L`accostamento tra le antiche intavolature liutistiche, vihuelistiche e

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L`accostamento tra le antiche intavolature liutistiche, vihuelistiche e
ISTITUTO MUSICALE “VINCENZO BELLINI”
CATANIA
Biennio di II livello per la formazione dei docenti nella classe
di concorso di strumento musicale (A077)
Strumento: Chitarra (AB77)
_______________________________________________________
GIUSEPPE TORRISI
LA TABLATURA NELLA
METODOLOGIA MODERNA
_______________________
Tesi di laurea
_______________________
Relatore:
Prof. Agatino Scuderi
_______________________________________________________
Anno Accademico 2007/2008
INDICE
PREMESSA
pag. 5
CAPITOLO I
INTAVOLATURA: ORIGINI E CARATTERISTICHE
pag. 7
CAPITOLO II
NEI PRIMI ANNI
pag. 19
CAPITOLO III
LA TABLATURA DIGITALE
pag. 33
CAPITOLO IV
L’UTILIZZO CORRETTO
pag. 39
CAPITOLO V
I VANTAGGI DELLA TABLATURA DIGITALE
pag. 49
CAPITOLO VI
CONCLUSIONI
pag. 67
BIBLIOGRAFIA
pag. 71
3
PREMESSA
Esiste un “legame” tra le antiche intavolature liutistiche e degli strumenti
similari (vihuela, tiorba, chitarrone, etc.) sviluppatesi tra il XVI e il XVII secolo
e le attuali tablature per chitarra? Ad una prima osservazione potrebbe
sembrare azzardato, o per alcuni persino “sacrilego”, un tale accostamento. In
italiano il termine “tablatura” (o “tabulatura”) è ormai di uso comune e sta ad
indicare le moderne intavolature chitarristiche per distinguerle da quelle
antiche proprie degli strumenti a pizzico e a tastiera.
«Una intavolatura è un metodo alternativo al pentagramma per scrivere la
musica. Anche se non è il termine italiano corretto, spesso si utilizza la dicitura
tablatura o tabulatura (dal lat. tabula, “tavola”).»
(it.wikipedia.org/wiki/Intavolatura).
Le origini delle intavolature (risalenti al periodo tardo medioevale) trovarono
concreta affermazione in una enorme quantità di musica, molta della quale di
straordinario valore storico e musicale, e la loro esistenza era funzionale alla
pratica esecutiva rappresentando una ingegnosa “alternativa” (più semplice ed
immediata) alla notazione diastematica già in uso da qualche secolo.
Le attuali tablature per chitarra, con l’avvento della notazione moderna e la
conseguente evoluzione verso una scrittura musicale sempre più “completa”
di indicazioni per l’esecutore(1), secondo il parere di molti oggi non avrebbero
ragione di esistere e difatti non sono pochi i detrattori che le considerano non
solo inutili ma addirittura dannose. Il “fil rouge” che lega l’antica intavolatura
con la moderna tablatura è rappresentato dalla diretta e immediata percezione
grafico-visiva che l’esecutore viene ad avere del brano, byapassando tutte
quelle componenti (“complicate”) della notazione su pentagramma, non
indispensabili ai fini pratico-esecutivi. Naturalmente, come vedremo, la lettura
su tablatura non è priva di controindicazioni ma, da un punto di vista
metodologico, il ricorso ad essa come strumento didattico, è giustificato da
una forte valenza positiva, soprattutto nella delicata fase propedeutica.
5
Il tutto si inquadra nella ricerca, confortata dai più moderni orientamenti
metodologici, di un approccio all’insegnamento strumentale che cominci dal
“suono” e non da informazioni “astratte” di Teoria musicale o di Solfeggio.
Attraverso l’uso della tablatura, ossia della rappresentazione grafico-visiva
della posizione delle corde e dei tasti da premere con le dita sulla chitarra,
l’allievo principiante di Scuola Media ha la possibilità di un rapporto
immediato con lo strumento attraverso una lettura musicale che è decisamente
più intuitiva rispetto a quella legata alla canonica notazione sul pentagramma.
Anche se il contesto storico-musicale che vide l’affermazione delle antiche
intavolature era diverso da quello attuale, fondamentalmente il principio è lo
stesso: l’antica intavolatura e la moderna tablatura hanno in comune un
sistema di rappresentazione grafico-visiva che comunica all’esecutore (in
maniera analogica) le posizioni da realizzare sullo strumento nella
combinazione tra corda da pizzicare con la mano destra e tasto da pressare
con la mano sinistra. Ma, per concludere questa breve premessa, la tablatura
moderna ha sicuramente molte più frecce al proprio arco di quante non ne
avesse la sua antica progenitrice: l’uso delle moderne tecnologie (attraverso il
computer) ne permette un utilizzo che va ben al di là della semplice
visualizzazione grafica delle posizioni strumentali ampliandone enormemente
la valenza didattica; di questo mi occuperò nei capitoli successivi, dedicati
all’esperienza maturata in tanti anni di insegnamento direttamente sul “campo
(di battaglia)”: la Scuola!
(1) La tendenza a precisare nella partitura le istruzioni per l’esecuzione si rafforzò durante il
XIX sec. e all’inizio del XX, al punto che, in alcuni pezzi di Arnold Schoenberg, si trovano
istruzioni precise per l’esecutore, si può dire di ogni singola nota; lo stesso Stravinskij pare
abbia detto una volta, come gli fosse sufficiente che l’esecutore suonasse le note esattamente
come egli aveva indicato, piuttosto che le interpretasse. Secondo alcuni compositori del XX
sec., il passo ulteriore da compiere per aderire alla logica, sarà l’eliminazione dell’esecutore,
“l’intermediario” fra il compositore e il suo pubblico.[HOWARD MAYER BROWN, Notazione
in DEUMM, il Lessico III, Torino, UTET, 1992 (1ª ed. 1984), p. 348].
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INTAVOLATURA: ORIGINI E CARATTERISTICHE
Sappiamo bene quanto la “scrittura” sia stata importante e fondamentale
nell’evoluzione umana. “Scrivere” non rappresenta solo un mezzo per evitare
una trasmissione orale meno “precisa” e meno “sicura”. Anche se la
motivazione a “segnare” nelle varie civiltà è scaturita, quasi sempre,
dall’esigenza a “memorizzare meglio”, tale gesto grafico si è sempre poi
trasformato (nei vari linguaggi) in qualcosa di più profondo.
Nell’ambito musicale la notazione (da quella alfabetica sino ai nostri giorni) ha
permesso non solo di tramandare/diffondere/eseguire con una relativa
certezza ed efficacia dei messaggi culturali, ma via via ha cambiato il modo
stesso di pensare/vedere (e di conseguenza di comporre/eseguire) la musica.
La nostra indagine sulla tablatura, si fonda proprio su questa considerazione.
Capire e scoprire come un procedimento di “semplice” scrittura si possa in
realtà trasformare in un grande aiuto per la mente di chi si incammina
(educatori e allievi) nel complesso iter dell’apprendimento.
«Normalmente i principianti iniziano a studiare la notazione musicale fin dalle
loro primissime lezioni. Ci sono però convincenti argomentazioni di musicisti
ed educatori musicali, nonché una notevole quantità di ricerche psicologiche,
che suggeriscono che forse questo non è il modo migliore per sviluppare
l’alfabetizzazione musicale nei giovani discenti. Al cuore di tali argomentazioni
c’è l’idea che introdurre la notazione in una fase più avanzata degli studi,
permette agli allievi di concentrarsi sullo sviluppo delle immagini uditive e delle
abilità fisiche richieste per suonare lo strumento. Le ricerche suggeriscono
inoltre che introdurre precocemente la notazione potrebbe di fatto essere
dannoso per le intuizioni musicali spontanee dei bambini, poiché non li
metterebbe nelle condizioni di comprendere la relazione tra le proprie
conoscenze percettive e il sapere concettuale utilizzato per descriverle.»(1)
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L’uso della tablatura per i principianti come grafia notazionale alternativa al
pentagramma, si inquadra perfettamente in tali orientamenti metodologici in
quanto, a mio parere, rappresenta una ideale “via di mezzo” tra la pratica
musicale totalmente avulsa da ogni riferimento grafico-analogico e la
“complicata” decodifica della notazione astratta tradizionale. Tale via di
mezzo infatti non comporta particolari “sforzi” di lettura e di memorizzazione
al neofita, ma nello stesso tempo gli consente di avere un’importante
riferimento pratico di supporto allo sviluppo delle abilità strumentali.
«La partitura è una riduzione grafica, una stesura sulla carta di un fenomeno
che si svolge nel tempo e nello spazio. […] Una breve scorsa alla storia della
notazione ci permetterà di cogliere meglio la relatività dei simboli legati alla
descrizione del fenomeno musicale. A Babilonia, a partire dal XVI secolo a.C.,
sono annotati con un alfabeto i suoni strumentali; del resto, nella musica
sumerobabilonese, la notazione della scala eptatonica si fa sotto forma di cifre.
In Grecia, nel 250 a.C., le lettere indicano le altezze delle note e i segni messi
sulle lettere ne indicano la durata. A Bisanzio i segni principali indicano
soprattutto il movimento della voce. In Siria la trasmissione dei canti si fa
oralmente. In Armenia i manoscritti dal IX a XVII secolo mostrano più di 80
segni che indicano melodia, durata, punteggiatura musicale, fatto che non
impedisce anche la trasmissione orale. In Etiopia c’è una grande diversità di
segni: punti, tratti orizzontali, lettere per notare i suoni. Quanto ai Copti, per la
preoccupazione di non «rivelare agli stranieri il patrimonio sacro della liturgia»,
preferiscono la tradizione orale. Dopo l’uso della chironomia (semplice
indicazione gestuale della mano che precisa al cantore il movimento del suono
nello spazio e nel tempo), il Medio Evo occidentale vede la fioritura dei neumi
segni musicali sempre legati ai testi liturgici. Questi segni danno delle
indicazioni di movimenti e di pendenze, perché i movimenti delle altezze vocali
sono tradotti con una rappresentazione spaziale.»(2)
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Dunque si evince come la “partitura” abbia assunto in varie epoche e contesti
storico-geografici diversi, differenti connotazioni ed è in tale ambito che
possiamo inquadrare in Europa (verso la fine del 1400) la nascita delle prime
intavolature. La caratteristica generale intrinseca delle antiche intavolature
(così come delle attuali tablature) è una impostazione grafica che imita le
caratteristiche “fisiche” dello strumento a cui si riferisce.
«L’Intavolatura è sistema di notazione per strumenti a corde e a tastiera (liuto,
organo, cembalo e simili), adottato in Europa nel ’500 e ’600, con cui si
solevano trascrivere (intavolare), a uso di uno solo, composizioni destinate in
origine a più esecutori. Si ebbero vari tipi di intavolatura a seconda dell’epoca e
del paese e a seconda che lo strumento fosse a tastiera (intavolatura detta
d’organo) o a corde (intavolatura detta di liuto). Nelle intavolature d’organo le
singole voci di una composizione polifonica venivano scritte parallelamente,
una sotto l’altra, ora mediante note su due righi musicali per la mano destra e la
mano sinistra in modo analogo alla moderna scrittura per pianoforte (Italia,
Francia, Inghilterra), ora per mezzo di semplici numeri, corrispondenti a
determinati suoni (Spagna), ora mediante note su rigo musicale per la voce
superiore, e semplici lettere dell’alfabeto per le voci sottostanti, o addirittura
(dopo il 1570) mediante sole lettere alfabetiche, per tutte le voci (intavolatura
d’organo tedesca). Per le intavolature di liuto, in Italia, Spagna e Francia si
adottò un sistema di linee parallele orizzontali, ciascuna rappresentante una
corda, sopra le quali venivano segnati i gradi progressivamente più acuti, a
partire da quello della corda senza applicazione di dito (corda vuota): in Italia e
Spagna , con la serie successiva dei numeri (0, corda vuota, 1, 2, 3 ecc.); in
Francia, mediante la serie ordinata delle lettere alfabetiche (a corrispondente a
corda vuota, b, c, d, ecc. corrispondenti ai gradi superiori). Più complicata di
tutte, la intavolatura di liuto tedesca prescindeva dalla raffigurazione delle
corde, valendosi di una quantità di segni particolari, fra le lettere, numeri e altri
simboli, ciascuno indicante una determinata nota dello strumento. In tutte le
intavolature le indicazioni di altezza erano accompagnate da quelle dei valori
9
ritmici, ora rappresentate dai normali segni musicali di durata, ora da segni
speciali.»(3)
Da una immediata analisi di quanto sopra scritto e dalla visualizzazione del
relativo schema si possono trarre alcune interessanti considerazioni. I sistemi
di intavolatura che maggiormente si avvicinano a quello della moderna
tablatura sono quelli “italiano” e “spagnolo” che indicano i tasti da pressare
attraverso dei numeri disposti sulle linee orizzontali che rappresentano le
corde dello strumento.
10
Di contro, però, la disposizione delle corde stesse è diversa ossia la prima
corda (il cosiddetto cantino e che è la più acuta) non è disposta in alto così
come avviene nella attuale TAB, ma esattamente al contrario (cioè “a
specchio” rispetto ad essa).
Tale particolare disposizione si evince anche dall’esempio successivo relativo
alle trascrizioni in notazione moderna di due intavolature entrambe per
chitarra a cinque ordini o cori (corde): una spagnola di Gaspar Sanz (con i
numeri sulle corde a indicare i tasti come quella italiana) e l’altra francese di
Robert De Visée (con le lettere invece dei numeri). Si noti come le note più
acute prodotte dal cantino siano segnate in basso nella intavolatura spagnola e
in alto in quella francese: in pratica, dalla combinazione dei due “sistemi”,
si ottiene la moderna tablatura.
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Gaspar SANZ (1640-1710)
CANARIOS EN RE MAJEUR
de "Instruccion de musica sobre la guitarra española" (Zaragoça, 1674)
Révision pour guitare de Jean-François Delcamp
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Robert de VISEE (1660-1721)
PRELUDE de la SUITE VIII en ré mineur
de "Livre de Pièces pour la guittarre" (Paris 1686)
Adaptation pour guitare de Jean-François Delcamp
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«Le musiche per gli strumenti a corde erano generalmente scritti in
intavolatura. Questo sistema si differenzia dalla normale notazione mensurale,
perché indica esattamente quali tasti il suonatore deve premere e quali corde
deve pizzicare o toccare con l’arco per ottenere una certa successione di note o
di accordi. In pratica l’intavolatura è un sistema grafico legato strettamente a un
determinato strumento e funzionante solo su quello. Questo sistema ha enormi
vantaggi ed è molto più funzionale della normale notazione, soprattutto per la
lettura dei brani polifonici: non occorre conoscere la reale intonazione dello
strumento che si sta suonando e non esistono problemi nel suonare le
alterazioni accidentali che sono tutte ovviamente annotate. Per quanto riguarda
gli strumenti a corda, erano in uso vari tipi di intavolatura. Esse possono essere
suddivise a grandi linee in tre tipi, l’intavolatura italiana, la tedesca e la francese.
Il tipo italiano, così come quello francese, segnava sulla carta un certo numero
di righe, poste come un rigo musicale, che indicavano le corde dei liuto, della
viola da gamba, o di un altro strumento; su ognuna delle righe erano annotati i
simboli che indicavano il tasto da premere. Tra i due sistemi esistevano però
delle differenze: nell’intavolatura italiana lo strumento era visto «a specchio»,
cioè la corda più acuta era la più bassa sulla carta, in quella francese avveniva il
contrario. A questo proposito scrive Mersenne: "Bisogna notare che gli italiani
cominciano a contare i cori delle corde dalla più grossa, in modo tale che
finiscono col cantino, dal quale invece noi partiamo, altrimenti non si
potrebbero comprendere le loro intavolature". Gli italiani indicavano i tasti con
numeri progressivi: «0» indicava la corda vuota, «1» il primo tasto e così via; i
francesi usavano invece le lettere dell’alfabeto, usando la «a» per indicare la
corda vuota e le altre a seguire. Il ritmo del brano era segnato al di sopra del
sistema, mediante valori mensurali o più comunemente con staffe a imitazione
delle gambette delle note. Se la staffa non veniva ripetuta, significava che il
valore ritmico rimaneva invariato fino all’apparire di una staffa diversa.
L’intavolatura tedesca aveva un’organizzazione del tutto differente dalle due
precedenti; il primo a parlarne diffusamente è Virdung (1511), sebbene essa
fosse in uso in Germania da almeno cinquant’anni. Esiste infatti una raccolta
16
manoscritta, il Konigsteiner Liederbuch (1470 ca.) – attualmente conservata
nella biblioteca di Berlino – che riporta quattro brani annotati in intavolatura
tedesca scritti per uno strumento a cinque cori. Il sistema tedesco è puramente
simbolico, non legato alla raffigurazione dello strumento che accomuna
l’intavolatura italiana e la francese; ogni suono producibile è indicato da un
simbolo grafico unico: le corde vuote sono simbolizzate da un numero
progressivo dal grave verso l’acuto (1, 2, 3, 4, 5) e ogni tasto è indicato con
lettere diverse, che non si ripetono mai due volte. In questo modo la notazione
consiste solo in una successione di simboli grafici che vengono annotati in
colonna quando più suoni vanno prodotti contemporaneamente. Il ritmo è
dato dalla notazione a staffa, ma a differenza dell’intavolatura italiana
l’indicazione è ripetuta per ogni valore. Il sistema tedesco è più difficile da
memorizzare, ma una volta imparato è di lettura molto agevole. La sua
concezione, così avulsa dal fatto «visivo», è una prova a favore dell’attribuzione
da parte di Virdung della sua invenzione al musicista cieco Conrad Paumann
(1415 ? – 1473), nato a Norimberga e naturalizzato a Monaco. Virdung ipotizza
che il liuto per il quale era stata concepita l’intavolatura tedesca non avesse più
di undici corde, distribuite su cinque cori, mentre al suo tempo era già di uso
normale lo strumento a sei cori. Infatti il simbolo della corda più grave è stato
sicuramente aggiunto in seguito. A questa struttura di base, i vari autori
aggiungevano nelle loro intavolature altre indicazioni utili per l’esecutore: per
esempio potevano essere notate le dita da utilizzare nel pizzicare le corde,
oppure il verso delle arcate nelle composizioni per viola. Quando incominciò a
prendere piede la tecnica di suonare la chitarra per accordi «strappati», quella
che gli spagnoli chiamavano rasgueado, fu inventato un sistema di notazione
che indicava con delle lettere gli accordi pieni da suonare ritmicamente. Una
serie di linee verticali poste sotto o sopra una lunga linea orizzontale indicava la
direzione delle «strappate», e a queste si aggiungeva la solita annotazione a
staffa. L’intavolatura per chitarra strappata fu usata per la prima volta in una
pubblicazione del 1586 intitolata Guitarra Espanola y Vandola di Juan Carlos y
Amat; venne ripresa durante il XVII sec. dagli italiani e denominata «alfabeto
per chitarra spagnola».(4)
17
Possiamo notare come, diversamente da quanto evidenziato precedentemente,
il sistema che più si discosta da quello attuale è sicuramente quello tedesco che
in pratica condivide ben poco con i suoi antichi parenti “neolatini” (nonché
con la moderna tablatura); non essendo basato su un sistema di
visualizzazione delle posizioni strumentali impiega semplicemente un sistema
di notazione alternativa a quella convezionale su pentagramma. Nello stesso
tempo è interessante la considerazione del matematico francese (scopritore dei
numeri primi) Marin Mersenne (1588-1648) che osservava come il sistema
italiano fosse speculare rispetto a quello francese riguardo la disposizione
grafica delle corde nella intavolatura, e che la cosa avrebbe potuto generare
una certa confusione.
(1) GARY E. MCPHERSON e PAUL EVANS, Il suono prima del segno in AA. VV. “Orientamenti
per la didattica strumentale”, Lucca, LIM, 2007, p. 15
(2) CLAIRE RENARD, Il gesto musicale, Milano, Ricordi, 1988 (ed. orig. Parigi 1982), pp. 99103
(3) AA. VV., Intavolatura in “Enciclopedia della musica”, Milano, Garzanti, 2006 (1ª ed.
1983), pp. 410-411
(4) <www.musica-antica.info/strumenti/strumenti_paragrafi/8.html>
18
NEI PRIMI ANNI
Nei primi anni ’90, con la nuova legge sull’autonomia scolastica, cominciarono
ad attivarsi molti laboratori su iniziativa del Consiglio di Istituto delle varie
Istituzioni Scolastiche nell’ambito del nuovo cosiddetto Piano della Offerta
Formativa (P.O.F.). I Presidi si rivolsero per le docenze a degli Esperti anche
esterni alla scuola stessa soprattutto per quelle discipline che non erano
previste nelle materie curriculari; nacquero così i primi Laboratori Musicali e
naturalmente uno degli strumenti più richiesti dai ragazzi, data la sua
popolarità, fu la Chitarra.
A quel tempo erano ancora poche le Scuole ad Indirizzo Musicale nel
territorio nazionale e ancor meno nella provincia di Catania (soltanto una!).
Per cui, finalmente, la chitarra (sia pure non ancora “dalla porta principale”)
fece il suo ingresso nell’ambito scolastico e molti Diplomati furono chiamati a
svolgere il compito di insegnare lo strumento a scuola.
Cominciai così, nel 1996 presso il Liceo Scientifico “Ettore Majorana” di
Scordia, la mia carriera scolastica e subito dovetti scontrarmi con tutta una
serie di nuove problematiche cui non ero abituato dal momento che la mia
attività di insegnamento si limitava, fino ad allora, alle sole lezioni frontali e
individuali. I Laboratori, spesso autofinanziati in toto o in parte dagli stessi
allievi, invece erano strutturati in maniera diversa: il corso comprendeva (per
ovvie ragioni) un numero considerevole di ragazzi cui fare lezione
simultaneamente (da un minimo di cinque fino addirittura a quindici!). I
contratti di collaborazione con la Scuola prevedevano un monte ore di lezioni
già prefissato e solitamente, per motivi economici, non si andava oltre le 40-50
ore complessive. In tale contesto bisognava “arrangiarsi” per riuscire ad
ottenere un minimo di risultato che potesse soddisfare le aspettative di
19
Docente, Allievi e Presidi (le quali, peraltro, non sempre erano
necessariamente coincidenti…). Il Preside, solitamente, misurava il successo
dell’iniziativa dal numero degli iscritti e da quanti alla fine terminavano il corso
mentre l’obiettivo dei ragazzi era generalmente quello, alla fine del corso, di
sapere “strimpellare” qualche accordo per accompagnare le canzoni preferite.
Il Docente si trovava di fronte a due possibilità: la prima (la più comoda) era
quella di fare di necessità virtù escludendo a priori obiettivi più ambiziosi e
limitandosi ad insegnare ai ragazzi semplicemente gli accordi più semplici
senza badare troppo a problematiche quali la corretta impostazione, la
postura, etc. Del resto il limitato numero di ore previste e viceversa quello
elevato di allievi inevitabilmente abbassava in maniera inversamente
proporzionale la qualità della docenza. Scegliendo questo percorso didattico di
fatto però il Docente diplomato in chitarra era costretto a limitare molto il
proprio raggio d’azione e soprattutto ad insegnare lo strumento in maniera
molto più riduttiva rispetto alle proprie competenze; per farla breve non era
più un corso di “chitarra classica” nel senso di “impostazione classica” (per
intenderci la chitarra suonata con le dita della mano destra) ma diventava
automaticamente un corso di chitarra “a plettro” per aspiranti, usando una
denominazione oggi molto in uso, chitarristi “da spiaggia”! Premesso che
personalmente ritengo lo studio degli accordi realizzati col plettro
importantissimo sia a livello pratico che propedeutico (se svolto in maniera
corretta), sicuramente un percorso che si limitasse solo a trasmettere quelle
poche nozioni personalmente non mi allettava molto.
La seconda possibilità era, invece, quella di tentare di riuscire nel poco tempo
a disposizione (e coi tanti allievi) ad insegnare ai ragazzi, oltre alle canzonette e
agli accordi eseguiti col plettro, almeno i primi elementi di base tecnica per
potere suonare qualche semplice brano di chitarra classica (è bene ribadire che
per “chitarra classica” non si intende solo esecuzione di musica classica ma
20
piuttosto un modo “classico” di suonare, diverso per esempio da quello della
chitarra elettrica, acustica, jazz, folk o, come appunto si diceva, “a plettro”).
Decisi di seguire la seconda possibilità e subito nacque l’esigenza di trovare un
metodo/sistema che potesse “scavalcare” tutta la parte teorica e il solfeggio in
modo da potere mettere rapidamente i ragazzi nelle condizioni di suonare
delle “facili” composizioni.
Potrà apparire paradossale, ma proprio il tipico approccio che generalmente si
ha da principiante autodidatta con gli accordi sulla chitarra mi venne in aiuto!
Mi procurai un prontuario di accordi dal titolo significativo Chitarristi in 24 ore
e cominciai a riflettere sull’ingegnoso sistema che questi manuali adottavano
per schematizzare graficamente le posizioni degli accordi sulla tastiera.
Ecco il classico giro di Do tratto dal suddetto prontuario:
21
In questo schema sono riportati tutti gli elementi essenziali per realizzare le
posizioni corrispondenti: i punti neri indicano la corrispondenza esatta tra
tasto e corda dove pigiare il dito della mano sinistra e a margine sono segnate
esattamente quali dita della mano sinistra devono essere utilizzate:
0 = corda vuota;
1 = indice;
2 = medio;
3 = anulare;
4 = mignolo.
Per la mano destra-plettro non occorrevano chiaramente indicazioni.
Perché non adottare lo stesso sistema anche per rappresentare ed indicare le
varie posizioni della mano sinistra (e anche le corde da pizzicare con la destra)
per eseguire delle composizioni per chitarra? Mi resi conto che quel modo di
“visualizzare” gli accordi di accompagnamento, in fondo era assai simile a
quello usato anticamente dai liutisti nelle intavolature!
All’epoca l’uso del PC era ancora estremamente limitato rispetto alla
larghissima diffusione odierna e dunque, non conoscendone l’uso, dovetti io
stesso “costruirmi” a mano il materiale di cui avevo bisogno. Il mio approccio
diretto con le tablature si limitava del resto ai primissimi rudimenti appresi da
autodidatta e comunque (come abbiamo visto) relativo esclusivamente agli
accordi; provenendo da una impostazione accademica (che si basa sulla
notazione tradizionale), non avevo mai studiato un brano di “chitarra classica”
scritto su tablatura. Ero, però, a conoscenza dell’impiego di queste tablature in
altri ambiti chitarristici, ad esempio negli assolo di chitarra elettrica o per
rappresentare
graficamente
moltissimi
“fingerpicking”(1).
22
brani
del
cosiddetto
stile
«(“Stile del dito”, o “pizzicare con le dita”) è una tecnica usata per suonare la
chitarra, il basso o altri strumenti a corda, eseguita usando le punte delle dita o
le unghie al posto del plettro.[…] La tecnica è stata ideata dai chitarristi neri di
blues acustico di inizio ’900» (it.wikipedia.org/wiki/Fingerstyle).
Nel “fingerstyle” o “fingerpicking” (a differenza degli assolo di chitarra
elettrica) si tratta di brani polifonici non di accompagnamento. Cercai allora di
reperire qualcuna di queste tablature per poterle visionare e trarne spunti per il
mio progetto notazionale.
Un vecchio amico, dilettante e grande appassionato di chitarra fingerstyle, mi
spedì alcune tablature di arrangiamenti di brani di vari autori e diversi brani del
celebre chitarrista compositore francese Marcel Dadi (1951-1996). Riportiamo
qui sotto la prima pagina di un arrangiamento chitarristico in fingerstyle di un
noto brano di George Gershwin (1898-1937): I Got Rhythm.
23
24
Si noti come il principio sia simile a quello che abbiamo osservato nel giro di
Do, ma con una sostanziale e importante differenza: non viene riportata la
diteggiatura da utilizzare con la mano sinistra!
La diversa struttura grafica del brano (rispetto a quella del giro di Do) con le
continue ripetizioni e sovrapposizioni di numeri indicanti i tasti da premere
sulle sei corde orizzontalmente rappresentate sulla TAB (abbreviazione di uso
corrente del termine tablatura) impediscono di fatto l’indicazione delle dita
della mano sinistra da utilizzare giacché l’eventuale utilizzo sovrapposto e/o
affiancato di altri numeri (1-2-3-4) associati a ciascun dito della mano sinistra
creerebbe confusione e una difficile “lettura”. Evidentemente questo tipo di
tablatura non si rivolge a dei principianti bensì ad esecutori già in grado di
realizzare autonomamente una loro diteggiatura. Inoltre l’esecutore deve già
conoscere il brano in oggetto altrimenti, non essendo segnato alcun
riferimento relativo alla divisione musicale, è praticamente impossibile risalire
ad una certa distribuzione metrica/ritmica. Il primo aspetto (diteggiatura non
segnata) era, per il mio obiettivo, quello più “debole”: dovevo insegnare a dei
ragazzi che non avevano mai imbracciato una chitarra e l’indicazione della
diteggiatura da utilizzare per entrambe le mani era fondamentale!
Per quanto riguarda invece il secondo aspetto (assenza di riferimenti
metrici/ritmici) mi fu molto utile un brano dello stesso Dadi Song for Kathy
(vedi sotto), dove la durata dei suoni viene rappresentata graficamente in
maniera abbastanza precisa (l’unico “inconveniente” è che si presuppone
comunque la conoscenza della notazione tradizionale dei valori ritmici).
25
26
La strada era tracciata, ma dovevo trovare una possibile soluzione grafica
soprattutto per il problema della diteggiatura.
Cominciai allora la ricerca di testi musicali che associassero alla tablatura anche
la notazione sul pentagramma, con tutte le relative indicazioni per le
diteggiature. Anche in questo caso, l’aiuto non mi venne da testi e
pubblicazioni “classiche”; l’editoria musicale accademica non prevedeva nulla
del genere, tutte le opere erano scritte in notazione tradizionale e i
miglioramenti degli ultimi anni erano volti semmai a una maggiore cura
grafica, a una più opportuna impaginazione e alla minuziosa indicazione di
diteggiature e realizzazione di particolari effetti chitarristici: insomma di
tablature neppure l’ombra! Chi cerca trova e fu così che, poco tempo dopo, in
edicola(!) trovai la ristampa completa della prima edizione (1982) di un’opera
che a mio parere potrebbe entrare nella storia delle pubblicazioni didatticostrumentali per la Chitarra (e non solo di quella classica): il Corso di Chitarra di
Franco Cerri (Milano, 1926) e Mario Gangi (Roma, 1923) edito dalla Fabbri
Editori. Franco Cerri, grande chitarrista jazz, si occupò della parte relativa alla
chitarra moderna (“a plettro”), mentre Mario Gangi (docente di Chitarra al
Conservatorio di S. Cecilia in Roma nonché illustre rappresentante e decano
dei concertisti italiani) della parte relativa alla chitarra classica. Il corso si
rivolgeva essenzialmente agli autodidatti aspiranti chitarristi, ma per me
rappresentò una straordinaria fonte di preziosi suggerimenti: di seguito riporto
alcuni esempi tratti dall’opera sopra citata:
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28
Il Corso includeva tantissimi esercizi tecnici, brani originali di compositori
classici e degli stessi autori ed arrangiamenti di note melodie popolari il tutto
disposto in ordine progressivo di difficoltà. Il denominatore comune era l’uso
del “tabulato” (ossia della tablatura nella definizione di Mario Gangi) associata
alla visualizzazione della corrispondente notazione sul pentagramma; le
diteggiature di entrambe le mani(in tutti gli esercizi tecnici)erano indicate
scrupolosamente (finalmente!) ma nell’opera era contenuto anche un altro
elemento molto importante da un punto di vista didattico-metologico: la
registrazione su cassetta (non esisteva ancora il CD!) di molti esercizi e brani
che consentivano all’allievo un controllo e un riscontro pratico-uditivo
importante (oltre a rappresentare un valido modello imitativo sotto l’aspetto
musicale-interpretativo).
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mp3 Londonderry Air (chitarra, Mario Gangi)
(1) Tali brani di norma si eseguivano (e si eseguono tutt’ora) su una chitarra acustica a cassa
grande con le corde d’acciaio suonata con le dita anziché col plettro (cioè proprio come la
chitarra classica) sia pure con qualche differenza di impostazione tecnica (l’uso del pollice della
mano sinistra ad esempio che è “vietatissimo” nella impostazione classica). Inoltre molti
chitarristi “fingerstyle” suonavano (e suonano ancora oggi) con dei particolari supporti in
plastica o di metallo applicati a ciascun dito della mano destra in maniera tale da pizzicare le
corde proprio come se al posto delle dita ci fossero altrettanti plettri. Il “fingerstyle” sulla
chitarra consiste in pratica nell’uso sistematico come figurazione di un basso ritmicamente
sempre uguale (eseguito sempre col pollice della mano destra) per ogni movimento o
suddivisione musicale. Ciò conferisce al brano una particolare scansione ritmico-armonica che è
fortemente connotativa del fingerstyle (o “fingerpicking”).
32
LA TABLATURA DIGITALE
Nell’anno scolastico 2001-2002 furono istituite nella Provincia di Catania,
dopo anni di quasi totale immobilismo, numerose nuove Scuole ad Indirizzo
Musicale. Fra queste c’era anche la “Cavour” di Catania ed il nuovo corso
prevedeva quattro strumenti: pianoforte, violino, flauto ed arpa. Il Preside, a
seguito delle numerose richieste, decise di ampliare l’organico strumentale
scolastico istituendo parallelamente anche un Laboratorio di chitarra ed io fui
chiamato in qualità di docente esterno. Mi ritrovai in breve a dovere gestire
l’organizzazione di un Laboratorio che, per forza di cosa, non era strutturato
come gli altri Corsi curriculari che prevedevano un numero limitato di allievi
quasi sempre proporzionale al monte ore settimanale (di norma ogni allievo
usufruisce almeno di un’ora frontale di lezione settimanale). Pur potendo
contare sulla disponibilità del Preside, che aveva fissato un tetto massimo di 56 allievi per ciascuna ora di lezione affinché la qualità delle lezioni si
mantenesse a livelli per lo meno accettabili, l’inevitabile confronto con gli altri
corsi musicali risultava in partenza penalizzante. Di fatto, in questo caso, non
ci si poteva limitare a svolgere un’attività musicale autonoma ma si sviluppava
inevitabilmente un confronto che confluiva concretamente nel momento delle
attività di musica di insieme e dei saggi scolastici.
Il confronto (costruttivo, e non inteso in termini di competitività) però, per i
motivi già citati, non era ad armi pari e la mia maggiore preoccupazione era
quella che i ragazzi potessero sentirsi in qualche nodo penalizzati o comunque
“allievi di serie B” essendo allievi non curriculari.
Assieme all’ormai abituale ricorso alla tablatura occorreva qualcos’altro che
desse una ulteriore “spinta” alla possibilità di un approccio con lo strumento il
più possibile diretto ed immediato. Per mia fortuna, come già detto nel
33
precedente capitolo, avevo nel frattempo appreso l’uso del PC e fatto la
conoscenza con alcuni interessanti software musicali. Fra questi il più
completo era (ed è ancora) sicuramente Finale, il noto programma di scrittura
musicale. La mia idea era quella di trascrivere con questo software i brani che
intendevo far studiare agli allievi, per poi fornire loro i file da ascoltare al fine
di avere un importante ausilio e riscontro di tipo uditivo. Ma la cosa non era
così semplice: Finale è un programma “complicato”, di notevoli dimensioni e
non facile da installare e gestire per un neofita. Inoltre si ponevano anche
problemi, non secondari, di natura legale: escludendo il costoso acquisto del
programma da parte dei ragazzi non era praticabile l’idea di “regalarlo” agli
allievi per motivi di copyright. Per cui mi limitai a far ascoltare diverse volte in
classe i file musicali che avevo preparato e che fungevano da “basi musicali”
per esecuzioni collettive: l’esperienza si rivelò comunque utile e mi confermò
la validità della mia idea. Ma occorreva ben altro; così cominciai la ricerca su
internet di software musicali che fossero anzitutto gratuiti, meno “pesanti”
come dimensioni e magari anche più semplici da utilizzare. Attraverso la
chiave di ricerca “chitarra, tablature, software” trovai subito alcuni programmi
e relativi file potenzialmente molto interessanti; i più diffusi parevano essere (e
si confermarono anche successivamente) i seguenti: Power Tab, Guitar Pro e
Tabledit. Il primo era l’unico totalmente gratuito e trovai subito una notevole
quantità di file in molti siti che si occupavano di musiche per chitarra. Senza
entrare troppo in una disamina strettamente tecnica di confronto tra quelli che
a tutt’oggi sono ancora gli indiscussi “Re” dei software chitarristici, mi colpì
subito negativamente il fatto che di Power Tab non esisteva (e non esiste
ancora) una versione in italiano. Di Guitar Pro si poteva scaricare una demo e
in effetti pareva molto ben fatto, in italiano, e con tantissimi file da potere
scaricare; unico neo (non irrilevante) era quello che finito il periodo di prova
bisognava acquistare il software. Tabledit mi sembrò il più adeguato; il
34
programma completo (per scrivere la musica) era a pagamento ma il “lettore”
era (ed è tutt’ora) assolutamente gratuito e ciò permette di potere scaricare,
leggere, ascoltare e stampare una enorme quantità di file musicali già pronti
per chitarra. Inoltre ebbi subito la percezione (poi confermata) che dei tre
software era quello con il maggior numero di file musicali disponibili, di
chitarra classica dedicati al repertorio classico della chitarra, mentre gli altri
due erano più dedicati ad altri generi musicali. Acquistai subito il programma
(peraltro molto meno costoso di Finale) e contattai il produttore-ideatore del
software, un francese chitarrista dilettante ed ingegnere informatico: Matthieu
Leschemelle, chiedendogli (anche se la risposta poteva sembrare scontata) se
potessi distribuire gratuitamente a scuola ai miei allievi per fini didattici il
programma-lettore peraltro gratuitamente scaricabile da internet. La risposta
positiva diede poi anche il “la” ad una collaborazione informatico-musicale
che mi ha portato a trasferire numerosi miei arrangiamenti in formato “tef” (il
formato di Tabledit) e a pubblicarli sul mio sito internet: www.chitarrarte.it ed,
in collegamento, anche sul sito ufficiale del programma: www.tabledit.com (a
riprova dell’interesse per questo tipo di tablatura digitale, ho potuto registrare
in questi anni moltissime visite e relativi “download”).
Adesso si trattava solo di trascrivere gli esercizi e i brani che mi interessava far
studiare ai miei allievi (studi originali, trascrizioni, etc.), preparare un file di
“istruzioni per l’uso” e copiare, insieme al programma-lettore TEFview(1), il
tutto in tanti floppy-disk da distribuire ai ragazzi (i masterizzatori di CD erano
ancora poco diffusi all’epoca). Le istruzioni erano necessarie come
promemoria, anche se in classe avevo più volte spiegato l’uso del programma,
tanto più che a differenza di quello completo, il “lettore” non prevedeva una
traduzione in italiano (un limite purtroppo attualmente non ancora colmato).
Ecco le quattro istruzioni fondamentali:
35
1) Installa il programma cliccando sull’icona “tefv”. Clicca col mouse
direttamente sul brano che ti interessa ascoltare e/o studiare
2) Dopo avere cliccato sul file della canzone vai su Play in alto e metti il
segno di spunta su “Play/Metronome”, quindi alza il livello del volume al
massimo (15).
3) A questo punto clicca sulla freccetta azzurra e il programma ti suonerà
l’esercizio o il brano alla “tua” velocità di studio che avrai determinato
cliccando sulla icona dell’audio (“Play/ MIDI options”) e aumentando o
diminuendo la velocità sempre in relazione alle tue esigenze di studio.
4) La prima battuta è vuota e ti serve per capire l’andamento e la velocità del
brano e prepararti per suonare la chitarra assieme al programma musicale.
I risultati, sin da subito, furono molto positivi sia per ciò che concerneva lo
studio di brani per chitarra sola sia per quello relativo alla musica d’insieme.
Di norma, nell’impostazione dei brani di musica d’insieme, ciascun docente
prepara all’inizio la propria sezione e solo in una fase successiva il ragazzo
(quando si suona insieme) ha la possibilità di ascoltare il risultato finale completo.
Dunque l’allievo non poteva avere una percezione immediata del “senso”
musicale e questo era particolarmente accentuato nel caso in cui il proprio
strumento avesse svolto una funzione di sostanziale “accompagnamento”.
La chitarra, pur essendo, per sue caratteristiche, uno strumento solistico e
polifonico,
generalmente
viene
sfruttata
nell’orchestra
scolastica
semplicemente come strumento di “supporto armonico”, e questo dipende in
larga misura dal fatto che, rispetto ad altri strumenti, ha un volume di suono
notevolmente inferiore.(2)
Nel prossimo esempio musicale riporto dei brani in formato “tef” e “midi”
che ho preparato per gli allievi della Cavour nell’anno scolastico 2004-2005 e
che si riferiscono a degli arrangiamenti di alcune parti tratte da “La Vedova
Allegra” di Franz Lehar. Il mio collega violinista di norma curava e
36
predisponeva le trascrizioni (col software Finale) per l’ensemble strumentale
scolastico ma, non avendo conoscenza della scrittura chitarristica, lasciava a
me il compito di elaborare (a posteriori) le parti della chitarra. I file “tabledit”
in questo caso erano particolarmente utili perché oltre alla parte chitarristica
aggiungevo (avendo preso visione della partitura completa) anche la linea
melodica principale (affidata nell’orchestra ora ai flauti ora ai violini) e ciò
permetteva agli allievi di ascoltare il brano nella sua interezza, ma anche
(soprattutto) di “ascoltarsi” mentre si esercitavano a casa davanti al PC; a
differenza degli alunni che non avevano avuto modo di usufruire di questo
supporto, già dalla prima prova i miei allievi “informatizzati” suonavano
riuscendo a seguire gli altri, dimostrando una maggiore padronanza musicale.
Ciò permetteva di risparmiare tempo prezioso che poteva così essere
impiegato più proficuamente, oltre che per una maggiore cura interpretativa,
anche per uno studio tecnico (in classe) più approfondito (non finalizzato,
cioè, solo ad un mero “accompagnamento” eseguito col plettro).
Romanza della Vilja.tef
Romanza della Vilja.mid
Tace il labbro.tef
Tace il labbro.mid
Finale.tef
Finale.mid
Dopo avere estratto il file midi dalla partitura in formato Finale fornitami dal
collega, l’ho importato con Tabledit aggiungendo la parte chitarristica; in tal
modo l’allievo veniva ad avere la possibilità di ascoltare il brano esattamente
come sarebbe stato realizzato con tutti gli strumenti dell’organico completo.
Moon River Cavour.tef
Moon River Cavour.mid
37
L’uso della tablatura digitale si rivela utile anche negli ensemble chitarristici;
l’esempio che riporto qui sotto, si riferisce ad un mio arrangiamento di un
famoso canto natalizio (Silent Night). Esso è strutturato in modo che la prima
chitarra sia assolutamente autonoma e le altre “ad libitum”, ossia che possano
(in base alle esigenze contingenti) essere o meno inserite in tutto o in parte
senza che il senso musicale di base risulti incompiuto o stravolto. La quinta
chitarra si limita alla elementare esecuzione di sole corde vuote e ciò permette
l’eventuale inserimento nell’organico di allievi anche alle primissime armi.
Silent Night 5 chitarre.tef
Silent Night 5 chitarre.mid
Attraverso lo studio e l’ascolto digitale simultaneo e l’ausilio non meno
importante della visualizzazione grafica della partitura che “scorre” insieme
all’audio, dunque, l’allievo ha a disposizione un ottimo supporto didattico che
influisce efficacemente sulla qualità/velocità del suo apprendimento.
Da tutto quanto fin qui scritto, emerge un quadro molto positivo della
tablatura e in special modo della tablatura digitalizzata. Ma, come si è già
accennato nella premessa, questo tipo di scrittura musicale può comportare
alcuni “inconvenienti” che non vanno ignorati e che il docente deve
conoscere al fine di poterli eventualmente controllare.
(1) <www.tabledit.com/tefview/download.shtml>
(2) Si può comunque sopperire affidando la stessa parte a più chitarre in modo da
aumentare il livello sonoro oppure attraverso l’uso dei microfoni (ma non sempre ciò è
possibile) e che peraltro possono creare altri problemi (effetto larsen, ronzii, etc.).
38
L’UTILIZZO CORRETTO
Nel capitolo precedente abbiamo “esaltato” i pregi della tablatura digitale, ma
occorre riconoscere che l’uso non corretto della TAB potrebbe rivelarsi
inadeguato nell’affrontare un ideale percorso didattico. Essa non può
rappresentare la “medicina miracolosa” o la panacea per l’allievo, escludendo
in toto altre metodologie, né si può pensare che sia priva (come già detto) di
inconvenienti i quali, se non sono ben “controllati”,alla lunga potrebbero
creare qualche problema. Va considerato che la TAB generalmente non è
“completa” quanto la normale notazione sul pentagramma; un’edizione
musicale in scrittura moderna (dallo studio semplice alle partiture più
elaborate) è solitamente più “ricca” di informazioni esecutive di quante ne
contenga una TAB. La tablatura è del resto una rappresentazione più
analogica rispetto al classico pentagramma ed in questo risiede la sua
importanza didattico-pedagogica, perché permette di arrivare (fin da subito e a
differenza appunto dei simboli tradizionali) alla comprensione di un testo
musicale. Questa sua intrinseca peculiarità però potrà comportare a volte
(almeno in buona parte delle TAB fino ad oggi praticate) la perdita (grafica) di
altri aspetti musicali. Abbiamo visto come in realtà sia possibile inserire
(facilmente) la diteggiatura di entrambe le mani ma generalmente gran parte
delle TAB disponibili su internet non la riportano e ancor meno vengono
riportati tutti i segni relativi alle dinamiche, alle agogiche, ai segni espressivi,
etc.
Del resto i software chitarristici sono stati concepiti per una scrittura “agile” e
di semplice acquisizione/comprensione e non possono competere con i loro
più potenti (e costosi) parenti come ad esempio Finale o Sibelius.
39
Dunque occorre fare attenzione soprattutto nel caso di brani classici scaricati
da internet; spesso il creatore della TAB commette involontariamente errori
più o meno gravi. Solitamente un’autorevole edizione musicale può fornire
sufficienti garanzie (mai peraltro assolute!) di correttezza nel riportare il testo
originale mentre invece tutti gli spartiti scaricati da internet vanno presi con
accortezza, anche quelli in altri formati (GIF, PDF, etc.) e sempre confrontati
con altre fonti (digitali e non). Il confronto/sovrapposizione con altre fonti
(cartacee) è peraltro molto utile se non addirittura, in molti casi, assolutamente
necessario. Si osservi questo studio di Giuliani in formato “tef”/PDF
scaricato da internet:
Allegro_Giuliani.tef
Allegro_Giuliani.mid
40
ALLEGRO
M. Guilani (1781-1828)
TablEdited by Eric
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Si sarà notato che nella versione PDF/TAB mancano tutte quelle indicazioni
dinamico-agogiche presenti, al contrario, nella edizione a stampa Suvini
Zerboni (con la ormai storica revisione di Ruggero Chiesa) e inoltre il nome
dell’autore è chiaramente riportato in modo sbagliato (“M. Guilani” anziché
“M. Giuliani”):
42
In questo caso attraverso l’utilizzo di entrambi i supporti (la TAB digitale per
l’ascolto e visualizzazione delle posizioni congiuntamente alla partitura in
edizione possibilmente originale o critica), si ottiene il migliore risultato.
Analogo risultato è del resto possibile ottenerlo “lavorando” opportunamente
sulla tablatura digitale inserendo eventualmente tutte quelle “componenti
mancanti” che contribuiscono a una più completa realizzazione della partitura;
ecco la stessa TAB rivista e completata con l’aggiunta dei segni di agogica e
dinamica nello schema successivo:
Studio in La minore(M.Giuliani).tef
Studio in La minore(M.Giuliani).mid
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Studio in La minore
Tabledited by G.Torrisi
Mauro Giuliani
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Si noti come, in ogni caso, l’utilizzo della TAB viene da me proposto sempre
in sovrapposizione visiva con la notazione tradizionale e questo sempre ai fini
di una opportuna integrazione (confronto), che consenta all’allievo un primo
approccio alla notazione sul pentagramma e ne anticipi, parallelamente, il suo
eventuale successivo utilizzo senza la tablatura. Tra l’altro questo tipo di
abbinamento tra le due “scritture”, permetterà un effettivo riscontro “praticovisivo” tra il segno posto sul pentagramma e la sua reale posizione “fisica”
sullo strumento, migliorando (se opportunamente stimolata) una più facile
memorizzazione della simbologia grafico-musicale.
Una delle critiche che più frequentemente viene rivolta alla TAB è quella
relativa al pericolo di generare una specie di “pigrizia” mentale nell’allievo che
ne faccia uso. In effetti, se non adeguatamente guidato, un allievo che ottenga
“tutto e subito”, potrebbe “accontentarsi” e non trovare più le giuste
motivazioni per un successivo approfondimento e non sono pochi coloro i
quali, avendo iniziato il loro studio della chitarra attraverso la TAB,hanno poi
“evitato” la pratica delle lettura musicale in notazione tradizionale.
I limiti/pericoli di tutto ciò sono abbastanza evidenti: non conoscendo il
solfeggio e la notazione sul pentagramma, costoro possono solo leggere le
musiche su tablatura e per questo si precludono gran parte del repertorio
disponibile che è poi fondamentale per la completezza formativa di un buon
chitarrista. Di solito questo iter è tipico dell’autodidatta, dell’amatore dilettante
magari anche dotato ma che non riesce o non vuole “andare oltre”, mentre
più raramente si tratta di un musicista professionista che, per il genere e il tipo
di musica che propone, non ha bisogno del pentagramma. Pur considerando
che la storia della musica (non solo classica) è stata fatta anche da straordinari
musicisti che non conoscevano o non conoscono la musica (intesa come
lettura della notazione tradizionale)(1), personalmente ritengo che sia
opportuno insegnare ai ragazzi almeno i primi elementi della Teoria e del
46
Solfeggio, con lo scopo di fornire loro le basi teorico-musicali oltreché
tecnico-strumentali e questo indipendentemente dal fatto che continueranno o
meno gli studi musicali.
Dunque, in conclusione, non è il “mezzo” in sé ad essere limitativo (come
sostengono alcuni “detrattori” a priori), ma l’uso non corretto che se ne può
fare e in questo la TAB, come tante altre metodologie, non fa eccezioni.
Se l’uso di questo strumento è utilizzato solo per risparmiare tempo/fatica,
sperando/pretendendo che sia del tutto esaustivo, senza svolgere alcun
controllo critico sui materiali a disposizione, probabilmente si incorrerà in
problemi che viceversa possono essere tranquillamente evitati agendo con
consapevolezza. Sarà compito dell’insegnante impiegare la TAB con
lungimiranza, non rinunciando a priori ad un parallelo o successivo
approfondimento teorico-musicale.
(1) A questo proposito vale la pena di citare, oltreché una buona parte di chitarristi
“fingerpicking” e importanti musicisti rock e jazz , anche il celeberrimo chitarrista flamenco
spagnolo Paco de Lucia (Algeciras 1947) il quale ha sempre dichiarato di non sapere leggere
e scrivere la musica e ciò non gli ha impedito, tra l’altro, di videoregistrare dal vivo il
“Concierto de Aranujez” per Chitarra e Orchestra di Joaquin Rodrigo (Sagunto 1901 –
Madrid 1999) “territorio” esclusivo fino ad allora dei chitarristi classici.
47
I VANTAGGI DELLA TABLATURA DIGITALE
Diversamente dal precedente capitolo, in quest’altro esamineremo invece
alcuni degli evidenti vantaggi che si ottengono utilizzando la tablatura (digitale
in questo caso) contestualmente al PC e che non si limitano alla sola fase
didattico-propedeutica, potendo utilmente facilitare il lavoro e lo studio di
ogni musicista, sia esso allievo od insegnante.
A proposito dell’utilizzo a scuola, in generale, delle moderne tecnologie (anche
informatiche) mi piace citare l’autorevole opinione di Laporta, un importante
pedagogista italiano:
Le tecnologie dell’istruzione
Nel medesimo ordine di idee si incontrano oggi numerosi materiali e strumenti
didattici che hanno un’efficacia teorica difficilmente discutibile. In parte si
tratta di materiali audiovisivi, che in alcune materie d’insegnamento sarebbero
un supporto in certi casi indispensabile: si pensi alla documentazione di
fenomeni remoti ai quali sarebbe impossibile assistere e che possono essere
registrati o ricostruiti in materiali audiovisivi ( movimenti di corpi celesti,
fenomeni subatomici, eventi preistorici ecc.; trasmissioni televisive del genere
sono molto persuasive in materia ). Per altro verso si stanno diffondendo i
materiali informatici, dal computer ad Internet, con tutti gli annessi e connessi.
Si parla in proposito di tecnologie dell’istruzione. Tutti questi materiali hanno
ovviamente lo scopo di rendere più agevole l’apprendimento e quindi di
facilitare il lavoro dell’insegnante, pressato dall’esigenza di trattare contenuti
sempre più complessi in sempre maggiore quantità, soprattutto nel campo
scientifico. Tuttavia la riduzione delle difficoltà dipende dal corretto impiego
delle tecnologie, ossia da una formazione scientifico-tecnologica degli
insegnanti, al momento del tutto deficitaria, tanto che è proverbiale la maggiore
competenza degli allievi nei loro confronti. […]
49
L’altra metà riguarda l’apprendimento di teorie scientifiche e di tecniche e
tecnologie di quelle che le ricerche gli mette (o dovrebbe mettergli) a
disposizione. Sulla cautela con cui queste devono essere impiegate, dopo aver
appreso a padroneggiarle, è inutile ritornare ad insistere, ma forse si dovrebbe
insistere sul fatto che nella mentalità del nostro insegnante esiste ancora una
forte resistenza proprio ad apprenderle. Nessuno si rifiuta di impiegare in casa
ogni nuovo elettrodomestico dalla lavatrice a molti programmi al televisore ed
aumenta continuamente il numero degli utenti di computer , di navigatori in
internet; ma sembra che quando si entra a scuola tutto l’entusiasmo per gli
aggeggi tecnologici scompaia. Eppure essi ubbidiscono al medesimo principio
che li fa accettare in famiglia: aiutare a compiere attività necessarie e
tradizionali con maggiore facilità e risparmio di tempo. Elettrodomestici sì,
elettroscolastici no. L’unica spiegazione è che a scuola sembra che lo strumento
tradizionale, il linguaggio, sia così facile e semplice da impiegare, da battere
qualunque strumento più o meno sofisticato che non sia la solita lavagna.(1)
È francamente difficile non poter essere d’accordo con Laporta e
personalmente credo che tutti i docenti dovrebbero seriamente considerare la
possibilità di un aggiornamento metodologico che sia sempre al passo coi
tempi senza avere concetti aprioristici di diffidenza.
Di seguito riporto alcuni punti che personalmente, oltre a quelli di carattere
generale già discussi nei precedenti capitoli, considero tra i più importanti
relativi ai vantaggi che possiamo ottenere attraverso l’ausilio della tablatura:
1) Uso del metronomo simultaneamente all’ascolto digitale
Utilizzando la tablatura l’allievo ha la possibilità di studiare il brano
direttamente attraverso il PC e, inserendo l’opzione Play/Metronome (vedi
Capitolo III), di utilizzare uno strumento importantissimo come il metronomo
limitando al massimo la possibilità di commettere eventuali errori di tempo e
coordinazione ritmica, avendo contemporaneamente la possibilità dell’ascolto
50
digitale del brano. In alternativa si può anche escludere l’audio della “song” ed
utilizzare solo il metronomo.
2) Visualizzazione dello spartito contestualmente all’ascolto
Rispetto ai file in formato midi o mp3 (che sono i più diffusi), i software
musicali come Tabledit offrono la possibilità di una “diversa” visualizzazione
dello spartito che “scorre” in tempo reale simultaneamente al flusso sonoro
relativo alla musica. Ciò consente all’allievo di rendersi più facilmente conto e
maggiormente consapevole dello sviluppo musicale.
3) Rapidità di analisi “uditivo-visiva” della valenza tecnico-musicale e
didattica del brano
In genere per “scoprire” un nuovo brano (sia che lo si voglia o meno
utilizzare per fini didattici) siamo “obbligati”quantomeno a leggerlo con lo
strumento e, in alcuni casi, ciò comporta comunque un certo dispendio di
tempo e di energie. Con la tablatura abbiamo la possibilità di ascoltare il
nuovo brano e di osservarne contemporaneamente lo sviluppo tecnicomeccanico sulla tastiera virtuale al PC; ciò consente una prima immediata
valutazione del brano stesso sia dal punto di vista della sua valenza tecnicomusicale che didattica e questo ci consente di poterlo eventualmente
approfondire o “abbandonare” subito.
4) Facilità di creazione di “schemi musicali” a scopo teorico-didattico
Allego a tale proposito l’immagine di uno schema che ho preparato con
l’ausilio del software Tabledit e che risulta molto utile soprattutto agli allievi
principianti. Esso rappresenta un grafico delle posizioni sul manico con
relativa nomenclatura dei suoni corrispondenti sui vari tasti fino al XII tasto.
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Tastiera della Chitarra
Tabledited by Giuseppe Torrisi
www.chitarrarte.it [email protected]
Dalle Corde Vuote fino al XII Tasto
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Tastiera della Chitarra - Dalle Corde Vuote fino al XII Tasto
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5) Sterminate librerie di tablature sul web
Nonostante i “pericoli” in cui si può incorrere nel download di tablature da
Internet(2), non si può non considerare l’enorme quantità di partiture in
formato digitale che abbiamo la possibilità di “esplorare” e che costituisce una
fonte inesauribile e preziosa di nuove conoscenze musicali. Un’altra
importante caratteristica del software (nella versione completa) è quella di
potere anche importare i file che sono in formato midi “trasformandoli” in
tablatura e allargando dunque ulteriormente il già immenso patrimonio
musicale in formato digitale che si trova disponibile in rete. Oltre al mio
personale sito internet www.chitarrarte.it/ riporto alcuni link di alcuni fra i più
importanti siti musicali chitarristici che offrono migliaia di tablature in
formato “tef” e scaricabili a costo zero:
www.tabledit.com
www.guitare33.com
http://dirk.meineke.free.fr/
www.giovannipelosi.com
http://alan.melvin.com/
http://philguitar.ifrance.com/
www.milaresolsimi.com/tef/
www.consult-eco.ndirect.co.uk/guitar/tab.htm
www.angelfire.com/music2/blackmack/
www.acousticfingerstyle.com/
www.freetabs.org/classical.htm
www.stevemcwilliam.co.uk/guitar/tab.htm
54
Infine, ricollegandoci ai concetti espressi da Laporta (vedi sopra), risulta di
grande efficacia l’uso congiunto della tablatura con altri mezzi “visivi”,
attuabile attraverso i moderni mezzi tecnologici e l’uso del PC.
Nei due esempi seguenti ho riportato, oltre alle versioni in PDF, tef e midi di
un celeberrimo brano del repertorio chitarristico da tutti conosciuto come
Giochi Probiti(3) e di uno studio del chitarrista compositore spagnolo Fernando
Sor (Barcellona 1778 – Parigi 1839), anche i file video delle mie esecuzioni che
permettono, oltre ad essere un eventuale riferimento interpretativo per i
ragazzi, di visualizzare tutte le posizioni tecniche da realizzare con lo
strumento, diventando, in tal modo, anche uno stimolante modello imitativo.
Giochi Proibiti.tef
Giochi Proibiti.mid
Romance(Giochi Proibiti)Giuseppe Torrisi,guitarist.mov
Studio op.35 n°22 di F.Sor.tef
Studio op.35 n°22 di F.Sor.mid
F. Sor Studio op.35 n.22in B minor.mov
55
Giochi Proibiti
Tabledited by Giuseppe Torrisi
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0
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1
Studio op.31 n° 22
Tabledited by G.Torrisi
Fernando Sor
C II
7
6 6 6 6 6
1
'
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2
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6 6
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6 6
6
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Studio op.31 n° 22 - Fernando Sor
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Studio op.31 n° 22 - Fernando Sor
C II
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1
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A
B
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6 6 6
6
7
1
2
0
7
0
7
0
Rimanendo nell’ambito della musica classica non possiamo non riportare due
composizioni di autori importanti come Bach (Eisenach, 1685 – Lipsia, 1750),
le cui trascrizioni dal liuto sono ormai abituale “territorio” dei chitarristi, e, tra
i contemporanei, il chitarrista-compositore cubano Leo Brower (1939).
Del primo, a seguire, la Bourrèe in Mi minore tratta dalla Suite BWV 996 per
liuto, del secondo lo Studio n. 6 dai 20 Estudios Sencillos; entrambi gli esempi
saranno sempre proposti con i relativi collegamenti ipertestuali ai file tef/midi
e con la partitura (anche con TAB annessa per Bach).
Bourrèe Bach in Mi minore.tef
Bourrèe Bach in Mi minore.mid
Leo Brouwer - Etude No6.tef
Leo Brouwer - Etude No6.mid
61
Bourrée
Tabledited by G.Torrisi
J.S. BACH
Moderato
6 6 6 6 6 6 6
6
2
6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6
6 6 6 6 6 6
6 6 6 6
6 6 6 6
3
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1
3
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6
6
6
6 6 6 6
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5
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0
4
2
0
3
6 6 6 6 6 6
6 6
6 6
2
0
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1
2
6
6
6 6
6 6 666
6
6 6+ 777 6
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2
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6 6
6
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2
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4
5
3
0
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6 6 6
6
6
4
3
0
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2
3
6 6
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3
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2
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1
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C II---
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6
6
6
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2
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0
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A
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6 6 6 6 6 6 6 6
6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 7
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6
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3
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1
1
3
1
3
2
2
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0
3
0
4
3
1
Bourrée - J.S. BACH
6 6 6 6 6 6
6
6
7
6 6 6
6 6 6 6 6 6
6
6 6 6 6 6 6 6 6
6 66 6 6 6+6+
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7
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6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6
6 6 6 6 6 6
7
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C II---
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3
1
3
4
1
4
2
3
2
4
2
0
1
1
3
2
0
1
(1) RAFFAELE LAPORTA, Avviamento alla Pedagogia, Roma, Carocci, 2001, pp.100 e 124
(2) Senza considerare ovviamente il download illegale relativo al materiale protetto da
copyright
(3) Il brano ha origini molto controverse e pur essendo ufficialmente di autore Anonimo
molti preferiscono attribuirlo a diversi chitarristi-compositori di differenti epoche e
nazionalità. Al riguardo riporto un interessante link relativo ad un Forum dedicato alla
chitarra classica dove si ipotizzano interessanti “paternità” sul brano:
<www.cristianoporqueddu.com/public/viewtopic.php?p=27581>
L’unica cosa certa è che il brano fu portato al successo nel 1952 dal chitarrista spagnolo
Narciso Yepes che lo eseguì come colonna sonora dell’omonimo film francese Jeux Interdits
del regista francese René Clement.
65
CONCLUSIONI
Giunto ormai alla fine di questo percorso vorrei concludere con una mia
personale riflessione di carattere più generale relativa a quella che dovrebbe
essere, a mio parere, la figura dell’Insegnante di Strumento Musicale nella
Scuola.
Senza volere utilizzare termini troppo altisonanti quali ad esempio
“Vocazione” (forse troppo “impegnativo” e che è da riservare semmai a pochi
“eletti”), personalmente ritengo che la qualità più importante che un docente
dovrebbe possedere prescinda dalle sue specifiche competenze didatticoprofessionali ed è rappresentata dalla “passione” per il proprio lavoro. Detto
in altre parole quella voglia continua, spontanea e comunque disinteressata
(direi quasi il “piacere psichico”) di trasmettere ad altri il proprio “sapere”.
Troppo spesso, invece, ci si imbatte in figure professionali che soffrono la
frustrazione di non essere musicisti “attivi” e che vedono nell’insegnamento
solo un ripiego. Il problema del resto è più generale e non riguarda (tanto per
restare in ambito musicale e senza allargare troppo il discorso) solo gli
insegnanti.
«La mentalità collettiva dello strumentista d’orchestra, che non è ovviamente
comune a tutti gli individui, ha innanzi tutto come sua causa, nella sfera della
psicologia dell’io, la delusione nei riguardi della propria professione. Molti
orchestrali in origine non volevano diventare tali, e ciò vale soprattutto per la
maggior parte degli archi; [….]
Quello che deve fare uno strumentista d’orchestra(lo chiamano servizio)non ha
nessunissimo rapporto,per significato spirituale-musicale e anche per la
soddisfazione che ne riceve il singolo, con l’utopia cui ciascuno mirava agli
inizi. L’esecuzione di routine l’insulsaggine o la qualità scadente della maggior
parte dei compiti individuali che scompaiono nell’assieme, infine anche la
67
superiorità del direttore d’orchestra che spesso è solo fittizia, generano
disgusto.» (1)
Ho voluto riportare questa “forte” citazione di Adorno che avvalora il mio
pensiero e che testimonia di come persino coloro i quali fanno “attivamente”
musica (i professori d’orchestra) sovente siano insoddisfatti del loro lavoro e
finiscono così col ridurne inevitabilmente la qualità. Senza entrare nello
specifico rapporto conflittuale con il proprio Io e nella infelicità individuale
che può derivarne, ciò che mi preme sottolineare è come, a seguito di tale
diffuso atteggiamento mentale, il proprio lavoro si “svilisca” e (soprattutto nel
caso dell’insegnamento) gli effetti negativi che ne derivano investono, oltre
che la propria personale sfera individuale, anche quella altrui (in questo caso
quella dei ragazzi).
Potrà apparire banale ma di fatto questa “passione” non si inventa: o ce l’hai o
non ce l’hai viene subito da pensare. Se c’è il problema non si pone, e semmai
obiettivo del docente potrà essere quello di usufruire il più possibile di tutti
quei nuovi strumenti didattici, pedagogici e metodologici (ivi inclusi i corsi di
formazione e di aggiornamento) che ne (ri)qualificano la figura professionale e
che possono contribuire al miglioramento della qualità del proprio lavoro. In
questa ottica è possibile inquadrare uno strumento metodologico come la
tablatura che è l’oggetto di discussione di questa tesi.
Se viceversa la “passione” (per qualsivoglia motivo) non c’è, le strade
percorribili sono solo due: o considerare seriamente la possibilità di cambiare
lavoro (o di non intraprenderlo affatto) oppure quella di impegnarsi a trovare
delle motivazioni che risulteranno magari un po’ meno naturali ed istintive
(più “costruite”) di chi invece la “passione” ce l’ha nel “sangue”, ma non per
questo, possibilmente, meno valide ed efficaci. Nel caso dell’insegnante di
musica o di strumento una delle maggiori frustrazioni può essere quella di non
riuscire ad esprimere la propria preparazione musicale/professionale
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attraverso l’attività artistica e concertistica. “Chi sa fa e chi non sa insegna”
recita un vecchio adagio ma in realtà le due cose non solo non sono
incompatibili ma, almeno in questo caso, strettamente legate. È discutibile
l’affermazione di chi sostiene che per essere un bravo insegnante non è
necessario essere un bravo strumentista, caso mai è vero il contrario. Il
docente di musica o di strumento che vive con disagio la condizione di non
potersi esprimere attivamente attraverso la musica si può più o meno
facilmente “ritagliare” degli spazi che soddisfino tale necessità sia a scuola
stessa (magari anche in un ensemble formato con gli stessi allievi) che in altri
contesti. Spesso la pigrizia mentale e l’adagiarsi sul già fatto sono i veri motivi
che vengono inconsciamente tenuti “nascosti” mentre si cercano alibi di ogni
genere che sfociano nel vittimismo del tipo “la scuola assorbe tutto il mio
tempo” etc. Del resto il vero nemico di ogni attività umana è la routine e, se si
cade nella trappola del’immobilismo mentale e della staticità, qualsiasi lavoro
(anche il più affascinante), potrebbe venire a noia. Una riprova di ciò ce la
danno anche i grandi concertisti che spesso così tanto invidiamo; non si
dedicano forse anch’essi, sia pure saltuariamente, all’attività didattica nei
cosiddetti corsi di perfezionamento? Si obietterà che una cosa è insegnare ai
ragazzini di scuola media e tutt’altra a dei giovani aspiranti concertisti e future
promesse musicali. Ma queste “promesse” non sono state a loro volta dei
ragazzi alle prime armi (proprio come noi!) e non hanno evidentemente avuto
degli insegnanti che li hanno seguiti nei loro primi passi? È solo un caso che
molto spesso il grande artista/concertista si ricordi molto di più del suo
vecchio primo maestro piuttosto che degli innumerevoli altri che sono seguiti
nel corso della propria carriera e non manchi di citarlo nel proprio curriculum?
Evidentemente dunque, per chiunque abbia voglia di fare, in un lavoro così
importante come quello dell’insegnante, non mancano le motivazioni. Voglio
chiudere con una significativa citazione di Raffaele La Porta (già citato nel
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precedente capitolo) che a mio parere rappresenta un concetto universalmente
valido non solo nel campo dell’insegnamento ma in ogni ambito dell’attività
umana.
«D’altra parte, nella scuola non è in gioco il bene supremo della salute,ma
soltanto l’efficacia di una formazione culturale. Visto in un singolo o in pochi
casi il fallimento non allarma granché. Visto nella massa di giovani di una intera
società può essere una catastrofe. Perciò non c’è liberaldemocrazia occidentale
in cui non si parli di crisi della scuola e non ci sia un allarme per essa. Nessun
paese può risolvere oggi in modo totale un problema delle dimensioni di quello
di cui si sta parlando. In presenza di una tale situazione che cosa può fare ogni
insegnante in servizio e in formazione? Si può suggerirgli/le una constatazione:
la massa è formata di individui e uno di questi individui è lui o lei. A lei o lui
non resta che farsi carico del problema personalmente, per quanto lo/la
riguarda.»(2)
(1) THEODOR W. ADORNO, Introduzione alla sociologia della musica, Torino, Einaudi, 1971, pp.
140-142
(2) RAFFAELE LAPORTA, Avviamento alla Pedagogia, Roma, Carocci, 2001, p. 134
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BIBLIOGRAFIA
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RENARD CLAIRE, Il gesto musicale, Milano, Ricordi, 1988 (ed. orig. Parigi 1982)
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