metodologia di impiego di controlli non distruttivi nelle
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METODOLOGIA DI IMPIEGO DI CONTROLLI NON DISTRUTTIVI NELLE PAVIMENTAZIONI IN C.B. MEDIANTE IDENTIFICAZIONE STRUTTURALE ANTONIO MONTEPARA FELICE GIULIANI LIVIO MINGARDI 1. INTRODUZIONE La verifica in cantiere delle caratteristiche meccaniche degli strati di una sovrastruttura definite in fase di progetto, è un problema di non facile soluzione ed è oggetto degli studi più recenti sulle pavimentazioni stradali. La valutazione delle caratteristiche fisiche (densità, %vuoti residui, contenuto di bitume) di un conglomerato bituminoso rappresenta un importante indicatore della integrità della stesa, attualmente ottenuta da una analisi locale su carote prelevate in sito. Queste determinazioni puntuali, assai spesso non sono rappresentative del reale stato in cui si trova la sovrastruttura, ciò ha orientato la ricerca verso la definizione di tecniche non distruttive per il controllo continuo delle caratteristiche fisicomeccaniche [1] [2]. Il lavoro che si presenta vuole essere una evoluzione di un metodo di controllo non distruttivo su conglomerati bituminosi, basato sulla propagazione di onde meccaniche di tipo impulsivo su provini di conglomerato mediante analisi modale con un analizzatore di spettro [3]. Dalle risposte ottenute in fase sperimentale, si propone un tentativo di “Identificazione Strutturale” di provini in conglomerato bituminoso, come estensione di tecniche di indagine già adottate per materiali come l’acciaio ed il calcestruzzo. 2. PROPAGAZIONE DI ONDE MECCANICHE IN UN CORPO ELASTICO All'interno di una sovrastruttura, è possibile ritenere che gli strati abbiano, per determinati valori di densità e stato tensionale, un comportamento di tipo elastico. Supponendo di trasmettere un impulso verticale ad un multistrato elastico, si possono determinare delle relazioni che collegano i parametri di propagazione delle onde generate dall'impulso (velocità di fase, frequenza, ampiezza) alle caratteristiche meccaniche (moduli di elasticità e di taglio) degli strati attraversati, sfruttando le leggi di propagazione del moto ondulatorio [4]. Propagazione delle onde elastiche -Velocità delle onde P ed S Partendo dalle equazioni del moto delle onde elastiche nello spazio è possibile esprimere il valore di velocità delle onde-P in funzione della deformazione volumetrica ??, nella seguente forma : ? 2 ? ?? ? 2G? 2 ? ? ? ? Vp2 ? 2 ? 2 ? ?t ?? ? 2G ? Vp2 ? (1) ? dove In modo analogo, si determinano le relazioni che collegano la velocità delle onde-S alle componenti della rotazione attorno ai tre assi di riferimento : ?2 ? i G 2 ? ? ? i ? Vs2? 2? ?t 2 ? Vs ? dove i i = x, y, z G ? (2) -Velocità delle onde R La propagazione delle onde superficiali, a differenza di quelle di compressione e taglio, si esplica al contorno di un semispazio elastico. A seguito di complessi passaggi matematici, è possibile esprimere il valore della velocità di propagazione delle onde-R in funzione di Vp e Vs. Le espressioni finali che consentono di collegare Vp, Vs e Vr sono del tipo : Vr2 ? 2 ? 2 ? ? ? ? 2V2 Vp2 f 2 Vp2 ? 2 Vr2 Vp2 ? oppure ? Vr2 ? 2 ? 2 ? 2 2 2 ? 2 ? V2 2 2 Vs f Vs Vs ? Vr ? ? dove ?2 ? Vs2 G Vr2 2 = ; V ? ; Vp2 ?? + 2G? Vs2 (3) ? = Vr f ; f = frequenza ; ? ? ?2 ? per cui ?1 ? 2 ? ? ?2 ? 2 ? ? 2? G ?1 ? 2 ? ? (4) M anipolando le (3) e la (4), si arriva ad una espressione del tipo : ? ? ? ? V 6 ? 8V 4 ? 16? 2 ? 24 V 2 ? 16 1 ? ? 2 ? 0 (5) 2 La (5) rappresenta un'equazione cubica in V che, per un dato valore del rapporto di Poisson, consente di determinareVr in termini diVs o Vp. 3. IDENTIFICAZIONE DINAMICA IN PROVINI DI CONGLOMERATO BITUMINOSO La ricerca condotta dall’Università di Parma finora ha evidenziato come sia possibile, con un allestimento in laboratorio, valutare i tempi di ritardo delle onde meccaniche superficiali ed associare il fenomeno alla densità ed alla temperatura dei campioni in esame, tenendo anche in considerazione la natura mineralogica dell’aggregato utilizzato [3]. Tali correlazioni, pressocchè di tipo lineare, hanno permesso altresì incoraggianti riscontri con le risposte che gli stessi materiali offrivano in opera. L’efficace utilizzo di sollecitazioni impulsive ed opportuni sistemi di misura ha consentito in ricerca di studiare le caratteristiche meccaniche del conglomerato bituminoso in regime di moto oscillatorio libero smorzato per definire un modello previsionale. 3.1 Introduzione alla identificazione strutturale In questo lavoro si vuole adattare al caso dei conglomerati bituminosi un problema inverso di Analisi Strutturale [5], che prevede la conoscenza della risposta della struttura come dato di natura sperimentale e tende ad identificare un modello che ne simuli il comportamento. Questo particolare aspetto costituisce l’oggetto di studio della Teoria di Identificazione Strutturale che, sulla base di dati di ingresso ed uscita, deduce un modello comportamentale particolare, M ? S(M), avendo indicato con S la classe dei possibili modelli adattabili [6]. Un modello può essere costituito da una rappresentazione fisico-geometrica semplificata della struttura, ovvero direttamente dalle relazioni analitiche che ne descrivono il comportamento. Se si indica con Z la risposta della struttura e con Z quella del modello M soggetto alla stessa sollecitazione, in generale non è possibile scegliere M in modo tale che lo scarto e = Z-Z sia nullo; inoltre non è detto che una determinata classe S(M) contenga il modello che descrive il reale comportamento della struttura. In un processo di identificazione ci si deve accontentare di rendere minimo questo scarto secondo un criterio di scelta, di solito rappresentato da un funzionale J(e), riconoscendo il modello che meglio approssima il comportamento strutturale. Il problema dell’identificazione che viene trattato presuppone una risposta lineare delle strutture soggette ad azioni dinamiche. Secondo i concetti che sono alla base della sperimentazione dinamica [5], il legame ingresso–uscita di una struttura a comportamento lineare può essere descritto nei seguenti 4 modi: 1. Impiego delle equazioni differenziali 2. Sviluppo della risposta in serie di funzioni ortogonali 3. Funzioni di Trasferimento 4. Risposta all'impulso In applicazioni su strutture in acciaio o in calcestruzzo, per la determinazione della Funzione di Trasferimento e quindi dei parametri modali, sono state utilizzate delle tecniche di indagine dinamiche, relativamente al sistema di eccitazione, al sistema di misura ed al sistema di analisi, che si sono rilevate efficaci ai fini della caratterizzazione dinamica e della identificazione strutturale [7]. 3.2 I Conglomerati Bituminosi A monte della sperimentazione, si è dovuto verificare se le stesse tecniche di indagine, utilizzate per l’acciaio ed il calcestruzzo, potessero essere applicate con successo anche ai conglomerati bituminosi. Per poter applicare tali tecniche è nota dalla teoria la necessità di effettuare un’ipotesi sul comportamento del materiale. Si è ipotizzato cioè che il comportamento del materiale, sottoposto alle sollecitazioni indotte per effetto della tecnica impulsiva, sia di tipo elastico lineare o comunque le sollecitazioni indotte siano di entità tale da non far emergere il comportamento non lineare del materiale in esame. In effetti il conglomerato bituminoso è un assimilabile ad un solido viscoelastoplastico non lineare, fortemente dipendente dalla temperatura ed ha risposte alquanto differenti da materiali come calcestruzzo o acciaio. L’ipotesi di risposta elastico lineare della struttura, per effetto delle sollecitazioni imposte, può avere però la sua giustificazione se si considera il tipo di carico: sollecitazione di tipo istantaneo, ed energia fornita dal colpo di un martello strumentato sicuramente di bassa entità. 4. INDAGINE SPERIMENTALE 4.1 Descrizione dei provini di conglomerato bituminoso La sperimentazione si è effettuata su 6 travetti di pari lunghezza e larghezza (150 e 10 centimetri rispettivamente) disposti su due carrelli metallici, secondo lo schema statico di una trave continua su appoggi elastici, ottenuto con un sistema di molle e cavetti di acciaio (fig.1). I provini sono stati confezionati in appositi casseri, utilizzando 3 diverse pressioni di addensamento (20, 40 e 60 tonn.) ed utilizzando inerti di diversa natura (calcare e basalto), differenziandosi geometricamente per il solo valore dell’altezza del travetto (13 ? 15 cm). Il carrello di sospensione è stato composto da molle e cavetti di acciaio posizionati a 25, 75 e 125 centimetri; Da notare come il sistema costituito dal carrello e dai provini sospesi risulti essere sostanzialmente disaccoppiato. Si è in effetti verificato sperimentalmente come la struttura portante non eserciti alcuna influenza sulle frequenze proprie dei provini. La rigidezza delle molle utilizzate è pari a K = 18,6 Kg/cm. Le caratteristiche dell’impasto sono riportate in tabella 1. Modal tunned hammer Spring Accelerometer Bituminous mix Figura 1- Schema del campione usato per valutare la velocità di propagazione. Tabella 1 Distribuzione degli aggregati Crivello n. 10 Crivello n. 5 Setaccio ASTM n. 10 Setaccio ASTM n. 18 Setaccio ASTM n. 40 Setaccio ASTM n. 80 Setaccio ASTM n. 200 Apertura (mm) Passante % Caratteristiche del Bitume 10.000 5.000 2.000 1.000 0.420 0.177 0.074 83.8 51.1 30.3 17.1 10.3 7.2 4.6 Penetrazione a 25° C Temperatura palla-anello Viscosità a 60° C (SNV 671908) Punto di rottura Fraass % bitume nel conglomerato 4.2 Apparecchiature di prova - Sistema di eccitazione Le prove di vibrazione sono state condotte imprimendo sollecitazioni impulsive alla struttura attraverso un martello strumentato del tipo PCB collegato ad un’analizzatore di spettro bicanale Spectral Dynamics modello SD375. - Sistema di acquisizione Per il controllo ed acquisizione dati si è utilizzato un sistema costituito dall'analizzatore che svolge il ruolo di convertitore analogico-digitale e produce per via numerica gli auto-spettri della forzante e della risposta (in accelerazione). - Strumentazione di misura Per la misura dell'accelerazione si è fatto uso di accelerometri piezoelettrici con elettronica incorporata PCB modello 353B43 collegato alla struttura tramite un supporto magnetico. L'accelerometro ha le seguenti caratteristiche: -Sensibilità : 300 mV/g = 30,6 mV/(m/s 2) -Frequenza di risonanza : 17,5 KHz -Accelerazione massima : ±17g -Peso : 32 grammi 4.3 Il programma di prova La prima prova effettuata è stata quella di verificare se la strumentazione utilizzata per l’eccitazione (eccitazione impulsiva mediante martello strumentato) era idonea per ottenere le frequenze proprie dei provini, cioè se 86 dmm 42 °C 1800 Ps -12 °C 5% effettivamente era possibile visualizzare, attraverso tale tecnica, le frequenze di risonanza dei travetti. Dopo aver accertato tale possibilità si sono constatati subito due aspetti: 1. La variazione della temperatura determinava una variazione apprezzabile delle frequenze proprie e degli smorzamenti. 2. Lo smorzamento che caratterizza i provini di conglomerato bituminoso risulta essere alquanto superiore a quello tipico di una equivalente struttura in cls, evidente prima ancora che con il calcolo, dalla visualizzazione dei picchi delle frequenze proprie dei provini. L’andamento dei picchi infatti risulta più schiacciato rispetto a quello tipico del calcestruzzo. Le misure sono state eseguite a temperatura ambiente. Chiaramente la velocità di variazione della temperatura in queste condizioni è stata tale da permettere comunque di effettuare delle misurazioni; in particolare questa situazione ha indotto a valutare solamente le prime due frequenze proprie dei provini e lo smorzamento della sola prima frequenza di risonanza. Un termometro a sonda è stato introdotto all’interno dei provini attraverso appositi fori (tre fori per ogni provino in corrispondenza degli appoggi elastici) ed a conclusione di ogni ciclo di 20 battute si è determinata la temperatura dei provini associandola alla frequenza e allo smorzamento calcolati. Proprio in considerazione di quanto detto è stato effettuato un numero molto elevato di prove per tutti i 6 provini e per tutta la gamma delle temperature, in modo tale da avere tanti valori di frequenza e di smorzamento relativi ad una stessa temperatura statisticamente significativa così da poterne considerare la media. Le temperature di prova sono state comprese tra 4°C e 24°C. 5. RISULTATI SPERIMENTALI 5.1 Frequenza di Risonanza e Smorzamento Dopo aver rilevato i primi dati si è pensato di analizzare l’andamento delle frequenze di risonanza e degli smorzamenti percentuali, valutati col metodo della larghezza di banda al variare della temperatura. In ogni serie di prove si è osservata una corrispondenza elevata tra valori di frequenza e smorzamento e valori della temperatura, con una dispersione molto contenuta. Le figure 2 e 3, mostrano come le frequenze di risonanza diminuiscono sistematicamente con la temperatura e con un conseguente incremento dello smorzamento. Tale aumento è indicatore delle notevoli differenze tra i picchi di risonanza alle alte ed alle basse temperature. Con temperature fino a 10°C il picco della Funzione di Trasferimento (TF) risultava molto evidente, mentre invece con temperature superiori a 20°C i picchi di frequenza sono risultati molto appiattiti e di conseguenza il moto oscillatorio piuttosto smorzato. È stata attesa inoltre, almeno fino a temperature di 24°C, la corrispondenza tra massimo valore del modulo della TF, punto di nullo della parte reale della TF e massimo valore della componente immaginaria della TF Per temperature superiori a 24°C diventa praticamente impossibile la valutazione della frequenza di risonanza e di conseguenza dello smorzamento; la "curva di risonanza" infatti risulta essere talmente appiattita che non è più possibile stabilire un massimo della TF, ed inoltre si osserva una linea molto frastagliata con i valori della TF che oscillano continuamente. D’altra parte è noto a priori che tale tecnica di indagine diventa inefficace per valori troppo elevati dello smorzamento. L’andamento dei grafici ottenuti con la sperimentazione dinamica descritta, conferma in pieno le caratteristiche reologiche del materiale, non mostrando dipendenza dalla densità del campione nè dal tipo di inerte utilizzato per il confezionamento della miscela. In particolare si conferma l’influenza notevole della temperatura sui conglomerati bituminosi: l’aumento di temperatura in tali materiali determina un indebolimento del legame esistente tra inerte e bitume per la diminuizione della viscosità del legante, con conseguente perdità di rigidezza del conglomerato, dimostrata nel caso in esame dalla diminuzione delle frequenze proprie delle strutture. Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,86 g/cmc) SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,86 g/cmc) 140 120 100 80 60 3 7 11 15 19 23 20 16 12 8 4 3 27 7 140 120 100 80 60 11 15 19 23 12 8 4 3 7 SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) 100 80 60 19 23 15 19 23 27 Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,98 g/cmc) 120 15 11 TEMPERATURA (°C) 140 11 27 16 27 Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,98 g/cmc) 7 23 20 TEMPERATURA (°C) 3 19 Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,92 g/cmc) SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) Conglomerato Bituminoso Calcareo (1,92 g/cmc) 7 15 TEMPERATURA (°C) TEMPERATURA (°C) 3 11 27 TEMPERATURA (°C) 20 16 12 8 4 3 7 11 15 19 23 27 TEMPERATURA (°C) Figura 2. Variazione della prima frequenza di risonanza e dello smorzamento con la temperatura in un conglomerato bituminoso calcareo. 5.2 Deformata Modale Successivamente a questa prima parte si è cercato di determinare sperimentalmente le deformate modali associate alle frequenze proprie dei provini. Una simulazione dei possibili modi di vibrare della trave nello schema di prova si è potuta realizzare con un programma strutturale agli elementi finiti ANSYS (Appendice 1, Fig. 6). Lo studio dei modi di vibrare delle "travi" non era effettuabile durante la variazione della temperatura dei provini, per effetto della conseguente variazione della frequenza. Pertanto questo tipo di indagine ha avuto inizio quando la temperatura dei provini si era stabilizzata sui valori medi di laboratorio. In tali condizioni piccole variazioni di temperatura si osservano in tempi abbastanza lunghi. Lasciando fissa la posizione del trasduttore a 5 cm da una estremità della trave, si è proceduto ad eccitare la struttura con il martello strumentato in punti di battuta prestabiliti lungo tutta la sua lunghezza (fig. 4). Per ogni punto di battuta si sono fatte tre serie di prove riportando poi il valore di frequenza medio. La differenza tra i tre valori di frequenza non è mai risultata superiore a 0,25 Hz. Riportando il valore della componente immaginaria della TF, relativamente ad ogni punto di battuta, si potrebbe costruire per punti la deformata modale. Tuttavia, è stato notato che quando il punto di battuta ed il trasduttore hanno una distanza reciproca inferiore a 5 cm non esiste un valore di frequenza in corrispondenza del quale si ha l’annullamento della componente reale della Funzione di Trasferimento ed il picco della frequenza non assume la forma standard. In tal caso, la frequenza di risonanza non è ricavabile attraverso tale tecnica di eccitazione. Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,04 g/cmc) 140 20 SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,04 g/cmc) 120 100 80 60 3 7 11 15 19 23 16 12 8 4 27 3 TEMPERATURA (°C) SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) 140 120 100 80 60 7 11 15 19 23 TEMPERATURA (°C) 12 8 4 3 7 11 15 19 23 27 Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,14 g/cmc) SMORZAMENTO % FREQUENZA (Hz) 16 TEMPERATURA (°C) 140 120 100 80 60 7 11 15 19 23 TEMPERATURA (°C) 20 27 Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,14 g/cmc) 3 27 Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,10 g/cmc) Conglomerato Bituminoso Basaltico (2,10 g/cmc) 3 7 11 15 19 23 TEMPERATURA (°C) 27 20 16 12 8 4 3 7 11 15 19 23 TEMPERATURA (°C) 27 Figura 3. Variazione della prima frequenza di risonanza e dello smorzamento con la temperatura in un conglomerato bituminoso basaltico x (cm) 10 30 40 50 100 140 x 150 cm Figura 4. Variazione dei punti di battuta lungo il travetto. Si è inoltre constatato che colpendo il provino ad una distanza da un nodo di vibrazione non superiore a 5 cm l’analizzatore di spettro riporta il valore della frequenza di risonanza che risulta essere sistematicamente diverso rispetto a quello riscontrato in tutti gli altri punti, con differenze dell’ordine di 1÷1,5 Hz. In corrispondenza dei nodi della vibrazione si ha invece l’azzeramento completo della funzione di trasferimento, come in effetti era atteso. Alla luce di queste osservazioni sperimentali si è rinunciato alla costruzione per punti della deformata modale. Relativamente al solo provino di conglomerato bituminoso basaltico pressato a 20t (densità pari a 2.08 g/cm3), si sono effettuate prove dinamiche con schemi statici della trave diversi da quello dei tre appoggi elastici: - schema statico di trave su due appoggi elastici - schema statico di trave appoggiata su suolo elastico, dove tra il provino ed il suolo era interposto uno spessore di 3 cm di polistirolo espanso per annullare ogni possibile accoppiamento di frequenze. Le prove svolte in queste configurazioni hanno però confermato le osservazioni iniziali, inducendo a rinunciare alla costruzione delle deformate modali sperimentali e riportare invece la ricerca sullo studio delle frequenze di risonanza e dello smorzamento. 6. IL MODELLO TEORICO Si procede alla “Identificazione Strutturale” di tipo parametrico dei provini assumendo come ipotesi di partenza quella di comportamento elastico lineare della struttura, costruendo un modello numerico agli elementi finiti della struttura (FEM) [8]. Il modello è composto da 30 elementi “frame”, mediante codice di calcolo SAP90 by Wilson e A. Habibullah, allo scopo di ottenere la ricostruzione matematica della trave. Per quanto riguarda i dati di input del modello sono stati assunti come noti, il peso dei provini, la loro larghezza, la lunghezza, la rigidezza delle molle, (fornita dalla ditta costruttrice), e non ultimo il legame costitutivo elastico lineare ed i vincoli che non hanno permesso alcun accoppiamento di frequenze. Il modello è stato identificato mediante un confronto tra i risultati del modello teorico FEM e quelli della struttura reale. Il metodo di identificazione parametrico adottato ha permesso la costruzione del modello della struttura noto a meno di un vettore di parametri: (E,h) modulo elastico dinamico ed altezza della sezione. La funzione obiettivo J(t) nel caso specifico è consistita in una sommatoria dei quadrati delle differenze tra le frequenze sperimentali e le frequenze del modello teorico. Le frequenze del modello sono funzione del modulo elastico dinamico E e dell’altezza h, pertanto minimizzare la funzione obiettivo ha permesso di stimare i valori dei parametri “E” ed “h”, tali da minimizzare la differenza tra la risposta sperimentale e quella analitica. Il processo di identificazione sopra riportato è stato effettuato utilizzando un apposito programma [9], che calcola iterativamente la funzione obiettivo ad ogni stima successiva dei parametri incogniti. L’identificazione del modello teorico attraverso la minimizzazione della funzione obiettivo è stata realizzata per tutte le coppie frequenza-temperatura trovate nelle prove sperimentali, riportando un andamento del modulo elastico dinamico stimato al variare di 4 valori di temperatura (tab. 2). In particolare sono indicati i valori delle frequenze sperimentali fS e delle corrispondenti frequenze analitiche fI ; Per ogni coppia di frequenze sono riportate le differenze percentuali, includendo i valori stimati di modulo elastico ed altezza della sezione. Tabella 2 TEMP MOD fS . °C I (Hz) f I (Hz) Variaz E % (MPa h (cm) ) 6 1 121,7 123,08 1,13 6 2 331,5 327,75 1,13 11 1 111,5 112,55 0,94 11 2 302,5 299,64 0,95 16 1 99,0 100,51 1,53 16 2 271,5 267,45 1,49 22 1 86,3 87,90 1,85 22 2 238.0 233,7 1,81 fs = frequenza sperimentale fI = frequenza analitica 9735 12,915 8138 12,914 6494 12,909 4956 12,920 Le altezze della sezione delle travi, riportate in tabella, sono tutte prossime alla misura di 12,9 cm che corrisponde al valore trovato tramite una misura diretta. Per avere invece una verifica sul valore del modulo dinamico stimato si è posto un confronto tra l’andamento del modulo in funzione della temperatura ricavato con l’identificazione e l’andamento modulo-temperatura ottenuto attraverso la prova A.S.T.M. D3497 effettuata all’Università di Parma su carote prelevate dai campioni indagati (tab.3). Il modello risulta abbastanza attendibile, visto che le massime differenze risultano comprese in un intervallo di 1000 MPa (fig.5). correlazioni tra la densità dei materiali, la loro temperatura e la velocità di propagazione di onde meccaniche. La sperimentazione dinamica condotta dall’Università di Parma ha permesso di determinare le frequenze di risonanza proprie di alcuni provini di conglomerato bituminoso per strato di usura al variare della temperatura, registrando lo smorzamento associato. L’esperienza di laboratorio ha suggerito anche nel caso dei conglomerati bituminosi un tentativo di Identificazione Strutturale di tipo parametrico, basato proprio sulle frequenze di risonanza ed in cui i parametri identificati sono stati la rigidezza della struttura in esame ed il modulo elastico al variare della temperatura. Alla base della Identificazione, vi è stata l’assunzione, giustificata dal tipo di sollecitazione, di un comportamento lineare del corpo che ha permesso altresì l’impiego di appositi programmi di calcolo strutturale. 7. CONCLUSIONI Il lavoro presentato si inserisce nel quadro più ampio della caratterizzazione meccanica dei conglomerati bituminosi attraverso prove di tipo non distruttivo, alla ricerca di valide Basaltic Bituminous Mix ( 2,08 g/cmc ) Complex Modulus (MPa) 16000 12000 Ed (16 Hz) Ed ( 4 Hz) Ed ( 1 Hz) 8000 Ed Identif. 4000 0 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Temperature (°C) Figure 5 - Comparison of elastic modulus obtained from identification and from ASTM D3497 test Tabella 3 Basaltic Mix (2.08 g/cmc) Temperature 5 °C Frequency (Hz) 25 °C 40 °C 1 Complex Modulus E (Pa) 6.36 E+09 Phase Angle ? ?(°) 10.8 Complex Modulus E (Pa) 2.05 E+09 Phase Angle ? ?(°) 25.2 Complex Modulus E (Pa) 5.26 E+08 Phase Angle ? ?(°) 27.1 4 7.17 E+09 9.8 3.03 E+09 22.4 8.18 E+08 27.5 16 8.17 E+09 8.8 4.31 E+09 19.7 1.26 E+09 26.4 8. BIBLIOGRAFIA 1 - Nazarian, K.H.II Stokoe, “Nondestructive evaluation of pavements by surface wavw method” - Nondestructive testing of pavements and backcalculation moduli - ASTM STP 1026, A.J. Bush III and G.Y. Baladi, Eds., American Society for Testing and Materials, Philadelphia, 1989, pp.119-137. 2 - D.R. Hiltunen, R.D. Woods, “Influence of source and receiver on the testing of pavements by the surface waves method” - Nondestructive testing of pavements and backcalculation moduli - ASTM STP 1026, A.J. Bush III and G.Y. Baladi, Eds., American Society for Testing and Materials, Philadelphia, 1989, pp.138-154. 3 - A. Montepara, “Experimental evaluation of mechanical properties of asphalt mixes by surface wave analysis method” - Fourth international Conference on Civil Engineering - Sharif University of technology, May 1997. 4 - W.G. Halvorsen, D.L. Brown, Impulse technique for structural frequency response testing” - Sound and Vibration - PCB Piezotronics Inc., Buffalo, N.Y., November 1977, pp 821. 5 - P. Eykhoff, “System Identification - parameter and state estimation”, John Wiley & Sons, 1987. 6 - S. Bittanti, “Identificazione Parametrica”, Clup, Milano, 1982. 7 - H. G. Natke, “Identification of vibrating structures” Course and Lectures n.272, CISM, Udine, Italy, 1982. 8 - “Identificazione Strutturale nell’Ingegneria Civile. Impiego di modelli agli elementi finiti”. 1° Convegno nazionale di Identificazione Strutturale, 1995. 9 - “Localizzazione e quantificazione del danno strutturale mediante un processo di identificazione dinamica” - Atti dell’Istituto di Scienza e Tecnica delle Costruzioni, Università di Ancona. APPENDICE Si riporta di seguito la ricostruzione agli elementi finiti di un solido delle stesse dimensioni dei provini di conglomerato preparati in appositi casseri in laboratorio (fig. 6/a) per prevedere il tipo di vibrazione ed impostare l’analisi della deformata modale (§ 5.2). Il prisma teorico ha lunghezza 150 cm, ed una sezione rettangolare 10 x 15 centimetri; il programma di calcolo strutturale adottato è stato ANSYS (Swanson Analysis System Inc.). Per simulare il carico impulsivo trasmesso esercitato dal martello dinamometrico, si è scelta una forza di 100 N applicata per il tempo di 2x10-5 secondi. È stata infine definita una mesch di 480 elementi tridimensionali Solid45 ad 8 nodi. Il singolo elemento ha 3 gradi di libertà per ogni nodo (figg. 6/b-c): - traslazione nella direzione nodale x - traslazione nella direzione nodale y - traslazione nella direzione nodale z Evidentemente anche nella simulazione i provini sono stati sospesi mediante un sistema di molle e cavetti in acciaio, modellati dall’elemento Combin14 “Spring-damper”, avente la capacità di esprimersi in modo longitudinale o torsionale. La molla longitudinale è un elemento a compressione uniassiale con traslazione nelle direzioni nodali x, y, z e nessuna massa. Gli input richiesti all’elemento molla sono la geometria, la posizione del nodo ed il sistema di coordinate (fig. 6/d); l’elemento molla è così definito da due nodi, dalla costante elastica e dallo smorzamento. . e a b c d f g Figura 6 - Modellazione del travetto agli elementi finiti. a) la geometria del provino in conglomerato bituminoso dopo scasseratura; b) la discretizzazione in 480 elementi c) d) gli elementi Solid45 e Combin14; e) - h) possibili modi di vibrare h