Gli indici Prody ed Expy nell`analisi del commercio agroalimentare
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Gli indici Prody ed Expy nell`analisi del commercio agroalimentare
Gli indici Prody ed Expy nell’analisi del commercio agroalimentare. Una prima esplorazione. Anna Carbone (Università della Tuscia), Roberto Henke (INEA) e Giovanna Subioli (Università della Tuscia) Working Paper 09/16 is a Research Project on “European Union policies, economic and trade integration processes and WTO negotiations” financed by the Italian Ministry of Education, University and Research (Scientific Research Programs of National Relevance, 2007). Information about the project, the partners involved and its outputs can be found at http://www.ecostat.unical.it/anania/PUE&PIEC.htm. Gli indici Prody ed Expy nell’analisi del commercio agroalimentare. Una prima esplorazione12 Anna Carbone Università della tuscia, Viterbo (e-mail: [email protected]) Roberto Henke Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA) (e-mail: [email protected]) Giovanna Subioli Università della Tuscia, Viterbo (email: [email protected]) Abstract: In questo lavoro si applicano agli scambi agroalimentari alcuni indicatori che misurano il cosiddetto livello di “complessità” (sophistication) dei beni esportati e che, recentemente, sono stati utilizzati per l’analisi dell’intero commercio con l’estero di un Paese. Con il termine “complessità” si intende un insieme di caratteristiche incorporate nei beni e legate alla loro redditività; tra queste, la tecnologia, la qualità ed il grado di diversificazione, le limitazioni alla concorrenzialità del mercato. Nell’ipotesi alla base dell’uso di questi indicatori, tali caratteristiche sono correlate al livello del reddito pro-capite dei paesi esportatori e descrivono in modo sintetico ed efficace il tipo di mercato nel quale un Paese si trova a competere per un dato prodotto e, quindi, indirettamente, le sue potenzialità in termini di capacità di remunerazione delle risorse impiegate. Nell’analisi proposta, con l’aiuto di questi indicatori, si analizza, il livello di sophistication dei prodotti agroalimentari commercializzati sui mercati mondiali, ed il posizionamento di ciascun paese. Un approfondimento è dedicato alla specializzazione del nostro paese ed all’evoluzione del tipo di mercati e di concorrenza nel quale si colloca il made in Italy agroalimentare. Parole chiave: agroalimentare export sophistication, specializzazione commerciale, made in Italy 1 La ricerca i cui risultati sono presentati in questo lavoro ha beneficiato del sostegno finanziario del Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca (Programma di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale 2007 su “Politiche dell’Unione Europea, processi di integrazione economica e commerciale ed esiti del negoziato WTO”). 2 Gli autori desiderano ringraziare Alessandro Antimiani, Stefano Colangelo, Valeria Costantini e Marco della Chiara per l’aiuto fornito nel mettere a punto la banca dati utilizzata per le elaborazioni. Un ringraziamento va anche a Luca Salvatici ed agli altri partecipanti al Workshop del gruppo di ricerca Prin, tenutosi a Cetraro (CS) il 28-29 settembre 2009, per i preziosi consigli e le utili osservazioni che ci hanno dato in quell’occasione. 2 1. Introduzione L’importanza crescente della qualità dei beni esportati è un dato oramai ampiamente riconosciuto in letteratura (Lanza e Quintieri, 2007). La specifica qualità di alcuni beni offre una spiegazione dell’esistenza di flussi commerciali che non troverebbero ragion d’essere nei consueti fattori che le vecchie e le nuove teorie del commercio internazionale pongono alla base degli scambi tra paesi (Schott, 2004). In altri termini, la qualità dei beni si rivela essere un fattore determinante per catturare una domanda sempre più sofisticata e segmentata e diventa quindi un elemento centrale della competitività delle imprese, dei paesi e dei flussi di esportazioni. Di conseguenza, diviene sempre più rilevante poter misurare la qualità dei beni al fine di effettuare confronti e per riuscire a valutare i fattori da cui dipende la perfomance di ciascuno sull’arena globale. Tuttavia, misurare la qualità di un bene non è impresa facile; infatti, da un lato, il concetto include aspetti la cui valutazione presenta caratteri di forte soggettività e quindi difficilmente ordinabili su di una scala oggettiva; dall’altro, non sempre le informazioni sulla base delle quali si potrebbe costruire una misura della qualità sono disponibili e ciò è particolarmente vero nelle analisi di commercio internazionale, nelle quali si lavora su molti settori o comparti che risultano dall’aggregazione dei singoli beni prodotti da tante imprese che operano all’interno di ciascun settore o comparto. È per questa ragione che si assiste ad una intensificazione dei contributi che propongono modi alternativi per misurare più o meno direttamente questi livelli qualitativi (Schott, 2004; Quintieri, 2007; Boris e Lamieri, 2007). Il lavoro proposto nelle pagine seguenti si colloca all’interno di questa letteratura e sperimenta l’applicazione agli scambi agroalimentari di una famiglia di indicatori proposti in alcune recenti analisi di commercio internazionale. Si tratta di indici che misurano il livello di sophistication (traducibile in italiano con il termine complessità, ma qui si preferisce usare il sintagma originale inglese) di ogni bene esportato e di ogni paese esportatore: i cosiddetti indici Prody ed Expy (Lall, Weiss e Zhang 2006; Hausman, Hwang e Rodrik, 2007). Con il concetto di sophistication si designa un insieme di caratteristiche incorporate nei beni e dalle quali dipende in larga parte il tipo di concorrenza che si instaura sul mercato ed il livello di redditività; tra queste, ad esempio, la tecnologia, il design, i diversi attributi di qualità ed il grado di diversificazione,. Nell’ipotesi alla base dell’uso di questi indicatori, tali caratteristiche sono correlate al livello del reddito pro-capite dei paesi esportatori. In particolare, questi indicatori descrivono in modo sintetico ed efficace il tipo di mercato nel quale un Paese si trova a competere per un dato prodotto e, quindi, indirettamente, le 3 sue potenzialità in termini di capacità di remunerazione delle risorse impiegate nel processo produttivo. Secondo alcuni studiosi, inoltre, il livello di sophistication delle esportazioni di un paese sarebbe, più generalmente, legato alle potenzialità di crescita economica del Paese stesso (Rodrick, 2006; Hausman, Hwang e Rodrik, 2007). I vantaggi principali che derivano dall’utilizzo di questi indicatori consistono nella facilità di reperimento dei dati necessari alla loro costruzione, nella semplicità di calcolo ed interpretazione, nella loro notevole capacità di sintetizzare efficacemente una grande mole di dati attraverso la determinazione di graduatorie e tendenze evolutive (Di Maio e Tamagni, 2008; Hausman, Hwang e Rodrik, 2007; Kamakura, 2007). Il paper intende offrire alcune valutazioni sull’utilità e sulle eventuali limitazioni nell’uso di questa metodologia, finora applicata con riferimento all’intero vettore delle esportazioni di più Paesi, nel caso in cui venga applicata allo studio del commercio di un settore ed in particolare di quello agroalimentare. Inoltre, nella seconda parte del lavoro si propone un’applicazione di tali indici al made in Italy agroalimentare, per mettere in luce proprio come essi possano essere utilizzati per descrivere e valutare la performance di un paese in relazione ad una componente rilevante del commercio internazionale. A questo scopo, il prossimo paragrafo è dedicato ad illustrare nel dettaglio il concetto di sophistication e la natura degli indicatori che misurano tale fenomeno. Nello stesso paragrafo vengono brevemente inquadrati i contributi di analisi nell’ambito dei quali questi indicatori sono stati sviluppati e le peculiarità ed accortezze interpretative necessarie ad una applicazione in campo agroalimentare. Nel paragrafo 3 viene illustrato e discusso il livello di sophistication delle 95 voci nelle quali è stato scomposto il commercio agroalimentare mondiale. Nel paragrafo 4 ci si sofferma, invece, sulla posizione di 76 paesi esportatori di beni agroalimentari sempre in termini di livello della sophistication del paniere dei prodotti esportati da ciascuno. Il paragrafo 5 si concentra sull’Italia e propone un’applicazione di questi indicatori all’analisi del tipo di collocazione commerciale dei prodotti del cosiddetto made in Italy agroalimentare. Come già accennato, questo approfondimento ha una doppia valenza in quanto, da un lato, aiuta a dare una valutazione concreta dell’interesse dei risultati specifici forniti dagli indicatori; dall’altro, consente di capire quale sia la tendenza cui va incontro la specializzazione internazionale del settore agroalimentare italiano, in una fase in cui le analisi più recenti fotografano un Paese che nel suo insieme mantiene una specializzazione produttiva che permane sbilanciata nei settori tradizionali (Lanza, 2007; Di Maio e Tamagni, 2008). Infine, nel paragrafo 6, vengono proposte alcune riflessioni conclusive. 4 2. Gli indici di sophistication ed il commercio agroalimentare Come anticipato nell’introduzione, gli indicatori sui quali si basa l’analisi proposta in questo contributo misurano il cosiddetto livello di sophistication delle voci di esportazione. Il termine sophistication sta ad indicare gli attributi di un bene che ne aumentano il contenuto in valore, ovvero ne aumentano la capacità di remunerare i fattori della produzione impiegati. Tra questi, la tecnologia, gli specialised skills, il design, il marchio, altre qualità uniche o difficilmente imitabili legate alla natura intrinseca del prodotto o anche ad aspetti estrinseci. Gli autori che, negli anni più recenti, hanno proposto l’uso di questo concetto nell’analisi delle tendenze del commercio internazionale, misurano indirettamente la sophistication dei beni esportati attraverso il Pil dei paesi esportatori (Lall Weiss e Zhang, 2007; Hausmann et al., 2007). Più precisamente, l’indice di sophistication di una voce commerciale (definita a livelli di aggregazione più o meno spinti) è costruito come sommatoria dei Pil pro capite (Pil) dei paesi che esportano tale prodotto (o aggregato di prodotti), ognuno ponderato con un peso che esprime la specializzazione commerciale del paese in quel prodotto. Il modo di calcolare i pesi varia leggermente; in questo lavoro abbiamo usato la versione proposta da Hausmann et al. (2007) e successivamente utilizzata anche da Di Maio e Tamagni per l’Italia (2008): N Pr odyi sij Pil j j 1 Dove si,j pondera il Pil di ciascun paese j esportatore del prodotto i ed è dato da: si , j RCAi , j RCA i, j j e Rca (Revealed Comparative Advantage, Indice di Balassa) è: X i, j RCAi , j Xj X i,w Xw L’idea sottostante è che un paese ad alto Pil, per definizione, è nell’insieme in grado di remunerare meglio le risorse impiegate nei diversi processi produttivi e, dunque, anche in quelli che generano prodotti offerti sui mercati internazionali. Dunque, l’indice Prody associato ad ogni bene esportato fornisce, indirettamente, una indicazione sintetica del suo livello di sophistication. Inoltre, l’indice fornisce informazioni sul tipo di paesi che esportano un dato bene e, quindi, sul tipo di concorrenza che il prodotto incontra sui mercati internazionali(Lall, Weiss e Zhang, 2007). 5 In questo quadro, il livello di sophistication di un prodotto o di un paniere di prodotti esportati da un paese è visto come uno degli elementi da cui può dipendere la sua capacità esportativa, ovvero la sua collocazione internazionale. L’influenza di questo fattore è del tutto compatibile con la possibile influenza di altri fattori usualmente individuati in letteratura nell’ambito delle teorie del commercio internazionale, sia in quelle tradizionali che in quelle cosiddette “nuove”3. Questo modo di guardare al commercio internazionale e di classificare i beni scambiati non è quindi da intendersi come alternativo ad altri ma, piuttosto, si propone di arricchire la capacità di spiegare i flussi commerciali ed il tipo di competizione che i paesi instaurano (Hausamnn et al., 2007). Di conseguenza, è ovvio che alcune determinanti fondamentali dei flussi commerciali non vengono catturate dalla misura della sophistication, come si vedrà meglio anche più avanti. Essa quindi presenta alcune limitazioni che rendono necessario un uso complementare di misure anche molto diverse tra loro, al fine di poter ricostruire un utile quadro dei meccanismi che regolano gli scambi commerciali internazionali, la posizione dei singoli paesi e la loro evoluzione nel tempo. Infine, vale la pena di segnalare che, secondo alcuni degli autori che propongono di classificare beni e paesi in base alla sophistication dell’export, una specializzazione delle esportazioni orientata verso prodotti ad alto valore di sophistication sarebbe promotrice di crescita economica (Hausmann et al., 2007). In altre parole, la capacità di produrre ed esportare beni già prodotti ed esportati da paesi ricchi colloca un paese su mercati in grado di remunerare meglio gli input; in particolare, inoltre, se questo ciò avviene in paesi in via di sviluppo, e se le imprese pioniere in questi settori di punta vengono imitate da altre imprese, si generano effetti di spill-over e di socializzazione dei benefici generati dal processo di cost-discovery affrontato dai pionieri (Hausmann e Rodrick, 2003; Hausmann et al., 2007). Ad esempio, questo sarebbe, secondo Rodrick (2006), proprio ciò che è accaduto alla Cina, paese i cui eccezionali tassi di crescita sarebbero, in gran parte, spiegati da una specializzazione delle esportazioni verso prodotti ad elevata sophistication4. Tuttavia, l’esistenza di un legame in qualche misura sistematico tra il livello di sophistication delle esportazioni di un paese e la sua crescita economica non appare allo stato attuale sufficientemente supportata né sul piano teorico né su quello empirico ed al riguardo si sta sviluppando un dibattito che vede alcune posizioni contrapposte (Lall et al., 2006; Hausmann et al., 2007; Kamakura, 2007; Minondo, 2007). 3 Come noto, tra i fattori determinanti i flussi commerciali e la competitività di un paese sui mercati mondiali, la letteratura ha sin qui analizzato prevalentemente il ruolo delle risorse naturali, della dotazione di capitale sia fisino che umano, dei costi di trasporto, della tecnologia, delle infrastrutture e della qualità delle istituzioni e del contesto sociale, della presenza di economie di scala e di esteralità localizzative, delle esternalità generate da reti di imprese, ed altro ancora. 4 La capacità di alcune imprese cinesi di collocarsi in segmenti di mercato dinamici e remunerativi, perlopiù dominati da paesi ad elevato Pil avrebbe agito da traino verso un numero crescente di altre imprese cinesi, diffondendo così una crescente capacità di remunerazione degli input (Rodrick, 2006). Questo sarebbe, ad esempio, uno dei ruoli affidati dal governo cinese alle cosidette Dragon Head, cinesi, imprese tecnologicamente avanzate, generate da joint ventures con partner internazionali (Carbone, 2008) 6 In ragione di ciò, ed anche in considerazione della natura settoriale dell’applicazione che qui si propone per questi indici, l’uso che se ne farà prescinde da considerazioni legate all’eventuale potenziale di crescita associato alla sophistication e si concentra, invece, sulle informazioni che se ne possono trarre in termini di collocazione commerciale dei beni esportati. In quest’ottica, è anche interessante guardare alla dinamica temporale degli indici. L’evoluzione della misura del Prody nel corso del tempo, infatti, consente di apprezzare eventuali processi di delocalizzazione geografica del commercio dovuti a cambiamenti nella specializzazione delle esportazioni dei paesi. Tali cambiamenti, naturalmente, possono a loro volta essere la conseguenza di processi di trasformazione del tessuto produttivo di paesi della più varia natura e dovuti a cause diverse, determinabili solo con analisi ad hoc di maggiore dettaglio ed approfondimento. Lall et al. (2006), ad esempio, attribuiscono la generale crescita di sophistication osservata per i paesi inclusi nel loro set di dati, nel corso del periodo 1990-2000, ad una crescente frammentazione dei processi produttivi ed alla delocalizzazione di alcune fasi di tali processi in paesi a medio e basso reddito, con conseguente crescita di flussi commerciali di beni intermedi. Dal modo in cui l’indice è stato costruito si ricava facilmente che una sua variazione nel tempo può essere dovuta a diversi ordini di fenomeni. In primo luogo l’indice Prody del bene i varia se varia il reddito dei paesi che esportano i; inoltre, anche variazioni nel grado di specializzazione di uno o più paesi esportatori influisce sul valore dell’indice; infine, l’entrata e/o l’uscita di uno o di alcuni paesi dal novero degli esportatori del bene i influisce sull’indice. Direttamente dal Prody discende l’indicatore di sophistication chiamato Expy ed associato ai paesi. L’Expy di un paese si ottiene per sommatoria dei Prody dei prodotti (comparti) che il paese esporta, ognuno pesato per la quota del prodotto sulle esportazione totali del paese. La sophistication per paese può essere costruita a partire dall’indicatore precedente in questo modo: Expy j i xi , j Xj Pr ody i dove il peso xij/Xj esprime la quota di ciascun prodotto/comparto sulle esportazioni totali del paese. L’Expy fornisce un ranking dei paesi che dà una indicazione sintetica del livello relativo di sophistication delle sue esportazioni e consente di fare confronti immediati. In particolare, confrontando il livello del reddito pro-capite di un paese con il suo indice Expy e con quelli di paesi di analogo Pil si possono trarre indicazioni sull’adeguatezza della sua specializzazione, ovvero sulla sua capacità di generare valore aggiunto e di sfuggire alla concorrenza di paesi a più basso reddito che quindi godono, coeteris paribus, di una più intensa competitività di prezzo. Calcolando la variazione di questo indice nel corso del tempo si ha una misura di come il posizionamento del paese è cambiato nel tempo. Un paese le cui esportazioni sono orientate in 7 favore di prodotti con indice di sophistication che si riduce nel tempo è un paese la cui competitività è compromessa da una specializzazione produttiva inadeguata a valorizzare le risorse presenti e verosimilmente andrà incontro ad una crescente concorrenza da parte dei prodotti meno sofisticati di paesi a più basso reddito (più intensa concorrenza di prezzo). Questo è proprio quanto sarebbe accaduto in Italia, secondo Di Maio e Tamagni (2008), che hanno analizzato l’evoluzione della sophistication delle esportazioni italiane nell’arco di un ventennio, spiegando così, almeno in parte, il declino della competitività internazionale del paese 5. Questo tipo di analisi sembra di particolare interesse anche nel caso dei prodotti agroalimentari (in particolare quelli dell’industria di trasformazione) in quanto si tratta di mercati ai quali i paesi a medio-basso reddito hanno avuto negli ultimi anni relativamente maggiore facilità di accesso, entrando nel novero degli esportatori, sia a causa del generale processo di liberalizzazione che ha coinvolto questi mercati, sia a seguito di una accresciuta capacità produttiva (in senso quantitativo e qualitativo) di alcuni paesi emergenti. Nell’analisi qui proposta, infatti, ci si limita a calcolare il Prody per i beni del paniere delle esportazioni agroalimentari; dunque, anche l’Expy fa riferimento solo a questi beni e per questo viene definito ExpyAA. La natura settoriale dell’analisi, oltre alle caratteristiche peculiari che distinguono fortemente il settore primario da molti altri settori produttivi, richiede alcune cautele nell’interpretazione dei risultati che verranno di volta in volta presentate al lettore L’analisi è stata condotta con riferimento all’ultimo decennio, rappresentato dai bienni 1996-97 e 2006-07. I dati di commercio usati sono quelli della Banca Dati Contrade (Nazioni Unite) nella classificazione HS a 6 digit per un totale di 704 voci, poi aggregate in 95 comparti. sulla base dell’affinità merceologica delle voci. I dati di Pil e popolazione vengono dalla Banca Dati WDI (Banca Mondiale). I dati sul Pil sono espressi in dollari costanti 2005 in parità di potere d’acquisto (PPP)6. 3. La sophistication dei prodotti agroalimentari: l’indice Prody Il calcolo dell’indice Prody per il comparto agroalimentare ci restituisce un quadro molto composito e variegato, sia rispetto alla composizione merceologica (settore primario e prodotti trasformati) che rispetto all’origine e alla destinazione dei prodotti (prodotti per il consumo diretto, per l’industria alimentare, input, ecc.) (vedi allegato 1). Se si guarda alla distribuzione delle frequenze relative per 5 Più nel dettaglio, le esportazioni del paese si sarebbero progressivamente concentrate in settori a bassa sophistication, spostando progressivamente il piano della competizione commerciale sugli elementi propri di settori maturi a basso valore aggiunto e riducendo la capacità dello sbocco estero di promuoverne la crescita. 6 I 76 paesi inclusi nell’analisi rappresentano l’87,4% del commercio agroalimentare mondiale. 8 classi dell’indice Prody per il 2006/07 si evidenzia come essa mostri un andamento asimmetrico a destra, con due picchi che si raggiungono per i valori compresi tra 18.500 e 20.500 e tra 22.500 e 24.500 (figura 1). Rispetto al 1996/97, si evidenzia un complessivo slittamento a destra della distribuzione dei valori dell’indice per il totale delle 95 voci considerate, con i due picchi che si collocano decisamente più in basso rispetto al dato del 1996/97 (frequenza massima tra 14.500 e 16.500 dollari)7. Fig. 1 – Distribuzione delle frequenze dell’indice Prody per le 95 voci relative ai prodotti agroalimentari 35 30 25 20 15 frequenza 2006-07 frequenza 1996-97 10 5 25 00 -4 50 0 45 01 -6 50 0 65 01 -8 50 85 0 01 -1 05 10 00 50 112 50 12 0 50 114 50 14 0 50 116 50 16 0 50 118 50 18 0 50 120 50 20 0 50 122 50 22 0 50 124 50 24 0 50 126 50 26 0 50 128 50 28 0 50 130 50 30 0 50 132 50 0 0 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Dai dati della tabella 1, che riporta alcune statistiche descrittive “standard” dell’analisi dei dati, notiamo che l’indice mostra un notevole campo di variazione e che tale campo è aumentato tra il primo ed il secondo periodo, aumentando la distanza tra valori bassi e alti, come testimoniato anche dall’aumento della deviazione standard8. La media e la mediana sono molto vicine tra loro (dunque la posizione del valore medio coincide quasi con quello che si lascia a sinistra il 50% delle osservazioni), ed entrambe aumentano in maniera significativa. Al contempo, il valore del terzo quartile aumenta molto di più di quello relativo al primo, il che contribuisce ad aumentare 7 Lo spostamento verso destra delle frequenze dell’indice può essere in parte dovuto ad un effetto “trascinamento” della crescita del Pil. Tuttavia, gli anni qui considerati sono stati caratterizzati da andamenti molto differenziati in termini di crescita del Pil, per cui l’effetto complessivo potrebbe essere molto limitato. 8 È interessante sottolineare che la deviazione standard è più elevata in questo set di dati relativi al solo comparto agroalimentare rispetto al set di dati riferito al commercio nel suo complesso, come mostrato da altro lavori (Di Majo e Tamagni, 2008). 9 l’asimmetria della distribuzione delle frequenze tra il primo ed il secondo periodo considerato 9. Tutto ciò, a conferma di quanto già visto dalla dinamica delle frequenze, sta ad indicare un complessivo “spostamento” verso l’alto della distribuzione dei valori dell’indice, ovvero un aumento dei valori dell’indice per buona parte dei prodotti e, comunque, una maggiore ampiezza dell’arco dei valori dei dati che aumentano rispetto a quello dei valori che diminuiscono. Tab. 1 – Statistiche descrittive relative all’indice Prody (95 prodotti) Valore minimo 1° quartile Mediana Media 3° quartile Valore massimo Deviazione standard 2006/07 4.368 1996/97 3.887 15.326 12.972 19.362 15.128 19.412 15.099 23.089 17.739 32.095 25.052 5.750 4.512 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Passando ad osservare il tipo di voci commerciali che si trovano nelle diverse posizioni della distribuzione, si può notare come nelle prime posizioni per grado di sophistication si collocano, nel biennio 2006/07, beni prevalentemente legati alla filiera zootecnica, sia bovina che di altre specie, con la sola eccezione dei vini spumanti e degli oli di oliva (vergine e miscele)10. In particolare, la voce che fa registrare il valore più alto del Prody è quella dei vini spumanti, che recupera molte posizioni rispetto al 1996/97, spodestando i formaggi erborinati, che si collocavano al primo posto nel 1996-97. Nel complesso, si tratta di prodotti frutto di un processo “medio” di trasformazione (formaggi, vini spumanti, olio), complessivamente piuttosto maturi (grassi animali, frattaglie, carcasse congelate), o anche riconducibili alla attività primaria ma con specificità qualitative legate al territorio (olio, formaggi) o anche al contenuto tecnologico e all’alto valore commerciale (animali riproduttori). Tra il biennio 1996-97 ed il successivo il Prody migliora, con alcuni rilevanti spostamenti di posizione in graduatoria (basti vedere il caso degli stessi vini spumanti, già menzionato, o anche quello dell’olio d’oliva o del grano tenero). Solo per due prodotti il segno è negativo: le carcasse congelate di bovini (-1,1%) ed il grano tenero (-2,6%)11. Va anche segnalato come gli incrementi maggiori si registrino per un set di prodotti molto diversi tra loro: la variazione 9 Si ricorda che il primo quartile rappresenta il valore che identifica la posizione del 25% delle osservazioni. In questo caso, un quarto dei dati assume valore inferiore a 12.972,7. Allo stesso modo, il terzo quartile identifica la posizione del 75% delle osservazioni. 10 Per un quadro completo del ranking delle 95 voci qui utilizzate per l’agroalimentare, si veda anche l’allegato 1 in appendice. 11 Su questo aspetto, una spiegazione plausibile è legata al processo di riduzione del tasso di protezionismo che ha riguardato, in particolare, il mercato dei cereali e dei prodotti zootecnici. Ciò può avere avuto l’effetto di un maggiore accesso agli scambi internazionali di Paesi esportatori a più basso reddito (ad esempio, per i cereali, i paesi dell’Est Europa). 10 più ampia riguarda proprio il prodotto che nel 2006-07 si insedia al primo posto (vini spumanti, +93,5%); a seguire, troviamo sia alcuni prodotti tipici del made in Italy (olio d’oliva, pelati di pomodoro, pasta) che beni primari provenienti da regioni tropicali (frutta tropicale, radici e gomme, ecc.), sia, infine, alcuni prodotti zootecnici. Un elemento atteso, in accordo con quanto sostenuto dagli studiosi che hanno proposto l’uso dell’indice, è che le commodities si collochino nella parte bassa del ranking dell’indice, mentre prodotti a più alto contenuto potenziale in valore siano nella parte alta. Vale senz’altro la pena di rilevare che nel caso dell’alimentare, questo tipo di relazione, pur sussistendo in molti casi, è notevolmente attenuata per cui, come visto, si hanno prodotti indifferenziati del settore primario anche in posizioni relativamente alte del ranking e prodotti trasformati dell’industria alimentare in posizioni non sempre elevatissime. Ciò, come si discuterà anche più avanti, dipende da diversi fattori che influenzano significativamente la specializzazione produttiva dei paesi nel settore agroalimentare, tra cui elementi legati al clima ed alla disponibilità di risorse, scelte politiche legate al ruolo strategico tradizionalmente accordato all’autosufficienza alimentare ed alla presenza di un settore primario vitale anche al di là del suo contributo all’efficienza economica complessiva del paese. Avendo esaminato i dati nel loro insieme, il passo successivo è quello di verificare, per i prodotti a maggiore valore dell’indice Prody, le quote di esportazioni sul mercato mondiale (tabella 2). Partendo dai vini spumanti, le esportazioni per questa voce sono fortemente concentrate: il 66% è ascrivibile alla Francia, poco meno del 10% all’Italia ed il 9% alla Spagna. La situazione non era molto diversa nel decennio precedente. Passando ai formaggi erborinati, oltre il 70% delle esportazioni di questo prodotto è riconducibile a tre Paesi dell’UE: Danimarca (27,8%) Italia (22%) e Francia (21,5%). In tutti e tre i casi le quote sono sostanzialmente stabili nel tempo, seppure con un leggero incremento. Il terzo prodotto in ordine di sofisticatezza è quello delle carcasse suine fresche e refrigerate. In questo caso, il flusso risulta meno concentrato: la quota di esportazioni mondiali più ampia spetta alla Germania (18%), in grande espansione (nel 1996-97 la stessa quota si fermava al 4,5%), seguita dalla Danimarca. Da notare che la crescita delle esportazioni tedesche sembra essere bilanciata dal forte arretramento della quota olandese, che passa dal 21,3% del 199697 ad appena l’11,7% del 2006-07. 11 Tab. 2 – Valore dell’indice Prody, del Rca e delle quote “paese” di esportazione per prodotti selezionati Prodotto Posizione Tip. prod.* Vini spumanti 1 i Formaggi erborinati 2 p Suini: carcasse fresche e refrigerate 3 i Grassi animali vari 4 i Animali riproduttori 5 i Grano tenero 41 p Pasta alimentare 43 i Pelati e conserve di pomodoro 48 i Caffè greggio 95 p * p = prodotto primario; i = prodotto dell'industria alimentare Valore Prody 2006/07 1996/97 32095 16584 30874 25052 30483 24919 29680 23114 29614 22224 20204 20734 20174 12976 19362 11211 4368 3887 Primi 3 esportatori 2006/07 Francia (66,1%) Italia (9,9%) Spagna (8,9%) Danimarca (27,8%) Italia (22,0%) Francia (21,5%) Germania (18,0%) Danimarca (15,7%) Olanda (11,7%) Italia (19,6%) Olanda (16,4%) Danimarca (12,8%) Olanda (19,4%) Italia (19,0%) Francia (13,0%) USA (25,5%) Canada (12,6%) Francia (12,0%) Italia (60,9%) Turchia (3,6%) USA (3,2%) Italia (44,3%) Cina ( 16,3%) Spagna (9,2%) Brasile (27,2%) Colombia (13,8%) Vietnam (10,5%) Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Di seguito ci si riferisce a categorie di prodotti diversi per grado di trasformazione, concentrazione delle quote ed ampiezza dei mercati di riferimento, in modo da dare un’ampia panoramica di prodotti a diverso indice Prody. Prendendo in considerazione una commodity agricola, il grano tenero, esso si colloca al 41° posto in graduatoria, con un leggero peggioramento del valore dell’indice. Tuttavia, questo è un caso interessante in quanto nel 1996/97 tale prodotto si collocava all’11° posto: dunque, esso ha perso notevoli posizioni, nonostante la variazione negativa del valore del Prody sia molto marginale. Il paese con la più ampia quota di mercato sono gli USA (25,5%), in riduzione rispetto al biennio 1996/97; seguono il Canada e la Francia, mentre la Russia si mostra in forte aumento tra i due periodi considerati. La pasta alimentare si situa al 43° posto nella graduatoria dell’indice Prody, in risalita, nel periodo di tempo considerato, dal 71° posto. In questo caso, ci troviamo di fronte ad un prodotto la cui quota di mercato dell’italia è superiore al 60%; al nostro Paese seguono altri con quote intorno al 3% (USA, Turchia), mentre in questo caso la quota della Cina tende a ridursi moltissimo, fin quasi ad azzerarsi. La voce “pelati e conserve di pomodoro” ha seguito un percorso non dissimile: occupa il 48° posto nella graduatoria dell’indice Prody, con un notevole recupero di posizioni tra il primo ed il secondo biennio considerato (nel 1996/97 si collocava al 77° posto). Questo prodotto rappresenta, come il precedente, una delle voci principali del made in Italy agroalimentare; infatti, la quota di mercato dell’Italia raggiunge il 44,3%, in leggero aumento rispetto al biennio precedente. Molto significativo è l’incremento della quota di mercato mondiale della Cina, che passa dal 2,9% del 1996-97 al 16,3% dell’ultimo biennio, collocandosi al secondo posto tra gli esportatori mondiali (Antimiani e Henke, 2005)12. 12 L’aumento così evidente delle esportazioni cinesi porta, come logico attendersi data la sua costruzione, ad un abbassamento del valore dell’indice Prody che questa voce merceologica. 12 Infine, prendendo in considerazione il prodotto con indice Prody più basso (in entrambi i bienni), il caffè greggio, si osserva che la quota più grande spetta al Brasile (27,2%), seguito dalla Colombia e dal Vietnam. 4. Un’applicazione dell’indice Expy al settore agroalimentare Questo paragrafo è dedicato ad analizzare la misura della sophistication con riferimento all’intero vettore delle esportazioni agroalimentari di ciascun paese, vale a dire l’indicatore chiamato ExpyAA. Come anticipato nel paragrafo 2, ciò consente di ottenere un ranking dei Paesi esportatori di beni agroalimentari basato sul grado di sophistication del paniere di beni esportati, ciascuno pesato per la quota di esportazioni che contribuisce a generare sul totale delle esportazioni agroalimentari del paese. La tabella 3 mostra come anche per l’ExpyAA, così come più in generale per l’Expy, vi sia una chiara relazione con il livello del Pil, relazione confermata dall’alto valore assunto dal coefficiente di correlazione tra le due serie di dati (R2 = 0.792). Che ciò si verifichi nell’insieme del set di paesi non deve meravigliare in quanto una relazione tra Expy e Pil esiste proprio per come l’indicatore è costruito. Nel nostro caso, l’esistenza di questa relazione è meno scontata in quanto l’Expy è di natura settoriale. La circostanza osservata, quindi, conferma che anche guardando solo ad un settore come quello agroalimentare che pesa poco sul Pil, vi sia una relazione tra livello del reddito e tipo di specializzazione commerciale. Tuttavia, come si vedrà poco avanti, risultano essere di particolare interesse anche i casi in cui si possono notare significativi scostamenti tra i due valori. Dunque, tutti i paesi che si trovano in cima alla graduatoria dell’ExpyAA sono paesi ricchi; in particolare sono paesi europei ai quali si aggiunge la Nuova Zelanda13. Le esportazioni che più contribuiscono alla collocazione di questi paesi fanno capo alla filiera zootecnica oppure a produzioni ad elevato grado di trasformazione e differenziazione. Nel caso della Svizzera ad esempio – prima nella graduatoria dell’ExpyAA di entrambi i bienni – l’ottimo risultato è determinato dall’esportazione di beni piuttosto eterogenei ma certamente a alto contenuto in valore come la cioccolata, i prodotti di pasticceria, le bibite analcoliche, i formaggi, il caffè lavorato, le salse e i condimenti. Piuttosto varia è anche l’offerta irlandese, che deve il suo successo a prodotti ad alto Prody come le carcasse bovine, la pasticceria, i liquori, lo yogurt (insieme a burro e spalmabili) e i semilavorati del latte. I prodotti della filiera zootecnica prevalgono in Danimarca, dove le carcasse sia fresche che congelate di suini prevalgono tra gli altri beni (pur avendo 13 Fanno eccezione, irrilevante dal punto di vista dei volumi di commercio, tre piccolissimi paesi insulari – Capo Verde, Cipro e Malta – dalla specializzazione produttiva e commerciale fortemente condizionata dalle piccolissime dimensioni e dalle peculiari condizioni ambientali 13 comunque una loro importanza anche i prodotti legati alla pesca e i lattiero-caseari). Così come la stessa tipologia di prodotti caratterizza l’export neozelandese, dove assumono rilevanza le carcasse ovicaprine ed equine, così come quelle suine insieme a diversi prodotti lattiero-caseari (latte,semilavorati del latte e formaggi). Anche la Germania deve il suo successo ai prodotti zootecnici, come le carcasse suine, il latte, i formaggi, ma non solo: forte è anche l’esportazione di cioccolata e prodotti di pasticceria. I lattiero-caseari occupano le prime posizioni anche tra le esportazioni della Finlandia (insieme ad altri, come i liquori, gli altri cereali e la cioccolata), mentre in Austria i buoni risultati sono ottenuti da prodotti diversi come acque, bibite e cioccolata. Eterogenea è l’offerta della Francia che, accanto a vini e spumanti, esporta un buon numero di prodotti a Prody medio-alto, come i formaggi, i prodotti di pasticceria e i liquori. L’Italia occupa una buona posizione, 11° posto nella graduatoria dell’Expy, registrando un forte miglioramento rispetto al biennio precedente, nel quale era solo 27°. Al di là dei vini, che sono i principali artefici del suo posizionamento, i buoni risultati sono dati da un range piuttosto ampio di prodotti esportati con Prody medio-alto, come l’olio di oliva vergine, la pasta, i formaggi, i pelati, la panetteria ed i prodotti a base di cioccolata. Tab. 3 – Valore dell’Expy agroalimentare per paesi selezionati 2006/07 ExpyAA posizione Svizzera 22.329 1 Irlanda 22.124 2 Danimarca 22.009 3 Nuova Zelanda 21.549 4 Malta 21.261 5 Finlandia 21.250 6 Austria 21.195 7 Germania 20.705 8 Francia 20.646 9 Cipro 20.630 10 Italia 20.386 11 Svezia 20.370 12 Capo Verde 20.269 13 Norvegia 20.202 14 Regno Unito 20.097 15 Madagascar 12.609 67 Costa Rica 12.333 68 Tanzania 12.063 69 Colombia 11.953 70 Zambia 11.868 71 Guatemala 11.383 72 Kenya 11.147 73 Uganda 10.160 74 Honduras 10.019 75 Malawi 8.090 76 Fonte: elaborazioni su dati Contrade 1996/97 ExpyAA posizione 17.574 1 17.357 3 17.449 2 16.931 4 15.821 15 16.312 6 16.929 5 16.058 10 15.689 18 15.141 22 14.903 27 16.269 7 14.966 26 15.830 14 15.612 19 9.299 68 8.700 69 7.437 74 7.508 72 9.769 65 7.465 73 7.798 71 6.282 76 8.176 70 6.391 75 Passando ad esaminare i paesi che si trovano in fondo alla graduatoria dell’ExpyAA (sempre in 14 tabella 3), si nota, innanzitutto, che sono tra i paesi più poveri al mondo, africani e dell’America Latina. Le principali voci di esportazione di questi paesi sono quasi sempre le stesse: prodotti del settore primario con valore dell’indice Prody molto basso, come il caffè grezzo, piante e fiori, spezie, frutta tropicale, zuccheri, tabacchi grezzi, mentre tra i prodotti trasformati le uniche voci che ricorrono sono gli oli di semi e, a fine periodo, le preparazioni di pesce. Vale anche la pena dare uno sguardo alle posizioni intermedie del ranking (non riportate in tabella per motivi di spazio) dove la relazione tra ExpyAA e Pilpc è meno netta in quanto vi si trovano paesi la cui specializzazione commerciale agroalimentare risulta influenzata prevalentemente da fattori diversi dal livello di sviluppo complessivo dell’economia; in questa vasta fascia intermedia si trovano situazioni molto differenziate. Innanzitutto si noti che vi ricadono paesi ad alto reddito come il Canada e gli USA (rispettivamente 27° e 40° in graduatoria) la cui specializzazione commerciale è più orientata verso prodotti primari a causa della straordinaria dotazione di risorse naturali oltre che dell’efficienza accumulata nel corso del tempo in produzioni primarie. Altri paesi ricchi che nella graduatoria dell’ExpyAA occupano posizioni relativamente più basse sono il Giappone (34°) e l’Olanda (30°). In questo caso si tratta di paesi piccoli ma specializzati in produzioni la cui sophistication è di livello intermedio. Nel caso del Giappone ciò è dovuto principalmente alle esportazioni di pesce, nelle quali il paese è notoriamente specializzato; per l’Olanda è dovuto alla discreta esportazione di piante e fiori che hanno un Prody piuttosto basso. In realtà, tra i primi prodotti esportati dagli olandesi vi sono anche prodotti a più alto valore di sophistication, come i formaggi e le carcasse bovine, ma le quantità esportate sono modeste, per cui la loro influenza sull’Expy risulta essere di piccola entità. All’estremo opposto, in questa fascia intermedia si trovano anche alcuni paesi a basso reddito, come ad esempio il Senegal e l’Armenia, che hanno sviluppato una qualche industria di trasformazione che dà luogo ad un flusso di esportazioni che in termini di specializzazione del paese ha un qualche peso. Nel caso del Senegal si tratta dei prodotti della pesca, semplici e variamente trasformati, in quello dell’Armenia si tratta dei liquori. Dunque, ad una prima esplorazione, l’ExpyAA conferma una relazione di massima con il Pil, rendendo utile l’uso dell’indicatore, anche se al tempo stesso emerge l’influenza su questa misura di alcuni fattori localizzativi della produzione agroalimentare che sono specifici ed estranei al livello generale dell’economia. Per quanto riguarda le modifiche cui il valore dell’ExpyAA è andato incontro nel decennio osservato, le statistiche sintetiche riportate nella tabella 4 e la figura 2, che riporta in ascissa il valore assunto dall’ExpyAA nel biennio 1996-97 ed in ordinata quello relativo al biennio 2006-07, evidenziano una traslazione generalizzata verso l’alto dei valori dell’indice. Questa è evidenziata anche dalla crescita sensibile del valor medio e mediano e dei valori estremi della distribuzione; questi, inoltre, assieme 15 alla deviazione standard, mostrano un ampliamento della variabilità in linea con quanto osservato per il Prody. Vale la pena sottolineare come questa crescita non sia un risultato scontato se si tiene conto che i valori del reddito pro-capite sono misurati a prezzi costanti, convertiti a parità di potere di acquisto, e che il decennio osservato non corrisponde ad una fase di significativa crescita economica generale. Anche la figura 2 evidenzia a colpo d’occhio alcune circostanze interessanti. Innanzitutto, vi si legge quel processo già descritto di crescita generalizzata del valore dell’indice; inoltre si ha conferma dell’assenza di grandi cambiamenti nelle posizioni relative dei paesi (il coefficiente di correlazione tra le due serie vale 0.926) anche se alcune variazioni che vale la pena ricordare, si sono pur avute. Tra queste la scalata, per così dire, dell’Italia e della Polonia, che guadagnano rispettivamente 16 e 9 posizioni, e il peggioramento relativo di grandi paesi come il Canada e l’Argentina (-18 e -12) o di altri esportatori come l’Olanda la Romania, l’Uruguay (perdono 17, 15 e 16 posizioni in graduatoria, rispettivamente). Tab. 4 – Indici descrittivi relativi all’indice ExpyAA (76 paesi) 2006/07 1996/97 Valore minimo 11.868 9.769 1° quartile 15.372 11.507 Mediana 18.118 14.016 Media 17.297 13.246 3° quartile 19.857 15.376 Valore massimo 22.329 17.574 Deviazione standard 3.292 2.865 Fonte: elaborazioni du dati Comtrade Fig.2- Variazioni dell'indice ExpyAA switzerland denmark malta new zealand finlandaustria germany italy cyprusfrance cape verde norway sweden poland UK slovenia estonia australia czech latvia belgium spain lithuania singaporearmenia portugal canada slovak russian croatia japan hungary netherlands venezuela korea chile uruguay USA iceland senegalmexico bulgaria romania lebanon south africa argentina israel china turkey macedonia egypt algeria albania gabon seychelles brazil bolivia iran guyana malaysia nicaragua ecuador indonesia india madagascar costa rica zambia ireland 22000 20000 e x p y 0 6 0 7 18000 16000 14000 tanzania 12000 colombia kenya 10000 8000 uganda honduras malawi 6000 6000 8000 10000 12000 expy 96-97 14000 16000 18000 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade 16 Un approfondimento sulla posizione relativa dei paesi in termini di sophistication, sulla sua variazione e sul ruolo che vi giocano le diverse voci di esportazione, lo si ottiene attraverso un interessante esercizio proposto dalla letteratura sulla sophistication delle esportazioni. Questo consiste nell’osservare congiuntamente per ciascuna voce e per ciascun paese il valore dell’indice Prody e quello dell’indice Rca (che, come si ricorderà, è l’indice in base al quale è definito il peso del Pil procapite nell’indice Prody stesso) (Lebre de Freitas e Salvado, 2009; Di Maio e Tamagni, 2008). Ponendo questi valori sugli assi di un grafico si ottiene una nuvola di punti per ciascun paese che può essere interpolata da una retta la cui pendenza offre, in maniera molto sintetica, la misura del tipo di specializzazione commerciale del paese. Fig.3- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07 40000 Lineare (ITALIA) Lineare (FRANCIA) Lineare (SPAGNA) 35000 Lineare (GERMANIA) Lineare (USA) Lineare (ITALIA 96-97) 30000 Lineare (FRANCIA 96-97) Lineare (GERMANIA 96-97) Lineare (SPAGNA 96-97) Lineare (USA 96-97) PRODY 25000 20000 15000 10000 5000 RCA 0 0 2 4 6 8 10 12 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Una inclinazione positiva, infatti, si ha per i paesi che godono di Rca in produzioni con maggior valore dell’indice Prody. Viceversa, i paesi per i quali è più forte il vantaggio nelle produzioni meno sofisticate mostrano una nuvola di punti (e quindi una retta di regressione) rivolta in basso. Le figure 3, 4 e 5 mostrano i valori assunti da questa relazione per 12 paesi di particolare interesse e rappresentatività. In ogni grafico, per ciascuno dei paesi rappresentati vengono mostrate due rette, una relativa ai valori 1996-97 ed una relativa alla fine dell’intervallo indagato, il 2006-2007. Osservando, quindi, le nuvole di punti formate dalle coppie di valori dei due indici, si può subito notare che in 4 casi la retta di regressione indica una specializzazione commerciale in prodotti ad 17 elevato Prody, questi sono, nell’ordine: la Germania, la Francia, l’Italia (Fig. 3) e la Polonia (Fig. 4). La Germania deve questo buon posizionamento non tanto ad una forte specializzazione nelle esportazioni di pochi prodotti ad elevato Prody, quanto all’avere un ventaglio di prodotti esportati molto ampio, tra i quali naturalmente prevalgono beni ad alto indice di sophistication: i prodotti lattiero-caseari, i salumi, le carni suine, la cioccolata, il caffè lavorato, le bibite. Un discorso simile può essere fatto per la Francia: accanto ad una discreta specializzazione nell’export di vini spumanti, per il resto esporta numerosi prodotti con Prody elevato, pur senza raggiungere per ciascuno di essi quote elevate. Questi prodotti sono piuttosto eterogenei, comprendendo i vini, i gelati, diverse tipologie di formaggi, le bibite, le acque, le patate. La Polonia, nel corso del decennio, ha cambiato la struttura delle sue esportazioni in modo favorevole: infatti è passata da una situazione in cui vi era una netta prevalenza di pochi prodotti (frutta semilavorata congelata, salumi e preparazioni di carni dietetiche), ad una offerta molto più vasta in termini di prodotti, con la presenza alle prime posizioni in termini di Rca, di nuovi prodotti come i formaggi fusi e le uova; non tutti, in realtà, ad altissimo Prody, ma complessivamente migliori del biennio precedente. Le variazioni che interessano l’Italia nel corso del decennio, sono minime sia in termini di Rca che di prodotti principalmente esportati: troviamo sempre ai primi posti prodotti tipici del made in Italy come pasta, pelati, vermut, gli oli di oliva. Il miglioramento è quindi dovuto in questo caso ad un aumento maggiore del Prody dei suoi principali beni esportati, rispetto ad altri: la pasta semplice e all’uovo, i pelati, gli oli di oliva hanno tutti avuti un discreto aumento dell’indice di sophistication. Guardando, ora, alla Spagna che partiva da una posizione iniziale meno favorevole, si nota come essa migliori la propria specializzazione commerciale, come è testimoniato dal cambiamento della inclinazione della retta la cui pendenza cresce. Per questa nazione si verifica una situazione simile a quella italiana, per cui il miglioramento non è tanto dovuto a rilevanti variazioni nella specializzazione, ma ad un notevole incremento nel decennio dell’indice Prody per i prodotti che esporta maggiormente (il gruppo degli oli di oliva ad esempio). Nel gruppo dei paesi ricchi (Fig. 3) è riportato anche il caso degli USA la cui specializzazione commerciale è piuttosto povera in termini di sophistication, come si è già avuto modo di notare, e peggiora sensibilmente a causa non tanto della variazione del paniere esportato, quanto del fatto che per diversi dei prodotti con Rca più alto, i valori dell’indice Prody sono nel tempo aumentati di poco o, come nel caso del grano tenero, sono addirittura diminuiti. Una riduzione della pendenza della retta di regressione dell’Ungheria, congiuntamente ad un suo spostamento verso l’alto, suggeriscono che questa nazione esporta un complesso di beni a Prody medio-alto (carni e frattaglie, pollame a pezzi e intero, le carcasse di suini congelate, il miele), ma anche che nel tempo 18 non ha saputo valorizzarle. Gli stessi prodotti appena citati infatti, insieme ai salumi, pur rimanendo tra le prime posizioni, registrano una diminuzione dell’indice Rca nel corso del decennio. Fig.4- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07 35000 Lineare (POLONIA) Lineare (TURCHIA) 30000 Lineare (UNGHERIA) Lineare (POLONIA 96-97) Lineare (TURCHIA 96-97) 25000 Lineare (UNGHERIA 96-97) PRODY 20000 15000 10000 5000 RCA 0 0 2 4 6 8 10 12 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Infine, meritano attenzione alcuni grandi paesi a basso reddito come il Brasile, l’India, la Cina la Turchia e l’Egitto (Figg. 4 e 5), accomunati da una grande varietà nella specializzazione delle esportazioni che include, però, prevalentemente beni esportati a bassa sophistication, come si evince immediatamente dalla pendenza negativa delle rette che interpolano i prodotti esportati nello spazio Prody-Rca. In questo gruppo la Turchia il Brasile e l’Egitto migliorano un poco la propria specializzazione commerciale. Per la Turchia si può più che altro osservare una traslazione della retta verso l’alto, dovuta all’entrata nel gruppo dei principali beni esportati di prodotti come l’olio di oliva non vergine e il couscous, il cui Prody, pur non altissimo, si attesta su posizioni medie comunque più alte rispetto a molti degli altri prodotti in cui la Turchia è specializzata e che le impediscono di ottenere prestazioni migliori (la frutta in guscio, la frutta secca, i tabacchi greggi, gli ortaggi in pezzi). Andamento simile delle due rette lo osserviamo anche per Brasile e India. Il Brasile va incontro ad un lieve miglioramento della specializzazione verso prodotti a più alta sophistication, sebbene più netto di quanto osservato per la Turchia. Più nello specifico, in questo caso, si osserva una tendenza alla diminuzione dell’export del caffè grezzo (a bassissimo Prody) e 19 un aumento di prodotti appartenenti alla filiera zootecnica, come le carni varie preparate, il pollame intero e a pezzi, gli estratti e i sughi di carne. L’India, dal canto suo, evidenzia una traslazione verso l’alto della retta di regressione, dovuta non ad una variazione dei prodotti esportati, ma ad un aumento, a volte di entità modesta, del Prody dei principali beni esportati. Un miglioramento sostanziale viene impedito dalla discreta specializzazione che ancora mantiene in prodotti più poveri come il riso lavorato e le spezie e gli ortaggi semilavorati. Per l’Egitto nel corso del decennio si può osservare una riduzione complessiva della specializzazione dovuta al sensibile calo nelle esportazioni di patate e nella comparsa di nuovi prodotti come i formaggi fusi a Prody piuttosto alto. Tuttavia le patate erano tra i prodotti esportati dal paese quello a più alto livello del Prody e dunque la riduzione della specializzazione in tal senso ha determinato un abbassamento della pendenza della retta di regressione per l’Egitto. Infine, la dinamica della posizione cinese appare piuttosto complessa in quanto da un lato si ha una traslazione verso l’alto della retta, mentre dall’altro si osserva una riduzione piuttosto marcata della sua pendenza. L’insieme dei beni esportati da questa nazione è divenuto nel tempo più ampio, acquistando importanza prodotti come i pelati e la pasta all’uovo, ma permangono nelle prime posizioni prodotti a basso Prody come gli ortaggi semilavorati, gli ortaggi in pezzi, le radici e le spezie. Fig.5- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07 35000 Lineare (EGITTO) Lineare (CINA) Lineare (BRASILE) Lineare (INDIA) 30000 Lineare (EGITTO 96-97) Lineare (INDIA 96-97) Lineare (BRASILE 96-97) PRODY 25000 Lineare (CINA 96-97) 20000 15000 10000 5000 RCA 0 0 2 4 6 8 10 12 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade 20 5. Gli indici di sophistication e l’Italia: il caso del made in Italy agroalimentare In questo paragrafo si utilizza l’indice Prody per un’analisi più dettagliata del made in Italy agroalimentare. Anche in questo caso si può utilizzare questo indice per una prima collocazione dei prodotti nel ranking della sophistication che aiuta a capire su quali tipi di mercati ciascun prodotto si trova a competere. Inoltre, mettendo in relazione l’evoluzione del grado di sofisticatezza delle esportazioni agroalimentari italiane con la specializzazione del set di esportazioni si traggono informazioni sul tipo di traiettoria competitiva nella quale si colloca il paese. Da questo punto di vista, il made in Italy si presta bene come caso di studio, essendo esso composto prevalentemente da prodotti caratterizzati da un buon grado di trasformazione e differenziazione e dunque più sensibili all’indice Prody. Il made in Italy agroalimentare viene, in genere, definito come quella componente delle esportazioni agroalimentari del paese proveniente dall’industria di trasformazione, per cui i saldi sono stabilmente positivi e che hanno una chiara identificazione con l’Italia all’estero 14. In questo caso, delle 95 voci originali ne sono state individuate 20, che danno un quadro complessivamente esaustivo del made in Italy agroalimentare italiano. Nella figura 6 si mettono in relazione per l’Italia e per tutti i 95 comparti individuati, la dinamica congiunta dell’indice Prody e della specializzazione, espressa dall’Rca. Precedentemente si è visto come l’Italia si trovi nel gruppo di paesi la cui specializzazione commerciale è fortemente legata a prodotti ad elevato grado di sofisticatezza (sebbene in misura meno accentuata rispetto ad altri paesi europei) e come questa propensione sia aumentata nel corso del decennio indagato. Il grafico è suddiviso in quattro quadranti in base al segno della variazione dell’Rca ed in base all’intensità della crescita del Prody, dove lo spartiacque è dato dal tasso medio di crescita calcolato sull’insieme delle 95 voci. Di conseguenza, cadono nel primo quadrante i prodotti la cui sophistication cresce più della media e per i quali cresce anche la specializzazione italiana; si trovano in questa posizione sette prodotti del made in Italy la cui evoluzione commerciale è di natura virtuosa in quanto ad una crescente sophistication si accompagna una crescita della 14 In questo caso si è adottata la definizione proposta nel Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari dell’INEA (INEA, annate varie). Avendo definito in questo modo il made in Italy, restano esclusi da essi importati prodotti del settore primario che pure contribuiscono stabilmente e significativamente al saldo positivo dell’export agroalimentare italiano, in particolare l’ortofrutta fresca. Il made in Italy agroalimentare rappresenta circa il 50% delle complessive esportazioni agroalimentari italiane In valori correnti, nel 2007 esso era pari a poco meno di 12 miliardi di euro. Per un’analisi della performance commerciale del made in Italy agroalimentare riferita a periodi precedenti si veda Carbone (1994). 21 specializzazione del nostro paese. Tra questi, l’olio d’oliva vergine, i pelati, la pasta, i formaggi freschi, i salumi, i gelati, i vini in piccoli contenitori. Fig. 6- Dinamica del Prody e della specializzazione commerciale italiana. 240 220 200 180 VARIAZIONI% RCA ITALIA 160 140 120 80 60 40 20 0 -10 form. fr.-lat.ni 100 -20 0 caffè l. cioccolata vermut gelati formaggi, altri vini<2l 10 form.fusi panetteria 20 -40 -60 o.oliva verg. salumi pasta f. erborinati succhi fr. f.grattugiati 30 40 paste fr. 50 60 vini>2l olio o. non v. pasticceria pelati, cons. misc. o.oliva 70 80 90 riso lav. -80 -100 VARIAZIONI % PRODY Fonte: Elaborazioni su dati Comtrade Procedendo in senso antiorario, nel secondo quadrante si incontrano i comparti per i quali si ha una crescita della sophistication relativamente debole e per i quali, al contempo, la specializzazione italiana nell’ambito degli scambi internazionali cresce. Seppur meritevole di una valutazione più tiepida, la performance di questi comparti non tanto deve essere giudicata come troppo fiacca se si considera che il loro livello di sophistication era già piuttosto elevato ad inizio periodo. Tra i prodotti made in Italy, si trovano in questa posizione 5 voci: il caffè lavorato, i prodotti a base di cioccolata, i vermut e i formaggi erborinati e l’aggregato residuale dei formaggi. Nella parte bassa del grafico si trovano i comparti per i quali la specializzazione italiana si è andata riducendo. In particolare nel terzo quadrante si trovano tre comparti del made in Italy: formaggi fusi, i prodotti della pasticceria e quelli della panetteria per i quali la crescita del Prody è stata debole. Viceversa, il quarto quadrante individua, potremmo dire, delle occasioni mancate, in quanto si tratta di beni la cui sophisitication cresce vivacemente ma il ruolo del nostro paese si riduce; tra le voci classificate come made in Italy si trovano in questa posizione ben sette voci: gli oli di oliva non vergini, le 22 miscele di oli d’oliva, i formaggi grattugiati, le paste fresche e farcite, i vini in grandi contenitori, i succhi di frutta ed il riso lavorato. Concentrandosi sulla evoluzione dei prodotti del made in Italy (tabella 5), 17 delle 20 voci si collocano nelle prime 50 posizioni del calcolo dell’indice Prody per il 2006/07, e 11 nei primi 25. Tra il 1996/97 ed il 2006/07 l’indice Prody migliora per tutte le 20 voci (figura 6), con variazioni particolarmente ampie nel caso dei prodotti più tradizionalmente identificati con l’Italia: oli d’oliva, pelati e conserve di pomodoro e pasta. Tab. 5 - Valori del Prody per prodotti agroalimentari del made in Italy Prody 96-97 Prody 06-07 Prodotto 25.052 30.874 formaggi erborinati 19.395 27.754 formaggi grattugiati olio d'oliva vergine 14.907 26.327 miscele di olii d'oliva 15.758 25.814 22.537 25.797 formaggi (eslcusi già denom.) 19.578 24.855 cioccolata e prodotti a base di cioccolata 19.305 24.037 caffè lavorato 16.047 23.945 salumi 17.594 23.585 gelati 15.459 23.464 formaggi freschi-latticini 18.910 23.440 pasticceria 20.404 23.071 panetteria 18.535 22.841 vermut 22.410 22.736 formaggi fusi 15.673 22.043 paste all'uovo e/o farcite vini <2lt 16.053 21.209 pasta 12.976 20.174 olio d'oliva non vergine 14.017 19.839 11.211 19.362 pelati e conserve di pomodori 14.582 19.266 succhi di frutta vini >2 lt 10.909 15.569 riso lavorato 7.269 9.671 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade Come si evidenzia nella tabella 6, tuttavia, la situazione si presente molto differenziata tra prodotti, per molti dei quali, nonostante una certa crescita dei flussi di esportazione, si registra una erosione della quota di esportazione mondiale. Da una rapida disamina dei singoli prodotti, sembra evidenziarsi un dato incoraggiante: le quote di esportazioni tendono a ridursi per prodotti di minore qualità (miscele di olio d’oliva, olio non vergine, vini sfusi, riso, eccetera), mentre nel complesso i prodotti del made in Italy a maggiore qualità ed identificazione reggono bene. 23 Fig.. 7 – Indice Prody per il made in Italy agroalimentare formaggi erborinati 30000 formaggi grattugiati olio oliva vergine miscele olii oliva 25000 P R O D Y 20000 salumi gelati formaggi freschi paste all'uovo vini>2litri formaggi cioccolata caffè lavorato pasticceriapanetteria vermut formaggi fusi pasta olio oliva non vergine succhi frutta pelati e conserve 0 6 - 15000 0 7 10000 5000 5000 riso lavorato 10000 15000 PRODY 96-97 20000 25000 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade In sintesi, si può affermare che al miglioramento dell’indice Prody, e quindi del grado di sofisticatezza delle esportazioni agroalimentari italiane, non sempre corrisponde un miglioramento sul fronte della tenute delle quote di mercato del Paese. In particolare, per i prodotti di più basso livello qualitativo è probabilmente il prezzo a rappresentare l’elemento principale di competitività sui mercati internazionali ma per alcune delle voci più “solide” del made in Italy agroalimentare, al contrario, la qualità del prodotto (e quindi anche, in senso più ampio, la sophistication) rappresenta ancora un elemento cruciale per tenere testa alla competizione sui mercati mondiali. 24 Tab. 6 – Variazione dei valori dell’indice Prody e delle quote di esportazione mondiali italiane Variazione Indice Prody posiz. 06/07 posiz. 96/97 var. posiz. var. indice formaggi erborinati 2 1 -1 + formaggi grattugiati 7 18 +11 + formaggi freschi-latticini 24 43 +19 + altri formaggi 14 6 -8 + cioccolata 16 17 +1 + caffè lavorato 18 19 +1 + panetteria 27 12 -15 + pasticceria 25 21 -4 + gelati 22 26 +4 + salumi 20 34 +14 + miscele di oli di oliva 13 38 +25 + olio d'oliva vergine 10 53 +43 + olio d'oliva non vergine 46 60 +14 + succhi di frutta 52 57 +5 + pasta 43 71 +28 + pasta all'uovo 34 41 +7 + pelati e conserve 48 77 +29 + riso lavorato 92 91 -1 + vini < 2 lt 39 33 -6 + vini > 2 lt 70 78 +8 + vermut 28 22 -6 + Var. export (%) 48,3 114,6 478,7 74 112,1 207,3 124,7 52,6 120,8 115,1 87,9 149,2 21,1 62,1 52,6 112,8 67,5 18,15 133,4 8,1 70,6 Quota su exp. mond. 1996/97 2006/07 21,5 22,0 20,5 19,0 6,8 13,4 7,0 7,1 6,0 7,2 16,5 20,0 10,0 8,8 4,1 2,8 8,6 10,1 7,3 10,2 32,6 28,2 23,6 25,4 45,4 32,7 5,9 4,3 60,5 60,9 27,5 22,6 43,4 44,3 11,0 4,2 18,5 20,0 24,7 17,6 47,4 57,2 Fonte: elaborazioni su dati Comtrade 6. Conclusioni In queste pagine si è esplorata la possibilità di utilizzare una famiglia di indicatori che misurano la sophistication delle esportazioni quando applicati ad un solo settore dell’economia ed in particolare a quello agroalimentare, che presenta spiccate specificità. In particolare, si è fatto riferimento a due indici diversi, il cosiddetto Prody e l’indice Expy. L’indice Prody misura il livello medio di ricchezza dei paesi esportatori, fornendo una indicazione sintetica del livello di sophistication del bene e, quindi, del tipo di concorrenza che il prodotto incontra sui mercati internazionali. Direttamente connesso ad esso è l’indice Expy, che si riferisce ai Paesi e si ottiene per sommatoria dei Prody dei prodotti (comparti) che il Paese esporta, ognuno pesato per la quota del prodotto sulle esportazione totali del Paese. L’analisi condotta ha mostrato che i valori assunti dall’indice Prody per i 95 comparti del settore agroalimentare dipendono da un insieme di fattori, alcuni più direttamente riconducibili al concetto di sophistication, altri meno. Ai primi posti della graduatoria si collocano beni a spinta diversificazione per i quali gli aspetti qualitativi sono importanti. Tra questi, vi sono prodotti per i quali vi è una spiccata tipicità geografica come i vini spumanti, i formaggi, i salumi e gli oli di oliva. In altri casi, si tratta di prodotti per i quali la differenziazione è data da intense politiche di marchio come i vermut, le bevande analcoliche, i gelati, i prodotti della pasticceria, il cacao lavorato ed i prodotti a base di cioccolata, i prodotti della panetteria, ancora i formaggi ed altri 25 derivati del latte, il caffè lavorato. Nelle zone alte del ranking si trovano anche prodotti ad alto contenuto tecnologico e con elevati specialised skills, come gli animali da riproduzione ed i semi da semina. Tra i prodotti ad alto Prody vi sono, ancora, numerose tipologie di carni a diversi livelli di lavorazione e diversificazione del prodotto ma perlopiù in forma di materie prime o semilavorati e che, quindi, non corrispondono a nessuna delle accezioni della sophistication già ricordate. Per queste produzioni la localizzazione prevalente in paesi ad alto reddito sembra potersi giustificare con una serie di vantaggi localizzativi cumulatisi nel tempo tra i quali soprattutto: la presenza da lunga data di questa industria che risponde in primo luogo ad una domanda interna cresciuta di pari passo con il reddito procapite e con lo sviluppo di una domanda estera geograficamente prossima (vantaggio nei costi di trasporto); l’affermarsi di impianti di grandi dimensioni evoluti soprattutto per quanto concerne la catena del freddo; la maggiore facilità di adeguamento agli standard igienico sanitari imposti dai principali mercati di sbocco. Infine, ma non meno importante, va ricordata l’esistenza di sussidi alla produzione e di meccanismi di protezione commerciale che hanno rafforzato nel tempo le industrie nazionali. Guardando all’estremo opposto dello spettro di valori assunto dal Prody, vi si trovano perlopiù materie prime o semilavorati a basso valore aggiunto la cui produzione risulta localizzata in paesi a basso reddito del sud del mondo che beneficiano essenzialmente di vantaggi dovute alle condizioni ambientali. Tra questi prodotti ricordiamo il caffè grezzo, i tabacchi, le spezie, il riso lavorato, la frutta tropicale, il cacao grezzo, gli zuccheri e gli ortaggi semilavorati. Si tratta, dunque, di prodotti che hanno essenzialmente natura di commodities indifferenziate a basso valore aggiunto e che in alcuni casi rappresentano materie prime destinate alla industria di trasformazione collocata nel nord del mondo nella quale si realizzerà gran parte della catena del valore. Venendo a commentare i risultati ottenuti applicando l’indicatore di sophistication ai paesi inclusi nell’analisi, vale a dire l’indice ExpyAA, questi hanno mostrato una generale relazione positiva con il Pil che riflette, evidentemente, l’operare dei fattori già commentati per il Prody. Tuttavia, si è anche osservato che la relazione tra ExpyAA e Pilpc si va sfocando a livelli più elevati del Pilpc. Ciò accade a causa della presenza di fattori che incidono in modo peculiare sulla specializzazione produttiva e sui vantaggi comparati nel settore agroalimentare. Tra questi, vale la pena ricordare l’importanza della disponibilità di risorse naturali, specifiche e fisse; l’elevata incidenza dei costi di trasporto soprattutto per alcune categorie di beni alimentari; la rilevanza delle politiche settoriali e commerciali nel sostenere la produzione di beni agricoli primari anche in paesi che non mostrerebbero altrimenti vantaggi competitivi in quelle produzioni. In particolare, per quanto riguarda l’Italia va senz’altro valutata positivamente la ulteriore specializzazione commerciale in comparti a crescente sophistication. 26 L’analisi dinamica della sophistication associata ai prodotti agroalimentari ed ai paesi esportatori mette in evidenza diverse circostanze e l’agire di più fattori. Innanzitutto, si notano alcuni processi virtuosi soprattutto a carico dei paesi già in cima alla graduatoria della sophistication; in secondo luogo, vi sono alcuni paesi in rapida crescita economica, come ad esempio la Cina ed il Brasile, la cui specializzazione commerciale si sta indirizzando verso una maggior contenuto di sophistication. Infine, nell’arco di tempo considerato si notano gli effetti del processo di riduzione delle politiche interne di sostegno ad alcune produzioni agricole di base e della corrispondente graduale liberalizzazione commerciale, come è ad esempio il caso del grano tenero e del posizionamento di grandi paesi esportatori come gli Usa ed il Canada, in ridimensionamento nel decennio, e all’opposto della Russia, dell’Armenia ed altri esportatori che al contempo risultano emergenti nell’arena internazionale. Nella parte finale del lavoro si è guardato al made in Italy agroalimentare come esempio di quanto visto per le esportazioni italiane nel loro complesso: il livello di sophistication nel complesso aumenta, il che mostra che si specializzano in questa tipologia di beni paesi a più altro reddito procapite. Ciò significa anche che il nostro paese è impegnato su fronti competitivi sempre più complessi, in mercati dove i clienti si conquistano conferendo ai prodotti caratteristiche distintive non banali, Allo stesso tempo, tuttavia, un campanello di allarme si accende quando si osserva l’erosione delle quote di esportazione dell’Italia rispetto ad alcuni prodotti che caratterizzano il made in Italy. In pratica, ad un aumento della sophistication dei prodotti non corrisponde una capacità del paese di conquistare nuove quote di mercato mondiale, trovandosi spesso a competere con vecchi e nuovi paesi partner. In definitiva, l’esercizio proposto in queste pagine va inteso come una esplorazione del tutto preliminare delle potenzialità di questi indicatori quando applicati ad un solo settore dell’economia ed in particolare a quello agroalimentare che presenta spiccate specificità. I risultati, a nostro avviso incoraggianti, aprono la strada ad una serie possibile di approfondimenti in diverse direzioni complementari: in primo luogo, si può lavorare ad “affinare” la definizione delle grandezze poste in relazione nella costruzione e nell’interpretazione degli indicatori, ad esempio mettendo in relazione un indicatore settoriale come l’ExpyAA con un altro indicatore settoriale relativamente al livello della ricchezza prodotta., come, ad esempio, il VaAA. Inoltre, si può disaggregare il calcolo degli indici sulla base del livello qualitativo dei prodotti, individuando diverse classi di qualità calcolate a partire dai valori medi unitari dei prodotti esportati, seguendo la metodologia individuata da Minondo (2007). Infine, questa famiglia di indicatori può essere utilizzata al fianco di più tradizionali indicatori descrittivi della specializzazione commerciale (ad esempio, gli indicatori di 27 somiglianza) per valutare i processi evolutivi degli scambi agroalimentari su specifici mercati di riferimento. Riferimenti bibliografici Antimiani A. e Henke R. (2005). Struttura e specializzazione degli scambi agro-alimentari tra Italia e Cina. Rivista di Economia Agraria, 4, pp.745-768. Antimiani A., De Filippis F. e Henke R. (2006). Allargamento dell’Unione Europea e specializzazione del commercio agroalimentare. QA–Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, 2, pp. 43-74. Borin A. e Lamieri M. (2007). Misurare la qualità dei beni nel commercio internazionale. Lanza A. Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino. Carbone A. (1994). Il commercio con l'estero dei prodotti alimentari made in Italy. Rivista di Politica Agraria n.2 pp. 13-25. Carbone A. (2008). 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Le sfide per i sistema agroalimentare, Roma. Lall S., Weiss J. e Zhang J. (2006). The “sophistication” of exports: a new trade measure. World development, vol 34 n°2, pp 222-237. Lanza A., e Quintieri B. (2007). Quote di mercato e qualità delle esportazioni italiane: il quadro generale. Lanza A. Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino. Lebre De FreitasM. e Salvado S. (2009). Industry similarities and comparative advantages in Portugal: an empirical assessment based on 2005 trade data. GEE papers 0010. Marianera M., (2007), L’industria alimentare italiana: la trasformazione che punta sulla qualità. Lanza A. e Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino. Minondo A. (2007). Exports’ quality-adjusted productivity and economic growth. Paper scaricato da www..etsg.org/ETSG2007/papers/minondo.pdf Quintieri B. (2007). Qualità e differenziazione verticale nella teoria del commercio internazionale. 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Allegato 1 – Valori dell’indice Prody dei bienni 96-97 e 06-07 dei 95 comparti dell’agroalimentare Prodotto Prody 06-07 Prody 96-97 vini spumanti 32095 16584 f. erborinati 30874 25052 suini-carcasse fresche,refrig 30483 24919 grassi animali vari 29680 23114 animali vivi-riproduttori 29614 22224 carni bovine e suini perparate(salate, seccate, aff., sal.) 29218 22734 f.grattugiati 27754 19395 frattaglie di mammiferi fresche o cong. 26398 22922 suini-carcasse cong. 26393 17510 olio d'oliva vergine 26327 14907 semilavorati latte 26062 20276 Yogurt, burro, spalmabili 25957 17879 miscele di olii d'oliva 25814 15758 formaggi (eslcusi già denom.) 25797 22537 cacao lavorato 25210 21899 cioccolata e prodotti a base di cioccolata 24855 19578 estratti e sughi di carni 24336 16077 caffè lavorato 24037 19305 bovini-carcasse fresche,refrig 24028 19659 salumi 23945 16047 semi da semina 23882 19962 gelati 23585 17594 pesca fresco e refrig. 23553 19714 formaggi freschi-latticini 23464 15459 pasticceria 23440 18910 latte 23143 17011 panetteria 23071 20404 vermut 22841 18535 pesci vivi 22809 15081 bibite analcoliche 22750 19226 f. fusi 22736 22410 grano duro 22677 20994 ovicaprini ed equini carcasse/mezzene fresche o cong. 22321 18472 paste all'uovo e/o farcite 22043 15673 29 preparazioni di carni 21561 15916 pollame a pezzi fresco e cong. 21559 15744 birra 21268 17599 salse, condimenti, estratti, zuppe, brodi, ecc. 21231 16412 vini <2lt 21209 16053 patate 21117 13151 grano tenero 20204 20734 carni e frattaglie varie fresche e cong. 20182 15508 pasta 20174 12976 liquori e superalcolici 19917 13764 acque 19873 14108 olio d'oliva non vergine 19839 14017 frutti bosco 19529 15371 pelati e conserve di pomodori 19362 11211 animali vivi-non riprod. 19329 15906 carni varie preparate(salate, seccate, aff., salamoia) 19303 14947 pesce congelato 19300 15261 succhi di frutta 19266 14582 pollame intero fresco e cong. 19099 14953 ortaggi lavorati e preparati 18893 15128 caramelle e chewngum 18652 15244 mele, kiwi e pere 18626 14891 alimenti zootecnici (farine, panelli, ecc.) 18606 13949 frutta semilavorata congelata 17806 12967 pomodori freschi 17727 14719 preparazioni di carni dietetiche 17574 14815 uova 17499 15229 farine, semole, fiocchi di cereali e amidacei 17449 11970 animali vivi-volatili 17221 15754 agrumi 17208 16221 mosti, alcole, sidro 17182 13897 couscous, bulgur, ecc. 16919 15873 frutta preparata 16677 13606 ortaggi freschi 16290 13085 preparazioni di pesce 16265 13425 vini >2 lt 15569 10909 uva 15415 13625 radici, succhi, gomme, foglie-variamente conservate 15237 9438 preparazioni di pesci 15224 12923 bovini-carcasse cong. 15167 15335 30 altri cereali 15153 13871 miele 15006 10477 semi e farine di proteaginose e oleaginose 14836 10057 frutta secca 14582 11594 drupacee 14482 10737 ortaggi congelati 14099 14033 piante, fiori, ecc. 13962 13550 cacao grezzo e semilav. 13418 10892 olii di semi 12631 12261 radici 12310 7394 frutta in guscio 11866 7530 ortaggi in pezzi, tritati o in polvere 11267 9596 meloni e cocomeri 11145 10908 ortaggi semilavorati 10702 7574 zuccheri 10668 7604 frutta tropicale 10109 6223 canne, bambù ecc. 10108 9330 riso lavorato 9671 7269 tabacchi greggi 6138 6005 spezie 5944 4605 caffè grezzo 4368 3887 Fonte: nostre elaborazioni su dati Comtrade 31 Allegato 2 - variazione Prody-RCA per i 95 comparti dell’agroalimentare italiano VARIAZIONI POSITIVE RCA- NEGATIVE PRODY VARIAZIONI POSITIVE RCA-POSITIVE PRODY Prodotto Var. Prody % grano tenero -2,56 VARIAZIONI NEGATIVE RCA-POSITIVE PRODY Var.Rca % 94,84 Prodotto Var. Prody % Var.Rca % animali vivi-non riprod. 21,52 -53,06 animali vivi-volatili 9,32 -48,59 suini-carcasse fresche,refrig carni e frattaglie varie fresche e cong. carni varie preparate(salate, seccate, aff., salamoia) pesci vivi pesca fresco e refrig. pesce congelato Yogurt, burro, spalmabili f.grattugiati f. fusi piante, fiori, ecc. patate pomodori freschi ortaggi freschi ortaggi congelati radici frutta in guscio frutta tropicale agrumi uva meloni e cocomeri 22,33 30,15 -3,06 -29,13 29,15 -16,35 50,05 19,47 26,46 45,18 43,10 1,45 3,00 60,57 20,43 24,42 0,46 66,37 57,59 59,03 6,08 13,14 2,11 -29,25 -2,70 -42,47 -55,53 -7,54 -18,88 -10,02 -49,13 -15,00 -37,53 -11,58 -25,28 -13,10 -29,04 -20,20 -37,95 -5,63 drupacee 34,87 -38,21 frutti bosco frutta semilavorata congelata riso lavorato farine, semole, fiocchi di cereali e amidacei semi da semina radici, succhi, gomme, foglievariamente conservate canne, bambù ecc. olio d'oliva non vergine 27,06 37,32 33,05 -75,72 -35,16 -23,57 45,78 -47,46 19,64 -21,50 61,41 -13,33 8,34 41,54 -24,78 -26,19 miscele di olii d'oliva olii di semi preparazioni di carni dietetiche preparazioni di carni zuccheri caramelle e chewngum cacao grezzo e semilav. 63,82 3,01 18,62 35,46 40,22 22,35 22,23 -7,24 -16,07 -3,65 -39,54 -1,76 -5,42 -8,42 cacao lavorato 15,12 -43,45 paste all'uovo e/o farcite 40,65 6,59 23,96 13,07 24,88 22,53 32,12 18,33 93,53 42,72 23,64 2,21 -13,02 -18,82 -31,30 -10,11 -2,32 -44,72 -23,54 -32,86 -13,14 -28,53 -70,69 -9,31 couscous, bulgur, ecc. pasticceria panetteria ortaggi lavorati e preparati frutta preparata succhi di frutta bibite analcoliche vini spumanti vini >2 lt mosti, alcole, sidro tabacchi greggi Prodotto animali vivi-riproduttori Var. Prody % 33,25 Var.Rca % 102,01 bovini-carcasse fresche,refrig 22,22 50,73 12,48 3,46 20,83 9,38 15,17 43,85 27,73 36,93 17,72 7,53 28,52 9,49 20,93 36,04 28,53 51,78 23,24 14,47 14,90 43,20 41,29 17,42 25,08 25,28 12,35 24,52 22,46 8,02 9,23 19,91 240,04 166,73 101,33 0,56 3,83 46,09 29,71 13,38 11,67 13,02 7,06 110,76 19,25 133,38 21,95 4,68 47,51 90,70 28,41 76,61 49,22 9,28 29,44 41,11 suini-carcasse cong. ovicaprini ed equini carcasse/mezzene fresche o cong. frattaglie di mammiferi fresche o cong. pollame intero fresco e cong. pollame a pezzi fresco e cong. carni bovine e suini preparate(salate, seccate, aff., salamoia) preparazioni di pesce latte semilavorati latte formaggi freschi-latticini f. erborinati formaggi (eslcusi già denom.) uova miele ortaggi semilavorati ortaggi in pezzi, tritati o in polvere mele, kiwi e pere frutta secca caffè grezzo caffè lavorato spezie grano duro altri cereali semi e farine di proteaginose e oleaginose grassi animali vari olio d'oliva vergine salumi estratti e sughi di carni 51,37 preparazioni di pesci 17,81 cioccolata e prodotti a base di 26,95 cioccolata pasta 55,45 pelati e conserve di pomodori 72,71 salse, condimenti, estratti, zuppe, brodi, ecc. 29,36 gelati 34,05 acque 40,87 birra 20,85 vini <2lt 32,12 vermut 23,23 liquori e superalcolici 44,46 alimenti zootecnici (farine, panelli, 33,37 ecc.) VARIAZIONI NEGATIVE RCA-NEGATIVE PRODY bovini-carcasse cong. -1,09 96,90 43,59 22,06 6,89 3,00 33,46 17,69 37,76 47,69 7,57 18,24 9,91 14,58 -11,01 Fonte: nostre elaborazioni su dati Comtrade 32