Finanza per la Crescita - The European House

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Finanza per la Crescita - The European House
FINANZA
PER LA
CRESCITA
50 anni di futuro
INDICE
INTRODUZIONE....................................................................................................... 5
1. GLI ATTORI DELLA RICERCA: IL COMITATO GUIDA E IL GRUPPO
DI LAVORO THE EUROPEAN HOUSE - AMBROSETTI..............................6
2. PERCHÉ LA RICERCA “FINANZA PER LA CRESCITA”...............................9
3. L’APPROCCIO METODOLOGICO.................................................................10
4. LA STRUTTURA DEL RAPPORTO............................................................... 11
EXECUTIVE SUMMARY....................................................................................... 13
1. EXECUTIVE SUMMARY - FINANZA PER LA CRESCITA..........................14
LA CAPITAL MARKETS UNION......................................................................... 19
1. LA CAPITAL MARKETS UNION.................................................................. 20
2. RIDURRE LA DIPENDENZA BANCARIA:
LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE..................................................... 22
3. LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE........................................................25
LA NUOVA FINANZA PER LA CRESCITA IN ITALIA ................................ 27
1. MODERNIZZARE LA FINANZA D’IMPRESA............................................. 28
2. ALLARGARE IL PERIMETRO DELL’OFFERTA DI FINANZA.................. 29
3. SUPPORTARE LA DOMANDA DI FINANZA.............................................. 38
I RISULTATI DELL’INDAGINE DI AMBROSETTI CLUB............................ 41
1. L’INDAGINE DEL CLUB............................................................................... 42
POSSIBILI AGGIUSTAMENTI ALL’ATTUALE
IMPIANTO NORMATIVO..................................................................................... 47
1. AGGIUSTAMENTI ALL’ATTUALE IMPIANTO.......................................... 48
PROPOSTE PER ACCELERARE LA CRESCITA ............................................ 55
2. LE PROPOSTE DEL CLUB.............................................................................56
SIMULAZIONE DELL’IMPATTO DELLE PROPOSTE.................................. 61
3. LA SIMULAZIONE........................................................................................ 62
INTRODUZIONE
50 anni di futuro
1. GLI ATTORI DELLA RICERCA:
IL COMITATO GUIDA E IL GRUPPO
DI LAVORO THE EUROPEAN HOUSE AMBROSETTI
Sono membri del Club i Presidenti e gli Amministratori
Delegati delle seguenti società:
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3M EMEA
3M ITALIA
A. AGRATI
A2A
ABB
ABBVIE
AEB TECHNOLOGIES
AEREA
AGEDI
AGSM VERONA
ALENIA AERMACCHI
ALERION CLEAN POWER
ALESSI
ALLIANCE BOOTS
ALLIANZ
ALVAREZ & MARSAL
ITALY
AMGEN
ANGELANTONI INDUSTRIE
APAX PARTNERS
ARCHIMEDE SOLAR
ENERGY
ASSOBIOTEC
ASSOCIAZIONE
NAZIONALE
AVVOCATI ITALIANI
ASTRAZENECA
AXPO ITALIA
BANCA ESPERIA
BANCA IFIS
BANCA NAZIONALE DEL
LAVORO
BANCA POPOLARE DI
VICENZA
BANCA SELLA HOLDING
BANCA SISTEMA
BANCO SANTANDER
BARCLAYS BANK
BASF ITALIA
BAXTER
BAYER
BE THINK, SOLVE, EXECUTE
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BERRIER CAPITAL
BNL - GRUPPO BNP PARIBAS
BNP PARIBAS ITALIA
BOTTEGA VENETA
BRACCIALINI
BRAVOSOLUTION
BREMBO
BRISTOL-MYERS SQUIBB
BROS MANIFATTURE
C.L.N.
CARETTI & ASSOCIATI
CARIPARMA - CRÉDIT
AGRICOLE
CARTIERA CARMA
CASTORE 1
CESAB
CESARE GALDABINI
CEVA LOGISTICS ITALIA
CHEBANCA!
CHIANTIBANCA
CHIESI FARMACEUTICI
CINVEN
CISALPINA TOURS
CISCO SYSTEMS
CITRIX SYSTEMS
CMC CAPITAL
CO.PRO.B. COOPERATIVA
PRODUTTORI BIETICOLI
COGIPOWER
CONFEDERAZIONE
NAZIONALE
COLTIVATORI DIRETTI
CONTINUUS - PROPERZI
CONTSHIP ITALIA GROUP
CORDUSIO SOCIETÀ
FIDUCIARIA PER AZIONI
CPL CONCORDIA
CRÉDIT AGRICOLE
CORPORATE
& INVESTMENT BANK
CROWE HORWATH ITALY
D’ANDREA
D’APPOLONIA
DAR CAPITAL
DE AGOSTINI PUBLISHING
DEDAGROUP
DELFINO E ASSOCIATI
WILLKIE
© The European House - Ambrosetti
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FARR & GALLAGHER
DELL’ORTO
DEUTSCHE BANK
DEVITAL SERVICE
DHL SC ITALY
DIRECTA PLUS
DNV DET NORSKE VERITAS
ITALIA
DORNA WSBK
ORGANIZATION
DOW ITALIA
EDENRED ITALIA
EDISON
EGEA ENTE GESTIONE
ENERGIA E AMBIENTE
ELECTROLUX ITALIA
ELI LILLY ITALIA
ELMA
ENEL
ENI
ESSECO
ETIMOS FOUNDATION
EUROITALIA
EUSTEMA
EVOLVE CONSORZIO
STABILE
FABBRICA D’ARMI PIETRO
BERETTA
FACEBOOK ITALY
FALCK RENEWABLES
FAPER GROUP
FERFINA - HOLDING DI
CONDOTTE D’ACQUA
FERRING
FERROVIE DELLO STATO
ITALIANE
FERSOVERE
FIAT
FIDIA FARMACEUTICI
FIERA MILANO
FINANZIARIA
INTERNAZIONALE
FINTERMICA 2
FIORI GROUP
FNM - FERROVIE NORD
MILANO
FONDAZIONE 3M
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FONDAZIONE BANCA DEL
MONTE DI LUCCA
FONDAZIONE SICILIA
FONTANA FINANZIARIA
FRATELLI BRANCA
DISTILLERIE
GALA
GAS PLUS
GDF SUEZ ENERGIA ITALIA
GE ITALIA E ISRAELE
GESTORE DEI MERCATI
ENERGETICI
GEWISS
GIOCHI PREZIOSI
GOLDMANN & PARTNERS
GOOGLE ITALY
GRANDI STAZIONI
GREEN NETWORK
GRUPPO AVIVA ITALIA
GRUPPO BANCARIO
CREDITO VALTELLINESE
GRUPPO DE NIGRIS
GRUPPO DOMPÉ
GRUPPO INGHIRAMI
GRUPPO LEONARDO
CALTAGIRONE
GRUPPO MUTUIONLINE
GUALA CLOSURES
GROUP
HEWLETT-PACKARD
HILL+KNOWLTON
STRATEGIES
HOLDING TERRA MORETTI
HSBC BANK
ICCREA HOLDING
IL SOLE 24ORE
INFOCERT
ING BANK
INPGI - ISTITUTO
NAZIONALE DI
PREVIDENZA DEI
GIORNALISTI ITALIANI
“GIOVANNI AMENDOLA”
INTESA SANPAOLO
INVENSYS
IREN
ISA
ISTITUTO CENTRALE DELLE
BANCHE POPOLARI
ITALIANE
ISTITUTO DI VIGILANZA
DELL’URBE
ISTITUTO EUROPEO DI
DESIGN
ITALFONDIARIO
JOHNSON & JOHNSON
MEDICAL
JOHNSON CONTROLS
AUTOMOTIVE ITALY
KINEXIA
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LA SPEZIA CONTAINER
TERMINAL
LAZARD ITALIA
LECHLER
LINDE GAS ITALIA
LINDE MEDICALE
LOSMA
LUIGI LAVAZZA
M&G FINANZIARIA
MAGAZZINI GABRIELLI
MAIRE TECNIMONT
MARCHESI ANTINORI
MATTEL ITALY
MEDTRONIC ITALIA
METROPOLITANA
MILANESE
MILANO SERRAVALLE MILANO TANGENZIALI
MP FILTRI
NEOLOGISTICA
NEOS FINANCE
OERLIKON GRAZIANO
GROUP
OLIMPIA AGENCY
OMERA
OTO MELARA
PELLICONI & C.
PFIZER ITALIA
PHILIP MORRIS ITALIA
PHILIPS
QUATERNARIO
INVESTIMENTI
QUI! GROUP
RANDSTAD GROUP ITALIA
RINA
ROSA ERMANDO
SACE
SACMI IMOLA
SANOFI
SAP ITALIA
SCHRODERS ITALY
SEGESTA
SIA
SIEMENS
SIMEST
SISAL GROUP
SIX PAYMENT SERVICES
SKY ITALIA
SNAM
SO.G.I.N.
SOCIETÀ ITALIANA PER
CONDOTTE D’ACQUA
SOCIETÀ PADANA ENERGIA
SPAL AUTOMOTIVE
SPERONI
STANDARD & POOR’S
CMSI
STANDARD CHARTERED
BANK
STREPARAVA
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SUMMA - GRUPPO
LOCCIONI
SYNDIAL
TELECOM ITALIA
TELIT COMMUNICATIONS
TERNIENERGIA
TICKET GEMEAZ
TOYOTA MATERIAL
HANDLING ITALIA
TRANSCOM WORLDWIDE
TRIUMPH INTERNATIONAL
UCIMU-SISTEMI PER
PRODURRE
UNICREDIT
UNIQA ASSICURAZIONI
UVET AMERICAN EXPRESS
CORPORATE TRAVEL
VALAGRO
VERSALIS
VITALE & ASSOCIATI
VITTORIA GROUP
VODAFONE ITALIA
WARRANT GROUP
WASTE ITALIA
WEBASTO
WHIRLPOOL
WIND
TELECOMUNICAZIONI
WPP HOLDING ITALY
ZOBELE HOLDING
Un particolare ringraziamento ai membri del Club
delle società evidenziate in
grassetto per i contributi di
indirizzo dati alla ricerca.
© The European House - Ambrosetti
7
Un ringraziamento per il loro fondamentale
contributo va a:
–– Stefano Firpo, Capo della Segreteria
Tecnica del Ministro dello Sviluppo
Economico
–– Francesco Pacifici, Segreteria Tecnica
del Ministro dello Sviluppo Economico;
–– Fabrizio Pagani, Capo della Segreteria
Tecnica del Ministro dell’Economia e
delle Finanze
–– Stefano Scalera, Consigliere del Ministro dell’Economia e delle Finanze per le
strategie di attrazione degli investimenti
esteri in Italia.
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© The European House - Ambrosetti
Si ringraziano inoltre, per i preziosi contributi e lo spirito di collaborazione:
–– L’Ordine dei Dottori Commercialisti e
degli Esperti Contabili di Milano, nelle
persone della Dott.ssa Roberta Zorloni,
del Dott. Carlo Arlotta e del Dott. Claudio
Calvani
–– Andrea Crovetto, EPIC SIM
–– Filippo Guicciardi, K FINANCE
–– Massimiliano Magrini, UNITED
VENTURES.
Lo studio è stato curato dal Gruppo di
Lavoro The European House - Ambrosetti
composto da Valerio De Molli, Filippo Peschiera, Marco Visani, Umberto Marengo e
Federica Alberti.
2. PERCHÉ LA RICERCA
“FINANZA PER LA CRESCITA”
Nel corso del 2014 il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e il Ministero per
lo Sviluppo Economico (MiSE) hanno avviato la missione “Finanza per la Crescita”,
a cui ha partecipato anche Banca d’Italia, al
fine di potenziare gli strumenti di accesso
al finanziamento delle imprese, soprattutto
piccole e medie, e superare così le difficoltà
che ostacolano il rilancio degli investimenti. Questa missione ha il compito di valutare le misure finora introdotte, la loro concreta attuazione, e di studiare l’introduzione di
nuovi strumenti di accesso al finanziamento:
il contrasto al credit crunch è una delle priorità dell’azione del Governo, che ha come
obiettivo il rilancio della crescita economica
e la creazione di posti di lavoro.
Una collaborazione strutturata e permanente tra le segreterie tecniche del MEF e del
MiSE costituisce un fatto inedito in grado di
generare effetti molto positivi: la costituzione di un tavolo per discutere congiuntamente di nuovi strumenti di policy e per valutare
gli impatti delle riforme già introdotte, può,
infatti, rafforzare gli impulsi alla definizione
di un quadro di interventi di politica economica con una finalità univoca e quindi maggiormente efficace.
Tenuto conto di questo ambizioso progetto,
Ambrosetti Club ha deciso di contribuire fattivamente alla formalizzazione di proposte e
suggerimenti migliorativi rispetto al quadro
normativo esistente, in collaborazione con i
referenti di MEF e MiSE.
© The European House - Ambrosetti
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3. L’APPROCCIO METODOLOGICO
La ricerca è stata realizzata adottando un approccio multilivello caratterizzato da:
–– Incontri periodici con il Comitato Guida, finalizzati a raccogliere contributi e
suggerimenti qualificati per l’impostazione concettuale del lavoro
–– Confronti con realtà estere significative, per valutare casi di successo ed individuare eventuali pratiche adattabili ed
importabili nel contesto italiano
–– Approfondimenti analitici del Gruppo
di Lavoro sviluppati anche attraverso la
collazione e la sintesi dei contributi
(documentazione, pubblicazioni, ricerche, ecc.) maggiormente significativi
provenienti da fonti nazionali ed internazionali autorevoli, relativi al tema
oggetto della ricerca.
Il lavoro ha inoltre beneficiato del patrimonio di conoscenze condensate nelle Lettere
Club, al fine di massimizzare le sinergie in
termini di profondità d’analisi ed ampiezza
di prospettive1.
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Le Lettere periodicamente raccolgono diagnosi,
ipotesi e soluzioni originatesi nell’ambito delle attività
del Club e, più in generale, nelle attività professionali
del Gruppo The European House - Ambrosetti.
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© The European House - Ambrosetti
4. LA STRUTTURA DEL RAPPORTO
Il presente rapporto è costituito da otto
capitoli, di seguito brevemente illustrati.
CAPITOLO 1. Introduzione
Presentare in modo sintetico e puntuale:
–– Gli attori e l’approccio metodologico
adottato
–– L’indice dei capitoli ed i relativi obiettivi.
CAPITOLO 2. Executive Summary
Illustrare in modo sintetico i presupposti
della ricerca, le principali proposte e fornire i principali elementi della simulazione
dell’impatto economico dei suddetti suggerimenti.
CAPITOLO 3. La Capital Markets Union
Fornire alcune evidenze circa le azioni della
Commissione Europea volte a creare un
mercato dei capitali efficiente e dinamico
che si affianchi al settore bancario per far
ripartire investimenti di lungo termine che
promuovano crescita, lavoro e rilancio
dell’economia.
CAPITOLO 5. Risultati dell’indagine
di Ambrosetti Club
Fornire le principali evidenze emerse dal
questionario sul livello di conoscenza e valutazione della principali disposizioni tese a
modernizzare la finanza d’impresa.
CAPITOLO 6. Possibili aggiustamenti
all’attuale impianto normativo
Formulare proposte tese a migliorare l’attuale impianto normativo varato dal Governo.
CAPITOLO 7. Proposte per accelerare
la crescita
Fornire riflessioni e suggerimenti per velocizzare il processo ci crescita economica del
Paese.
CAPITOLO 8. Simulazione dell’impatto
delle proposte
Elaborare una simulazione tesa a definire
l’impatto delle proposte formulate in termini di nuova finanza apportata, riflessi
sull’economia reale e sul gettito fiscale per
lo Stato.
CAPITOLO 4. La nuova finanza
per la crescita in Italia
Fornire un quadro sintetico delle norme
varate dal Governo per modernizzare
la finanza d’impresa.
© The European House - Ambrosetti
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EXECUTIVE
SUMMARY
50 anni di futuro
1. EXECUTIVE SUMMARY - FINANZA PER
LA CRESCITA
Nel corso del 2014 il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e il Ministero
per lo Sviluppo Economico (MiSE) hanno
avviato la missione “Finanza per la Crescita”, a cui ha partecipato anche Banca d’Italia, al fine di potenziare gli strumenti di accesso al finanziamento delle imprese,
soprattutto piccole e medie, e superare così
le difficoltà che ostacolano il rilancio degli
investimenti. Questa missione ha il compito di valutare le misure finora introdotte, la
loro concreta attuazione, e di studiare l’introduzione di nuovi strumenti di accesso al
finanziamento: il contrasto al credit crunch
è una delle priorità dell’azione del Governo,
che ha come obiettivo il rilancio della crescita economica e la creazione di posti di lavoro.
Il lavoro della missione è coerente rispetto a
quanto sta avvenendo in Europa: la nuova
Commissione Europea ha lanciato la proposta di una nuova Capital Markets Union, al
fine di canalizzare tutte le risorse finanziarie
disponibili verso la crescita economica. Lo
scopo di questa nuova iniziativa è affiancare
un obiettivo di crescita economica reale alla
tradizionale logica di regolamentazione prudenziale e di integrazione dei mercati finanziari degli ultimi anni.
Ma quali sono stati i criteri ispiratori che
hanno guidato il Governo nel perseguire il
proprio obiettivo?
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© The European House - Ambrosetti
Innanzitutto aumentare l’offerta di finanza,
cercando di ridurre il banco-centrismo tipico del sistema imprenditoriale italiano:
–– Introducendo nuovi attori e strumenti
complementari rispetto al settore bancario
–– Definendo misure che incentivino la
patrimonializzazione delle imprese.
Questi interventi hanno natura sistemica e
mirano a modernizzare la finanza a sostegno
della crescita delle imprese. Per ciò che concerne l’offerta di finanza, le principali misure introdotte sono state:
–– Mini Bond: questo strumento permette, anche alle società non quotate,
di emettere titoli di debito (obbligazioni), consentendo alcune agevolazioni di
natura fiscale
–– Maggiore finanza dall’estero: sono
state previste alcune agevolazioni fiscali
per facilitare il flusso di investimenti
esteri non bancari
–– Nuovi attori del credito: si consente
anche ad altri operatori non bancari (assicurazioni, società di cartolarizzazione,
fondi di credito) di erogare direttamente
risorse finanziarie alle imprese
–– Maggiore
patrimonializzazione
delle imprese: le nuove norme prevedono la deduzione dall’imponibile di un
rendimento figurativo sugli apporti di
capitale
––
Quotazione in Borsa: le nuove misure prevedono la deduzione “rafforzata” dall’imponibile di un rendimento figurativo sugli apporti di capitale e
alcune novità in termini di governance
(voto multiplo), nonché alcune semplificazioni (riduzione del capitale sociale
minimo e maggiore flessibilità sulla soglia dell’OPA obbligatoria).
Nell’attuale grave congiuntura economica,
aumentare l’offerta di finanza per le imprese
può tuttavia non bastare: di conseguenza, la
seconda grande area di intervento ha riguardato lo stimolo della domanda di finanza
che rimane la precondizione principale per
far ripartire la crescita. In particolare si vogliono incentivare progetti di sviluppo attraverso le seguenti misure:
–– Facilitazioni per gli investimenti
materiali: la “Nuova Sabatini” ha reso
più vantaggioso l’accesso al finanziamento di investimenti in macchinari e
beni strumentali nuovi
–– Facilitazioni fiscali per gli investimenti in R&S: si riconosce un credito
d’imposta sugli investimenti incrementali in Ricerca & Sviluppo
–– Licenze e Brevetti: sono previste
agevolazioni fiscali sui ricavi derivanti
da licenze e brevetti, con un’estensione
prevista per i marchi.
Questi interventi vanno nella giusta direzione: finanza più moderna e stimolo agli investimenti. Se la valutazione riguardo ai contenuti dei provvedimenti è positiva, lo stesso
non si può dire del loro livello di attuazione.
I risultati del questionario erogato ai membri di Ambrosetti Club e ai rappresentanti
delle principali categorie professionali evidenziano come la valutazione circa gli strumenti dell’attuale impianto normativo sia
positiva, mentre la conoscenza di queste misure sia sostanzialmente limitata alle imprese finanziarie (banche). Inoltre, non sembra
che né l’utilizzo attuale né quello prospettico
di questi strumenti sia soddisfacente.
Da queste evidenze scaturisce una prima riflessione: il Governo ed i Ministeri sono
chiamati ad una comunicazione più efficace
e pervasiva nei confronti degli utilizzatori/
promotori di questi provvedimenti.
Anche sui contenuti, il Club ha elaborato alcune riflessioni tese a migliorare l’attuale
impianto normativo. In particolare:
–– Fisco agevolato per investimenti
di medio-lungo termine: si propone di applicare un regime fiscale assimilabile a quello dei Titoli di Stato per i
finanziamenti incrementali di mediolungo termine, ossia con una durata superiore ai 36 mesi
–– Estensione del perimetro di applicazione della defiscalizzazione
per investimenti esteri a mediolungo termine: tenuto conto del fatto
che molta della liquidità disponibile è
concentrata in Paesi al di fuori dell’UE,
si propone di allargare il perimetro
dell’intervento anche ai Paesi della
White List, almeno per ciò che concerne gli investitori non regolamentati
–– Normativa assicurativa “PMI
friendly” e fondi tricolore garantiti: la proposta va nella direzione di
richiedere, per i finanziamenti delle
assicurazioni diretti o in fondi di debito, una normativa più incentivante in
modo da riuscire a rendere più efficace
© The European House - Ambrosetti
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––
––
l’ingresso del nuovo attore assicurativo come alternativa al sistema bancario. In particolare, il requisito di capitale dovrebbe essere ridotto in modo
da rendere più conveniente il finanziamento delle PMI italiane. In una prima fase, la richiesta di ammorbidimento normativo potrebbe essere
accompagnata da una garanzia del
Fondo Centrale in modo da avviare
questo nuovo canale in modo più spedito
Rafforzamento dell’ACE: si propone di raddoppiare l’attuale rendimento figurativo (4,5%) sugli apporti di capitale (deducibile) al fine di allinearlo
alle condizioni di mercato
Incentivo agli investimenti: si
propone di reintrodurre la norma tale
per cui ogni impresa godeva di un credito d’imposta fino a 200.000 € in 3
anni a fronte della realizzazione di investimenti al servizio dell’internazionalizzazione e in beni strumentali.
Oltre a formulare suggerimenti tesi a migliorare l’attuale impianto normativo, la ricerca ha l’ambizione di definire proposte
che possano porre le basi per un’accelerazione della crescita, rafforzando l’efficacia
delle norme esistenti oppure intervenendo
su ambiti differenti.
Per massimizzare la canalizzazione del risparmio privato verso le imprese è fondamentale un cambio di passo coraggioso. La
defiscalizzazione completa per gli investimenti incrementali di lungo termine realizzati da enti italiani sarebbe una
misura coerente e complementare con
quella che il Governo ha già realizzato per
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© The European House - Ambrosetti
rafforzare gli investimenti esteri. Si tratta
quindi di incentivare investitori quali casse
di previdenza, assicurazioni, fondi di debito, ecc..
Inoltre, si propone di rafforzare la normativa esistente sul credito d’imposta per gli investimenti incrementali in R&S prevedendo la loro totale defiscalizzazione.
La normativa attuale non prevede misure
che incentivino l’aggregazione di imprese.
La ridotta dimensione delle imprese italiane è una criticità che da tempo si cerca di limitare. Imprese piccole hanno debolezze
strutturali che difficilmente consentono
loro di avere un livello competitivo sufficiente per concorrere nel mercato. Ad
esempio: i) hanno difficoltà notevoli nell’accesso a canali di investimento alternativi a
quello bancario; ii) hanno minori capacità
di investimento che non consente loro di affrontare programmi di Ricerca & Sviluppo
efficaci o piani di internazionalizzazione. La
crescita dimensionale rappresenta
quindi uno dei principali obiettivi
che il nostro Sistema Paese dovrebbe
porsi. Al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese, suggeriamo l’attribuzione di un credito di imposta del
50%, per un orizzonte temporale biennale,
per le aziende che realizzano operazioni di
M&A, e il dimezzamento dell’arco temporale (da 18 a 9 anni) dell’ammortamento fiscale su avviamenti e marchi.
Queste misure fanno leva su agevolazioni di
natura fiscale che possono aiutare un processo la cui determinante fondamentale è
da ricercarsi nella bontà di un progetto industriale, a cui si aggiunge un cambiamento culturale da parte degli imprenditori italiani.
È stata realizzata una simulazione tesa a valutare quale potrebbe essere l’apporto di
nuova finanza legato alle proposte contenute
nella ricerca: gli interventi descritti potrebbero generare nuova finanza per un importo compreso tra 39,2 e 75,9 mld €.
Quale impatto sull’economia reale? La realizzazione di investimenti finanziati da questi nuovi apporti consentirebbe:
–– Un maggiore fatturato compreso
tra 98,1 e 189,7 mld €
–– Maggiori occupati compresi tra
267 e 517mila
–– Maggiore valore aggiunto compreso tra 21,6 e 41,7 mld € (rispettivamente pari al 1,4 e 2,7% della stima
preliminare del PIL 2014).
Le misure proposte, prevedendo anche
azioni sulla componente fiscale, hanno sicuramente un impatto in termini di minor
gettito fiscale (a regime), ma presentano
anche indubbi benefici per i conti dello Stato legati alla crescita economica indotta dagli investimenti.
Il saldo netto (benefici fiscali – perdite fiscali) è comunque sostanzialmente neutro
nello scenario minimo e positivo in quello
massimo, con un ammontare che varia tra
-0,29 e 2,08 mld €.
© The European House - Ambrosetti
17
LA CAPITAL
MARKETS UNION
50 anni di futuro
3
1.
LA CAPITAL MARKETS UNION
L’Europa ha bisogno di un mercato dei capitali efficiente e dinamico che si affianchi al
settore bancario per far ripartire investimenti di lungo termine che promuovano
crescita, lavoro e rilancio dell’economia.
Per raggiungere questi obiettivi la nuova
Commissione Europea ha lanciato la proposta di una nuova Capital Markets Union,1
per canalizzare tutte le risorse finanziarie disponibili verso la crescita economica. Negli
ultimi cinque anni, in risposta alla crisi finanziaria, l’Unione Europea ha già introdotto una complessa serie di riforme per armonizzare la regolamentazione finanziaria nel
continente e integrare maggiormente i mercati. Lo scopo di questa nuova iniziativa è affiancare un obiettivo di crescita economica
reale alla tradizionale logica di regolamentazione prudenziale e di integrazione dei mercati finanziari.
In questo senso, le economie europee restano ancora fortemente dipendenti dal sistema bancario e negli ultimi anni le criticità
del settore2, che ha dovuto sopportare una
forte ristrutturazione e riduzione delle esposizioni, hanno posto oggettivamente un freno al motore dell’economia:
1
Commissione Europea, Green Paper: Building a
Capital Markets Union, 18 febbraio 2015.
2
Roberto Guida e Rainer Masera, Does one size fit
all? Basel rules and SME financing, Il Mulino-AREL,
Bologna, 2015.
20
© The European House - Ambrosetti
––
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Solo il 25% di tutto il debito finanziato
in Europa è di natura non bancaria,
contro circa l’80% degli altri Paesi europei
Circa l’80% delle PMI in Europa si finanzia attraverso il sistema bancario,
contro il 50% degli Stati Uniti
Il totale della capitalizzazione di Borsa
degli Stati Uniti negli ultimi cinque
anni è oltre il 116% del PIL, contro appena il 69% dei Paesi europei3.
Nel comparare Europa e Stati Uniti è tuttavia doveroso mettere in luce alcune differenze strutturali in Europa, a partire dal diverso
ruolo della valuta (il Dollaro americano è la
prima “valuta di riserva” internazionale), diverse politiche economiche, regole fiscali,
accessibilità linguistica e regolamentazione.
Esistono quindi una serie di vantaggi di sistema oggettivamente non superabili che
rendono il mercato dei capitali statunitense
più competitivo di quello europeo.
Tenendo conto dell’urgente necessità di veicolare maggiori risorse finanziarie per far ripartire la crescita economica, la Commissione Europea ha fissato tre obiettivi
complessivi da raggiungere:
3
New Financial, Driving Growth. Making the
case for bigger and better capital markets in Europe,
2014. Dato calcolato sulla media annuale 2008-2014.
STOCK DEL FINANZIAMENTO DEL DEBITO DELLE IMPRESE
NON FINANZIARIE EUROPEE (MLD €)
FINANZIAMENTO SUL
MERCATO DEI CAPITALI
Prestiti bancari
Debt securities
Percentuale sul totale
2007
5.627
1.099
16,3%
2008
6.026
1.065
15,0%
2009
5.836
1.270
17,9%
2010
5.827
1.328
18,6%
2011
5.883
1.403
19,3%
2012
5.691
1.606
22,0%
2013
5.448
1.701
23,8%
■■ Figura 1. Il peso dei finanziamenti non bancari in Europa (Fonte: Banca Centrale Europea, Bank of
International Settlements, 2014)
––
––
––
Sviluppare un mercato più efficiente per la diffusione e l’utilizzo
di strumenti finanziari. Le evidenze della Commissione mostrano una
relativa facilità per le grandi imprese
nell’accesso a strumenti di debito, mentre le PMI hanno costi molto più alti
per l’accesso alla liquidità
Veicolare i risparmi in investimenti di medio-lungo termine, facendo un uso più efficace dei capitali
dormienti in Europa
Promuovere un mercato più integrato degli strumenti finanziari,
assicurando una omogenea implementazione delle misure regolamentari introdotte a livello europeo in questi ultimi cinque anni4.
Le PMI rappresentano circa due terzi dell’occupazione e quasi il 60% di tutto il valore aggiunto prodotto in Europa. Tuttavia, il clima
di incertezza di questi anni ne ha significativamente rallentato l’attività economica.
Dal punto di vista della domanda, si è verificato un deciso calo della domanda di finanziamento da parte di PMI e Private Public
Partnership (PPP) e altri progetti di lungo
termine, che ha prodotto un livello subottimale di finanziamenti e investimenti. Dal
punto di vista dell’offerta, la crisi ha aumentato l’avversione a rischio da parte degli investitori che, in parallelo con il deleveraging
della banche indotto dalla nuova regolamentazione internazionale (Basilea 3), ha ridotto
la capacità di erogare finanziamenti a lungo
termine.
4
Tra le principali misure approvate: la Market in
Financial Instrument Directive and Regulation, la Market Abuse Directive and Regulation, la Insolvency II Directive, la Alternative Financial Instrument Directive, la
Capital Requirement Regulation and Directive IV.
© The European House - Ambrosetti
21
2. RIDURRE LA DIPENDENZA
BANCARIA: LE PROPOSTE
DELLA COMMISSIONE
La Commissione sta predisponendo un piano per rilanciare l’accesso agli investimenti
di lungo termine e non bancari agendo su tre
livelli:
1. Mobilitare le risorse esistenti
2. Canalizzare le risorse verso investimenti in PMI e di lungo termine
3. Rimuovere eventuali ostacoli regolamentari.
Mobilitare le risorse esistenti
Il mercato dei capitali in Europa ha sofferto
pesantemente la crisi finanziaria, ma il trend
negativo è incominciato già negli anni Novanta. Il numero di Initial Public Offering in
Europa è diminuito di cinque volte rispetto
agli anni Novanta. Questo dato mette in luce
una maggiore difficoltà da parte delle imprese a quotarsi in Borsa. A tale riguardo la
Commissione intende utilizzare la nuova direttiva sul mercato degli strumenti finanziari
(MiFID II) per minimizzare gli obblighi per
le PMI che si quotano in Borsa.
Una ulteriore priorità dell’Unione Europea è
mobilitare investitori istituzionali che hanno
il potenziale per essere investitori di lungo
periodo, tra cui le compagnie assicurative. A
questo proposito, con l’applicazione degli
atti delegati della direttiva europea Solvency
II, la Commissione Europea ha deciso di ri22
© The European House - Ambrosetti
muovere alcuni ostacoli regolamentari per
favorire investimenti di lungo periodo da
parte delle assicurazioni5. In particolare, la
norma prevede:
–– Un trattamento privilegiato per fondi
specifici creati dalla legislazione europea (European Social Entrepreneurship Funds e European Venture
Capital Fund) e fondi similari
–– La possibilità di utilizzare proxy rating
(ovvero utilizzando il rating dell’emettitore o di altri strumenti di debito che
sono parte dello stesso programma o di
uno simile) per unrated bonds e prestiti, in maniera analoga a quanto previsto per le banche per evitare di svantaggiare strumenti non quotati
–– La possibilità di ridurre l’assorbimento
di capitale quando lo strumento di debito è garantito da un collaterale
–– L’esenzione dai requisiti di capitale per
progetti garantiti dalla Banca Europea
degli Investimenti e dal Fondo Europeo per gli Investimenti.
Ulteriori misure sono stati introdotte per i
fondi pensione per identificare in modo
chiaro quali categorie di cartolarizzazioni
5
Commissione Europea, Commission adopts detailed prudential rules for banks and insurers to stimulate investment in the economy, 10 ottobre 2014.
sono da considerare di alta qualità e quindi
da incoraggiare6. È infine in discussione l’introduzione di nuovi strumenti per facilitare
gli investimenti cross-border dei risparmi
privati, tra cui per esempio la creazione di un
modello europeo di conto di risparmio.
Canalizzare le nuove risorse
Il mercato dei bond rappresenta la principale alternativa al credito bancario. Questo
mercato ha mostrato un trend di crescita in
questi anni, ma purtroppo non nel segmento
delle PMI. Varie iniziative sono state lanciate negli ultimi anni a livello nazionale per retail bond (BondM in Germania nel 2010,
ORB in Regno Unito nel 2010, IBO in Francia nel 2013 e ExtraMOT Pro in Italia nel
2013). Nonostante queste iniziative il mercato per corporate bond ed equity resta
frammentato. Per rispondere a queste necessità, la Commissione ha iniziato una
review dell’attuale regolamentazione sulla
cartolarizzazione per prodotti di alta qualità,
esplorando la possibilità di concedere trattamenti prudenziali privilegiati per questa
classe di investimenti. È inoltre prevista l’introduzione di nuove misure per semplificare
gli obblighi di trasparenza (il Prospectus)
per le società che apportano aumenti di capitale, e per allineare gli standard dei covered
bond a quelli dei corporate bond.
Questi strumenti hanno l’obiettivo di contribuire a chiudere il gap tra il mercato dei
corporate bond negli Stati Uniti e in Europa,
che vede il mercato americano circa cinque
volte superiore a quello europeo (1.118 mld €
6
EIOPA, EIOPA's advice on high-quality securitisation, Dicembre 2013.
EMISSIONI DI
CORPORATE BOND
Eurozona (mld €)
U.S. (mld €)
2007
1.382
766
2008
1.209
505
2009
948
630
2010
816
796
2011
750
774
2012
813
1,033
2013
766
1,005
2014 YTD*
529
867
OUTSTANDING STOCK
DI CORPORATE BOND
Eurozona (mld €)
U.S. (mld €)
2007
631
3.564
2008
689
3.865
2009
790
4.138
2010
837
4.897
2011
858
5.058
2012
977
5.331
2013
1.047
5.414
2014
1.118
6.040
■■ Figura 2. Il gap nel mercato dei corporate bond tra
Stati Uniti e Unione Europea (Fonte: Banca Centrale
Europea e SIFMA, 2014).
di outstanding bond in Europa contro 6.040
mld € negli Stati Uniti).
Il private placement rappresenta un’altra
opportunità di credito non bancario per le
PMI. Tuttavia, benché si registri una crescente domanda per questo canale di finanziamento, la Commissione Europea evidenzia come manchi ancora un vero e proprio
mercato europeo del private placement a
causa delle differenti regolamentazioni presenti nei diversi Paesi. A tal fine, la Commissione ha inserito tra le sue priorità la realizzazione di un sistema standardizzato di
© The European House - Ambrosetti
23
valutazione della credit worthiness, di documentazione e trasparenza.
L’Unione Europea sottolinea inoltre che le
nuove risorse di finanza di impresa dovrebbero essere canalizzate anche verso investimenti infrastrutturali, che fungerebbero da
volàno per la ripresa economica, contribuendo a superare la spirale negativa di bassi investimenti e bassi consumi. In questo
senso la Commissione sta valutando di
estendere la EU Project Bond Initiative della
Banca Europea degli Investimenti a nuove
tipologie di investimenti infrastrutturali. È
stata inoltre annunciata la possibilità di introdurre modifiche regolamentari per permettere un più facile accesso delle assicurazioni agli investimenti in PMI e
infrastrutture, in coordinamento con la European Insurance and Occupational Pension Authority.
Rimuovere ostacoli regolamentari
Un forte elemento di criticità sollevato più
volte dagli studi sul Mercato Unico Europeo
è la mancanza di un framework comune europeo sulle procedure fallimentari. Questa
criticità produce alti costi di ingresso e alti
rischi per gli investitori, e spesso non è comunque in grado di proteggere la continuità
aziendale. Interessi di parte consolidati, un
eccessivo grado di protezione accordato
all’investitore pubblico rispetto all’investitore privato, inadeguatezza del sistema giudiziario, sono alcune delle ragioni alla base di
questo problema. Inoltre, in Europa le ristrutturazioni extra-giudiziarie sono meno
frequenti rispetto agli Stati Uniti, con un
conseguente allungamento dei tempi necessari. In questo contesto, è poco plausibile
24
© The European House - Ambrosetti
che si arrivi ad un piena armonizzazione a livello europeo. Tuttavia, la definizione di una
legislazione framework europea sulla normativa fallimentare potrebbe portare a progressi significativi in questa direzione.
Ulteriori benefici sono previsti da un’operazione di aggiustamento degli accounting
standard utilizzati. Dal 2002 l’Unione Europea ha adottato il sistema IAS (International Accounting Standard). Questa decisione ha portato le imprese europee quotate ad
adeguarsi al più diffuso standard internazionale, ma ha imposto rilevanti costi di adattamento alle PMI. In questo senso, è opportuno valutare l’adozione di una forma
semplificata di questo standard per le PMI
quotate, e di uno standard europeo comune
per le PMI non quotate, che faciliti l’accesso
al credito in operazioni cross border, garantisca la trasparenza dell’investimento e imponga costi di adattamento non eccessivi
alle PMI.
I regimi fiscali in Europa pongono, in molti
casi, un ulteriore ostacolo al finanziamento
non bancario. Nella maggioranza dei Paesi
europei il finanziamento sulla base di debito
è fiscalmente più conveniente rispetto al finanziamento su equity, in quanto è permessa la deducibilità del costo degli interessi,
non prevista invece per gli aumenti di equity. In questo campo le competenze dell’Unione Europea sono più limitate poichè l’armonizzazione fiscale è possibile soltanto con
l’accordo unanime degli Stati membri. La
Commissione Europea produrrà tuttavia un
framework di best practice per gli Stati
membri e supporterà i Governi nazionali
nell’implementazione.
3. LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE
Oltre a favorire l’efficientamento del mercato europeo, la Capital Markets Union ha
una importante dimensione internazionale
in quanto rappresenta una opportunità di
facilitare l’accesso delle imprese europee al
mercato mondiale dei capitali. L’attrazione
di nuovi finanziatori, specialmente dalle
economie emergenti, con diversi profili di rischio, è una necessità ed una opportunità.
Una maggiore integrazione del mercato dei
capitali in Europa potrà infatti assicurare
che il Mercato Unico Europeo diventi un
modello delle migliori best practice regolamentari, aumentando l’influenza dell’Europa nella regolamentazione finanziaria internazionale.
A tale proposito è importante che l’Europa si
impegni a:
–– Rafforzare l’armonizzazione della regolamentazione a livello internazionale. Le diverse politiche di
regolamentazione e le differenti implementazioni degli standard internazionali creano barriere al flusso degli investimenti e riducono l’efficienza di
mercato. A tal proposito iniziative
come l’accordo commerciale e sugli investimenti tra Stati Uniti e Unione Europea (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e la task force
di IOSCO sulla Cross-Border Regula-
––
tion offrono un’opportunità per l’Europa per promuovere un miglior coordinamento a livello internazionale e
promuovere i propri standard
Sviluppare un approccio coerente
per il riconoscimento di sistemi di
regolamentazione equivalenti a
quello europeo. L’inconsistenza nel
riconoscimento delle procedure di equivalenza per standard non-europei produce ulteriori ostacoli al flusso di investimenti e alti costi di ingresso.
La nuova Commissione Europea insediata
nel novembre 2014 ha istituito un apposito
dicastero per la Capital Markets Union. Il
Commissario Jonathan Hill ha recentemente presentato un Green Paper con obiettivi
da raggiungere nei prossimi anni ed ha aperto una consultazione pubblica7. Nel complesso la Capital Markets Union fornisce
una serie di strumenti e linee guida che devono guidare il processo di rinnovamento
della finanza d’impresa sia a livello europeo
che nazionale, favorendo un ulteriore stimolo alla domanda e all’offerta di investimenti
per il rilancio della crescita.
7
Commissione Europea, Green Paper: Building a
Capital Markets Union, 18 febbraio 2015.
© The European House - Ambrosetti
25
LA NUOVA FINANZA
PER LA CRESCITA
IN ITALIA
50 anni di futuro
4
1. MODERNIZZARE LA FINANZA
D’IMPRESA
In un contesto di calo degli investimenti
pubblici, negli ultimi quattro anni i Governi
italiani hanno lanciato una serie iniziative
per far ripartire gli investimenti privati.
Queste misure si inseriscono all’interno degli obiettivi generali identificati dalla Capital
Markets Union europea e hanno due obiettivi principali, uno strutturale e uno congiunturale:
–– L’obiettivo strutturale è ampliare l’offerta di finanza e ridurre il bancocentrismo delle imprese. A tale fine il
Governo ha agito su due livelli. In primo luogo, sono state rimosse alcune restrizioni eccessive presenti nel nostro
ordinamento all’erogazione del credito
da parte di enti non bancari. In secondo luogo, sono state introdotte facilitazioni per l’accesso al credito non bancario da parte delle imprese non quotate
–– L’obiettivo congiunturale è fornire uno
stimolo alla domanda di finanza, attualmente bloccata dal ciclo economico
negativo, creando incentivi per le imprese che intraprendono nuovi progetti
di investimento.
28
© The European House - Ambrosetti
Gli strumenti predisposti e le evidenze esistenti circa l’efficacia di queste misure sono
illustrati in dettaglio in questo capitolo.
2. ALLARGARE IL PERIMETRO
DELL’OFFERTA DI FINANZA
I Mini Bond
Il principale strumento introdotto per ampliare le fonti di credito non bancario è quello dei cosiddetti Mini Bond.
Questo strumento permette, anche alle società non quotate, di emettere titoli di debito
(obbligazioni) consentendo alcune agevolazioni: deducibilità degli interessi passivi, dei
costi di emissione, esenzione dalla ritenuta
d’acconto alla fonte, possibilità di utilizzare
beni mobili dell’impresa a garanzia dei titoli.
Le imprese italiane hanno da sempre considerato il credito bancario come principale
fonte di finanziamento (circa 820 mld € fine
2014)1: la difficoltà delle banche (mercato,
Basilea 3, sofferenze, ecc.) rendono quindi
difficile per molte aziende accedere alla finanza.
Il banco-centrismo del sistema italiano è
evidenziato dall’alto rapporto tra debiti bancari e debiti finanziari. Oltre il 69% dei debiti finanziari in Italia è erogato da istituti bancari, contro il 54% della media europea, il
31% del Regno Unito e il 30% degli Stati
Uniti. Questa dipendenza è particolarmente
sentita dalle PMI. Oltre il 75% dei debiti finanziari delle imprese italiane di piccole
dimensioni sono verso istituti bancari, con1
Fonte: Banca d’Italia, Bollettino Statistico
gennaio 2015.
tro il 68% delle imprese di medie dimensioni
e solo il 43% delle imprese di grandi dimensioni2.
Nel complesso lo strumento del Mini Bond
ha avuto un riscontro significativo nel mercato. L’entità complessiva delle emissioni ha
superato 8 mld €, di cui 1,8 miliardi emessi
nel 2014 (62 emissioni) e 5,8 miliardi nel
2013 (35 emissioni).
Alcuni settori hanno fatto un utilizzo più significativo dello strumento. In particolare, il
16% dell’ammontare delle emissioni di Mini
Bond è stato fatto da società che forniscono
servizi di supporto alle imprese, il 15% da
imprese nel settore della manifattura, un ulteriore 15% dalle imprese nel settore della
del commercio, ed il 13% nel settore delle costruzioni3.
Inoltre, si evidenzia un forte sbilanciamento
geografico nelle emissioni, concentrate soprattutto in Lombardia (31% delle emissioni), Veneto (18%) e Emilia-Romagna (13%),
e virtualmente assenti nel Sud Italia.
2
Piccola impresa: fino a 49 dipendenti; media impresa: da 50 a 249 dipendenti; grande impresa: almeno
250 dipendenti.
3
Dati dell’Osservatorio Mini Bond, 2014.
© The European House - Ambrosetti
29
69%
Grandi
Medie
Piccole
Italia
UE
43%
31%
Regno Unito
Stati Uniti
30%
54%
68%
Per dimensioni di impresa
75%
Debiti bancari / debiti finanziari, 2011
■■ Figura 1. La dipendenza delle imprese italiane verso le banche (Fonte: Banca d’Italia, «Struttura Finanziaria delle imprese e rapporti con le banche», 2012).
0,1%
0,04%
7%
Fornitura Acqua
16%
Servizi di supporto alle imprese
Commercio
15%
Costruzioni
Attività Immobiliari
0,03%
15%
Attività artistiche e di intrattenimento
Attività finanziarie
11%
Servizi alloggio
Fornitura energia
2%
0,04%
1%
Servizi di informazione e comunicazione
13%
10%
10%
Trasporto e magazzinaggio
Attività manifatturiere
Attività professionali
Estrazione minerali
Fonte: Osservatorio Mini Bond, Politecnico di Milano, School of Management
■■ Figura 2. Ammontare delle emissioni di Mini Bond per settore industriale (Fonte: Osservatorio Minibond,
Politecnico di Milano, School of Management).
30
© The European House - Ambrosetti
L’andamento storico è nel complesso positivo ed in progressiva crescita dal 2013, con
picchi di attività legate a specifiche operazioni portate avanti da società di mediograndi dimensioni, talvolta in anticipazione
di una quotazione in Borsa.
Nel complesso lo strumento ha avuto un
impatto positivo ma è ancora al di sotto del
proprio potenziale e dell’obiettivo fissato
dal Governo (circa 10 mld € all’anno di
emissioni).
A fare uso di questo strumento sono state soprattutto le aziende medio-grandi.
Degli 8 miliardi di emissioni da parte di società non quotate, 3,2 miliardi di Mini Bond
sono stati emessi da grandi aziende (spesso
in procinto di quotarsi), mentre solo 4,8 miliardi sono riconducibili a aziende ExtraMOT, prevalentemente di dimensione media. Nel complesso l’emissione di Mini Bond
è stata relativamente omogenea: il 79% delle
emissioni di Mini Bond è stato effettuato da
imprese con un fatturato tra i 2 e i 500 milioni, mentre le emissioni di imprese con fatturato al di sotto del 10 milioni raggiungono il
9% del totale e le emissioni di imprese con
fatturato superiore ai 500 milioni raggiungono il 12%.
Esiste, tuttavia, un potenziale bacino di circa
5.000 imprese che hanno le caratteristiche
economiche adeguate ma non hanno finora
usufruito dello strumento. In questo senso,
tra gli ostacoli principali ad una maggiore
diffusione ci sono l’alto livello di trasparenza
richiesto alle imprese, il bisogno di promuovere maggiormente lo strumento e l’esigenza
di una trasformazione culturale di sistema
del tessuto produttivo italiano.
© The European House - Ambrosetti
31
Andamento temporale delle emissioni (milioni di Euro)
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
dic 2014
nov 2014
ott 2014
set 2014
ago 2014
lug 2014
giu 2014
mag 2014
apr 2014
mar 2014
feb 2014
gen 2014
dic 2013
ott 2013
nov 2013
set 2013
lug 2013
ago 2013
giu 2013
apr 2013
mag 2013
feb 2013
mar 2013
0
gen 2013
500
Emissioni per area geografica
31%
30
1%
1%
Sicilia
Lussemburgo
1%
Puglia
5%
1%
Basilicata
4
Campania
1%
Marche
3%
2
Toscana
1%
5
Molise
Umbria
6%
3%
2
Lazio
3%
Piemonte
2
Friuli Venezia Giulia
4
14
Lombardia
3
25
10
Emilia Romagna
4%
3
Liguria
0
4%
5
Trentino Alto Adige
10
5%
15
18%
13%
20
Veneto
25
76%
14%
9%
1%
Nord
Centro
Mezzogiorno
Estero
■■ Figura 3. Andamento delle emissioni di Mini Bond (ExtraMOT) e distribuzione geografica (Fonte: Monitoraggio e primi elementi di valutazione sulle policy a supporto degli investimenti industriali; MiSE, gennaio
2015).
32
© The European House - Ambrosetti
Fatturato emittenti
(tutte le emissioni)
9%
12%
11
< 2 mln€
8
12%
tra 2 mln€ e 10 mln€
11
19%
tra 10 mln€ e 25 mln€
tra 25 mln€ e 50 mln€
17
11
12%
tra 50 mln€ e 100 mln€
tra 100 mln€ e 500 mln€
> 500 mln€
19
13
21%
15%
■■ Figura 4. Fatturato degli emettitori di Mini Bond (Fonte: Osservatorio Mini Bond, 2014).
Va segnalato, inoltre, che negli ultimi mesi la
concorrenza delle banche è aumentata in
modo significativo in quanto gli istituti hanno potuto beneficiare di un basso costo di
funding. Questo nuovo elemento ha comportato una riduzione del ricorso allo strumento.
Infine, va considerato che gli alti costi di
transazione rappresentano un ostacolo molto significativo per le Piccole Medie Imprese
che vogliono accedere a questo strumento.
Facilitazioni fiscali per gli investitori
esteri
L’Italia sconta un sostanziale divario negativo rispetto alle altre economie avanzate in
termini di attrazione degli investimenti esteri. Lo stock degli Investimenti Diretti Esteri
in Italia raggiunge soltanto il 19,5% del PIL,
contro il 23,4% della Germania, il 39,5%
della Franca, il 63,4% del Regno Unito, ed
il 173% dell’Irlanda. Per contribuire a chiudere questo gap e facilitare il flusso di investimenti esteri non bancari sono state pre-
viste alcune nuove norme che prevedono:
–– L’eliminazione della ritenuta d’acconto
sui finanziamenti a medio-lungo termine erogati da banche, assicurazioni, fondi di credito localizzati in altri Paesi UE
–– L’eliminazione della ritenuta d’acconto
su obbligazioni non quotate presso investitori qualificati (private placement) e sulle obbligazioni sottoscritte
da società di cartolarizzazione
–– L’eliminazione della tassazione sul trasferimento delle garanzie accessorie.
L’attrazione di investitori extra europei è
inoltre una priorità per poter attingere alla
liquidità dei Paesi emergenti. Anche grazie
alle indicazioni emerse nel Comitato Guida
di questa ricerca, con l’introduzione del Decreto Fiscale 2014, il Governo sta valutando
l’opportunità di allargare il perimetro delle
facilitazioni fiscali previste anche ai Paesi
extra-UE inseriti in una white list, almeno
per ciò che concerne gli investitori non regolamentati.
© The European House - Ambrosetti
33
29,4%
23,4%
19,5%
Spagna
34,7%
Regno Unito
39,5%
Irlanda
52,7%
64,3%
173,3%
■■ Figura 5. Stock Investimenti Diretti Esteri in
percentuale al PIL nel 2014 (Fonte: UNCTAD, 2014).
Francia
Giappone
Stati Uniti
Germania
Italia
Nuovi attori nel mercato
Uno degli obiettivi principali delle nuove misure è ampliare il perimetro di utilizzo del capitale privato, incanalando verso le imprese
investitori istituzionali (nazionali ed internazionali) con grande disponibilità di liquidità e
che in passato hanno investito prevalentemente in Titoli di Stato. Le nuove norme consentono infatti anche ad altri operatori non
bancari, tra assicurazioni, società di cartolarizzazione e fondi di credito, di erogare direttamente risorse finanziarie alle imprese.
In particolare, le assicurazioni italiane dispongono di circa 530 mld € di riserve assicurative4. In virtù di questo nuovo strumento le compagnie assicurative possono:
–– Investire in obbligazioni, cambiali finanziarie e titoli simili emessi da società non quotate e in cartolarizzazioni
(nel limite del 3% delle riserve
tecniche)5
–– Allocare fino al 3% (rispetto al precedente 1%) delle riserve tecniche in un
––
singolo fondo comune per titoli emessi
da imprese e in cartolarizzazioni. Inoltre è stato eliminato il limite del 5% per
l’insieme degli investimenti in fondi
mobiliari chiusi non negoziati in un
mercato regolamentato, in fondi mobiliari riservati e in fondi mobiliari e immobiliari speculativi, pur mantenendo
il limite del 10% per il totale dei fondi
comuni alternativi6
Effettuare, nel complesso, finanziamenti diretti a partire dal quarto trimestre del 2014 nel limite del 5% delle riserve tecniche7. Il limite può salire
all’8% in deroga a seguito della richiesta motivata dell’impresa di assicurazione 8.
Queste misure creano un potenziale di investimento in Mini Bond e cartolarizzazioni da
parte delle compagnie di assicurazione di circa 16 miliardi per ciascuno strumento.
Inoltre, con le nuove norme, circa ulteriori 26
mld € sono potenzialmente disponibili per fi-
4
ANIA, L’assicurazione italiana 2013-2014,
giugno 2014.
6
Provvedimento IVASS n. 17 (15 aprile 2014).
7
Provvedimento IVASS n. 22 (21 ottobre 2014).
5
8
Provvedimento IVASS n. 22 (21 ottobre 2014).
Provvedimento IVASS n. 17 (15 aprile 2014).
34
© The European House - Ambrosetti
la valutazione del credito, una specializzazione che finora non è stata quella tipica delle assicurazioni.
Favorire la patrimonializzazione delle
imprese
74,3
Totale investimenti potenziali
15,9
Finanziamenti
diretti (5%riserve
tecniche)
Deroga
finanziamenti
diretti (+3%riserve
tecniche)
Totale investimenti
potenziali
(8% riserve tecniche
in deroga)
15,9
15,9
58,4
Le imprese italiane sono sottocapitalizzate:
il debito finanziario su capitale investito è tra
26,5
nanziamenti diretti nel tessuto produttivo
italiano da parte delle compagnie di assicurazione9. Il potenziale di finanziamenti diretti
può salire fino a 42 mld € nell’ipotesi cui le assicurazioni si possano valere della deroga e
salgano all’8% delle riserve tecniche al limite
ordinario. Nel complesso, queste norme possono liberare fino a 74 mld € nel sistema produttivo italiano.
Mini Bond
(3% riserve
tecniche)
Cartolarizzazioni
(3% riserve
tecniche)
■■ Figura 6. Investimenti potenziali delle assicurazioni con il nuovo impianto normativo (in mld €) (Fonte: Elaborazione TEH-A su dati Banca d’Italia e IVASS, 2014).
Tuttavia, l’interesse delle assicurazioni per
questa nuova opportunità è stato finora estremamente limitato: le assicurazioni hanno
qualche attenzione per gli investimenti infrastrutturali, ma scarso interesse per le PMI10.
L’ostacolo principale in questo senso è dovuto al fatto che le compagnie assicurative si
devono attrezzare per valutare il merito di
credito di un’impresa o, più realisticamente,
di una nuova asset class di prodotti. Ciò richiede una struttura tecnica aggiuntiva per
9
Dati IVASS, 2014.
10
Salvatore Rossi, «Banche e Assicurazioni: un
percorso comune per lo sviluppo». Intervento del Presidente IVASS Salvatore Rossi, Roma, ottobre 2014.
i più alti d’Europa (oltre il 44% in Italia contro
il 39% della media dei Paesi dell’Eurozona).
La regolamentazione fiscale italiana, che penalizza gli investimenti su base di equity rispetto a quello su base di debito, è una delle
ragioni di questo sbilanciamento a favore del
debito. Per avvicinare il costo dell’equity a
quello del debito, le nuove norme prevedono
la deduzione dall’imponibile di un rendimento figurativo sugli apporti di capitale (calcolato in base ad un tasso del 4,5% nel 2015 e
4,75% nel 2016). Il risultato di queste misure
è stato quindi di riportare il costo dell’equity
ad un livello non superiore rispetto al costo
del debito, e potenzialmente di renderlo più
conveniente nei prossimi anni.
© The European House - Ambrosetti
35
39,5%
Regno Unito
Eurozona
Germania
44,4%
39,0%
31,5%
Stati Uniti
38,2%
30,1 %
Francia
Italia
■■ Figura 7. Rapporto debiti finanziari su capitale investito (debiti finanziari e patrimonio netto), 2014
(Fonte: Banca d’Italia, Conti finanziari, 2014).
Favorire la quotazioni in Borsa
e dall’altro lato dipende dalle limitate dimensioni delle imprese italiane e da un limitato interesse verso la quotazione in Borsa.
La quotazione in Borsa è un’altra opportunità per le imprese per raggiungere nuovi capitali. La Borsa Italiana è tuttavia pesantemente sottodimensionata, se confrontata
con altre economie europee.
Questi dati sono dovuti anche ai noti ostacoli alla quotazione delle imprese tra cui: la
preferenza della proprietà a mantenere il
controllo diretto sull’impresa, la necessità
di garantire un alto livello di trasparenza
per accedere alla Borsa, gli elevati costi della quotazione, i significativi oneri (persone,
organizzazione, ecc.) per far fronte alla
maggior compliance, e la limitata copertura
Regno Unito
Spagna
Francia
Finlandia
Irlanda
Germania
■■ Figura 8. Capitalizzazione di Borsa su PIL, 2014 (Fonte: Banca Mondiale, 2014).
36
© The European House - Ambrosetti
23,0%
42,1%
49,1%
62,0%
67,9%
73,4%
115,5%
La capitalizzazione della Borsa Italiana vale
il 23% del PIL contro il 115,5% della Borsa
Inglese. Le ragioni di questa sottocapitalizzazione hanno a che fare da un lato con la
difficoltà del Paese di attrarre capitali esteri,
Italia
degli analisti e dei professionisti di servizi
finanziari per le imprese medio-piccole.
Per favorire la quotazione in Borsa delle
imprese sono stati varati diversi provvedimenti:
–– Deduzione dall’imponibile IRES (o
IRAP se incapiente IRES) di un rendimento figurativo (4,5% nel 2015) sugli
apporti di capitale (ACE)
–– Per le aziende che si quotano in Borsa
l’incentivo ACE è maggiorato del 40%
per tre anni (SuperACE)
–– Previsione di azioni con voto multiplo
a beneficio degli investitori di lungo
termine per incoraggiare le imprese a
conduzione familiari che decidono di
quotarsi in Borsa
–– Riduzione del capitale sociale minimo
–– Flessibilità della soglia di OPA obbligatoria.
© The European House - Ambrosetti
37
3. SUPPORTARE LA
DOMANDA DI FINANZA
In parallelo agli strumenti per favorire una
maggiore offerta di finanza, sono state introdotte una serie di misure volte a incentivare la
domanda di finanza, che rimane la precondizione principale per far ripartire la crescita.
Facilitazioni
materiali
per
gli
investimenti
La legge “Nuova Sabatini” ha reso più vantaggioso l’accesso al finanziamento di investimenti in macchinari e beni strumentali
nuovi attraverso:
–– La costituzione di un plafond dedicato
(2,5 mld €)
–– Un contributo per ridurre il costo del
finanziamento
–– La possibilità di beneficiare di una
garanzia sul prestito
–– Un credito d’imposta sugli investimenti incrementali.
La “Nuova Sabatini” ha avuto un notevole
successo. Il monitoraggio effettuato dal Ministero dello Sviluppo Economico mostra
importanti risultati11:
–– Oltre 8.400 domande presentate in soli
8 mesi
11
Monitoraggio e primi elementi di valutazione
sulle policy a supporto degli investimenti industriali;
MiSE, gennaio 2015.
38
© The European House - Ambrosetti
––
Quasi completo esaurimento dell’intero plafond disponibile: oltre 2,3 mld €
di finanziamenti prenotati.
Inoltre è stato previsto un credito d’imposta
pari al 15% sugli investimenti incrementali
effettuati nell’anno rispetto alla media dei
cinque anni precedenti.
Nel complesso, il mercato italiano degli investimenti in beni strumentali ha mostrato
una visibile ripresa negli ultimi 7 mesi e pertanto è stato già annunciato il rifinanziamento della legge.
Facilitazioni fiscali per gli investimenti
in R&S, licenze e brevetti
Gli investimenti in R&S sono un elemento
essenziale di competitività di lungo periodo
per le imprese e per il Paese. In Italia la spesa in R&S (in rapporto al PIL) è tra le più
basse in Europa, un dato che pone le imprese italiane a rischio di sorpasso competitivo
da parte di altri Paesi. Le imprese italiane
spendono in R&S circa lo 0,67% del PIL nazionale, contro l’1,29% della media europea
e l’1,99% della Germania.
1,05
1,44
0,67
1,29
1,63
1,25
0,6
1,24
Spagna
1,99
2,23
Spesa imprese
2,02
Spesa complessiva
Queste misure, in particolare gli incentivi per
gli investimenti in R&S, sono state disegnate
dal Governo con l’obiettivo di incanalare le limitate risorse esistenti sugli investimenti incrementali, premiando in questo modo investimenti che non si sarebbero potuti realizzare
(o che non era previsto fossero realizzati) senza questo specifico incentivo.
2,94
Per incentivare gli investimenti sul lato della
domanda la nuova normativa ha introdotto:
–– Credito d’imposta pari al 25% sugli investimenti incrementali in Ricerca &
Sviluppo. Il credito d’imposta è pari al
50% se l’investimento R&S è contratto
con università, centri di ricerca, ecc.
–– Agevolazioni fiscali sui ricavi derivanti
da licenze e brevetti, con un’estensione
prevista per i marchi.
Italia
Regno Unito
UE
Francia
Germania
■■ Figura 9. Spesa in R&S in percentuale al PIL, 2014 (Fonte Eurostat, 2014).
© The European House - Ambrosetti
39
I RISULTATI
DELL’INDAGINE
DI AMBROSETTI CLUB
50 anni di futuro
5
1.
L’INDAGINE DEL CLUB
Ambrosetti Club ha realizzato un’indagine
per fornire un quadro complessivo sullo stato dell’implementazione dei nuovi strumenti
per la nuova finanza d’impresa introdotti dal
Governo negli ultimi anni.
L’indagine si è rivolta ai membri di Ambrosetti Club1 ed è stata corroborata da interviste con i rappresentanti delle associazioni
dei professionisti coinvolte da queste misure, ed in particolare gli ordini degli avvocati,
dei notai, dei commercialisti. I risultati del
questionario forniscono una valutazione
complessiva sul:
–– Livello di conoscenza e di utilizzo degli
strumenti
–– Livello di utilizzo e promozione attuale
–– Livello di utilizzo e promozione previsto per il prossimo futuro
–– Valutazione di efficacia degli strumenti.
Il questionario ha raccolto oltre un centinaio
di risposte ed i risultati sono stati successivamente suddivisi a seconda della tipologia
del rispondente, distinguendo tra imprese
finanziarie (banche) ed imprese industriali e
dei servizi.
1 Ambrosetti Club è nato nel 1999 ed è riservato ai
massimi responsabili di Gruppi ed imprese nazionali e
multinazionali operanti in Italia (ad oggi conta più di
350 membri).
42
© The European House - Ambrosetti
La prima domanda è stata volta a verificare il
livello di conoscenza (in una scala da 1 a 6)
degli strumenti da parte degli operatori di
mercato. In generale, il livello 4 può essere
considerato una valutazione sufficiente.
Il grado di conoscenza degli strumenti è generalmente considerato appena sufficiente
nelle imprese industriali ed è molto più elevato nel settore finanziario. Le imprese finanziarie dichiarano di conoscere a sufficienza tutti gli strumenti indicati, mentre le
imprese non finanziarie dichiarano di conoscere a sufficienza solo i Mini Bond, gli incentivi all’investimento produttivo e le norme per favorire la patrimonializzazione delle
imprese.
Nel complesso, lo strumento dei Mini Bond
risulta il più conosciuto e raggiunge la sufficienza da parte di tutti gli operatori, seguito
dagli incentivi all’investimento produttivo.
Mini Bond
Ampliamento
dei soggetti
che possono
erogare credito
Favorire la
patrimonializzazione
delle imprese
Favorire
la quotazione
in Borsa
delle imprese
3,22
4,50
4,33
4,83
3,44
3,85
4,67
5,00
Media Industria & Servizi
3,56
4,11
5,00
5,33
Media Imprese Finanziarie
Facilitazioni
fiscali per gli
investitori
Incentivi
all’investimento
produttivo
■■ Figura 1. Quanto è a conoscenza dei seguenti strumenti introdotti per modernizzare la finanza d’impresa?
(Fonte: Ambrosetti Club, 2015).
La seconda domanda ha chiesto agli operatori di valutare il proprio grado di utilizzo
(per quanto riguarda le imprese industriali e
dei servizi) o di promozione (per quanto riguarda le imprese finanziarie) degli strumenti fino ad oggi. L’obiettivo è stato quindi valutare il grado di penetrazione delle
Media Industria & Servizi
Mini Bond
Ampliamento
dei soggetti
che possono
erogare credito
Favorire la
patrimonializzazione
delle imprese
3,67
3,37
3,67
Favorire
la quotazione
in Borsa
delle imprese
2,04
1,96
3,50
3,15
1,63
1,78
3,33
3,83
4,33
Media Imprese Finanziarie
misure. Nel complesso il grado di utilizzo e
promozione non arriva, secondo i rispondenti, alla sufficienza in nessuno degli strumenti. Su una scala da 1 a 6 il giudizio medio
è stato di 2,6. Gli strumenti più utilizzati da
parte delle imprese sono stati gli incentivi
all’investimento produttivo (giudizio medio
Facilitazioni
fiscali per gli
investitori
Incentivi
all’investimento
produttivo
■■ Figura 2. Quale è stato, da parte sua, il livello di utilizzo/promozione attuale di questi strumenti?
(Fonte: Ambrosetti Club, 2015).
© The European House - Ambrosetti
43
di 3,4 su 6) e quelli per la patrimonializzazione (giudizio medio di 3,1 su 6). Le istituzioni finanziarie hanno invece promosso
maggiormente gli strumenti per la patrimonializzazione delle imprese ed i Mini Bond.
È rilevante notare come la gran parte dei rispondenti provenienti dalle imprese non ritenga il livello di promozione o utilizzo dei
Mini Bond sufficiente. Questo dato conferma le indicazioni raccolte negli incontri con i
rappresentanti delle associazioni dei professionisti. Nel complesso questo strumento,
pur essendo in termini quantitativi il più rilevante (circa 8 mld € di emissioni) tra le
nuove forme di finanza d’impresa, non è ancora penetrato a sufficienza nel tessuto produttivo del Paese.
La terza domanda ha invece misurato il livello prospettico di promozione/utilizzo degli strumenti. Nel complesso, il livello di utilizzo e/o promozione futuro è migliore
rispetto all’attuale, ma ancora insufficiente
Ampliamento
dei soggetti
che possono
erogare credito
Favorire
la quotazione
in Borsa
delle imprese
3,67
4,11
3,07
4,00
4,17
Favorire la
patrimonializzazione
delle imprese
2,74
3,30
2,70
2,30
3,67
4,17
Mini Bond
Questo sondaggio fornisce già una prima riflessione generale: le misure adottate per
modernizzare la finanza d’impresa e rilanciare gli investimenti non sono sufficientemente conosciute dalla platea di soggetti che
dovrebbero fruirne. Il Governo ed i Ministeri
competenti sono chiamati ad una più intensa ed efficace politica di comunicazione nei
confronti degli operatori che, a vario titolo,
intervengono nella catena di diffusione di
questi strumenti.
Media Industria & Servizi
4,67
Media Imprese Finanziarie
(valutazione di 3,4 su 6).
Le imprese finanziarie prevedono un maggiore livello di promozione e/o utilizzo soprattutto per i Mini Bond, gli incentivi alla
quotazione e le norme per la patrimonializzazione. È rilevante notare che le imprese
non finanziarie prevedono un maggiore utilizzo soprattutto degli strumenti sugli incentivi produttivi, a conferma del – pur
modesto – trend positivo degli investimenti.
Facilitazioni
fiscali per gli
investitori
Incentivi
all’investimento
produttivo
■■ Figure 3. Quale sarà, da parte sua, il livello di utilizzo/promozione attuale di questi strumenti?
(Fonte: Ambrosetti Club, 2015).
44
© The European House - Ambrosetti
Media Industria & Servizi
Mini Bond
Ampliamento
dei soggetti
che possono
erogare credito
Favorire la
patrimonializzazione
delle imprese
Favorire
la quotazione
in Borsa
delle imprese
4,33
4,52
4,17
4,04
3,63
4,17
3,96
3,44
3,50
3,26
4,00
4,83
Media Imprese Finanziarie
Facilitazioni
fiscali per gli
investitori
Incentivi
all’investimento
produttivo
■■ Grafico 4. Quale è, secondo la sua esperienza, il livello di efficacia di questi strumenti? Fonte: Ambrosetti
Club, 2015
Infine, i rispondenti sono stati invitati a fornire un giudizio complessivo, sulla base della propria esperienza professionale, degli
strumenti introdotti.
L’efficacia degli strumenti è giudicata sufficiente sia da parte delle imprese finanziarie
che da parte di quelle non finanziarie. I giudizi positivi più significativi emergono, ancora una volta, sulle misure per la patrimonializzazione delle imprese e gli incentivi
all’investimento produttivo.
© The European House - Ambrosetti
45
POSSIBILI
AGGIUSTAMENTI
ALL’ATTUALE IMPIANTO
NORMATIVO
50 anni di futuro
6
1. AGGIUSTAMENTI ALL’ATTUALE
IMPIANTO
Il processo di deleveraging avviato dalle banche è ancora in corso, nonostante segnali di
miglioramento: la riduzione della leva finanziaria è avvenuta principalmente a scapito dei
finanziamenti (sebbene le banche abbiano avviato robusti piani di patrimonializzazione).
Peggioramento delle performance operative,
incremento esponenziale delle sofferenze ed
inasprimento della regolamentazione hanno
determinato una pesante crisi del comparto
bancario: non sorprende che le conseguenze più pesanti si siano registrate nei Paesi banco-centrici, ossia dove il ruolo del settore bancario è quello di principale (se non
quasi esclusivo) finanziatore dell’economia.
La principale logica ispiratrice del nuovo impianto normativo è stata quella di ridurre la
dipendenza delle imprese italiane (soprattutto le PMI) dal sistema bancario, agendo almeno su due fronti:
–– Introduzione di nuovi attori o nuovi
strumenti di finanziamento: in questa
direzione vanno ad esempio la possibilità data alle imprese assicurative di erogare credito o la diffusione dei Mini
Bond
–– Rafforzamento della patrimonializzazione delle imprese: ad esempio con l’ACE o il Super ACE.
Questi interventi hanno natura sistemica e
mirano a modernizzare la finanza a sostegno
48
© The European House - Ambrosetti
della crescita delle imprese. Nell’attuale grave
congiuntura economica, aumentare l’offerta
di finanza per le imprese può tuttavia non bastare. Ecco un commento di Salvatore Rossi
durante un recente convegno1: “In generale,
sarà bene non farsi troppe illusioni sull’effetto di stimolo degli investimenti privati che
può discendere nell’immediato da un aumento dell’offerta di finanza per le imprese.
Il grosso dei piani di investimento pronti ma
sospesi sono bloccati non dalla mancanza di
fondi, ma da incertezza e diffidenza. Sarà soprattutto un diradarsi di queste, causato da
buone ed efficaci politiche, a sbloccarli”.
A seguito di queste inconfutabili riflessioni, le
misure dell’impianto vanno altresì nella direzione di stimolare gli investimenti delle imprese, e con essi la domanda di finanza. In
questa direzione vanno ad esempio gli incentivi fiscali a sostegno degli investimenti materiali (Sabatini 2) e degli investimenti in Ricerca & Sviluppo, nonché le agevolazioni fiscali
sui ricavi provenienti dallo sfruttamento di
brevetti e marchi.
Le proposte che seguono vanno nella direzione di fornire suggerimenti e riflessioni per
migliorare l’attuale impianto normativo per
la modernizzazione della finanza d’impresa.
1
Banche a Assicurazioni: un percorso comune per
lo sviluppo. Relazione del Direttore Generale della Banca d’Italia e Presidente dell’IVASS, Salvatore Rossi.
XLVI Giornata del Credito, 1 ottobre 2014, Roma.
Fisco agevolato per investimenti di
medio-lungo termine
Al fine di garantire alle imprese (soprattutto
PMI) un flusso di finanza in grado di sostenere i progetti di investimento, è fondamentale introdurre incentivi tesi a canalizzare
una mole di risparmio significativo (gestito
da enti diversi dalle banche) verso l’economia reale.
In secondo luogo, è importante che questi finanziamenti abbiano un orizzonte temporale di medio-lungo periodo: su questo aspetto
4,4
sicurazioni verrà coperta da Titoli di Stato
e/o il credito verrà erogato con scadenze relativamente brevi.
Ma quali sono i valori in gioco?
L’Associazione degli Enti Previdenziali Privati (AdEPP) gestisce attività per circa 60
mld €2, gran parte dei quali sono rappresentate da Titoli di Stato (circa 11,3 mld €).
Le assicurazioni italiane presentano valori
ancor più significativi3. Le riserve tecniche
ammontano a circa 531 mld €: di queste, le
riserve per il Ramo Danni sono pari a circa
2,8
OICR
20,0
6,4
Titoli di Stato
Altre Attività
Immobili
7,1
Altri titoli di debito
Liquidità
8,1
Azioni
11,3
■■ Figura 1. Composizione dell’attivo dell’AdEPP 2013 (mld €) (Fonte: AdEPP, Presentazione Istituzionale,
2014).
la regolamentazione non aiuta. Con l’introduzione di Solvency II (1° gennaio 2016) anche per le assicurazioni si introdurrà un requisito patrimoniale più elevato per le
attività di erogazione di credito (diretto ed
indiretto) rispetto all’investimento in Titoli
di Stato. Inoltre, il capitale di rischio necessario per la detenzione di attività finanziarie
aumenta proporzionalmente con la durata
dell’investimento. È probabile quindi che la
domanda di attività a lungo termine delle as-
64,7 mld €, mentre le riserve per il Ramo
Vita ammontano a circa 466,1 mld € (73%
del passivo complessivo).
Le imprese assicurative investono principalmente in titoli a reddito fisso (circa 363,8 mld
€, pari a quasi il 60% dell’attivo complessivo):
una quota molto significativa di questi investimenti è rappresentata da Titoli di Stato.
2
AdEPP, Presentazione Istituzionale, 2014.
3
“L’assicurazione italiana in cifre”, Edizione 2014,
ANIA.
© The European House - Ambrosetti
49
47,1
63,9
64,7
Patrimonio Netto
Riserve tecniche danni
Riserve tecniche vita
Altre passività
466,1
■■ Figura 2. Composizione del passivo delle assicurazioni italiane 2013 (mld €) (Fonte: “L’assicurazione
italiana in cifre”, Edizione 2014, ANIA).
72,7
12,7
57,3
Immateriali e Materiali
Azioni e quote
96,8
Obbligazioni e titoli a reddito fisso
Depositi
Fondi pensione
38,5
Altro
363,8
■■ Figura 3. Composizione dell’attivo delle assicurazioni italiane 2013 (mld €) (Fonte: “L’assicurazione italiana in
cifre”, Edizione 2014, ANIA).
È necessario sbloccare questa situazione. Al
fine di incentivare la canalizzazione di queste
risorse verso il tessuto imprenditoriale italiano, si propone di applicare un regime fiscale assimilabile a quello dei Titoli di Stato (aliquota sui proventi del 12,5%) al posto
di quella attuale del 26% per i finanziamenti
incrementali di medio-lungo termine, ossia
con una durata superiore ai 36 mesi.
Questa proposta ha il duplice vantaggio di: i)
ampliare la dotazione di finanza per gli
50
© The European House - Ambrosetti
investimenti, ii) incentivare finanziamenti
con un orizzonte temporale coerente con
le logiche produttive dell’economia reale.
Estensione
del
perimetro
di
applicazione della defiscalizzazione
per investimenti esteri a medio-lungo
termine
Il provvedimento contenuto nell’attuale impianto normativo prevede l’eliminazione del-
la ritenuta d’acconto per i finanziamenti a
medio-lungo termine erogati da banche, assicurazioni e fondi di debito basati nell’Unione
Europea: il fine della norma è di agevolare un
maggiore flusso di credito dall’estero.
Tenuto conto del fatto che molta della liquidità disponibile è concentrata in Paesi al di fuori dell’UE, si propone di allargare il perimetro dell’intervento anche ai Paesi della
White List, almeno per ciò che concerne gli
investitori non regolamentati.
Assicurazioni
nella canalizzazione a medio-lungo termine
dei risparmi, tra cui, per le assicurazioni, il
nuovo quadro regolamentare sugli assorbimenti di capitale introdotto da Solvency II,
evidenziando la necessità di introdurre un
quadro regolamentare incentivante per tale
tipologia di investimento.
La nostra proposta va quindi nella direzione
di richiedere, per i finanziamenti diretti o in
fondi di debito, una normativa più incentivante in modo da riuscire a rendere
Fondi
specializzati
in PMI
PMI
■■ Figura 4. Rappresentazione del flusso di finanziamenti dalle assicurazioni alle PMI
Normativa
assicurativa
“PMI
friendly” e fondi tricolore garantiti
Nel marzo 2013, la Commissione Europea,
nel “Libro Verde sul finanziamento a lungo
termine dell’economia europea”, ha individuato una serie di interventi per promuovere
i finanziamenti a lungo termine alternativi al
credito bancario, favorendo il ruolo delle assicurazioni e dei fondi pensione. Il legislatore
italiano, coerentemente con questa impostazione, ha introdotto i Mini Bond e ha ampliato la platea degli attori di coloro che possono
erogare credito sia direttamente che indirettamente (attraverso fondi comuni). Sono già
stati richiamati gli interventi dell’IVASS per
modificare la disciplina che regola gli investimenti delle compagnie assicurative.
La Commissione Europea aveva anche evidenziato i fattori che avrebbero potuto frenare il ruolo degli investitori istituzionali
più efficace l’ingresso del nuovo attore assicurativo come alternativa al sistema bancario. In particolare, il requisito di capitale dovrebbe essere ridotto in modo da rendere
più conveniente il finanziamento delle PMI
italiane.
Ad esempio, potrebbe essere definito un
ammontare di finanziamento massimo (5 / 10 mio €) su cui applicare il requisito patrimoniale agevolato nel caso di finanziamenti diretti; oppure, nel caso dei fondi di
debito o equity, il requisito di vantaggio potrebbe essere applicato solo nel caso di fondi
di debito/equity “Tricolori” specializzati in
PMI con specifiche limitazioni dimensionali agli investimenti del fondo stesso. In una
prima fase, la richiesta di ammorbidimento normativo potrebbe essere accompagnata da una garanzia del Fondo Centrale
in modo da avviare questo nuovo canale in
modo più spedito.
© The European House - Ambrosetti
51
Rafforzamento dell’ACE
In formula:
Cost of Equity = Rf + MRP x Beta
Nelle pagine precedenti è stato chiarito come
fin dal 2011 sia stata introdotta una norma
che consente la deduzione dal reddito imponibile delle imprese del rendimento dei nuovi apporti di capitale. Il rendimento è stato
definito in modo crescente ed è pari a:
–– 4,0% nel 2014
–– 4,5% nel 2015
–– 4,75% nel 2016
Dove:
Rf = rendimento privo di rischio
MRP = premio per il rischio di mercato
Beta = quantità di rischio
Il rendimento da utilizzare per la deducibilità però dovrebbe rappresentare il rendimento soddisfacente per l’azionista,
tenuto conto del profilo di rischio
dell’impresa. Nella teoria, il modello più
utilizzato per stimare tale rendimento, chiamato Cost Of Equity, Ke è quello del Capital
Il rendimento dell’attività priva di rischio è
solitamente assimilato a quello dei Titoli di
Stato a 10 anni. Ad oggi, questo rendimento
è pari a 1,64%4. Se consideriamo un orizzonte temporale più ampio di 5 anni, il
rendimento medio dei BTP si attesta attorno a 4,0%.
Per ciò che concerne il premio di mercato
per il rischio, diversi studi accademici riportano analisi che tendono a definirlo come
compreso tra 4% e 6%.
Al fine di garantire la massima concretezza
Feb 15, 2015
6
Rendimento BPT 1,64
4
2
0
14/02/2010
02/01/2011
2011
03/07/2011
01/01/2012
01/07/2012
2012
06/01/2013
2013
07/07/2013
05/01/2014
06/07/2014
04/01/2015
2014
2015
■■ Figura 5. Andamento del rendimento del BTP Italia con scadenza decennale (Fonte: www.borse.it)
Asset Pricing Model, secondo il quale il rendimento atteso di ogni attività rischiosa è
data dalla somma del rendimento di un’attività priva di rischio (ad esempio un Titolo di
Stato) e del premio per il rischio.
del dato, sono stati considerati i premi per il
rischio di mercato riconosciuti dai diversi
enti nei mercati regolamentati5. La media
per i diversi paesi è pari a circa 5,0%.
4
Fonte: www.borse.it.
5
Fonte: Autorità di Regolamentazione dei vari
Paesi considerati.
52
© The European House - Ambrosetti
3,9%
Danimarca TLC
3,5%
4,0%
Italia Aeroporti
4,5%
Italia TLC
4,0%
5,0%
Irlanda Aeroporti
4%
Media 5,18
Italia Energia
5,0%
5,2%
Irlanda Energia
5%
Francia Aeroporti
5,3%
Belgio TLC
5,7%
Spagna TLC
5,3%
5,8%
UK Aeroporti
UK Energia e Gas
5,8%
Portogallo TLC
6,0%
6%
6,0%
7%
6,5%
8%
7,0%
Prima del luglio 2014, ogni impresa godeva di
un credito d’imposta fino a 200 mila € in 3
anni a fronte della realizzazione di investimenti al servizio dell’internazionalizzazione e in
beni strumentali.
5,0%
Incentivo agli investimenti
Francia TLC
La proposta quindi prevede di raddoppiare
l’attuale tasso (4,5%) al 9%, al fine di allinearlo alle effettive condizioni di mercato per quanto concerne il rendimento soddisfacente per il capitale di rischio.
5,0%
Cost of Equity = Rf + MRP x Beta =
4,0% + 5,0% x 1,0 = 9,0%
Dal luglio 2014 (Regolamento UE n°
1407/2013) la facilitazione vale solo per il
Gruppo. La nuova disposizione va nella direzione di evitare l’abuso di questo incentivo che
poteva essere esteso attraverso la proliferazione di società che in realtà erano semplici “funzioni societarizzate” senza nessuna capacità di
stare sul mercato in modo autonomo.
Questa modifica ha avuto come evidente conseguenza la drastica riduzione degli incentivi.
Si propone di reintrodurre la norma precedente: l’incentivo potrà essere previsto solo
per le società di Gruppi che dimostrino la capacità effettiva di stare sul mercato (ad esempio prevedendo un limite, si supponga 20%,
al fatturato “captive”, ossia originato nei confronti di società del Gruppo).
UK TLC
Nell’ipotesi di considerare una quantità di
rischio media del mercato (Beta = 1,0), Rf e
MRP come descritti precedentemente, il
corrispondente Ke sarebbe pari a 9,0%.
3%
2%
1%
Belgio Energia
Irlanda TLC
Australia Aeroporti
Portogallo Energia
New Zeland Aeroporti
0
■■ Figura 6. Premi per il rischio di mercato riconosciuti dai regolatori nei settori elettricità, gas, trasporti (Fonte:
“Autorità di Regolamentazione dei vari Paesi considerati)
© The European House - Ambrosetti
53
PROPOSTE
PER ACCELERARE
LA CRESCITA
50 anni di futuro
7
1.
LE PROPOSTE DEL CLUB
Nello scorso capitolo sono state illustrate le
proposte tese a fornire suggerimenti e riflessioni per migliorare l’attuale impianto normativo per la modernizzazione della finanza d’impresa.
L’ambizione delle proposte che seguono è
quella di porre le basi per un’accelerazione
della crescita, rafforzando l’efficacia delle
norme esistenti oppure intervenendo su ambiti differenti.
Defiscalizzazione degli investimenti di
medio-lungo termine
Per massimizzare la canalizzazione del risparmio privato verso le imprese è fondamentale
un cambio di passo coraggioso. La defiscalizzazione completa per gli investimenti
incrementali di lungo-termine realizzati da enti italiani sarebbe una misura coerente e complementare con quella che il Governo ha già realizzato per rafforzare gli
investimenti esteri. Si tratta quindi di incentivare investitori quali casse di previdenza, assicurazioni, fondi di debito, ecc..
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Credito d’imposta al 100% per gli
investimenti incrementali in R&S
È già stato anticipato che l’attuale normativa
prevede un credito d’imposta del 25% per gli
investimenti incrementali in R&S (tale aliquota sale al 50% laddove questi investimenti siano contratti con università, centri di ricerca,
ecc.). A nostro avviso, tale norma non è sufficientemente dirompente per incidere sulla dimensione dei programmi di R&S e per colmare il significativo investment gap del nostro
Paese rispetto alle altre Nazioni europee.
La proposta prevede una completa defiscalizzazione degli investimenti incrementali in R&S. Per un periodo di tempo limitato (3 anni), questa norma si applicherebbe
ai soli investimenti incrementali (come prevede l’attuale normativa), ma a regime l’incentivo dovrebbe interessare l’intero stock annuale
di investimenti R&S.
Incentivare le aggregazioni
La ridotta dimensione delle imprese italiane è
un annoso problema che si cerca di affrontare
da tempo.
Qualche statistica: circa il 95% delle imprese
italiane ha meno di 10 addetti1.
250. Germania e Regno Unito hanno una numerosità di grandi imprese decisamente più
■■ Figura 1. Peso delle imprese per classe di addetti (Fonte: “Rapporto Annuale 2014”, ISTAT, maggio 2014).
■■ Figura 2. Peso degli addetti per classe di addetti (Fonte: “Rapporto Annuale 2014”, ISTAT, maggio 2014).
Nel confronto internazionale, Francia e Spagna non sono dissimili dal nostro Paese: anche
queste due Nazioni vedono il 94/95% delle imprese con meno di 10 addetti e pochissime imprese con un numero di dipendenti superiore a
1
Fonte: “Rapporto Annuale 2014”, ISTAT, maggio
2014.
significativa. In particolare la Germania ha un
numero di grandi imprese circa 5 volte superiore a Italia e Spagna; doppie rispetto a Francia e Regno Unito.
Se però si analizza la distribuzione del numero
di addetti per classe di addetti, si scopre una
diversa realtà.
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■■ Figura 3. Esportazioni per classe di addetti (Fonte: “Rapporto Annuale 2014”, ISTAT, maggio 2014).
In Italia quasi la metà degli addetti sono concentrati nella fascia delle piccole imprese e
solo il 20% opera nelle aziende con più di 250
dipendenti: in sintesi, le medie o grandi imprese italiane hanno comunque una dimensione molto più contenuta delle omologhe degli altri Paesi.
Imprese di ridotte dimensione hanno debolezze strutturali che difficilmente consentono
loro di avere un livello competitivo sufficiente
per concorrere nel mercato. Ad esempio:
–– Hanno difficoltà notevoli nell’accesso a
canali di investimento alternativi a quello bancario
–– Hanno minori capacità di investimento
che non consente loro di affrontare i)
programmi di Ricerca & Sviluppo efficaci; ii) piani di internazionalizzazione
–– La loro vocazione all’export è meno
spiccata: nei principali Paesi europei,
circa il 50% delle esportazioni è realizzato dalle imprese più grandi con più di
250 addetti.
––
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La crescita dimensionale rappresenta quindi
uno dei principali obiettivi che il nostro Sistema Paese dovrebbe porsi.
Negli anni scorsi si è cercato di realizzare interventi volti a facilitare le reti di impresa, in
modo da condividere gli oneri legati ad alcuni
specifici costi/investimenti. Lo sviluppo delle
reti di impresa negli ultimi anni è stato significativo2.
L’evidenza empirica sembra dimostrare che
le imprese in rete siano state in grado di resistere con più efficacia alla crisi.
Nel triennio 2011-2013, le imprese in rete
hanno visto una contrazione del giro d’affari
per circa 3,6% (a fronte di una riduzione del
4,9% delle imprese non in rete).
Anche sul fronte delle marginalità, le imprese in rete al 2013 hanno una migliore performance rispetto alle aziende non in rete.
2
Fonte: Il quinto Osservatorio Intesa SanpaoloMediocredito Italiano sulle reti d’impresa Intesa
Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti d’impresa,
Novembre 2014.
■■ Figura 4. Numero medio trimestrale di imprese entrate in rete (Fonte: “Il quinto Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti d’impresa Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti d’impresa”, Novembre 2014).
Se le reti rappresentano quindi una modalità più “morbida” per le imprese di avvicinarsi all’aggregazione, a nostro avviso vanno potenziati gli strumenti che incentivano
i processi di M&A nel senso stretto del termine: sono stati identificati alcuni interventi in tal senso.
Una premessa è doverosa: le proposte fanno leva su agevolazioni di natura fiscale che
possono aiutare un processo la cui determinante fondamentale è da ricercarsi nella
bontà di un progetto industriale, a cui si aggiunge un cambiamento culturale da parte
degli imprenditori italiani.
Un primo intervento è l’attribuzione di
un credito di imposta del 50%, per un
orizzonte temporale biennale, per le aziende che realizzano operazioni di M&A la cui
■■ Figura 5. Evoluzione del fatturato a confronto fra imprese manifatturiere in rete e non in rete a fine 2011
(variazione %; mediane) (Fonte: “Il quinto Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti
d’impresa Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti d’impresa”, Novembre 2014).
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■■ Figura 6. Evoluzione dell’Ebitda Margin % a confronto fra imprese manifatturiere in rete e non in rete a fine
2011 (variazione %; mediane) (Fonte: “Il quinto Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti
d’impresa Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti d’impresa”, Novembre 2014).
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Questa proposta è coerente rispetto all’orizzonte temporale di ammortamento previsto
in alcuni Paesi europei.
La media dei periodi è pari a 10,45 anni,
mentre la mediana (utilizzata per sterilizzare gli outlier) è pari a 10,0 anni.
20
15
10
10
10
10
Spagna
Norvegia
Olanda
Lussemburgo
Grecia
Germania
Finlandia
Belgio
5
5
5
Svizzera
10
Svezia
15
Austria
dimensione sia almeno pari al 10% degli attivi del bilancio precedente la realizzazione
dell’operazione. Inoltre, al fine di garantire
la crescita delle società di minori dimensioni, questo provvedimento dovrebbe essere
rivolto alle operazioni in cui la combined
entity abbia un fatturato compreso tra 10 e
100 mio €. La proposta prevede l’applicazione del vantaggio fiscale solo per società
aggreganti italiane (o per quelle società italiane che, in caso di fusioni, mantengano almeno il 51% del capitale). La proposta dovrebbe essere applicata solo se le società
rimarranno aggregate almeno per 5 anni e
dovrebbe riguardare le operazioni realizzate entro un determinato periodo
(ad esempio, l’anno 2016). A seguito del
monitoraggio dell’efficacia la norma potrebbe essere replicata negli anni.
Un secondo intervento fa riferimento al dimezzamento dell’arco temporale (da
18 a 9 anni) dell’ammortamento fiscale su avviamenti e marchi, mantenendo
le limitazioni dimensionali della proposta
precedente.
■■ Grafico 7. Periodo di ammortamento per
l’avviamento previsto dalla normativa fiscale in
alcuni Paesi europei (Fonte: “Global guide to M&A
tax””, Taxand, 2013)
SIMULAZIONE
DELL’IMPATTO
DELLE PROPOSTE
50 anni di futuro
8
1.
LA SIMULAZIONE
È stata realizzata una simulazione tesa a valutare quale potrebbe essere l’apporto di nuova
finanza a fronte delle proposte che sono state
avanzate. Per ogni intervento, sono state individuate le principali ipotesi di base che ne possono condizionare la portata, con l’identificazione di una banda di oscillazione minimo/
massimo. È stato quindi ipotizzato che il nuovo apporto di finanza fosse canalizzato nell’economia reale per il finanziamento di progetti
di sviluppo, simulandone gli impatti su produzione,
occupazione,
valore
aggiunto.
L’elaborazione si conclude con una stima di
impatto sul gettito fiscale. Le proposte dovrebbero generare nuova finanza “differenziale”: in
mancanza di queste, i flussi incrementali difficilmente si potrebbero manifestare (quindi teoricamente non dovrebbero esserci impatti
negativi sul gettito). In ottica prudenziale, è
stato comunque ipotizzato che, al solo fine del
calcolo della perdita di gettito, questi flussi di
finanza si sarebbero comunque manifestati.
Sintesi degli apporti di nuova finanza
Tenuto conto delle proposte avanzate, gli interventi descritti potrebbero generare nuova
finanza per un importo compreso tra 39,2 e
75,9 mld €.
Di seguito vengono riportate le principali ipotesi alla base della valorizzazione degli apporti
di nuova finanza per le proposte avanzate.
Detassazione degli investimenti a
medio - lungo termine – Focus sulle
casse di previdenza
Come anticipato, l’AdEPP gestisce circa 60
mld € (al 2013) di cui circa 11,3 mld € sono investiti in Titoli di Stato. Azzerando l’imposizione fiscale, la simulazione ipotizza che gli istituti di previdenza investano una quota dal 30 al
50% dell’investimento in Titoli di Stato in nuovi fondi detassati (su un orizzonte temporale di
3 anni).
verso le PMI
■■ Figura 1. Sintesi degli apporti di nuova finanza - mld € (Fonte: Elaborazioni TEH - Ambrosetti)
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Si tratta quindi di un ammontare di nuova finanza compreso tra 3,4 e 5,6 mld €.
Detassazione degli investimenti a
medio-lungo termine – Investimenti
esteri
L’impianto normativo ha previsto l’azzeramento della ritenuta d’acconto per gli investimenti esteri provenienti da Paesi UE. È stato
suggerito di estendere il perimetro di applicazione ai Paesi della White List: questo allargamento verosimilmente determinerà un flusso
di Investimenti Diretti Esteri (IDE) verso il nostro Paese.
Il valore assoluto delle consistenze di IDE al
2013 è il più basso tra alcune economie comparabili1.
Se si guardano i flussi IDE 2013, la situazione
non cambia: l’Italia presenta un valore di circa
la metà di Spagna e Regno Unito.
1
Fonte: World Investment Report 2014: Annex
Tables, UNCTAD, giugno 2014.
Se si rapporta la consistenza degli IDE al PIL,
il confronto diventa impietoso. La consistenza
IDE media dei tre Paesi usati come confronto è
pari a più di 50%, contro il 19% dell’Italia.
La simulazione sconta quindi che, a seguito
della defiscalizzazione degli investimenti di
medio termine su un perimetro allargato, le
consistenze aumentino, in 3 anni, dall’1 al 2%
del PIL (stima preliminare al 2014). Questa assunzione si traduce in un apporto di nuova
finanza tra 15,5 e 31,0 mld €.
Fondi Tricolore - Assicurazioni verso le
PMI
La simulazione sconta che, a seguito della defiscalizzazione sugli investimenti di medio termine e dell’ammorbidimento normativo, la assicurazioni investano dal 3 al 6% delle loro
riserve tecniche (pari a circa 531 mld € nel
2013) su un orizzonte temporale di 3 anni:
quindi, da 15,9 a 31,9 mld €.
■■ Grafico 2. Consistenze IDE 2013, mld $. Fonte:
World Investment Report 2014: Annex Tables,
UNCTAD, 2014
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63
■■ Figura 3. Flussi IDE 2013, mld $ (Fonte: World Investment Report 2014: Annex Tables, UNCTAD, 2014).
■■ Figura 4. Consistenze IDE / PIL 2013 (Fonte: World Investment Report 2014: Annex Tables, UNCTAD, 2014).
Tale ammontare va valutato alla luce del fatto che, stante l’attuale normativa2, l’investimento (diretto o indiretto) massimo delle
assicurazioni potrebbe oscillare tra 58 e 64
mld €.
ACE maggiorata (9%)
È stato considerato un campione di circa
14.000 imprese manifatturiere italiane con
fatturato superiore a 10 mio €.
2
La normativa IVASS prevede che le assicurazioni
possano investire un massimo di: i) 3% delle loro riserve tecniche in Mini Bond; ii) 3% delle loro riserve tecniche in cartolarizzazioni; iii) 5% (derogabile a 8%) delle
loro riserve tecniche in finanziamenti diretti.
64
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Queste imprese hanno sperimentato, tra il
2004 ed il 2012, una crescita del patrimonio
netto di circa 35 mld € (+31%), dovuta ad
aumenti di capitale, utili non distribuiti, rivalutazioni, ecc..
La simulazione ipotizza che, grazie all’introduzione dell’ACE maggiorata al 9%, in 3
anni il Patrimonio Netto possa crescere tra 3
e 5% (aumenti di capitale): questo apporterebbe nuova finanza per valori compresi tra 4,4 e 7,3 mld €.
Simulazione d’impatto sull’economia
reale
La nuova finanza apportata andrà a sostenere progetti di investimento incrementali (acquisizioni, R&S, investimenti materiali, ecc.)
di pari ammontare (su un orizzonte temporale di 3 anni).
Al fine di stimare l’impatto economico, è stato considerato il campione delle circa 14.000
società manifatturiere per definire quali potrebbero essere i ritorni di questi investimenti incrementali. In particolare, il Return
On Investment (ROI) medio tra il periodo
2004 e 2012 è pari a circa 15%.
■■ Figura 5. Evoluzione Patrimonio Netto campione di 14.000 imprese – mld € (Fonte: Elaborazioni TEH Ambrosetti su dati AIDA)
Il capitale investito dalle imprese italiane
sarà quindi compreso tra 39,2 e 75,9 mld €:
non sono state formulate ipotesi circa l’effettiva allocazione del maggior capitale finanziabile. Nella seguente tabella si evidenzia la
sintesi dei principali impatti economici delle
proposte avanzate.
■■ Figura 6.
Sintesi
dell’impatto
sull’economia
reale delle
proposte
avanzate
(Fonte:
Elaborazioni
TEH Ambrosetti).
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65
È stata utilizzata questa informazione per
stimare il Reddito Operativo implicito
degli investimenti incrementali, che corrisponde al range 5,9-11,4 mld € (derivato
semplicemente moltiplicando il range di capitale investito 39,2-75,9 mld € per il ROI
medio di 15%).
Tenuto conto di una media fatturato/
dipendente di circa 367 mila €, il fatturato
incrementale potrebbe creare circa 270mila
nuovi occupati nello scenario minimo
e circa 520mila in quello massimo. Dal
punto di vista dell’impatto sull’economia
nazionale, è stato stimato il maggior valore
■■ Figura 7. Evoluzione del ROI delle imprese del campione (Fonte: Elaborazioni TEH - Ambrosetti su dati AIDA)
Assumendo un Return On Sales (ROS) medio del 6%, pari alla media della performance delle 14.000 imprese manifatturiere
sull’orizzonte temporale 2004-2012, il corrispondente fatturato addizionale oscillerebbe tra 98,1 e 189,7 mld €.
Sarebbe dire come circa 1 (nello scenario minimo) o circa 2 volte il fatturato del Gruppo
Enel nel 20133.
aggiunto che questi investimenti potrebbero
generare, applicando al fatturato incrementale il ratio valore aggiunto/fatturato medio
delle imprese manifatturiere del campione. Il
maggior valore aggiunto oscillerebbe
tra 21,6 e 41,7 mld € (rispettivamente pari
a 1,4 e 2,7% del PIL 20144).
La simulazione ha anche cercato di valutare il
possibile impatto di medio termine sull’occupazione.
3
Nel 2013 il Gruppo ENEL ha registrato un fatturato di circa 80,1 mld € (Fonte: Bilanci della società).
66
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4
Fonte: “IV Trimestre 2014 - Stima preliminare
del PIL”, comunicato stampa del 13 febbraio 2015,
ISTAT.
■■ Figura 8. Evoluzione del ROS delle imprese del campione (Fonte: Elaborazioni TEH - Ambrosetti su dati
AIDA).
■■ Grafico 9. Fatturato per dipendente 2004-2012 delle 14.000 imprese manifatturiere del campione (‘000 €).
(Fonte: Elaborazioni TEH - Ambrosetti su dati AIDA).
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■■ Figura 10. valore aggiunto/fatturato 2004-2012 delle 14.000 imprese manifatturiere del campione (Fonte:
Elaborazioni TEH - Ambrosetti su dati AIDA).
Simulazione
fiscale
d’impatto
sul
gettito
Le misure proposte, prevedendo anche azioni
sulla componente fiscale, hanno sicuramente
un impatto in termini di minor gettito fiscale
(a regime), ma presentano anche indubbi benefici per i conti dello Stato legati alla crescita
economica indotta dagli investimenti.
La perdita di gettito complessiva oscilla tra 3,43 e 3,99 mld €. Il modello di simulazione stima, tenuto conto di queste ipotesi, un maggior gettito da rilancio
economico compreso tra 3,14 e 6,08
mld €.
Il saldo netto è quindi neutro sullo scenario minimo e positivo, in quello massimo
con un ammontare che varia tra -0,29 e
2,08 mld €.
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Di seguito vengono illustrate le principali ipotesi alla base della stima della perdita di gettito e del beneficio derivante dalla crescita indotta dai nuovi investimenti.
In particolare, sui primi tre interventi (Detassazione Investimenti incrementali mediolungo termine italiani – casse di previdenza,
detassazione investimenti medio-lungo termine esteri, detassazione incrementali investimenti medio-lungo termine italiani – assicurazioni) è stato ipotizzato un rendimento
medio del 6%: il costo dello Stato è rappresentato dalla perdita del gettito risultante
dall’applicazione dell’aliquota fiscale (ipotizzata sul livello massimo del 26%) a questi
proventi. Sulla proposta ACE maggiorata, il
minor gettito è determinato dalla maggiore
deducibilità (9% vs 4,5%) degli apporti di capitale.
■■ Figura 11. Impatto complessivo sul gettito delle proposte identificate – mld € (Fonte: Elaborazioni TEH Ambrosetti).
Inoltre, abbiamo stimato un investimento
privato incrementale in R&S pari a circa lo
0,15% del PIL (per iniziare un graduale allineamento rispetto alla media EU, pari a 1,29%
del PIL): l’ammontare a regime di questo incremento è pari a circa 2,33 mld €.
Per simulare l’impatto del bonus aggregazioni, è stato ipotizzato che, delle 24.000 azien-
de italiane tra 10 e 100 mio €, il 10% realizzino operazioni di aggregazione. Le imposte
versate dal complesso di queste imprese ammontano a circa 10 mld € (Fonte: AIDA),
quindi il gettito del 10% di queste imprese è
pari a circa 1 mld €: la perdita di gettito ammonta quindi al 50% di questo importo (circa
0,5 mld €).
MINOR GETTITO (MLD €
PROPOSTA
MINIMO
MASSIMO
Detassazione investimenti M / L
Termine - Casse di Previdenza
0,05
0,09
Detassazione Investimenti M / L
Termine - Estero
0,24
0,48
Fondi Tricolore - Assicurazioni verso le PMI
0,25
0,50
ACE maggiorata (9%)
0,05
0,09
TOTALE
0,60
1,16
R&S
2,33
2,33
Aggregazioni
0,51
0,51
GRAND TOTAL
3,43
3,99
■■ Grafico 12. Sintesi della perdita di gettito legata alle proposte avanzate. Fonte: Elaborazioni TEH - Ambrosetti
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A questo minor gettito vanno però associati i
benefici per i conti dello Stato legati alla crescita economica indotta dagli investimenti.
La simulazione ha individuato almeno due
fonti di maggiori entrate:
––
––
––
Le imposte pagate sul Reddito
Operativo incrementale (è stata
utilizzata un’aliquota fiscale del 25%,
quindi più bassa di quella marginale,
per tenere conto del fatto che questo
margine non è l’effettiva base imponibile su cui si calcolano le imposte)
Le imposte pagate dai maggiori
occupati: a tal fine è stato considerato
un reddito medio per dipendente di 25
mila € con una tassazione media del
25%
Non sono state considerate le implicazioni sul gettito derivanti dai
consumi legati ai redditi disponibili
incrementali (IVA, altre imposte sui
consumi, impatti sull’indotto, ecc.).
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