Libia Egitto Siria Iraq

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Libia Egitto Siria Iraq
RASSEGNA
STAMPA
Libia
Egitto
Siria
Iraq
5 Ottobre 11 Ottobre
LIBIA
Sommario
L’Inviato Speciale delle Nazioni Unite per la Libia Bernardino Leon ha presentato le sue proposte per i vertici delle nuove
istituzioni libiche che dovrebbero nascere secondo gli accordi tra le parti, che non sono stati tuttavia ancora formalizzati.
Questa iniziativa ha suscitato consensi a
livello internazionale (in particolare da
parte occidentale), ma critiche diffuse sul
piano interno e appare al momento difficile
che il nuovo Primo Ministro e i suoi
collaboratori
riusciranno
ad
avere
l’approvazione dei due parlamenti libici
entro il 20 ottobre prossimo.
L’Esercito Nazionale Libico (ENL), che fa
capo alle autorità di Tobruk, ha promesso di
liberare entro tre settimane la città di
Bengasi dalla presenza dei gruppi jihadisti
che vi operano. Tuttavia, gli elementi di
criticità che hanno sinora rallentato
l’avanzata dell’ENL persistono e secondo
molti esperti difficilmente tale obbiettivo
potrà essere raggiunto. Continua ad essere
alta l’instabilità anche nella zona di Tripoli,
dove proseguono gli scontri fra varie milizie
armate riconducibili alla coalizione
islamista Alba della Libia.
Sviluppi di politica interna
Il 5 ottobre, la Camera dei Rappresentanti (CdR), il parlamento libico che si riunisce a Tobruk e che è
riconosciuto dalla comunità internazionale, ha votato il prolungamento del proprio mandato oltre la scadenza
prevista del 20 ottobre 2015. Secondo il portavoce della CdR, Faraj Buhashim, l’assemblea rimarrà in carica fino
a quando si terranno nuove elezioni, e quindi il mandato non ha una fine prestabilita. Nel fatti, per Buhashim,
la proroga durerà però sei mesi. In una lettera all’Inviato Speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino
Leon, il presidente della CdR ha affermato che la proroga non pregiudica il processo negoziale in corso e che
ha la sua base giuridica nella Dichiarazione Costituzionale del 2011. La decisione è stata nel complesso accettata
da vari settori politici, visto che si profilava il pericolo di un vuoto legislativo, ma vi sono state anche prese di
posizioni molto critiche, e non solo nel fronte islamista. Il 10 ottobre, il Consiglio Militare della città di Zintan,
che ha sempre appoggiato le istituzioni di ispirazione laica e moderata insediatesi nell’est del paese, ha respinto
il prolungamento del mandato della CdR e ha sottolineato che in Libia si configura attualmente una situazione
di vuoto costituzionale; infatti, anche il mandato dell’altro parlamento libico, il Congresso Generale Nazionale
(CGN), è ufficialmente terminato il 2 febbraio 2014. Ha poi lanciato un appello alla società civile e alla classe
politica libica perché la soluzione ai problemi della nazione venga da negoziati senza la partecipazione dei due
organi legislativi ormai decaduti. Resta da vedere se tale appello troverà risposta.
Sempre il 5 ottobre, la Fratellanza Musulmana libica ha scelto il suo nuovo leader. La decisione è stata presa nel
corso della decima Conferenza del movimento, svoltasi a Istanbul, città dove la Fratellanza ha la sua base
internazionale e dove operano molti suoi membri. Il nuovo capo è Ahmed Abdullah Al-Suqi, originario di
Bengasi (anche se la sua famiglia proviene da Misurata), che ha preso il posto di Bashir Kubti, in carica dal 2011.
Secondo la stampa libica, tuttavia, la vera autorità politica e spirituale della Fratellanza rimane Ali Salabi. Va
ricordato che il partito Giustizia e Costruzione, guidato da Mohamed Sawan, è una diramazione della
Fratellanza.
L’ONU propone i nuovi vertici politici dello Stato
Il 7 ottobre, il CGN, il parlamento che opera a Tripoli, ha rifiutato, al termine
di una “seduta fiume”, di presentare i propri nomi per il Consiglio di
Presidenza che doveva essere creato in base agli accordi raggiunti fra le
varie parti. Il CGN ha affermato di non voler avanzare alcuna proposta fino
a quando la missione ONU nel paese, l’UNSMIL non modificherà in
maniera sostanziale la sua proposta di accordo. Nello stesso giorno, un
ordigno di bassa potenza è esploso fuori la sede del CGN, a conferma del
clima di tensione che ha accompagnato i lavori.
Nonostante questa decisione, l’Inviato Speciale dell’ONU, Bernardino
Leon, ha proseguito gli sforzi per accelerare la creazione del Governo di
Unità Nazionale prefigurato dagli accordi e ha proposto un elenco di sei
personalità che dovrebbero costituire il Consiglio di Presidenza. Questa
proposta dovrà essere ratificata entro il 20 ottobre dalla CdR e dal CGN.
Oltre a questi sei nominativi, il diplomatico spagnolo ha indicato anche
quelli di 19 personalità che potrebbero ricoprire l’incarico di ministro e
Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Dopo una serie di critiche, il 10
ottobre Leon ha chiarito che, mentre i 6 componenti del Consiglio di
Presidenza saranno sottoposti a scrutinio da parte dei due parlamenti, gli
altri 19 nominativi non sono altro che delle proposte da lui avanzate al
Consiglio di Presidenza, che potrà accettarle o meno una volta costituito.
La decisione di Leon ha ottenuto il sostegno dei principali partner
internazionali della transizione libica, fra i quali gli USA e l’Unione
Europea, che ha offerto un aiuto finanziario immediato di 100 milioni di
euro per assistere il processo politico. Ma ha trovato anche una ferma
opposizione da parte di alcuni settori politici interni e non solo di Tripoli.
Questi hanno in particolare criticato la fretta che cui sono state annunciate
le proposte, senza un confronto articolato con tutti i protagonosti del
dialogo politico. E’ inoltre da sottolineare il rifiuto di Abdurrahman
Sewehli, di accettare la guida del Consiglio di Stato, che dovrebbe essere il
secondo organo legislativo (il primo è rappresentato dalla CdR) fino
all’entrata in vigore di una nuova costituzione. Sewehli ha rifiutato
l’incarico giudicandolo privo di concreti poteri.
Buone notizie in economia
I nominativi proposti da
Bernardino Leon
Consiglio di Presidenza:
- Faiez Al-Sarraj (Primo
Ministro)
- Ahmed Maetig, Fathi
Majbri, Musa Kuni (Vice
Primi Ministri)
- Omar Aswad,
Mohammed Ammar (senior
ministers)
Ministri:
Fathi Hangari,
Osama Siyala
Osama Sayd
Tareq Yousef
Abdelsalam Hassi
Shibani Buhamoud
Mustafa Aboushagur
Ashour Shweil
Ibrahim Nayed
Abu Ajila Saifelnasr
Salam Kenan
Amal Hajj
Iman ben Younis
Khalil Bakoush
Mahmoud ben Shaaban
Murad Hamaima
Taher Sunni
Consigliere per la Sicurezza
Nazionale (e Direttore del
Consiglio di Sicurezza
Nazionale, con il rango di
ministro):
Fathi Bashagha.
Sul versante economico, si è registrata (8 ottobre) la ripresa delle operazioni
di carico nel termial petrolifero di Zueitina. Gli impianti erano chiusi da
cinque mesi a causa di proteste delle popolazioni locali contro la compagnia petrolifera statale libica National
Oil Corporation per la mancanza di posti di lavoro. Stando ai resoconti della stampa, il primo carico di petrolio
è stato acquistato dalla compagnia cinese Unipec, ramo della società di raffinazione Sinopec.
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Sicurezza
Il 10 ottobre, il generale Khalifa Haftar, capo dell’Esercito Nazionale Libico (ELN, che fa riferimento alle autorità
di Tobruk) si è recato in vista a Bengasi e ha esortato le sue truppe a cacciare dalla città i miliziani dei gruppi
jihadisti Ansar al-Sharia e Stato Islamico. Il generale ha giustificato i ritardi nella riconquista di Bengasi
attribuendoli all’azione di cecchini. Egli ha ammesso che ciò costituisce da tempo una vulnerabilità per i militari
dell’ELN: pochi tiratori ben posizionati sono in grado di paralizzare forze numericamente superiori.
All’interno dei due schieramenti armati che si contrappongono in Libia stanno emergendo contrasti che ne
minano la compattezza. Nell’area di Tripoli, sono diventati più frequenti gli scontri fra gruppi di miliziani
riconducibili ad Alba della Libia (Fajr Libya). I motivi riguardano anche i contrasti per il controllo delle attività
illecite, inclusi il contrabbando e i sequestri di persona Invece, il 7 ottobre. il capo del Direttorato della Sicurezza
della città di Beida (nell’est del paese), colonnello Numin Abu Zahra, ha ordinato l’arresto del tenente Tariq
Kharraz, portavoce del Ministero dell’Interno, perché aveva espresso critiche riguardo la nomina dello stesso
colonnello Abu Zahra, affermando che la decisione doveva essere presa dalla CdR e non dal Ministro.
Fonti utilizzate: Libya Herald; Reuters; Libya Observer
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EGITTO
Sommario
Le Forze di Sicurezza egiziane hanno lanciato
una nuova fase della loro offensiva contro i
gruppi jihadisti attivi nel Nord Sinai. La
prima fase è stata giudicata un successo dalle
autorità. Tuttavia, in altre zone del paese, fra
le quali la capitale, continuano gli episodi di
violenza terroristica, in primo luogo contro le
forze di sicurezza. Attacchi e attentati
potrebbero aumentare in concomitanza con lo
svolgimento delle elezioni politiche (dal 18
ottobre al 2 dicembre).
Sul versante economico, il Fondo Monetario
Internazionale ha messo in luce alcuni fattori
positivi riguardo l’economia egiziana, ma ha
evidenziato anche criticità che ne frenano lo
sviluppo. Nel mese di settembre si è verificato
un incremento notevole del tasso di
inflazione, che però pare legato a fattori
ciclici.
Sicurezza
Il 7 ottobre, le Forze egiziane hanno annunciato l’inizio della seconda fase dell’Operazione denominata “Il
Diritto dei Martiri” nella zona del Nord Sinai, e in particolare nelle aree di Rafah, Arish e Sheikh Zuweid. Tale
Operazione è la più imponente (per numero di uomini e mezzi e per la vastità dell’area interessata), messa in
atto dai comandi militari
per
neutralizzare
la
minaccia
terroristica
rappresentata dai gruppi
affiliati allo Stato Islamico e
impedire che essi possano
lanciare in futuro nuove
offensive come quella del
luglio 2015. Il Nord Sinai,
che confina con Israele e la
Striscia di Gaza, è da tempo
una roccaforte del gruppo
jihadista Ansar Beit AlMaqdis, che nel 2014 ha
prestato giuramento di
fedeltà allo Stato Islamico
(e da allora si fa chiamare
Pattuglia egiziana nella zona di Rafah. Fonte: Ahramonline
“Wilayat Sinai”). La prima
parte dell’Operazione è
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terminata il 22 settembre. Secondo i portavoce militari, essa è stata un successo dal momento che ha portato
all’eliminazione di 500 estremisti e alla distruzione di molti rifugi e depositi di armi. Nella nuova fase, il
governo egiziano ha deciso di affiancare alle operazioni più strettamente militari la realizzazione di progetti
per la ricostruzione nelle aree interessate dai combattimenti (come le tre località indicate sopra). L’obiettivo è
ora quello di creare le condizioni per lo sviluppo economico e sociale della regione. Fra l’altro, a Rafah verrà
edificata una nuova area urbana composta di 1.200 unità abitative, nonché ospedali e scuole.
Nonostante l’attività delle Forze di Sicurezza, i terroristi hanno continuato a colpire, anche nelle principali città
egiziane. Il 7 ottobre due civili sono rimasti feriti per lo scoppio di un ordigno vicino al commissariato di polizia
di Azbakeya, a Il Cairo. Il 9 ottobre un agente è stato ferito per l’esplosione di una bomba nelle vicinanze di una
stazione di polizia nella Città 6 Ottobre, vicino alla capitale.
L’8 ottobre, la Commissione Elettorale ha annunciato che sarà vietato alle donne che portano il velo integrale
(niqab) di votare alle prossime elezioni politiche, che si svolgeranno (in una prima fase) in 14 governatorati del
paese il 18-19 ottobre. Le donne che intendono esprimere il loro voto, infatti, sono tenute per legge a farsi
identificare e quindi a togliersi almeno momentaneamente il velo.
Presa di posizione della gerarchia copta
La stampa egiziana ha dato ampio risalto alla presa di posizione del patriarca dei cristiani Copti d’Egitto,
Tawadros II, il quale ha affermato (6 ottobre) che i copti che si sono candidati alle elezioni parlamentari nelle
liste del partito di ispirazione salafita Al-Nour non sono da ritenere credibili né da parte dei cristiani né da parte
dei musulmani. Egli ritiene infatti che vi è incompatibilità fra l’essere cristiani e l’iscriversi a un partito di
ispirazione islamica. Va detto che l’attuale legge elettorale richiede (art 5.) che ogni partito includa nelle proprie
liste elettorali candidati copti e donne. Al-Nour è espressione del movimento religioso ultra conservatore
“Chiamata Salafita” il cui leader ha in passato definito “infedeli” i copti e ha affermato che non hanno diritto a
ricoprire posizioni politiche di rilievo. Tawadros II ha comunque affermato che non vi saranno provvedimenti
disciplinari per i copti che aderiscono ad Al-Nour.
Economia
Nel suo documento riguardanti le prospettive dell’economia egiziana, reso noto il 6 ottobre, il Fondo Monetario
Internazionale ha confermato le sue previsioni di crescita per il Paese, sottolineando che il PIL dovrebbe
aumentare del 4,2% nel 2015 e del 4,3% nel 2016. Questo trend è dovuto principalmente al crollo dei prezzi dei
prodotti petroliferi. Gli analisti del Fondo sottolineano tuttavia l’esistenza di diversi fattori strutturali che
frenano lo sviluppo dell’Egitto; fra questi, i principali sono il tasso di disoccupazione (che a metà 2015 ha
raggiunto il 12,7% a livello generale e il 26% per quanto riguarda i giovani) e il deficit pubblico, che ha toccato
il 90% del PIL. Il FMI ha anche smentito che siano in corso trattative con le autorità de Il Cairo per un nuovo
prestito. In merito a questo aspetto, l’11 ottobre il Primo Ministro Egiziano Sherif Ismail ha annunciato che entro
la fine del 2015 il paese riceverà prestiti per un ammontare complessivo di 1,5 miliardi di dollari dalla Banca
Mondiale e dalla Banca Africana per lo Sviluppo. Tali finanziamenti serviranno ad incrementare le riserve di
valuta straniera e a stimolare l’economia.
Nel settembre 2015, il tasso di inflazione ha raggiunto il 9,2%, con un’accelerazione ripetto al 7,9% del mese di
agosto. Secondo l’Ufficio di Statistica Egiziano CAPMAS (8 ottobre) questo aumento è stato dovuto in primo
luogo all’incremento dei prezzi della verdura (categoria che rappresenta una delle componenti principali
dell’indice dei prezzi). A ciò vanno aggiunti fenomeni come l’aumento del costo delle uniformi scolastiche con
l’inizio dell’attività didattica nel mese di settembre. L’aumento nel prezzo delle verdure è un fenomeno ciclico,
in realtà, poiché in quel periodo dell’anno c’è una fisiologica carenza di prodotti dovuta alla stagionalità delle
coltivazioni.
Fonti utilizzate: Ahramonline; Daily News Egypt; Reuters
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SIRIA
Sommario
L’intensificazione delle operazioni russe in
Siria ha consentito al regime di ottenere
importanti successi nella parte occidentale
del Paese, contro le milizie ribelli. Lo Stato
Islamico continua a rappresentare un
obiettivo secondario delle operazioni russe.
L’attivismo di Mosca alimenta tensioni nei
rapporti con i Paesi della NATO, in
particolare con la Turchia, che ha minacciato
di interrompere la cooperazione in ambito
energetico, a seguito di ripetute violazioni del
suo spazio aereo da parte di velivoli russi e di
altre presunte ‘provocazioni’. Gli USA,
intanto, hanno annunciato una parziale
revisione della loro strategia in Siria,
sospendendo
un
programma
di
addestramento delle forze ribelli, rivelatosi,
nel complesso, costoso e poco efficace.
La Russia intensifica le operazioni militari in Siria
La scorsa settimana si è registrata una intensificazione delle operazioni russe sul territorio siriano: nella sola
giornata di domenica (11 ottobre), i raid aerei sono stati 64. Come avvenuto già nei giorni precedenti, il Cremlino
ha dichiarato che le operazioni avevano preso di mira obiettivi appartenenti allo Stato Islamico. Tuttavia, la
presenza di milizie del sedicente Califfato nelle aree ove si sono concentrati i raid (province di Idlib, Hama e
Latakia) è limitata, dunque è verosimile ipotizzare che siano stati presi di mira altri gruppi, compresi quelli
sostenuti dai Paesi arabi e occidentali che si oppongono a Bashar al-Assad. Rispetto alle primissime fasi della
campagna militare russa, nell’ultima settimana si è notato un crescente livello di coordinamento tra i raid aerei
e le operazioni di terra condotte dalle forze siriane, da unità iraniane del Corpo della Guardie della Rivoluzione
Islamica (CGRI) e da milizie del movimento libanese Hezbollah. Il 9 ottobre, il sito ufficiale del CGRI ha
annunciato la scomparsa del Generale di Brigata Hossein Hamedani, incaricato di coordinare le operazioni
iraniane in Siria (Hamedani veniva indicato da molti come il vice del Generale Qasem Soleimani, il responsabile
della Divisione Qods, il corpo speciale dei pasdaran).
Il supporto aereo russo ha consentito al regime di ottenere importanti successi contro i ribelli, avanzando verso
un’autostrada che collega le principali città dell’ovest del Paese, inclusa Aleppo. Il controllo di questa
importante via di comunicazione permetterebbe alle forze di Assad di isolare le milizie ribelli presenti in vaste
aree della provincia di Idlib, indebolendone significativamente la posizione. Tali sviluppi potrebbero favorire
una maggiore cooperazione tra le forze di opposizione attive sul territorio: appelli in tal senso sono già stati
effettuati da esponenti del Fronte di al-Nusra (gruppo collegato ad Al Qaeda, ma disposto a stringere legami
anche con altre milizie anti-regime e in grado di svolgere un ruolo di primo piano nella lotta armata) e di altre
formazioni. Tra queste, una fazione dell’Esercito di Liberazione Siriano, conosciuta come “Movimento di
Liberazione di Homs”, che ha annunciato la propria intenzione di infiltrarsi nei ranghi dell’Esercito siriano, in
modo da individuare la collocazione delle forze russe e colpirle, anche con attentati suicidi. Si tratta di un
fenomeno che sembra destinato ad accentuarsi con il procedere delle operazioni e che potrebbe interessare
anche obiettivi sul territorio russo. Una simile ipotesi si rafforzerebbe ulteriormente nel caso in cui il Cremlino
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dovesse decidere di schierare anche truppe di terra e impiegarle in attività di combattimento, possibilità, questa,
ventilata da rappresentanti di primo piano della Camera bassa del Parlamento russo (Duma). Secondo quanto
dichiarato da funzionari del governo americano, i russi avrebbero già esteso il loro intervento in Siria, lanciando
operazioni di terra al fianco del regime di Assad. Il 7 ottobre, l’Ambasciatore USA presso la NATO, Douglas
Lute, ha riferito che la Russia disporrebbe di forze di terra della dimensione di un battaglione (tra i 500 e i 1.000
uomini), con artiglieria, sistemi missilistici e armi controaerei. Il timore è quello che i russi decidano di rafforzare
ulteriormente la loro presenza, avvalendosi anche di milizie non ufficiali (i cosiddetti “volontari”), adottando
un modello “ibrido”, già applicato nelle regioni orientali dell’Ucraina.
Sviluppi diplomatici e tensioni tra Russia e Turchia
Le operazioni militari russe in Siria hanno favorito un inevitabile aumento delle tensioni con i Paesi della
NATO. Il 7 ottobre, navi da guerra russe hanno lanciato missili da crociera dal Mar Caspio (attraversando lo
spazio aereo iraniano e iracheno), in
un’evidente dimostrazione di forza,
presumibilmente indirizzata agli USA
e ai loro alleati. In seguito alle
violazioni dello spazio aereo turco (3-4
ottobre) da parte di velivoli russi, le
tensioni tra Mosca e Ankara sono state
alimentate da nuove ‘provocazioni’: in
più
di
una
occasione,
cacciabombardieri
turchi
F-16
impegnati in attività di pattugliamento
della frontiera sono stati inquadrati dai
radar dei sistemi missilistici siriani e
russi e dei caccia MiG-29 di
Nave da guerra russa nel Mar Caspio. Fonte: Sputnik News.
provenienza ignota. Nonostante le
rassicurazioni indirizzate dal Presidente russo Vladimir Putin al suo omologo turco, Recep Tayyip Erdoğan,
Ankara ha minacciato di interrompere ogni collaborazione in ambito energetico, in particolare i lavori per la
costruzione del gasdotto TurkStream (progettato per aggirare l’Ucraina) e della centrale nucleare Akkuyu (del
costo di circa 20 miliardi di dollari).
A livello diplomatico, sono da segnalare gli incontri svoltisi a margine del Gran Premio di Formula 1 di Sochi
(11 ottobre), tra Putin e alcune figure di spicco delle monarchie del Golfo (il Ministro della Difesa dell’Arabia
Saudita, Mohammed bin Salman, e il Principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed al Nahyan).
Sebbene persistano importanti divergenze tra le parti (in particolare, sul ruolo di Bashar al-Assad nel futuro
della Siria), è ipotizzabile che in futuro la Russia intensifichi ulteriormente i propri sforzi diplomatici.
Gli USA rivedono la loro strategia in Siria
Alla luce degli scarsi risultati ottenuti, il Pentagono ha annunciato la sospensione del programma di
addestramento delle forzi ribelli siriane e l’utilizzo dei fondi già stanziati (500 milioni di dollari) per rafforzare
un numero limitato di gruppi ribelli, comprese le “Unità di Protezione Popolare”, milizie curde siriane (in curdo
“Yekîneyên Parastina Gel” - YPG). L’obiettivo più immediato della nuova strategia americana sarebbe quello
di aumentare la pressione sulle milizie dello Stato Islamico nell’area di Raqqa, nel nord della Siria. Intanto, il
leader della Coalizione Nazionale Siriana (ombrello che riunisce numerose forze di opposizione) ha dichiarato
l’intenzione di boicottare il dialogo promosso dalle Nazioni Unite, chiedendo che prima venga fatta chiarezza
sulle operazioni russe nel Paese.
Fonti utilizzate: Mehr News; Syrian Arab News Agency; Middle East Eye; BBC; al-Monitor; Reuters; Daily Star Lebanon; Sputnik
News; al-Arabiya; Hurriyet
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IRAQ
Sommario
Nel corso dell’ultima settimana, le forze irachene
hanno ottenuto importanti successi nel
Governatorato di Al Anbar, avanzando verso
Ramadi, dove le postazioni dello Stato Islamico
sono state circondate. È, dunque, verosimile che
nelle prossime settimane si assista a una
intensificazione dei combattimenti in quest’area
e a un possibile aumento degli attacchi
terroristici a scopo diversivo in altre zone del
Paese.
Si è aggravata la crisi politica nella Regione
Autonoma del Kurdistan, ove si sono registrate
violente proteste, con un bilancio di almeno
quattro morti e diversi feriti. Il Governo locale,
già alle prese con le difficoltà derivanti dal calo
del prezzo del petrolio, risente delle tensioni
esistenti tra le principali forze politiche circa il
ruolo del Presidente Barzani, il cui mandato è
formalmente scaduto lo scorso 26 agosto.
Le forze irachene avanzano verso Ramadi
L’operazione su larga scala annunciata il 4 ottobre per riprendere il controllo dei territori governati dallo Stato
Islamico ha iniziato a produrre risultati positivi. Tra il 5 e l’11 ottobre, le Forze governative irachene hanno
ottenuto importanti successi, spingendosi sino a ridosso della città di Ramadi, capoluogo del Governatorato di
Al Anbar. L’offensiva è condotta dall’Esercito iracheno, dai Servizi Anti-Terrorismo, dalla Polizia Federale e da
varie milizie tribali, mentre la coalizione militare a guida USA offre supporto aereo, indebolendo le posizioni
nemiche con raid mirati. La riconquista di Ramadi rappresenta un test di fondamentale importanza per il
Governo guidato da Haider al-Abadi, intenzionato a dimostrare la capacità delle forze irachene di avere la
meglio sullo Stato Islamico, anche senza l’aiuto delle milizie sciite. Negli ultimi anni, i leader di tali formazioni
hanno progressivamente rafforzato la propria influenza anche in ambito politico, approfittando della debolezza
delle istituzioni centrali. Ciò ha consentito all’Iran, principale sponsor di questi gruppi, di affermarsi come
attore chiave sullo scenario iracheno. Tra le principali milizie sciite, riunite nel Comitato di Liberazione Popolare
(Hashid Shaabi), si possono annoverare: le Brigate al-Badr (guidate da Hadi al-Ameri), la Lega dei Figli dei
Giusti (Asa'ib Ahl al-Haq, guidata da Qais al-Khazali) e Kataeb Hezbollah. I leader di tali formazioni si
oppongono al tentativo di al-Abadi di attuare un pacchetto di riforme approvato lo scorso 11 agosto, con lo
scopo di contrastare la corruzione e rafforzare i meccanismi di governance, così da favorire un miglioramento
delle condizioni di vita della popolazione. Essi temono, infatti, che il successo di tali riforme possa rafforzare la
posizione del Primo Ministro, privandole degli ampi margini di manovra di cui hanno sino ad ora beneficiato.
Nella scorsa settimana, sono ulteriormente aumentate le pressioni esercitate sul Governo dai leader delle milizie
sciite, affinché esso faccia richiesta ufficiale di intervento militare alla Russia. Tale ipotesi ha incontrato
l’apparente disponibilità del Primo Ministro, interessato a mantenersi in equilibrio tra le varie forze politiche e
a ottenere un’intensificazione dei raid aerei americani. Intanto, il 7 ottobre, il Ministro della Difesa iracheno,
Khaled al-Obaidi, ha dichiarato di non essere stato informato dai russi sui missili da crociera lanciati da unità
navali nel Mar Caspio, attraverso lo spazio aereo iracheno e iraniano.
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A livello militare, è da segnalare l’invio di truppe appartenenti alla 16a divisione nel Governatorato di Niniveh,
per partecipare all’offensiva per riprendere il controllo di Mosul.
Nelle altre regioni, il quadro di sicurezza rimane estremamente precario: il 5 ottobre, nella località di Zubayr
(Governatorato di Bassora), un’autobomba ha provocato almeno 25 vittime. Nel sud dell’Iraq, a maggioranza
sciita, simili attacchi sono più rari che nel resto del Paese.
L’11 ottobre, un raid delle Forze Aeree irachene nell’ovest del Paese ha colpito un convoglio sul quale
viaggiavano figure di spicco dello Stato Islamico, uccidendo otto militanti. In un primo momento, fonti locali
avevano riportato la notizia della morte di Abu Bakr al-Baghdadi, ma essa è stata successivamente smentita.
Tensioni nella Regione Autonoma del Kurdistan
Il 10 e l’11 ottobre, varie località
nella Regione Autonoma del
Kurdistan (RAK) sono state
interessate da proteste popolari, che
hanno provocato almeno quattro
morti e diversi feriti. Scopo delle
proteste, particolarmente intense
nella città di Suleimaniyah, era
quello di chiedere il pagamento di
tre mesi di stipendi arretrati e la
soluzione della crisi politica che sta
interessando la regione dal mese di
agosto. Questa è dovuta in primo
Proteste nel Governatorato di Suleimaniyah. Fonte: Rudaw
luogo alla posizione del Presidente
Massoud Barzani, leader del Partito
Democratico Curdo (PDC), al potere dal 2005. Il suo secondo mandato, scaduto nel 2013, era stato prorogato
per altri due anni (sino al 26 agosto 2015), a causa della situazione di conflitto esistente nella regione. Le altre
principali forze politiche curde chiedono che venga ripristinata una situazione di regolarità costituzionale e,
più in generale, che venga rafforzato il ruolo del Parlamento, a discapito di quello del presidente. Tuttavia, il
PDC ha sinora respinto l'ipotesi che Barzani possa abbandonare la propria carica. Il persistere della crisi a livello
politico potrebbe avere serie ripercussioni sul quadro di sicurezza, alla luce delle divisioni esistenti tra le varie
milizie curde che hanno sinora assicurato una efficace azione di contrasto all’avanzata dello Stato Islamico.
L’economia irachena in grave difficoltà
Il calo del prezzo del petrolio sta avendo gravi ripercussioni sull’economia irachena, dipendente dai proventi
derivanti dall’esportazione di idrocarburi per finanziare la maggior parte del bilancio statale. Nel 2015, il deficit
delle partite correnti dovrebbe attestarsi intorno al 12,7% del Prodotto Interno Lordo (secondo le previsioni del
Fondo Monetario Internazionale), mentre per il 2016 è prevista una leggera riduzione del deficit, dovuta in
primo luogo a tagli sul bilancio. L’11 ottobre, il Ministero delle Finanze ha annunciato un’interruzione nella
vendita di buoni del Tesoro, a causa dei tassi di interesse molto elevati richiesti dagli investitori stranieri (pari
a circa l’11,5% annuo). Nei giorni precedenti, il leader religioso sciita Ali al-Sistani aveva messo in guardia il
Governo dal rischio di aumentare in misura eccessiva il ‘peso’ dei prestiti in valuta estera.
Fonti utilizzate: Iraqi News; Rudaw; Shafaq News; Reuters; al-Jazeera; al-Arabiya; Arab News; Fondo Monetario Internazionale; alMonitor; Iraq Trade Link News Agency; Iraq-Business News.
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