erano già stati assegnati.
32. Anonimo, Concorso Internazionale per un museo di antichità egiziane da erigersi in Cairo. Appunti e impressioni VI, L’Imparziale, anno IV,
n. 86-87, 27-28 marzo 1895, p. 2.
33. Garozzo, nato a Catania nel 1847 ed emigrato in Egitto a soli 15 anni, costruì la maggior parte degli edifici importanti del Cairo negli ultimi
decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento. Il Viceré Ismail lo aveva incaricato anche della costruzione del palazzo di Giza che sarebbe poi
divenuto, come si è visto, la seconda sede del Museo Egizio.
34. Una copia dell’album con le fotografie della costruzione, realizzato dal
fotografo italiano V. Giuntini, è conservata nella Biblioteca del Museo Egizio del Cairo, ed è stata esposta alla mostra sopra citata “The History of
the Cairo Museum”. Almeno altre due copie sono comparse sul mercato
antiquario negli ultimi anni.
35. Rughdi H., Saïd M., Sirry I., La nouvelle loi sur les antiquités de l’Égypte et ses annexes, ASAE, 12, 1912, pp. 245-280.
36. Maspero G., Les Etudes Egyptologiques, in: Exposition Universelle et Internationale de San Francisco. La Science française, II, Paris, 1915, p. 24.
37. Abt J., Toward a Historian’s Laboratory: The Breasted-Rockefeller Museum Projects in Egypt, Palestine, and America, JARCE, 33, 1996, pp. 173194, in particolare pp. 173-188. Una copia digitale del fascicolo che illustrava il progetto, con disegni dell’architetto Welles Bosworth, edito a
Oxford nel 1925, è conservata negli Archivi di Egittologia dell’Università di Milano.
38. Cfr. Piacentini P., William Kelly Simpson: una pagina di egittologia e
di storia americana a Milano, Sistema Università, anno V, n. 21, settembre 2007, pp. 8-9.
39. Jaritz H., The Extension of the Egyptian Museum. A Project of 1937 by
Otto Königsberger, in: Eldamaty M., Trad M. (eds.), Egyptian Museum Collections around the World, pp. 581-589.
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Il Museo dei Bambini
al Museo Egizio del Cairo
Wafaa el-Saddik
Il Museo dei Bambini presso
il Museo Egizio del Cairo è il primo museo al mondo di cultura e
civiltà dell’Antico Egitto creato
espressamente per i bambini. Questo museo straordinario coniuga
magnifiche opere d’arte originali
dell’Antico Egitto con innovative
costruzioni LEGO che interpretano e riproducono il mondo degli
antichi Egizi.
L’ispirazione per il Museo dei
Bambini mi venne mentre visitavo con i miei bambini “I segreti
dei Faraoni”, una meravigliosa
mostra itinerante di costruzioni
LEGO che negli anni Novanta
toccò diversi paesi europei. I miei
bambini ne rimasero talmente
estasiati da chiedermi di visitarla
ancora, e ancora, e poi ancora!
Fui molto colpita dall’approccio
scelto per l’esposizione: la storia
dell’antica civiltà egizia veniva
narrata in modo da instaurare una
comunicazione immediata con i
bambini di ogni età, veicolando
informazioni di base in maniera
godibile e interessante. Quando
vidi come la mostra aiutava i bambini a imparare la storia anche in
tenera età, capii che questi semplici mattoncini posseggono un potenziale educativo veramente magico.
Per questo motivo, cercai di acquistare le costruzioni LEGO esposte per farne l’asse portante del Museo dei Bambini presso il Museo
Egizio del Cairo. Abbiamo integrato
le costruzioni LEGO con un’accurata
selezione di pezzi originali onde
consentire ai bambini in visita al
22
La sfinge di Lego. (Foto Nuova Museologia)
Scultore al lavoro. (Foto Nuova Museologia)
MU
museo di conoscere gli oggetti reali che accompagnarono la vita
dei bambini vissuti da 2000 a
6000 anni or sono.
Il Museo dei Bambini è suddiviso in 6 sezioni e comprende
anche un laboratorio didattico.
Ciascuna delle prime cinque sale è dedicata a un diverso aspetto della storia dell’Antico Egitto
– la vita quotidiana lungo le sponde del Nilo, la scrittura, i re e le
loro famiglie, le credenze religiose circa la vita dopo la morte
e le numerose divinità, maschili
e femminili, venerate nel paese.
La visita dei nostri giovani visitatori
si conclude nel bellissimo laboratorio, attrezzato con LEGO, dove essi possono esprimere le proprie impressioni sulla mostra e reagire a quanto hanno appena vissuto. Attraverso le loro (ri)creazioni,
è possibile valutare quanto l’esperienza museale sia stata per loro
significativa e in quale misura essi abbiano interiorizzato quanto
hanno visto. I bambini possono
ascoltare e dimenticare, vedere e
comprendere, lavorare e imparare.
Lo scopo del Museo dei Bambini è duplice. Vogliamo aiutare
i bambini egiziani a conoscere
se stessi e la storia illustre della
loro civiltà e anche a comprendere
cosa significhi essere egiziani.
Inoltre, vogliamo fornire ai bambini non egiziani di tutto il mondo una vetrina sulla storia egiziana
e sull’impatto che la nostra storia
e la nostra cultura hanno avuto sulla loro storia.
NUOVA
lievi straordinari. Le tombe reali e le tombe dei nobili, con
Nel Museo dei Bambini, i bambini possono soddisfare
le loro pareti riccamente decorate, ci regalano un’infinità
la propria curiosità e ottenere informazioni su storia, arte
di informazioni sulle credenze e sulle pratiche funerarie
e cultura in generale, attraverso un approccio multidiscidegli antichi Egizi nonché sulla loro vita quotidiana. È più
plinare. Le creazioni LEGO fanno rivivere le creazioni oriche evidente che gli antichi Egizi amassero la vita e che
ginali e aiutano i bambini a comprendere lo spirito che perimmaginassero che dopo la morte ci sarebbe stata una semea il passato e ispira il futuro. Nel laboratorio, i bambiconda vita simile a quella terrena. Questo spiega perché
ni esprimono il proprio talento creativo e imparano ad apcoprissero le pareti delle tombe con scene che li raffiguprezzare e a comprendere l’arte attraverso i pezzi che
ravano nel mondo intorno a loro. Li vediamo cantare e
creano. Scopo fondamentale del Museo dei Bambini e del
far musica, incontrare amici e familiari e partecipare a inDipartimento Educativo è stimolare e sviluppare la creacontri conviviali. Vediamo anche agricoltori al lavoro nei
tività di ogni giovane visitatore, l’aspetto più importante
campi, falegnami che intagliano statue nelle loro bottedell’educazione di ogni bambino.
ghe, nonché molti artigiani e funzionari al lavoro. InolUna caratteristica eccezionale del Museo dei Bambini
tre, le tombe erano ampiamente dotate di mobili, recipienti
è il programma mirato per i bambini con esigenze partidi pietra e vasellame, cosmetici e attrezzi per cosmetici,
colari. Programmi per bambini ciechi, sordi e con handiutensili da scrittura e rotoli di papiro con iscrizioni quacap mentali fanno del museo un luogo dove tutti i bamli il Libro dei Morti che aiutavano il defunto a raggiunbini egiziani possono recarsi per apprendere la storia e la
gere il paradiso senza
civiltà egizia in modo
intoppi.
interattivo.
Il Museo dei BamLa conservazione
bini fa parte del fadella storia e il suo
moso Museo Egizio
apprezzamento sono
del Cairo che vanta la
una parte critica del
più ricca collezione di
progresso di qualsiasi
antichità egizie al moncultura. La comprendo, la cui vastità e la
sione della nostra stocui complessità rieria ci regala un senso
scono a sopraffare perdi appartenenza e ci
sino il visitatore più
consentirà di difendeerudito. Per questo,
re le nostre tradizioni
sebbene la civilizzae la nostra cultura, eszione egiziana abbracci
senziali per la costrudiversi millenni – dal
zione di un futuro miperiodo preistorico atgliore.
traverso tre fasi di staLa civiltà dell’Anbilità politica e cultutico Egitto ha impresrale (l’Antico, il Mesionato il mondo con
dio e il Nuovo Regno),
la sua abilità inventii periodi tardo e greva, il suo fascino e la
co-romano, sino alle
sua bellezza. Una delere copta e islamica –
le civiltà più antiche
Sarcofago e vasi canopici in una vetrina dedicata al culto dei morti.
il Museo dei Bambini,
del mondo cui è sta(Foto Nuova Museologia)
si concentra esclusito giustamente attrivamente sull’epoca dei faraoni, sui secoli in cui vi era un
buito il merito di aver inventato molto di quello che noi
re alla guida dello Stato. Per agevolare i nostri giovani stuoggi abbiamo di più caro – arte, architettura, scienza e tradiosi, il museo presenta una linea del tempo che inizia daldizioni.
la Dinastia “0”, all’incirca nel 3200 a.C., e finisce con la DiTra i doni che l’Antico Egitto ha fatto al mondo vi sonastia XXXI e l’avvento di Alessandro il Grande di Maceno le piramidi: la maestosità delle loro dimensioni e la semdonia nel 332 a.C.
plicità estetica sono di importanza storica e simbolica
per chiunque. Templi come quelli di Karnak, Luxor e Abu
Wafaa el-Saddik è Direttrice del Museo Egizio del Cairo.
Simbel presentano elementi architettonici sofisticati e ri-
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NUOVA
Per il rinnovamento
del Museo Egizio del Cairo*
Giovanni Pinna
Nella prefazione della Description de l’Egypte Joseph Fourier definisce l’Egitto come “il più ricco museo del mondo”, riprendendo in questo la celebre frase di Erodoto
“l’Egitto racchiude cose meravigliose, più di ogni altro
paese”1. Pensando a un nuovo allestimento per il Museo
Egizio del Cairo, non possiamo non domandarci come sia
possibile racchiudere entro quattro mura questo immenso
museo sparso per il deserto, scavato nelle rocce, lambito
dalle verdi acque del Nilo e dei canali, nascosto fra i palmeti delle oasi. È possibile – dobbiamo chiederci – comprimere tutto questo nei confini limitati di quello che chiamiamo museo? Che significato può avere il mostrare al chiuso e allo sguardo di persone estranee a una civiltà estinta
i monumenti strappati ai luoghi originali di culto o di potere, e gli oggetti portati alla luce dall’ombra delle mastaba, dalle profondità segrete delle tombe? Qualora si volesse
affrontare il compito di por mano a una nuova organizzazione del Museo Egizio del Cairo questi sono i primi interrogativi a cui dovremmo cercare di dare una risposta,
considerando allo stesso tempo che il museo di Midan alTahrir è anch’esso un frammento di storia, un monumento stratificatosi nel tempo, impossibile da districare senza
intaccare le sue profondità culturali, le sue memorie storiche, la sua indole polverosa e ricca di penombre.
Che fare dunque di un monumento che è difficile da
modificare perché rappresenta per ognuno una memoria
diversa, che ciascuno vuol vedere riflessa lungo i corridoi
ventilati, nelle sale arenacee, nella penombra delle antiche
vetrine? Un francese vedrà passare fra le colonne e i pilastri del museo le ombre del vecchio Mariette e di Gaston
Maspero, un tedesco evocherà lo spirito di Richard Lepsius,
un inglese vorrà vedervi l’impronta di Petrie, di Carter e
di Lord Carnavon, un italiano sarà orgoglioso di confrontarsi con la memoria di Drovetti e di Belzoni (sebbene a
parte Maspero, Carter, Carnavon e Petrie nessuno degli altri mise mai piede nell’attuale palazzo neoclassico che fu
inaugurato nel 1902), un egiziano ricorderà Ahmad Kamal
Pasha, Salim Hasan e il Khedive Abbas II Hilmi che pose
la prima pietra del palazzo il primo aprile 1897, ma soprattutto
vedrà raccolta quella che egli ritiene essere la sua eredità
storica. Ma il museo è anche il luogo delle passioni; così
lo storico dell’arte vorrà vedervi solo opere di eccellenza
estetica, un epigrafista sognerà centinaia di stele, lo storico della letteratura metri e metri di papiri, per un medico
i ferri chirurgici esposti nelle vetrine saranno sempre troppo pochi, per un musicista lo spazio dato agli strumenti musicali sarà eccessivamente esiguo, e un ex militare vorrà vedere soprattutto armi di ogni tipo disposte in bell’ordine.
Ognuno ha una sua idea di museo, che deriva dal proprio habitat, dalla propria storia culturale, e dalla storia della cultura del paese di cui fa parte; e ciascuno vuole vedere narrata questa storia nel museo. Il museo del Cairo è
però un museo universale. L’innegabile universalità del Museo Egizio del Cairo e la sua stratificazione storica sono gli
elementi da cui partire per una riflessione museologica destinata a portare, se si vuole, a un ripensamento dell’intero apparato espositivo del museo attuale. Con tali elementi qualsiasi progetto museologico dovrà fare i conti, e
per far ciò dovrà opporsi alla deculturalizzazione e alla destoricizzazione della natura del museo che spesso sono implicite nei grandi lavori di rinnovamento.
La museologia ha come oggetto il museo. Questa che
sembra un’affermazione banale è invece un assunto fondamentale: ribadirlo significa sostenere che la museologia
considera il museo nella sua complessità, non si ferma, come gli studiosi delle diverse discipline, alla specificità o al
valore scientifico delle singole collezioni, o non si limita,
come gli architetti, alla forma, alla dimensione e alla successione degli spazi, ma amalgama il valore culturale di queste collezioni con gli spazi che le contengono, con la storia che hanno subìto, con le interpretazioni che di esse sono state date nel corso del tempo, con la struttura della società (e a volte con la natura del potere) da cui il museo
è nato e in cui è immerso. Ora, tutti questi elementi – og-
* Nel 2008 sono stato chiamato dalla società milanese Museum Engineering srl a far parte in qualità di museologo di un gruppo di lavoro incaricato dal Governo italiano di realizzare un piano generale di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’antico Museo Egizio del Cairo a Midan al-Tahrir. Il mio compito
nell’ambito del gruppo, costituito da egittologi, architetti, ingegneri, tecnici dell’illuminazione e della conservazione preventiva, fu soprattutto quello di organizzare, in accordo con gli esperti di egittologia e con gli architetti, i contenuti culturali delle esposizioni del museo attraverso una nuova disposizione
dei percorsi e delle aree espositive. Il presente articolo illustra i concetti che hanno costituito la premessa al lavoro museologico.
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tuzione, con una differenza sostanziale: nel caso di un mugetti, spazi, storia, interpretazioni, tempo, società – formano
seo rinnovato la museologia si trova a fare i conti con la
la “cultura del museo”, una cultura unica e irripetibile, non
storia del museo che, fatta di anime molto diverse – architettura,
immobile ma evolutiva, che rende ogni museo diverso da
scienza, storie di uomini e di collezioni –, non può esseogni altro museo2. una cultura che ogni museo possiede,
re rinnegata senza che si distrugga assieme a essa un framseppure spesso incoscientemente. Compito della museomento di civiltà. Anche in questo caso la museologia è cologia è penetrare in questa cultura, comprenderla, scavastretta a mediare, a trovare un compromesso fra vetustà,
re nella storia del museo, e nella storia dei singoli uomini
tradizione, modernità.
che ne sono stati gli artefici, per mettere il museo in graDi qualsiasi tipo di museo si parli, il lavoro museodo di esprimere e di comunicare la “sua” cultura.
logico è dunque un lavoro di organizzazione intellettuale
Un progetto museologico non è dunque un progetto
che si basa soprattutto sul dialogo; ogni progetto muarchitettonico, gli architetti non fanno della museologia, e
seologico ben riuscito ha cioè alla sua base un patrimonessun edificio diviene un museo solo perché gli viene imnio di parole, di dibattiti, di discussioni, di contraddittori
posto questo nome. Un progetto museologico consiste nel
e di contatti interpersonali. Nessun museo, se non le isticoniugare contenitore e contenuto in una realtà armonica,
tuzioni con una forte connotazione politico-ideologica,
godibile, comprensibile e accettabile dal pubblico, che
è il prodotto di un’unica volontà autoritaria.
nello stesso tempo offra protezione agli oggetti e ospitaCiò porta a due considerazioni generali. Da un lato
lità agli studiosi e garantisca la conservazione della memoria.
all’idea, essenziale per la vivacità e
La museologia – quella “di campo”, non
l’immediatezza culturali della creazione
la museologia teorica – è sostanzialmuseale, che la progettazione di un
mente uno strumento di sintesi e di memuseo non si esaurisce nella realizdiazione che opera su più livelli.
zazione di un piano prestabilito, senIl primo livello consiste nell’idenza possibilità di “varianti in corso
tificare la cultura del museo e nel rend’opera”, ma che debba tener conto
derla apparente a coloro che nel mudella dialettica museologica che non
seo operano a diversi stadi o che ne sopermette di escludere a priori che il
no in qualche modo responsabili. Il che
contenuto espressivo del museo prenavviene attraverso due momenti: la
da forma e si modifichi parallelacomprensione dei diversi elementi di
mente alla costruzione tecnica, il che
cui è costituito il complesso museale
conduce a sua volta a prevedere pro– elementi culturali, spaziali, storici,
grammi di costruzione flessibili e
umani – attraverso un processo di scormodificabili. Dall’altro alla consideporo, e l’identificazione dei rapporti rerazione che la dialettica museologiciproci fra questi elementi attraverso un
ca impone un’ampia capacità di riprocesso di ricomposizione. Al seconcezione culturale e di tolleranza ideodo livello il museologo deve mediare
logica da parte dei protagonisti refra le tre forze intellettuali che concorrono
sponsabili dei contenuti del museo e
alla costruzione fisica e simbolica del
Progetto Goppion spa e Museum Engineering
della loro comunicazione.
museo, architettura, scienza, e letterasrl per il rinnovamento del Museo del
Nel caso del Museo Egizio del
tura (architettura dello spazio, scienza
Cairo, Galleria dei masterpieces, statua
Cairo quest’ultimo punto impone che
dei contenuti, letteratura della comudi Chefren, museografia Gianni Bulian,
i museologi incaricati del progetto
nicazione), vegliando a che nessuna di
museologia Giovanni Pinna.
non dovranno sentirsi italiani, francesi,
queste tre forze prevalga sulle altre. Al
tedeschi, inglesi o egiziani, non dovranno essere storici dell’arterzo livello il progetto museologico si sviluppa da una mete, egittologi o archeologi, ma dovranno saper mediare fra
diazione sui contenuti e sul sistema di comunicazione; estutte queste anime, essere interpreti di tutte loro in ugual
so dovrà armonizzare le necessità della scienza con quelle
misura. Così, come il Museo Egizio del Cairo non è, e non
della comunicazione, per giungere a organizzare il contepuò essere, un museo egiziano, analogamente esso non può
nuto culturale del museo in un messaggio che – salvando
divenire un museo fatto da egittologi per egittologi, o da
sia la correttezza scientifica, sia l’estetica della comunicazione
egittologi per archeologi, epigrafisti e filologi. Questa sarà
– raggiunga il pubblico e lo coinvolga.
solo una frazione del museo, la più segreta e inarrivabile
Ciò vale sia per un museo del tutto nuovo costruito dal
per il grande pubblico, ma il resto del museo, quello che
nulla, sia per il rinnovamento di una vecchia e augusta isti-
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La stesura del progetto museologico per il Grande Muappartiene al pubblico, le gallerie e le sale di esposizione,
seo di Giza, illustrato dalla cooperazione italiana in un podovranno contenere un grande, comprensibile e affascinante
deroso volume4, ha affidato l’ideazione del progetto a un
affresco del brulicare millenario di uomini, di re e di divinità lungo le rive del Nilo.
gruppo di valenti egittologi. Essi vi hanno riversato tutta
Il vecchio palazzo rosa che si erge su un lato di Midan
la loro passione per l’Egitto, la loro egittomania, la “maal-Tahrir ha però una sua storia che non può essere negata.
lattia” di cui sono affetti molti egittologi in tutto il mondo.
Questa si intreccia con l’egittologia mondiale che ha proIl risultato non è stata un’ipotesi di museo, ma un trattato
gressivamente riempito le sue sale di sarcofagi, stele, padi egittologia: da una parte è stata ipotizzata l’illustraziopiri, statue e statuette, oggetti di culto e di casa. Negli anne di tutta la storia delle dinastie faraoniche, nella loro cani, dal giorno dell’apertura del museo nella sua sede atnonica suddivisione, dall’altro è stata data enfasi alla postuale – 15 novembre 1902 –, le sale si sono progressivasibilità di seguire le modificazioni subite dall’arte figuratimente riempite di oggetti offuscando in parte l’ordinava, dalla scrittura, dalla religione, dalle istituzioni dello Stamento originario. Il museo si è arricchito, gli oggetti hanto, del paesaggio eccetera lungo i diversi intervalli storici.
no trovato collocazioni diverse, ma esso ha conservato il
La monomania che spesso colpisce gli studiosi di una cersuo aspetto monumentale.
ta disciplina ha fatto deviare dalla finalità del museo, che
Ciò implica una riflessione importante che dovrà conè quella di evocare civiltà e non quella di essere palcoscenico
durre a rispondere obbligatoriamente all’interrogativo:
per i propri dogmi culturali. Se non verrà ripensato il promantenere il museo così com’è,
getto, è probabile che l’espopur nell’ammodernamento delsizione del museo di Giza sarà
le vetrine dei supporti esposidestinata a illustrare la civiltà egitivi, nell’adeguamento dell’illuzia secondo un modello eurominazione e delle misure di
centrico, non filtrato da un’inconservazione preventiva, o traterpretazione diacronica. Così,
durlo in una struttura fondauna civiltà, la cui natura più
mentalmente diversa, in cui poesclusiva fu plasmata dall’atco si riconoscerà della precetaccamento morboso alle tradente composizione degli spadizioni e dalla conservazione e
zi e poco rimarrà dell’aura gedalla staticità millenaria dei monerale?
delli artistici, del ritualismo reIn ogni caso – ma io proligioso, della letteratura e delpendo per la prima ipotesi –
la struttura del potere, verrà
l’esposizione del museo dovrà mupresentata come presenteremProgetto Goppion spa e Museum Engineering srl
tare, sia per adeguarsi ai momo la civiltà europea: una sucper il rinnovamento del Museo del Cairo, Sala
derni standard espositivi, di concessione accelerata di fatti, di stiChefren, museografia Gianni Bulian, museologia
servazione e di sicurezza, sia
li, di scismi, di movimenti artiGiovanni Pinna.
perché il museo sarà privato di
stici e di mode. In questo promolte opere eccellenti a favore di altri musei, il Museo delgetto museologico si legge l’assenza di una mediazione fra
la Civilizzazione, ormai una realtà cairota, nuovi musei che
le esigenze del pubblico e quelle dei singoli egittologi, vasorgono in altre città e in siti archeologici, e soprattutto il Granle a dire la mancanza di un profondo studio museologico
de Museo di Giza3. Quale forma prenderà il museo, quale
e di una sua applicazione.
Il progetto museologico per il Museo Egizio del Cairo
storia verrà narrata nelle sue sale di esposizione, in qual modovrà percorrere un’altra strada, evitando sia l’eurocentrido – forma estetica e sostanza – questa narrazione si dipasmo – oggi divenuto più in generale occidentalismo – sia
nerà nello spazio, come saranno disposti i materiali – per siil perfezionismo scientifico che tende a confondere un
ti, cronologicamente, per tipo di produzione artistica o mamuseo con un trattato per specialisti. I viaggiatori del monnifatturiera? – sono interrogativi che la riflessione museolodo classico – Erodoto5, Solone, Diodoro Siculo, Strabone
gica dovrà tradurre in un progetto; riflessione che dovrà
scaturire dai processi di mediazione cui ho fatto cenno po– hanno trasmesso alla civiltà europea una visione dell’Egitche righe più sopra, e che dovrà tenere conto della specifito come sorgente di tutta la civiltà, fucina di una scienza
cità dei caratteri e della natura della civilizzazione egizia, senmillenaria. Tale immagine dell’Egitto faraonico non ci ha
za cadere nei luoghi comuni stratificatisi nel corso del proancora abbandonato, affascinandoci soprattutto il suo
cedere degli studi dell’egittologia classica.
aspetto misterico legato ai riti della morte. Questo ha con-
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terismo. A lui rimangono perciò aperte due vie principali,
dizionato i nostri musei e la nostra conoscenza; abbiamo
che potranno essere percorse parallelamente e potranno
interpretato come ossessione della morte quello che era l’amointersecarsi con strade e piazze secondarie: una via è quelre per la vita6 e abbiamo insistito a raccontare la civiltà egila lungo cui scorre la storia dell’archeologia in terra d’Egitzia solo attraverso gli arredi funerari e le tombe. Vero è che
to, con i riflessi che questa ha avuto nel determinare motombe e arredi sono gran parte dei documenti che il pasde e miti nel mondo occidentale11, la seconda è quella che
sato egizio ci ha tramandato; proprio per questo il museo
deve rimaneggiare, ridistribuire ai fini di un racconto di viporta alla contemplazione estetica dei manufatti e al loro
ta e non di morte, deve evitare che le esposizioni evochirapporto con l’Egitto monumentale, che si intreccia, queno cimiteri invece di mostrare civiltà, rivoluzionando una
st’ultimo, a sua volta con la storia delle scoperte. Questo
consuetudine di molti musei archeologici7.
intreccio fra oggetti, monumenti e scoperte va recuperato
nell’esposizione con un travaso fra esterno e interno, fra
Il Museo Egizio del Cairo non è una piccola colleziogli oggetti del museo, i siti e i monumenti. Analogamente
ne come se ne trovano in musei di molte città del mondo,
la storia parallela delle scoperte archeologiche – seppure
le cui radici affondano negli studi di un egittologo o nelcon un suo filo conduttore autonomo – è legata agli ogla passione di qualche bizzarro collezionista, esso è – lo
getti, ai personaggi, ai siti e alla storia. Essa va dunque inripeto – un museo universale, che ha nelle sue immense
trecciata con le narrazioni estetiche o culturali del museo,
collezioni il potere di realizzare un affresco della civiltà e
in un miscuglio di sincronia e diacronia; il che può essedella storia dell’Antico Egitto, senza limitazioni e senza prere fatto invertendo il flash back
giudizi, ma che ha anche socinematografico in un flash
prattutto il dovere di realizzaforward.
re se stesso e la sua storia, una
Queste due vie principali
storia che corre parallelamensono già delineate nella vecte, nonostante le assenze forchia esposizione del museo
zate, con la storia dell’egittologia.
che, una volta alleggerita, a vanLa ricomposizione museotaggio del museo di Giza, dei
logica che si impone al museo
materiali entrati dopo i primi
di Midan al-Tahrir non può inanni della sua esistenza, pofatti essere libera; essa dovrà tetrebbe ricomporsi nel modelnere conto di quanto si sta realo del museo originario. Nuolizzando in Egitto, sia al Cairo,
ve vetrine (conservando ove
sia in diverse città nel delta e
possibile le antiche storiche
lungo il corso del Nilo. Ad Alesbacheche), nuove luci, nuosandria8, a Luxor, a Saqqara, e
Progetto Goppion spa e Museum Engineering srl per
ve didascalie, ma salvando il
ad Assuan9 sono stati realizzail rinnovamento del Museo del Cairo, Galleria dei
senso “originale” dell’edificio,
ti moderni musei dedicati, i prisarcofagi, museografia Gianni Bulian, museologia
l’architettura aperta e illuminata
mi due a illustrare i più recenGiovanni Pinna.
da un sole filtrato dalle tende,
ti ritrovamenti locali, il terzo a
le lunghe prospettive, gli scaloni, le balconate del piano
ricordare l’architetto della piramide a gradoni, il quarto a
superiore che invitano alla vista della grande sala centrale,
stabilire l’identità egiziana della Nubia. Al Cairo il Museo
più bassa del piano dell’ingresso. Il museo consta fondella Civilizzazione ha lo scopo di collegare in una sequenza
damentalmente di due anelli sovrapposti formati da lunstorica ininterrotta l’Egitto dei faraoni, l’Islam e l’Egitto
ghi corridoi: essi circondano la sala centrale, quello del
moderno, mentre il museo di Giza, sarà un impressionanpiano terra si apre lateralmente a intervalli regolari in stante affresco della storia e della civiltà egizie per turisti fretze non comunicanti fra loro, mentre in quello del piano
tolosi assetati di antichità10. Nell’orizzonte museologico
superiore le stanze laterali comunicano verso l’interno con
egiziano appaiono così musei didattico-educativi, e musei
una balconata che si affaccia sulla sala centrale. In quela cui esposizione fa leva sulla spettacolarità, sul fascino
sti spazi i materiali erano originariamente disposti nel piadi una civiltà millenaria e dei suoi leggendari misteri.
no inferiore secondo la cronologia classica (periodo arCiò restringe il campo di azione per quanto riguarda il
caico, impero menifita, primo e secondo impero tebano,
rinnovamento del museo di Midan al-Tahrir. Esso non poimpero saitico), mentre al piano superiore erano esposti
trà essere nulla di quello che sono gli altri musei, non po“piccoli oggetti o grandi oggetti di peso non eccessivo”
trà essere né totalmente didattico, né solamente educaticome i sarcofagi, come si evince dalla prima guida del muvo, non potrà puntare solo sulla spettacolarità e sull’eso-
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gio a se stesso e alla storia millenaria del suo territorio,
seo12; una disposizione che è rimasta particamente immutata
ma anche a tutte le nazioni e a tutti gli uomini che hansino a oggi, pur con l’aggiunta di sempre nuovo materiale,
no contribuito a risvegliare questa storia dall’oblio.
fra cui naturalmente gli oggetti estratti dalla tomba di Tutankhamon13.
Giovanni Pinna è Direttore della rivista Nuova Museologia.
Questa disposizione dell’architettura interna, con la
sua monumentalità e le lunghe prospettive, è senza dubbio adatta a porre l’enfasi sull’estetica degli oggetti, mentre la presenza di numerosi spazi separati è funzionale alla costruzione di una narrazione storico-archeologica che
1. Erodoto, Le storie, Libro II, 35.
ponga attenzione all’evoluzione delle conoscenze sull’Egit2. Pinna G., L’organizzazione intellettuale dei musei, in: Sibilio B. (a
cura di), L’azienda Museo (Atti del convegno, Firenze 6-7 novembre 2003),
to faraonico, cui si affiancheranno una serie di “finestre culvol. 2, Definire la missione e le strategie del museo, Franco Angeli, Miturali” destinate a illustrare i prodotti di questa evoluziolano, 2004, pp.17-22.
ne: scienza, letteratura, conoscenza della natura, tecniche
3. Per i progetti del futuro sviluppo della museologia egiziana si veda
di lavorazione e conoscenza dei materiali, possono esseil n. 225-226 della rivista “MUSEUM International”, UNESCO, maggio 2005.
re argomenti indagati, approfonditi e illustrati a un pub4. AA.VV., The Great Egyptian Museum, Italian ministry of Foreign Afblico colto, il pubblico che respinge l’immagine stereotifairs, General Directorate for Development Co-operation, Roma, 2001.
pa dell’Egitto misterioso dei
5. “Vengo ora a dilungare il mio
discorso intorno all’Egitto, poiché
riti della morte e della vita,
molte cose meravigliose esso posdelle tombe, dei monumenti
siede e offre opere superiori ad ogni
funerari e dei templi, a favore
Un museo egiziano a Roma
racconto, in confronto a ogni aldi una conoscenza di un
tro paese”, Erodoto, Le Storie, LiEgitto della vita comune,
Il Professor Ashraf Reda, Direttore dell’Accademia
bro II, 35.
ove si raccontavano storie,
di Belle Arti della Repubblica Araba d’Egitto ci scri6. Intervista a Jean-Pierre Corteggiani, in: Quentin F., Fous d’Egypsi scrivevano romanzi, poeve questa breve nota sul nuovo Museo Egizio di
te, Bayard, Paris, 2005.
sie e testi di cucina, si diseRoma che sarà aperto a metà novembre nella se7. Pinna G., L’esposizione di un mugnava fuori dagli schemi su
de dell’Accademia a Villa Borghese: “Il Museo,
seo, in: Binni L., Pinna G., Museo.
frammenti di roccia, si innella sua grande superficie di 350 mq, comprenStoria di una macchina culturasegnava ai giovani, si indade 200 pezzi originali provenienti da importanti mule dal Cinquecento a oggi, Gargava il territorio, si misurasei egiziani, quale il Museo Egizio del Cairo, il Muzanti, Milano, 1980, pp. 96-120.
vano i campi, si incanalaseo di Arte Copta, il Museo di Arte Islamica, il Mu8. AA.VV., Alexandria National
Museum, Ministero della Cultura,
vano le acque e si disputaseo del Fayyum. Include 200 capolavori dell’arte
Il Cairo.
va sui mutevoli melmosi condell’Antico Egitto, tra cui oggetti di epoca farao9. Gaballah Ali Gaballah (a cufini delle proprietà.
nica, greco-romana, copta e islamica, come il picra di), Musée de la Nubie, MiniIl museo di Midan alcolo sarcofago di Tutankhamon, una testa di Akhestero della Cultura, Consiglio
Tahrir non dovrà essere un
naton, una testa di Alessandro il Grande, le statue
Generale delle Antichità, Assuan.
museo per croceristi frettodel re Chefren e della dea Sekhmet, due mummie,
Il Museo della Nubia ha anche
una sezione islamica e una etlosi, né un museo per speritratti del Fayyum, papiri, ceramiche islamiche e
nografica.
cialisti – che comunque consplendidi esemplari di Corano manoscritti di epo10. Mi limito qui ai soli musei detinueranno a frequentarlo
ca mamelucca”.
dicati all’archeologia classica egistudiandone i materiali – ma
ziana, ma ricordo che nuovi muun museo per persone più
sei saranno dedicati all’arte e alla
colte di quelle che andranstoria islamiche.
no a Giza.
11. Per una storia dell’archeologia in Egitto mi piace segnalare il volume di Fred Gladstone Bratton,
Ma il museo di Midan al-Tahrir, che da oltre cent’anni
A history of egyptian archaeology, Thomas Y. Cromwell, New York,
troneggia in una delle piazze centrali della città, è anche
1968.
l’anima dell’Egitto, è parte della sua storia e delle sue ra12. Ho dedotto la sistemazione originaria dei materiali nell’edificio di
dici moderne. Per questo esso si deve aprire anche ai citMidan al-Tahrir della prima guida del museo scritta da Maspero e di cui
tadini del Cairo e di tutto il paese, che vi troveranno la lunpossiedo una traduzione inglese del 1910.
ghissima storia del loro paese.
13. Si veda a questo riguardo la guida del museo del 1933: Musée du
L’auspicio è che attraverso questo museo – monumento
Caire. Description sommaire des principaux monuments, Imprimerie de
l’Institut Français d’Archeologie Orientale, Le Caire, 1933.
alla scienza archeologica – l’Egitto di oggi rendesse omag-
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Il ruolo del Museo della Nubia
nella comunità*
Ossama A.W. Abdel Meguid
tuzioni che potrebbero trattare problemi globali a livello loIl museo e la comunità nello sviluppo sostenibile1
cale. I musei sono tra le istituzioni che hanno l’opportunità
I musei sono prodotti della società e, quando seguodi fare la vera differenza4.
no il filone principale del loro sviluppo professionale, rendono un servizio attivo alla società. Tale servizio implica
la risposta a domande ovvie, come quelle relative all’eduLa comunità nubiana
cazione, al divertimento, all’orgoglio civile, e all’affermaI nubiani hanno una parte di sangue africano ben supezione di valori sociali condivisi.
riore a quella degli egiziani, forse pari al 50% del loro patriQuando la società cambia, anche la sua cultura cambia
monio genetico totale. Nel vestire e nei modi seguono le conper soddisfare esigenze diverse. Chi
venzioni di antica tradizione del monvuole trovare nuovi equilibri fa appello
do arabo. Benché siano orgogliosi
alle istituzioni sociali e culturali per
della loro peculiare identità etnica, i
affrontare la sfida del presente. Di connubiani si considerano arabi e molti
seguenza, per continuare a essere
fanno risalire le proprie origini al
utile alla società, il museo deve evolProfeta o a uno dei primi califfi. L’aravere il proprio ruolo ma, per conservare
bo è la seconda lingua della magla propria integrità, non deve allongioranza della popolazione maschitanarsi dal suo scopo principale. Nesle e l’unica lingua scritta. Come per
sun’altra istituzione si occupa della conla maggior parte degli africani, anche
servazione di importanti oggetti del
per i nubiani la conversione all’Islam
passato. Se questo non dovesse più
è piuttosto recente. Non si tratta di una
essere il suo interesse principale, il muconversione dal paganesimo, poiché
seo non esisterebbe più ma diventeessi furono cristiani per tutto il Merebbe qualcos’altro2. I musei sono
dioevo e, ancora prima, avevano abbracciato una serie di culti di Stato di
istituzioni straordinarie dotate del poorigine egizia. La Nubia era chiamatenziale per sviluppare e illustrare al
ta Balad el-Aman, il paese della trangrande pubblico il nuovo sapere e la
quillità e della sicurezza, in virtù delsua importanza, mantenendo la conla struttura e della funzionamento
sapevolezza del contesto sociale in cui
della società nubiana e del suo adattale sapere è stato prodotto. I musei
tamento all’ambiente lungo le spondispongono del potenziale per parde del Nilo5.
tecipare alla formazione del nostro futuro collettivo, e attraverso la ricerca,
Un importante aspetto della coLa grande statua di Ramesse II. (Foto
la programmazione delle esposiziomunità nubiana è la proprietà coNuova Museologia)
ni e le collezioni del patrimonio stomune di ruote idrauliche, palme, camrico-culturale forniscono un importante contributo ai programmi
pi e bestiame da parte di membri di diverse famiglie e perdi collaborazione nell’interesse di tutta la società. Alcuni posino di villaggi. Le limitate risorse economiche indussero i
trebbero affermare che i musei non hanno il diritto di parnubiani a collaborare piuttosto che a litigare per diritti e spartecipare alla formazione della società3. Tuttavia, di fronte altizioni. Questa necessità influenzò anche le relazioni e le interazioni sociali poiché le quote proprietarie non potevano
le crescenti esigenze di analizzare problematiche ambientaessere vendute ma venivano tramandate. Pertanto, era inteli, culturali e socio-economiche, le persone si rivolgono a isti* The Nubia Museum’s Role in the Community, by Ossama Abdel Meguid. In MUSEUM International, 57 (1-2) / 225-226, pp. 67-74, 2005 © UNESCO
2005. Used and translated by permission of UNESCO.
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te alla conservazione della propria cultura e degli stili di vita tradizionali e anche al proprio sostentamento. In questo
processo di riaggiustamento il ricco patrimonio culturale
della comunità nubiana ha sofferto. Di particolare interesse
è stato il generale abbandono della produzione artistica e artigiana poiché la comunità ha adattato i propri stili di vita per
far fronte al nuovo ambiente. Le arti, l’artigianato e il folklore nubiani incarnano e riflettono la storia e le credenze di
questo antico popolo.
La situazione è tale che pochissime persone sotto i
vent’anni conoscono queste arti tradizionali e il folklore e la
storia che le accompagnano. I membri della generazione più
anziana con competenze e abilità stanno oggi estinguendosi; il museo ha individuato nella scomparsa di questa generazione anziana il rischio di un’ingente perdita della ricchezza culturale nubiana e sta cercando di arginare questa
perdita. Un approccio fattibile è facilitare le opportunità per
la generazione più anziana di educare e formare gli
esponenti interessati della generazione più giovane. Nel tentativo di resuscitare le capacità artigianali nubiane e coinvolgere le giovani donne nubiane in attività redditizie
e migliorare l’alfabetizzazione di base, il museo
ha proposto un programma pilota di formazione di
nove mesi che prevede il
trasferimento di abilità e conoscenze tradizionali dalle donne nubiane anziane
Attrezzi agricoli tradizionali nubiani in una vivace esposizione.
a quelle più giovani.
(Foto Nuova Museologia)
resse del proprietario di una parte di una ruota idraulica, che
di conseguenza era proprietario di una porzione del raccolto che essa irrigava, acquisire parte della terra su cui veniva
piantato il raccolto. Egli cercava di ottenerla facendo sposare il figlio con la figlia del proprietario terriero; in tal modo
la sposa avrebbe portato una parte di terra alla famiglia dello sposo. La necessità economica generò un forte senso di
collaborazione e di solidarietà nella società nubiana.
Questa popolazione visse per centinaia, forse migliaia,
di anni a sud della città di Assuan, finché non fu costruita la
Grande Diga che inondò le case ricoprendo l’intera area. Il
Governo spostò i nubiani in nuove comunità dislocate in nuove terre a nord di Assuan, nei pressi di Kom Ombo. La costruzione della Grande Diga portò i nubiani al centro dell’attenzione nazionale. Al contempo, essa separò definitivamente i nubiani dell’Egitto da quelli del Sudan a seguito dei
reinsediamenti che ebbero luogo in entrambi i paesi. Inoltre, molte famiglie che avevano precedentemente
mantenuto la loro presenza fisica nella Nubia, furono sradicate e finirono
per stabilirsi in un ambiente urbano.
Il Museo della Nubia e la
trasmissione della conoscenza tradizionale
Sin dalla sua apertura,
il Museo della Nubia ha intrapreso una serie di programmi concepiti per fare diventare il museo
un’istituzione dinamica e
parte integrante della società di Assuan. Allontanatisi deliberatamente dagli antiquati concetti che vogliono
il museo un luogo statico destinato solo all’esposizione di manufatti, il consiglio di amministrazione e il personale stanno
attuando una strategia atta a garantire che il museo sia parte della comunità di Assuan e risponda alle sue esigenze. Questa strategia prevede un’ampia promozione locale e internazionale, l’offerta di riconoscimenti speciali e l’estensione
dell’orario di visita per il pubblico locale, la realizzazione di
un programma per le scuole che consenta ai bambini di condurre ricerche sulla storia della Nubia nonché l’utilizzo da parte della comunità delle strutture museali per l’arte, il teatro
e altre attività culturali.
Dal processo di reinsediamento degli inizi degli anni
Sessanta, durante la costruzione della Grande Diga, la popolazione nubiana ha affrontato innumerevoli sfide correla-
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Il Museo della Nubia, riduzione della povertà e
dell’analfabetismo
La povertà non è solo una questione di basso reddito;
tra i suoi molteplici aspetti vi sono l’accesso inadeguato a
servizi sanitari, educativi e culturali e la mancanza di rappresentanza nei processi decisionali. Il progetto del museo,
che si prefigge di affrontare le cause primarie della povertà,
è focalizzato sull’ampliamento dell’accesso da parte della
comunità ai servizi di base e sul potenziamento delle capacità umane al fine di migliorare la qualità della vita nelle famiglie più vulnerabili della comunità. Nell’intento di
affrontare la sfaccettata natura della povertà, il progetto opera in stretta collaborazione con le locali Associazioni per
lo Sviluppo della Comunità (CDA). Il progetto fornisce
strumenti di difesa e di assistenza tecnica per l’accesso ai
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servizi di base (acqua e servizi igienici, istruzione e microcredito) e il consolidamento delle Associazioni per lo
Sviluppo della Comunità nella loro funzione di rappresentanti
della propria comunità di riferimento e di collegamento con
altre organizzazioni della società civile per dare voce alle
esigenze delle famiglie vulnerabili. Con l’assistenza del
museo, i gruppi di lavoro del CDA hanno ricevuto una formazione su progettazione e mobilizzazione delle risorse e
hanno impegnato le donne in attività mirate a ridurre la povertà. I consulenti della comunità hanno imparato a predisporre e diffondere messaggi per promuovere la sicurezza
della gravidanza e del parto. Essi sono anche in grado di
fornire alle donne con alfabetizzazione limitata i mezzi per
prevenire la denutrizione loro e dei loro bambini. Inoltre,
alcune CDA sono state addestrate per svolgere un ruolo cardine in importanti iniziative volte alla riduzione della povertà, in collaborazione con altri partner fuori o dentro il
loro ambiente locale. La partnership fa la differenza e un
approccio multiforme costituisce la chiave del successo per
le quotidiane vittorie sulla povertà.
Verso la consapevolezza del problema ambientale
Il museo, in collaborazione con la Unità di Studi Ambientali della South Valley University di Assuan, sostiene
le CDA locali nei distretti dei villaggi nubiani nella città di
Assuan per formare una rete ambientale. La rete consente alle comunità di acquisire una sorta di alfabetizzazione
ambientale per identificare le esigenze e sviluppare strategie, nonché per reperire e mettere insieme le risorse per
trattare quelle esigenze in modo efficiente ed efficace e rafforzare le capacità di difesa ambientale dei membri della comunità. Il museo favorisce lo sviluppo di soluzioni ai problemi dell’ambiente quali lo smaltimento dei rifiuti solidi
e l’inquinamento dell’acqua e dell’aria. Esso promuove
strategie individuate reciprocamente. Grazie alla maggiore consapevolezza acquisita, i membri della comunità possono garantire che le loro soluzioni sono efficaci.
Sulla base di una richiesta del Ministero per le Questioni Ambientali e dell’Agenzia Egiziana per le Questioni Ambientali, l’Accademia per lo Sviluppo dell’Educazione ha favorito l’organizzazione del Children’s National Poster Contest di Agenda 21. Il concorso “Poster” di Agenda 21, una gara di disegno con il tema “Prendiamoci cura del nostro mondo”, è stato organizzato a livello nazionale sotto gli auspici
della First Lady Suzanne Mubarak, nell’ambito della preparazione dell’Egitto per il summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (Sudafrica), nel 2002. Il concorso
di disegno era destinato a bambini tra i sette e i dodici anni
di età con l’intento di accrescere la loro consapevolezza dello sviluppo sostenibile, degli obiettivi di Agenda 21 e dei preparativi di Rio+10. Attraverso la Green Corner Network i bam-
bini sono stati invitati a presentare disegni che riflettessero
i loro timori sui temi dell’ambiente e dello sviluppo globali.
I disegni vincitori provenienti da tutto il mondo sono stati
esposti al summit mondiale. Il museo e l’Accademia per lo
Sviluppo dell’Educazione hanno prodotto materiale per pubblicizzare il concorso e incoraggiare i bambini a partecipare creando disegni che riflettessero le loro prospettive e le
loro preoccupazioni sull’ambiente egiziano e su quello globale. Questo materiale pubblicitario comprendeva cinque poster che ritraevano cinque temi ambientali principali e una
cartellina destinata ai bambini contenente un modulo di registrazione adesivo, un opuscolo descrittivo e quattro pagine sulle questioni ambientali fondamentali. Per migliorare gli
sforzi di comunicazione riguardo alle principali problematiche globali legate all’ambiente e allo sviluppo, nel 2003 una
mostra itinerante dei sessanta migliori poster, rappresentanti i vincitori regionali e nazionali, è stata esposta presso il Museo della Nubia.
Ossama A.W. Abdel Meguid è Direttore del Museo della
Nubia di Assuan.
1. Le seguenti pubblicazioni sono state usate come riferimenti:
• Museums and their Communities: Art, Ethnography and interpretation, Salzburg Seminar, Session 277, agosto 1989.
• Museums and Communities. The Politics of Public Culture. Conference held in the International Centre of Smithsonian Institution, Washington D.C., 21-23 marzo 1990.
• Museums and Societies in a Europe of different Cultures. European
Conference of Ethnological and Social History Museums, Paris, 22-24 febbraio 1993.
• Museums and Communities. 17th General conference of ICOM, Stavanger, Norway, 2-7 luglio 1995.
• Karp I., Mullen Kreamer C., Lavine S.D. (eds.), Museums and Communities:
The Politics of Public Culture, Smithsonian Institution, Washington D.C.,
1992 (ed. italiana: Politica culturale delle collettività, CLUEB, Bologna,
1992).
• Brenner M., Training for Museum and Community Awareness. ICTOP
Meeting, Canada, 1982.
• The Museums and the Needs of People. ICOM/CECA Annual Conference Jerusalem, Israel, 15-22 ottobre 1991.
• Ames M.M., Breaking New Ground: Measuring Museum’s Merits. International
Journal of Museum Management and Curatorship, vol. 9, n. 2, 1990.
2. Burcaw G.E., Introduction to Museum Work, Altamira Press, 1983,
p. 203.
3. Emery A.R., The Integrated Museum. A Meaningful Role in Society, Culture, vol. 44, n. 1, 2001, p. 70.
4. Lawrence G., Remembering Rats. Considering Culture: Perspective on
Museum Evaluation. Museum Visitor Studies in the 90s, London, 1993.
5. Fernea R., Old Nubian Ballad - Aman “the pleased land”. Islamic Nubia prior to the High Dam, Nubia Museum Thematic Programme of Exhibition, UNESCO, 1982.
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Il Museo Imhotep a Saqqara
Giovanni Pinna
ternarsi di oggetti, pannelli didascalici e immagini in
Il Museo Imhotep è un gioiello della museologia egiuno stile che ricorda la museografia del Louvre, sia l’opeziana, frutto della cooperazione franco-egiziana. Inaura di Imhotep architetto, sia un quadro della ricchezgurato nell’aprile 2006 dalle Premières Dames Bernaza archeologica del sidette Chirac e Suzanne
to di Saqqara, dell’evoMoubarak, il museo si
luzione degli stili artrova sulla strada che
chitettonici qui identiconduce al complesso
ficati (illustrati da chiafunerario di Djoser (III
ri disegni sulle pareti),
dinastia, circa 2630-2611
delle recenti scoperte
a.C.) ove si innalza la
effettuate nel sito, delsua piramide a gradoni.
la storia degli scavi, di
Questa prima opera
cui l’archeologo franmonumentale in pietra
cese Jean Philippe Lauer
dell’Antico Egitto fu reaè stato uno degli attolizzata dall’architetto
ri più infaticabili per
Imhotep il cui nome si
settantacinque anni, dal
trova inciso sul piede1926 al 2001.
stallo di una statua del faE proprio a Philippe
raone e la cui effige ci è
Lauer, che si è molto
riportata da moltissime
La sala del museo dedicata a Philippe Lauer. (Foto Nuova
battuto per la nascita di
statuette, soprattutto di
Museologia)
questo museo, è stata
Epoca Tarda (I millendedicata una piccola sanio a.C.).
la in cui sono esposti, in
Una di esse, quando
una parziale ricostruvisitai il museo a Saqqazione, la sua bibliotera nel luglio 2008, era
ca, oggetti personali, fra
esposta al centro della
cui la sua macchina fosala principale.
tografica, e documenti di
Imhotep è stato quinlavoro.
di un personaggio storiFra i pezzi esposti
co al quale tuttavia furono
che più sono legati a
attribuite così tante inImhotep si possono civenzioni – l’architettura,
tare lo zoccolo di una
l’uso della colonna, i rostatua di Djoser in cui
toli di papiro, la mediciè inciso il nome dell’arna – da rendere sovranchitetto accanto a quelnaturale la sua figura cui
lo del re, una statua
furono attribuite ascenLa sala centrale del museo con al centro la statua di Djoser e
del faraone seduto e
denze divine.
sullo sfondo parte del decoro del suo santuario. (Foto Nuova
parte del decoro di
Il museo è un edifiMuseologia)
faïence blu proveniencio a un piano in pietra
te dagli “appartamenti funerari” situati sotto la sua pigialla il cui interno, dopo un ampio ingresso, è diviramide.
so in 5 aree che illustrano, attraverso un sapiente al-
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NUOVA
Il Museo di Luxor
Giovanni Pinna
Horemheb e il dio Amon. Un secondo ampliamento è stato terIl Museo di Luxor, progettato dall’architetto Mahmoud El
minato di recente per accogliere un’esposizione dedicata al teHakim, è un moderno edificio situato fra i templi di Luxor e di
ma dell’esercito e della guerra, ove armi, un carro da guerra di
Karnak sulla celebre Corniche che fiancheggia il Nilo. È il magTutankhamon, trasportato
giore museo di antichità in
dalla precedente esposizioEgitto dopo quello del Caine, e le mummie dei due
ro, costruito su due livelli per
grandi re guerrieri Ahmose
accogliere oggetti provee Ramesse I – quest’ultima
nienti dai siti tebani in una
rimpatriata di recente dal
esposizione, opera del deMichael C. Carlos Museum
signer Hussein Shaboury,
della Emory University di
che ha puntato più sulle
Atlanta – ricordano e celequalità degli oggetti che sulbrano le glorie dell’antico imla quantità, e ha creato copero. È questa la nuova tensì un insieme estremamendenza della museologia egite moderno, degno dei miziana che prevede di dedigliori musei. Aperto al pubcare i musei creati nei diversi
blico nel 1975 su progetto
siti archeologici a fasi della
museologico di Bernard V.
storia egiziana, a personaggi
Bothmer, il museo è stato più
o a caratteristiche storiche o
volte ampliato per far posto
Il carro da guerra di Tutankhamon.
culturali dei siti: è il caso del
a nuovi ritrovamenti. Una pri(Foto Nuova Museologia)
Museo Imhotep a Saqqara
ma volta nel 1991 gli archie di quello di Kom Ombo
tetti italiani Costantino Dardedicato al dio Sobek. Nel
di e Vittoriano Satta idearoMuseo di Luxor sembra che
no una galleria sotterranea
a far la parte del leone sia
per accogliere le più affala XVIII dinastia con le stascinanti fra le numerose statue dei sovrani Amenhotep
tue del Nuovo Regno di
II, Amenhotep III (raffigurato
straordinaria conservazione
in un gruppo scultoreo acvenute alla luce casualmente
canto al dio coccodrillo Sonel 1989 da una cachette
bek), Thutmose III, Akhenel tempio di Luxor, dunaton e Tutankhamon. Nel
rante saggi per il consolimuseo sono esposti alcuni
damento delle colonne del
oggetti provenienti dalla
tempio. Tale galleria è cotomba di quest’ultimo, fra cui
struita in modo da esporre
il carro da guerra già menle statue – perfettamente ilzionato e una straordinaria
luminate – lungo i due lati
Horemheb inginocchiato davanti ad Aton; gruppo dalla cachette
testa della dea Hathor in
maggiori, in nicchie che perdi Luxor. (Foto Nuova Museologia)
forma di vacca. Notevole è
mettono di osservarle da
anche la ricostruzione, con 283 blocchi di calcare, di parte del
ogni lato, ma che le lasciano pericolosamente a portata di mano
museo del tempio distrutto di Akhenaton a Karnak dipinto con
dei visitatori. Fra queste la statua di Amenhotep III, quelle della
figure che conservano ancora i loro colori.
dea Hathor e della dea Iunit e il gruppo che raffigura il faraone
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NUOVA
Il Museo Greco-Romano
di Alessandria
Sara Mastropaolo, Patrizia Piacentini
Nel 1886, Gaston Maspero, Direttore del Service des Antiquités egiziano cominciò a voler concretizzare l’idea di creare
un museo destinato specificamente alle antichità greco-romane
ad Alessandria, come si legge in una lettera da lui scritta alla moglie Louise il 3 gennaio 18861. Questa idea venne ripresa, nel
1891, da Giuseppe Botti “primo”, Direttore delle scuole italiane
di Alessandria e illustre studioso di antichità egizie. Egli infatti
iniziò, con l’aiuto della Società dell’Athenaeum, formatasi in
quell’anno, a sostenere la necessità e l’importanza della nascita
del museo2. Quest’ultimo aprì in una sede temporanea nel
18923. Venne quindi allestito il primo nucleo espositivo grazie a
una serie di antichità provenienti dagli scavi e al contributo del
Direttore del Museo del Cairo, Gaston Maspero, che trasferì ad
Alessandria alcune collezioni. Nel 1893, Botti fondò la Société
Archéologique d’Alexandrie, che pubblicherà dal 1898 un Bulletin. Nel 1894, fu iniziata la costruzione di un edificio apposito
per il museo, che fu inaugurato il 26 settembre 1895. E il Botti
fu chiamato a dirigerlo. Seguirono poi due ampliamenti, nel 1896
e nel 18994. L’anno successivo Botti pubblicò il Catalogue des
monuments exposés au Musée Gréco-Romain d’Alexandrie5. Nel
1903, anno della sua morte prematura, la direzione fu affidata a
Evaristo Breccia. Quest’ultimo pubblicò tra l’altro il primo catalogo generale dedicato alle terrecotte figurate che costituiscono
una delle raccolte più straordinarie del museo6.
Sotto la direzione di Breccia, il museo raggiunse nel 1923 il
suo aspetto finale: le collezioni vennero così suddivise in 23 stanze ed esposte in ordine cronologico e tematico. Il nuovo direttore riteneva, inoltre, che il museo dovesse essere un luogo dove gli studiosi potessero analizzare, catalogare e documentare i
monumenti. Si rese conto, quindi, dell’importanza di creare una
biblioteca. Nel 1932, la direzione passò a un altro italiano, Achille Adriani, che diresse anche numerosi scavi in città e svolse un’incessante attività di studio e pubblicazione dei monumenti7. Gli
successe nel 1952 Victor Gergis che, insieme a Henry Riad, continuò le attività di scavo e le pubblicazioni sul Bulletin.
Riad fece anche un grande lavoro per registrare e fotografare gli oggetti contenuti nel museo secondo la disposizione nelle
sale. Le collezioni erano esposte nel seguente ordine: introduzione
alla storia di Alessandro Magno, monumenti egiziani, sculture e
ritratti dei re tolemaici e collezioni degli imperatori romani, ceramiche, collezioni di lucerne, di vetro, di bronzo e tessili.
L’interesse dell’Italia e la collaborazione con l’Egitto nello studio dell’epoca greco-romana sono tuttora forti e lo dimostrano
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i congressi organizzati regolarmente, tra cui il Secondo Congresso
Internazionale italo-egiziano, del 1995, che ha celebrato il centenario del museo.
Nel 2005, alcuni lavori effettuati nei locali della biglietteria
del museo hanno portato alla luce nuovi documenti d’archivio
relativi al museo. Dal 2007 è in atto il progetto AMGRA, che prevede la creazione di un database per catalogarli. Si tratta di documenti molto interessanti sia per l’archeologia, in quanto comprendono calchi e piante di siti scavati nonché registri di inventari
di pezzi rinvenuti, sia a livello storiografico, dal momento che
includono tra l’altro documenti amministrativi, corrispondenza
tra il Museo del Cairo e quello di Alessandria, registri annuali,
sia, infine, per la storia contemporanea della città di Alessandria8.
Sara Mastropaolo è collaboratrice della Cattedra di Egittologia,
Università degli Studi di Milano. Patrizia Piacentini è Professore
Ordinario di Egittologia, Università degli Studi di Milano.
1. David E. (éd.), Maspero. Lettres d’Égypte. Correspondance avec Louise Maspero [1883-1914], Paris, 2003, p. 104.
2. El Gheriani Y., Graeco-Roman Museum: foundation, additions and renovation from 1892 to 1992, in: Bonacasa N., (a cura di), Alessandria e il mondo ellenistico-romano. I centenario del Museo Greco-Romano, Alessandria 2327 novembre 1992, (Atti del II Congresso Internazionale italo-egiziano), Roma, 1995, p. 49. Dawson W.R., Uphill E.P. (revised by Bierbrier M.L.), Who
was Who in Egyptology, London, 1995, p. 57.
3. Cfr. Piacentini P., Il contributo italiano alla tutela e alla catalogazione delle antichità nei Musei egiziani, in: Casini M. (a cura di), Cento anni in Egitto.
Percorsi dell’archeologia italiana, Milano, 2001, pp. 230-232, 248, in particolare p. 230.
4. Curto S., Giuseppe Botti “primo”: la vita e gli scritti, Studi di Egittologia e di
Antichità puniche, 13, 1994, pp. 71-73.
5. Botti G., Catalogue des monuments exposés au Musée Gréco-Romain
d’Alexandrie, Alessandria, 1900.
6. Dawson W.R., Uphill E.P., Bierbrier M.L., op. cit., p. 63; Marvulli M., Evaristo Breccia e l’egittologia nel “Corriere della Sera” durante il fascismo: materiali
e documenti, EDAL. Egyptian and Egyptological Documents Archives Libraries, 1, 2009, pp. 83-94; Breccia E., Terracotte figurate greche e greco-egizie del
Museo di Alessandria, Bergamo, 1930.
7. Epifanio E., Scritti di Achille Adriani, in: Bonacasa N., Di Vita A. (a cura di),
Alessandria e il mondo ellenistico-romano. Studi in onore di Achille Adriani, Roma, 1983, pp. XV-XIX; Dawson W.R., Uphill E.P., Bierbrier M.L., op. cit., p. 6.
8. Gady E., La découverte et le projet de mise en valeur des archives du Musée
Gréco-Romain d’Alexandrie: projet AMGRA, EDAL. Egyptian and Egyptological Documents Archives Libraries, 1, 2009, pp. 141-148.
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LIBRI
a cura di Giovanni Pinna
Recensioni
Álvaro Siza: due musei
di Maddalena d’Alfonso e Marco Introiti, Electa, Milano,
2009, 148 pagine, 48 euro
Il volume, edito da Electa nella collana “ad esempio”, nasce dall’intento di evidenziare il processo ideativo e creativo del percorso architettonico sviluppato da Álvaro Siza,
universalmente riconosciuto come uno dei più grandi maestri dell’architettura contemporanea. I lavori a confronto, attraverso un dialogo stretto e non convenzionale tra testo, fotografia e disegni autografi, sono il Museo di Arte Contemporanea di Serralves a Porto, in Portogallo, e il Museo di Iberê
Camargo a Porto Alegre, in Brasile. Progettati in anni diversi (fra il 1991 e il 1999 il primo, fra il 1998 e il 2008 il secondo) e per aree affatto dissimili, i due musei comprendono matrici compositive e stilistiche analoghe. Seguendo uno
stile unitario nel tempo, Siza si è sempre occupato di determinare una mimesi con i luoghi in cui s’inserisce o come ama
dire egli stesso di “realizzare una naturalezza nel sentire lo
spazio costruito”.
Il filo comune che unisce Porto a Porto Alegre è proprio
l’attenzione dedicata nella progettazione all’ambiente nel
quale l’opera si inserisce e la sensibilità impiegata nel rapportare a esso gli stilemi di una progettazione colta, nel senso di culturalmente valida e fondata. L’ambivalenza è un fattore costitutivo dell’opera di Siza: leggendo attentamente i due
musei è possibile capire quali passaggi Siza abbia compiuto nella sua posizione rispetto al senso dell’architettura. La
visione attraverso la fotografia della matericità attuale dei due
musei può rivelare una lettura del lavoro di Siza del tutto originale, frutto della grande tradizione architettonica iberica e
mediterranea.
Musei anni ’50: spazio, forma, funzione
di Maria Cecilia Mazzi, Edifir, Firenze, 2009, 262 pagine, 20
euro
Dopo In viaggio con le Muse, Maria Cecilia Mazzi pubblica con la collana “Le Voci del Museo” questo volume che
si rivela un’interessante analisi storico-critica dei musei ristrutturati
nel dopoguerra, alla luce delle riflessioni scaturite dal nuovo ruolo e delle funzioni assegnate al museo. Con la sua scrittura suggestiva e ricca di spunti di riflessione, la Mazzi ci immerge nel vivace dibattito imbastito da personaggi del calibro di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Roberto Longhi, Ludovico Ragghianti, solo per citarne alcuni, per invitare, sostenere e incoraggiare a intraprendere nuove e più aggiornate
metodiche di allestimento e di riordinamento. Un dibattito
ricco di contribuiti e di nuove e stimolanti idee, quindi, al
quale prese parte attivamente la politica della gestione
dell’impresa culturale, a quel tempo ancora gestita da veri
conoscitori, che sostenne questo dibattito finanziariamente
e con validi provvedimenti legislativi. Il tutto in un contesto
storico – ben delineato nel libro – dal quale emerge la voglia di riscatto dell’Italia, messa in ginocchio dalla guerra, attraverso anche il recupero e la valorizzazione del proprio passato. D’altra parte sappiamo bene che le azioni belliche avevano distrutto troppi monumenti architettonici, sfigurato tanti centri storici e ferito un numero rilevante di musei che, fortunatamente, erano stati preventivamente svuotati del loro insostituibile contenuto.
Da questo humus – condito da memorie che bene esemplificano lo stato d’animo degli studiosi e dei conservatori del
tempo – si avvia il percorso del libro che tocca le esperienze più significative della museografia del dopoguerra, collocate
nel piano di ricostruzione del paese; lavori voluti e seguiti
passo dopo passo dal Consiglio Superiore della Antichità e
Belle Arti che condivise con museografi e conservatori i
nuovi metodi espositivi adottati e gli ordinamenti in sintonia con studi più aggiornati. Una forte volontà di valorizzazione del sistema museale e di diffusione della conoscenza
del patrimonio storico-artistico, quindi, anche attraverso mirate mostre temporanee che, proprio in quegli anni, segnarono un deciso incremento.
Il libro tocca tutti i casi di allestimento più rilevanti di quegli anni, stagione inaugurata con i lavori intrapresi nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia e nella Pinacoteca di Brera
a Milano, dove ritroviamo i prodromi delle novità in campo
museografico e museologico più marcatamente adottate nei
musei oggetto di riordino negli anni Sessanta. Per intenderci stiamo parlando di noti musei italiani (Palazzo Bianco e
Palazzo Rosso a Genova, Gipsoteca di Possagno, le Sale dei
Primitivi degli Uffizi a Firenze ecc.) che misero in luce una
cerchia di architetti che fecero della museografia la loro attività privilegiata: Albini, Scarpa, Rogers, Belgiojoso e Gardella il cui lavoro nel tempo è stato oggetto di dibattiti, ripensamenti e, talvolta, anche di critiche. È indiscutibile che
i loro allestimenti svecchiarono i musei italiani e, nonostante pregi e difetti emersi nel corso del tempo, sarebbe opportuno
salvaguardare almeno i lavori che più riflettono il gusto museografico del dopoguerra. Questo è un nodo ancora tutto
da sciogliere nel caso di alcuni allestimenti di Carlo Scarpa
spesso eccessivamente spettacolarizzanti – si veda il caso della suggestiva collocazione della Eleonora di Aragona del Laurana a Palazzo Abatellis – e oggettivo impedimento a possibili interventi futuri, come la prima delle Sale dei Primitivi
degli Uffizi che, pur ruotando attorno al Crocifisso di Giotto (collocato emulando l’affresco con il Presepe di Greggio
di Assisi), perderebbe comunque efficacia se partisse una sola pala con Madonna in trono. Seppure con questi vincoli,
l’allestimento delle Sale dei Primitivi rimane il fatto più rile-
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vante avvenuto a Firenze in campo museografico e ancora
oggi, nonostante il tanto tempo trascorso, è assolutamente
godibile questa perfetta sintonia fra contenuto e contenitore, fra materiali e opere d’arte, fra spazi e scorci.
A margine delle vicende ripercorse dalla Mazzi, voglio qui
ricordare un bel lavoro fatto da Carlo Cresti, sempre a Firenze,
poco ricordato ma che nel tempo ha sortito l’effetto sperato. Parlo dell’allestimento della Sala di Michelangelo e della
scultura del Cinquecento al piano terra del Bargello aperta
alla città mediante l’espediente delle porte aperte sulla pubblica via, catturando così l’attenzione delle persone che, magari attratte dal profilo del Bacco giovanile di Michelangelo,
da semplici passanti diventano possibili visitatori; le sculture esposte, a loro volta, riacquistano un posto di rilievo
nell’arredo urbano della città.
A corredo del saggio della Mazzi vi sono due capitoli. Quello di Stefano Marson punta a ripercorrere i fatti e il dibattito sulla necessità di separare e ordinare in spazi dedicati le
esperienze artistiche più recenti, accogliendo le istanze di Lionello Venturi su un museo capace di educare il pubblico all’arte moderna. Da qui l’allestimento del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano (Ignazio Gardella) e della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino (dove si misero in luce i due
giovanissimi architetti Carlo Bassi e Goffredo Boschetto).
Diverso è il discorso per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna
di Roma dove nel dopoguerra, con il rientro delle opere da
Palazzo Farnese di Caprarola e l’arrivo di altre dal dismesso
museo mussoliniano, si procedette a un sommario ordinamento dettato evidentemente dall’urgenza piuttosto che da
un piano ben programmato, vista l’adesione di Palma Bucarelli
alla linea tracciata dal Venturi.
L’ultimo capitolo è un interessante saggio di Simona Rinaldi sulla “pessima” prassi degli affreschi staccati, molto di
moda e incoraggiata non solo da Cesare Brandi ma anche
da Roberto Longhi, entrambi in buona fede fermamente
convinti della validità di questa metodica per salvaguardare
le pitture murali dal degrado. In questa fase il dibattito non
prendeva in considerazione eventuali effetti collaterali, tanto meno si poneva il problema della decontestualizzazione
degli affreschi; piuttosto il ragionamento era orientato verso
la scelta di intervenire mediante lo stacco o lo strappo come soluzione definitiva; e questo fu il punto toccato nella infausta decisione di separare il Cenacolo di Leonardo da quel
muro umido che tanti problemi dava, senza però tenere
conto del fragilissimo stato di salute dell’affresco stesso. Sulla scorta di tale tendenza si colloca la “Mostra di affreschi staccati”, organizzata da Ugo Procacci nel 1957 a Firenze, così
come la decisione del Brandi, sostenuto nella sua scelta dal
Longhi, di salvare gli affreschi del Camposanto di Pisa mediante la tecnica dello strappo. Per una migliore comprensione sia del caso di Milano che di quello di Pisa il lettore,
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in appendice al libro, ha a disposizione una selezione delle
perizie tecniche e delle considerazioni degli storici dell’arte
curata da Simona Rinaldi. Anticipa tale documentazione un
repertorio di brani scelti dalla Mazzi e da Marson a sussidio
dell’argomento da lei affrontato, con testimonianze orali difficili da reperire, di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Franco Albini, Carlo Scarpa e Lionello Venturi.
Maria Maugeri
Le colonne del Tempo
di Luca Giancio, Edifir, Firenze, 2009, 342 pagine, 35 euro
Il volume ricostruisce la fortuna culturale del Macellum
romano di Pozzuoli, un sito archeologico e naturalistico che
tra Settecento e Ottocento conobbe una vasta notorietà internazionale con il nome di “Tempio di Serapide”. I fenomeni di erosione marina cui era soggetto, l’inedita tipologia architettonica, gli interrogativi circa la sua funzione originaria suscitarono un lungo dibattito che coinvolse scienziati, archeologi e artisti creando le condizioni per uno stimolante confronto interdisciplinare. Dunque oltre a mostrare
l’importanza del “Tempio” per l’affermazione di concezioni radicalmente innovative del mutamento terrestre, il volume intende esplorare le modalità dell’interscambio teorico e metodologico tra scienze della natura e cultura storico- artistica riservando particolare attenzione al ruolo svolto dalle rappresentazioni visive.
dalla quarta di copertina
LIBRI
LIBRI
Ernesto Nathan Rogers e la costruzione dell’architettura
a cura di Aldo de Poli e Chiara Visentin, MUP, Parma, 147
pagine, 15 euro
I musei luoghi dell’esporre e del conservare
a cura di Monica Buzzone, MUP, Parma, 2009, 118 pagine,
12 euro
I due volumi, realizzati dal gruppo di ricerca Architettura Musei Reti della Facoltà di Architettura dell’Università di
Parma coordinato da Aldo De Poli, raccolgono rispettivamente
i contributi presentati al convegno di studi su Ernesto N. Rogers, svoltosi a Parma nel marzo 2009, e le ricerche presentate al convegno organizzato nel 2008 nella stessa città in occasione della Giornata Internazionale dei Musei in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia di Parma.
Alessandro Coppellotti, scritti scelti di architettura e
di museografia
a cura di Cristina De Benedictis e Maria Letizia Strocchi,
Edifir, Firenze, 2009, 165 pagine, 14 euro
Dar conto di un libro che raccoglie gli scritti di Alessandro
Coppellotti è difficile, a causa della intensa, affettuosa amicizia
che mi ha legato a lui per oltre vent’anni. Al di là dei sentimenti
privati, condivisi da tanti amici e colleghi, questo volume della collana “Le Voci del Museo” intende non soltanto costituire
un omaggio all’amico che ci ha lasciati troppo prematuramente, ma anche offrire una testimonianza dei suoi interessi come
del suo intenso, variegato percorso professionale.
Si tratta di una antologia di scritti voluta da Cristina De
Benedictis, collega di tanti anni universitari e sodale amica
che, insieme a Maria Letizia Strocchi, ha raccolto con un’operazione di difficile selezione nel caotico e ricco microcosmo
di Alessandro (mi sia concesso chiamarlo per nome) documenti significativi di carattere sia teorico e scientifico sia tecnico-operativo e progettuale. Fonte preziosa, non solo per
chi ha avuto modo di apprezzare la capacità critica dello studioso, ma anche per stimolanti spunti di riflessione sul mestiere del museografo.
Come hanno scritto le curatrici nella prefazione, Alessandro
non ha mai pubblicato volumi o trattati, lacuna spiegabile in
parte a causa della vasta gamma di interessi che gli consentivano di passare con naturalezza da un tema all’altro (dall’arte culinaria all’arte contemporanea), da un lavoro all’altro, senza mai risparmiarsi e con la medesima competenza creativa
apprezzata da tutti i suoi committenti.
Il libro, corredato da un apparato redatto da Giuseppe
Rizzo composto da una nota biografica, dall’elenco dei progetti e degli allestimenti, da una descrizione dell’attività didattica, da una completa bibliografia dei suoi scritti e da una
scelta di disegni e schizzi relativi a esposizioni temporanee
e permanenti e a proposte di arredo, e da un’introduzione
del museografo Pellegrino Bonaretti, raccoglie ventitré sag-
gi che toccano vari argomenti: da studi a carattere storicocritico, a recensioni e approfondimenti teorici, a vere e proprie testimonianze dei tanti lavori compiuti in Italia e all’estero. Molti suoi allestimenti si sono concretizzati, e sono stati
apprezzati per l’originalità espositiva, come il suggestivo ed
evocativo ordinamento della mostra “La morte e la gloria: apparati funebri medicei per Filippo II di Spagna e Margherita d’Austria” (Cappelle Medicee, Firenze 1999), cui dà conto nel saggio “La Regale pompa”: l’allestimento e l’archeologia delle emozioni; molti sono rimasti invece sogni nel cassetto, come la creazione di un percorso museale all’interno
dell’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze a cui tanto tempo ha dedicato, di difficile realizzazione a causa della oggettiva
difficoltà di intervenire in un nosocomio ancora attivissimo;
molti lavori non hanno potuto vedere compimento e realizzazione, come il progetto di Casa Siviero, di cui nel volume
viene pubblicata l’inedita relazione tecnica depositata presso l’Ufficio della Cultura della Regione Toscana, o l’intervento
nel castello di Sarre, riaperto al pubblico nel luglio del 2000,
dove ha saputo affiancare alla dimora storica un museo che
documenta la presenza sabauda in Valle d’Aosta.
Museo, tema privilegiato dei suoi interessi che “oggi si
ritrova ad un bivio fondamentale se diventare sempre più un
monumento del presente, o scegliere piuttosto un ruolo più
mediato, e se si vuole per alcuni meno eccitante, di servizio
per la comprensione dei cosiddetti beni culturali la cui stessa denominazione è motivata unicamente da una potenzialità che nel museo può trovare una sua espressione grazie
anche alla coscienziosa creatività dell’architetto museografo”.
Parallelamente alla sua attività di museografo, Alessandro Coppellotti si è dedicato anche all’insegnamento universitario,
rivelando disponibilità umana e capacità comunicativa nel trasmettere agli studenti uno specifico patrimonio di conoscenza che sapeva unire con raro, deciso equilibrio a sensibilità storica e a competenze progettuali tecnico-operative.
Ho avuto il privilegio di condividere con lui questo percorso, sia da studente, quando abbiamo frequentato alla Facoltà di Architettura di Firenze uno dei primi corsi di Museografia tenuto dal suo maestro, il compianto Alfredo Forti, e in
seguito in qualità di docenti di Museologia e Museografia a un
corso post-laurea a San Sepolcro. Un laboratorio che ha consentito, grazie al prezioso contributo di tutti gli studenti, il riordino e l’esposizione della Raccolta Ortolani (costituita da bilance e pesi) nel cinquecentesco Palazzo Massi di Monterchi.
Questo libro ha molteplici chiavi di lettura: manuale utile per gli addetti ai lavori; spunto per gli studenti di Museografia e di Museologia; ricordo da parte di amici cari di una
personalità d’eccezione capace di coniugare conoscenza storica e letteraria, abilità progettuale e creatività e di cui sentiamo ancora la mancanza.
Maria Maugeri
LIBRI
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LIBRI
Una miniera per l’Europa
testi di Maria Cecilia Mazzi, Susanne Adina Meyer, Serenella
Rolfi Ozvald, Sonia Amadio, Carla Mazzarelli, Istituto Nazionale
di Studi Romani, Roma, 2008
Il volume, pubblicato dal prestigioso Istituto Nazionale
di Studi Romani, si apre con la premessa di Liliana Barroero che introduce il lettore alla larga diffusione della cultura
romana in Europa a partire della seconda metà del Settecento,
attraverso la massiccia esportazione di opere d’arte, un tema che negli ultimi anni si è arricchito di aggiornati contributi che hanno aperto una nuova finestra sul panorama del
collezionismo romano. Fra i contributi i quattro saggi che,
partendo da temi e spunti diversi, disegnano un unico quadro sulla dispersione del patrimonio artistico a Roma a cavallo fra Seicento e Settecento.
Roma fu per secoli un serbatoio da cui attingere per l’allestimento di gallerie, o il completamento dell’arredo o, più
semplicemente, per acquistare souvenir che ritraessero vedute e rovine in grado di mantenere vivo il ricordo del soggiorno. Pienamente calzante con questo clima è il titolo del
saggio di apertura di Maria Cecilia Mazzi: Una miniera per
l’Europa. Tessendo una fitta trama di eventi e circostanze, la
studiosa ripercorre il mercato d’arte della capitale, frequentato da una nuova classe di collezionisti stranieri, di passag-
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gio o residenti, i quali avevano sviluppato uno spiccato gusto per l’arte prodotta nella capitale, fosse essa antica o contemporanea, attraverso le frequentazioni dei salotti romani
e le visite alle collezioni private e pubbliche. Da qui un esodo inarrestabile verso l’estero di opere d’arte, di artisti più o
meno significativi, talvolta divenute oggetto di dibattito fra
critici, conoscitori e amatori circa la metodologia da adottare per il loro restauro o per la migliore soluzione per una
adeguata collocazione. Per seguire questi dibattiti, la Mazzi
si sposta da Roma a Parigi e a Londra: in quest’ultima capitale, per esempio, una testimonianza esemplare è il diario di
Joseph Farington, brillante membro della Royal Academy, che
riporta temi e pareri su opere di alcuni artisti italiani.
Per conoscere le cause della dispersione è interessante
il saggio scritto a quattro mano da Susanne Adina Meyer e
Serenella Rolfi Ozvald, Le fonti e il loro uso: documenti per
un atlante della produzione artistica romana durante il
pontificato di Pio VI. Se lo studio della letteratura artistica contemporanea consente di identificare molte opere d’arte che
hanno lasciato Roma, senza l’analisi delle licenze di esportazione non è davvero possibile capire fino in fondo l’entità
del fenomeno; così come non è possibile conoscere quanti
e quali sono i pezzi finiti oltre i confini, grazie alla complicità di chi aveva il compito di tutelare e all’operato di distratti
e incompetenti funzionari.
Mentre l’esito della richiesta della licenza di esportazione per dipinti e sculture poteva riservare delle amare sorprese,
le porte dei confini erano sempre aperte per stampe e disegni. Ed è questo il tema affrontato dal saggio di Sonia Amadio, Un episodio di mancata tutela: l’esportazione di disegni
e stampe. I fogli, sebbene oggetto di tutela in vari editti pontifici, partivano senza alcun ostacolo, così come confermano le rare richieste di esportazione presenti fra i documenti
d’archivio. Questa indifferenza ha causato la perdita di un
patrimonio insostituibile; un caso fra i tanti: la partenza della collezione del principe Livio Odescalchi nel 1781, che comprendeva disegni che in passato erano appartenuti a Cristina di Svezia e a padre Sebastiano Resta.
Carla Mazzarelli, con il suo saggio Quadri moderni copiati dalli pittori viventi, approfondisce il tema delle copie,
un fenomeno assai diffuso a mano a mano che le leggi sulla tutela divenivano sempre più restrittive. Molti artisti si dedicarono a questa attività perché garantiva loro guadagni certi visto la folta clientela straniera che, con un mercato avaro
di pezzi appetibili di “maestri eccellenti”, si accontentava di
copie delle opere celeberrime. Un dato curioso emerge da
questo studio: nonostante la fondazione della Pinacoteca Capitolina a opera del camerlengo Silvio Valenti Gonzaga per
l’educazione artistica dei giovani pittori, di fatto le opere più
copiate erano ancora quelle nelle collezioni private, nei palazzi vaticani – soprattutto le Stanze e le Logge di Raffaello
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– e nelle chiese. Una spiegazione a questo orientamento potrebbe essere la regolamentazione dell’accesso dei copisti nei
musei pubblici, dovuta alla negligenza da loro mostrata, visto che non esitavano a poggiare scale e impalcature sugli
affreschi, o a bagnare, “lucidare” e graticolare le opere.
Maria Maugeri
Un premio dimenticato. La collezione del “Fiorino”
alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti (19501978)
di Silvia Bottinelli, Edifir, Firenze, 2007, 144 pagine, 18 euro
Il 18 maggio del 1950 venne inaugurata a Palazzo Pitti
la prima edizione del premio Fiorino, “l’unica mostra d’arte
contemporanea [di] carattere internazionale con la quale Firenze ha cercato di inserirsi nel difforme travaglio dell’odierna pittura”. A promuovere la manifestazione fu l’associazione privata Unione Fiorentina, con un duplice scopo: da una
parte restituire a Firenze il suo antico primato culturale,
dall’altra acquisire opere d’arte per incrementare la collezione
della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Uno scopo nobile, quindi, che di fatto contribuì ad accendere in città l’interesse verso l’arte contemporanea. Se è vero, infatti, che agli
albori si trattò di una rassegna di opere all’insegna della tradizione, edizione dopo edizione, grazie all’avvicendarsi di critici d’arte lungimiranti – Argan, Dorfles, De Micheli, Birilli –,
si rivelò capace di risvegliare i sopori conformisti della città
per orientarla verso le avanguardie artistiche. Così, accanto
alle ripetitive strade solitarie di Rosai, si avvicendarono artisti di maggiore impegno politico e sociale, quali Mario Mafai e Fausto Pirandello, e testimoni di esperienze di assoluta novità che si consumavano oltre i confini, quali Otto Dix
e Hans Arp.
Proprio a causa del progressivo allontanamento del comitato organizzativo di quei personaggi che certamente ne
avevano decretato la riuscita, la manifestazione sin dai primi anni degli anni Settanta mostrò i primi segni di ripiegamento verso un tenore più provinciale, ancora più marcato
nll’ultima edizione del 1977 quando, a causa dei forti dissensi
sorti fra i componenti del comitato promotore orientati a proteggere artisti orbitanti attorno ai loro interessi personali
piuttosto che in grado di esprimere linguaggi più attuali, il
premio giunse alla sua ultima edizione.
Gli anni del “Fiorino” – che corrono dal 1950 al 1977 –
oggi rivivono attraverso le pagine di questo saggio, introdotto
da Ettore Spalletti che, prima di intraprendere la carriera accademica, fu per anni Direttore della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Pagine dense di cronaca, raccontata rispolverando la stampa dell’epoca, e spunti critici emersi grazie allo studio di documenti di archivio inediti. Oltre il puro evento artistico, il vero punto di forza del libro è la capacità dell’Autrice di analizzare le singole manifestazioni, con-
testualizzandole nel clima culturale fiorentino e avviando un
parallelismo storico-critico con le manifestazioni organizzate in quegli anni in altre città italiane.
Dopo l’ultima rassegna il ricordo del premio è precipitato nell’oblio; talvolta il premio è evocato per la collezione delle opere premiate presenti nella Galleria d’Arte Moderna, collezione non del tutto esaustiva dato che, a seguito del riordino del museo tra il 1972 e il 1979, si decise di non accettare più altre opere e di relegare nei depositi
quelle meno significative, tanto che quelle premiate nelle
edizioni del 1972, 1975 e 1977 furono lasciate nella sede
dell’Unione Fiorentina.
Questa decisione di interrompere la raccolta, deviando
gli ultimi pezzi verso altra sede, si deve leggere alla luce del
nuovo riordinamento di tutto il complesso museale di Pitti,
che non contemplava l’arte più all’avanguardia. Una scelta
da non confondere con puro conformismo; va inquadrata nel
progetto, ancora auspicato negli anni Settanta, della realizzazione di un museo per l’arte contemporanea a Firenze; argomento questo ancora attuale, anche se oggi prevale l’orientamento di considerare il Centro Pecci di Prato come il vero polo per l’arte contemporanea dell’area metropolitana
fiorentina.
LIBRI
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NOTE
BREVI
Le collezioni orientali della Fondazione Primoli
La Fondazione Primoli, con sede a Roma in via Zanardelli,
fu istituita per volontà del conte Giuseppe Primoli (1851-1927)
allo scopo di promuovere le relazioni culturali fra l’Italia e la Francia. Essa occupa oggi quasi tutto il primo piano di Palazzo Primoli e consta di una biblioteca di circa 30.000 volumi. Di rilievo è anche il prezioso Gabinetto Fotografico che comprende circa 15.000 lastre e fotografie, quasi tutte eseguite dallo stesso conte Primoli, e in parte da suo fratello Luigi (1858-1925), celebre
fotoamatore dell’epoca. Molto importante è inoltre il fondo Mario Praz, donato dal celebre anglista alla fondazione nel 1982,
che ammonta a circa 15.000 volumi. Al terzo piano del palazzo
ha sede il museo dedicato proprio a Praz. Aperta al pubblico nel
giugno del 1995, questa casa-museo offre al visitatore una serie
di ambienti all’interno dei quali sono disposti gli oggetti che compongono l’eccentrica raccolta di questo poliedrico intellettuale.
Al piano terra si trova il prestigioso Museo Napoleonico, nato
dalla collezione che nel 1927 lo stesso Primoli donò alla città di
Roma e che si compone di cimeli napoleonici e preziose memorie familiari. Il museo nacque non tanto dal desiderio di offrire una testimonianza dei fasti imperiali, quanto piuttosto dalla volontà di documentare gli intensi rapporti che legarono i Bonaparte a Roma.
La Fondazione Primoli è un luogo particolare, a metà tra una
biblioteca e un museo. Oggigiorno, come afferma il celebre esperto di sociologia dei musei Tony Bennett, la museologia è diventata
un campo multidisciplinare: il museo moderno è passato dal concetto di rarità, a quello di rappresentatività. Dunque anche la
piccola collezione orientale Primoli è importante poiché rappresenta
un momento molto particolare del gusto collezionistico italiano
e francese di fine Ottocento e inizio Novecento. Lo studio di questa raccolta di opere orientali e orientaleggianti permette di approfondire tematiche non soltanto squisitamente estetiche, bensì anche storico-sociali, riaffermando come un museo, e una collezione più in generale, ha non solo un intrinseco valore storico-artistico, ma anche uno culturale e politico.
La fondazione possiede per lo più oggetti “alla maniera” orientale. Tra essi, la collezione di cineserie riveste un certo interesse, giacché ben rappresenta quella moda diffusasi in Europa nel
Seicento e Settecento nel campo delle arti minori a seguito
dell’importazione e diffusione di oggetti provenienti dall’Estremo Oriente. In italia, questa moda ebbe un suo famoso centro
a Venezia, soprattutto per la lacca. La raccolta si compone di imitazioni del XIX secolo: centocinquanta piatti decorati con motivi orientali, nonché delle porcellane del XVIII secolo, provenienti
per lo più da Francia, Germania e Italia.
Tuttavia i pezzi di maggiore interesse facenti parte del lotto
orientale si trovano nella collezione di rotoli kakemono, sono 23.
I kakemono (dal giapponese, “cose appese”) venivano utilizzati dal Primoli per ricevere i suoi ospiti. Essi hanno di particolare il fatto che molti sono firmati da illustri musicisti e scrittori dell’epo-
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ca e di varie nazioni. Trattasi di opere non preziosissime, molte sono persino riproduzioni occidentali solamente in stile giapponese. Questi oggetti sono però un chiaro esempio dell’ibridismo culturale tipico del japonisme, dove sovente predominano scene classiche a soggetto “uccelli e fiori”, tipico della pittura cinese (Kara-e), che è poi alla base di quella giapponese. La
fondazione possiede anche un prezioso disegno, probabilmente del periodo di Qianlong (1735-96). Trattasi di un acquarello
(talvolta si usa il termine “guazzo”) su carta di midollino (pith
paper) fatto in Cina da artigiani specializzati in questo genere e
destinato all’esportazione. Per non parlare poi della raccolta di
tessuti orientali, tutta ancora da catalogare e studiare in modo
dettagliato.
Sappiamo che il Primoli acquistò probabilmente gran parte
dei kakemono intorno al 1884, a conferma del fatto che egli non
dedicò molto tempo alla scelta e ricerca dei pezzi. Difatti, lui considerava questi rotoli come dei “quaderni” abbelliti da suggestive illustrazioni esotiche da far firmare ai celebri ospiti che frequentavano il suo salotto mondano.
Dal punto di vista museologico, è interessante comprendere fino a che punto le collezioni orientali di Giuseppe Primoli
siano frutto di un chiaro interesse verso l’arte asiatica, oppure
più semplicemente il risultato di una moda collezionistica in voga tra gli aristocratici dell’epoca. La natura “confusa” della raccolta fa propendere per la seconda ipotesi. Ciononostante, il Primoli con la sua collezione mise assieme una eccezionale anagrafe della cultura e della mondanità dell’epoca. La flebile identità decorativa di questi oggetti orientaleggianti di fattura occidentale è legata all’approssimazione evocativa di moda in anni
caratterizzati da un forte gusto rétro e da una passione, spesso
naïf, per l’esotico.
Con il suo salotto, Giuseppe Primoli fu uno scopritore di numerosi intellettuali italiani che volevano farsi un nome in Francia e una preziosa guida a Roma per quegli artisti e letterati francesi che intendevano conoscere l’alta società della capitale, in
un’epoca ancora caratterizzata da un collezionismo diviso tra quello colto borghese e uno più generalista di tipo aristocratico.
Riccardo Rosati
Bibliografia
AA.VV., 1983 - Frammenti di un salotto: Giuseppe Primoli, i suoi
kakemono e altro, Marsilio, Venezia.
Barrett M.-T., 1999 - Japonaiserie to Japonism, a Revolution in
seeing, Transactions of the Asian Society of Japan, Yokohama,
4th series, 114, pp. 77-85.
Bennett T., 1995 - The Birth of the Museum: History, Theory, Politics, Routledge, London.
Boglione R., 1998 - Il Japonisme in Italia, parte prima 1860-1900.
il Giappone, XXXVIII, pp. 85-113.
Boglione R., 1999 - Il Japonisme in Italia, parte seconda 1900-1930.
il Giappone, XXXIX, pp. 15-47.
NOTE
BREVI
I MUSEI
E I GRANDI
CONTENITORI
D’ARTE
Bernini spa ha al suo interno un settore di ricerca
e progettazione per lo studio di allestimenti museali
ed è in grado di proporre soluzioni personalizzate oltre
che espositori, vetrine e pannelli progettati specificatamente
per ogni tipo di opera o reperto da esporre.
L’azienda è particolarmente sensibile allo sviluppo
ed all’applicazione
di nuovi materiali il cui uso rende possibile raggiungere
risultati sempre più efficaci nel campo della protezione
delle opere d’arte.
La maggior parte di esse ha infatti, necessità
di essere protetta dall’aggressione degli agenti fisici
presenti nell’ambiente, da brusche variazioni
del microclima, da intrusioni, incendi, atti di vandalismo
ed in genere da quelle condizioni che si determinano
quando si espongono al pubblico.
E’ pertanto necessario coniugare, alla auspicata fruibilità
da parte di un pubblico sempre più ampio,
una maggiore attenzione alla protezione nel rispetto delle
norme vigenti, che vengono continuamente aggiornate proprio
per favorire l’espansione dei Beni Culturali.
Bernini nell’ambito della propria attività ha accumulato
una serie notevole di esperienze che vanno dall’allestimento
di musei per le Sopraintendenze archeologiche
e storico-artistiche, all’allestimento di mostre,
di biblioteche e sale riunioni e conferenze situate
in edifici di carattere monumentale.
CATALOGO COLLEZIONE MUSEI
Sistema espositivo componibile, Vetrine, Espositori,
Piedistalli, Pannelli, Didascaliche, Transenne, Librerie,
Tavoli, Sedie, Poltroncine, Panche,
Lampade a luce fredda
BERNINI S.p.a.
Via Milano, 8 20020 Ceriano Laghetto (MB) ITALY
T +39 02 96469293 F +39 02 96469646
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