Dispense criogenia - Sistemi Energetici II
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Dispense criogenia - Sistemi Energetici II
SISTEMI CRIO-REFRIGERATIVI DI TIPO “PULSE TUBE” SISTEMI ENERGETICI II Ing Katiuscia Cipri Indice 1 - CAMPI DI APPLICAZIONE __________________________________________________ 2 1.1 - LIQUEFAZIONE DI GAS ___________________________________________________________________ 2 LIQUEFAZIONE DEL GAS NATURALE _____________________________________________________________ 2 CRIOPOMPAGGIO ___________________________________________________________________________ 2 1.2 - RAFFREDDAMENTO A BASSE TEMPERATURE ___________________________________________________ 3 SENSORI A INFRAROSSI _______________________________________________________________________ 3 ELETTRONICA A SEMICONDUTTORI ______________________________________________________________ 3 1.3 - SUPERCONDUTTIVITÀ____________________________________________________________________ 4 GENERAZIONE DI CAMPI MAGNETICI _____________________________________________________________ 5 RILEVAMENTO DI CAMPI MAGNETICI ____________________________________________________________ 5 ELETTRONICA A SUPERCONDUTTORI_____________________________________________________________ 5 LEVITAZIONE MAGNETICA ____________________________________________________________________ 6 1.4 - M EDICINA ____________________________________________________________________________ 6 RISONANZA MAGNETICA _____________________________________________________________________ 6 TOMOGRAFIA A EMISSIONE DI POSITRONI _________________________________________________________ 6 DIAGNOSTICA SQUID _______________________________________________________________________ 7 CRIOCONSERVAZIONE _______________________________________________________________________ 7 CRIOCHIRURGIA ___________________________________________________________________________ 7 2 - CARATTERISTICHE E PRESTAZIONI________________________________________ 8 2.1 - PRESTAZIONI __________________________________________________________________________ 8 POTENZA REFRIGERANTE E TEMPERATURA DI ESERCIZIO______________________________________________ 8 C.O.P. ___________________________________________________________________________________ 8 EFFICIENZA _______________________________________________________________________________ 9 TEMPO DI RAFFREDDAMENTO__________________________________________________________________ 9 MTBM E MTBF ___________________________________________________________________________ 9 3 – REFRIGERATORE PULSE TUBE ___________________________________________ 10 3.1 - STORIA _____________________________________________________________________________ 10 3.2 – FENOMENOLOGIA _____________________________________________________________________ 13 3.3 – APPARATO SPERIMENTALE_______________________________________________________________ 15 3.4 – VANTAGGI DEI REFRIGERATORI PULSE TUBE _________________________________________________ 15 1 - Campi di applicazione La criogenia è la disciplina che si occupa di come ottenere bassissime temperature inferiori ai 120 K. Di interesse prettamente scientifico nel XIX e all’inizio del XX secolo, anni in cui vennero ottenuti man mano aria bollente, idrogeno e infine elio bollente, è oggi un attivo campo di ricerca anche industriale, essendosi trovate nel frattempo innumerevoli applicazioni, soprattutto commerciali e militari, per fenomeni che fino poco tempo fa erano considerati delle curiosità da laboratorio. 1.1 - Liquefazione di gas Le prime applicazioni della criogenia, e tuttora le più importanti dal punto di vista industriale, sono legate alla liquefazione di gas tecnici, che vanno dal gas naturale all’idrogeno. Oltre che per il loro uso diretto, questi e altri gas, sono liquefatti per poter essere usati come fluido termovettore escludendo, in questo modo, il contatto diretto tra la macchina criogenica e l’utilizzatore, quando questo può comportare problemi, quali vibrazioni che possono essere trasmesse dalla macchina o eccessivo ingombro della stessa. Per queste applicazioni è preferibile utilizzare un liquido anziché un aeriforme in modo da non dover pressurizzare il circuito e per sfruttare il più elevato scambio termico; ulteriore incremento delle prestazioni è ottenibile impiegando un liquido alla sua temperatura di ebollizione, in modo da aver a disposizione uno scambio termico ancora maggiore. Ma questo induce a fissare le temperature di lavoro all’interno di un ristretto range di valori, corrispondenti alle temperature di vaporizzazione a pressione atmosferica dei più comuni gas tecnici, che coincidono con le temperature di impiego delle macchine criogeniche. In alcuni casi la macchina criogenica non è impiegata: il fluido freddo è conservato in un criostato dal quale è prelevato in continuazione e fatto evaporare. In generale, in questi casi, si utilizza l’azoto che è relativamente poco costoso, non tossico e non infiammabile, ma può essere adottato solo se la temperatura richiesta è superiore ai 77 K. In caso contrario è necessario usare l’elio, che ha tutte le caratteristiche dell’azoto per quanto riguarda atossicità e infiammabilità, ma non l’elevata disponibilità. Liquefazione del gas naturale La maggior parte del freddo a temperature criogeniche è richiesto per il trasporto del gas naturale: questo diventa liquido, a pressione ambiente, a 112 K, riducendo ovviamente il volume occupato (di circa 160 volte) e può essere immagazzinato e trasportato da navi cisterna opportunamente predisposte. Presso l’utenza poi, viene trattato in centrali di rigassificazione in cui viene riportato allo stato aeriforme, e immesso nella rete di gasdotti locale. Criopompaggio È una tecnica utilizzata per la creazione di ambienti sotto vuoto o ad elevato livello di pulizia, come ad esempio nella fabbricazione di semiconduttori al silicio dove è necessario un grandissimo 2 controllo sul livello di impurità dell’ambiente, mentre in altri processi è necessario prevenire la contaminazione da oli. Il procedimento consiste nello svuotare per quanto possibile l’ambiente in questione con una pompa a vuoto, dopodiché la temperatura viene abbassata con una macchina criogenica che fa condensare i gas residui su un radiatore sistemato in modo da non interferire con il processo. In questo modo si riescono a ottenere pressioni bassissime, dell’ordine di grandezza della tensione di vapore del gas condensato a temperatura più bassa, portandosi da 1,33·10-7 Pa, fino a 1,3·10-9 Pa. 1.2 - Raffreddamento a basse temperature Ci sono alcune apparecchiature che possono funzionare correttamente, soltanto se raffreddate a temperature bassissime, e altre che in ambiente criogenico, migliorano enormemente le proprie prestazioni. Sensori a infrarossi Se la liquefazione dei gas è la principale applicazione della criogenia per potenza richiesta, i sensori a infrarossi sono invece i più grandi consumatori di criorefrigeratori, cioè di macchine criogeniche di piccola taglia, tanto che se ne costruiscono più di 200000 all’anno esclusivamente per questa applicazione. Questi dispositivi sono utilizzati per l’osservazione notturna e diurna di oggetti che emettono calore; insensibili al clima ed al fumo, il loro raffreddamento attraverso criorefrigeratori rappresenta una delle prime applicazioni degli stessi. I sistemi ad infrarossi sono attualmente utilizzati in campo militare per l’equipaggiamento di visione notturna e per i sistemi di guida dei missili. In ambito civile e scientifico, questi sistemi sono impiegati nella visione notturna, nei controlli del confine, per i sistemi di rilevamento incendi, per l’analisi termografica della conservazione dell’energia, per gli esami medici termografici di individuazione dei tumori, per osservazioni astronomiche. Nel caso dei sensori ad infrarossi, sussiste una relazione inversamente proporzionale tra la massima lunghezza d’onda e la temperatura di funzionamento. Ne segue che mentre il sensore di un satellite meteorologico, che risponda a radiazioni ad infrarossi a lunghezza d’onda relativamente corta, opera correttamente nella regione di 200 K, un sensore per un satellite astronomico che risponda a sorgenti a lunghissima lunghezza d’onda provenienti dallo spazio deve essere raffreddato a temperature prossime allo zero assoluto. Per questo, i sensori tipicamente operano tra i 4 K e i 100 K, con capacità refrigeranti che partono dai 2 watt alle alte temperature sino alla frazione di watt alle basse temperature. Elettronica a semiconduttori L’impiego di sistemi elettronici operanti a basse temperature è sempre più sfruttato per svariati dispositivi e sistemi. Si va dagli amplificatori a transistor miniaturizzati sino a sistemi a grande potenza impieganti circuiti integrati a larga scala per i velocissimi supercomputer. L’impiego di sistemi elettronici a bassa temperatura permette di ottenere migliori prestazioni da tecnologia esistente; le apparecchiature in definitiva lavorano meglio e con meno disturbi. I sistemi elettronici possono essere sommariamente suddivisi in due classi: elettronica a semiconduttori ed elettronica a superconduttori. 3 Quasi tutti i dispositivi a semiconduttori raffreddati appartengono alla famiglia dei transistor ad effetto campo, tra questi si ha la giunzione silicio-germanio ed il semiconduttore metallico ad ossido di silicio. Le temperature richieste variano da quella dell’elio liquido (4 K) sino a superare i 100 K, per arrivare a temperatura ambiente. E’ di particolare interesse il valore di 80 K per la facile reperibilità ed il basso costo dell’azoto liquido. Per molti dispositivi il guadagno di prestazioni a temperature più basse di 80 K non copre gli svantaggi causati dal costo addizionale e dalle complicazioni che ne derivano. Per ottenere elevate velocità è necessario che i componenti del circuito integrato siano ‘impaccati’ l’uno vicino all’altro, ma ciò aumenta la densità di potenza e complica i problemi di smaltimento del calore, che costituisce il fattore limitante delle prestazioni di un circuito a temperatura ambiente. Inoltre il funzionamento a bassa temperatura riduce la dissipazione di potenza necessaria con i circuiti densi. La riduzione della tensione di funzionamento abbassa il livello di potenza e questo può ottenersi riducendo la temperatura in maniera da ridurre i voltaggi termici. Le perdite nelle giunzioni p-n e negli isolatori vengono ridotte alle basse temperature per cui si richiede meno potenza per memorizzare e conservare dati. Quasi tutti i deterioramenti meccanici dei sistemi elettronici sono imputabili alla temperatura. Il ben noto decremento di affidabilità conseguente a temperature crescenti dovrebbe migliorare (di un ordine di grandezza) nella vita operativa a bassa temperatura, anche se ciò non è stato ancora dimostrato. I piccoli amplificatori a transistor necessitano solamente di qualche milliwatt di raffreddamento ad 80 K, la richiesta è ancora inferiore a temperature più basse. I supercomputer raffreddati criogenicamente hanno le più elevate richieste quanto a capacità refrigerante, essi incorporano svariati circuiti integrati a larga scala. La scheda madre di queste unità è costituita da fibra di vetro epossidica ed ha una superficie di circa un metro quadrato; essa è disseminata di chip elettronici ed opera totalmente immersa in un bagno di azoto. La dissipazione totale di potenza dalla scheda è di circa 700 watt. 1.3 - Superconduttività Alle bassissime temperature alcune delle proprietà fisiche dei corpi cambiano, ad esempio, per l’elio si ha una notevole riduzione della viscosità e della conducibilità termica, per molti metalli si ha un aumento della fragilità, e per alcuni elementi si ha una riduzione drastica della resistività elettrica. Bassa resistenza, basse temperature e incompatibilità con il magnetismo sono i principali aspetti del fenomeno della superconduttività. La creazione dei cosiddetti “superconduttori ad alta temperatura” (HTS) costituiti da strati di ossidi di rame (conduttori) alternati ad altri ossidi (isolanti) ha permesso di spostare la temperatura critica fino a 130 K in alcuni casi, e comunque al di sopra dei 77 K, che rappresenta il limite pratico all’utilizzo su vasta scala di questa tecnologia. Anche se sono allo studio sistemi di trasmissione dell’elettricità tramite superconduttori, il loro principale utilizzo è quello della creazione di forti campi magnetici. In assenza di resistenza elettrica le correnti che si stabiliscono nei superconduttori sono enormemente maggiori di quelle nei conduttori tradizionali a temperatura ambiente, permettendo di ridurre drasticamente le dimensioni degli elettromagneti, o di avere campi magnetici più intensi. 4 Generazione di campi magnetici Come detto in precedenza, la maggior parte delle applicazioni della superconduttività riguardano la generazione di campi magnetici. Nell’ambito della ricerca sono particolarmente interessanti gli acceleratori di particelle, che possono essere enormi gallerie lunghe decine di chilometri nei grandi centri di ricerca, a piccoli acceleratori lineari lunghi poche decine di centimetri e usati nelle università o negli ospedali in alcune macchine. Un'altra applicazione di magneti a superconduttori è rappresentata dalla sperimentazione sulla fusione nucleare. Fig. 1: Sezione di un reattore per la fusione nucleare. La fusione nucleare è una tecnica di produzione dell’energia da molti anni rincorsa da scienziati e tecnici, che consente la produzione di grandissime quantità di energia con l’impiego di una ridottissima quantità di combustibile. Attualmente in Europa è presente un reattore sperimentale per lo studio di questa tecnologia (JET, Joint European Torus, in Gran Bretagna) e presto vedrà la luce ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), un reattore della potenza di 500 MW (termici) realizzato con il contributo scientifico ed economico di Comunità Europea, Stati Uniti, Russia e Giappone. Tale sistema sfrutta la fusione dei nuclei di due atomi più leggeri (ad esempio quelli di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno) in un nucleo di un atomo più pesante (in questo caso elio); il difetto di massa tra inizio e fine della reazione viene trasformato in energia secondo la nota equazione di Einstein (E=mc 2 ). Rilevamento di campi magnetici Per gli stessi motivi che ne invitano l’utilizzo per la generazione di forti campi magnetici, i materiali superconduttori sono usati anche per rilevare debolissimi campi magnetici. Infatti grazie all’assenza di resistività, anche piccolissime variazioni del campo magnetico intorno al conduttore, generano correnti abbastanza grandi da poter essere misurate. Tali “antenne ” magnetiche sono usate tanto in medicina che nella ricerca spaziale. Elettronica a superconduttori Si è riusciti a realizzare, con dei materiali superconduttori ad alta temperatura, componenti estremamente complessi per la tecnica delle microonde come, ad esempio, filtri, antenne e 5 miscelatori di frequenza, che potrebbero a breve termine rivoluzionare il campo della telefonia mobile. Anche il campo dell’informatica potrebbe, a medio termine, subire l’influsso della tecnologia dei superconduttori; infatti si parla già, nelle visioni per il futuro, di calcolatori superveloci o di supercalcolatori che funzionerebbero grazie a componenti digitali superconduttivi estremamente rapidi. Un prototipo di registro a scorrimento superconduttore funzionante a 120 GHz è, ad esempio, già esistente. Levitazione magnetica La superconduttività è stata recentemente impiegata anche nel campo dei trasporti su rotaia, più precisamente per il sistema di trasporto denominato MagLev (Magnetically Levitated), sviluppato in Giappone a partire dagli anni ‘70, ma in studio anche presso Germania e Stati Uniti. Il principio di funzionamento di questi sistemi è quello della repulsione magnetica tra alcuni magneti superconduttori (le “ruote” del treno, raffreddati all’interno di un criostato ad elio liquido mantenuto in temperatura tramite refrigeratori di tipo Gifford–McMahon e Joule–Thomson) e una serie di anelli in alluminio (le rotaie) che reagiscono all’induzione magnetica secondo la legge di Lenz. L’avanzamento del treno è consentito invece da una seconda serie di anelli in alluminio, posti sempre sulle rotaie, all’interno dei quali viene fatta viaggiare un’onda di corrente comandata da una stazione remota, che sospinge la carrozza lungo i binari. Il 18 aprile 2003, grazie a questa tecnologia, è stato effettuato in Giappone un test dimostrativo, con passeggeri, lungo una tratta di 18 km, segmento centrale di una eventuale linea commerciale tra Tokyo ed Osaka. La massima velocità raggiunta è stata di ben 500 km/h con la vettura che levitava a 5 cm dalle rotaie. 1.4 - Medicina Le temperature criogeniche hanno trovato un grande campo di impiego anche in medicina, dove sono utilizzate sia in tecnologie specifiche, sia all’interno di macchinari più complessi in cui vengono sfruttate alcune caratteristiche dei superconduttori. Risonanza magnetica I sistemi di visualizzazione a risonanza magnetica (MRI) sono gli strumenti criogenici più diffusi utilizzati in campo medico, e sono impiegati per ottenere un’immagine bidimensionale, su di uno schermo a raggi catodici, della distribuzione di idrogeno all’interno di un campione biologico. Ciò è reso possibile grazie a un campo magnetico di opportuna intensità che agisce sugli spin atomici, orientandoli secondo una determinata direzione. Un’onda radio attraversa il campione e modifica l’orientazione degli spin; quando l’onda viene rimossa, i nuclei emettono un impulso di energia che viene rilevato e l’immagine mostra allo specialista l’interno del corpo umano, molto simile ad una lastra eseguita ai raggi X, ma senza i conseguenti rischi per il paziente. Tomografia a emissione di positroni La macchina è composta di vari sensori che determinano, con estrema precisione, la posizione nel corpo di radio-nuclidi emettitori di positroni. I materiali radioattivi impiegati hanno solitamente vita breve (dai minuti alle ore), sono quindi prodotti il più vicino possibile al luogo di utilizzo, 6 all’interno di piccoli ciclotroni mobili, nei quali si impiegano magneti superconduttori ed è dunque richiesto raffreddamento tramite elio liquido. Diagnostica SQUID Sta per Superconducting Quantum Interference Devices, e sono magnetometri ad elevata sensibilità. Sono stati utilizzati per lavori di ricerca sui campi magnetici fisiologici ed ultimamente sono entrati nella diagnostica clinica come procedure non invasive per lo studio dei principali organi del corpo umano. Lo strumento è costituito da uno o più canali riceventi, ciascuno associato ad una serpentina di materiale superconduttore. La presenza di schermi radianti richiede un raffreddamento operato tramite vapori di elio. L’elio liquido deve essere ripristinato circa ogni settimana, solitamente prelevandolo da riserve in loco. Il processo di riempimento richiede l’intervento di un tecnico specia lizzato. L’evaporazione dell’elio si attesta su 1,5 litri al giorno per lo strumento e su 1 litro al giorno per la riserva; bisogna inoltre tener conto delle perdite incontrate nel processo di riempimento. Tutto ciò riduce l’autonomia dell’elio liquido di 100 litri, quantità in grado di alimentare uno strumento di 1,5 litri, per circa un mese. Risulta evidente l’interesse verso la possibilità di utilizzare un condensatore di vapori d’elio a bassa capacità, soluzione in fase di sviluppo, ma non ancora disponibile in commercio. Crioconservazione Il trattamento con il freddo consente di conservare le cellule per lunghi periodi, mantenendone inalterate le caratteristiche di vitalità. Questo effetto si ottiene grazie al fatto che, al di sotto di 140 K, non si osservano, all’interno del materiale cellulare, che due stati: quello vetroso e quello cristallino. In tal modo, la viscosità impedisce fenomeni di diffusione e dunque blocca le reazioni chimiche. La crioconservazione è impiegata, in campo veterinario, per la conservazione (tramite azoto liquido, 77 K) dei gameti maschili di varie specie zootecniche (utilizzati per la fecondazione artificiale) e per la preservazione per lunghi periodi di embrioni. Il raffreddamento delle cellule e degli embrioni deve avvenire lentamente (1 K al minuto e anche meno) e in presenza di particolari sostanze, dette crioprotettori. I crioprotettori evitano il deperimento del materiale organico dovuto a fenomeni osmotici, che tendono a modificare la concentrazione di soluto nel plasma cellulare, man mano che l’acqua intorno alle cellule solidifica. Criochirurgia Se il raffreddamento delle cellule avviene a velocità molto elevate (fino anche a 106 K al secondo nelle tecniche di vetrificazione), i liquidi contenuti al loro interno no n hanno la possibilità di fluire all’esterno e ghiacciano determinando la rottura delle membrane cellulari. Tale fenomeno viene utilizzato per asportare cellule malate senza ledere quelle circostanti. 7 2 - Caratteristiche e Prestazioni I principali problemi che si devono risolvere sono: § § § § l’affidabilità, infatti in molte applicazioni è richiesto un utilizzo continuativo per un periodo non inferiore a 5 anni, mentre nelle missioni spaziali è necessario garantire un funzionamento per almeno 10 anni, in assenza di manutenzione; l’efficienza, la piccola taglia e potenza richieste, unite alla richiesta di affidabilità senza manutenzione, mal si conciliano con l’adozione di particolari complicazioni mirate a migliorare l’efficienza delle macchine, senza contare la semplice diminuzione del rapporto volume-superficie al diminuire delle dimensioni; la taglia e il peso sono altri due problemi, soprattutto per le potenze più piccole, dove la macchina refrigerante potrebbe essere persino più grande di ciò che raffredda, soprattutto a causa degli scambiatori di calore e del compressore; le vibrazioni sono spesso mal sopportate dall’utenza, soprattutto se si tratta di delicati circuiti elettronici, e soprattutto a causa del fatto che e basse temperature tendono a aumentare la fragilità dei materiali. Si cerca di eliminare il passaggio attraverso un fluido termovettore che complicherebbe ulteriormente il sistema e introdurrebbe altre perdite. Un altro problema è quello dell’interferenza elettromagnetica della macchina con l’utenza, infatti ogni qualvolta questa sia rappresentata da superconduttori bisogna considerare che la presenza di un campo magnetico andrà a interferire con il fenomeno della superconduttività. 2.1 - Prestazioni Per parametri 1. 2. 3. 4. 5. caratterizzare le prestazioni dei refrigeratori criogenici, si possono utilizzare i seguenti indicativi: Potenza refrigerante e temperatura di esercizio C.O.P. Efficienza Tempo di raffreddamento MTBM e MTBF Potenza refrigerante e temperatura di esercizio Sono i due parametri fondamentali richiesti dall’utenza, e sono spesso fondamentali per indirizzare la scelta iniziale tra le varie soluzioni. Nella criogenia si va dalla richiesta di frazioni di Watt a pochi Kelvin, fino a diversi MegaWatt a 120 K. C.O.P. Il C.O.P. (dall’inglese Coefficient Of Performance), è un parametro di prestazione di tipo energetico, avente lo stesso significato del rendimento per le macchine termiche. Esso è il rapporto tra il calore effettivamente asportato a bassa temperatura e l’energia fornita in ingresso al sistema: 8 COP = QF EFornita A differenza del rendimento per le macchine termiche però, il valore ottenuto non deve essere necessariamente minore di uno, dato che non si ha a che fare con una conversione di energia, bensì con un “trasferimento” di calore tra due temperature diverse. Tuttavia, tale parametro non è in grado, da solo, di caratterizzare le prestazioni da un punto di vista energetico della macchina. Ecco perché si introduce l’Efficienza. Efficienza Come per le macchine termiche, il limite teorico per il COP di una macchina frigorifera, operante tra le temperature estreme TF (temperatura minima, in genere quella a cui avviene la refrigerazione) e TC (temperatura massima, solitamente pari alla temperatura ambientale o poco superiore) è rappresentato dal TF COPCarnot = TC − TF L’efficienza definisce allora il rapporto tra il COP della macchina studiata e il COP di Carnot: COPreale COPCarnot ε= Tipicamente, i valori dell’efficienza per le macchine reali oscillano tra 0.01 e 0.5; il valore assunto dall’efficienza dipende principalmente dalla taglia del sistema, con i valori più grandi raggiunti dalle macchine di taglia maggiore. Tempo di raffreddamento Questo parametro indica il tempo richiesto dall’apparecchiatura per raggiungere la temperatura di regime, e dipende perciò principalmente dalla taglia della macchina. Per sistemi a bassa capacità, esso è solitamente dell’ordine di alcune decine di minuti. MTBM e MTBF Sono gli acronimi di Mean Time Befo re Maintenance (tempo medio prima della manutenzione) e Mean Time Before Failure (tempo medio prima di un guasto). Essi rappresentano sostanzialmente degli indici di affidabilità del sistema ed è auspicabile che siano i più grandi possibili. Associato sempre al concetto di affidabilità di una macchina criogenica è un altro parametro e cioè la vita media in condizioni di inattività. In alcune applicazioni, infatti, un criorefrigeratore può restare inutilizzato per lunghi periodi e poi essere rimesso in funzione. E’ importante allora che il sistema mantenga inalterate le sue caratteristiche di funzionamento. Questo problema è particolarmente sentito per i refrigeratori meccanici a ciclo chiuso, per i quali sussiste il problema di limitare le fughe del gas criogenico (spesso elio, dotato di atomi molto piccoli e volatili). 9 3 – Refrigeratore Pulse Tube Tra le possibili tipologie di macchine criogeniche, negli ultimi anni, desta crescente interesse un innovativo sistema di refrigeratore accomunabile, per analoghi elementi costruttivi, ai motori Stirling a ciclo inverso. 3.1 - Storia La fenomenologia che caratterizza i primi Pulse Tube fu scoperta accidentalmente alla Syracuse University da Gifford e Longsworth nella metà degli anni 60; gli stessi rilevarono un raffreddamento all'estremità aperta di un tubo (la cui seconda estremità chiusa si riscalda), quando il fluido in esso contenuto era soggetto ad onde di pressione realizzate da un generatore. Si ottenne un incremento del raffreddamento pari a 124 K con l'aggiunta, all'estremità chiusa del tubo, di un sistema di raffreddamento ad acqua, e l'inserimento di un rigeneratore termico, interposto tra l'estremità aperta e il generatore. Con l'utilizzo dell'elio, come fluido operante, si raggiunse una differenza di temperatura tra i due scambiatori, pari a 113°C. In entrambi i casi le frequenze impiegate erano pari circa a 1 Hz. Il passo successivo fu quello di sostituire il generatore di onde con un semplice stantuffo scorrente il un cilindro; il sistema così realizzato fu denominato "Refrigeratore Pulse Tube Reversibile" di Gifford-Longsworth. Fig. 2 Pulse Tube monostadio con orifizio (Università di Roma “La Sapienza”) La grande conquista per quel che riguarda l'incremento dell'efficienza del refrigeratore è stata l'introduzione di un orifizio seguito da una riserva di volume ed accoppiato ad uno scambiatore caldo (Fig.2). Queste modifiche, realizzate nel 1984 al Moscow Bauman Technical Institute permisero il raggiungimento di una temperatura minima di 105 K ottenuta con una frequenza pulsante di 15 Hz ed una pressione massima di 4 atm. Il pulse tube aveva diametro di 10 mm, lunghezza pari a 450 mm e il fluido operante era aria (refrigeratore Pulse Tube ad orifizio, di Mikulin). Il sistema ad orifizio risulta essere la configurazione base per qualsiasi Pulse Tube di nuova generazione: con una macchina a singolo stadio modificata da Rabebaugh nel 1985 si sono raggiunti i 60 K con frequenze pari a 5-10 Hz e l'introduzione di un secondo pistone (Warm Expander) ha consentito di ottenere sullo scambiatore freddo una temperatura pari a 25 K. Nel 1992 Zhu ha studiato un Tubo Pulsante a Doppio Ingresso (Double Inlet Pulse Tube Refrigerator, DIPTR): questa configurazione prevede l'adozione di due orifizi dei quali il primo connette lo scambiatore caldo alla riserva di volume, ed il secondo, detto di by-pass, collega lo scambiatore caldo al rigeneratore. Il sistema permise di passare dai 52 K raggiunti con l'orifizio di by-pass chiuso, ai 43 K con entrambi gli orifizi aperti. L'aggiunta di un ulteriore orifizio collegante il rigeneratore ed il pulse tube a circa metà altezza diede luogo al "Tubo Pulsante ad Ingresso Multiplo" (Multiple Inlet Pulse Tube Refrigerator, MIPTR) in grado di raggiungere una temperatura 10 minima di 33 K. I successivi sviluppi riguardarono anche il meccanismo di produzione del moto oscillante; al semplice pistone fu accostato un sistema a displacer. La variazione di pressione sul fluido è indotta dal movimento di una massa (displacer), la cui traiettoria è regolata da una guida elettro- lineare e il cui moto è ottenuto tramite un motore elettrico lineare o con l'ausilio di un collegamento con una molla che lo può portare ad operare alla frequenza di risonanza. Analogamente è prevista l'adozione di un sistema di valvole che regola l'afflusso ed il deflusso del gas all'interno del rigeneratore. Le valvole operano in modo ciclico, sincrono, ma sfasato e sono di norma accoppiate a compressori centrifughi ad alta velocità con frequenze di pulsazione della pressione all'interno della macchina relativamente basse. Una tipologia alquanto differente dalle precedenti è quella che prevede l'utilizzo di una membrana (driver acustico) per la realizzazione dell'onda di pressione (Resonant Pulse Tube Refrigerator, RPTR). Il tubo ha un diametro pari a 39 mm e parte di esso è occupato da una struttura costituita da piatti dello stesso spessore (60 mm) distanziati di circa 400 mm. Impiegando una frequenza di oscillazione pari a 516 Hz, una pressione media del fluido di lavoro di 1 MPa ed un'ampiezza di oscillazione di pressione di 0.034 volte la pressione media, il dispositivo ha consentito di raggiungere una temperatura di refrigerazione pari a 195 K. Una soddisfacente alternativa ai refrigeratori monostadio è costituita dai Pulse Tube multistadio (Fig.3), che consentono, di norma, di raggiungere temperature più basse. Una prima configurazione presenta due rigeneratori posti in serie e due tubi pulsanti posti in parallelo. In tal modo si produce refrigerazione a due temperature differenti, a seconda dello scambiatore freddo in esame. Una seconda soluzione presenta una disposizione molto simile con la differenza che i due scambiatori caldi (disposti nella parte superiore dei due tubi pulsanti) operano a temperature differenti. Nel 1994, Chan realizzò un prototipo bi-stadio, destinato ad impieghi aerospaziali, capace di raggiungere una temperatura di 29 K, mentre Matsubara, sempre nel 1994 con un modello a tre stadi arrivò a 4 K. Negli ultimi quindici anni il rapido sviluppo delle tecnologia Pulse Tube e gli indubbi vantaggi che la stessa fo rniva ne hanno favorito la commercializzazione. Nell'ambito dei sistemi di superconduttività magnetica la Cryomagnetics, Incorporated, of Oak Ridge, Tennessee ha realizzato un Fig. 3 Modello PT405 A della Cryomech sistema con un campo magnetico pari a 9 Tesla che impiega un refrigeratore Pulse Tube a due stadi in grado di raggiungere la temperatura di 4 K, sviluppato dal Dr. Chao Wang of Cryomech, Incorporated, Syracuse, New York (Fig.4). La Janis e la Sumitomo (SHI) Cryocooler hanno messo in commercio due modelli di refrigeratore monostadio: il modello RP-2620A fornisce una potenza refrigerante di 10 Watt a 77 K con un temperatura minima dichiarata di 45 K, mentre l' RP-1512A fornisce una potenza refrigerante di 5 W a 80 K con una temperatura minima dichiarata di 55 K. La Cryomech, Inc. realizza Pulse Tube a singolo e doppio stadio. Il modello PT60 monostadio aggiunge temperature inferiori 11 Fig. 4 Pulse Tube impiegato nel campo dei Magneti Superconduttori (Cryomech) ai 30K con potenze refrigeranti di 60 W a 77 K. Il PT405, a due stadi, fornisce temperature inferiori ai 2.7 K, mentre il PT805 raffredda fino a 8K. Tutti i criorefrigeratori Pulse Tube della Cryomech sono garantiti per 3 anni o 15.000 ore. Il campo di maggior applicazione per i criorefrigeratori Pulse Tube è sicuramente quello spaziale. Un primo prototipo realizzato da Chan. fornisce una potenza refrigerante di 0.5 W a 80K con 17 W di potenza elettrica in ingresso. La Fig.5 mostra un recente refrigeratore Pulse Tube realizzato dalla NIST (National Institute of Standards and Technology Boulder, USA) per la NASA e utilizzato in laboratorio per lo studio dei processi di liquefazione dell'ossigeno su Marte. Il programma di volo previsto per il 2007 vorrebbe convertire chimicamente il biossido di carbonio presente nell'atmosfera di Marte in ossigeno, liquefarlo ed immagazzinarlo. L'ossigeno così ottenuto potrebbe essere impiegato per la combustione nei propulsori nei viaggi di ritorno Marte-Terra. Il criorefrigeratore mostrato ha una struttura coassiale con il Pulse Tube posizionato all'interno di un rigeneratore anulare con un compressore a pistoni contrapposti; la potenza refrigerante a 90 K è pari a 19 W. La bassa efficienza del compressore (63%) riduce notevolmente le Fig. 5 Pulse Tube per la prestazioni del PT: è stato liquefazione dell’ossigeno stimato che con un compressore (NIST) di efficienza pari a 85% è possibile ottenere un sistema refrigerante con efficienza pari al 17 % di quella di Carnot. In Fig.6 è mostrato un refrigeratore Pulse Tube realizzato dalla NASA per raffreddare i piani focali infrarossi che impiega un compressore lineare, impiegante una potenza di 35 W e con massa di 3.6 kg, realizzato dall'università di Oxford: in tal modo la temperatura scende a 55 K con una potenza di 0.5 W. In ambito industriale un campo di possibile applicazione è Fig. 6 Pulse Tube per quello riguardante la liquefazione di grandi quantità di gas strumentazione ad infrarossi (maggiori di qualche litro al giorno). (NASA) Sono richiesti criorefrigeratori con elevate capacità refrigeranti: la Mesoscopic Devices ha realizzato una famiglia di Pulse Tube con capacità refrigeranti che vanno da 10W a 80 K fino a superare i 1300 W a 80 K. Viene impiegato un compressore lineare magnetico che si muove ad una frequenza di 50-60 Hz e la potenza richiesta in ingresso è di 20 kW. Il più grande Pulse Tube TADOPRT realizzato è mostrato in Fig.7: impiega un driver termoacustico (TAD), produce una potenza refrigerante di 2 kW a 120 K e liquefa circa 600 l al giorno di gas naturale. Il tubo lungo 12 m induce nel sistema delle oscillazioni di frequenza pari a 40 Hz. Fig. 7 Pulse Tube TADOPRT (Mesoscopic Devices) 12 3.2 – Fenomenologia Il refrigeratore a tubo pulsante è una macchina a fluido adibita alla produzione del freddo; in particolare consente il raggiungimento di temperature criogeniche, inferiori cioè ai 120 K con capacità refrigeranti che variano tra la frazione di Watt sino alle centinaia di Watt. Sul fluido in esso evolvente, di norma elio o azoto, viene indotto un moto oscillatorio grazie all'impiego di un compressore del tipo a diaframma o pistoni associati a valvole rotative, come mostrato nello schema esemplificativo riportato in Fig.8. In prima approssimazione nel Pulse Tube si può ritrovare un motore Stirling privo del pistone d'espansione. Il refrigeratore è infatti costituito da uno "scambiatore caldo", che cede all'esterno il calore accumulato durante il ciclo, un rigeneratore, avente le stesse finalità di “spugna termica” proprie della macchina di Stirling e uno "scambiatore freddo" posto a contatto con il corpo da refrigerare. L'elemento innovativo consiste in un sottile tubo cilindrico vuoto (pulse tube), interposto tra lo scambiatore freddo e un secondo scambiatore caldo: realizzato in acciaio inox o fibra di vetro epossidica, viene ideato in modo tale da risultare un sistema adiabatico, al fine di ridurre il trasferimento di calore ambiente/fluido di lavoro. Il pistone di espansione è sostituito da uno o più elementi dissipativi (di norma orifizi e/o valvole) e una riserva di volume. Fig.8 Schema semplificativo Pulse Tube Per descrivere il principio di funzionamento di un Pulse Tube elementare, cioè monostadio e privo di valvole di by-pass consideriamo una disposizione orizzontale del tubo. La variazione di temperatura durante un ciclo completo, cioè una rotazione della manovella del pistone, è rappresentata in Fig.9. La curva chiusa 1-2-3-4 descrive l'andamento temporale di una particella di gas all'interno del tubo. Si consideri come istante iniziale quello rappresentato dal punto 1, durante il quale il pistone si trova al suo punto morto interno ed il gas alla temperatura T1. Durante la fase di compressione ciascuna particella di gas contenuta nel tubo si muove verso l'estremità destra subendo, contemporaneamente, un incremento di temperatura causato dalla compressione adiabatica (tratto 12). Nel punto 2 la pressione all'interno del tubo ha raggiunto il valore massimo (pmax) ed il pistone si trova al suo punto morto esterno. Il tratto 2-3 indica la successiva fase di raffreddamento durante la quale il fluido cede calore alle pareti. La seguente fase di espansione porta il fluido a muoversi verso l'estremità sinistra del tubo. La pressione decresce assumendo il valore minimo nel punto 4 e il fluido, soggetto ad un'espansione adiabatica, si raffredda. Nella fase terminale (tratto 3-4) il gas assorbe calore dalla parete del fluido, innalzando di conseguenza la propria temperatura. Il risultato netto del ciclo è un trasferimento di calore di "tipo shuttle", nel quale ciascuna porzione infinitesima di fluido trasporta calore verso l'estremità calda del pulse tube. Le prestazioni della macchina possono essere notevolmente incrementate dall'aggiunta di una valvola ad orifizio seguita da una riserva di volume posta all'estremità calda del tubo. L'orifizio permette a parte del fluido di lasciare 13 il pulse tube durante la compressione per poi rientrarvici durante la successiva espansione. Le prestazioni del Pulse Tube ad orifizio sono rappresentate dalla curva 1'-2'-3'-4'; potendo ritenere l'aria compresa nella curva proporzionale al calore scambiato, risulta evidente il guadagno ottenibile con questa nuova configurazione. TEMPERATURA Orifizio Fig. 9 Ciclo Completo di Funzionamento A differenza del meccanismo di pompaggio di calore che avviene nel Pulse Tube semplice e che si basa interamente su interazioni termiche gas/parete, il trasferimento di calore nel Pulse Tube ad Orifizio dipende in modo predominante da scambi gas/gas. Il refrigeratore Pulse Tube ad orifizio può essere inteso come una macchina di Stirling ove il lavoro (coincidente con il calore Q) che si potrebbe recuperare al lato freddo viene dissipato per mezzo del sistema tubo pulsante-orifizioriserva. Il flusso isoentropico all'interno del tubo rimuove il lavoro L=Q dallo scambiatore freddo e lo trasferisce all'orifizio, che si trova a temperatura T0 ; il lavoro viene ivi dissipato per attrito viscoso. L'unica differenza fondamentale tra questa configurazione e la macchina ideale di Stirling è che qui non viene fatto alcun tentativo per recuperare il lavoro di espansione LE, che viene invece trasferito lungo il tubo sottoforma di flusso entalpico (H), sino all'orifizio dove viene dissipato e ritrasferito come calore all'ambiente. Oltre a provvedere alla dissipazione, l'insieme orifizioserbatoio contribuisce a creare uno sfasamento tra la pressione ed la massa che è essenziale per il corretto funzionamento della macchina Il flusso entropico all'interno del rigeneratore è lo stesso che nello Stirling e pari a LCP / TO = Q / TF. Il valore assunto è ovviamente inferiore al limite di Carnot in virtù delle irreversibilità all'orifizio, intrinseche nel Pulse Tube, ma assenti nello Stirling. Tuttavia con l'aumento del rapporto tra le temperature ci si avvicina al limite di Carnot, mentre il lavoro che si sarebbe potuto recuperare tende a zero. 14 3.3 – Apparato sperimentale Presso il Laboratorio di Macchine dell’Università di Roma “La Sapienza” è presente un prototipo di refrigeratore Pulse Tube monostadio su cui sono state realizzate numerose prove sperimentali riguardanti principalmente l’influenza dei parametri esterni al sistema quali valor medio dell’onda di pressione, l’incidenza sulle prestazioni dell’inclinazione del refrigeratore e l’incidenza sulle prestazione delle caratteristiche costruttive quali tipologia di rigeneratore e diametro dell’orifizio. La catena acquisizione dati, riportata schematicamente in figura 10, è costituita dai seguenti elementi: § § § § § § compressore CW303 con sistema a ciclo chiuso e raffreddamento ad acqua; valvola rotativa, alimentata elettricamente da corrente alternata monofase a 50 Hz, produce un’onda di pressione della frequenza di 5.5 Hz; criostato testato per tenere fino a pressioni di 10-9 torr; pompa da vuoto in grado di realizzare pressioni dell’ordine dei 10-6 bar; controllore di pressione; misuratore di temperatura criogenia. Fig. 10 Schema del sistema di acquisizione 3.4 – Vantaggi dei Refrigeratori Pulse Tube L'assenza di una parte mobile associata allo scambiatore freddo e la possibilità di utilizzo di unità remote, collegate al refrigeratore tramite condotti, per l'ottenimento di onde di pressione di adeguata frequenza, sono qualità largamente riconosciute a questi tipi di apparecchi. È possibile in tal modo ridurre notevolmente le vibrazioni meccaniche e le emissioni elettromagnetiche. Ulteriori pregi quali la massa ridotta, il ridotto volume, la capacità di operare a gravità nulla e di sopportare le vibrazioni dovute al lancio ne rendono idoneo l'impiego in campo spaziale. 15 I vantaggi dei refrigeratori Pulse Tube sono di seguito riassunti: MAGGIORE AFFIDABILITÀ § § § Minori parti in movimento (nessuna all'estremità fredda) Grandi orifizi (assenza di otturamento per contaminanti condensati) Impiego di pressioni modeste e limitati rapporti di pressione COSTI PIÙ BASSI § § § § Minori unità costitutive Assenza di accoppiamenti precisi e problemi di bloccaggio Parte fredda più robusta Gas ideale come fluido di lavoro (unico per ogni temperatura) MINORI VIBRAZIONI § § Assenza del displacer sul lato freddo Struttura rigida con frequenza naturale maggiore MIGLIORI CARATTERISTICHE ELETTRICHE § § Assenza di induzione elettromagnetiche associate alla parte fredda Elettronica di controllo più semplice MIGLIORE SOPRAVVIVENZA AL § Assenza di bloccaggio per l'estremità fredda § Maggior robustezza della parte fredda (quindi più leggera e compatta) LANCIO § Capacità di sopportare elevate forze laterali all'estremità fredda 16