Gli indici Prody ed Expy nell`analisi del commercio agroalimentare

Transcript

Gli indici Prody ed Expy nell`analisi del commercio agroalimentare
Gli indici Prody ed Expy
nell’analisi del commercio
agroalimentare.
Una prima esplorazione.
Anna Carbone (Università della
Tuscia), Roberto Henke (INEA) e
Giovanna Subioli (Università della
Tuscia)
Working Paper 09/16
is a Research Project on “European Union policies,
economic and trade integration processes and WTO
negotiations” financed by the Italian Ministry of
Education, University and Research (Scientific
Research Programs of National Relevance, 2007).
Information about the project, the partners involved
and its outputs can be found at
http://www.ecostat.unical.it/anania/PUE&PIEC.htm.
Gli indici Prody ed Expy nell’analisi del commercio agroalimentare.
Una prima esplorazione12
Anna Carbone
Università della tuscia, Viterbo
(e-mail: [email protected])
Roberto Henke
Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA)
(e-mail: [email protected])
Giovanna Subioli
Università della Tuscia, Viterbo
(email: [email protected])
Abstract:
In questo lavoro si applicano agli scambi agroalimentari alcuni indicatori che misurano il cosiddetto livello
di “complessità” (sophistication) dei beni esportati e che, recentemente, sono stati utilizzati per l’analisi
dell’intero commercio con l’estero di un Paese. Con il termine “complessità” si intende un insieme di
caratteristiche incorporate nei beni e legate alla loro redditività; tra queste, la tecnologia, la qualità ed il
grado di diversificazione, le limitazioni alla concorrenzialità del mercato. Nell’ipotesi alla base dell’uso di
questi indicatori, tali caratteristiche sono correlate al livello del reddito pro-capite dei paesi esportatori e
descrivono in modo sintetico ed efficace il tipo di mercato nel quale un Paese si trova a competere
per un dato prodotto e, quindi, indirettamente, le sue potenzialità in termini di capacità di
remunerazione delle risorse impiegate. Nell’analisi proposta, con l’aiuto di questi indicatori, si analizza, il
livello di sophistication dei prodotti agroalimentari commercializzati sui mercati mondiali, ed il
posizionamento di ciascun paese. Un approfondimento è dedicato alla specializzazione del nostro paese ed
all’evoluzione del tipo di mercati e di concorrenza nel quale si colloca il made in Italy agroalimentare.
Parole chiave:
agroalimentare
export
sophistication,
specializzazione
commerciale,
made
in
Italy
1
La ricerca i cui risultati sono presentati in questo lavoro ha beneficiato del sostegno finanziario del Ministero
dell’Istruzione, Università e ricerca (Programma di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale 2007 su “Politiche
dell’Unione Europea, processi di integrazione economica e commerciale ed esiti del negoziato WTO”).
2
Gli autori desiderano ringraziare Alessandro Antimiani, Stefano Colangelo, Valeria Costantini e Marco della Chiara
per l’aiuto fornito nel mettere a punto la banca dati utilizzata per le elaborazioni. Un ringraziamento va anche a Luca
Salvatici ed agli altri partecipanti al Workshop del gruppo di ricerca Prin, tenutosi a Cetraro (CS) il 28-29 settembre
2009, per i preziosi consigli e le utili osservazioni che ci hanno dato in quell’occasione.
2
1. Introduzione
L’importanza crescente della qualità dei beni esportati è un dato oramai ampiamente riconosciuto in
letteratura (Lanza e Quintieri, 2007). La specifica qualità di alcuni beni offre una spiegazione
dell’esistenza di flussi commerciali che non troverebbero ragion d’essere nei consueti fattori che le
vecchie e le nuove teorie del commercio internazionale pongono alla base degli scambi tra paesi
(Schott, 2004). In altri termini, la qualità dei beni si rivela essere un fattore determinante per
catturare una domanda sempre più sofisticata e segmentata e diventa quindi un elemento centrale
della competitività delle imprese, dei paesi e dei flussi di esportazioni.
Di conseguenza, diviene sempre più rilevante poter misurare la qualità dei beni al fine di effettuare
confronti e per riuscire a valutare i fattori da cui dipende la perfomance di ciascuno sull’arena
globale. Tuttavia, misurare la qualità di un bene non è impresa facile; infatti, da un lato, il concetto
include aspetti la cui valutazione presenta caratteri di forte soggettività e quindi difficilmente
ordinabili su di una scala oggettiva; dall’altro, non sempre le informazioni sulla base delle quali si
potrebbe costruire una misura della qualità sono disponibili e ciò è particolarmente vero nelle
analisi di commercio internazionale, nelle quali si lavora su molti settori o comparti che risultano
dall’aggregazione dei singoli beni prodotti da tante imprese che operano all’interno di ciascun
settore o comparto. È per questa ragione che si assiste ad una intensificazione dei contributi che
propongono modi alternativi per misurare più o meno direttamente questi livelli qualitativi (Schott,
2004; Quintieri, 2007; Boris e Lamieri, 2007).
Il lavoro proposto nelle pagine seguenti si colloca all’interno di questa letteratura e sperimenta
l’applicazione agli scambi agroalimentari di una famiglia di indicatori proposti in alcune recenti
analisi di commercio internazionale. Si tratta di indici che misurano il livello di sophistication
(traducibile in italiano con il termine complessità, ma qui si preferisce usare il sintagma originale
inglese) di ogni bene esportato e di ogni paese esportatore: i cosiddetti indici Prody ed Expy (Lall,
Weiss e Zhang 2006; Hausman, Hwang e Rodrik, 2007). Con il concetto di sophistication si
designa un insieme di caratteristiche incorporate nei beni e dalle quali dipende in larga parte il tipo
di concorrenza che si instaura sul mercato ed il livello di redditività; tra queste, ad esempio, la
tecnologia, il design, i diversi attributi di qualità ed il grado di diversificazione,. Nell’ipotesi alla
base dell’uso di questi indicatori, tali caratteristiche sono correlate al livello del reddito pro-capite
dei paesi esportatori. In particolare, questi indicatori descrivono in modo sintetico ed efficace il tipo
di mercato nel quale un Paese si trova a competere per un dato prodotto e, quindi, indirettamente, le
3
sue potenzialità in termini di capacità di remunerazione delle risorse impiegate nel processo
produttivo.
Secondo alcuni studiosi, inoltre, il livello di sophistication delle esportazioni di un paese sarebbe,
più generalmente, legato alle potenzialità di crescita economica del Paese stesso (Rodrick, 2006;
Hausman, Hwang e Rodrik, 2007). I vantaggi principali che derivano dall’utilizzo di questi
indicatori consistono nella facilità di reperimento dei dati necessari alla loro costruzione, nella
semplicità di calcolo ed interpretazione, nella loro notevole capacità di sintetizzare efficacemente
una grande mole di dati attraverso la determinazione di graduatorie e tendenze evolutive (Di Maio e
Tamagni, 2008; Hausman, Hwang e Rodrik, 2007; Kamakura, 2007).
Il paper intende offrire alcune valutazioni sull’utilità e sulle eventuali limitazioni nell’uso di questa
metodologia, finora applicata con riferimento all’intero vettore delle esportazioni di più Paesi, nel
caso in cui venga applicata allo studio del commercio di un settore ed in particolare di quello
agroalimentare. Inoltre, nella seconda parte del lavoro si propone un’applicazione di tali indici al
made in Italy agroalimentare, per mettere in luce proprio come essi possano essere utilizzati per
descrivere e valutare la performance di un paese in relazione ad una componente rilevante del
commercio internazionale.
A questo scopo, il prossimo paragrafo è dedicato ad illustrare nel dettaglio il concetto di
sophistication e la natura degli indicatori che misurano tale fenomeno. Nello stesso paragrafo
vengono brevemente inquadrati i contributi di analisi nell’ambito dei quali questi indicatori sono
stati sviluppati e le peculiarità ed accortezze interpretative necessarie ad una applicazione in campo
agroalimentare. Nel paragrafo 3 viene illustrato e discusso il livello di sophistication delle 95 voci
nelle quali è stato scomposto il commercio agroalimentare mondiale. Nel paragrafo 4 ci si sofferma,
invece, sulla posizione di 76 paesi esportatori di beni agroalimentari sempre in termini di livello
della sophistication del paniere dei prodotti esportati da ciascuno. Il paragrafo 5 si concentra
sull’Italia e propone un’applicazione di questi indicatori all’analisi del tipo di collocazione
commerciale dei prodotti del cosiddetto made in Italy agroalimentare. Come già accennato, questo
approfondimento ha una doppia valenza in quanto, da un lato, aiuta a dare una valutazione concreta
dell’interesse dei risultati specifici forniti dagli indicatori; dall’altro, consente di capire quale sia la
tendenza cui va incontro la specializzazione internazionale del settore agroalimentare italiano, in
una fase in cui le analisi più recenti fotografano un Paese che nel suo insieme mantiene una
specializzazione produttiva che permane sbilanciata nei settori tradizionali (Lanza, 2007; Di Maio e
Tamagni, 2008). Infine, nel paragrafo 6, vengono proposte alcune riflessioni conclusive.
4
2. Gli indici di sophistication ed il commercio agroalimentare
Come anticipato nell’introduzione, gli indicatori sui quali si basa l’analisi proposta in questo
contributo misurano il cosiddetto livello di sophistication delle voci di esportazione. Il termine
sophistication sta ad indicare gli attributi di un bene che ne aumentano il contenuto in valore,
ovvero ne aumentano la capacità di remunerare i fattori della produzione impiegati. Tra questi, la
tecnologia, gli specialised skills, il design, il marchio, altre qualità uniche o difficilmente imitabili
legate alla natura intrinseca del prodotto o anche ad aspetti estrinseci.
Gli autori che, negli anni più recenti, hanno proposto l’uso di questo concetto nell’analisi delle
tendenze del commercio internazionale, misurano indirettamente la sophistication dei beni esportati
attraverso il Pil dei paesi esportatori (Lall Weiss e Zhang, 2007; Hausmann et al., 2007). Più
precisamente, l’indice di sophistication di una voce commerciale (definita a livelli di aggregazione
più o meno spinti) è costruito come sommatoria dei Pil pro capite (Pil) dei paesi che esportano tale
prodotto (o aggregato di prodotti), ognuno ponderato con un peso che esprime la specializzazione
commerciale del paese in quel prodotto. Il modo di calcolare i pesi varia leggermente; in questo
lavoro abbiamo usato la versione proposta da Hausmann et al. (2007) e successivamente utilizzata
anche da Di Maio e Tamagni per l’Italia (2008):
N
Pr odyi   sij Pil j
j 1
Dove si,j pondera il Pil di ciascun paese j esportatore del prodotto i ed è dato da:
si , j 
RCAi , j
 RCA
i, j
j
e Rca (Revealed Comparative Advantage, Indice di Balassa) è:
X i, j
RCAi , j 
Xj
X i,w
Xw
L’idea sottostante è che un paese ad alto Pil, per definizione, è nell’insieme in grado di remunerare
meglio le risorse impiegate nei diversi processi produttivi e, dunque, anche in quelli che generano
prodotti offerti sui mercati internazionali. Dunque, l’indice Prody associato ad ogni bene esportato
fornisce, indirettamente, una indicazione sintetica del suo livello di sophistication. Inoltre, l’indice
fornisce informazioni sul tipo di paesi che esportano un dato bene e, quindi, sul tipo di concorrenza
che il prodotto incontra sui mercati internazionali(Lall, Weiss e Zhang, 2007).
5
In questo quadro, il livello di sophistication di un prodotto o di un paniere di prodotti esportati da
un paese è visto come uno degli elementi da cui può dipendere la sua capacità esportativa, ovvero la
sua collocazione internazionale. L’influenza di questo fattore è del tutto compatibile con la possibile
influenza di altri fattori usualmente individuati in letteratura nell’ambito delle teorie del commercio
internazionale, sia in quelle tradizionali che in quelle cosiddette “nuove”3. Questo modo di guardare
al commercio internazionale e di classificare i beni scambiati non è quindi da intendersi come
alternativo ad altri ma, piuttosto, si propone di arricchire la capacità di spiegare i flussi commerciali
ed il tipo di competizione che i paesi instaurano (Hausamnn et al., 2007). Di conseguenza, è ovvio
che alcune determinanti fondamentali dei flussi commerciali non vengono catturate dalla misura
della sophistication, come si vedrà meglio anche più avanti. Essa quindi presenta alcune limitazioni
che rendono necessario un uso complementare di misure anche molto diverse tra loro, al fine di
poter ricostruire un utile quadro dei meccanismi che regolano gli scambi commerciali
internazionali, la posizione dei singoli paesi e la loro evoluzione nel tempo.
Infine, vale la pena di segnalare che, secondo alcuni degli autori che propongono di classificare beni
e paesi in base alla sophistication dell’export, una specializzazione delle esportazioni orientata
verso prodotti ad alto valore di sophistication sarebbe promotrice di crescita economica (Hausmann
et al., 2007). In altre parole, la capacità di produrre ed esportare beni già prodotti ed esportati da
paesi ricchi colloca un paese su mercati in grado di remunerare meglio gli input; in particolare,
inoltre, se questo ciò avviene in paesi in via di sviluppo, e se le imprese pioniere in questi settori di
punta vengono imitate da altre imprese, si generano effetti di spill-over e di socializzazione dei
benefici generati dal processo di cost-discovery affrontato dai pionieri (Hausmann e Rodrick, 2003;
Hausmann et al., 2007). Ad esempio, questo sarebbe, secondo Rodrick (2006), proprio ciò che è
accaduto alla Cina, paese i cui eccezionali tassi di crescita sarebbero, in gran parte, spiegati da una
specializzazione delle esportazioni verso prodotti ad elevata sophistication4. Tuttavia, l’esistenza di
un legame in qualche misura sistematico tra il livello di sophistication delle esportazioni di un paese
e la sua crescita economica non appare allo stato attuale sufficientemente supportata né sul piano
teorico né su quello empirico ed al riguardo si sta sviluppando un dibattito che vede alcune
posizioni contrapposte (Lall et al., 2006; Hausmann et al., 2007; Kamakura, 2007; Minondo, 2007).
3
Come noto, tra i fattori determinanti i flussi commerciali e la competitività di un paese sui mercati mondiali, la
letteratura ha sin qui analizzato prevalentemente il ruolo delle risorse naturali, della dotazione di capitale sia fisino che
umano, dei costi di trasporto, della tecnologia, delle infrastrutture e della qualità delle istituzioni e del contesto sociale,
della presenza di economie di scala e di esteralità localizzative, delle esternalità generate da reti di imprese, ed altro
ancora.
4
La capacità di alcune imprese cinesi di collocarsi in segmenti di mercato dinamici e remunerativi, perlopiù dominati
da paesi ad elevato Pil avrebbe agito da traino verso un numero crescente di altre imprese cinesi, diffondendo così una
crescente capacità di remunerazione degli input (Rodrick, 2006). Questo sarebbe, ad esempio, uno dei ruoli affidati dal
governo cinese alle cosidette Dragon Head, cinesi, imprese tecnologicamente avanzate, generate da joint ventures con
partner internazionali (Carbone, 2008)
6
In ragione di ciò, ed anche in considerazione della natura settoriale dell’applicazione che qui si
propone per questi indici, l’uso che se ne farà prescinde da considerazioni legate all’eventuale
potenziale di crescita associato alla sophistication e si concentra, invece, sulle informazioni che se
ne possono trarre in termini di collocazione commerciale dei beni esportati. In quest’ottica, è anche
interessante guardare alla dinamica temporale degli indici. L’evoluzione della misura del Prody nel
corso del tempo, infatti, consente di apprezzare eventuali processi di delocalizzazione geografica
del commercio dovuti a cambiamenti nella specializzazione delle esportazioni dei paesi. Tali
cambiamenti, naturalmente, possono a loro volta essere la conseguenza di processi di
trasformazione del tessuto produttivo di paesi della più varia natura e dovuti a cause diverse,
determinabili solo con analisi ad hoc di maggiore dettaglio ed approfondimento. Lall et al. (2006),
ad esempio, attribuiscono la generale crescita di sophistication osservata per i paesi inclusi nel loro
set di dati, nel corso del periodo 1990-2000, ad una crescente frammentazione dei processi
produttivi ed alla delocalizzazione di alcune fasi di tali processi in paesi a medio e basso reddito,
con conseguente crescita di flussi commerciali di beni intermedi.
Dal modo in cui l’indice è stato costruito si ricava facilmente che una sua variazione nel tempo può
essere dovuta a diversi ordini di fenomeni. In primo luogo l’indice Prody del bene i varia se varia il
reddito dei paesi che esportano i; inoltre, anche variazioni nel grado di specializzazione di uno o più
paesi esportatori influisce sul valore dell’indice; infine, l’entrata e/o l’uscita di uno o di alcuni paesi
dal novero degli esportatori del bene i influisce sull’indice.
Direttamente dal Prody discende l’indicatore di sophistication chiamato Expy ed associato ai paesi.
L’Expy di un paese si ottiene per sommatoria dei Prody dei prodotti (comparti) che il paese esporta,
ognuno pesato per la quota del prodotto sulle esportazione totali del paese.
La sophistication per paese può essere costruita a partire dall’indicatore precedente in questo modo:
Expy j  
i
xi , j
Xj
Pr ody i
dove il peso xij/Xj esprime la quota di ciascun prodotto/comparto sulle esportazioni totali del paese.
L’Expy fornisce un ranking dei paesi che dà una indicazione sintetica del livello relativo di
sophistication delle sue esportazioni e consente di fare confronti immediati. In particolare,
confrontando il livello del reddito pro-capite di un paese con il suo indice Expy e con quelli di paesi
di analogo Pil si possono trarre indicazioni sull’adeguatezza della sua specializzazione, ovvero sulla
sua capacità di generare valore aggiunto e di sfuggire alla concorrenza di paesi a più basso reddito
che quindi godono, coeteris paribus, di una più intensa competitività di prezzo.
Calcolando la variazione di questo indice nel corso del tempo si ha una misura di come il
posizionamento del paese è cambiato nel tempo. Un paese le cui esportazioni sono orientate in
7
favore di prodotti con indice di sophistication che si riduce nel tempo è un paese la cui
competitività è compromessa da una specializzazione produttiva inadeguata a valorizzare le risorse
presenti e verosimilmente andrà incontro ad una crescente concorrenza da parte dei prodotti meno
sofisticati di paesi a più basso reddito (più intensa concorrenza di prezzo).
Questo è proprio quanto sarebbe accaduto in Italia, secondo Di Maio e Tamagni (2008), che hanno
analizzato l’evoluzione della sophistication delle esportazioni italiane nell’arco di un ventennio,
spiegando così, almeno in parte, il declino della competitività internazionale del paese 5. Questo tipo
di analisi sembra di particolare interesse anche nel caso dei prodotti agroalimentari (in particolare
quelli dell’industria di trasformazione) in quanto si tratta di mercati ai quali i paesi a medio-basso
reddito hanno avuto negli ultimi anni relativamente maggiore facilità di accesso, entrando nel
novero degli esportatori, sia a causa del generale processo di liberalizzazione che ha coinvolto
questi mercati, sia a seguito di una accresciuta capacità produttiva (in senso quantitativo e
qualitativo) di alcuni paesi emergenti.
Nell’analisi qui proposta, infatti, ci si limita a calcolare il Prody per i beni del paniere delle
esportazioni agroalimentari; dunque, anche l’Expy fa riferimento solo a questi beni e per questo
viene definito ExpyAA. La natura settoriale dell’analisi, oltre alle caratteristiche peculiari che
distinguono fortemente il settore primario da molti altri settori produttivi, richiede alcune cautele
nell’interpretazione dei risultati che verranno di volta in volta presentate al lettore
L’analisi è stata condotta con riferimento all’ultimo decennio, rappresentato dai bienni 1996-97 e
2006-07. I dati di commercio usati sono quelli della Banca Dati Contrade (Nazioni Unite) nella
classificazione HS a 6 digit per un totale di 704 voci, poi aggregate in 95 comparti. sulla base
dell’affinità merceologica delle voci. I dati di Pil e popolazione vengono dalla Banca Dati WDI
(Banca Mondiale). I dati sul Pil sono espressi in dollari costanti 2005 in parità di potere d’acquisto
(PPP)6.
3. La sophistication dei prodotti agroalimentari: l’indice Prody
Il calcolo dell’indice Prody per il comparto agroalimentare ci restituisce un quadro molto composito
e variegato, sia rispetto alla composizione merceologica (settore primario e prodotti trasformati) che
rispetto all’origine e alla destinazione dei prodotti (prodotti per il consumo diretto, per l’industria
alimentare, input, ecc.) (vedi allegato 1). Se si guarda alla distribuzione delle frequenze relative per
5
Più nel dettaglio, le esportazioni del paese si sarebbero progressivamente concentrate in settori a bassa sophistication,
spostando progressivamente il piano della competizione commerciale sugli elementi propri di settori maturi a basso
valore aggiunto e riducendo la capacità dello sbocco estero di promuoverne la crescita.
6
I 76 paesi inclusi nell’analisi rappresentano l’87,4% del commercio agroalimentare mondiale.
8
classi dell’indice Prody per il 2006/07 si evidenzia come essa mostri un andamento asimmetrico a
destra, con due picchi che si raggiungono per i valori compresi tra 18.500 e 20.500 e tra 22.500 e
24.500 (figura 1). Rispetto al 1996/97, si evidenzia un complessivo slittamento a destra della
distribuzione dei valori dell’indice per il totale delle 95 voci considerate, con i due picchi che si
collocano decisamente più in basso rispetto al dato del 1996/97 (frequenza massima tra 14.500 e
16.500 dollari)7.
Fig. 1 – Distribuzione delle frequenze dell’indice Prody per le 95 voci relative ai prodotti agroalimentari
35
30
25
20
15
frequenza 2006-07
frequenza 1996-97
10
5
25
00
-4
50
0
45
01
-6
50
0
65
01
-8
50
85
0
01
-1
05
10
00
50
112
50
12
0
50
114
50
14
0
50
116
50
16
0
50
118
50
18
0
50
120
50
20
0
50
122
50
22
0
50
124
50
24
0
50
126
50
26
0
50
128
50
28
0
50
130
50
30
0
50
132
50
0
0
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Dai dati della tabella 1, che riporta alcune statistiche descrittive “standard” dell’analisi dei dati,
notiamo che l’indice mostra un notevole campo di variazione e che tale campo è aumentato tra il
primo ed il secondo periodo, aumentando la distanza tra valori bassi e alti, come testimoniato anche
dall’aumento della deviazione standard8. La media e la mediana sono molto vicine tra loro (dunque
la posizione del valore medio coincide quasi con quello che si lascia a sinistra il 50% delle
osservazioni), ed entrambe aumentano in maniera significativa. Al contempo, il valore del terzo
quartile aumenta molto di più di quello relativo al primo, il che contribuisce ad aumentare
7
Lo spostamento verso destra delle frequenze dell’indice può essere in parte dovuto ad un effetto “trascinamento” della
crescita del Pil. Tuttavia, gli anni qui considerati sono stati caratterizzati da andamenti molto differenziati in termini di
crescita del Pil, per cui l’effetto complessivo potrebbe essere molto limitato.
8
È interessante sottolineare che la deviazione standard è più elevata in questo set di dati relativi al solo comparto
agroalimentare rispetto al set di dati riferito al commercio nel suo complesso, come mostrato da altro lavori (Di Majo e
Tamagni, 2008).
9
l’asimmetria della distribuzione delle frequenze tra il primo ed il secondo periodo considerato 9.
Tutto ciò, a conferma di quanto già visto dalla dinamica delle frequenze, sta ad indicare un
complessivo “spostamento” verso l’alto della distribuzione dei valori dell’indice, ovvero un
aumento dei valori dell’indice per buona parte dei prodotti e, comunque, una maggiore ampiezza
dell’arco dei valori dei dati che aumentano rispetto a quello dei valori che diminuiscono.
Tab. 1 – Statistiche descrittive relative all’indice Prody (95 prodotti)
Valore minimo
1° quartile
Mediana
Media
3° quartile
Valore massimo
Deviazione standard
2006/07
4.368
1996/97
3.887
15.326
12.972
19.362
15.128
19.412
15.099
23.089
17.739
32.095
25.052
5.750
4.512
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Passando ad osservare il tipo di voci commerciali che si trovano nelle diverse posizioni della
distribuzione, si può notare come nelle prime posizioni per grado di sophistication si collocano, nel
biennio 2006/07, beni prevalentemente legati alla filiera zootecnica, sia bovina che di altre specie,
con la sola eccezione dei vini spumanti e degli oli di oliva (vergine e miscele)10. In particolare, la
voce che fa registrare il valore più alto del Prody è quella dei vini spumanti, che recupera molte
posizioni rispetto al 1996/97, spodestando i formaggi erborinati, che si collocavano al primo posto
nel 1996-97. Nel complesso, si tratta di prodotti frutto di un processo “medio” di trasformazione
(formaggi, vini spumanti, olio), complessivamente piuttosto maturi (grassi animali, frattaglie,
carcasse congelate), o anche riconducibili alla attività primaria ma con specificità qualitative legate
al territorio (olio, formaggi) o anche al contenuto tecnologico e all’alto valore commerciale (animali
riproduttori). Tra il biennio 1996-97 ed il successivo il Prody migliora, con alcuni rilevanti
spostamenti di posizione in graduatoria (basti vedere il caso degli stessi vini spumanti, già
menzionato, o anche quello dell’olio d’oliva o del grano tenero). Solo per due prodotti il segno è
negativo: le carcasse congelate di bovini (-1,1%) ed il grano tenero (-2,6%)11. Va anche segnalato
come gli incrementi maggiori si registrino per un set di prodotti molto diversi tra loro: la variazione
9
Si ricorda che il primo quartile rappresenta il valore che identifica la posizione del 25% delle osservazioni. In questo
caso, un quarto dei dati assume valore inferiore a 12.972,7. Allo stesso modo, il terzo quartile identifica la posizione del
75% delle osservazioni.
10
Per un quadro completo del ranking delle 95 voci qui utilizzate per l’agroalimentare, si veda anche l’allegato 1 in
appendice.
11
Su questo aspetto, una spiegazione plausibile è legata al processo di riduzione del tasso di protezionismo che ha
riguardato, in particolare, il mercato dei cereali e dei prodotti zootecnici. Ciò può avere avuto l’effetto di un maggiore
accesso agli scambi internazionali di Paesi esportatori a più basso reddito (ad esempio, per i cereali, i paesi dell’Est
Europa).
10
più ampia riguarda proprio il prodotto che nel 2006-07 si insedia al primo posto (vini spumanti,
+93,5%); a seguire, troviamo sia alcuni prodotti tipici del made in Italy (olio d’oliva, pelati di
pomodoro, pasta) che beni primari provenienti da regioni tropicali (frutta tropicale, radici e gomme,
ecc.), sia, infine, alcuni prodotti zootecnici.
Un elemento atteso, in accordo con quanto sostenuto dagli studiosi che hanno proposto l’uso
dell’indice, è che le commodities si collochino nella parte bassa del ranking dell’indice, mentre
prodotti a più alto contenuto potenziale in valore siano nella parte alta. Vale senz’altro la pena di
rilevare che nel caso dell’alimentare, questo tipo di relazione, pur sussistendo in molti casi, è
notevolmente attenuata per cui, come visto, si hanno prodotti indifferenziati del settore primario
anche in posizioni relativamente alte del ranking e prodotti trasformati dell’industria alimentare in
posizioni non sempre elevatissime. Ciò, come si discuterà anche più avanti, dipende da diversi
fattori che influenzano significativamente la specializzazione produttiva dei paesi nel settore
agroalimentare, tra cui elementi legati al clima ed alla disponibilità di risorse, scelte politiche legate
al ruolo strategico tradizionalmente accordato all’autosufficienza alimentare ed alla presenza di un
settore primario vitale anche al di là del suo contributo all’efficienza economica complessiva del
paese.
Avendo esaminato i dati nel loro insieme, il passo successivo è quello di verificare, per i prodotti a
maggiore valore dell’indice Prody, le quote di esportazioni sul mercato mondiale (tabella 2).
Partendo dai vini spumanti, le esportazioni per questa voce sono fortemente concentrate: il 66% è
ascrivibile alla Francia, poco meno del 10% all’Italia ed il 9% alla Spagna. La situazione non era
molto diversa nel decennio precedente. Passando ai formaggi erborinati, oltre il 70% delle
esportazioni di questo prodotto è riconducibile a tre Paesi dell’UE: Danimarca (27,8%) Italia (22%)
e Francia (21,5%). In tutti e tre i casi le quote sono sostanzialmente stabili nel tempo, seppure con
un leggero incremento. Il terzo prodotto in ordine di sofisticatezza è quello delle carcasse suine
fresche e refrigerate. In questo caso, il flusso risulta meno concentrato: la quota di esportazioni
mondiali più ampia spetta alla Germania (18%), in grande espansione (nel 1996-97 la stessa quota
si fermava al 4,5%), seguita dalla Danimarca. Da notare che la crescita delle esportazioni tedesche
sembra essere bilanciata dal forte arretramento della quota olandese, che passa dal 21,3% del 199697 ad appena l’11,7% del 2006-07.
11
Tab. 2 – Valore dell’indice Prody, del Rca e delle quote “paese” di esportazione per prodotti selezionati
Prodotto
Posizione Tip. prod.*
Vini spumanti
1
i
Formaggi erborinati
2
p
Suini: carcasse fresche e refrigerate
3
i
Grassi animali vari
4
i
Animali riproduttori
5
i
Grano tenero
41
p
Pasta alimentare
43
i
Pelati e conserve di pomodoro
48
i
Caffè greggio
95
p
* p = prodotto primario; i = prodotto dell'industria alimentare
Valore Prody
2006/07 1996/97
32095
16584
30874
25052
30483
24919
29680
23114
29614
22224
20204
20734
20174
12976
19362
11211
4368
3887
Primi 3 esportatori 2006/07
Francia (66,1%) Italia (9,9%) Spagna (8,9%)
Danimarca (27,8%) Italia (22,0%) Francia (21,5%)
Germania (18,0%) Danimarca (15,7%) Olanda (11,7%)
Italia (19,6%) Olanda (16,4%) Danimarca (12,8%)
Olanda (19,4%) Italia (19,0%) Francia (13,0%)
USA (25,5%) Canada (12,6%) Francia (12,0%)
Italia (60,9%) Turchia (3,6%) USA (3,2%)
Italia (44,3%) Cina ( 16,3%) Spagna (9,2%)
Brasile (27,2%) Colombia (13,8%) Vietnam (10,5%)
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Di seguito ci si riferisce a categorie di prodotti diversi per grado di trasformazione, concentrazione
delle quote ed ampiezza dei mercati di riferimento, in modo da dare un’ampia panoramica di
prodotti a diverso indice Prody.
Prendendo in considerazione una commodity agricola, il grano tenero, esso si colloca al 41° posto in
graduatoria, con un leggero peggioramento del valore dell’indice. Tuttavia, questo è un caso
interessante in quanto nel 1996/97 tale prodotto si collocava all’11° posto: dunque, esso ha perso
notevoli posizioni, nonostante la variazione negativa del valore del Prody sia molto marginale. Il
paese con la più ampia quota di mercato sono gli USA (25,5%), in riduzione rispetto al biennio
1996/97; seguono il Canada e la Francia, mentre la Russia si mostra in forte aumento tra i due
periodi considerati.
La pasta alimentare si situa al 43° posto nella graduatoria dell’indice Prody, in risalita, nel periodo
di tempo considerato, dal 71° posto. In questo caso, ci troviamo di fronte ad un prodotto la cui quota
di mercato dell’italia è superiore al 60%; al nostro Paese seguono altri con quote intorno al 3%
(USA, Turchia), mentre in questo caso la quota della Cina tende a ridursi moltissimo, fin quasi ad
azzerarsi.
La voce “pelati e conserve di pomodoro” ha seguito un percorso non dissimile: occupa il 48° posto
nella graduatoria dell’indice Prody, con un notevole recupero di posizioni tra il primo ed il secondo
biennio considerato (nel 1996/97 si collocava al 77° posto). Questo prodotto rappresenta, come il
precedente, una delle voci principali del made in Italy agroalimentare; infatti, la quota di mercato
dell’Italia raggiunge il 44,3%, in leggero aumento rispetto al biennio precedente. Molto
significativo è l’incremento della quota di mercato mondiale della Cina, che passa dal 2,9% del
1996-97 al 16,3% dell’ultimo biennio, collocandosi al secondo posto tra gli esportatori mondiali
(Antimiani e Henke, 2005)12.
12
L’aumento così evidente delle esportazioni cinesi porta, come logico attendersi data la sua costruzione, ad un
abbassamento del valore dell’indice Prody che questa voce merceologica.
12
Infine, prendendo in considerazione il prodotto con indice Prody più basso (in entrambi i bienni), il
caffè greggio, si osserva che la quota più grande spetta al Brasile (27,2%), seguito dalla Colombia e
dal Vietnam.
4. Un’applicazione dell’indice Expy al settore agroalimentare
Questo paragrafo è dedicato ad analizzare la misura della sophistication con riferimento all’intero
vettore delle esportazioni agroalimentari di ciascun paese, vale a dire l’indicatore chiamato ExpyAA.
Come anticipato nel paragrafo 2, ciò consente di ottenere un ranking dei Paesi esportatori di beni
agroalimentari basato sul grado di sophistication del paniere di beni esportati, ciascuno pesato per la
quota di esportazioni che contribuisce a generare sul totale delle esportazioni agroalimentari del
paese.
La tabella 3 mostra come anche per l’ExpyAA, così come più in generale per l’Expy, vi sia una
chiara relazione con il livello del Pil, relazione confermata dall’alto valore assunto dal coefficiente
di correlazione tra le due serie di dati (R2 = 0.792). Che ciò si verifichi nell’insieme del set di paesi
non deve meravigliare in quanto una relazione tra Expy e Pil esiste proprio per come l’indicatore è
costruito. Nel nostro caso, l’esistenza di questa relazione è meno scontata in quanto l’Expy è di
natura settoriale. La circostanza osservata, quindi, conferma che anche guardando solo ad un settore
come quello agroalimentare che pesa poco sul Pil, vi sia una relazione tra livello del reddito e tipo
di specializzazione commerciale. Tuttavia, come si vedrà poco avanti, risultano essere di particolare
interesse anche i casi in cui si possono notare significativi scostamenti tra i due valori.
Dunque, tutti i paesi che si trovano in cima alla graduatoria dell’ExpyAA sono paesi ricchi; in
particolare sono paesi europei ai quali si aggiunge la Nuova Zelanda13. Le esportazioni che più
contribuiscono alla collocazione di questi paesi fanno capo alla filiera zootecnica oppure a
produzioni ad elevato grado di trasformazione e differenziazione. Nel caso della Svizzera ad
esempio – prima nella graduatoria dell’ExpyAA di entrambi i bienni – l’ottimo risultato è
determinato dall’esportazione di beni piuttosto eterogenei ma certamente a alto contenuto in valore
come la cioccolata, i prodotti di pasticceria, le bibite analcoliche, i formaggi, il caffè lavorato, le
salse e i condimenti. Piuttosto varia è anche l’offerta irlandese, che deve il suo successo a prodotti
ad alto Prody come le carcasse bovine, la pasticceria, i liquori, lo yogurt (insieme a burro e
spalmabili) e i semilavorati del latte. I prodotti della filiera zootecnica prevalgono in Danimarca,
dove le carcasse sia fresche che congelate di suini prevalgono tra gli altri beni (pur avendo
13
Fanno eccezione, irrilevante dal punto di vista dei volumi di commercio, tre piccolissimi paesi insulari – Capo Verde,
Cipro e Malta – dalla specializzazione produttiva e commerciale fortemente condizionata dalle piccolissime dimensioni
e dalle peculiari condizioni ambientali
13
comunque una loro importanza anche i prodotti legati alla pesca e i lattiero-caseari). Così come la
stessa tipologia di prodotti caratterizza l’export neozelandese, dove assumono rilevanza le carcasse
ovicaprine ed equine, così come quelle suine insieme a diversi prodotti lattiero-caseari
(latte,semilavorati del latte e formaggi). Anche la Germania deve il suo successo ai prodotti
zootecnici, come le carcasse suine, il latte, i formaggi, ma non solo: forte è anche l’esportazione di
cioccolata e prodotti di pasticceria. I lattiero-caseari occupano le prime posizioni anche tra le
esportazioni della Finlandia (insieme ad altri, come i liquori, gli altri cereali e la cioccolata), mentre
in Austria i buoni risultati sono ottenuti da prodotti diversi come acque, bibite e cioccolata.
Eterogenea è l’offerta della Francia che, accanto a vini e spumanti, esporta un buon numero di
prodotti a Prody medio-alto, come i formaggi, i prodotti di pasticceria e i liquori. L’Italia occupa
una buona posizione, 11° posto nella graduatoria dell’Expy, registrando un forte miglioramento
rispetto al biennio precedente, nel quale era solo 27°. Al di là dei vini, che sono i principali artefici
del suo posizionamento, i buoni risultati sono dati da un range piuttosto ampio di prodotti esportati
con Prody medio-alto, come l’olio di oliva vergine, la pasta, i formaggi, i pelati, la panetteria ed i
prodotti a base di cioccolata.
Tab. 3 – Valore dell’Expy agroalimentare per paesi selezionati
2006/07
ExpyAA posizione
Svizzera
22.329
1
Irlanda
22.124
2
Danimarca
22.009
3
Nuova Zelanda
21.549
4
Malta
21.261
5
Finlandia
21.250
6
Austria
21.195
7
Germania
20.705
8
Francia
20.646
9
Cipro
20.630
10
Italia
20.386
11
Svezia
20.370
12
Capo Verde
20.269
13
Norvegia
20.202
14
Regno Unito
20.097
15
Madagascar
12.609
67
Costa Rica
12.333
68
Tanzania
12.063
69
Colombia
11.953
70
Zambia
11.868
71
Guatemala
11.383
72
Kenya
11.147
73
Uganda
10.160
74
Honduras
10.019
75
Malawi
8.090
76
Fonte: elaborazioni su dati Contrade
1996/97
ExpyAA posizione
17.574
1
17.357
3
17.449
2
16.931
4
15.821
15
16.312
6
16.929
5
16.058
10
15.689
18
15.141
22
14.903
27
16.269
7
14.966
26
15.830
14
15.612
19
9.299
68
8.700
69
7.437
74
7.508
72
9.769
65
7.465
73
7.798
71
6.282
76
8.176
70
6.391
75
Passando ad esaminare i paesi che si trovano in fondo alla graduatoria dell’ExpyAA (sempre in
14
tabella 3), si nota, innanzitutto, che sono tra i paesi più poveri al mondo, africani e dell’America
Latina. Le principali voci di esportazione di questi paesi sono quasi sempre le stesse: prodotti del
settore primario con valore dell’indice Prody molto basso, come il caffè grezzo, piante e fiori,
spezie, frutta tropicale, zuccheri, tabacchi grezzi, mentre tra i prodotti trasformati le uniche voci che
ricorrono sono gli oli di semi e, a fine periodo, le preparazioni di pesce.
Vale anche la pena dare uno sguardo alle posizioni intermedie del ranking (non riportate in tabella
per motivi di spazio) dove la relazione tra ExpyAA e Pilpc è meno netta in quanto vi si trovano paesi
la cui specializzazione commerciale agroalimentare risulta influenzata prevalentemente da fattori
diversi dal livello di sviluppo complessivo dell’economia; in questa vasta fascia intermedia si
trovano situazioni molto differenziate. Innanzitutto si noti che vi ricadono paesi ad alto reddito
come il Canada e gli USA (rispettivamente 27° e 40° in graduatoria) la cui specializzazione
commerciale è più orientata verso prodotti primari a causa della straordinaria dotazione di risorse
naturali oltre che dell’efficienza accumulata nel corso del tempo in produzioni primarie. Altri paesi
ricchi che nella graduatoria dell’ExpyAA occupano posizioni relativamente più basse
sono il
Giappone (34°) e l’Olanda (30°). In questo caso si tratta di paesi piccoli ma specializzati in
produzioni la cui sophistication è di livello intermedio. Nel caso del Giappone ciò è dovuto
principalmente alle esportazioni di pesce, nelle quali il paese è notoriamente specializzato; per
l’Olanda è dovuto alla discreta esportazione di piante e fiori che hanno un Prody piuttosto basso. In
realtà, tra i primi prodotti esportati dagli olandesi vi sono anche prodotti a più alto valore di
sophistication, come i formaggi e le carcasse bovine, ma le quantità esportate sono modeste, per cui
la loro influenza sull’Expy risulta essere di piccola entità. All’estremo opposto, in questa fascia
intermedia si trovano anche alcuni paesi a basso reddito, come ad esempio il Senegal e l’Armenia,
che hanno sviluppato una qualche industria di trasformazione che dà luogo ad un flusso di
esportazioni che in termini di specializzazione del paese ha un qualche peso. Nel caso del Senegal si
tratta dei prodotti della pesca, semplici e variamente trasformati, in quello dell’Armenia si tratta dei
liquori. Dunque, ad una prima esplorazione, l’ExpyAA conferma una relazione di massima con il Pil,
rendendo utile l’uso dell’indicatore, anche se al tempo stesso emerge l’influenza su questa misura di
alcuni fattori localizzativi della produzione agroalimentare che sono specifici ed estranei al livello
generale dell’economia.
Per quanto riguarda le modifiche cui il valore dell’ExpyAA è andato incontro nel decennio osservato,
le statistiche sintetiche riportate nella tabella 4 e la figura 2, che riporta in ascissa il valore assunto
dall’ExpyAA nel biennio 1996-97 ed in ordinata quello relativo al biennio 2006-07, evidenziano una
traslazione generalizzata verso l’alto dei valori dell’indice. Questa è evidenziata anche dalla crescita
sensibile del valor medio e mediano e dei valori estremi della distribuzione; questi, inoltre, assieme
15
alla deviazione standard, mostrano un ampliamento della variabilità in linea con quanto osservato
per il Prody. Vale la pena sottolineare come questa crescita non sia un risultato scontato se si tiene
conto che i valori del reddito pro-capite sono misurati a prezzi costanti, convertiti a parità di potere
di acquisto, e che il decennio osservato non corrisponde ad una fase di significativa crescita
economica generale.
Anche la figura 2 evidenzia a colpo d’occhio alcune circostanze interessanti. Innanzitutto, vi si
legge quel processo già descritto di crescita generalizzata del valore dell’indice; inoltre si ha
conferma dell’assenza di grandi cambiamenti nelle posizioni relative dei paesi (il coefficiente di
correlazione tra le due serie vale 0.926) anche se alcune variazioni che vale la pena ricordare, si
sono pur avute. Tra queste la scalata, per così dire, dell’Italia e della Polonia, che guadagnano
rispettivamente 16 e 9 posizioni, e il peggioramento relativo di grandi paesi come il Canada e
l’Argentina (-18 e -12) o di altri esportatori come l’Olanda la Romania, l’Uruguay (perdono 17, 15
e 16 posizioni in graduatoria, rispettivamente).
Tab. 4 – Indici descrittivi relativi all’indice ExpyAA (76 paesi)
2006/07
1996/97
Valore minimo
11.868
9.769
1° quartile
15.372
11.507
Mediana
18.118
14.016
Media
17.297
13.246
3° quartile
19.857
15.376
Valore massimo
22.329
17.574
Deviazione standard
3.292
2.865
Fonte: elaborazioni du dati Comtrade
Fig.2- Variazioni dell'indice ExpyAA
switzerland
denmark
malta
new zealand
finlandaustria
germany
italy
cyprusfrance
cape
verde
norway
sweden
poland UK
slovenia
estonia
australia
czech
latvia belgium
spain
lithuania
singaporearmenia
portugal
canada
slovak
russian
croatia
japan hungary
netherlands
venezuela
korea
chile
uruguay
USA
iceland
senegalmexico
bulgaria
romania
lebanon south africa argentina
israel
china
turkey
macedonia
egypt
algeria
albania
gabon
seychelles
brazil bolivia
iran
guyana
malaysia
nicaragua
ecuador
indonesia
india
madagascar
costa rica zambia
ireland
22000
20000
e
x
p
y
0
6
0
7
18000
16000
14000
tanzania
12000
colombia
kenya
10000
8000
uganda
honduras
malawi
6000
6000
8000
10000
12000
expy 96-97
14000
16000
18000
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
16
Un approfondimento sulla posizione relativa dei paesi in termini di sophistication, sulla sua
variazione e sul ruolo che vi giocano le diverse voci di esportazione, lo si ottiene attraverso un
interessante esercizio proposto dalla letteratura sulla sophistication delle esportazioni. Questo
consiste nell’osservare congiuntamente per ciascuna voce e per ciascun paese il valore dell’indice
Prody e quello dell’indice Rca (che, come si ricorderà, è l’indice in base al quale è definito il peso
del Pil procapite nell’indice Prody stesso) (Lebre de Freitas e Salvado, 2009; Di Maio e Tamagni,
2008). Ponendo questi valori sugli assi di un grafico si ottiene una nuvola di punti per ciascun paese
che può essere interpolata da una retta la cui pendenza offre, in maniera molto sintetica, la misura
del tipo di specializzazione commerciale del paese.
Fig.3- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07
40000
Lineare (ITALIA)
Lineare (FRANCIA)
Lineare (SPAGNA)
35000
Lineare (GERMANIA)
Lineare (USA)
Lineare (ITALIA 96-97)
30000
Lineare (FRANCIA 96-97)
Lineare (GERMANIA 96-97)
Lineare (SPAGNA 96-97)
Lineare (USA 96-97)
PRODY
25000
20000
15000
10000
5000
RCA
0
0
2
4
6
8
10
12
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Una inclinazione positiva, infatti, si ha per i paesi che godono di Rca in produzioni con maggior
valore dell’indice Prody. Viceversa, i paesi per i quali è più forte il vantaggio nelle produzioni meno
sofisticate mostrano una nuvola di punti (e quindi una retta di regressione) rivolta in basso. Le
figure 3, 4 e 5 mostrano i valori assunti da questa relazione per 12 paesi di particolare interesse e
rappresentatività. In ogni grafico, per ciascuno dei paesi rappresentati vengono mostrate due rette,
una relativa ai valori 1996-97 ed una relativa alla fine dell’intervallo indagato, il 2006-2007.
Osservando, quindi, le nuvole di punti formate dalle coppie di valori dei due indici, si può subito
notare che in 4 casi la retta di regressione indica una specializzazione commerciale in prodotti ad
17
elevato Prody, questi sono, nell’ordine: la Germania, la Francia, l’Italia (Fig. 3) e la Polonia (Fig.
4). La Germania deve questo buon posizionamento non tanto ad una forte specializzazione nelle
esportazioni di pochi prodotti ad elevato Prody, quanto all’avere un ventaglio di prodotti esportati
molto ampio, tra i quali naturalmente prevalgono beni ad alto indice di sophistication: i prodotti
lattiero-caseari, i salumi, le carni suine, la cioccolata, il caffè lavorato, le bibite. Un discorso simile
può essere fatto per la Francia: accanto ad una discreta specializzazione nell’export di vini
spumanti, per il resto esporta numerosi prodotti con Prody elevato, pur senza raggiungere per
ciascuno di essi quote elevate. Questi prodotti sono piuttosto eterogenei, comprendendo i vini, i
gelati, diverse tipologie di formaggi, le bibite, le acque, le patate. La Polonia, nel corso del
decennio, ha cambiato la struttura delle sue esportazioni in modo favorevole: infatti è passata da una
situazione in cui vi era una netta prevalenza di pochi prodotti (frutta semilavorata congelata, salumi
e preparazioni di carni dietetiche), ad una offerta molto più vasta in termini di prodotti, con la
presenza alle prime posizioni in termini di Rca, di nuovi prodotti come i formaggi fusi e le uova;
non tutti, in realtà, ad altissimo Prody, ma complessivamente migliori del biennio precedente. Le
variazioni che interessano l’Italia nel corso del decennio, sono minime sia in termini di Rca che di
prodotti principalmente esportati: troviamo sempre ai primi posti prodotti tipici del made in Italy
come pasta, pelati, vermut, gli oli di oliva. Il miglioramento è quindi dovuto in questo caso ad un
aumento maggiore del Prody dei suoi principali beni esportati, rispetto ad altri: la pasta semplice e
all’uovo, i pelati, gli oli di oliva hanno tutti avuti un discreto aumento dell’indice di sophistication.
Guardando, ora, alla Spagna che partiva da una posizione iniziale meno favorevole, si nota come
essa migliori la propria specializzazione commerciale, come è testimoniato dal cambiamento della
inclinazione della retta la cui pendenza cresce. Per questa nazione si verifica una situazione simile a
quella italiana, per cui il miglioramento non è tanto dovuto a rilevanti variazioni nella
specializzazione, ma ad un notevole incremento nel decennio dell’indice Prody per i prodotti che
esporta maggiormente (il gruppo degli oli di oliva ad esempio).
Nel gruppo dei paesi ricchi (Fig. 3) è riportato anche il caso degli USA la cui specializzazione
commerciale è piuttosto povera in termini di sophistication, come si è già avuto modo di notare, e
peggiora sensibilmente a causa non tanto della variazione del paniere esportato, quanto del fatto che
per diversi dei prodotti con Rca più alto, i valori dell’indice Prody sono nel tempo aumentati di
poco o, come nel caso del grano tenero, sono addirittura diminuiti. Una riduzione della pendenza
della retta di regressione dell’Ungheria, congiuntamente ad un suo spostamento verso l’alto,
suggeriscono che questa nazione esporta un complesso di beni a Prody medio-alto (carni e
frattaglie, pollame a pezzi e intero, le carcasse di suini congelate, il miele), ma anche che nel tempo
18
non ha saputo valorizzarle. Gli stessi prodotti appena citati infatti, insieme ai salumi, pur rimanendo
tra le prime posizioni, registrano una diminuzione dell’indice Rca nel corso del decennio.
Fig.4- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07
35000
Lineare (POLONIA)
Lineare (TURCHIA)
30000
Lineare (UNGHERIA)
Lineare (POLONIA 96-97)
Lineare (TURCHIA 96-97)
25000
Lineare (UNGHERIA 96-97)
PRODY
20000
15000
10000
5000
RCA
0
0
2
4
6
8
10
12
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Infine, meritano attenzione alcuni grandi paesi a basso reddito come il Brasile, l’India, la Cina la
Turchia e l’Egitto (Figg. 4 e 5), accomunati da una grande varietà nella specializzazione delle
esportazioni che include, però, prevalentemente beni esportati a bassa sophistication, come si
evince immediatamente dalla pendenza negativa delle rette che interpolano i prodotti esportati nello
spazio Prody-Rca. In questo gruppo la Turchia il Brasile e l’Egitto migliorano un poco la propria
specializzazione commerciale. Per la Turchia si può più che altro osservare una traslazione della
retta verso l’alto, dovuta all’entrata nel gruppo dei principali beni esportati di prodotti come l’olio di
oliva non vergine e il couscous, il cui Prody, pur non altissimo, si attesta su posizioni medie
comunque più alte rispetto a molti degli altri prodotti in cui la Turchia è specializzata e che le
impediscono di ottenere prestazioni migliori (la frutta in guscio, la frutta secca, i tabacchi greggi, gli
ortaggi in pezzi). Andamento simile delle due rette lo osserviamo anche per Brasile e India. Il
Brasile va incontro ad un lieve miglioramento della specializzazione verso prodotti a più alta
sophistication, sebbene più netto di quanto osservato per la Turchia. Più nello specifico, in questo
caso, si osserva una tendenza alla diminuzione dell’export del caffè grezzo (a bassissimo Prody) e
19
un aumento di prodotti appartenenti alla filiera zootecnica, come le carni varie preparate, il pollame
intero e a pezzi, gli estratti e i sughi di carne. L’India, dal canto suo, evidenzia una traslazione
verso l’alto della retta di regressione, dovuta non ad una variazione dei prodotti esportati, ma ad un
aumento, a volte di entità modesta, del Prody dei principali beni esportati. Un miglioramento
sostanziale viene impedito dalla discreta specializzazione che ancora mantiene in prodotti più
poveri come il riso lavorato e le spezie e gli ortaggi semilavorati. Per l’Egitto nel corso del decennio
si può osservare una riduzione complessiva della specializzazione dovuta al sensibile calo nelle
esportazioni di patate e nella comparsa di nuovi prodotti come i formaggi fusi a Prody piuttosto
alto. Tuttavia le patate erano tra i prodotti esportati dal paese quello a più alto livello del Prody e
dunque la riduzione della specializzazione in tal senso ha determinato un abbassamento della
pendenza della retta di regressione per l’Egitto. Infine, la dinamica della posizione cinese appare
piuttosto complessa in quanto da un lato si ha una traslazione verso l’alto della retta, mentre
dall’altro si osserva una riduzione piuttosto marcata della sua pendenza. L’insieme dei beni
esportati da questa nazione è divenuto nel tempo più ampio, acquistando importanza prodotti come i
pelati e la pasta all’uovo, ma permangono nelle prime posizioni prodotti a basso Prody come gli
ortaggi semilavorati, gli ortaggi in pezzi, le radici e le spezie.
Fig.5- Valori del Prody e dell’Rca per alcuni paesi. 1996/97-2006/07
35000
Lineare (EGITTO)
Lineare (CINA)
Lineare (BRASILE)
Lineare (INDIA)
30000
Lineare (EGITTO 96-97)
Lineare (INDIA 96-97)
Lineare (BRASILE 96-97)
PRODY
25000
Lineare (CINA 96-97)
20000
15000
10000
5000
RCA
0
0
2
4
6
8
10
12
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
20
5. Gli indici di sophistication e l’Italia: il caso del made in Italy agroalimentare
In questo paragrafo si utilizza l’indice Prody per un’analisi più dettagliata del made in Italy
agroalimentare. Anche in questo caso si può utilizzare questo indice per una prima collocazione dei
prodotti nel ranking della sophistication che aiuta a capire su quali tipi di mercati ciascun prodotto
si trova a competere. Inoltre, mettendo in relazione l’evoluzione del grado di sofisticatezza delle
esportazioni agroalimentari italiane con la specializzazione del set di esportazioni si traggono
informazioni sul tipo di traiettoria competitiva nella quale si colloca il paese. Da questo punto di
vista, il made in Italy si presta bene come caso di studio, essendo esso composto prevalentemente da
prodotti caratterizzati da un buon grado di trasformazione e differenziazione e dunque più sensibili
all’indice Prody.
Il made in Italy agroalimentare viene, in genere, definito come quella componente delle
esportazioni agroalimentari del paese proveniente dall’industria di trasformazione, per cui i saldi
sono stabilmente positivi e che hanno una chiara identificazione con l’Italia all’estero 14. In questo
caso, delle 95 voci originali ne sono state individuate 20, che danno un quadro complessivamente
esaustivo del made in Italy agroalimentare italiano.
Nella figura 6 si mettono in relazione per l’Italia e per tutti i 95 comparti individuati, la dinamica
congiunta dell’indice Prody e della specializzazione, espressa dall’Rca. Precedentemente si è visto
come l’Italia si trovi nel gruppo di paesi la cui specializzazione commerciale è fortemente legata a
prodotti ad elevato grado di sofisticatezza (sebbene in misura meno accentuata rispetto ad altri paesi
europei) e come questa propensione sia aumentata nel corso del decennio indagato.
Il grafico è suddiviso in quattro quadranti in base al segno della variazione dell’Rca ed in base
all’intensità della crescita del Prody, dove lo spartiacque è dato dal tasso medio di crescita calcolato
sull’insieme delle 95 voci. Di conseguenza, cadono nel primo quadrante i prodotti la cui
sophistication cresce più della media e per i quali cresce anche la specializzazione italiana; si
trovano in questa posizione sette prodotti del made in Italy la cui evoluzione commerciale è di
natura virtuosa
in quanto ad una crescente sophistication si accompagna una crescita della
14
In questo caso si è adottata la definizione proposta nel Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti
agroalimentari dell’INEA (INEA, annate varie). Avendo definito in questo modo il made in Italy, restano esclusi da essi
importati prodotti del settore primario che pure contribuiscono stabilmente e significativamente al saldo positivo
dell’export agroalimentare italiano, in particolare l’ortofrutta fresca. Il made in Italy agroalimentare rappresenta circa il
50% delle complessive esportazioni agroalimentari italiane In valori correnti, nel 2007 esso era pari a poco meno di 12
miliardi di euro. Per un’analisi della performance commerciale del made in Italy agroalimentare riferita a periodi
precedenti si veda Carbone (1994).
21
specializzazione del nostro paese. Tra questi, l’olio d’oliva vergine, i pelati, la pasta, i formaggi
freschi, i salumi, i gelati, i vini in piccoli contenitori.
Fig. 6- Dinamica del Prody e della specializzazione commerciale italiana.
240
220
200
180
VARIAZIONI% RCA ITALIA
160
140
120
80
60
40
20
0
-10
form. fr.-lat.ni
100
-20 0
caffè l.
cioccolata
vermut
gelati
formaggi, altri
vini<2l
10
form.fusi
panetteria
20
-40
-60
o.oliva verg.
salumi
pasta
f. erborinati succhi fr.
f.grattugiati
30
40 paste fr. 50
60
vini>2l olio o. non v.
pasticceria
pelati, cons.
misc. o.oliva
70
80
90
riso lav.
-80
-100
VARIAZIONI % PRODY
Fonte: Elaborazioni su dati Comtrade
Procedendo in senso antiorario, nel secondo quadrante si incontrano i comparti per i quali si ha una
crescita della sophistication relativamente debole e per i quali, al contempo, la specializzazione
italiana nell’ambito degli scambi internazionali cresce. Seppur meritevole di una valutazione più
tiepida, la performance di questi comparti non tanto deve essere giudicata come troppo fiacca se si
considera che il loro livello di sophistication era già piuttosto elevato ad inizio periodo. Tra i
prodotti made in Italy, si trovano in questa posizione 5 voci: il caffè lavorato, i prodotti a base di
cioccolata, i vermut e i formaggi erborinati e l’aggregato residuale dei formaggi. Nella parte bassa
del grafico si trovano i comparti per i quali la specializzazione italiana si è andata riducendo. In
particolare nel terzo quadrante si trovano tre comparti del made in Italy: formaggi fusi, i prodotti
della pasticceria e quelli della panetteria per i quali la crescita del Prody è stata debole. Viceversa, il
quarto quadrante individua, potremmo dire, delle occasioni mancate, in quanto si tratta di beni la
cui sophisitication cresce vivacemente ma il ruolo del nostro paese si riduce; tra le voci classificate
come made in Italy si trovano in questa posizione ben sette voci: gli oli di oliva non vergini, le
22
miscele di oli d’oliva, i formaggi grattugiati, le paste fresche e farcite, i vini in grandi contenitori, i
succhi di frutta ed il riso lavorato.
Concentrandosi sulla evoluzione dei prodotti del made in Italy (tabella 5), 17 delle 20 voci si
collocano nelle prime 50 posizioni del calcolo dell’indice Prody per il 2006/07, e 11 nei primi 25.
Tra il 1996/97 ed il 2006/07 l’indice Prody migliora per tutte le 20 voci (figura 6), con variazioni
particolarmente ampie nel caso dei prodotti più tradizionalmente identificati con l’Italia: oli d’oliva,
pelati e conserve di pomodoro e pasta.
Tab. 5 - Valori del Prody per prodotti agroalimentari del made in Italy
Prody 96-97
Prody 06-07
Prodotto
25.052
30.874
formaggi erborinati
19.395
27.754
formaggi grattugiati
olio d'oliva vergine
14.907
26.327
miscele di olii d'oliva
15.758
25.814
22.537
25.797
formaggi (eslcusi già denom.)
19.578
24.855
cioccolata e prodotti a base di cioccolata
19.305
24.037
caffè lavorato
16.047
23.945
salumi
17.594
23.585
gelati
15.459
23.464
formaggi freschi-latticini
18.910
23.440
pasticceria
20.404
23.071
panetteria
18.535
22.841
vermut
22.410
22.736
formaggi fusi
15.673
22.043
paste all'uovo e/o farcite
vini <2lt
16.053
21.209
pasta
12.976
20.174
olio d'oliva non vergine
14.017
19.839
11.211
19.362
pelati e conserve di pomodori
14.582
19.266
succhi di frutta
vini >2 lt
10.909
15.569
riso lavorato
7.269
9.671
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
Come si evidenzia nella tabella 6, tuttavia, la situazione si presente molto differenziata tra prodotti,
per molti dei quali, nonostante una certa crescita dei flussi di esportazione, si registra una erosione
della quota di esportazione mondiale. Da una rapida disamina dei singoli prodotti, sembra
evidenziarsi un dato incoraggiante: le quote di esportazioni tendono a ridursi per prodotti di minore
qualità (miscele di olio d’oliva, olio non vergine, vini sfusi, riso, eccetera), mentre nel complesso i
prodotti del made in Italy a maggiore qualità ed identificazione reggono bene.
23
Fig.. 7 – Indice Prody per il made in Italy agroalimentare
formaggi erborinati
30000
formaggi grattugiati
olio oliva vergine
miscele olii oliva
25000
P
R
O
D
Y 20000
salumi gelati
formaggi freschi
paste all'uovo
vini>2litri
formaggi
cioccolata
caffè lavorato
pasticceriapanetteria
vermut
formaggi fusi
pasta olio oliva non vergine
succhi frutta
pelati e conserve
0
6
- 15000
0
7
10000
5000
5000
riso lavorato
10000
15000
PRODY 96-97
20000
25000
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
In sintesi, si può affermare che al miglioramento dell’indice Prody, e quindi del grado di
sofisticatezza delle esportazioni agroalimentari italiane, non sempre corrisponde un miglioramento
sul fronte della tenute delle quote di mercato del Paese. In particolare, per i prodotti di più basso
livello qualitativo è probabilmente il prezzo a rappresentare l’elemento principale di competitività
sui mercati internazionali ma per alcune delle voci più “solide” del made in Italy agroalimentare, al
contrario, la qualità del prodotto (e quindi anche, in senso più ampio, la sophistication) rappresenta
ancora un elemento cruciale per tenere testa alla competizione sui mercati mondiali.
24
Tab. 6 – Variazione dei valori dell’indice Prody e delle quote di esportazione mondiali italiane
Variazione Indice Prody
posiz. 06/07 posiz. 96/97 var. posiz. var. indice
formaggi erborinati
2
1
-1
+
formaggi grattugiati
7
18
+11
+
formaggi freschi-latticini
24
43
+19
+
altri formaggi
14
6
-8
+
cioccolata
16
17
+1
+
caffè lavorato
18
19
+1
+
panetteria
27
12
-15
+
pasticceria
25
21
-4
+
gelati
22
26
+4
+
salumi
20
34
+14
+
miscele di oli di oliva
13
38
+25
+
olio d'oliva vergine
10
53
+43
+
olio d'oliva non vergine
46
60
+14
+
succhi di frutta
52
57
+5
+
pasta
43
71
+28
+
pasta all'uovo
34
41
+7
+
pelati e conserve
48
77
+29
+
riso lavorato
92
91
-1
+
vini < 2 lt
39
33
-6
+
vini > 2 lt
70
78
+8
+
vermut
28
22
-6
+
Var. export
(%)
48,3
114,6
478,7
74
112,1
207,3
124,7
52,6
120,8
115,1
87,9
149,2
21,1
62,1
52,6
112,8
67,5
18,15
133,4
8,1
70,6
Quota su exp. mond.
1996/97 2006/07
21,5
22,0
20,5
19,0
6,8
13,4
7,0
7,1
6,0
7,2
16,5
20,0
10,0
8,8
4,1
2,8
8,6
10,1
7,3
10,2
32,6
28,2
23,6
25,4
45,4
32,7
5,9
4,3
60,5
60,9
27,5
22,6
43,4
44,3
11,0
4,2
18,5
20,0
24,7
17,6
47,4
57,2
Fonte: elaborazioni su dati Comtrade
6. Conclusioni
In queste pagine si è esplorata la possibilità di utilizzare una famiglia di indicatori che misurano la
sophistication delle esportazioni quando applicati ad un solo settore dell’economia ed in particolare
a quello agroalimentare, che presenta spiccate specificità. In particolare, si è fatto riferimento a due
indici diversi, il cosiddetto Prody e l’indice Expy. L’indice Prody misura il livello medio di
ricchezza dei paesi esportatori, fornendo una indicazione sintetica del livello di sophistication del
bene e, quindi, del tipo di concorrenza che il prodotto incontra sui mercati internazionali.
Direttamente connesso ad esso è l’indice Expy, che si riferisce ai Paesi e si ottiene per sommatoria
dei Prody dei prodotti (comparti) che il Paese esporta, ognuno pesato per la quota del prodotto sulle
esportazione totali del Paese.
L’analisi condotta ha mostrato che i valori assunti dall’indice Prody per i 95 comparti del settore
agroalimentare dipendono da un insieme di fattori, alcuni più direttamente riconducibili al concetto
di sophistication, altri meno. Ai primi posti della graduatoria si collocano beni a spinta
diversificazione per i quali gli aspetti qualitativi sono importanti. Tra questi, vi sono prodotti per i
quali vi è una spiccata tipicità geografica come i vini spumanti, i formaggi, i salumi e gli oli di
oliva. In altri casi, si tratta di prodotti per i quali la differenziazione è data da intense politiche di
marchio come i vermut, le bevande analcoliche, i gelati, i prodotti della pasticceria, il cacao
lavorato ed i prodotti a base di cioccolata, i prodotti della panetteria, ancora i formaggi ed altri
25
derivati del latte, il caffè lavorato. Nelle zone alte del ranking si trovano anche prodotti ad alto
contenuto tecnologico e con elevati specialised skills, come gli animali da riproduzione ed i semi da
semina. Tra i prodotti ad alto Prody vi sono, ancora, numerose tipologie di carni a diversi livelli di
lavorazione e diversificazione del prodotto ma perlopiù in forma di materie prime o semilavorati e
che, quindi, non corrispondono a nessuna delle accezioni della sophistication già ricordate. Per
queste produzioni la localizzazione prevalente in paesi ad alto reddito sembra potersi giustificare
con una serie di vantaggi localizzativi cumulatisi nel tempo tra i quali soprattutto: la presenza da
lunga data di questa industria che risponde in primo luogo ad una domanda interna cresciuta di pari
passo con il reddito procapite e con lo sviluppo di una domanda estera geograficamente prossima
(vantaggio nei costi di trasporto); l’affermarsi di impianti di grandi dimensioni evoluti soprattutto
per quanto concerne la catena del freddo; la maggiore facilità di adeguamento agli standard igienico
sanitari imposti dai principali mercati di sbocco. Infine, ma non meno importante, va ricordata
l’esistenza di sussidi alla produzione e di meccanismi di protezione commerciale che hanno
rafforzato nel tempo le industrie nazionali.
Guardando all’estremo opposto dello spettro di valori assunto dal Prody, vi si trovano perlopiù
materie prime o semilavorati a basso valore aggiunto la cui produzione risulta localizzata in paesi a
basso reddito del sud del mondo che beneficiano essenzialmente di vantaggi dovute alle condizioni
ambientali. Tra questi prodotti ricordiamo il caffè grezzo, i tabacchi, le spezie, il riso lavorato, la
frutta tropicale, il cacao grezzo, gli zuccheri e gli ortaggi semilavorati. Si tratta, dunque, di prodotti
che hanno essenzialmente natura di commodities indifferenziate a basso valore aggiunto e che in
alcuni casi rappresentano materie prime destinate alla industria di trasformazione collocata nel nord
del mondo nella quale si realizzerà gran parte della catena del valore.
Venendo a commentare i risultati ottenuti applicando l’indicatore di sophistication ai paesi inclusi
nell’analisi, vale a dire l’indice ExpyAA, questi hanno mostrato una generale relazione positiva con
il Pil che riflette, evidentemente, l’operare dei fattori già commentati per il Prody. Tuttavia, si è
anche osservato che la relazione tra ExpyAA e Pilpc si va sfocando a livelli più elevati del Pilpc. Ciò
accade a causa della presenza di fattori che incidono in modo peculiare sulla specializzazione
produttiva e sui vantaggi comparati nel settore agroalimentare. Tra questi, vale la pena ricordare
l’importanza della disponibilità di risorse naturali, specifiche e fisse; l’elevata incidenza dei costi di
trasporto soprattutto per alcune categorie di beni alimentari; la rilevanza delle politiche settoriali e
commerciali nel sostenere la produzione di beni agricoli primari anche in paesi che non
mostrerebbero altrimenti vantaggi competitivi in quelle produzioni. In particolare, per quanto
riguarda l’Italia va senz’altro valutata positivamente la ulteriore specializzazione commerciale in
comparti a crescente sophistication.
26
L’analisi dinamica della sophistication associata ai prodotti agroalimentari ed ai paesi esportatori
mette in evidenza diverse circostanze e l’agire di più fattori. Innanzitutto, si notano alcuni processi
virtuosi soprattutto a carico dei paesi già in cima alla graduatoria della sophistication; in secondo
luogo, vi sono alcuni paesi in rapida crescita economica, come ad esempio la Cina ed il Brasile, la
cui specializzazione commerciale si sta indirizzando verso una maggior contenuto di sophistication.
Infine, nell’arco di tempo considerato si notano gli effetti del processo di riduzione delle politiche
interne di sostegno ad alcune produzioni agricole di base e della corrispondente graduale
liberalizzazione commerciale, come è ad esempio il caso del grano tenero e del posizionamento di
grandi paesi esportatori come gli Usa ed il Canada, in ridimensionamento nel decennio, e
all’opposto della Russia, dell’Armenia ed altri esportatori che al contempo risultano emergenti
nell’arena internazionale.
Nella parte finale del lavoro si è guardato al made in Italy agroalimentare come esempio di quanto
visto per le esportazioni italiane nel loro complesso: il livello di sophistication nel complesso
aumenta, il che mostra che si specializzano in questa tipologia di beni paesi a più altro reddito procapite. Ciò significa anche che il nostro paese è impegnato su fronti competitivi sempre più
complessi, in mercati dove i clienti si conquistano conferendo ai prodotti caratteristiche distintive
non banali, Allo stesso tempo, tuttavia, un campanello di allarme si accende quando si osserva
l’erosione delle quote di esportazione dell’Italia rispetto ad alcuni prodotti che caratterizzano il
made in Italy. In pratica, ad un aumento della sophistication dei prodotti non corrisponde una
capacità del paese di conquistare nuove quote di mercato mondiale, trovandosi spesso a competere
con vecchi e nuovi paesi partner.
In definitiva, l’esercizio proposto in queste pagine va inteso come una esplorazione del tutto
preliminare delle potenzialità di questi indicatori quando applicati ad un solo settore dell’economia
ed in particolare a quello agroalimentare che presenta spiccate specificità. I risultati, a nostro avviso
incoraggianti, aprono la strada ad una serie possibile di approfondimenti in diverse direzioni
complementari: in primo luogo, si può lavorare ad “affinare” la definizione delle grandezze poste in
relazione nella costruzione e nell’interpretazione degli indicatori, ad esempio mettendo in relazione
un indicatore settoriale come l’ExpyAA con un altro indicatore settoriale relativamente al livello
della ricchezza prodotta., come, ad esempio, il VaAA. Inoltre, si può disaggregare il calcolo degli
indici sulla base del livello qualitativo dei prodotti, individuando diverse classi di qualità calcolate a
partire dai valori medi unitari dei prodotti esportati, seguendo la metodologia individuata da
Minondo (2007). Infine, questa famiglia di indicatori può essere utilizzata al fianco di più
tradizionali indicatori descrittivi della specializzazione commerciale (ad esempio, gli indicatori di
27
somiglianza) per valutare i processi evolutivi degli scambi agroalimentari su specifici mercati di
riferimento.
Riferimenti bibliografici
Antimiani A. e Henke R. (2005). Struttura e specializzazione degli scambi agro-alimentari tra Italia e Cina.
Rivista di Economia Agraria, 4, pp.745-768.
Antimiani A., De Filippis F. e Henke R. (2006). Allargamento dell’Unione Europea e specializzazione del
commercio agroalimentare. QA–Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, 2, pp. 43-74.
Borin A. e Lamieri M. (2007). Misurare la qualità dei beni nel commercio internazionale. Lanza A. Quintieri
B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino.
Carbone A. (1994). Il commercio con l'estero dei prodotti alimentari made in Italy. Rivista di Politica
Agraria n.2 pp. 13-25.
Carbone A. (2008). Il sistema agroalimentare del Brasile, della Cina e dell’India. Nuovi protagonisti del
mercato agroalimentare mondiale: Brasile, Cina e India, In F. De Filippis, L. Salvatici (a cura di). Collana
ricerche ISMEA, pp. 13-85.
Di Maio M. e Tamagni F. (2008). L’anomalia del modello di specializzazione italiano e l’evoluzione del
commercio internazionale. QA- Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, n.3-4 pp. 5-28.
Hausmann R., Rodrick D. (2003). Economic Development as Self Discovery. Journal of Development
Economics, 72(2), pp. 603-633.
Hausmann R., Hwang J. e Rodrik D.,(2007). What You Export Matters. Journal of Economic Growth, 12,125.
Kamakura M. (2007). What’s So Special about China’s Exports? A Comment. China & World Econmy Vol.
15, N.5, pp.18-37.
INEA (2008). Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari. Rapporto 2007, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli.
ISMEA (2008). Nuovi protagonisti del mercato mondiale: Brasile, Cina e India. Le sfide per i sistema
agroalimentare, Roma.
Lall S., Weiss J. e Zhang J. (2006). The “sophistication” of exports: a new trade measure. World
development, vol 34 n°2, pp 222-237.
Lanza A., e Quintieri B. (2007). Quote di mercato e qualità delle esportazioni italiane: il quadro generale.
Lanza A. Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino.
Lebre De FreitasM. e Salvado S. (2009). Industry similarities and comparative advantages in Portugal: an
empirical assessment based on 2005 trade data. GEE papers 0010.
Marianera M., (2007), L’industria alimentare italiana: la trasformazione che punta sulla qualità. Lanza A. e
Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino.
Minondo A. (2007). Exports’ quality-adjusted productivity and economic growth. Paper scaricato da
www..etsg.org/ETSG2007/papers/minondo.pdf
Quintieri B. (2007). Qualità e differenziazione verticale nella teoria del commercio internazionale. Lanza A.
e Quintieri B. (a cura di). Eppur si muove. Come cambia l’export italiano. Ed. Rubbettino.
Rodrik D. (2006). What’s so special about China’s exports? NBER Working Paper n° 11947.
Schott P.K., (2004). Across-Product Versus Within-Product Specialization in International Trade. Quarterly
Journal of Economics, 119, 2, pp. 647-678.
28
Scoppola M. (2004). Il commercio internazionale dei prodotti agroalimentari: la posizione e le prospettive
dell’Italia in un’Europa allargata. In Defrancesco E. (a cura di) Liberalizzazione degli scambi dei prodotti
agricoli tra conflitti e accordi, Milano, Franco Angeli.
Allegato 1 – Valori dell’indice Prody dei bienni 96-97 e 06-07 dei 95 comparti dell’agroalimentare
Prodotto
Prody 06-07
Prody 96-97
vini spumanti
32095
16584
f. erborinati
30874
25052
suini-carcasse fresche,refrig
30483
24919
grassi animali vari
29680
23114
animali vivi-riproduttori
29614
22224
carni bovine e suini perparate(salate, seccate, aff., sal.)
29218
22734
f.grattugiati
27754
19395
frattaglie di mammiferi fresche o cong.
26398
22922
suini-carcasse cong.
26393
17510
olio d'oliva vergine
26327
14907
semilavorati latte
26062
20276
Yogurt, burro, spalmabili
25957
17879
miscele di olii d'oliva
25814
15758
formaggi (eslcusi già denom.)
25797
22537
cacao lavorato
25210
21899
cioccolata e prodotti a base di cioccolata
24855
19578
estratti e sughi di carni
24336
16077
caffè lavorato
24037
19305
bovini-carcasse fresche,refrig
24028
19659
salumi
23945
16047
semi da semina
23882
19962
gelati
23585
17594
pesca fresco e refrig.
23553
19714
formaggi freschi-latticini
23464
15459
pasticceria
23440
18910
latte
23143
17011
panetteria
23071
20404
vermut
22841
18535
pesci vivi
22809
15081
bibite analcoliche
22750
19226
f. fusi
22736
22410
grano duro
22677
20994
ovicaprini ed equini carcasse/mezzene fresche o cong.
22321
18472
paste all'uovo e/o farcite
22043
15673
29
preparazioni di carni
21561
15916
pollame a pezzi fresco e cong.
21559
15744
birra
21268
17599
salse, condimenti, estratti, zuppe, brodi, ecc.
21231
16412
vini <2lt
21209
16053
patate
21117
13151
grano tenero
20204
20734
carni e frattaglie varie fresche e cong.
20182
15508
pasta
20174
12976
liquori e superalcolici
19917
13764
acque
19873
14108
olio d'oliva non vergine
19839
14017
frutti bosco
19529
15371
pelati e conserve di pomodori
19362
11211
animali vivi-non riprod.
19329
15906
carni varie preparate(salate, seccate, aff., salamoia)
19303
14947
pesce congelato
19300
15261
succhi di frutta
19266
14582
pollame intero fresco e cong.
19099
14953
ortaggi lavorati e preparati
18893
15128
caramelle e chewngum
18652
15244
mele, kiwi e pere
18626
14891
alimenti zootecnici (farine, panelli, ecc.)
18606
13949
frutta semilavorata congelata
17806
12967
pomodori freschi
17727
14719
preparazioni di carni dietetiche
17574
14815
uova
17499
15229
farine, semole, fiocchi di cereali e amidacei
17449
11970
animali vivi-volatili
17221
15754
agrumi
17208
16221
mosti, alcole, sidro
17182
13897
couscous, bulgur, ecc.
16919
15873
frutta preparata
16677
13606
ortaggi freschi
16290
13085
preparazioni di pesce
16265
13425
vini >2 lt
15569
10909
uva
15415
13625
radici, succhi, gomme, foglie-variamente conservate
15237
9438
preparazioni di pesci
15224
12923
bovini-carcasse cong.
15167
15335
30
altri cereali
15153
13871
miele
15006
10477
semi e farine di proteaginose e oleaginose
14836
10057
frutta secca
14582
11594
drupacee
14482
10737
ortaggi congelati
14099
14033
piante, fiori, ecc.
13962
13550
cacao grezzo e semilav.
13418
10892
olii di semi
12631
12261
radici
12310
7394
frutta in guscio
11866
7530
ortaggi in pezzi, tritati o in polvere
11267
9596
meloni e cocomeri
11145
10908
ortaggi semilavorati
10702
7574
zuccheri
10668
7604
frutta tropicale
10109
6223
canne, bambù ecc.
10108
9330
riso lavorato
9671
7269
tabacchi greggi
6138
6005
spezie
5944
4605
caffè grezzo
4368
3887
Fonte: nostre elaborazioni su dati Comtrade
31
Allegato 2 - variazione Prody-RCA per i 95 comparti dell’agroalimentare italiano
VARIAZIONI POSITIVE RCA- NEGATIVE PRODY
VARIAZIONI POSITIVE RCA-POSITIVE PRODY
Prodotto
Var. Prody %
grano tenero
-2,56
VARIAZIONI NEGATIVE RCA-POSITIVE PRODY
Var.Rca %
94,84
Prodotto
Var. Prody %
Var.Rca %
animali vivi-non riprod.
21,52
-53,06
animali vivi-volatili
9,32
-48,59
suini-carcasse fresche,refrig
carni e frattaglie varie fresche e cong.
carni varie preparate(salate, seccate,
aff., salamoia)
pesci vivi
pesca fresco e refrig.
pesce congelato
Yogurt, burro, spalmabili
f.grattugiati
f. fusi
piante, fiori, ecc.
patate
pomodori freschi
ortaggi freschi
ortaggi congelati
radici
frutta in guscio
frutta tropicale
agrumi
uva
meloni e cocomeri
22,33
30,15
-3,06
-29,13
29,15
-16,35
50,05
19,47
26,46
45,18
43,10
1,45
3,00
60,57
20,43
24,42
0,46
66,37
57,59
59,03
6,08
13,14
2,11
-29,25
-2,70
-42,47
-55,53
-7,54
-18,88
-10,02
-49,13
-15,00
-37,53
-11,58
-25,28
-13,10
-29,04
-20,20
-37,95
-5,63
drupacee
34,87
-38,21
frutti bosco
frutta semilavorata congelata
riso lavorato
farine, semole, fiocchi di cereali e
amidacei
semi da semina
radici, succhi, gomme, foglievariamente conservate
canne, bambù ecc.
olio d'oliva non vergine
27,06
37,32
33,05
-75,72
-35,16
-23,57
45,78
-47,46
19,64
-21,50
61,41
-13,33
8,34
41,54
-24,78
-26,19
miscele di olii d'oliva
olii di semi
preparazioni di carni dietetiche
preparazioni di carni
zuccheri
caramelle e chewngum
cacao grezzo e semilav.
63,82
3,01
18,62
35,46
40,22
22,35
22,23
-7,24
-16,07
-3,65
-39,54
-1,76
-5,42
-8,42
cacao lavorato
15,12
-43,45
paste all'uovo e/o farcite
40,65
6,59
23,96
13,07
24,88
22,53
32,12
18,33
93,53
42,72
23,64
2,21
-13,02
-18,82
-31,30
-10,11
-2,32
-44,72
-23,54
-32,86
-13,14
-28,53
-70,69
-9,31
couscous, bulgur, ecc.
pasticceria
panetteria
ortaggi lavorati e preparati
frutta preparata
succhi di frutta
bibite analcoliche
vini spumanti
vini >2 lt
mosti, alcole, sidro
tabacchi greggi
Prodotto
animali vivi-riproduttori
Var. Prody %
33,25
Var.Rca %
102,01
bovini-carcasse fresche,refrig
22,22
50,73
12,48
3,46
20,83
9,38
15,17
43,85
27,73
36,93
17,72
7,53
28,52
9,49
20,93
36,04
28,53
51,78
23,24
14,47
14,90
43,20
41,29
17,42
25,08
25,28
12,35
24,52
22,46
8,02
9,23
19,91
240,04
166,73
101,33
0,56
3,83
46,09
29,71
13,38
11,67
13,02
7,06
110,76
19,25
133,38
21,95
4,68
47,51
90,70
28,41
76,61
49,22
9,28
29,44
41,11
suini-carcasse cong.
ovicaprini ed equini carcasse/mezzene
fresche o cong.
frattaglie di mammiferi fresche o
cong.
pollame intero fresco e cong.
pollame a pezzi fresco e cong.
carni bovine e suini preparate(salate,
seccate, aff., salamoia)
preparazioni di pesce
latte
semilavorati latte
formaggi freschi-latticini
f. erborinati
formaggi (eslcusi già denom.)
uova
miele
ortaggi semilavorati
ortaggi in pezzi, tritati o in polvere
mele, kiwi e pere
frutta secca
caffè grezzo
caffè lavorato
spezie
grano duro
altri cereali
semi e farine di proteaginose e
oleaginose
grassi animali vari
olio d'oliva vergine
salumi
estratti e sughi di carni
51,37
preparazioni di pesci
17,81
cioccolata e prodotti a base di
26,95
cioccolata
pasta
55,45
pelati e conserve di pomodori
72,71
salse, condimenti, estratti, zuppe,
brodi, ecc.
29,36
gelati
34,05
acque
40,87
birra
20,85
vini <2lt
32,12
vermut
23,23
liquori e superalcolici
44,46
alimenti zootecnici (farine, panelli,
33,37
ecc.)
VARIAZIONI NEGATIVE RCA-NEGATIVE PRODY
bovini-carcasse cong.
-1,09
96,90
43,59
22,06
6,89
3,00
33,46
17,69
37,76
47,69
7,57
18,24
9,91
14,58
-11,01
Fonte: nostre elaborazioni su dati Comtrade
32