modo di situarci nel mondo con charles de foucauld

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modo di situarci nel mondo con charles de foucauld
Modo di situarci nel mondo di oggi
con Charles de Foucauld.
“ Vivere al seguito di Charles de Foucauld, oggi!”, così era il titolo del mio intervento sul
foglio di invito. Tanto basta per farmi paura: articoli e conferenze su Charles de Foucauld oggi, è da
80 anni che se ne scrivono! (C’è anche un libro di J.F. Six del 1966 che ha proprio questo titolo!).
Non ho la competenza per apportare delle novità su Charles de Foucauld, e ancor meno per
distinguere quali siano le caratteristiche del “mondo di oggi” e che cosa possa Charles apportarvi.
Inoltre Charles è stato una persona estremamente vivace, sempre in ricerca, mai soddisfatto e
capace di adattarsi alle circostanze.
E dunque, bisogna stare molto attenti quando si
asserisce:”…questo è Charles de Foucauld” e sapere di quale momento della vita si parla, altrimenti
c’è sempre il pericolo di ricostruirsi un Charles de Foucauld a nostro gusto e convenienza...! Il mio
contributo, dunque, sarà piuttosto attento alle frasi che ho sentito questa mattina: che cosa ci trovo
di significativo nella vita e nelle idee di Charles de Foucauld; come mi approprio io stesso di
Charles oggi; quali sono i tratti del suo messaggio che mi interpellano,…perché mi piace ?
1- Immergersi nel mondo senza paura, all’incontro di chi è lontano e “diverso”.
E’ straordinario il cammino che Dio ha fatto fare a Charles de Foucauld dopo la sua
conversione: è una transizione dalla ”separazione” all’”immersione” nel mondo(…è ciò che emerge
dal libro “Cammino verso Tamanrasset, di Antoine Chatelard che si intitola appunto – Dalla fuga
all’avvicinamento). Nel desiderio di seguire Gesù di Nazaret che lo ha affascinato, prende
coscienza che per ritrovare il volto di Gesù bisogna andare dove Gesù ha vissuto: nel mondo e più
particolarmente vicino ai più lontani, io più abbandonati, quelli che non suscitano nessun interesse.
Andare da loro per fare che cosa? Per portar loro il messaggio evangelico: Dio ama tutti gli uomini!
Lo asserisce nella famosa lettera a Mgr Caron:
“Sono un vecchio peccatore che, all’indomani della sua conversione – quasi 20 anni fa - è stato
attirato con forza da Gesù a vivere la vita nascosta di Nazaret. (…) Come prete libero della diocesi
di Viviers, i miei ultimi ritiri del diaconato e del sacerdozio mi hanno manifestato che questa vita di
Nazaret, questa mia vocazione, bisognava condurla non in Terra Santa, anche se molto amata, ma
tra le anime più malate, le pecore più sperdute e più abbandonate: questo banchetto divino di cui
sono diventato ministro, bisognava imbandirlo non per i fratelli, i parenti o i vicini ricchi, ma per i
più bisognosi, i più cechi, i più poveri, le anime più abbandonate e che hanno più bisogno del
sacerdote. In giovinezza ho percorso in lungo e in largo l’Algeria e il Marocco: specie in Marocco,
grande come la Francia con dieci milioni di abitanti non c’è nessun prete; nel Sahara algerino 7/8
volte più grande della Francia, e più popolato di quanto si possa immaginare, ci sono una dozzina
di Missionari. Nessun altro popolo mi è sembrato più abbandonato di questo popolo sahariano; ho
sollecitato e ottenuto dal Prefetto apostolico del Sahara il permesso di stabilirmi appunto nel
Sahara algerino per condurvi, in solitudine, nella clausura e nel silenzio, nel lavoro manuale e in
santa povertà, solo o con qualche altro prete o laici, fratelli in Gesù,..(….) una vita il più conforme
possibile alla vita nascosta che l’amato Gesù ha vissuto a Nazaret”. 1
1
Lettre à Mgr Caron, Béni Abbès, 8/4/1905.
1
Uscire dai posti confortevoli nei quali ho i miei punti di riferimento ( La Terra santa, tanto
amata) per incontrare chi è più disperso e portargli ciò che di meglio possiedo.
Questo sarà oggetto di approfondimento per tutta la sua vita, riflettendo su Nazaret, fino a
quell’altro testo su Nazaret molto noto: …non un abito speciale, come Gesù a Nazaret; non distante
dal villaggio ma nelle vicinanze, non grande abitazione o estensione di terre, non elemosine
cospicue, come Gesù a Nazaret: “La tua vita di Nazaret può essere vissuta dovunque: tu vivila nel
posto più propizio per il tuo prossimo”. 2
Immediatamente la missione di portare il Vangelo al di fuori, ai più lontani, si estende: non
solo nel territorio di missione, ma dovunque noi siamo, dove la gente è di fatto lontana dal Vangelo,
a casa nostra, nella nostra società di oggi.
Trovo molto interessante come Charles realizza gradualmente che questa missione è di tutti i
battezzati, non solamente o principalmente una missione sacerdotale, ma prima di tutto si tratta
della missione di ogni battezzato. Arriva persino a dire che il battezzato in quanto tale è meglio
equipaggiato a farlo che il sacerdote. Ci riferiamo ai testi su Priscilla e Aquila come questo nella
famosa lettera a J. Hours, laico di Lione di cui si parlerà ancora:
“Come ben dite, il mondo ecclesiastico e del laicato si ignorano vicendevolmente al punto che
l’uno non condivide con l’altro. E’ certo che al fianco dei preti siano necessari dei Priscilla e
Aquila, capaci di vedere ciò che il prete non riesce a vedere, penetrando dove lui non può arrivare,
andando verso coloro che sfuggono il prete e cercando di evangelizzare attraverso un contatto di
benevolenza, una bontà operante per tutti, un affetto sempre pronto a donarsi, il buon esempio che
attiri che rifiuta il prete o gli sono ostili per partito preso”3
E ancora in una lettera a Mgr Caron parlando dell’Associazione che Charles vuol fondare:
“ Bisogna lavorare alla conversione degli infedeli non solo attraverso doni materiali, ma molto di
più stabilendosi presso di loro, o come coltivatori, come coloni o commercianti, artigiani o
proprietari terrieri, ecc. ecc…,eccellenti cristiani quindi di ogni condizione sociale destinati ad
essere un appoggio prezioso per i missionari, ad attirare la stima attraverso l’esempio, la bontà, il
contatto; …che diventino i nuclei ai quali possano aggregarsi, uno dopo l’altro, gli infedeli man
mano che si convertono”.4
In quest’ultimo testo è interessante l’idea che i laici cristiani costituiscano il nucleo di base
per costituire la Chiesa. Dunque, primo punto: una missione di tutti i battezzati chiamati a
rivolgersi decisamente verso i lontani, per portare loro il messaggio dell’Amore, dovunque sia.
2- Guardare al mondo non come il luogo di tutti i pericoli ma come l’ambiente dove si
può incontrare Dio.
Siamo di fronte ad un’altra sfida per Charles de Foucauld: a partire dalla sua conversione,
egli ha voluto vivere in stretta intimità con il suo amato Signore Gesù. Questo amore lo ha condotto
2
3
4
Carnet de Tamanrasset, 22/07/1905.
Lettera a Joseph Hours, Assekrem, 3/5/1912
Mgr Caron, Alger, 11/3/1909
2
alla Trappa, dalla Trappa alla solitudine di Nazaret, da là a Beni-Abbès, con il desiderio di essere
fratello di tutti e con la porta perennemente aperta; e…diventa complicato mantenere l’intimità
silenziosa anche se…parla di clausura!
NB- Il tema della clausura è un tema molto interessante in Charles: per lui è principalmente
un luogo favorevole all’intimità con Gesù ; quando si trova a Nazaret, e dunque vivendo come
eremita, egli scrive a P. Jerome, suo amico trappista> : « E’ così bello avere una buona clausura
che ci imprigiona con lo sposo divino ! Oh, che dolce prigione! Sono molto isolato qui, molto più
solitario e silenzioso che alla Trappa, il buon Dio mi sta viziando , ma voi avete il vantaggio di
essere come in un pozzo con Gesù » (Nazaret 28/12/1897
Durante il suo viaggio verso i Tuareg nel 1904, gli verrà un’illuminazione a proposito:
conoscete senz’altro il testo. Mentre marcia osserva il posto dove potersi insediare; un giorno
crede di aver trovato il posto favorevole: un luogo di passaggio, tra le rocce su uno strapiombo. Ma
dove installarsi, al di sopra della parete rocciosa : “con il vantaggio di stare lontano dagli uomini
e dai rumori per gustare la solitudine con Dio”, o ai piedi dello strapiombo: “…con l’inconveniente
di essere tra la gente sempre esposto a tante visite…”? …Egli chiede al Signore di illuminarlo
nella scelta. La risposta è luminosa: “Oggi e in seguito, se tu puoi, stabilisciti al primo posto tra
quei dirupi più simili a quelli di Betlemme e di Nazaret; dove allo stesso tempo hai la perfezione
della mia imitazione e quella della carità; per quanto riguarda il raccoglimento, è l’amore che
deve raccoglierti in me interiormente e non la fuga dei miei figli: vedi me in loro, e come io stesso
a Nazaret, vivi in mezzo a loro, assorto in Dio”. 5
In altre parole, non è tanto il luogo dove vivo che può rendere difficile la mia relazione con Dio;
ciò che può disturbare è il modo di vivere; se io vivo amando, io sono con Dio allo stesso modo
come posso esserlo in Chiesa o nella cappella: il raccoglimento viene dall’amore.
“Vedi me in loro, e come io a Nazaret, vivi in mezzo a loro assorto in Dio”. Ecco una magnifica
espressione della vita cristiana nel mondo. E’ un invito a vivere nel mondo senza paura, perché Dio
ci attende là: “Vedi me in loro”! Certamente non vedo Dio ma l’altro (il prossimo), e devo
guardarlo per quello che è in se stesso, ma guardando l’altro con amore, io incontro Dio che è con
lui. Questo è anche un invito a fare di ogni evento e di ogni incontro una preghiera, un incontro con
Dio, una “strizzata d’occhio” verso il cielo! Tutto questo può trasformare la nostra vita e ci dà la
possibilità di “pregare senza interruzione”.
3-
In ascolto di Dio che parla: lasciarmi toccare e sconvolgere dall’incontro dell’altro.
Se Dio è presente nel mondo e desidera restarci presente attraverso la mia vita, bisogna che io
ascolti ciò che mi vuol dire attraverso la vita, …la vita della gente. Questa mi sembra appunto una
delle caratteristiche di Charles de Foucauld: vivere nel mondo ad occhi aperti, lasciandomi
sconvolgere dalla vita attorno a me.
Nella sua vita questo è un aspetto di rilievo. Vi ricordate quando, ancora alla Trappa
comincia a porsi dei problemi, lui stesso fa notare che una delle cose che l’hanno più sconvolto, è
stata l’esperienza di preghiera in una famiglia di poveri:
5
Carnet de Beni Abbès : à Tit, 26/5/1904
3
“Circa otto giorni ma sono stato mandato a pregare presso un povero indigeno cattolico che era
morto in una tenda vicina: che differenza tra quella tenda e la nostra abitazione! Sogno
Nazaret,…”6
Oppure anche le sue riflessioni sul fatto che il monastero era stato protetto mentre i cristiani
attorno sono stati massacrati:
“ Fa male stare bene con coloro che hanno massacrato i nostri fratelli, sarebbe meglio soffrire con
questi che essere al sicuro con i persecutori…E’ una vergogna per l’Europa: con una parola essa
avrebbe potuto evitare tali orrori, ma non l’ha fatto. E’ vero che nel mondo non si conosce ciò che
accade qui, il governo Turco ha infatti il monopolio dell’informazione, pagando con delle somme
ingenti i vari giornali, per far pubblicare solamente ciò che è gradito al governo. Tuttavia i vari
governi sanno tutta la verità attraverso le ambasciate e i Consolati!” 7
E, anche riferendosi alla sua esperienza di lavoro nella Trappa:
“Per noi, il grande lavoro è quello dei campi: (…) Avanti ieri abbiamo finito la mietitura. E’ il
lavoro dei contadini, lavoro grandemente salutare per lo spirito: tenendo occupato il corpo lascia
l’anima nella possibilità di pregare e di meditare. Questo lavoro inoltre, più duro di quanto lo
immaginiamo quando non l’abbiamo mai fatto, ci dà una tale compassione per i poveri, una tale
carità per gli operai, per i lavoratori! Si capisce allora il prezzo di un pezzo di pane, provando di
persona quanta fatica si richiede per procurarselo! Si prova compassione per questo lavoro,
quando lo si condivide…”8
Più tardi a Nazaret, quando si rende conto che è trattato con riguardo mentre gli altri abituali
del monastero lo sono molto meno, si sente a disagio al punto di pensare di andarsene ( è il
momento in cui pensa di impegnarsi come infermiere, che Antoine Chatelard ha chiamato nel suo
libro succitato –Le tentazioni di Nazaret. 9
“ La madre badessa è sempre così buona con me, non sa cosa inventarsi per essere gradevole e
delicata nei miei confronti; e tutta la comunità fa lo stesso… Tutto ciò però mi disturba, ecco
perché : non voglio essere ingrato, ma non mi piace neppure approfittarne che sarebbe indegno.
Ora se la rev. Madre manifesta questa grande bontà nei miei confronti, non è perché veda con
sguardo soprannaturale Gesù in me, ma perché le sono persona gradita e grata; ciò non le
impedisce di essere abbastanza dura, fredda e rude nei confronti degli altri che valgono più di me
e che, ad ogni modo, sono membra di Gesù : “Ciò che fate a uno di questi piccoli, lo fate a me…”
Qualche volta c’è una mancanza di carità o persino di giustizia che mi mette in una
situazione “falsata”, tanto più che badano bene a non parlarmene - si sa che immaginano ciò che
io direi- e cercano di nascondermele …Ma quando mi fanno venire in parlatorio e mi fanno mille
favori circondandomi di attenzioni,…ciò mi disturba grandemente! Mi ripugna l’essere trattato
così bene da qualcuno che tratta male Gesù un momento prima o dopo…(…) Bisognerebbe che io
sia più schietto, capace anche di riprendere con franchezza: ma non posso farlo senza far torto a
6
À Marie de Bondy, Akbès, 10 avril 1894
A Raymond de Blic, Akbès, 3/5/1896
8
Lettera a sua sorella Mimi, Akbès, 3/7/1891
9
Antoine Chatelard, Le chemin vers Tamanrasset, p. 99
7
4
chi mi confida le proprie pene…(…) Vedete dunque la difficoltà: mi si ricopre di carezze che mi
fanno piacere, ma allo stesso tempo si ha un atteggiamento generale verso gli altri che io
disapprovo completamente perché sovente è contro la carità o persino contro la giustizia,….e
allora per non essere né ruffiano né complice partecipando in alcun modo a questo modo di agire,
ho pensato più di una volta di andarmene, approfittando di questa partenza per andare dove sia
realmente e continui e restare uno sconosciuto…”10
E’ interessante vedere come, lasciandosi coinvolgere con la situazione dei poveri (i cristiani della
regione di Akbès, o con le persone maltrattate dalle suore che confidano a lui le loro pene, …che
vuol dire che è in ascolto…), Charles si lascia scuotere e questionare da loro, al punto da rimettere
in causa il suo modo di vivere la chiamata del Signore: gli avvenimenti sono per lui come la voce di
Dio. Sarà lo stesso quando Charles, malato, sarà salvato dai Tuareg, e i cambiamenti che
avverranno in lui proprio grazie a questa condivisione in verità con la gente locale.
Anche questo sembra un interessante messaggio per noi oggi: ascoltare Dio che mi parla
attraverso la vita della gente con la quale vivo oggi: il mondo., il quartiere, l’isolato, la mia
famiglia ecc. Camminare con l’altro, particolarmente il piccolo, farmi toccare dalla sua sofferenza
ascoltando ciò che Dio mi dice attraverso la sua vita; tutto questo può persino produrre dei
cambiamenti e aiutarmi a riorientare la mia vita…
4-
Annunciare il Vangelo in un attitudine di dialogo.
Essere nel mondo, certamente…ci siamo! Vedere la presenza di Dio, certamente, ci proviamo!
Ascoltare ciò che Dio ci dice attraverso gli altri, certamente, si fa quel che si può!
Ma noi, come cristiani nel mondo di oggi, non abbiamo anche noi da apportare qualche cosa, un
messaggio da trasmettere?
Certamente: annunciare il Vangelo è un tema assai frequente in fratel Charles, ma è interessante
vedere come al termine della sua vita c’è una percezione molto particolare di questo annuncio. Si
potrebbe dire che per lui: annunciare il vangelo è sinonimo di entrare in dialogo con l’altro, e il
dialogo non è prima di tutto la presentazione dei miei argomenti per “esporre la mia merce”, se così
posso dire, ma rispettare l’altro nel suo cammino e ascoltarlo per ciò che ha da dirmi…
E’ bene notare che la parola “dialogo” non fa parte del vocabolario di Charles de Foucauld,
non è un teorico del dialogo ma lo pratica effettivamente.(Non voglio dimenticare che non è stato
né un teorico né un praticante del dialogo con i Tedeschi durante la guerra, ma questo è un tema a
parte!)
Mi piace citare sempre una lettera di Charles a J. Hours, un laico di Lione al quale ha scritto diverse
volte (siamo in possesso di 23 lettere di Charles a J. Hours) perché vi troviamo raggruppati diversi
aspetti del modo con cui Charles intende per annunciare del Vangelo. La conoscete certamente e io
stesso l’ho già citata prima parlando di Priscilla e Aquila e del ruolo e del compito dei laici.
“Ogni cristiano deve dunque essere un apostolo: non è un consiglio ma un comandamento, il
comandamento della carità. Essere apostolo con quali mezzi? Attraverso quelli che Dio gli mette a
disposizione: i preti hanno i loro superiori che suggeriscono cosa bisogna fare… - I laici devono
10
A Huvelin 22/3/1900
5
essere apostoli verso tutti coloro che possono raggiungere: i vicini e i loro amici in primo luogo,
ma non solo loro, la carità non ha strettezza, essa abbraccia tutto ciò che può abbracciare il
CUORE DI GESU’. - Attraverso quali mezzi? I migliori, coscienti di coloro ai quali ci si
indirizza: tutte le relazioni, senza eccezione, attraverso la bontà, la tenerezza, l’affetto fraterno, la
testimonianza della virtù, l’umiltà e la dolcezza sempre attraenti, e se cristiani: con alcuni senza
dire loro mai una parola di Dio o della religione, pazientando come Dio è paziente, buoni come
Dio è buono, amando, essendo un fratello amorevole e pregando; con altri invece, parlando di Dio
nel modo in cui possono intendere; e quando sono in grado di ricercare la verità con lo studio della
religione, mettendoli in contatto con dei preti scelti e capaci di far loro del bene… Ma soprattutto
vedere in ogni persona un fratello/sorella –“Voi siete tutti fratelli, avete un solo padre che è nei
cieli”- vedere in ogni persona un figlio di Dio, un’anima riscattata dal sangue di Gesù, un’anima
amata da Gesù e dunque che anche noi dobbiamo amare come noi stessi e per la cui salvezza
dobbiamo dare il nostro apporto”.11
Essere apostolo senza mai parlare di Dio, ce ne vuole! Tutto questo mi sembra sia proprio di
Charles nel suo ultimo periodo di vita, il Charles che ha dietro di sé degli anni di condivisione e di
vita in mezzo ai Tuareg: è giunto a questa convinzione - bisogna rispettare i vicini nelle loro
convinzioni- camminare insieme sulla base dei valori comuni, procedere al loro passo amandoli.
Ciò che parla di Dio è l’amore; ciò che parla del vangelo è prima di tutto una vita evangelica…Il
dialogo quindi è prima di tutto il dialogo di un amore offerto: “soprattutto vedere in ciascuno un
fratello”. Prima che io possa parlar loro di Dio, la gente si attende che li ascolti quando loro mi
parlano.
Ho detto che Charles non ha fatto una teoria del dialogo, tuttavia possiamo intravvedere in lui
gli atteggiamenti che predilige pensando al dialogo. Ecco 4 o 5 punti che mi piace evidenziare:
a. “Eliminare ogni spirito di militanza”
Lo troviamo nella stessa lettera a j. Hours:
“ Eliminare completamente lo spirito di militanza. “Vi mando come un agnello in mezzo ai lupi”,
dice Gesù…Quanta distanza tra il modo di fare e di parlare di Gesù e qualsiasi spirito militante di
chi non è cristiano o è un cattivo cristiano che vedono dei nemici da combattere al posto di
accogliere dei fratelli malati che bisogna curare, dei feriti sul sentiero per i quali bisogna essere
dei buoni samaritani (…) Non essere “militante” con nessuno: Gesù ci ha insegnato ad andare
come agnelli tra i lupi, non parlare con acredine, con durezza; non ingiuriare,…o prendere le
armi”. 12
Eliminare lo spirito militante, no0 significa evitare di impegnarsi! Significa semplicemente
rifiutare di voler convincere l’altro a tutti i costi, rifiutare di situarsi come su un campo di battaglia
in cui le idee sono difese aspramente (con acidità e aggressione), ingiuriandosi e incrociando le
armi); vuol dire piuttosto cercare di capire l’altro, di vedere dove trova gli ostacoli, ciò che lo
rende “malato”, come lo stesso Charles dice.
11
12
La sottolineatura è di Charles.
Lettera a Joseph Hours, Assekrem, 3/5/1912
6
b. Riconoscere il valore dell’altro e la sua parte di verità.
E’ un secondo atteggiamento nell’idea del dialogo. Lo ritroviamo nelle riflessioni di Charles sui
musulmani e sull’Islam, poiché questo è l’ambiente in cui vive:
“ L’islam seduce tantissimo: io stesso sono stato sedotto all’eccesso. Ma la religione cattolica è
vera: è anche facile da provare. Dunque tutto il resto è falso!... Ebbene, dove c’è l’errore c’è anche
il male( anche se le verità che riescono a sussistere in mezzo agli errori sono un bene e restano
capaci di produrre un grande bene e la verità,… è ciò che avviene anche con l’Islam”
“E’ forse strano che i musulmani si facciano delle idee false sulla nostra religione mentre quasi
tutti noi ne abbiamo tante fantasticherie sulle loro credenze?(…) Voi avete descritto in modo
ammirevole la grande semplicità dei costumi così bella e la grande decenza…Non posso impedirmi
di ripeterlo, io sono stato edificato dalla vostra vita, trovandovi un cumulo di esempi da imitare,
compreso il tuo…”13
In questi stralci di due lettere a Henry de Castris ci sono delle cose assai interessanti: prima
di tutto che c’è una parte di verità nell’Islam e che dunque è normale che ogni musulmano resti
fedele a quella verità; inoltre la certezza che la verità, dovunque si trovi, produce dei buoni frutti.
E’ anche interessante notare come tra queste due lettere ci sia un mese di distanza: durante quel
mese Charles legge il libro di H. de Castris sull’Islam: si è dunque lasciato pervadere dalle idee
aperte del suo amico e ha cambiato il suo sguardo ammettendo che anche lui aveva avuto dei
pregiudizi( idee fantastiche sulle loro credenze) e giunge a dire che ci sono degli esempi da imitare
anche tra i musulmani proprio come ne parla de Castris!...
“La conversione dei musulmani è particolarmente difficile. La loro religione non è affatto
sragionevole come gli idolatri, e assieme a degli errori, contiene delle verità; e così la superiorità
della vera religione non la percepiscono chiaramente; bisognerebbe, per conoscere i loro errori
un’istruzione che non…hanno.” 14 Lettera a Henri de Castries, 14/8/1901
Sono idee abbastanza sconvolgenti per quell’epoca, e progressiste per il suo tempo.( Idee che
Charles ha sviluppato conoscendo la gente: sovente evolvendosi ad una grande comprensione e
stima, …in altre occasioni facendo marcia indietro…)
E’ un atteggiamento fondamentale del vero dialogo: credere nella sincerità dell’altro cercando
sinceramente con la luce di cui dispone, di non dubitare della sua buona fede o della sua capacità di
aprirsi: arricchendosi dei suoi valori.
c.
Entrare in relazione di reciprocità: Storia di Taghaichat
“Durante il massacro della missione Flatters, una donna Tuareg di famiglia nobile ha avuto un
bellissimo atteggiamento, opponendosi ad uccidere i feriti, raccogliendoli e curandoli a casa sua e
rifiutando ad Attisi di entrare, il quale voleva sterminarli di persona. Dopo la guarigione li ha fatti
rimpatriare a Tripoli. Essa ha ora 40- 43 anni ed è una che ha una grandissima influenza e nomea
per la sua carità.
Una tale anima, non è forse pronta per accogliere il Vangelo? Non sarebbe il caso di scriverle
semplicemente per dirle che la carità che pratica incessantemente e quella con la quale ha accolto,
13
Lettera a Henri de Castries, 15/7/1901
7
curato, difeso e rimpatriato i feriti della “maison française”, 22 anni fa, sono da noi conosciute e
ci riempiono di gioia e di riconoscenza verso Dio!… Dio ha detto: “Il primo comandamento della
religione è di amare Dio con tutto il cuore. Il secondo è quello di amare tutti gli uomini senza
eccezione come se stessi”. Dia ha anche detto: “ Voi tutti siete fratelli. Voi avete tutti un solo
padre, Dio”; e “ …il bene e il male che fate agli uomini , voi lo fate a Dio stesso”. Pieni di
ammirazione e di ringraziamento a Dio nel vedervi praticare così perfettamente la carità verso gli
uomini, che è il secondo dovere, e il primo essendo l’amore di Dio, vi scriviamo questa lettera per
dirvi che tra i cristiani, centinaia di migliaia di persone, uomini e donne, che rinunciano a
matrimonio e ai beni terrestri e che consacrano la loro vita alla preghiera, a meditare la parola di
Dio e a praticare la benevolenza, tutti questi religiosi e religiose che sentiranno parlare di voi, vi
benediranno e loderanno Dio per le vostre virtù e lo pregheranno affinché vi ricolmi di grazie in
questo mondo e di gloria nel cielo… Vi scriviamo anche per chiedervi insistentemente di pregare
per noi , certi che Dio, che ha messo nel vostro cuore una così ferma volontà di amare e di
servire, ascolta le preghiere che voi gli indirizzate, vi supplichiamo dunque di pregare per noi e
per tutti gli uomini, affinché noi tutti lo amiamo e lo benediciamo con tutta la nostra anima. A Lui
la gloria, benedizione, onore e lode, ora e per sempre. Amen
Voglio mandare una copia di questo progetto di lettera a Mgr. Guerin, chiedendogli se vuole
scrivere lui stesso, o se preferisce che io scriva – riproponendomi- se stabiliamo una vera
relazione – se io resto solo – e se in questo momento ciò sembra essere la volontà di Dio – di
andare a farle una visita, a piedi” 14
Non è poca cosa riconoscere il bene nell’altro e dirgli che apprezzo il bene che fa e che ringrazio
Dio per questo. Non è poco per un prete cattolico chiedere ad una musulmana di pregare per lui con
la certezza che Dio ascolterà le sue preghiere!
E’ interessante notare: nel contesto di Charles che lui ha a che fare con dei musulmani e ci lascia
le sue reazioni. Ci dice qualche cosa che ci interessa anche per il posto che i musulmani occupano
nella nostra società. Questo atteggiamento di dialogo che riconosce il bene dell’altro, che sa trarne il
bene che c’è in lui, che sa chiedergli aiuto, è valido anche per le nostre relazioni con i vicini di
pianerottolo, con i giovani che si arroccano in se stessi per paura che io entri in relazione con loro.
Abbiamo una specie di conferma di ciò negli stessi testi di Charles: egli ha speso tanto tempo a
parlare con la gente, soprattutto a Beni-Abbès e a Tamanrasset: ha intessuti legami con alcuni di
loro.
“ Ho qui almeno quattro amici, sui quali posso contare interamente. Come si sono legati a me?
Come manteniamo i contatti tra di noi? Non ho fatto nessun regalo ma hanno capito che c’era in
me un amico, che ero affezionato a loro e che potevano aver fiducia in me. Ed…essi mi hanno
ripagato con la stessa moneta di fiducia che io ero stato per loro… Tra quelli che tratto da veri
amici c’è Ouksem Ag Ourar, capo dei Dag-Rali, suo fratello Abahag, Chikat Ag Mokhammed (Dag
Rali), un uomo di 65 anni che non può più camminare e suo figlio: Ouksem Ag Chikat (che chiamo
mio figlio). Ce ne sono altri a cui voglio del bene, che stimo e sui quali posso contare per molte
cose. Ma a questi quattro posso chiedere qualsiasi consiglio, informazione, servizio e sono certo
che faranno del loro meglio per accontentarmi” 15
E’ particolarmente interessante in quanto si tratta di chiedere delle informazioni, dei servizi e dei
consigli, ai suoi amici: una vera relazione dunque di reciprocità.
14
15
Carnet de Beni Abbès 21/06/1903
A Garnier, 23 Febbraio 1913
8
Possiamo aggiungere due punti caratteristici, secondo Charles, sul modo di situarsi come
portatori del Vangelo nel mondo di oggi:
d.
L’ultima parola è di Dio.
E’ come un altro modo di dire “Evitare lo spirito militante”. In fin dei conti è Dio che ne conosce i
termini. L’essenziale al momento presente è di fare il cammino con la luce interiore che ciascuno
ha: è la famosa conversazione riportata dal Dr. Dhautheville:
“Un giorno mi ha invitato a cena con il maresciallo Teissère, venuto per iniziare il cantiere del
forte Motylinski. Durante il pasto ho chiesto al Padre : - Credete che i Tuareg si convertiranno e
che voi riusciate in questo ad essere ripagato dei vostri sacrifici? – Mio caro dottore, disse, sono
qui non per convertire i Tuareg ma tentare di capirli e migliorare la loro situazione. E poi, io
desidero che i Tuareg abbiano un posto in Paradiso; e sono certo che il buon Dio accoglierà in
cielo coloro che sono stati buoni e onesti senza bisogno per questo di essere cattolici romani. Voi
siete protestante, Teissère è incredulo, i Tuareg sono musulmani, e sono persuaso che Dio ci
accoglierà tutti, se lo meritiamo, io… cerco di migliorare la loro situazione affinché meritino il
Paradiso”.16
Non si tratta di relativismo: è piuttosto far fiducia al lavoro dello Spirito nel cuore di ogni persona; è
anche aver fiducia nell’uomo e credere che egli è capace di risposta libera e retta, se resta fedele
alla luce che ha ricevuto. Si tratta di riaffermare che “Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e
giungano alla conoscenza della verità”.
“Mio Dio, fate che tutti gli uomini vadano in cielo!”.
e.
E’ la vita evangelica che proclama il Vangelo.
Mi sonori trovato quasi per caso su un testo di Charles che mi sembra interessante. Charles tra gli
arabi e i Tuareg ha cercato di adottare il più possibile lo stile di vita proprio di coloro con i quali
viveva. Ricordate certamente la frase:
“Risiedere solo nel paese è bene; c’è della vita senza fare grandi cose, perché si diventa “del
posto”, si diventa così facilmente abbordabili e “piccoli”17
C’è stato un momento che nelle fraternità si usava sovente questa espressione: “…farsi arabo con
gli arabi, operaio con gli operai…”
La grazia di quell’espressione: “…così piccolo,…così abbordabile!”, sta nel fatto che mette lui in
una disposizione di accoglienza per riconoscere e ricevere i segni dell’azione di Dio nel cuore della
gente. Ma lui resta abbastanza cosciente che per un certo verso, anche il vangelo apporta uno
sconvolgimento nella scala dei valori e che bisogna accettare di accogliere un tale sconvolgimento.
Essere il più possibile vicino all’ambiente per stabilire relazioni di uguaglianza ma restare anche
coscienti che solo una vita evangelica può annunciare il Vangelo.
“Per portare a Dio i musulmani bisogna fare in modo di essere stimati come eccellenti in quelle
cose che per loro contano; per es. essendo audaci, un buon cavaliere, un buon tiratore, persone
liberali e fastose ecc., oppure praticando il Vangelo nell’abiezione e nella povertà, camminando a
16
Docteur BONNETTE, L'œuvre des médecins sahariens, collaborateurs du Père de Foucauld au Hoggar, 1935
.Lettera a Mgr Guérin, 2/7/1907
17
9
piedi spediti e senza bagaglio; lavorando con le proprie mani come Gesà a Nazaret e vivendo
povero come un piccolo operaio? … Non dobbiamo imparare a vivere dagli Chamba, ma da Gesù.
Non dobbiamo ricevere lezioni da loro ma darne. Gesù ha detto. “Seguitemi”, e S. Paolo ci ha
detto: “ Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo”. Gesù aveva il modo migliore per condurre
a Dio le anime. S. Paolo fu il suo incomparabile discepolo. Possiamo sperare di fare meglio di
loro?. I musulmani non si sbagliano. Di un prete, buon cavaliere, eccellente tiratore ecc,. essi
dicono: “E’ un eccellente cavaliere, nessuno tira come lui”, al massimo potrebbero aggiungere:
“sarebbe degno di essere un Chambi”. Essi però non dicono: “E’ un santo…”. Di un missionario
che vive come S. Antonio nel deserto, essi diranno tutti: “E’ un santo”… A ragione essi offriranno
la loro amicizia prima di tutto ad un Chambi; ma se essi fanno fiducia a motivo della magnanimità
d’animo, essi lo faranno per il secondo”18
E’ certo una delle questioni e tensioni che viviamo come cristiani nel nostro mondo occidentale di
oggi: essere completamente presenti e in dialogo con il mondo, riconoscendone onestamente i valori
e condividendoli di buon grado, è importantissimo ed è indispensabile per essere ascoltati e creduti.
Allo stesso tempo bisogna trovare i modi di vivere, di fare e di parlare che facciano trasparire il
Vangelo, in un mondo in cui il Vangelo non è più una referenza. Non è semplice. E’ proprio una
delle questioni dibattute nel discorso della “nuova evangelizzazione”: presenza e nascondimento
oppure annuncio diretto della Parola: non c’è dubbio che nel nostro mondo bisogna trovare i mezzi
per unire le due cose! E può darsi che una stessa persona non possa fare tutto e quindi bisogna che i
piccoli fratelli imparino a lavorare in complementarietà con gli altri…
5.
Vivere e portare il Vangelo della tenerezza.
Un ultimo punto, se avete ancora un po’ di pazienza: per me è un punto-chiave del messaggio di
Charles de Foucauld; richiama a quello che egli chiamava l’apostolato della bontà e che io
chiamerei volentieri il vangelo della tenerezza.
Il mondo di oggi è abbastanza duro; è un mondo competitivo, guai quindi al piccolo e al debole!
Nei nostri quartieri siamo circondati da gente che vive nella solitudine, anche con il portatile acceso
in continuazione, gente cha ha fallito nella scuola o professionalmente, gente che dubita di se stessa
e che perde la propria stima a forza di essere poco stimata, gente che vive male i propri limiti!”…
ecc. ecc.
Una delle intuizioni che Charles ci offre è che il nostro modo di vivere nel mondo dev’essere
quello di “portatori di tenerezza”. Più leggo i testi di Charles e più scopro che il discorso della
tenerezza occupa molto spazio nel vocabolario di Charles. “Tenero, tenerezza, affetto” sono delle
parole che ricorrono spessissimo nei suoi scritti. “Ti abbraccio come io ti amo”, è questa una
conclusione frequente nelle sue lettere. Per es. nella lettera a J. Hours già citata sopra:
“Farsi tutto a tutti per offrirli a Gesù”, avendo verso tutti bontà e affetto fraterno, rendendo tutti i
servizi possibile, prendendo contatto affettuoso e mostrandosi fratello tenero per tutti, per
portare, poco a poco, le anime a Gesù praticando la dolcezza di Gesù.”
Ciò che è interessante è che ritroviamo queste espressioni dall’inizio fino alla fine della sua vita:
conosciamo la meditazione a Nazaret sul Vangelo della resurrezione della figlia di Giairo:
18
Carnet de Béni Abbès 19/6/1903
10
“ Siamo delicati senza limite nella nostra carità. Abbiamo questa tenera delicatezza che
abbraccia anche le piccole cose, e che sa da un nulla riscaldare i cuori: “Dategli da mangiare!”
dice Gesù. Anche noi andiamo ai dettagli di coloro che ci stanno vicini;…consoliamo con le più
minute attenzioni; abbiamo, tante tenere, delicate e piccole attenzioni per coloro che Dio ci mette
accanto, quelle attenzio0ni che si scambierebbero dei fratelli tra di loro e o quelle delle madri
tenerissime per i loro bambini!”.19
Una tenerezza che va nei minimi particolari. Charles non ne ha solo parlato ma l’ha praticata.
Sconvolge la lettura di alcune lettere scritte ai soldati feriti nell’attacco di El Moungar (Thagit)
vicino a Beni-Abbès nel 1903: egli passò tre settimane con loro ed ha mantenuto poi la
corrispondenza con alcuni di loro. Sorprende vedere come con degli uomini, legionari senza
scrupoli, egli si esprima con un affetto sconvolgente. Il capitano che era in quel momento di
guardia testimonierà come questa tenerezza sia rimasta impressa nel cuore dei soldati!
Non dimentichiamo poi ciò che dissero i Tuareg dopo la sua morte: “Non ci faceva mai
aspettare!” : oppure, i consigli che dava agli ufficiali quando essi ricevevano la gente: mettere dei
banchi, riceverli facendoli sedere come segno di rispetto e di attenzione: attenzione dunque che va
nei piccoli gesti.
Quest’idea di tenerezza come mezzo di comunicazione tra le persone e anche come mezzo di
evangelizzazione, la ritroviamo anche alla fine della sua vita:
“ C’è sempre da fare attraverso l’esempio, la bontà, la preghiera, legandosi con relazioni di
vicinanza- con le anime tiepide o lontane dalla fede, per avvicinarle, poco a poco, tramite la
pazienza, la dolcezza e la bontà, con l’influsso della virtù più che con dei consigli, ad una vita più
cristiana o alla fede; stringendo relazioni di amicizia cn le persone anche contrarie alla religione,
per far cadere, tramite la bontà e la virtù, i pregiudizi e condurli a Dio… Bisogna estendere le
nostre relazioni anche tra cristiani per sostenerci nell’amore ardente di Dio, e con i non praticanti
cercando di avere con loro, non dei rapporti mondani ma dei rapporti di affetto cordiale,
portandolo ad avere per noi stima e fiducia, e in seguito a riconciliarsi con la nostra fede”20
Per ricapitolare quanto ho cercato di condividere, io direi che, per me, il messaggio centrale in
Charles de Foucauld è:
Un messaggio decisamente rivolto al mondo, con uno sguardo positivo, decentrato da noi stessi, per
portarvi il Vangelo dell’amore e in particolare ai più fragili e più lontani.
Portare il messaggio dell’amore attraverso un reale atteggiamento di dialogo. Dialogo che vuol dire:
-
“ Evitare ogni spirito di militanza”, camminare con l’altro con pazienza.
Riconoscere la parte di verità feconda che ogni persona porta in sé.
Instaurare una relazione di reciprocità nella quale accetto di ricevere dall’altro..
Fiducia in Dio che parla al cuore di ciascuno e che ogni uomo è capace di risposte rette.
In questo insieme di atteggiamenti far “parlare il Vangelo”;
è la vita evangelica che annuncia il Vangelo.
Vivere il vangelo della tenerezza con tutti e soprattutto con i piccoli , i feriti e chi…non conta niente!
19
20
Œuvres Spirituelles. p. 199. (La bonté de Dieu p. 124-125) méditation sur Mc 5,35-43, résurrection de la fille de Jaïre
J. Hours 1914) Lettera a Joseph Hours, Tamanrasset, 10/2/1914
11
Trovo che questo sia un magnifico ritratto del cristiano nel mondo di oggi.
***********
***
Tutto questo vi ricorda qualcuno? Papa Francesco, naturalmente!
Per quel che mi riguarda, sono molto colpito dal fatto che questi temi che abbiamo scoperto in
Charles de Foucauld sono, già da qualche mese, i temi messi in evidenza da papa Francesco! E’
impressionante vedere come il modo di vivere nel mondo proposto dal papa ai cristiani sia
all’unisono con le intuizioni di Charles de Foucauld.
Se avete ancora un po’ di pazienza, mi piacerebbe riprendere qualche frase del papa Francesco:
messe insieme formano un caleidoscopio impressionante:
A partire dalla Messa di inaugurazione del suo servizio come Vescovo di Roma, egli fa l’elogio
della tenerezza: “Per salvaguardare (la creazione e le persone) dobbiamo prenderci cura di noi
stessi! Ricordiamoci che l’odio, l’invidia, l’orgoglio rovinano la vita. Salvaguardare vuol dire
allora vegliare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, poiché è da là che escono le buone
intenzioni come le cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo aver
paura della bontà e ancora meno della tenerezza! Aggiungo qui una nota supplementare: il fatto
di prendersi cura e di essere attenti, richiede la bontà e un atteggiamento di tenerezza. Nei
Vangeli, S. Giuseppe ci è presentato come un uomo forte, coraggioso, lavoratore ma dalla sua
anima emerge una grande tenerezza che non è la virtù dei deboli, di sincera apertura all’altro, di
amore. Non dobbiamo avere paura dunque della bontà e della tenerezza!” 21
Ed ha ripetuto lo stesso tema diverse volte.

Sulla apertura al mondo, evidentemente è uno dei temi preferiti dei suoi interventi, sovente
con delle immagini forti; per es. con i movimenti ecclesiali, la vigilia di Pentecoste:
“In questo momento di crisi, non possiamo preoccuparci per noi stessi e fermarci nella nostra
solitudine, nello scoraggiamento, nel sentimento di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudersi,
per favore! Questo è il pericolo; ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento cui
apparteniamo, con quelli che pensano allo stesso modo le cose…; ma siamo coscienti di che cosa
accadrà? Quando la Chiesa si chiude in se stessa, si ammala,…si, si ammala! Pensiamo ad una
stanza chiusa per un anno; quando vi ritorni, c’è odore di umidità, ci sono tante cose fuori posto.
Una Chiesa chiusa è lo stesso: è una Chiesa malata. La Chiesa deve uscire da se stessa. Per
andare dove? Verso le periferie dell’esistenza, qualsiasi esse siano, ma…uscire. Gesù ci dice:
“Andate nel mondo intero! Andate! Predicate! proclamate il Vangelo!” (cfr. Mc. 16,15).
Ma cosa accade quando usciamo da noi stessi? Può accadere ciò che accade a chiunque esca di
casa per andare nella strada: un incidente. Ma vi ripeto: preferisco mille volte una Chiesa che ha
avuto un incidente, che ha sperimentato l’incidente, piuttosto che una Chiesa malata perché
rinchiusa in se stessa! Uscite fuori, …uscite! Pensate a ciò che dice l’Apocalisse: una bellissima
cosa, che Gesù è alla porta e bussa, chiama per entrare nel nostro cuore (Ap. 3. 20). Questo è il
senso dell’Apocalisse. Ponetevi anche la questione: quante volte Gesù dall’interno bussa alla
porta ,…ma per uscire, per andare fuori, e noi non lo lasciamo uscire perché attaccati alle nostre
certezze oppure assai spesso perché siamo rinchiusi dentro strutture caduche che servono solo a
21
Messa d’inaugurazione del servizio di vescovo di Roma, 19/3/2013
12
renderci schiavi, e non figli di Dio, liberi? Nell’uscire è importante però andare incontro a…;
per me è molto importante questo aspetto: andare in contro agli altri. Perché? Perché la fede è
l’incontro con Gesù, e noi dovremmo fare ciò che Gesù ha fatto: incontrare gli altri.”22
C’è anche il magnifico sermone della Messa del Sacro Crisma dove il papa sogna una Chiesa
con dei pastori talmente vicini alle loro pecore che “puzzino anche loro di capra”.
“ Il prete che esce poco da se stesso (…) perde il meglio del nostro popolo, ciò che ha la capacità
di accendere il più profondo del suo cuore di prete. Chi non esce da se stesso, più che essere un
mediatore, si trasforma piano piano in “intermediario”,…gestore. Tutti conosciamo la differenza:
l’intermediario e il gestore “hanno già ricevuto la loro ricompensa”, e siccome non si
compromettono di persona né con il cuore, non ricevono neanche loro il “ringraziamento”
affettuoso che viene dal cuore. Da qui proviene esattamente l’insoddisfazione in certuni che
finiscono per diventare tristi,…preti tristi, trasformatisi in collezionisti di antiquariato o di novità
piuttosto che essere dei pastori impregnati “dell’odore delle loro pecore” – questo vi chiedo: siate
dei pastori impregnati dell’odore delle loro pecore: che questo si percepisca!” 23
 Sulla vita che si lascia concretamente coinvolgere dalla vita del mondo
Sempre nello stesso periodo di Pentecoste: “ Oggi – fa male al cuore anche solo dirlo – oggi,
trovare un barbone morto di freddo non fa più notizia. Ciò che fa notizia oggi è, può darsi, lo
scandalo. Un qualsiasi scandalo: ah, questo fa notizia! Pensare che tanti bambini non hanno da
mangiare, oggi non fa notizia. Tutto questo è grave. Non possiamo stare tranquilli…(…) Non
possiamo diventare inamidati, dei cristiani educati e colti che parlano volentieri di teologia
mentre si prende il te, tranquilli. No. Dobbiamo diventare dei cristiani coraggiosi ed andare a
cercare coloro che sono veramente “la carne di Cristo”. (…) Quando andavo a confessare nella
diocesi da cui provengo, alcune persone venivano ed io ponevo sempre questa domanda:
“Ma…farvi l’elemosina?” – “Si, padre” – Ah, va bene, va bene!”,…ma chiedevo ancora:
“Ditemi, quando voi fate l’elemosina, guardate negli occhi colui al quale la fate ?, …e in più,
“quando fate l’elemosina, toccate la mano di colui al quale fate l’offerta, o gli gettate la
moneta…e via?”. Ecco il problema: la carne di Cristo, …toccare la carne di Cristo, prendere su
di noi questo dolore per i poveri. La povertà per noi cristiani, non è una categoria sociologica ,
filosofica o culturale, no, si tratta di una categoria teologale. Direi quasi che essa è la prima
categoria, perché é Dio stesso, il Figlio di Dio che si è abbassato e si è fatto povero per camminare
con noi e fare il cammino insieme. Questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la
povertà che il Figlio di Dio con la sua Incarnazione ci ha portato. Una Chiesa povera per i poveri,
comincia con l’andare verso la carne di Cristo” 24
 Sulla vita evangelica che parla del Vangelo.
“…E infine, la testimonianza: la comunicazione della fede non si può fare che per la
testimonianza, che è l’amore. Non con le nostre idee, ma con il Vangelo vissuto nella nostra vita
e che lo Spirito Santo suscita dentro di noi. E’ come una sinergia tra noi e lo Spirito Santo che
porta alla testimonianza…(…) Il mondo di oggi ha particolarmente bisogno di testimoni. Non
parlare troppo, ma parlare con tutta la vita e precisamente con una coerenza di vita! Coerenza
22
Veglia di Pentecoste con i movimenti ecclesiali, 18/5/2013
Messa crismale del giovedì santo, 28/3/2013
24
Veglia di Pentecoste con i movimenti ecclesiali, 8/5/2013
23
13
che significa il cristianesimo come un incontro con Gesù che mi conduce agli altri, e non come
un fatto sociale!”. 25
Sul dialogo bisogna leggere ciò che ha detto in un testo sulle riviste gesuitiche dove c’è una bella
espressione sintetica nell’incontro con i giornalisti appunto della rivista gesuita italiana:
“ Il vostro dovere principale non è di erigere dei muri o di stabilire dei ponti. Bisogna che
instauriate il dialogo con tutti, con chi non condivide la nostra fede cristiana, con coloro che
“onorano gli alti valori umani”, e anche con coloro che si oppongono alla Chiesa e la
perseguitano in vari modi (Gaudium et spes 92). Ci sono tante di quelle questioni umane di cui si
può discutere e condividere. Il dialogo permette sempre di avvicinarci alla verità che è un dono di
Dio, e di arricchirsi vicendevolmente. Dialogare significa essere convinti che l’altro ha qualche
cosa di positivo da dire, significa anche far posto al suo punto di vista, alla sua opinione, alle sue
proposte, senza per questo cadere nel relativismo. Ciò richiede di abbattere le difese e di aprire le
porte. Per favore, siate uomini di frontiera con questa capacità che viene da Dio (Cfr. 2 Cor. 3,6).
Non cadete però nella tentazione di smussare le frontiere: bisogna andare verso le frontiere e
non restringerle ai vostri schemi prestabiliti, per verniciarle un po’ e addomesticarle” 26
Ritroviamo esattamente ciò che si diceva di Charles de Foucauld: incontrare e rispettare la parte
di verità dell’altro, ricevere dall’altro, abbattere le difese = “rifiutare ogni spirito di militanza” ecc.
ecc.
C’è anche un ottimo testo, apparso nel giornale “La repubblica”, si tratta di una magnifica lettera
ai non-credenti e, dove, si riprende il tema del dialogo:
“Per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù alla luce della fede, (…)questo dialogo non
è un accessorio secondario nella vita del credente, ne è piuttosto una caratteristica intima e
indispensabile. Permettetemi di citare un’affermazione in questo senso, a mio parere molto
importante dell’enciclica: perché la verità di cui la fede è testimonianza è l’amore – è detto - “E’
chiaro che la fede non è intransigente ma essa cresce nella coesistenza che rispetta l’altro. Il
credente non è arrogante; al contrario, la verità lo rende umile, sapendo che, più noi la
possediamo e più essa ci abbraccia e ci possiede. Lungi dallo sminuire il credente, la certezza
della fede lo mette in cammino e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti” (n. 34)
Accoglietele (le riflessioni) come un tentativo di risposta provvisoria, ma sincera e fiduciosa, come
un invito a fare un pezzo di cammino insieme. La Chiesa, credetemi, malgrado le sue lentezze, le
sue infedeltà, i suoi errori e i peccati che può aver commesso e può ancora commettere attraverso i
suoi membri, non ha altro senso o fine che di vivere e testimoniare Gesù: colui che è stato inviato
da “Abbà” per portare la Buona Notizia ai poveri, annunciare ai prigionieri la liberazione e ridare
la vista ai ciechi, liberare gli oppressi e proclamare un anno di grazi del Signore: (Lc. 4, 18-19).

Sul rispetto delle convinzioni dell’altro e il fatto che Dio solo vede il cuore, possiamo
pensare al suo primo incontro con i giornalisti, qualche giorno dopo la sua elezione. Un incontro
simpatico nel quale li ringrazia per il lavoro svolto durante questi ultimi giorni Termina in modo
abbastanza classico con un :
“e…di tutto cuore vi impartisco a tutti la mia benedizione. Grazie”
Prima di dare la benedizione però, si ferma un istante e poi riprende in spagnolo:
25
26
Veglia di Pentecoste con i movimenti ecclesiali, 8/5/2013
Udienza agli scrittori della comunità « La civiltà cattolica », 14/6/2013
14
“Vi ho detto che vi avrei impartito la mia benedizione. Poiché però molti di voi non appartengono
alla Chiesa cattolica, altri ancora non sono neppure credenti, indirizzo di tutto cuore questa
benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ognuno, ma sapendo che
ciascuno di voi è un figlio di Dio. Che Dio vi benedica”.27
Perché parlare di papa Francesco in parallelo con Charles de Foucauld?
Non certo per dire che il papa è foucauldiano: egli era già un gesuita, ora la gente lo trova assai
francescano, non vogliamo quindi aggiungergli l’appellativo di foucauldiano! Se l’ho fatto è
semplicemente per fare una constatazione, meravigliato: se il papa Francesco ci stimola così tanto
(…e sconvolge anche la gente!), è perché si sente che le sue parole e i suoi gesti egli li fa sgorgare
dalla sorgente fresca del Vangelo. C’è dell’aria fresca che entra, un’aria di amore per gli uomini e le
donne di questo tempo, nutrito dall’amore e dall’esempio di Gesù.
Dire che ritroviamo nel suo messaggio degli accenti che esistono in Charles de Foucauld e che ci
danno vita, è semplicemente constatare come anche Charles de Foucauld beveva, lui e dissetava
agli altri, con l’acqua viva del Vangelo. Questo, ovviamente, ci riempie di gioia pensando che
anche noi, di conseguenza, ci abbeveriamo alla stessa sorgente.
D’altronde è questo il consiglio che Charles stesso ci dava nella stessa lettera a J. Hours:
“Leggere e rileggere incessantemente i santi Vangeli per avere sempre davanti al nostro spirito gli
atti, le parole e i pensieri di Gesù, affinché anche noi pensiamo, parliamo e agiamo come Gesù,
seguiamo gli esempi e gli insegnamenti di Gesù e non gli esempi ed il modo di fare del mondo nei
quali ricadiamo sovente, ogni volta che distacchiamo l’attenzione dal divino modello”. 28
Come non pensare a Gesù che si meraviglia davanti alla fede degli stranieri; a Gesù che si
compromette con gli indemoniati di Gerasa; a Gesù che da un’interpretazione aperta alla Legge, a
Gesù che si lascia commuovere dalla sofferenza della vedova di Naim. “Il Figlio dell’uomo è
venuto nel mondo perché il mondo sia salvato e perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza”. E noi, ne siamo i testimoni nel mondo di oggi.
Per concludere vorrei illustrare quanto ho scritto con un fatto concreto che mi è capitato. Certo
anche voi avrete dei casi simili: è il frutto di questo modo di vivere in questo mondo, lasciandoci
guidare dal Vangelo quale anche Charles ci ha trasmesso. Cogliamo questo frutto con grande
meraviglia,…ma anche con modestia!
Il mio ultimo lavoro con una impresa di pulizie in un supermercato. Eravamo in tre uomini
incaricati delle pulizie. Nei magazzini c’erano molti giovani inviati dalle scuole per un lavoro
stagionale per imparare il mestiere. Spesso si trattava di giovani arabi, abitualmente non molto ben
visti. Ho preso l’abitudine di chiedere il loro nome: sono rimasto grandemente stupito nel vedere
come questo piccolo gesto insignificante era invece importante: quando il giorno dopo lo rincontri
e lo saluti: “salve Jamal” oppure “Ciao, Kader”, ero sorpreso per tutte quelle volte in cui mi hanno
chiesto con immensa gioia e sorpresa nei loro occhi: ”Ti ricordi il mio nome!”; e in seguito loro
venivano a salutarmi, cosa che non facevano con gli altri…
27
28
Udienza ai rappresentanti dei media, 16/3/2013
Lettera a Joseph Hours, Assekrem, 3 mai 1912
15
Ciò mi fa pensare e capire meglio le parole di Gesù: “Il pastore conosce le sue pecore e le chiama
ciascuna per nome ed esse lo seguono!”. A che genere di profondità umana e a quale salvezza
segreta si riferisce Gesù con questa semplice frase!
Ciò che mi sembra interessante è che questa storia ha avuto un seguito: il mio capo è un
musulmano praticante, uomo aperto e curioso: spesso abbiamo parlato insieme di religione, di
politica, di giustizia ecc. Con grande libertà e amicizia, spesso mi ha fatto dei commenti sul mio
modo di comportarmi; insisteva continuamente nel dirmi che quando io parlavo di umanità si
vedeva chiaramente che la sorgente del mio atteggiamento era la mia fede in Dio. Ciò mi è
semplicemente sembrato stupendo! Così si è spiegato il mio modo di comportarmi con i giovani ed
il fatto che essi venivano a salutarmi. Quando me ne ha parlato ed io ho cercato di spiegargli ciò
che mi ha fatto scoprire il mistero dell’amore di Dio proprio a partire dalla frase sulle pecore. E
quando sono partito sono stato molto sorpreso perché riferendosi proprio a questa frase delle pecore
mi ha detto: “Mi mancherai: starti vicino mi ha aiutato a riflettere sull’Islam: c’è infatti una
dimensione di umanità nella vostra religione che noi non abbiamo”; da parte mia io l’ho ringraziato
del suo aiuto a rileggere la mia vita a partire dalla fede. Tutto questo per aver vissuto vicino più di
un anno, con una scopa in mano. Niente di più ordinario; niente di più straordinario!
Marc Hayet
Incontro regionale della Fraternità secolare
Merville, 6 Ottobre 2013
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