la cultura come risorsa e le risorse della cultura

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la cultura come risorsa e le risorse della cultura
ANNO 5/6 • Gennaio 2009-Dicembre 2010
LA CULTURA COME
RISORSA E LE RISORSE
DELLA CULTURA
LA CULTURA COME
RISORSA E LE RISORSE
DELLA CULTURA
Questo numero viene pubblicato con un contributo straordinario dell’Ateneo di Bari 2009
RIVISTA ANNUALE
Direttori: Roberto FINELLI e Francesco FISTETTI
Comitato direttivo:
Francesco FISTETTI (direttore responsabile)
Roberto FINELLI (co-direttore)
Francesca R. RECCHIA LUCIANI (direttore editoriale)
COMITATO SCIENTIFICO:
Vanna GESSA KUROTSCHKA 
Fabrizio LOMONACO
Romano MADERA
Mario MANFREDI
Edoardo MASSIMILLA
Fabio MINAZZI
Salvatore NATOLI
Mario PERNIOLA
Stefano PETRUCCIANI
Furio SEMERARI
Marcello STRAZZERI
Andrea TAGLIAPIETRA
Bruno ACCARINO
Bethania ASSY
Pietro BERALDI
Giuseppe CACCIATORE
Domenico CHIANESE
Pietro COSTA
Antonio DE SIMONE
Domenico DI IASIO
Piero DI GIOVANNI
Francesco DONADIO
Maria Rosaria EGIDI
Domenico M. FAZIO
Simona FORTI
Questo numero è stato curato da Arcangelo Di Canio e Francesca R. Recchia Luciani
SEGRETERIA DI REDAZIONE:
Rosaria De Bartolo, Arcangelo Di Canio
Indirizzo:
Francesca R. Recchia Luciani
Dipartimento di Scienze filosofiche
Università degli Studi di Bari
Palazzo Ateneo – Piazza Umberto I - 70100 BARI
Tel. 080 5714164
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dell’autore e dell’editore.
INDICE
MANIFESTO PER LA RIAPPROPRIAZIONE
DEI BENI COMUNI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Introduzione
di Francesco FISTETTI e Francesca R. Recchia Luciani . . . 7
Mario Aldo TOSCANO
Cultura e Beni Culturali. Per una pragmatica delle risorse
manifeste e latenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
Francesco FISTETTI
La globalizzazione alla luce del paradigma del dono.
Una nuova prospettiva epistemologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
Francesca R. RECCHIA LUCIANI – Barbara HENRY
Il “gioco” della cultura nel mondo g-locale
tra crisi e prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
Antonella AGNOLI
Internet, biblioteche e piazze come beni comuni . . . . . . . . . . . . . 53
Alberto PIRNI
Riannodare un filo ancora da tessere:
luoghi, culture, convivenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Bruno BRUNETTI
Brevi note a margine: formazione editoriale
e offerta formativa universitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
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Elena GREMIGNI
Sulla cultura dei Beni Culturali. Una ricerca empirica.
[Parte prima]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice
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Linda FERRETTI
Sulla cultura dei beni culturali. Una ricerca empirica.
[Parte seconda]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
Laura TAFARO
Diritto e cultura: alla ricerca di un legame perduto.
Il ruolo del giurista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
Clarissa VERONICO
Marketing culturale e territori della cultura:
la formazione di una comunità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
Giuseppe MARCHIONNA
La cultura come valore aggiunto nell’economia post-industriale. . . 133
Marco SEBASTIO
Guerrilla semiotica 2.0 – La rivoluzione culturale dei social
network nell’economia globale della contestazione sociale . . . . . 141
Arcangelo DI CANIO
su Globalizzazione, saggezza, regole
(a cura di) A. Pirni, ETS, Pisa 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163
MANIFESTO PER LA RIAPPROPRIAZIONE
DEI BENI COMUNI
I processi di privatizzazione e mercificazione degli elementi vitali per
l’umanità e per il pianeta si vanno intensificando come mai avvenuto prima:
dopo lo sfruttamento delle risorse naturali e del lavoro umano, essi si sono
estesi alle conoscenze, alle culture, al lavoro creativo, all’acqua, all’atmosfera, alla salute, all’educazione, alle comunicazioni, alla diversità genetica,
al mondo delle creature viventi. Il benessere di tutti e la salvaguardia della
Terra vengono sacrificati al profitto finanziario immediato di alcuni. Le conseguenze di questo processo sugli ecosistemi sono letali. Esse sono visibili
e ben note a tutti: sofferenza e morte di coloro che non possono accedere ai
trattamenti brevettati e che sono trascurati dalla ricerca orientata al profitto
commerciale, distruzione dell’ambiente e della biodiversità, riscaldamento
climatico, dipendenza alimentare degli abitanti dei paesi poveri, impoverimento della diversità culturale, riduzione dell’accesso alla conoscenza e
all’educazione mediante l’istituzione di un sistema di proprietà intellettuale
sul sapere, diffusione e promozione di una cultura consumistica globale.
Il World Social Forum del 2009, a Belem (Pará), in Brasile, si è svolto proprio in una fase in cui la globalizzazione neoliberista, dominata dai
mercati finanziari privi di ogni controllo pubblico, è fallita clamorosamente. Esso ha anche avuto luogo contestualmente all’emergere della presa di
coscienza che esistono beni d’uso comune a tutti gli esseri umani, e alla
natura stessa, i quali non possono in nessun caso essere privatizzati o considerati delle merci per via dei danni immani e delle diseguaglianze che ne
deriverebbero.
Questa presa di coscienza si fonda su una visione della società che pone
il rispetto dei diritti umani, la partecipazione democratica, l’inclusione e
la cooperazione al centro dei suoi valori. In numerosi ambiti si sviluppano iniziative alternative e rispettose dei beni comuni per la concreta difesa
dell’acqua e dei fiumi, della terra, delle sementi, della conoscenza, delle
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Manifesto per la riappropriazione dei beni comuni––
scienze, delle foreste, dei mari, del vento, del denaro, della comunicazione
e delle intercomunicazioni, della cultura, della musica e delle altre arti, delle tecnologie aperte e del software libero, dei servizi pubblici dell’educazione, della salute e della cura, della biodiversità e del patrimonio conoscitivo
tradizionale.
I firmatari di questo Manifesto, lanciato al World Social Forum del 2009,
invitano tutti/e i/le cittadini/e del mondo e le loro organizzazioni ad impegnarsi nell’azione per il recupero condiviso e la messa in comune dei beni
dell’umanità e del pianeta, presenti e futuri, affinché la loro gestione venga
esercitata in modo partecipativo, collaborativo e trasparente nella prospettiva di un mondo sostenibile, equo e vitale.
Questo Manifesto sollecita tutti/e i/le cittadini/e del mondo ad approfondire il concetto di beni comuni, a condividere i loro diversi approcci
e le esperienze nella de-privatizzazione e de-mercificazione di questi beni
appartenenti a tutta l’umanità e al pianeta, e a coordinare le lotte delle diverse organizzazioni, rafforzando reciprocamente le proprie campagne e le
proprie iniziative.
(trad. it. di Francesco Fistetti e Francesca R. Recchia Luciani)
introduzione
LA CULTURA COME RISORSA
E LE RISORSE DELLA CULTURA
Metamorfosi interculturale del mondo globale:
identità, territori e sviluppo
Apriamo questo numero di «Post-filosofie» con il MANIFESTO PER
LA RIAPPROPRIAZIONE DEI BENI COMUNI, lanciato nel World Social Forum del 2009, che inserisce tra questi beni, essenziali e irrinunciabili
per tutta l’umanità, le culture e la loro difesa, argomento al centro dei contributi di un Convegno svoltosi a Bari e a Brindisi il 9 e 10 marzo 2009,
intitolato “La cultura come risorsa e le risorse della cultura”, qui raccolti.
L’intento del convegno è stato quello di focalizzare, in una prospettiva a cavallo tra filosofia e scienze sociali, le relazioni tra cultura ed economia nel
mondo della globalizzazione, sempre più connotata dall’accelerazione dei
processi di incontro, contaminazione, ibridazione delle appartenenze e delle
identità culturali, nonché le ricadute in termini di sviluppo determinate da
questa situazione.
La convinzione degli organizzatori del convegno è che manchi a tutt’oggi uno spazio di comunicazione-discussione nel quale convergano posizioni
diverse e anche tra loro distanti per confrontarsi sui temi della “crescita”
che forme nuove di produzione creativa di cultura, nelle sue più differenziate e multiformi espressioni (dal cinema alla musica, dalla cultura di massa
alla comunicazione multimediale della TV, di Internet, dei new media, dalla
moda al design, dalla fotografia all’architettura, dall’urbanistica alle arti visive, sino alla gestione dei beni e degli eventi culturali territoriali), possono
innescare dando vita ad un “circolo virtuoso” tra l’evoluzione culturale di
un territorio e la sua valorizzazione in chiave di sviluppo economico.
Naturalmente, occorre sottolineare che ha senso ragionare del rapporto
che può articolare sviluppo economico e cultura solo se ci riferiamo a due
coordinate storiche, strettamente connesse tra di loro: 1) la prima è quella
della globalizzazione o, meglio, come dicono gli anglosassoni, della “glocalizzazione”, vale a dire l’innesto tra locale e globale; 2) l’altra riguarda il
concetto di sviluppo, il cui significato è cambiato profondamente nel corso
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Introduzione
dell’ultimo trentennio. Che noi viviamo ormai in un orizzonte globale, non
c’è nessuno che possa metterlo in dubbio. Come pure, è diventato quasi un
luogo comune affermare che nella rete delle interdipendenze economiche,
comunicative, sociali e culturali – che ha fatto dei mondi che prima erano
separati un “unico mondo” – la distinzione centro/periferia è venuta meno:
ogni punto del sistema è diventato centrale o può aspirare a divenire tale
sui mercati internazionali, solo che si creino le condizioni adeguate. Per
quanto concerne il concetto di sviluppo, non c’è chi non veda che fino agli
anni Ottanta del Novecento esso era sinonimo di industrializzazione pesante, veniva identificato, cioè, con la fabbrica fordista fondata su una rigida
divisione del lavoro e su un alto consumo energetico, con i noti effetti perversi in termini di inquinamento dell’ambiente circostante. Questo smisurato paradigma “sviluppista” ha ceduto il posto ad una cultura del “limite”,
vale a dire alla consapevolezza che le risorse – di qualsiasi tipo – sono
finite e limitate e che è necessario promuovere uno sviluppo sostenibile,
una crescita ecologicamente compatibile, rispettosa non solo degli equilibri
dell’ecosistema, ma anche del paesaggio naturale e culturale dei territori.
La crescita sostenibile di una località, di una regione, di un paese deve
assecondare e armonizzarsi con le “vocazioni” culturali territoriali senza
contraddire l’aspirazione al “globale” che è la cifra epocale del tempo presente.
Tutto ciò evidenzia la necessità di un’interrelazione tra economia, estetica ed etica che legittima alcune fondamentali domande filosofiche e filosofico-politiche intorno a queste questioni. Il ruolo della filosofia in questo
contesto non mira alla riaffermazione di una primazia rispetto ad altri modelli conoscitivi o ad altre espressioni culturali, e neppure alla riproposizione di un metafisico status da super-scienza. Piuttosto, essa si assume il
compito di ripensare radicalmente la cultura come motore dello sviluppo e
di avviare una metariflessione sul senso dei saperi e sui prodotti che essi
veicolano, consapevole della loro natura di “merce” e dell’esistenza di un
“mercato” che ne regola la produzione e la distribuzione. Non è un caso che
a partire dalla fine degli anni Ottanta, è possibile registrare nella riflessione
filosofica e nelle ricerche delle scienze sociali una convergenza non sempre
esplicita e tematizzata come tale, verso una ridefinizione epistemologica in
chiave interculturale dei loro statuti disciplinari e delle loro griglie categoriali. Filosofi come Ricoeur, Derrida, Lyotard, Rorty, Habermas, Taylor, e
prima ancora Lévinas, ma anche Foucault e Deleuze, fino agli esponenti
della terza generazione della Scuola di Francoforte come Honneth, hanno
con accenti diversi lavorato ad una pratica “polifonica” della filosofia, tale cioè da aprirla al dialogo fecondo con gli altri saperi dell’umano come
era alle origini della civiltà occidentale nelle città dell’antica Grecia, sottraendola così all’imbalsamazione museale cui l’ha condannata una certa
storiografia accademica. Basti pensare a testi diversissimi tra loro come Sé
come un altro (1990) di Paul Ricoeur, Stati canaglia (2003) di Jacques Derrida, La politica del riconoscimento (1992) di Charles Taylor, L’inclusione
Introduzione
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dell’altro (1996) di Jürgen Habermas e Lotta per il riconoscimento (1992)
di Axel Honneth per rendersi conto di quanto abbiano inciso sulla stessa
pratica filosofica contemporanea le correnti antropologiche e sociologiche
che hanno messo al centro del loro lavoro il colonialismo, il postcolonialismo, l’incontro con l’altro, l’etnocentrismo, l’alterità, le relazioni interetniche, la differenza/diversità culturale. Attorno a questi temi, all’inizio minoritari e marginali nell’ambito delle scienze sociali e politiche, troviamo tendenze intellettuali come i Cultural Studies, i Subaltern Studies e i Postcolonial Studies, che hanno sperimentato sul campo le intuizioni più vive del
pensiero postmetafisico del Novecento approfondendole e sviluppandole a
contatto con le culture dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina. Accanto
a questi nuovi indirizzi di ricerca bisogna annoverare quegli orientamenti
che hanno modificato profondamente gli studi sociologici ed antropologici
in una dimensione attenta alle implicazioni filosofiche del loro lavoro: è
sufficiente riferirsi ai contributi di studiosi come Appadurai, Augé, Geertz,
Clifford, Canclini e, soprattutto, ai rappresentanti del paradigma del dono
raccolti attorno alla «Revue du MAUSS» (Caillé, Chanial, Godbout, ecc.)
per comprendere come all’incrocio tra filosofia e scienze sociali si vada
costituendo da qualche decennio una prospettiva – o un modo di praticare
la ricerca teorica ed empirica – che incrocia gli sguardi e le metodologie dei
rispettivi campi problematici, dando luogo così a modalità di lavoro multicentrate e multifocali, se non a veri e propri paradigmi ibridi.
In questo scenario, il convegno non solo ha posto l’accento sulle trasformazioni a cui il mondo odierno sottopone le culture del pianeta nella
dialettica tra globale e locale, ma ha anche cercato di cogliere in che misura
le culture non solo sono dei beni comuni e delle risorse simboliche, ma
anche delle potenzialità di uno sviluppo economico innovativo: e ciò anche
per una regione come la Puglia, così ricca di beni culturali, paesaggistici e
naturalistici, ma anche di tradizioni culturali di vario genere che sono state
rivitalizzate e rifunzionalizzate ai tempi moderni.
In particolare, il convegno ha inteso tentare due direttrici di ricerca:
1) in primo luogo, esplorare la condizione di ibridazione/meticciato/mescolamento in cui oggi vivono le culture. Infatti, se si parte dal presupposto
che sempre più oggi le culture sono culture di frontiera (Canclini), il livello
cui accedere è quello dell’interazione e della mutua conoscenza multiculturale ed interculturale. Questo trend non cancella i territori, ma li riconfigura
nello spazio e nel tempo come nodi specifici della grande rete dell’interdipendenza: al movimento della de-territorializzazione corrisponde quello
complementare della ri-territorializzazione. E qui l’innesto tra globale e
locale comporta il conflitto tra due processi che si contendono il primato.
Da una parte, vi è la tendenza alla concentrazione nelle industrie culturali
multinazionali che monopolizzano/controllano i media della comunicazione, della conoscenza e del divertimento (dai film alla televisione, alla musica) investiti dalla cosiddetta rivoluzione digitale che porta all’omologazione
dei gusti e dei comportamenti. Dall’altra, vi è la controspinta del locale
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Introduzione
che può promuovere la differenziazione dei luoghi, degli stili di vita, delle tradizioni culturali o chiudendosi in una difesa fondamentalistica della
sua identità o accettando la sfida di preservare la propria identità aprendosi
all’ibridazione interculturale e multiculturale e perfino sottoponendosi alla
logica del mercato con i suoi prodotti materiali ed immateriali dotati di un
valore d’uso e di un valore simbolico del tutto peculiari;
2) offrire un’analisi più dettagliata e una descrizione di casi esemplari di
relazione “virtuosa” tra economia e cultura che impegni operatori culturali
in un lavoro multicentrato e multifocale, tale anche da disegnare nuove professionalità o nuovi profili culturali da “spendere” sul mercato del lavoro.
Francesco Fistetti Francesca R. Recchia Luciani
Gli autori
Mario Aldo Toscano è professore ordinario di Storia e Teoria sociologica
nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa.
Francesco Fistetti è professore ordinario di Storia della Filosofia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Bari. Dirige con Roberto Finelli la
rivista «Post-filosofie» (Cacucci) e la collana Humanities edita da Pensa Multimedia (Lecce).
Francesca R. Recchia Luciani è ricercatrice confermata presso l’Università
degli Studi di Bari e direttore editoriale della rivista «Post-filosofie».
Barbara Henry è ordinaria di Filosofia Politica presso la Scuola Superiore di
Studi Universitari e di Perfezionamento «Sant’Anna» di Pisa.
Antonella Agnoli, esperta di biblioteche e di organizzazione degli spazi pubblici, ha pubblicato nel 2009 Le piazze del sapere per la casa editrice Laterza.
Alberto Pirni, ricercatore di Filosofia Politica presso la Scuola Superiore di
Studi Universitari e di Perfezionamento «Sant’Anna» di Pisa.
Bruno Brunetti, docente di Letteratura Italiana presso la Facoltà di Lingue e
Letterature Straniere dell’Università di Bari.
Elena Gremigni insegna Sociologia dei Beni Culturali all’Università degli
Studi di Pisa.
Linda Ferretti è dottoranda in Storia e Sociologia della Modernità presso
l’Università degli Studi di Pisa.
Laura Tafaro, docente di Diritto Privato presso la sede della II Facoltà di
Economia dell’Università degli Studi di Bari (sede di Taranto).
Clarissa Veronico, docente a contratto di Organizzazione e gestione dello
spettacolo nel corso di Laurea in Progettazione e Gestione delle Attività Culturali presso la sede di Brindisi dell’Università degli Studi di Bari.
Giuseppe Marchionna, direttore della Confcommercio di Brindisi.
Marco Sebastio, giornalista, Responsabile della comunicazione dell’AS Taranto calcio.
Arcangelo Di Canio, assegnista di ricerca e docente a contratto di Storia
della Filosofia nel corso di Laurea in Lettere e Culture del Territorio presso la
sede di Taranto dell’Università degli Studi di Bari.
MANIFESTO PER LA
RIAPPROPRIAZIONE DEI BENI COMUNI
Introduzione di Francesco FISTETTI
e Francesca R. Recchia Luciani
Mario Aldo TOSCANO
Cultura e Beni Culturali. Per una pragmatica
delle risorse manifeste e latenti
Francesco FISTETTI
La globalizzazione alla luce del paradigma del
dono. Una nuova prospettiva epistemologica
Francesca R. RECCHIA LUCIANI –
Barbara HENRY
Il “gioco” della cultura nel mondo g-locale tra
crisi e prospettive
Antonella AGNOLI
Internet, biblioteche e piazze come beni comuni
Alberto PIRNI
Riannodare un filo ancora da tessere: luoghi,
culture, convivenze
Bruno BRUNETTI
Brevi note a margine: formazione editoriale
e offerta formativa universitaria
Elena GREMIGNI
Sulla cultura dei Beni Culturali.
Una ricerca empirica. [Parte prima]
Linda FERRETTI
Sulla cultura dei beni culturali.
Una ricerca empirica. [Parte seconda]
Laura TAFARO
Diritto e cultura: alla ricerca di un legame
perduto. Il ruolo del giurista
Clarissa VERONICO
Marketing culturale e territori della cultura:
la formazione di una comunità
Giuseppe MARCHIONNA
La cultura come valore aggiunto nell’economia
post-industriale
Marco SEBASTIO
Guerrilla semiotica 2.0 – La rivoluzione culturale
dei social network nell’economia globale
della contestazione sociale
Arcangelo DI CANIO
su Globalizzazione, saggezza, regole
(a cura di) A. Pirni, ETS, Pisa 2011
ISBN 978-88-6611-087-3
€ 20,00