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 Progetto di ricerca
XXIX ciclo A.A. 2013-2014
Dottorato in Traduzione, Interpretazione e Interculturalità
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Candidata: Beatrice Spallaccia
Analisi critica del discorso sessista e misogino ai tempi del web 2.0
Il progetto consiste in un’analisi critica del discorso d’odio contro le donne nei social
media del web 2.0. Il sessismo e la misoginia online verranno inquadrati nel più ampio
fenomeno dello hate speech e analizzati principalmente attraverso gli strumenti forniti
dagli studi di genere, la critical discourse analysis (CDA) e gli humour studies. Le
finalità del progetto saranno quelle di identificare i meccanismi e le giustificazioni
della retorica dell’odio sessista come arma prediletta per ridicolizzare e delegittimare la
partecipazione attiva delle donne nella società – sia online che offline – e ipotizzare
possibili percorsi di sensibilizzazione volti soprattutto alle generazioni più giovani,
maggiormente esposte a questo fenomeno preoccupante.
Keywords: hate speech, misoginia, sessismo, critical discourse analysis, social media,
critica femminista, web 2.0, humour.
Indirizzo: Interculturalità
Campi di ricerca: studi di genere, critical discourse analysis
Beatrice Spallaccia
Inquadramento del fenomeno
Il web 2.0 e il discorso d’odio
L’espressione web 2.0 nasce nel 2004 per indicare l’ultima evoluzione della rete
informatica, la cui innovazione principale consiste nella capacità di coinvolgere
attivamente gli utenti (O’Reilly 2005) che possono utilizzare nuove funzioni e
interfacce online per inserire contenuti (da qui l’espressione user-generated content o
UGC) e interagire tra loro in vari modi (Herring 2010).
In poco meno di dieci anni dal suo avvento, il web 2.0 si è evoluto
enormemente e il numero di canali di comunicazione e condivisione a disposizione
degli utenti è aumentato in modo esponenziale, così come le loro funzioni. Solo per
citare le forme di social media più diffuse: social network (come Facebook, Twitter,
Google+, Instagram, ask.fm, qoo.me, formspring.me), siti di video/photo sharing
(come YouTube, Flickr, Vimeo) e di crowdsourcing e crowdfunding (come Kickstarter
e Eppela).
Secondo fonti ISTAT (2011) in Italia il 48,1% degli utenti di internet utilizza
un profilo Facebook, Twitter o di altri social network, percentuale che raggiunge il
76% tra i giovani nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni. A livello mondiale, si stima che
Facebook conti più di 1,2 miliardi di iscritti attivi1, di cui 20 milioni minorenni2.
Il carattere dinamico, anonimo e virale dei contenuti del web 2.0 sta facendo emergere
un problema di gestione e controllo delle informazioni; il web, infatti, si è trasformato
in uno spazio in cui l’applicazione di filtri di controllo sul materiale pubblicato è
sempre più difficile e in cui prolifera materiale dal contenuto discriminatorio, offensivo
e spesso estremamente violento verso singoli individui e/o categorie sociali, che una
volta online diviene virale e rischia di trasformarsi in discorso d’odio (online hate
speech).
Questo progetto è incentrato sul discorso d’odio online, fenomeno preesistente
al web, ma che viene amplificato dalla viralità e dall’anonimato della stessa rete
(Lipperini 2013, Herring 1999). Tutti gli utenti della rete sono esposti a questo tipo di
linguaggio, in particolar modo i più giovani per i quali i social media sono ormai il
modo prediletto di esprimersi e comunicare (Titley 2012).
Lo hate speech ha dato vita a un dibattito internazionale molto controverso
sulla forza della rete e la necessità di trovare un equilibrio tra la tutela della libertà di
espressione e dei diritti umani.
Discorso d’odio, discorso sessista
In tale dibattito, si usa considerare hate speech quel discorso “intended to injure,
1
Fonte: http://www.statisticbrain.com/social-networking-statistics/ [consultato 13/05/2013].
Fonte: http://www.consumerreports.org/cro/magazine-archive/2011/june/electronics-computers/stateof-the-net/facebook-concerns/index.htm [consultato 15/05/2013]. Consumerreports.org denuncia anche
che più di un terzo dei minorenni ha meno di 13 anni e che solo nel 2010 un milione di bambini/e è
stato/a vittima di minacce, attacchi e altre forme di cyberbullismo sul social network.
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dehumanize, harass, intimidate, debase, degrade and victimize the targeted groups, and
to foment insensitivity and brutality against them” (Cohen-Amalgor 2012: 1-2). Un
aspetto molto controverso sono le categorie da includere tra i target di questo discorso
(Titley 2012). Mentre la maggior parte degli studiosi e delle istituzioni concorda nel
riconoscere il discorso contro le minoranze etniche, razziali, religiose e la comunità
LGBT come hate speech, lo stesso non accade per il linguaggio sessista e misogino;
secondo alcuni/e, infatti, il sexist speech e lo hate speech sono fenomeni distinti, in
quanto le donne a differenza delle altre categorie discriminate non sono una minoranza
(Haiman 1993) e perché il modello eterosessuale su cui è basata la società non
permette di ipotizzare l’eliminazione fisica sistematica dell’intera popolazione
femminile (Mills 2008). Altri/e, invece, considerano il sessismo e la misoginia come
parte del discorso d’odio dando di quest’ultimo un’interpretazione più ampia basata sui
meccanismi socioculturali che lo generano (Cohen-Amalgor 2012, Herring 1995, 1998,
1999, Lillian 2007, Titley 2012). Secondo la definizione di Whillock (1995:32):
hate speech seeks to move an audience by creating a symbolic code for violence.
Its goals are to inflame the emotions of followers, denigrate the designated outclass, inflict permanent and irreparable harm to the opposition, and ultimately
conquer.
Il discorso d’odio, quindi, è da intendersi come una forma di controllo con cui i gruppi
sociali più forti mirano a mantenere lo status quo a scapito delle categorie discriminate.
In quest’ottica, il sexist hate speech è un’espressione violenta della società maschilista
(Lillian 2007). Il presente progetto si pone in linea con quest’ultima posizione e vuole
dimostrare le numerose sfaccettature che oggi assume il discorso sessista nei social
media.
Il discorso d’odio contro le donne nei social media
Il discorso d’odio contro le donne è presente online in molteplici forme; in alcuni casi
si traduce in cyberbullismo o cyberstalking3, sia per molestare conoscenti sia per
attaccare, ridicolizzare e mettere a tacere singole donne che si espongono online con il
fine di utilizzare positivamente la rete. Emblematici sono i casi delle inglesi Caroline
Criado-Perez e Mary Beard; entrambe, infatti, hanno ricevuto minacce di morte e
stupro online, la prima per aver promosso la petizione per apporre l’effige della
scrittrice Jane Austen sulla banconota delle 10 sterline, la seconda per aver sottolineato
i benefici portati dall’immigrazione nel Regno Unito.
In alcuni casi l’odio sessista online si estende addirittura ai personaggi
femminili di finzione e alle loro interpreti, come nelle serie TV Breaking Bad, I
Soprano e Mad Men (Gunn 2013).
La maggior parte dei contenuti sessisti del web, comunque, è rivolto alla
categoria delle donne in generale. L’allegato 1 mostra degli esempi di questo fenomeno
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In particolar modo sui social network come Facebook, Twitter e Ask.fm, a causa della grande
interattività tra gli utenti.
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in alcuni dei social media più diffusi: tre social network (Facebook, Twitter e Tumblr)
e un sito internet generatore di vignette meme (quickmeme.com). Si può notare come la
discriminazione di genere venga veicolata attraverso quelle che Bloomaert (2005) e
Kress e van Leeuwen (1996) definiscono multimodal representations of meaning,
ovvero non solo attraverso il testo scritto, ma anche le immagini, i video, i suoni, ecc.
Nelle otto figure dell’allegato 1 sono presenti alcuni elementi che caratterizzano il
discorso d’odio in esame: immagini e parole violente, il cosiddetto controversial
humour su temi come la violenza domestica (immagini 4, 5, 6 e 7) e lo stupro
(immagini 1, 2, 3 e 8), gli stereotipi di genere come la donna in cucina (immagine 4) e
la violenza sessuale ad opera di un uomo di colore (immagine 8). Inoltre, come
dimostrano le immagini 5 e 7, si cerca di creare un effetto umoristico attraverso la
polisemia di alcuni termini (rights nell’immagine 5 con il senso di diritti e (pugni)
destri, hit nell’immagine 7 – e nel testo a lato dell’immagine 6 – con il senso di brano
musicale di grande successo e di picchiare, in riferimento alla vicenda della cantante
Rihanna malmenata dal fidanzato). Questi contenuti sono elementi propri di quella che
molte femministe anglosassoni definiscono rape culture (cultura dello stupro), ossia “a
culture in which the ideologies and the cultural practices among people intent to
trivialize or condone or even eroticize and make fun of violence against women”
(Philips in Rape Culture Is), anche in forme più sottili come, nell’immagine 8, la
colpevolizzazione della vittima e la personificazione ridicola del femminismo alla fine
della vignetta4.
Qualunque sia la forma in cui viene espresso, il discorso sessista tende ad
essere largamente giustificato a livello sociale, sia in nome della libertà di espressione
che dello humour.
Nell’ambito del dibattito sullo hate speech, infatti, sono molti quelli che si
appellano al dominio del principio libertario nella comunicazione online (Herring
1995, 1998, 1999, Titley 2012, Greenhouse 2013, Greenfield 2013). Come nota
Herring (1998), la quasi totalità di questi soggetti appartiene a categorie che godono di
una posizione di potere all’interno della società e che hanno interesse a mantenere lo
status quo del web: nel caso del discorso sessista, infatti, la maggior parte dei difensori
della libertà di espressione è di genere maschile.
L’altra frequente giustificazione del discorso sessista è lo humour. Molti
contenuti della rete – come le immagini dell’allegato 1 – vengono spesso considerati
dagli utenti del web esempi di controversial humour su temi come la violenza
domestica, lo stupro, la pedofilia e il razzismo. In questo materiale abbondano
messaggi degradanti verso il genere femminile, spesso espressi attraverso canned or
formulaic jokes, comuni nel linguaggio maschile (Crawford e Gressley 1991) e ricchi
4
Si può applicare all’espressione rape culture la riflessione di Ehrlich e King (1994) sulle innovazioni
linguistiche introdotte dal femminismo. Le studiose osservano che spesso espressioni come sexism,
harassment e date rape, coniate per definire e denunciare esperienze subite dalle donne, rischiano
costantemente di essere ridefinite, banalizzate, ridicolizzate, delegittimate e depoliticizzate nel
linguaggio mainstream. L’immagine 8 dimostra come i social media non siano esenti da questo
fenomeno.
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di stereotipi di genere. Le donne che li denunciano vengono ridicolizzate in quanto
prive di humour (Davidson 2013) e ipersensibili (Herring 1998), e considerate pro
censura e antidemocratiche (Herring 1995, 1999); tale banalizzazione delle critiche
appiattisce la complessità del concetto di humour poiché non ne tiene in
considerazione il carattere altamente soggettivo (Chiaro 2005) e le molteplici funzioni
sociali per cui può essere utilizzato, tra cui il controllo, la manipolazione, lo svilimento
e il rafforzamento degli stereotipi (Martin 2007), insieme all’espressione indiretta di
opinioni su argomenti controversi con la possibilità di ritrattare a seconda della
reazione suscitata (Douglas 1975, Hay 2000, Crawford 2003, Mulkay 1988).
Queste giustificazioni e l’elevato numero di contenuti sessisti e misogini sul
web dimostrano che, nonostante siano stati fatti passi avanti nel riconoscimento
dell’uso sessista della lingua (Cameron 1992, 1998, Mills 2008) e l’introduzione di
concetti come i situated knowledges di Donna Haraway (1988) e le politics of location
di Adrianne Rich (1985) abbiano dimostrato la parzialità di un sapere androcentrico, la
cultura mainstream fa ancora molta fatica ad accettare queste prospettive.
La rete si dimostra anche uno spazio fertile di resistenza ai contenuti in esame,
malgrado la loro diffusione. Nel mare magnum del web molti sono gli esempi di
attivismo femminista, blog, profili e account sui social network attraverso i quali le
donne denunciano le discriminazioni di genere online5.
La crescente attenzione mediatica e istituzionale6 suscitata dallo hate speech e
l’attivismo online di opposizione che ne è conseguito ha recentemente portato
all’introduzione di alcune misure volte ad arginare questo fenomeno7.
Collocazione del progetto
Il progetto nasce dalla considerazione che per l’eliminazione dello hate speech e delle
discriminazioni di ogni genere sia necessaria un battaglia culturale per diffondere i
principi del rispetto reciproco e della parità, soprattutto in uno spazio complesso come
il web. Tale battaglia culturale non può prescindere da una maggiore riflessione
accademica volta ad analizzare questi meccanismi e l’avallo che troppo spesso questi
ricevono dalle società che forniscono i servizi informatici, e in generale la diffusione
preoccupante della cultura d’odio. Nell’ambito del dibattito attorno alla tematica dello
hate speech, è necessaria un’analisi del discorso d’odio con ottica di genere, al fine di
5
Tra i più seguiti sui social network figurano le pagine Facebook The Everyday Sexism Project, Wipeout
Sexism from Facebook e Miss Representation, spazi virtuale in cui tutti gli utenti possono confrontarsi
su esperienze di sessismo e misoginia e segnalarsi a vicenda i contenuti inappropriati in rete, e l’account
Twitter Yes, you are sexist che intercetta e ripubblica tweet sessisti al fine di smascherarne la natura
discriminatoria.
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Tra gli esempi più recenti: la campagna No Hate Speech Movement finanziata dal Consiglio d’Europa e
il seminario Parole libere o parole d’odio promosso dalla Presidente della Camera dei Deputati Laura
Boldrini.
7
Twitter ha recentemente introdotto un pulsante anti-abuso e Kickstarter ha rimosso un progetto dal
contenuto violentemente sessista a seguito di numerose proteste. Al contrario, risposte vaghe e
insoddisfacenti sono giunte finora da Facebook, il quale nella maggior parte dei casi non cancella i
contenuti offensivi.
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aggiornare e arricchire gli studi che la critica femminista sviluppa ormai da decenni in
molti campi – dalla letteratura, ai mezzi di comunicazione fino ai videogame – così da
ampliare la riflessione all’ultima evoluzione del web, luogo prediletto di interazione
sociale soprattutto tra giovani e giovanissimi/e.
È importante notare come nel momento in cui la società riconosce che una
categoria sociale è oggetto di un discorso d’odio, viene sancita anche la condanna del
comportamento discriminatorio verso quella categoria, come già accade per il discorso
razzista e quello omofobo. Come sottolinea Lillian (2007), continuare a escludere il
genere tra i motivi scatenanti l’odio ha l’effetto di minimizzare le conseguenze del
sessismo e della misoginia.
Metodologia
Il progetto si basa sulla considerazione della rete come “a socially, culturally, and
ideologically constructed communication medium, and therefore in need of critical
analysis” (Herring 1998:16) e del linguaggio come “social practice” (Fairclough 2001:
22), ovvero strettamente collegato al contesto sociale in cui viene prodotto e
espressione delle relazioni di potere all’interno di una società.
Il progetto propone quindi uno studio del sessismo e della misoginia attraverso la
critical discourse analysis (CDA) e in particolar modo della feminist critical discourse
analysis, area di studi che unisce la CDA e le teorie femministe, per riflettere sui
complessi meccanismi con cui attraverso il discorso si perpetuano disequilibri di potere
tra i generi nella società (Lazar, 2005), e si propone di
show up the complex, subtle, and sometimes not so subtle, ways in which
frequently taken-for-granted gendered assumptions and hegemonic power
relations are discursively produced, sustained, negotiated, and challenged in
different contexts and communities. (Lazar 2007:142)
Il progetto si basa sul ricollocamento dei concetti di misoginia e sessismo partendo da
episodi di cronaca8 per estendere poi la riflessione all’uso della lingua nei social media.
Attraverso gli studi su genere e humour si inquadrerà e analizzerà criticamente il
cosiddetto controversial humour in relazione alla cultura dello stupro e al discorso
d’odio, per dimostrare come l’intento discriminatorio del discorso sessista possa
diventare diffusore di pregiudizio (Ford et al. 2008) e come la continua assimilazione
delle donne a oggetti sessuali nei mezzi di comunicazione possa incitare a
comportamenti violenti nei loro confronti (Bing 2004).
Punto di forza della ricerca sarà il reperimento dei contenuti da analizzare, che
avverrà per buona parte sfruttando alcune risorse preziose della rete. In primo luogo,
infatti, la maggior parte dei contenuti sarà reperita attraverso una ricerca tematica con
8
In particolare, a seguito dell’acceso dibattito sollevato dagli attacchi sessisti ricevuti dall’ex premier
australiana Julia Gillard, il Macquarie Dictionary ha modificato la definizione di misoginia. Tanto la
risposta di Gillard quanto la decisione degli autori del dizionario hanno sollevato un dibattito
internazionale sui concetti di sessismo e misoginia oggi.
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parole chiave quali rape, controversial humour, jokes, sexism, misogyny, ecc. Tale
ricerca si avvarrà anche dello strumento hashtag (# seguito da una o più parole chiave),
molto diffuso nei principali social network come Twitter, Facebook e Instagram, utile
per categorizzazione i contenuti online.
Altro strumento utile alla ricerca sarà l’attivismo online contro il sessismo
precedentemente citato; infatti, pagine e gruppi Facebook, profili Twitter e account
YouTube funzionano spesso come aggregatori del materiale che intendono denunciare.
Per il reperimento dei contenuti verrà attivato, laddove necessario (in particolar modo
su Facebook, Twitter, Flickr, Tumblr e Ask.fm), un profilo nel quale non verrà
specificato l’intento della ricerca così da rendere più spontanea quella che Cosenza
(2008a) definisce l’osservazione partecipante. Particolare attenzione sarà destinata a
Facebook, essendo quest’ultimo il social network più diffuso a livello mondiale; qui
sarà interessante utilizzare un profilo femminile e uno maschile per stimolare
commenti su contenuti controversi e osservare le diverse reazioni degli utenti a questi
interventi. Sia l’interazione sui social network che la ricerca dei contenuti avverranno
in lingua inglese, così da sviluppare un progetto di rilevanza internazionale.
La ricerca e l’analisi di contenuti online terrà in considerazione due criticità
generate dalle caratteristiche della rete: da un lato, per quanto il reperimento dei
contenuti possa essere esteso nel tempo, è impossibile consultare tutto il materiale
online, considerata la dinamicità del web e l’elevato numero di persone che lo
utilizzano. In secondo luogo, l’anonimato del web e in particolar modo dei social
network rende difficile stabilire con certezza il genere dell’utente che pubblica i
contenuti, anche quando il genere è espresso. Quest’ultima criticità va senza dubbio
dichiarata e tenuta in considerazione soprattutto in un progetto incentrato sulle
dinamiche sociali tra i generi, ma non deve essere ritenuta invalidante così come non lo
è stata nelle ricerche precedenti sulla computer-mediated communication (Herring
1998, 1999, Cosenza 2008b), che propongono una riflessione importante sulla società
contemporanea e le sue dinamiche.
Tempistica
Il reperimento dei contenuti da analizzare avverrà durante i primi due anni del
dottorato. Nello stesso periodo sarà approfondita la letteratura nei campi di critica
femminista, CDA, gender and humour studies e comunicazione nei social media.
Queste attività saranno affiancate e arricchite da un confronto con la ricerca
interdisciplinare sviluppata in altri paesi, europei ed extraeuropei, come il Centre for
Women’s Studies and Gender Research della Monash University (Australia) in
particolare nel campo di ricerca Gender, Youth and Social Media. L’ultimo anno sarà
invece dedicato alla stesura della tesi di dottorato in cui confluiranno le ricerche
precedentemente svolte.
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Allegato 1
Esempi di discorso sessista e misogino sui social media9
Immagine 1
Fonte: http://www.quickmeme.com/
Immagine 2
Fonte: https://www.tumblr.com/
Immagine 3
Fonte: https://www.facebook.com/
Immagine 4
Fonte: https://www.tumblr.com/
Immagine 5.
Fonte: https://twitter.com/
9
Altri esempi di contenuti sessisti e misogini online sono disponibili
http://www.womenactionmedia.org/examples-of-gender-based-hate-speech-on-facebook/,
https://twitter.com/RapeSloth, http://knowyourmeme.com/memes/rape-sloth.
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su:
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Immagine 6
Fonte: https://www.facebook.com/
Trascrizione:
Uomo: Get us a doctor!
Dottore: Holy shit! What happened?
Uomo: She ate bacon.
Dottore: Well, is she allergic!?
Uomo: No.
Dottore: Well, then I don’t understand…
Uomo: It was MY bacon!
Testo al lato: Chris Brown and Rihanna at the hospital – Sterling
Immagine 7.
Fonte: https://www.facebook.com/
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Uomo1: My laptop got stolen yesterday while I
was in Detroit
Uomo2: damn
Uomo3: How, what happened?
Uomo1: I left my car door unlocked and someone
just took it…
Uomo2: uhh…
Uomo3: you dumbass, why would you leave your
door unlocked in DETROIT?
Donna: OMG YOU GUYS, I WAS JUST
RAPED LAST NIGHT IN DETROIT : ((
Uomo1: That is terrible. I am so sorry
Uomo2: Poor thing, what happened?
Donna: I was walking down the street at 4 am just
like this, but I was alone, and some black guy
came with a knife and… raped me :(
Uomo1: What a sicko
Uomo2: Just horrible
Uomo3: Ugh, no one deserves that, I feel so bad
for you, but I have to ask… what were you doing,
dressed like that, at 4am, alone, in DETROIT of
all places?
Immagine 8 Fonte: https://www.facebook.com/ Progetto di ricerca a.a. 2013/2014
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Bibliografia
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