Forse non siamo a prova di bomba

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Forse non siamo a prova di bomba
E scese il buio
Marina Cazzola (da “Dettotranoi”, Ottobre 2001)
Forse non siamo a prova di bomba
Nei momenti difficili, quando si cerca di dare un senso ai fatti incredibili di cui ci
tocca essere testimoni, una
via percorribile è quella di
rifugiarsi nella storia, cercando le radici degli eventi terribili con la speranza,
guardando al passato, di
trovare un modo per estirpare ogni loro ragion d’essere.
Nel nostro piccolo (ora più che mai sentiamo che questa rubrica si
occupa di sciocchezze) ripercorriamo ciò che è successo lo scorso 11 settembre sulla grande rete. E
studiamo un po’ di storia.
Internet si sviluppa su un
progetto militare di nome
ARPANET. Al capitolo 1 di
un qualsiasi documento di
storia di internet si trova
qualcosa che suona più o
meno cosı̀: “Il Pentagono
scoprı̀ che il sistema di difesa missilistico degli Stati Uniti aveva un punto debole: sarebbe stato sufficiente bloccare le comunicazioni tra i computer della
Difesa in un punto qualunque per isolare intere zone del paese ed impedire
cosı̀ la risposta agli ordini provenienti dal Comando generale. Gli Stati Uniti
avrebbero avuto bisogno di
una rete di comando e controllo che si collegasse da
città a città, da stato a stato, da base a base. Nessuna autorità centrale, nessuna fortezza centrale di reti, che sarebbe stato un comodo e decisivo bersaglio
per un missile nemico. Purtroppo, i computer avevano il difetto di abbisognare di un collegamento diretto tramite un cavo dedicato ed era perciò sufficiente interrompere questo cavo in un punto qualunque
per isolare tutti i computer situati dopo quel cavo.
In questo contesto nacque
ARPANET, progettato dall’ARPA (Advanced Research Projects Agency) del Ministero della Difesa statunitense per studiare un sistema che consentisse ai
computer di collegarsi tra
Periodico di informazione della Cooperativa Edificatrice l’Aurora di Bresso
Registrazione del Tribunale di Milano - n. 306 del 21.6.1993
di loro senza dover necessariamente passare attraverso un ‘collegamento dedicato’.” (www.evo.it/riccati
/ap5bs99/lastoria.htm)
Ancora: “Nel 1968 il National Physical Laboratory
realizzò una prima rete telematica, basata su principi rivoluzionari rispetto a
quello che era il tradizionale modo di pensare alle reti di telecomunicazioni. [...]
ARPANET, progetto di ricerca del Dipartimento del-
la Difesa, nasce con l’obiettivo di diventare una rete indistruttibile, capace di continuare a lavorare anche in
condizioni estreme, come
ad esempio una guerra nucleare.” (www.planetweb.it
/guida/storia.html). Pur essendo internet fondata su
queste basi, alla prova dei
fatti si sono riscontrati due
ordini di problemi.
Primo. I server web non sono stati in grado di soddisfare l’enorme richiesta di
informazioni. Il modernissimo WWW grafico e interattivo ha ceduto di fronte all’enorme numero di richieste: “Sono bastati pochi
minuti, il tempo necessario perché le agenzie battessero i primi dispacci su
quanto stava accadendo a
Manhattan perché la rete
Internet mostrasse chiaramente i segni del collasso. I siti web informativi americani come è ov-
vio non hanno retto alle richieste di informazioni che
li raggiungevano da tutto
il mondo. 30 minuti dopo le prime esplosioni il sito web di CNN, NYTimes
e Washington Post e molti altri erano completamente irraggiungibili dall’Europa ma anche da gran parte degli USA. Perfino in Italia il sito web di Repubblica.it ha passato la sua
ora di tregenda a causa
del numero altissimo di hit
che lo ha raggiunto ai quali
ha faticato non poco a dare risposte in tempi decenti.” (www.punto-informatico
.it/p.asp?i=37261). Siti come quello della RAI hanno avuto la necessità nel
tardo pomeriggio di martedı̀ 11 settembre di chiudere: solo una pagina del
sito www.rai.it era accessibile, la pagina dedicata ai
fatti di New York. Paradossalmente i ‘vecchi’ servizi
internt (forse proprio perché più legati alla ‘vecchia’
concezione di ARPANET)
si sono rivelati più vivi che
mai. Le notizie rimbalzavano su newsgroup e mailing list, molti contatti con
l’America si sono realizzati
per e-mail. Forse conviene
meditare sulle parole degli
stessi utenti di internet “In
forma testuale Internet non
ha fallito, è il voler a tutti i costi trasformare Internet in un surrogato della Tv
ad aver fallito.” (www.punto
-informatico.it/pol.asp?mid
=79085&fid=37261).
Secondo problema. La rete internet, soprattutto in
Italia, non ha una buona
‘struttura topologica’. L’internet italiana si sviluppa
a partire dalla Rete dell’Università e della Ricerca Scientifica Italiana (il
GARR): cronologicamente
prima nasce il GARR, che
stende i suoi cavi per collegare le diverse università
Italiane tra loro e quindi collegarle al resto del mondo;
successivamente gli internet provider privati cominciano a stendere i loro collegamenti sfruttando in parte la rete GARR (bertola.eu
.org/icfaq/). Ma il GARR
ha una sola via di collegamento con gli Stati Uniti,
via che passa proprio per
New York. Con l’attentato
alle torri gemelle non solo
le comunità accademiche,
ma anche alcuni internet
provider (se si appoggiano
al GARR), si sono scoperti
isolati dall’America.
Ma la storia non ci ha
insegnato proprio nulla?
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