SUPERFLUIDIT`A OLTRE LA TEORIA BCS

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SUPERFLUIDIT`A OLTRE LA TEORIA BCS
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI
FACOLTÀ DI SCIENZE MM.FF.NN.
CORSO DI LAUREA DI II LIVELLO IN FISICA
TESI DI LAUREA IN FISICA TEORICA
SUPERFLUIDITÀ
OLTRE LA TEORIA BCS
Relatore:
Chiar.mo Prof. Giuseppe NARDULLI
Laureanda:
Dr.ssa Floriana GIANNUZZI
Anno Accademico 2005/2006
Indice
1 Introduzione: Superfluidità e superconduttività al di là della
teoria di campo medio
5
2 Superfluidi a bassa temperatura
2.1 La teoria BCS . . . . . . . . . . . .
2.2 Condensazione di Bose-Einstein . .
2.3 Evidenze sperimentali della BEC su
2.4 Risonanza di Feshbach . . . . . . .
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
atomi bosonici
. . . . . . . . .
3 Superconduttori ad alta temperatura
3.1 Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D . . . .
3.2 Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D . . . .
3.2.1 Studio di un modello bidimensionale
3.2.2 Studio di un modello tridimensionale
3.2.3 Pseudogap . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Transizione BKT . . . . . . . . . . . . . . .
4 Superfluidità di sistemi non omogenei
4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie .
4.1.1 Fase di Breached Pairing . . . .
4.1.2 Fase FFLO . . . . . . . . . . .
4.1.3 Diagramma di fase . . . . . . .
4.2 Tre specie interagenti . . . . . . . . . .
2
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61
61
63
68
77
81
4.2.1
4.2.2
Tre specie con costanti d’interazione diverse . . . . . . . 81
Tre specie con potenziali chimici diversi . . . . . . . . . . 94
5 Conclusioni
99
A Il punto di Lifshitz
101
B Analisi con il gruppo di rinormalizzazione
105
C Cenni sulla teoria di Eliashberg
109
Bibliografia
114
3
Capitolo 1
Introduzione: Superfluidità e
superconduttività al di là della
teoria di campo medio
La superconduttività fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Kamerlingh Onnes, mentre eseguiva una serie di esperimenti in condizioni di basse temperature. Egli notò che il mercurio, portato a temperature inferiori a 4K, diventa superconduttore, cioè in grado di trasportare corrente elettrica senza
resistenza e senza perdite energetiche. Tale comportamento non era mai stato
osservato prima di tale data poiché mancavano le tecniche sperimentali per il
raggiungimento delle basse temperature alle quali il fenomeno si manifesta.
Successivamente cominciarono gli studi in questo campo, sia per trovare un
modello teorico per la descrizione microscopica del fenomeno, sia nella ricerca
di nuovi materiali che potessero presentare le stesse proprietà superconduttive
a temperature più alte di quelle fino ad allora osservate, quindi più facilmente
riproducibili sperimentalmente, soprattutto in vista di applicazioni pratiche.
Il fisico R. Gavaler scoprı̀ che il Nb3 Ge diventa superconduttore a 23K e
furono scoperti altri materiali con temperature critiche dello stesso ordine. I
primi superconduttori scoperti furono classificati come superconduttori di I
tipo mentre questi ultimi come superconduttori di II tipo. Oltre alla temperatura critica, c’è un’altra fondamentale differenza fra queste due generazioni
4
e riguarda il loro comportamento in presenza di un campo magnetico esterno:
mentre i primi hanno la caratteristica di espellere dal loro interno il campo magnetico durante la fase superconduttiva, se la sua intensità non supera un certo
valore critico, i secondi, invece, sono caratterizzati da due campi magnetici critici e permettono una parziale penetrazione delle linee di flusso del campo nel
range intermedio fra questi due valori. Nei primi, si verifica una transizione
di fase del primo ordine quando il campo magnetico supera il valore critico,
mentre nei secondi una transizione di fase del secondo ordine all’aumentare
dell’intensità del campo magnetico, dal primo valore critico al secondo, al di
là del quale il materiale torna nello stato normale.
Nel 1986 G. Bednorz e K. A. Muller scoprirono che l’ “LBCO”, un ossido
di lantanio, bario e rame, diventa superconduttore a circa 35K; data la rilevanza della scoperta, i due fisici ricevettero il premio Nobel per la Fisica del
1987. Oggi si conoscono materiali che diventano superconduttori a temperature intorno ai 100K; questi materiali, sono stati battezzati col nome di HTSC,
High Temperature Superconductors, e sono costituiti da ossidi (spesso ossido
di rame) e da metalli prevalentemente delle terre rare.
In questi ultimi venti anni, successivi alla scoperta degli HTSC, lo studio
della superconduttività ha avuto un grande sviluppo. Questo evento ha, infatti, da una parte, stimolato la ricerca sperimentale, rendendo più facilmente
riproducibili gli esperimenti sulla superconduttività, e, dall’altra, ha stimolato la ricerca teorica, che, fino a quel momento, aveva previsto temperature
critiche al massimo di 20K, mentre si scopriva che la superconduttività era
possibile già a 100K.
Un’ulteriore stimolo alle ricerche in questo campo è stato generato dagli studi sulla condensazione di Bose-Einstein (BEC) in atomi ultrafreddi. Nel 1995
si ebbe la prima osservazione di un condensato di bosoni presso i laboratori del
JILA, negli Stati Uniti , mediante tecniche che consentono il raffreddamento
del gas a bassissime temperature e contemporaneamente ne evitano la liquefazione. Il fenomeno della condensazione era stato previsto già dal 1925 da
Einstein e Bose ma, fino a dieci anni fa, le ricerche sperimentali erano basate
solo sull’osservazione della superfluidità, che avviene in liquidi quantistici e
può pertanto avere caratteristiche diverse rispetto alla condensazione di Bose5
Einstein. Recentemente, invece, sono stati effettuati studi sulla condensazione
prima in gas bosonici e, successivamente, in gas fermionici.
Come si è detto, la BEC è stata osservata in atomi ultrafreddi, cioè gas di
atomi che, a basse temperature (100 nK), hanno una transizione di fase e formano un condensato. Con questi materiali, si possono effettuare esperimenti
in cui si può far variare la temperatura, la densità e l’intensità d’interazione,
cambiando semplicemente il campo magnetico esterno, sfruttando un metodo
detto risonanza di Feshbach: si può in questo modo studiare il comportamento
del gas in diverse condizioni e, in particolare, il passaggio fra regimi in cui le
particelle in un gas sono debolmente interagenti, come accade nei superconduttori metallici a basse temperature, a regimi in cui esse sono fortemente
interagenti, come accade nella BEC. D’altra parte, l’importanza dell’analisi
del crossover fra queste due regioni, risiede nel fatto che si ritiene che i nuovi
materiali superconduttori ad alta temperatura siano proprio in questo stato
intermedio. A conferma di questa ipotesi, c’è il fatto che gli HTSC hanno
caratteristiche intermedie fra quelle dei due limiti e che il passaggio da un limte all’altro avviene, come dimostreremo, in maniera continua, attraverso un
crossover.
La necessità di nuovi studi teorici in materia di superconduttività è dovuta
alla inadeguatezza della teoria di Bardeen, Cooper e Schrieffer nello spiegare
le caratteristiche dei nuovi superconduttori.
Ricordiamo che la teoria BCS, introdotta nel 1957, è stata la prima teoria
microscopica della superconduttività metallica ed è risultata una teoria straordinariamente efficace nella spiegazione di questo fenomeno per questa classe di
materiali.
Secondo la teoria BCS, durante la fase superconduttiva, i portatori della
corrente elettrica sono coppie di elettroni debolmente legati, chiamate coppie di
Cooper. Esse, per scambiare energia con gli ioni del reticolo, devono superare
una barriera energetica (gap) e quindi non possono dissipare energia.
I modelli precedenti alla teoria BCS avevano avuto carattere più fenome6
nologico. Ad esempio, i fisici F. e H. London scrissero delle equazioni in grado
di descrivere il comportamento dei superconduttori in presenza di un campo
magnetico.
Successivamente, nel 1950, Ginzburg e Landau costruirono una teoria che descrive la transizione di fase del secondo ordine che avviene nel passaggio dallo
stato normale a quello superconduttivo.
Nel 1959 Gor’kov riuscı̀ a unificare la teoria BCS e quella di Ginzburg-Landau,
mostrando che il gap energetico, introdotto dalla teoria BCS, è proporzionale
alla funzione d’onda di Ginzburg-Landau.
Nel 1957 Abrikosov costruı̀ una teoria per spiegare il comportamento dei
superconduttori di II tipo.
Per gli HTSC non c’è ancora una teoria completa. Come già sottolineato,
sembra che essi siano in un regime intermedio fra quello relativo alla teoria
BCS e quello relativo alla condensazione di Bose-Einstein(BEC).
Lo scopo della tesi è quello di presentare alcuni sviluppi teorici recenti
in questo campo. Questi sviluppi hanno riguardato sia alcune caratteristiche
peculiari dei superconduttori ad alta temperatura, come la presenza di uno
pseudogap nello spettro di energia dello stato normale o la loro maggiore lunghezza di correlazione, sia la superconduttività degli atomi freddi, per esempio
di atomi bosonici, come il 7 Li, o fermionici, come il 6 Li e il 40 K.
Quanto detto, quindi, suggerisce che, per descrivere i nuovi superconduttori, non è più possibile utilizzare un modello basato sulle due ipotesi fondamentali della teoria BCS, ovvero l’ipotesi di accoppiamento debole fra le particelle e
l’approssimazione di campo medio. La prima ipotesi va superata poiché, come
già sottolineato, le particelle nei nuovi superconduttori hanno accoppiamenti
più forti. La seconda ipotesi va superata poiché le fluttuazioni del parametro
d’ordine per accoppiamenti più forti diventano importanti e determinano lo
pseudogap osservato.
Nella tesi si passeranno in rassegna alcuni studi recenti riguardanti i metodi per andare al di là dell’accoppiamento debole, per descrivere il crossover e
per superare l’approssimazione di campo medio, mediante l’introduzione nell’Hamiltoniana della teoria di termini contenenti le fluttuazioni del parametro
d’ordine.
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La descrizione del crossover sarà poi estesa al caso di sistemi non omogenei, costituiti cioè da atomi diversi. Per questi si presentano altre possibili fasi,
oltre alla fase normale e quella condensata, cioè la fase di Breached Pairing e
la fase FFLO (Fulde-Ferrell-Larkin-Ovchinnikov). La prima è caratterizzata
dalla contemporanea presenza di condensato e particelle nello stato normale e
generalizza la fase BEC per sistemi non omogenei. La seconda è caratterizzata
da coppie di Cooper con impulso totale non nullo e generalizza la fase BCS.
Inoltre, si sono analizzate le fasi BEC e BCS per sistemi costituiti da tre specie di atomi fermionici. In questo caso lo scopo è capire quali accoppiamenti
sono favoriti al variare del potenziale chimico delle specie o delle costanti di
accoppiamento che caratterizzano le tre possibili interazioni binarie degli atomi fermionici. Sottolineiamo che questa generalizzazione è necessaria perché
l’Hamiltoniana di Hubbard, che è la più semplice Hamiltoniana utilizzata per
questi sistemi, prevede sempre un’interazione fra specie diverse (nel caso più
semplice, come nella teoria BCS, fra elettroni di spin opposto).
Vogliamo infine sottolineare che la BEC si verifica in molti campi della
fisica, non solo nella materia condensata. Ad esempio, fenomeni simili sono
noti in fisica nucleare, delle particelle elementari e in astrofisica. Essa è prevista
anche dalla QCD, in cui sono coppie di q q̄ (a basse densità) e qq (ad alte
densità) a condensare. In tabella sono elencati alcuni sistemi di bosoni che
mostrano il fenomeno della superfluidità.
La tesi è organizzata nel modo seguente.
Nei primi due paragrafi del capitolo 2 sono richiamati i concetti fondamentali della teoria BCS e della BEC. Nel primo paragrafo è descritto il modello
introdotto da Berdeen, Cooper e Schrieffer e i risultati che esso prevede, mentre nel secondo sono riportati gli argomenti statistici che provano il fenomeno
della condensazione dei bosoni a basse temperature.
8
Tabella 1.1: Alcuni sistemi di bosoni in cui avviene il fenomeno della
condensazione.
Particella
coppia di Cooper
Composta da
e− e−
in
metalli
manifestazione coerenza
superconduttività
coppia di Cooper
h+ h+
ossidi di rame
He2+ 2e−
4
He
superconduttività
ad alta temperatura
superfluidità
He
2(3 He2+ 2e− )
3
He
superfluidità
condensati chirali
hq̄qi
vuoto
condensato di colore
hqqi
stelle compatte
struttura delle
particelle elem.
rottura SU(3)c
4
He
3
4
Nel paragrafo successivo sono descritte le tecniche sperimentali introdotte negli
ultimi dieci anni per realizzare un condensato di bosoni. Il procedimento che
oggi si utilizza prevede più fasi, che hanno l’obiettivo di raffreddare e intrappolare il gas: all’inizio, c’è una fase di raffreddamento, mediante luce laser,
e, contemporaneamente, di intrappolamento mediante un campo magnetico
esterno; poi il gas viene messo all’interno di una trappola magnetica e infine
viene fatto evaporare, per abbassare ulteriormente la sua temperatura.
Nell’ultimo paragrafo, è descritta la risonanza di Feshbach, tecnica mediante la
quale è possibile variare l’interazione fra le particelle di un gas fermionico cambiando il campo magnetico esterno. L’importanza di questa tecnica in questo
contesto è dovuta al fatto che essa offre la possibilità di studiare il crossover
fra la regione BCS e quella BEC.
Nel capitolo 3 sono descritti i superconduttori ad alta temperatura, cioè
gli HTSC. È trattato il modello di Hubbard bidimensionale e tridimensionale in approssimazione di campo medio, a T=0, per la descrizione teorica del
crossover BCS-BEC. Si giustifica il motivo per cui questo passaggio viene indicato come un crossover e perché gli HTSC possono essere descritti da tale
9
modello. Sono inoltre ricavate l’equazione di gap e quella per il numero medio
di particelle, valide per qualsiasi valore della costante d’interazione: entrambe
le equazioni sono quindi in grado di descrivere sia il regime BCS, sia il regime BEC (con risultati compatibili con quelli già noti) ed anche la regione
intermedia, che interessa gli HTSC. In seguito sono riportati i risultati previsti
dal modello a temperature finite e quando si abbandona l’approssimazione di
campo medio. In particolare, viene descritto lo pseudogap e la transizione di
Berezinskii-Kosterlitz-Thouless, che si verifica quando diventano importanti le
fluttuazioni termiche nel sistema.
Nel capitolo 4 vengono descritti gas non omogenei, costituiti da atomi di
specie diverse. Inizialmente è affrontato il caso di due specie: si analizza il
comportamento del sistema quando la differenza dei potenziali chimici delle
due specie diventa sempre più grande. Vengono determinati i limiti a cui la
fase BEC e quella BCS non sono più stabili e sono descritte le fasi che si possono presentare, oltre allo stato normale, quando il condensato viene rotto.
Sono riportati i diagrammi di fase che rappresentano la fase del sistema in
funzione della differenza dei potenziali chimici. Successivamente è trattato il
caso di tre specie, nell’ipotesi che due dei tre accoppiamenti che si possono
stabilire fra atomi di specie diverse siano descritti dalla stessa costante d’interazione mentre l’altro è descritto da una costante diversa. Si è determinato
quali coppie si formano per diversi valori delle due costanti d’accoppiamento
e, successivamente, per diversi valori dei potenziali chimici.
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Capitolo 2
Superfluidi a bassa temperatura
2.1
La teoria BCS
La teoria BCS è stata formulata nel 1957 dai fisici J. Bardeen, L. N. Cooper
e J. R. Schrieffer [1]. Essa rappresenta storicamente la prima interpretazione
microscopica del fenomeno della superconduttività.
Alla base di questa teoria c’è l’idea che nei superconduttori la corrente elettrica viene trasportata da coppie di elettroni, debolmente legati, che possono
muoversi nel metallo senza urtare gli ioni e quindi senza perdite di energia.
Queste coppie hanno il nome di coppie di Cooper, essendo state ipotizzate
per la prima volta da Cooper in un lavoro del 1956 [2]. In questo lavoro
egli dimostra che, in presenza di un’interazione attrattiva fra gli elettroni,
arbitrariamente piccola, lo stato fondamentale diventa instabile rispetto alla
formazione di coppie di elettroni. Poiché uno stato legato di due elettroni
segue la statistica di Bose-Einstein, esso può condensare: da qui ha origine la
superconduttività.
Nei metalli l’interazione attrattiva, che è alla base di questo fenomeno e che
deve competere con la repulsione coulombiana, ha origine dall’interazione dei
due elettroni con gli ioni del reticolo. Questa interazione può essere descritta
nel modo seguente: un elettrone, muovendosi all’interno del reticolo cristallino,
crea una distorsione del reticolo a causa dell’attrazione che esercita sugli ioni
positivi che lo costituiscono; se questa distorsione persiste per un tempo finito,
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può essere sentita da un secondo elettrone in moto, che quindi risulta debolmente attratto dal primo. Poiché l’energia che tiene unita la coppia è molto
piccola, è sufficiente innalzare la temperatura anche di poco per separare gli
elettroni: esiste cioè una temperatura critica al di sopra della quale le coppie
si rompono e il metallo non è più superconduttore.
Dal punto di vista quanto-meccanico, questa interazione viene mediata dai
fononi, i quanti delle vibrazioni degli atomi di un reticolo, aventi massa nulla
e spin 1.
Si tratta di un’interazione debole, che coinvolge solo gli elettroni con impulso vicino all’impulso di Fermi: solo questi possono essere eccitati negli stati
vuoti che si trovano al di là della superficie di Fermi, mentre gli elettroni più
interni non riusciranno a guadagnare abbastanza energia per l’eccitazione.
Le coppie di Cooper sono caratterizzate da un’estensione nello spazio molto
più grande rispetto alla distanza media fra le particelle nel metallo e sono
formate da elettroni aventi spin e impulso opposti. L’argomento con cui si
può dimostrare che solo elettroni con impulsi opposti riescono ad accoppiarsi
è riportato nell’Appendice B.
Analizziamo il modello BCS in dettaglio: consideriamo un gas di Fermi
quasi degenere, quindi a basse temperature e alte densità, in cui è presente un
potenziale attrattivo fra le particelle.
Introduciamo gli operatori a†p,α e ap,α , che, rispettivamente, creano e distruggono un elettrone di impulso p e spin α (↑ o ↓). Essi verificano regole di
anticommutazione:
n
a†p,α , ap0 ,β
o
= δ(α − β)δ(p − p0 )
{a†p,α , a†p0 ,β } = 0
{ap,α , ap0 ,β } = 0
12
L’Hamiltoniana del sistema è:
X †
p2
− µ a†p,α ap,α − g
ap0 ,+ a†−p0 ,− a−p,− ap,+
2m
p,p0
!
H − µN =
X
p,α
(2.1)
in cui
N=
X
a†p,α ap,α
p,α
è l’operatore numero di particelle, introdotto, attraverso il moltiplicatore di
Lagrange µ, poiché si considera il gas di elettroni come un sistema con numero
variabile di particelle. Se si impone la condizione che hN i sia uguale al numero
di particelle del sistema, allora µ assume il significato di potenziale chimico e
si ottiene un’equazione che lo determina. g è la costante di accoppiamento e
rappresenta l’intensità dell’interazione fra un elettrone di impulso p e spin ↑
e un elettrone di impulso -p e spin ↓ che, dopo l’interazione, avranno impulso
p0 e −p0 e spin ↑ e ↓; si può definire la lunghezza di scattering a < 0 a partire
dalla costante di accoppiamento:
4π|a|
.
m
g=
Il modello considera solo interazioni fra elettroni che si trovano entro un
piccolo guscio intorno alla superficie di Fermi, con spin antiparalleli e impulsi opposti perché queste danno i contributi fondamentali all’Hamiltoniana,
mentre gli altri sono trascurabili.
Se siamo in regime di accoppiamento debole, si può fare l’approssimazione
di campo medio, che consiste nel trascurare le fluttuazioni del prodotto di due
operatori di creazione o distruzione intorno al valor medio, cioè:
D
a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ = a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓
D
E
E
(a−p,↓ ap,↑ − ha−p,↓ ap,↑ i) +
D
E
+a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i + a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i ≈
D
E
D
E
≈ +a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i + a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i .
13
Introduciamo la seguente grandezza:
∆=g
X
hap,↑ a−p,↓ i
(2.2)
p
che rappresenta la funzione d’onda del condensato.
Se utilizziamo l’approssimazione di campo medio, l’Hamiltoniana diventa quadratica:
X
p2
− µ a†p,α ap,α −
∆a†p,↑ a†−p,↓ + ∆∗ a−p,↓ ap,↑
2m
p
!
H − µN =
X
p,α
e, scritta in forma matriciale, può essere diagonalizzata, ottenendo:


Ep
0 
U † HU = 
0 −Ep
r
2
2
p
con ±Ep = ± 2m
− µ + |∆|2 autovalori della matrice H.
Possiamo supporre che ∆ sia reale, attraverso un’opportuna definizione dei
valori di aspettazione.
La matrice U che diagonalizza l’Hamiltoniana definisce i nuovi operatori
bp,α e b†p,α :





bp,↑ 
ap,↑ 
= U†  †
†
b−p,↓
a−p,↓


up vp∗ 
U =
−vp∗ u∗p
dove up e vp sono gli autovettori dell’Hamiltoniana:

|up |2 =
1
1+
2
p2
2m


− µ
Ep
|vp |2 =
tali che |up |2 + |vp |2 = 1.
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1
1−
2
p2
2m

− µ
Ep
Essi verificano le stesse regole di anticommutazione degli operatori a, a† e
assumono il significato di operatori di creazione e distruzione di quasi-particelle
fermioniche, che corrispondono alle eccitazioni rispetto allo stato fondamentale.
L’Hamiltoniana diventa, in funzione di questi nuovi operatori:
H=
X
Ep b†p,↑ bp,↑ + b†−p,↓ b−p,↓ .
p
Ep definisce lo spettro energetico delle quasi-particelle, riportato in figura 2.1.
Ep
D
Ξp
-D
Figura 2.1: Spettro di energia. Le linee tratteggiate rappresentano lo spettro
dello stato normale mentre la curva continua rappresenta lo spettro delle quasi
particelle. ξp = p2 /2m − µ.
Come mostra la figura 2.1, ∆ rappresenta il gap energetico fra il minimo
dello spettro e lo zero, cioè la quantità di energia che bisogna fornire per creare
una quasi-particella, ∆ funge da parametro d’ordine e ∆ 6= 0 caratterizza la
fase superconduttiva.
15
Il passaggio dalla fase superconduttiva alla fase normale è una vera e propria
transizione di fase. Infatti le due fasi sono caratterizzate da una rottura della
simmetria U(1), che comporta anche l’effetto Meissner, cioè l’espulsione del
campo magnetico dal superconduttore.
Le quasi-particelle verificano, come detto, regole di anticommutazione e
pertanto seguono la statistica di Fermi-Dirac, con µ = 0:
D
E
b†p,↑ bp,↑ = f (Ep ) =
D
1
1 + eβEp
E
b−p,↓ b†−p,↓ = 1 − f (Ep ).
(2.3)
Le relazioni che legano gli operatori a, a† ai nuovi operatori sono dette trasformazioni di Bogoliubov e si presentano nella forma seguente
ap,↑ = up bp,↑ + vp∗ b†−p,↓
ap,↓ = up bp,↓ − vp∗ b†−p,↑ .
Dalle 2.3, si ottiene:
ha−p,↓ ap,↑ i = up vp∗ tanh
∆
βEp
βEp
=
tanh
2
2Ep
2
e, dalla 3.2:
∆ = g2
X ∆
p
2Ep
tanh
βEp
.
2
Trasformando la sommatoria in integrale sui valori dell’energia compresi entro
il sottile guscio intorno all’energia di Fermi, si ottiene la gap equation:
∆=g
2
Z
√
β E 2 + ∆2
∆
tanh
dE √ 2
2
E + ∆2
che lega il parametro di gap alla temperatura.
La temperatura critica Tc che segna la transizione fra le due fasi si ottiene
risolvendo la gap equation per ∆ = 0: per T < Tc si ha ∆ 6= 0 mentre per
T ≥ Tc si ha ∆ = 0 e il sistema non è più nello stato superconduttivo.
16
Lo stato del sistema nella fase BCS è descritto dalla funzione d’onda:
|ΨBCS i =
(u∗p + vp∗ a†p,↑ a†−p,↓ ) |0i
Y
p
dove |0i è lo stato di vuoto, in cui non ci sono particelle. Questa funzione
d’onda, cosı̀ definita, non fissa il numero di particelle, ma è una sovrapposizione
di stati contenenti zero o un numero pari di elettroni; per un dato impulso
p, |vp |2 rappresenta la probabilità che la coppia sia presente mentre |up |2 la
probabilità che la coppia sia assente.
Alcune grandezze importanti per la fase BCS sono la lunghezza di correlazione e la lunghezza di fase. La lunghezza di correlazione rappresenta la
distanza fra particelle con momenti correlati, cioè fra i due elettroni della coppia. Si determina attraverso il principio di indeterminazione, nota l’incertezza
sull’impulso, dell’ordine di ∆/vF :
ξ0 =
h̄vF
.
∆
La lunghezza di correlazione risulta molto più grande della distanza media fra
le particelle in un gas di Fermi degenere: questo è il motivo per cui le coppie
di Cooper vengono indicate come coppie a lungo raggio. Le coppie di Cooper
presenti si sovrappongono fra loro e fra i due elettroni legati possono trovarsi
molti altri elettroni. La lunghezza di fase, invece, definisce la distanza entro
cui varia il parametro d’ordine scelto per la descrizione della transizione di
fase, cioè la funzione d’onda del condensato.
2.2
Condensazione di Bose-Einstein
La condensazione di Bose-Einstein è un fenomeno statistico che riguarda sistemi di bosoni identici. Essa consiste nell’occupazione da parte di un numero
grande di bosoni di un unico stato quantistico, lo stato fondamentale; si veri-
17
fica a temperature inferiori ad una temperatura critica, anche nel caso in cui
i bosoni non interagiscono fra loro poiché la sua origine è esclusivamente statistica ed è legata all’indistinguibilità delle particelle. Immediata conseguenza
di questo comportamento è che, se molte particelle occupano lo stesso stato,
la loro funzione d’onda diventa misurabile in ampiezza e fase, cioè diventa un
oggetto classico.
Il fenomeno della condensazione di Bose-Einstein riguarda, in generale,
sistemi di bosoni interagenti. Tuttavia, per semplicità e per fissare la notazione,
consideriamo il modello studiato separatamente da Bose e da Einstein, cioè un
gas di bosoni non interagenti.
Queste particelle nel gas vengono viste come dei pacchetti d’onda, caratterizzati da un’estensione data dalla lunghezza d’onda termica, che dipende
dalla temperatura a cui si trova il gas mediante la relazione:
s
λ=
2πh̄2
.
mkT
I pacchetti d’onda possono essere considerati distinti finché λ resta minore
della distanza media fra le particelle nel gas; a basse temperature, però, le
due grandezze possono diventare confrontabili e di conseguenza si crea una
sovrapposizione della funzione d’onda dei bosoni, che diventano cosı̀ particelle
indistinguibili.
I bosoni seguono la statistica di Bose-Einstein, secondo cui alla temperatura
T il numero di bosoni che hanno impulso k è dato da:
nk =
1
eβ(Ek −µ) − 1
=
z
eβEk − z
essendo µ il potenziale chimico, β = 1/kB T e z la fugacità, che si ottiene
imponendo la condizione
X
hN i =
hnk i .
k
18
Nel limite termodinamico possiamo scrivere:
√
X
z
V (2m)3/2 Z ∞
z
z
z
+
+
dE
=
hN i =
≈
E βE
3
βE
−z
2
k
k
1 − z k6=0 e
1−z
e
−z
0
(2π) h̄
=
V
z
+ 3 g3/2 (z),
1−z λ
in cui è stato isolato il termine relativo allo stato fondamentale, avente k = 0,
perché divergente e
2 Z∞ √
z
g3/2 (z) = √
dx x βE −z .
π 0
e k
g32
2.61
1
z
Figura 2.2: Andamento della funzione g3/2
La funzione g3/2 , rappresentata nella figura 2.2, è valutata nell’intervallo
[0, 1] poiché, essendo µ 6= 0, il numero di bosoni si conserva e si deve pertanto
avere:
hni ≥ 0 → 0 ≤ z ≤ 1
Questa condizione pone un limite superiore al numero di bosoni che possono
stare nel volume V, al di fuori del livello k = 0; questo numero è dato da:
Nmax = 2.61
V
.
λ3
Il numero di bosoni nello stato fondamentale dipende dalla temperatura a cui
19
si trova il sistema, poiché essa fa variare Nmax : a temperature alte la lunghezza
d’onda è piccola e di conseguenza Nmax è grande, mentre a temperature basse
si può avere Nmax < N e quindi condensazione. La temperatura critica è
definita come la temperatura a cui N = Nmax .
Riassumendo:
V
g3/2 (z);
λ3
• T > Tc :
N=
• T < Tc :
N1 = 2.61
2.3
V
,
λ3
N0 = N − N1
e
z = 1.
Evidenze sperimentali della BEC su atomi
bosonici
La prima realizzazione sperimentale di un condensato si ottenne nel 1995 nei
laboratori del JILA, negli Stati Uniti, ad opera dei fisici Eric A. Cornell e
Carl E. Wieman, utilizzando un gas di atomi di rubidio; successivamente fu
realizzato un esperimento al MIT di Cambridge, nel Massachusets, dal fisico
Wolfgang Ketterle, utilizzando un gas di atomi di sodio. Erano passati quindi
ben 70 anni dal lontano 1925, anno in cui Einstein pubblicò il suo articolo
in cui introduceva il fenomeno della condensazione, in seguito all’articolo del
fisico indiano Bose del 1924 sui quanti di luce [3].
Questa distanza temporale si spiega per il fatto che solo negli anni ’90
furono introdotte tecniche tali da consentire il raggiungimento di temperature
molto basse e densità molto alte senza alterare lo stato del gas, senza cioè
farlo solidificare o liquefare. Questo risultato si ottiene lavorando con campioni
molto diluiti, in cui è molto bassa la probabilità di collisioni anelastiche a tre
corpi, responsabili del cambiamento di fase.
Oggi in molti laboratori si fanno esperimenti sui condensati. Si utilizzano
campioni di isotopi bosonici di atomi alcalini come rubidio, litio, sodio, potassio, cesio poiché le transizioni fra livelli energetici per questi elementi sono
compatibili con le caratteristiche dei laser a disposizione.
Finora è stato applicato agli atomi 87 Rb, 23 Na e 7 Li [4] un metodo di
raffreddamento che prevede le seguenti tre fasi [5], [6], [7], [8]:
20
1. raffreddamento mediante laser;
2. intrappolamento magnetico;
3. evaporazione.
La necessità di utilizzare più fasi di raffreddamento risiede nel fatto che,
mentre i metodi ottici funzionano meglio a basse densità, nellequali la luce laser
non viene completamente assorbita dal campione, e vengono quindi applicati
all’inizio, l’evaporazione, al contrario, funziona meglio ad alte densità, che
assicurano rapide ritermalizzazioni, e può essere effettuata solo in un secondo
momento.
Si parte da un gas di bosoni identici, diluito e in equilibrio termico, in cui
sono presenti interazioni fra gli atomi di tipo repulsivo, cioè caratterizzate da
una lunghezza di scattering positiva: in questo modo si ottiene un condensato
stabile e di dimensioni maggiori rispetto ad uno ottenuto a partire da un gas in
assenza di interazioni. L’obiettivo è quello che, a partire da un gas in condizioni
normali, avente pressione 105 Pa, temperatura 300K e densità nello spazio delle
fasi nλ3dB = 10−8 , dove n è la densità del campione e λ è la lunghezza d’onda
di de Broglie, si raggiungano temperature dell’ordine di 10−7 K e densità nello
spazio delle fasi di 2.612, corrispondenti a densità del gas dell’ordine di 1014
atomi/cm3 .
1. I fase: Raffreddamento mediante laser
Nella prima fase il gas viene raffreddato mediante luce laser, sfruttando
i processi di assorbimento ed emissione spontanea. Negli esperimenti, di
solito, si utilizza una trappola magneto-ottica (MOT), che ha il duplice
risultato di raffreddare e nello stesso tempo confinare gli atomi.
Quando il gas viene introdotto in una MOT, esso viene investito da tre
paia di fasci laser, nelle tre direzioni dello spazio, che si propagano con
versi opposti e tali che quelli che si propagano lungo lo stesso asse hanno
polarizzazione circolare opposta: positiva quella del fascio proveniente
21
dal semiasse negativo e negativa per il fascio opposto, come mostrato
nella figura 2.3.
Figura 2.3: Schema semplificato di una MOT. Le frecce rappresentano i fasci
laser nella trappola: quelli che provengono dai semiasse negativi (in rosso) hanno polarizzazione positiva e quelli verdi negativa. I due anelli rappresentano le
due spire percorse da corrente in versi opposti, in configurazione anti-Helmotz.
Essi hanno la funzione di rallentare e quindi raffreddare il gas: la frequenza della luce emessa dai laser è scelta leggermente inferiore a quella
di risonanza del gas in modo che, per effetto Doppler, gli atomi tendono
ad assorbire solo i fotoni del fascio contro cui si muovono, come mostrato in figura 2.4. Dopo l’assorbimento, gli atomi acquistano un impulso
h̄k nella stessa direzione di propagazione del fotone assorbito e passano
allo stato eccitato: di conseguenza, risentono, a causa del rinculo, di una
forza dovuta alla pressione di radiazione, in direzione sempre opposta a
quella della loro velocità, concorde invece a quella del laser, e data da:
F = −γv
dove γ > 0 è una costante che dipende dall’intensità e dalla frequenza
22
del laser e v è la velocità dell’atomo. Successivamente tornano allo stato fondamentale per emissione spontanea, ma il fotone viene emesso in
direzione casuale. L’effetto complessivo dello scambio di impulso fra gli
atomi e la luce è quello di diminuire la velocità dell’atomo e pertanto
abbassare la temperatura del gas.
Figura 2.4: Un atomo che si muove in avanti tende ad assorbire, per effetto
Doppler, il fascio in moto nella direzione opposta e ne viene rallentato.
Nella MOT sono presenti anche due spire percorse da corrente di uguale
intensità ma di verso opposto, in configurazione anti-Helmoltz, che generano un campo magnetico di quadrupolo, nullo al centro delle spire e
crescente linearmente in ogni direzione.
Consideriamo un atomo il cui livello fondamentale ha momento angolare
totale nullo e il cui livello eccitato ha momento angolare totale pari a 1.
Il campo di quadrupolo genera uno shift del livello eccitato dato dalla
seguente relazione:
∆E(x) = gµB mB(x)
dove g è il fattore di Landé dello stato eccitato, µB è il magnetone di Bohr
e m=-1,0,1 è la componente del momento angolare. Lo shift varia quindi
linearmente con la distanza, poiché ha la stessa dipendenza spaziale del
campo magnetico.
Come mostra la figura 2.5, a causa della scelta di laser con frequenza
piccola rispetto a quella di risonanza del gas, per un atomo che si muove
lungo il semiasse positivo risulta favorita la transizione dal livello fondamentale avente m=0 a quello eccitato avente m=-1 per cui l’atomo tende
ad assorbire fotoni con polarizzazione negativa; la situazione opposta si
23
verifica nel caso di un atomo in moto lungo il semiasse negativo. Poiché il
fascio laser con polarizzazione negativa è quello diretto verso il semiasse
negativo e quello con polarizzazione positiva è diretto verso il semiasse
positivo, l’atomo risente di una forza di richiamo diretta sempre verso il
centro della trappola, che causa un intrappolamento [61].
Figura 2.5: Schema in una dimensione dei livelli energetici di un atomo avente
stato fondamentale con L=0 e stato eccitato con L=1 in presenza del campo
magnetico generato dalla MOT.
Complessivamente, un atomo che assorbe un fotone in una MOT risente
della forza
F = −mω 2 x − γv
che descrive un oscillatore armonico smorzato.
In questa prima fase si riescono a raggiungere temperature dell’ordine
del µK e densità nello spazio delle fasi dell’ordine di 10−6 . Il limite
inferiore della temperatura è dovuto all’energia che un atomo acquista in
seguito all’assorbimento di un fotone mentre quello della densità è legato
alla forza repulsiva che si stabilisce fra gli atomi a causa dell’emissione
spontanea e conseguente assorbimento di fotoni.
Per raggiungere le temperature volute, si deve ricorrere pertanto ad
un’ulteriore fase di raffreddamento, quella evaporativa. Essa tuttavia richiede che in precedenza avvenga un ulteriore processo di confinamento
del gas, che gli permetta di essere isolato termicamente dall’esterno.
24
2. II fase: Intrappolamento magnetico
Una trappola magnetica si ottiene dall’interazione fra il momento di dipolo magnetico dell’atomo e un campo magnetico esterno non omogeneo.
Tipicamente si sceglie un campo di tipo armonico, con un minimo diverso
da zero. L’energia che si sviluppa è data da
U (r) = −µ · B(r) = gµB m|B(r)|
Gli atomi tendono ad andare verso il minimo di energia, che si ha nel
centro della trappola se gm > 0, condizione per l’intrappolamento.
3. III fase: Evaporazione
Infine si passa alla fase di raffreddamento evaporativo, mediante la quale
si eliminano dal gas gli atomi più veloci.
Attraverso la fase di intrappolamento magnetico, si è ottenuto un gas
di bosoni concentrato intorno al centro della trappola, che verifica la
condizione di intrappolamento mg > 0. Si può rappresentare questa
situazione mediante la figura 2.6, che mostra due livelli energetici in
funzione della distanza dal centro della trappola: nel livello superiore,
quello popolato, c’è intrappolamento mentre in quello inferiore gli stati
sono non intrappolati.
Si noti che la differenza di energia fra i due livelli varia con la distanza:
scegliendo opportunamente il campo a radiofrequenza, si può allora indurre una transizione fra questi livelli per atomi ad una certa distanza
dal centro della trappola. Nel nostro caso, si vuole far avvenire la transizione per gli atomi più lontani dal centro della trappola poiché questi
sono i più energetici e si sceglie un campo a radiofrequenza opportuno per
questo obiettivo. Su questi quindi si inducono transizioni fra i due livelli
Zeeman, al termine delle quali gli atomi invertono il proprio momento
magnetico: la forza magnetica diventa per essi deconfinante e vengono
cosı̀ espulsi dalla trappola.
Si attende poi la ritermalizzazione del gas, al termine della quale, attra-
25
E
x
Figura 2.6: Livelli energetici di uno stato intrappolato (quello superiore) ed
uno libero. Le frecce indicano due diversi salti energetici, per due valori della
distanza dal centro della trappola
verso collisioni elastiche fra gli atomi del gas, le loro velocità saranno nuovamente distribuite secondo la Maxwell-Boltzmann, caratterizzata però
da una temperatura più piccola.
Si ripete questo procedimento riducendo progressivamente la frequenza
di risonanza in modo da eliminare atomi con energia cinetica sempre più
bassa. Perché il metodo funzioni, occorre che sia verificata la condizione
che il tempo di ritermalizzazione sia molto più piccolo della vita media
degli atomi nella trappola.
La difficoltà di questa tecnica consiste nell’evitare che ci siano collisioni
anelastiche fra gli atomi, che provocherebbero la perdita di atomi con
conseguente diminuzione della densità.
Alla fine di queste tre fasi si riescono ad ottenere le giuste condizioni
per determinare la condensazione: temperatura di ∼ 100nK e densità di
∼ 1013 cm−3 .
4. Osservazione del condensato
Per l’osservazione del condensato si utilizzano telecamere a CCD, che registrano lo spettro di assorbimento proveniente dagli atomi del gas, dopo
che questo è stato fatto espandere ed è stato illuminato da un fascio di
26
luce risonante. La componente normale e quella condensata danno due
immagini diverse, dovute ad una diversa legge di espansione e ad una
diversa densità, più omogenea nel primo caso e con un picco pronunciato
nel secondo. Prima dell’espansione, nella trappola, il gas ha una simmetria cilindrica. Durante l’espansione, questa simmetria viene preservata
dal gas nello stato normale, poiché esso si espande classicamente, quindi
in modo isotropo. Essa, invece, viene modificata dal condensato: questo, infatti, si espande quantisticamente, quindi, a causa del principio di
indeterminazione di Heisenberg, più velocemente dove è meno allungato,
cioè nella direzione radiale del cilindro.
Inoltre, il condensato si trova nel minimo stato energetico e pertanto si
espande lentamente: nel suo spettro appare quindi un picco pronunciato
di atomi al centro dell’immagine.
Questo metodo di osservazione è distruttivo proprio perché si basa sull’espansione del gas e perchè causa un aumento della temperatura, in
conseguenza dell’assorbimento di fotoni: alla fine della rilevazione, il gas
non è più condensato.
2.4
Risonanza di Feshbach
Sebbene il fenomeno della condensazione sia strettamente legato alle caratteristiche dei bosoni, è tuttavia possibile realizzare un condensato di Bose-Einstein
a partire da un gas degenere di atomi fermionici. Perché ciò accada, i fermioni
del gas devono accoppiarsi per formare degli stati legati e diventare molecole
di tipo bosonico, quindi in grado di condensare.
D’altra parte lo studio della condensazione di atomi fermionici risulta molto
interessante poiché permette di studiare il crossover BCS-BEC: dalle coppie
di Cooper, debolmente legate e a lungo raggio, si può passare, aumentando
il potenziale di interazione fra gli atomi, alle molecole diatomiche. Questo
fenomeno è stato già osservato in esperimenti che utilizzavano gas di 40 K e 6 Li
[9], [10].
Sperimentalmente, per raffreddare un gas di fermioni e quindi renderlo
27
degenere, si possono utilizzare le stesse tecniche viste precedentemente per i
bosoni, ad eccezione del raffreddamento per evaporazione poiché esso richiede
la ritermalizzazione del gas che, nel caso dei fermioni, non può avvenire, dato
che fra i fermioni sono inibite le collisioni elastiche.
Il raffreddamento evaporativo viene quindi sostituito dal raffreddamento
simpatetico: si aggiungono al gas degli atomi di tipo bosonico che hanno la
funzione di refrigerante poiché, attraverso collisioni elastiche con i fermioni,
consentono la ritermalizzazione. Per esempio, nell’esperimento eseguito con
atomi di litio, si utilizzano, come refrigeranti, atomi di sodio. Successivamente
si può ottenere un gas di soli atomi di litio eliminando il sodio per evaporazione
oppure si può scegliere di studiare la miscela contenente anche il sodio.
A questo punto, a seconda del tipo di interazione esistente fra gli atomi, si
può ottenere un BEC o il regime BCS.
L’interazione fra gli atomi all’interno di un gas è repulsiva entro distanze
piccolissime fra gli atomi e diventa poi, al crescere della distanza, debolmente
attrattiva, a causa delle forze di Van Der Walls. Questo potenziale, mostrato
in figura 2.7 in funzione della distanza relativa fra gli atomi, è abbastanza
profondo da contenere diversi livelli vibrazionali relativi a stati legati di tipo
molecolare.
Consideriamo due curve di energia potenziale, relative a due diverse configurazioni dello spin di una coppia di atomi. Esse sono ottenute aggiungendo
al potenziale un termine iperfine, che induce, a seconda del suo segno, uno
splitting delle due curve, verso l’alto per una e verso il basso per l’altra. Consideriamo inoltre due atomi con energia cinetica molto più piccola dello splitting
fra le due curve, tale che i due atomi non possono, in seguito alla collisione,
saltare nel livello superiore. In questo caso, la curva inferiore viene associata
ad un canale “aperto” mentre quella superiore ad un canale “chiuso”, perché non raggiungibile dagli atomi. Questa condizione sperimentale si ottiene
utilizzando atomi alcalini ultrafreddi.
Se, però, l’energia cinetica dei due atomi in collisione risulta uguale all’e28
Figura 2.7: Potenziale d’interazione fra gli atomi di un gas
nergia di uno stato legato del canale chiuso, si verifica una risonanza, detta
risonanza di Feshbach, [11], [12], [13]. In altre parole, essa accade quando uno
stato legato del canale chiuso attraversa l’asintoto del canale aperto.
La posizione relativa fra il livello energetico corrispondente allo stato legato
e quello corrispondente all’energia cinetica degli atomi in collisione, determina la lunghezza di scattering dell’interazione fra i costituenti del gas. Alla
risonanza di Feshbach, la lunghezza di scattering diverge, mentre essa risulta
negativa quando il livello molecolare ha energia più grande di quella dei due
atomi separati, positiva nel caso contrario.
Poiché le due curve si riferiscono a due configurazioni di spin diverse, la
presenza di un campo magnetico esterno induce su di esse traslazioni diverse.
Ciò significa che, variando il campo magnetico esterno, è possibile variare lo
splitting fra le curve e di conseguenza l’interazione fra le particelle.
Una relazione approssimata, in accordo con i dati sperimentali, che lega la
lunghezza di scattering al campo magnetico esterno è data da:
!
a = abg
∆
,
1−
B − Bpicco
(2.4)
dove abg è la lunghezza di scattering di background , Bpicco è il valore del
campo magnetico a cui avviene la risonanza e a diventa infinito e ∆ è la
larghezza della risonanza per il campo magnetico. La lunghezza di scattering
29
di background caratterizza i processi di scattering diretto fra i due atomi nel
canale aperto, senza considerare accoppiamenti con canali chiusi. Di solito
questi processi non vengono considerati poiché poco interessanti rispetto alla
risonanza di Feshbach, che si verifica in presenza di un canale chiuso e causa
il comportamento drammatico della lunghezza di scattering appena descritto
[14].
La 2.4 è rappresentata in figura 3.11.
aa0
20000
10000
150
160
170
B
-10000
-20000
Figura 2.8: Andamento della lunghezza di scattering in funzione dell’intensità
del campo magnetico esterno, nelle vicinanze della risonanza di Feshbach. Il
grafico è ottenuto per ∆ = 10.709 G, Bpicco = 155.041 G, abg = −443a0 , con
a0 raggio di Bohr. Si noti che a diverge per B = Bpicco .
Si possono utilizzare questi concetti per creare un apparato sperimentale
per studiare la transizione dal regime BCS al regime BEC.
Si può infatti mettere il gas all’interno di un campo magnetico in modo
che, variando opportunamente il campo, si fa variare la posizione relativa dei
livelli energetici del canale chiuso e di quello aperto e, di conseguenza, l’interazione esistente fra le particelle del gas da debolmente repulsiva (fase BEC) a
debolmente attrattiva (fase BCS), passando attraverso la regione di crossover,
in cui le particelle sono fortemente interagenti, cioè alla risonanza di Feshbach.
30
Nella figura 2.9 sono rappresentati i due canali, nei tre possibili casi che si
possono presentare; la curva blu corrisponde al canale chiuso e quella verde al
canale aperto (due atomi liberi). Nel primo grafico, lo stato legato ha energia
maggiore dell’energia cinetica dei due atomi in collisione (asintoto del canale
aperto), pertanto lo stato molecolare non è stabile e a < 0; nel secondo grafico
i due livelli sono degeneri, per cui ci troviamo nella regione unitaria, in cui
a diverge; nell’ultimo, il livello molecolare è minore di quello dei due atomi,
pertanto si forma uno stato molecolare stabile e a > 0.
E
E
canale chiuso
canale aperto
stato legato
stato legato
r
r
E
stato legato
r
Figura 2.9: Livelli energetici del canale aperto (atomi non legati) e del canale
chiuso in funzione della distanza relativa fra i due atomi. Le linee tratteggiate
rappresentano gli asintoti delle curve, quindi l’energia cinetica degli atomi;
il segmento continuo rappresenta il livello di uno stato legato entro il canale
chiuso. Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’asintoto
del canale aperto, pertanto i due atomi restano non legati e la lunghezza di
scattering è negativa; nel secondo caso i due livelli coincidono e la lunghezza
di scattering diverge; nel terzo grafico lo stato legato ha energia inferiore per
cui si formano molecole e la lunghezza di scattering è positiva.
Variando il campo magnetico si possono allontanare o avvicinare i due
livelli, che saranno circa coincidenti alla risonanza: più sono vicini i livelli, più
forte è l’interazione.
31
Riassumendo:
• a > 0: il livello energetico dello stato legato è inferiore a quello dei due
atomi separati, si forma quindi un condensato di molecole diatomiche,
con potenziale di interazione repulsivo e pertanto stabili (regime BEC);
• a < 0: le molecole diventano instabili a causa del potenziale attrattivo,
ma due fermioni possono ancora formare una coppia a lungo range di
dimensioni confrontabili o maggiori della distanza fra le particelle del
gas (regime BCS).
32
Capitolo 3
Superconduttori ad alta
temperatura
La teoria BCS descrive il comportamento dei superconduttori di prima generazione, ma non è invece adatta a descrivere i superconduttori ad alta temperatura, individuati per la prima volta a metà degli anni 0 80 del secolo scorso
[15].
Questi nuovi materiali diventano superconduttori a temperature critiche
maggiori di quelle tipiche dei superconduttori tradizionali. In alcuni casi, queste temperature possono raggiungere i 100K. L’interpretazione data è che in
questi materiali gli elettroni hanno interazioni molto più forti con gli ioni del
reticolo, quindi con i fononi, favorendo cosı̀ l’accoppiamento, che resiste anche
a temperature più alte.
Il modello introdotto nella teoria BCS è costruito sulle ipotesi di accoppiamento debole fra gli elettroni e di alte densità di portatori di carica, caratteristiche ben verificate dai superconduttori di prima generazione, ma non più
valide per gli HTSC, che, al contrario, sono caratterizzati da accoppiamento
forte fra le particelle e basse densità.
Le principali differenze fra le due generazioni, oltre a diverse proprietà
elettriche e magnetiche, sono:
• come già ricordato e come lo stesso nome suggerisce, hanno una tempe-
33
ratura critica più alta dei primi, quindi più facilmente raggiungibile in
laboratorio;
• hanno una densità di portatori relativamente bassa;
• sono caratterizzati da una lunghezza di correlazione delle coppie ξ0 solo
poche volte più grande della distanza fra i siti reticolari. Ciò deriva
dalla bassa densità di portatori, che comporta una distanza media fra le
particelle abbastanza grande; nei superconduttori tradizionali, invece, la
lunghezza di correlazione è molto più grande della distanza media fra le
particelle. Per esempio, il fattore kF ξ0 per il La1.95 Sr0.15 CuO4 è 10-20,
nel YBa2 Cu3 O7 è 5-10 mentre nei superconduttori di I tipo è 103 − 104 ;
• presenza di uno pseudogap nello spettro di particella singola, quindi nello
stato normale, a temperature maggiori di quella critica.
Gli HTSC sono costituiti da ossidi, prevalentemente ossido di rame, e metalli delle terre rare; essi hanno una struttura a piani di ossido di rame CuO2 ,
entro cui si stabilisce la superconduttività, per cui comunemente si usa un
modello in due dimensioni per descriverli.
Il nome pseudogap deriva dall’analogia con il gap superconduttivo. Esso consiste nella soppressione, nello spettro di energia, delle basse frequenze,
soppressione che diventa completa durante la fase superconduttiva (gap). La
presenza di questo pseudogap è legata alla formazione di molecole, che avviene
alla temperatura T∗ >Tc .
Lo pseudogap è stato osservato in esperimenti di fotoemissione (ARPES)
[16], che mostrano un comportamento anomalo del calore specifico [17], della
resistività [18] e altre grandezze termodinamiche a temperature maggiori della
temperatura critica. Successivamente sono stati effettuati esperimenti di scanning tunneling spectroscopy [19], che mettono in evidenza l’esistenza sia del
gap, al di sotto della temperatura critica, sia dello pseudogap, fra Tc e T∗ . La
figura 3.1 mostra la conduttanza del Bi2212 in funzione della tensione applicata al campione, per temperature fra 4.2K e 293K, con temperatura critica
pari a 83K.
34
the 83 K underdoped Bi2212. The same data are displayed
as a gray scale projection onto the energy-temperature
plane in Fig. 3(b), where white corresponds to high conductivity !1.5 GV 21 " and black to zero conductivity.
So far most measurements report the existence of a
pseudogap in underdoped samples. Our measurements
beyond the scope
out similar analysi
basically the same
Several theoreti
ity of the presence
FIG. 3. (a) Three
shown in Fig. 2.
measured at Tc . (
FIG. 2. Tunneling spectra measured as a function of temFigura 3.1:
Spettro
conduttanza
del The
Bi2212
per temperature
comprese
perature
on della
underdoped
Bi2212.
conductance
scale corplane. The line at
fra 4.2K responds
e 293K. to the 293 K spectrum, the other spectra are offset
positive bias condu
vertically for clarity.
energies above Tc .
Nasce quindi l’esigenza di formulare una nuova teoria per spiegare lo stato superconduttivo di questi materiali e che riesca a giustificare le nuove
caratteristiche osservate.
In particolare, questi sistemi sembrano essere in uno stato intermedio fra
il regime della BCS e quello della BEC: si tratta di uno stato caratterizzato proprio da interazioni forti fra le particelle ed è, per questo, difficile da
analizzare.
35
3.1
Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D
3.2
Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D
Abbiamo visto come la regione BEC e quella BCS siano molto diverse fra loro,
anche se entrambe si basano sul fenomeno della condensazione: la differenza
fondamentale fra le due è che la prima può avvenire in un gas di bosoni ideale,
quindi in assenza di interazioni, mentre la seconda necessita di un’interazione
attrattiva fra i fermioni, che, al contrario, nella fase BEC, distruggerebbe il
condensato.
La condensazione di Bose-Einstein può anche avvenire in un gas fermionico, quando i fermioni, fortemente interagenti fra loro a due a due, formano
molecole, quindi bosoni in grado di condensare. Le coppie di Cooper, invece,
che si sovrappongono fra loro nello spazio reale, non devono essere considerate
bosoni, ma semplicemente coppie correlate solo nello spazio dell’impulso e non
nello spazio reale. Inoltre, mentre nella regione BCS solo una piccola frazione
di elettroni può formare coppie, nella regione BEC tutti gli elettroni sono legati
a formare molecole, quando la temperatura è inferiore ad un limite, indicato
con T∗ .
Ciò che accomuna le due fasi è la condensazione, cioè l’occupazione macroscopica di un singolo stato quantistico, mentre le loro fasi normali sono
completamente diverse: nel limite BCS, è quella di un liquido di Fermi, nel
limite BEC è quella di un liquido di Bose di molecole.
Questo comunque basta perché le fasi del sistema a basse temperature siano uguali: infatti la condensazione comporta in entrambi i casi una rottura
spontanea della simmetria U(1). Questo fa prevedere che anche la regione
intermedia sia nella stessa fase e che quindi, nel passaggio da un limite all’altro, non ci siano transizioni di fase al variare dell’interazione, ma soltanto un
crossover.
Un’altra differenza fra i due limiti riguarda la temperatura critica della
36
transizione di fase: nel caso BCS esiste un’unica temperatura critica, sia per
la formazione di coppie sia per la loro condensazione; con l’aumentare dell’interazione, le temperature a cui avvengono questi due processi cominciano a
differenziarsi e, nel limite BEC, diventano due processi indipendenti, con scale energetiche separate e con un’unica transizione di fase, quella relativa alla
condensazione.
Il metodo adottato per lo studio del crossover [20] è quello di partire dalla teoria BCS e analizzare il comportamento del sistema all’aumentare dell’intensità
dell’attrazione fra le particelle, in particolare nella zona di confine fra il regime
di validità della teoria BCS e quello della BEC, poiché qui si realizzano le condizioni cercate. Diversamente dalla teoria BCS, nell’ipotesi di accoppiamenti
forti, bisogna considerare, nella formazione di coppie, tutti gli elettroni, non
solo quelli entro un sottile guscio intorno all’energia di Fermi.
3.2.1
Studio di un modello bidimensionale
Introduciamo il modello bidimensionale della teoria BCS. Esso descrive un gas
di elettroni che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo a due corpi,
agenti fra particelle con spin opposti.
Chiamiamo ψ(x) il campo fermionico e scriviamo la densità di Hamiltoniana del sistema:
∇2
+ µ ψσ (x) − U ψ↑+ (x)ψ↓+ (x)ψ↓ (x)ψ↑ (x)
2m
!
H=
−ψσ+ (x)
(3.1)
in cui x = (~r, τ ), con ~r vettore a due componenti e τ tempo immaginario, σ è
l’indice di spin (↑ o ↓), U è una costante positiva e rappresenta l’intensità del
potenziale di interazione fra gli elettroni e µ è il potenziale chimico, che fissa
la densità media di elettroni. L’Hamiltoniana 3.1 è la stessa Hamiltoniana di
partenza della teoria BCS; da questa, vogliamo ottenere l’equazione di gap,
minimizzando il potenziale termodinamico.
37
Definiamo gli spinori di Nambu per i campi fermionici:


ψ↑ (x) 
Ψ(x) =  +
ψ↓ (x)
Ψ+ (x) =
ψ↑+ (x) ψ↓ (x)
.
In funzione di questi nuovi campi, l’hamiltoniana 3.1 diventa:
∇2
H = −Ψ (x)
+ µ τ3 Ψ(x) − U Ψ+ (x)τ+ Ψ(x)Ψ+ (x)τ− Ψ(x)
2m
!
+
dove τ1,2,3 sono le matrici di Pauli e τ± = (τ1 ± iτ2 )/2.
Calcoliamo ora la funzione di partizione
Z(v, µ, T ) =
Z
+
DΨDΨ exp −
Z
β
dτ
Z
0
!
2
+
d r(Ψ (x)∂τ Ψ(x) + H(r))
che servirà per il calcolo del potenziale chimico, e introduciamo i campi complessi scalari di Hubbard-Stratonovich:
φ(x) = U Ψ+ (x)τ− Ψ(x) = U ψ↓ (x)ψ↑ (x)
φ∗ (x) = U Ψ+ (x)τ+ Ψ(x) = U ψ↑+ (x)ψ↓+ (x).
Dopo la sostituzione, la funzione di partizione diventa:
Z(v, µ, T ) =
Z
DΨDΨ+ DφDφ∗ e−
Rβ
0
dτ
R
d2 r[
2
|φ|2
+Ψ+ (x)(∂τ I−τ3 ( ∇
+µ)−τ+ φ(x)−τ− φ∗ (x))Ψ(x)]
U
2m
Possiamo allora integrare rispetto ai campi Ψ, in modo da ottenere
Z(v, µ, T ) =
Z
∗
DφDφ exp −
Z
0
con
dτ
Z
|φ(x)|2
dr
+ Tr lnA
U
2
∇2
+ µ − τ+ φ(x) − τ− φ∗ (x).
2m
!
A = ∂τ I − τ3
β
38
!
.
La funzione di Green G(r,τ ) è definita da:
∇2
+ µ + τ+ φ(x) + τ− φ∗ (x) G(r, τ ) = δ(r)δ(τ );
2m
!
−I∂τ + τ3
!
si ha allora
Z(v, µ, T ) =
Z
DφDφ∗ e−
Rβ
0
R
dτ
d2 r
|φ(x)|2
+T rlnG−1 (r,τ )−T rlnG−1
0 (r,τ )
U
dove
G0 (r, τ ) = G(r, τ ) |φ,φ∗ ,µ=0
è la funzione di Green libera ed è stata introdotta per regolarizzare il potenziale
termodinamico, che, definito dalla relazione
Z=
Z
∗ (x))
DφDφ∗ e−βΩ(v,µ,T,φ(x),φ
,
risulta dato da
βΩ(v, µ, T, φ(x), φ(x)∗ ) =
Z
β
0
dτ
Z
d2 r
|φ(x)|2
− Tr ln G−1 (r, τ )+ Tr ln G−1
0 (r, τ ).
U
Separiamo Ω in due termini:
Ω(v, µ, T, φ(x), φ∗ (x)) = Ωpot (v, µ, T, φ, φ∗ ) + Ωkin (v, µ, T, φ(x), φ∗ (x)) (3.2)
il primo è funzione solo dei campi medi φ e φ∗ mentre nel secondo ci sono i
termini contenenti le fluttuazioni dei campi.
Assumiamo, per ora, di poter trascurare le fluttuazioni dei campi e prendiamo
quindi solo il primo termine della 3.2, che si ottiene da Ω sostituendo ai campi
φ(x) e φ∗ (x) i loro valori all’equilibrio. Questa approssimazione va bene a
39
T=0K in due dimensioni.
Ωpot
!
1 1 Zβ Z 2
=
dτ d r|φ|2 − Tr ln G−1 (r, τ ) + Tr ln G−1
0 (r, τ )
β U 0
|φ|2
+ T Tr ln G−1
= v
− T Tr ln G−1 ∗
0 φ=φ∗ =cost .
φ=φ =cost
U
=
φ=φ∗ =cost
Per effettuare l’integrale, passiamo alla rappresentazione dell’impulso attraverso le trasformate di Fourier, definite nel modo seguente:
F (iωn , k) =
Z
β
Z
d2 rF (τ, r)eiωn τ −ik·r
0
+∞
X
F (τ, r) = T
dτ
n=−∞
Z
d2 k
F (iωn , k)e−iωn τ +ik·r
(2π)2
con ωn = πT (2n + 1) = frequenze di Matsubara per i fermioni. Seguendo la
definizione data, la trasformata di Fourier della funzione di Green è
G(iωn , k) = −
iωn Iˆ + τ3 ξ(k) − τ+ φ − τ− φ∗
.
ωn2 + ξ 2 (k) + |φ|2
Passando quindi attraverso lo spazio dell’impulso, otteniamo la seguente
forma per il potenziale termodinamico:

2
ρ
Ωpot = v 
−
U
Z
2
√

dk 
2T ln
(2π)2
ξ 2 +ρ2
cosh 2T
cosh 2T

− ξ(k) + (k) .

Nel limite T→0 si ha
Ωpot
!
|φ|2 Z d2 k q 2
→v
−
ξ + |φ|2 − ξ .
U
(2π)2
Dopo aver risolto l’integrale, detto kB l’impulso massimo, di cui in seguito si
40
2
farà il limite all’infinito, e, dato W = kB
/2m, si ottiene
Ωpot
q


m  W − µ + (W − µ)2 + |φ|2
1
q
ln
+
= v|φ|2  −
U
4π
µ2 + |φ|2 − µ

+
W −µ
W −µ+
q
(W −
µ)2
+
|φ|2
µ
 .
+q
2
µ + |φ|2 − µ
Chiamiamo
h|φ|i = ∆
dove hi sta per valor medio.
Per definizione, Ωpot deve avere un minimo in ∆, cioè deve valere:
∂Ωpot =0
∂φ φ=φ∗=∆
(3.3)
e, inoltre,
1 ∂Ωpot −
= nf .
v ∂µ φ=φ∗=∆
(3.4)
Dalle due equazioni precedenti si ottiene un sistema formato dalle seguenti
equazioni:
q


m W − µ + (W − µ)2 + ∆2 
1
√ 2
=0
ln
∆ −
U
4π
µ + ∆2 − µ
W−
q
(W − µ)2 + ∆2 +
q
µ2 + ∆2 = 2F
(3.5)
(3.6)
con F = πnf /m. Da questo sistema si possono ottenere ∆ e µ come funzioni
di W e F .
Oltre alla soluzione triviale ∆ = 0 F = µ, esso ammette quest’altra
soluzione, che ha significato fisico solo per U > 0:
∆2 =
µ = F coth
F (W − F )
2π
sinh2 mU
2π
W
−
mU
2
41
(3.7)
2π
−1
mU
coth
(3.8)
Nelle figure 3.2 e 3.3 sono riportate le due grandezze in funzione di F /W .
0.25
0.2
∆2
0.15
0.1
0.05
0
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
εF/W
0.6
0.7
0.8
0.9
1
Figura 3.2: Grafico di ∆2 che si ottiene dalla 3.7
1
µ
0.5
0
−0.5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
εF/W
0.6
0.7
0.8
0.9
1
Figura 3.3: Grafico di µ che si ottiene dalla 3.8
La loro simmetria rispetto al massimo, che si trova a F = W/2, è legata alla simmetria particella-antiparticella: nell’intervallo W/2 < F < W si
considerano quindi le stesse funzioni con la sostituzione m→-m.
Più interessante è l’analisi delle due grandezze in funzione del potenziale
42
di interazione U. Definiamo l’energia di legame a due corpi
4π
b = −2W e− mU
in cui si considera W grande e U piccolo.
In funzione di questo parametro, la 3.7 e la 3.8, nel limite di W → ∞,
diventano
q
|b |
µ=−
∆ = 2|b |F
+ F
2
e possono ancora essere scritte nel modo seguente:
q
q
µ2 + ∆2 − µ = |b |
µ2 + ∆2 + µ = 2F .
Abbiamo quindi ottenuto, nel limite di sistema molto diluito, due equazioni
per determinare il parametro ∆ e il potenziale chimico µ per qualsiasi valore
dell’intensità dell’interazione, dal limite BCS a quello BEC, a T=0.
L’energia delle quasi-particelle è data da:
Ek =
q
(k − µ)2 + |∆|2
per cui il gap energetico nello spettro è:
Egap = min
k ≥0
q
(k − µ)2 + |∆|2 .
Per capire il significato fisico dei risultati ottenuti, analizziamo i due casi
limite del problema: la regione BCS e quella BEC [21].
• Se siamo in presenza di un’interazione debole fra gli elettroni, caso che si
verifica quando c’è un’alta densità di elettroni (nf grande), b è piccola
e ci troviamo nel regime di validità della teoria BCS; inoltre
µ ∼ F > 0
Egap = ∆ << F
• Se invece l’interazione è forte (bassa densità di elettroni), si ha che b >>
43
F ed entriamo nel regime BEC; inoltre
µ∼−
|b |
<0
2
Egap =
q
µ2 + ∆2 .
Il potenziale chimico risulta quindi positivo nella zona BCS e negativo in
quella BEC, risultato confermato sperimentalmente. ∆ assume il significato di
gap solo nella BCS, mentre nella BEC ha significato geometrico diverso, come
mostrano le figure 3.4 e 3.5.
Ek
D
0
Εk
Μ
Figura 3.4: Spettro delle quasi-particelle nel limite BCS. Il minimo si ha per
k = µ ed è pari a ∆.
Riassumendo:

 se n grande
µ ∼ F
f
 se n piccolo µ ∼ −| |/2 < 0
f
b
e
e
∆ << F
√
Egap = µ2 + ∆2 .
I risultati ottenuti indicano una transizione continua fra il regime BCS e
quello BEC, cioè un crossover fra i due senza singolarità. Il punto in cui il
potenziale chimico cambia segno corrisponde al confine fra i due i limiti.
44
Ek
Egap
D
Μ
Εk
0
Figura 3.5: Spettro√delle quasi-particelle nel limite BEC. Il minimo si ha per
k = 0 ed è pari a µ2 + ∆2 .
Ritorniamo alla 3.2 e valutiamo ora il secondo termine, quello contenente
le fluttuazioni del campo φ, cioè i termini con le derivate dell’espansione di Ω.
Assumiamo però che le inomogeneità di φ(x) e φ∗ (x) siano piccole, in modo
da considerare nell’espansione solo gli ordini più bassi delle derivate, fermandoci al secondo ordine. Inoltre ci mettiamo nel caso stazionario e consideriamo
quindi solo le derivate spaziali. Infine, tenendo conto dell’invarianza della
funzione di partizione sotto le trasformazioni del gruppo di simmetria U(1),
l’espressione più generale risulta:
∗
Ωkin (v, µ, T, φ(x), φ (x)) = T
= T
Z
β
Z
d2 rTkin (φ(x), φ∗ (x), ∇φ(x), ∇φ∗ (x))
β
Z
2
1
d r T1 (|φ| )|∇φ(x)| + T2 (|φ|2 ) ∇|φ(x)|2
2
0
Z
0
2
2
2
dove T1 e T2 sono calcolati nel valor medio di φ, cioè ∆. Riscriviamo la relazione
precedente in funzione di T1 e Te2 , con Te2 cosı̀ definita:
Te2 (|φ|2 ) = T1 (|φ|2 ) + 2∆2 T2 (|φ|2 ).
45
Si trova:
T1 (∆2 ) =
Definiamo
1
16πh̄2 |b |
Te2 (|∆|2 ) =
1 (2F − |b |)2
.
24πh̄2 (2F + |b |)3
1 ∂ 2 Ωpot F
m
a=
=
2
v ∂φ∂φ∗ |φ|2 =∆2
2πh̄ 2F + |b |
che permette di calcolare la larghezza di coerenza, secondo la definizione di
Landau-Pitaevsky:
T1 (∆2 )
ξcoh (F ) = h̄
a
!1
2
= h̄
2F + |b |
;
8mF |b |
essa stabilisce la lunghezza entro cui varia la funzione d’onda.
La lunghezza di correlazione [22], ovvero la lunghezza entro cui la coppia
si estende, è data da:
2
ξpair
h̄2 1
=
4m ∆
µ2 + 2∆2
µ
+ 2
∆
µ + ∆2
π
µ
+ tan−1
2
∆
−1 !
.
Valutiamola nei due limiti, di alte e basse densità:
• BCS: ξpair ∼
h̄vF
∆
→
ξpair kF >> 1;
2
• BEC: ξpair
∼
h̄2
mb
→
ξpair kF << 1.
Possiamo a questo punto confrontare queste due grandezze nei due limiti
prima considerati.
Nel primo caso, quindi nel regime BCS, si ha che ξcoh ∼ ξpair , per cui
entrambe esprimono la misura della coppia. Inoltre esse sono molto più grandi
della distanza fra le particelle, che è data da h̄/kF . Definiamo la grandezza
∆pair come energia di eccitazione per la singola particella, quantità legata a
ξpair : essa risulta uguale a ∆.
Nel secondo caso invece, ovvero nel regime BEC, si ha che ξcoh >> ξpair e
le due grandezze diventano distinte: ξpair esprime il raggio dello stato legato
costituito dai due fermioni.
46
Questo ha un’importante conseguenza: si possono infatti definire due diverse grandezze, ∆pair e ∆coh , la prima , indipendente dal tempo, maggiore
della seconda, che è invece dipendente dal tempo. La presenza di due gap
è dovuta a inomogeneità dello spazio, osservate sperimentalmente attraverso
inomogeneità della distribuzione di carica. ∆pair è ancora l’energia necessaria
per la formazione di una coppia.
ξpair risulta peculiare nella descrizione del crossover [23], in particolare lo
with Tc = 93K the ratio µ/!F ! 0.9998 − 0.9995; for BiSrCaCuO with Tc = 100K — µ/!F ! 0.9991 −
il prodotto
kF ξpairwith
. Infatti
dalla
mostra
l’andamento
del potenziale
0.9978è and
for TlBaCaCuO
Tc = 125K
— 3.6,
µ/!F che
! 0.9986
− 0.9965.
It is clear that
for a spatially
3ratio µ/!F or at least µ < !F
homogeneous
model
that
closeness
to
the
Bose
limit
implies
negative
chimico in funzione di kF ξpair per diversi valori di n/k0 , si nota che la zona di
which is apparently not the case for optimally doped HTSC.
crossover si estende nell’intervallo universale π −1 ≤ kF ξpair ≤ 2π indipendenNote temente
also that, dalla
since ξbforma
kF ∼ ξpair
and ξb kF is d’interazione
directly related to
the dimensionless
ratioInoltre,
!F /|εb|, it
delkFpotenziale
o dalla
densità [24].
can be inferred that ξpair kF is another physical parameter which can correctly determine the type of
stime
sperimentali
indicano
ξpair shown
≈ 10in>Fig.
2π6,per
gli examines
HTSC, the
valore
vipairing.
There
is a very remarkable
plotche
fromkF[144],
which
behaviour
of thecino
dimensionless
chemical
potential versus
kF ξpair risultato
(|εb | ≡ !0 in
the notations
of [144]).
Thische
plot
alla regione
di crossover.
Questo
conferma
l’ipotesi
fatta
appears to be quite “universal”, in the sense that it is remarkably independent of the specific model
l’evoluzione
da dimensionality
BCS a BEC (at
è continua
universale.
Hamiltonian
and of the
least on thee mean-field
level). 14 The Fig. 6 also shows that
Fig. 6. Chemical potential µ vs kF ξpair (at zero temperature) for “contact” potential and the dimensionality
of space
2 ≤ d 3.6:
≤ 3. Different
curves are
labeled in
by the
values ofdi
d (in
0.2). Positive
valuescurve
of µ are
Figura
Potenziale
chimico
funzione
kF steps
ξpair of[20].
Le diverse
normalized by the Fermi energy "F = kF2 /2m, while negative values of µ are normalized by half the magnitude
tracciate corrispondono a diverse dimensioni del sistema nell’intervallo [2,3].
"0 of the eigenvalue of the two-body problem in d dimensions. This plot was taken from [144].
the crossover between BCS and BEC regimes occurs in a rather narrow range of the parameter kF ξpair .
Finally, note that the concentration dependence of the penetration depth was also studied in [141]
and that the 2D crossover model (3.1) in the presence of a magnetic field was investigated in [157]. In
particular the concentration dependence of the derivative ∂Hc2 /∂T was studied and it was shown that
[157] this derivative is substantially less in the Bose than in the BCS limit.
47
14
Notwithstanding these similarities, one should be careful with the Bose limit for the discrete Hubbard model.
This limit, as was firstly pointed out in [79], is quite different from that of continuum model (see Sec. 3.3).
26
3.2.2
Studio di un modello tridimensionale
Una soluzione analitica del modello di Hubbard è stata trovata anche nel caso
tridimensionale, lungo tutta la regione di crossover [25].
Il modello è sempre quello di un sistema di fermioni a T=0 che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo di contatto, in cui le grandezze sono
valutate nell’approssimazione di campo medio.
Consideriamo quindi nuovamente l’hamiltoniana 3.1, in cui però r = (x, y, z)
è un vettore tridimensionale.
Le equazioni che si ricavano da 3.3 e 3.4 sono:
X 1
1
=
U
k 2Ek
n=
(3.9)
X
N
vk2
=2
Ω
k
(3.10)
dove N è il numero totale di fermioni, Ω è il volume occupato dal sistema e
Ek =
ξk =
q
ξk2 + ∆2
k2
−µ
2m
!
vk2
1
ξk
=
1−
.
2
Ek
Bisogna correggere la prima delle due equazioni poiché la somma diverge
nel limite ultravioletto. Per questo si introduce, al posto della costante di
accoppiamento U, la lunghezza di scattering as , definita da:
−
m
1 Xm
= −
.
2
4πas
U
k k
(3.11)
Sostituendo la (3.9) nella (3.11) si ottiene:
−
X
1
m
m
=
− 2 .
4πas
2Ek k
k
La (3.12) e la (3.10) insieme danno ∆ e µ in funzione di as .
48
(3.12)
Introduciamo le seguenti grandezze adimensionali:
x2 =
k2 1
2m ∆
x0 =
µ
∆
ξk
= x2 − x0
∆
Ek q 2
Ex =
= ξx + 1
∆
ξx =
e l’energia di Fermi F = (3π 2 n)2/3 /2m. Possiamo allora riscrivere le equazioni
nel modo seguente
1
2
=−
k F as
π
2
3I2 (x0 )
!1/3
∆
=
F
2
3I2 (x0 )
!3/2
dove
I1 (x0 ) =
∞
Z
dxx
0
e
I2 (x0 ) =
2
Z
I1 (x0 )
1
1
− 2
Ex x
!
∞
dxx
0
2
ξx
1−
.
Ex
I membri di destra dipendono solo da x0 pertanto dalla prima si può avere x0
in funzione del prodotto kF as e, sostituendo nella seconda, si ottiene ∆/F ;
infine dalla relazione µ/F = x0 ∆/F si ottiene µ/F in funzione di kF as .
Risolvendo numericamente queste equazioni e tracciando i grafici del potenziale chimico e del gap in funzione della lunghezza di scattering, si sono
trovati gli stessi risultati già trovati nel caso bidimensionale e negli esperimenti, cioè l’esistenza di una zona a potenziale chimico positivo per lunghezze di
scattering negative (zona BCS), una zona a potenziale chimico negativo per
lunghezze di scattering positive (zona BEC) e una zona di crossover fra la regione BCS e quella BEC, con cambiamento di segno del potenziale chimico e
divergenza della lunghezza di scattering.
49
(15)
1! ∞
1
I2 (x0 ) =
dx 4
2 0
(x − 2x0 x2 + x20 + 1)1/2
π
1
F ( , κ),
=
2(1 + x20 )1/4 2
x21
κ2 =
,
(1 + x20 )1/2
"
(16)
(17)
2
2
x0 + x0
1 riportati
µ
Nelle figure 3.7x2e =
3.8 ksono
e1il+ potenziale
chimico
, x0 = , il xgap
,
(18)in funzione
1 =
2m ∆
∆
2
di x0 valutati, rispettivamente, nel modello tridimensionale e bidimensionale:
and E( π , κ) and F ( π2 , κ) are the usual elliptic integrals. The quantities (12) and (13) are
il limite 2BEC si ha
per x0 → −∞ mentre quello BCS quando x0 → ∞.
plotted as functions of the crossover parameter x0 in Fig. 1.
0
∆/"F
-5
-10
µ/"F
-15
-20
-25
-30
-5
0
x0
5
10
Figura 3.7: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modello
tridimensionale [26].
Figure 1: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions of
x0 in three dimensions.
∆/!F
0 a nonzero
In two dimensions,
bound state energy "0 exists for any coupling strength.
The cutoff can therefore be eliminated by subtracting from the two-dimensional zero-
-100
µ/!F
9
-200
-300
-400
-10
-5
0
x0
5
10
Figura 3.8: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modello
bidimensionale [26].
Figure 2: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions of
x0 in two dimensions.
In our calculation we use x0 as the most convenient crossover parameter, since it
depends via the simple relation (18) on the chemical potential which can be measured
rather directly experimentally [56]. The parameter x0 ranges from −∞ in the strongcoupling (Bose-Einstein) limit to ∞ in the weak-coupling (BCS) limit. The relation
50
between x0 and the inverse reduced coupling strength between the electrons 1/kF as is
plotted for three-dimensional system in Fig. 3. The corresponding relation (24) in two
dimensions between x0 and the bound state energy !0 of the electron pairs is plotted on
Fig. 4.
In Fig. 5 shows the temperature behavior of ∆ near T = 0 for different coupling
strengths in three dimensions. In Fig. 6 does the same thing in two dimensions. Figures 7
and 8 display dependence of the temperature T ∗ where the gap vanishes on the coupling
strength parameter x0 .
3.2.3
Pseudogap
Finora sono stati considerati sistemi a T=0K e per questi sono stati ricavati
risultati esatti nell’approssimazione di campo medio.
Vogliamo ora trovare la dipendenza del gap ∆ dalla temperatura [26], [27].
Quando ci troviamo a T>0, non possiamo più risolvere analiticamente la gap
equation e l’equazione per µ, ma dobbiamo considerare separatamente i due
limiti di accoppiamento debole e forte.
Riscriviamo le due equazioni nel modo seguente:
√ 2
m3/2 Z ∞
ξ + ∆2
1
1
=√ 2
dξ √ 2
tanh
g
2T
2π −µ 2 ξ + ∆2
"
(
!#)
√ 2
2
m q 2
µ
+
∆
µ + ∆2 + µ + 2T log 1 + exp −
n=
.
2π
T
Analizziamo i due casi limite, quello BCS e quello BEC, per temperature
piccole, vicine a T=0K:
• limite BCS: x0 > 1.
In questa regione si può assumere la densità degli stati n costante,
indipendente da T. Si ottiene, nel limite di basse temperature, [28]:
r s
π
∆(T ) = ∆(0) − ∆(0)
2
"
T
∆(0)
exp −
∆(0)
T
#
valida sia in due sia in tre dimensioni. Nel limite x0 → ∞, si riottiene il
risultato della teoria BCS.
• limite BEC: x0 < −1.
In questo caso, non si può più considerare costante la densità degli stati;
si ottiene:
q

∆(0)  δ(0)2 + µ2 
∆(T ) = ∆(0) −
E1
,
2
T
dove E1 (z) =
Z
∞
e−t /tdt.
0
51
Quando imponiamo ∆ = 0, otteniamo la temperatura oltre la quale tutte le
coppie o molecole del gas si rompono.
Nel limite BCS, questo valore coincide con la temperatura critica oltre la
quale la superconduttività viene persa, e risulta:
π
Tc = 8e e π F exp −
2kF |as |
−2 γ
!
−1
dove γ=0.577.
Nel limite BEC, invece, questi due valori non coincidono e la superconduttività viene rotta già a temperature più basse.
La condizione ∆ = 0 viene soddisfatta a:
T∗ ≈
Eb
2 log (Eb /F )3/2
.
Si può mostrare che questo valore è uguale alla temperatura a cui le molecole
si rompono, che si trova imponendo la condizione di equilibrio chimico fra gli
elettroni liberi e le molecole, cioè µb = 2µf :
Tdiss ≈
Eb
2 log (Eb /F )3/2
.
Si è quindi dimostrato che, quando la costante di accoppiamento è grande,
il gap ∆ continua ad essere diverso da zero anche quando la superconduttività
viene rotta, o, in altre parole, un gap con modulo diverso da zero non implica
necessariamente l’esistenza di una fase superconduttiva. Il gap, invece, è indice
dell’esistenza di stati legati di due elettroni che, nel limite BEC, sopravvivono
anche a temperature maggiori di quella critica, a cui avviene la transizione di
fase.
Per costanti di accoppiamento molto forti, accade che, a temperature maggiori di quella critica, la fase del parametro d’ordine ∆ comincia a fluttuare
52
tanto violentemente da non rendere possibile una fase ordinata, senza tuttavia
rompere le molecole.
Nelle figure 3.9 e 3.10 sono riportate le curve che rappresentano ∆ in
funzione della temperatura per diversi valori di x0 , rispettivamente nel caso
tridimensionale e bidimensionale.
1
0.8
∆(T )/∆(0)
0.6
0.4
0.2
0
Figure 5:
0.2
0.4
T /T ∗
0.6
0.8
1
Temperature dependence of gap function in three dimensions. Solid line
corresponds
parameter
x0 =temperatura
10 (i.e., in the BCS
regime),
the crosses
to
Figura 3.9:
Gaptoincrossover
funzione
della
nel
modello
tridimensionale
x0 = 0 (i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2
[26].
and x0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., in
strong-coupling regime).
For very strong couplings, Eq. (28) becomes:
∆(T ) = ∆(0) −
1

!

µ2 + ∆(0)2
∆(0)
T

!
exp −
2
T
µ2 + ∆2 (0)
(29)
Let us also calculate thermodynamical quantities near T = 0. For the thermodynamic
0.8
Gibbs potential Ω(T, µ, V ) we calculate
∆(T )/∆(0)
!
!




2

&
ξk2 + ∆2
ξk2 + ∆2
∆
0.6
 + ξk .
!
− 2T log 2 cosh
tanh
Ω=


2
2
2T
2T
2 ξk + ∆
k
(30)
0.4in this section, ∆(0) will be replaced by ∆. In three dimensions,
Here and in the sequel
Eq. (30) turns into the
Ω
= κ3
V
Figura
[26].
1
∞
−µ
!
0.22
dξ ξ + µ
∆2
tanh
2 ξ 2 + ∆2
√
0
0.2
√
3
ξ 2 + ∆2
− 2T log 2 cosh
2T
0.4
T /T ∗
0.6
√
ξ 2 + ∆2
2T
0.8
4
5
+ξ ,
1
(31)
14
Figure 6: Temperature dependence of gap function in two dimensions. Solid line corresponds to crossover parameter x0 = 10 (i.e., in the BCS regime), the crosses to x0 = 0
3.10:
Gap in funzione della temperatura nel modello bidimensionale
(i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2 and
x0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., in
strong-coupling regime).
In two dimensions, we obtain instead:
$
%
#
"
√ 2
√ 2
! ∞
Ω
ξ + ∆2
ξ + ∆2
∆2
+ξ ,
= κ2
− 2T log 2 cosh
dξ √ 2
tanh
2
V
2T 53
2T
2 ξ +∆
−µ
(32)
We regularize the thermodynamic potential Ωs of the condensate subtracting Ωn = Ω(∆ =
0). At T = 0 and for weak couplings this is found to depend on temperature as follows:
Ωs
Ω − Ωn
√
1 &
∆2 1
≡
= κ3 µ −
+ µ|µ| − µ µ2 + ∆2
V
V
4
2
2
"
%
(33)
In the BCS limit (x0 → ∞) this reduces to the well-known result
∆2
Ωs
√
.
= κ3 µ −
V
2
"
%
(34)
In two dimensions, we have a formula valid for any strength of coupling:
Ωs
"
∆2
1
1 &
%
3.3
Transizione BKT
Un’importante ipotesi su cui si basa la teoria BCS riguarda l’approssimazione
di campo medio, valida finchè sono trascurabili le fluttuazioni della fase e del
modulo del parametro d’ordine ∆. Questo non è sempre vero, poiché ci sono
casi, per esempio quando le costanti di accoppiamento sono grandi, in cui le
fluttuazioni della fase diventano importanti.
Si dovrà allora scrivere:
∆ = |∆|eiθ(x) .
Il teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg [29] afferma che non
può esistere ordine a lungo range a temperatura finita in sistemi bidimensionali,
perché le fluttuazioni termiche tendono a disordinare il sistema. Si verifica
invece un’altra transizione di fase, quella di Berezinskii-Kosterlitz-Thouless,
che è caratterizzata dalla mancanza di ordine a lungo range e tale che l’energia
libera e tutte le sue derivate restano continue.
Il motivo per cui è stata inserita questa discussione sulla transizione BKT
è che da alcuni autori [20] è stato ipotizzato che la transizione di fase per i
superconduttori ad alta temperatura sia proprio una transizione BKT poiché
essi possono essere considerati come sistemi bidimensionali.
Abbiamo già visto in precedenza che, quando si considerano anche le fluttuazioni del parametro d’ordine, bisogna aggiungere al potenziale termodinamico di campo medio il termine Ωkin .
Studiamo quindi come varia il comportamento del sistema quando aggiungiamo il seguente termine all’Hamiltoniana [30], [31]:
Hθ =
JZ
dx(∇θ(x))2
2
(3.13)
dove J è detto coefficiente di stiffness ed è tale che, alla temperatura T∗ ,
quando |∆| = 0, J=0. Abbiamo considerato solo le fluttuazioni della fase del
parametro d’ordine, mentre quelle del modulo sono trascurabili.
La 3.13 coincide con l’Hamiltoniana del modello XY in due dimensioni, nel
limite di basse temperature: possiamo allora utilizzare i risultati previsti dal
modello XY [32], [33], [34], [35] per determinare le caratteristiche del sistema.
54
Il modello XY descrive le fluttuazioni di un campo vettoriale in due dimensioni. Consideriamo un sistema in due dimensioni in cui, ad ogni sito, associamo un vettore di spin unitario con componenti (Sx ,Sy ) tali che Sx2 + Sy2 = 1
e interagenti con i loro primi vicini. Questo sistema presenta una simmetria
globale rispetto al gruppo O(2).
Definiamo l’angolo θ in modo che si abbia:
Sx = cos θ
→
Sy = sin θ
S = eiθ = Sx + iSy .
Il modello prevede che, al di sopra di una certa temperatura, le fluttuazioni
dell’angolo θ siano tanto forti da impedire l’ordine a lungo range.
Assumiamo come Hamiltoniana del sistema:
H = −J
X
cos (θi − θj );
(ij)
essa definisce un’interazione ferromagnetica, poiché favorisce le configurazioni
con spin paralleli. La funzione di partizione risulta:
Z=
Z Y
dθi
i
2π
exp(βJ
X
cos (θi − θj )).
ij
Il già citato teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg afferma che non
ci può essere una fase ordinata in un modello in due dimensioni in cui è presente
solo un’interazione a primi vicini e caratterizzato da una simmetria continua.
Introduciamo la funzione di correlazione a due punti per gli spin nei siti 0 e n
D
E
hS0 Sn i = ei[θ0 −θn ] =

Z Y
dθi
i

J X
ei(θ0 −θn ) exp 
cos (θi − θj )
2π
kT (ij)
e valutiamola nei due limiti, di alta e bassa temperatura.
Ad alta temperatura, cioè per kT >> J, si può fare un’espansione in serie
55
dell’esponenziale.
Si ottiene, per la funzione di correlazione a primi vicini, l’espressione:
D
E
ei(θ0 −θ1 ) ≈
J
.
2kT
Per una distanza arbitraria fra i siti, si può scrivere:
D
E
D
ei(θ0 −θn ) ≈ ei(θ0 −θ1 )
ED
E
D
E
ei(θ1 −θ2 ) ..... ei(θn−1 −θn ) .
Pertanto risulta:
J
hS0 Sn i ≈
kT
|n|
"
kT
= exp −|n| log
J
#
cioè la funzione di correlazione decresce esponenzialmente al variare della
distanza fra i siti.
A basse temperature, quando kT << J, si può fare un’espansione in serie
del coseno intorno al valore 1, come suggerisce l’espressione dell’Hamiltoniana.
La funzione di partizione diventa quindi un integrale gaussiano:
Z=

i

J X
(θi − θj )2 
exp −
2π
2kT (ij)
Z Y
dθi
in cui sono stati omessi i termini costanti.
Calcoliamo la funzione di correlazione in questo limite, in cui, poiché la
funzione di partizione è un integrale gaussiano, si può scrivere:
D
D
2
(θn − θ0 )
E
1
2
ei(θn −θ0 ) = e− 2 h(θn −θ0 ) i
E
d2 k D 2 E 2kT Z Λ d2 k 1 − eikn
ikn
=
|θk |
1−e
=
J 0 (2π)2 k 2
0 (2π)2
kT
n
=
log −1
πJ
Λ
Z
Λ
56
dove l’ultimo termine è stato calcolato nel limite n >> Λ−1 ; si ottiene
kT
Gn0 = n− 2πJ .
Nel limite di basse temperature la funzione di correlazione decade a zero con
legge di potenza: non ci può essere ordine a lungo range, poiché la deviazione
angolare fra gli spin aumenta all’aumentare della loro separazione.
Si è quindi trovato un diverso comportamento ad alte e basse temperature:
in entrambe non si verifica ordine a lungo range ma, mentre ad alte temperature
la funzione di correlazione decresce in modo esponenziale, a basse temperature,
invece, con legge di potenza.
Questo implica che ci deve essere una transizione di fase ad una temperatura
intermedia fra i due limiti, indicata con TKT e nota come temperatura della
transizione di Kosterlitz-Thouless; essa è data dalla relazione:
kTc ≈ J.
Questa temperatura è minore della temperatura critica valutata senza includere le fluttuazioni della fase del parametro d’ordine.
Kosterlitz e Thouless trovarono che, in corrispondenza di questa temperatura, avviene la formazione di coppie vortice-antivortice. La presenza dei
vortici ad alte temperature è legata alla periodicità della fase, finora non ancora considerata. I vortici sono configurazioni di spin con una singolarità, che
si manifesta nel fatto che l’integrale curvilineo di un gradiente di una fase non
è nullo, ma assume valori multipli di una data quantità:
I
dr∇θ = 2πn
dove n è chiamato numero di avvolgimenti. Un vortice è rappresentato in
figura 3.11.
Calcoliamo l’energia associata ad un vortice, entro un cerchio di raggio L
intorno al vortice:
E1 =
L
JZ
(∇θ)2 d2 r = πJ log −1 .
2
Λ
57
Figura 3.11: Rappresentazione di un vortice di vorticità pari a 1. La croce
rappresenta il centro del vortice.
In un sistema infinito, l’energia associata ad un singolo vortice è infinita.
Per una coppia vortice-antivortice, aventi opposti n, l’energia è:
Epair (r) ≈ 2π log
r
Λ−1
e dipende dalla distanza r fra i due vortici.
Per valutare quale delle due configurazioni sia favorita, valutiamo l’entropia
del singolo vortice
L 2
S = k log
Λ−1
da cui si ottiene l’energia libera:
F = E1 − T S = (πJ − 2kT ) log
L
.
Λ−1
A bassa temperatura l’energia necessaria per creare un vortice diverge, mentre
ad alta temperatura risulta favorevole la creazione di vortici. La temperatura
critica a cui le coppie vortice-antivortice si dissociano è
Tc =
πJ
.
2
58
La distanza media vortice-antivortice nella coppia è data da:
D
E
r2 =
Z
2πJ
drr2 e− kT
log (r/r0 )
∝
1
4 − 2πJ/T
poiché il potenziale d’interazione nella coppia è v(r)=2πJ log (r/r0 ). Anche
questa dà la stessa stima per la temperatura critica, che si trova come la
temperatura in cui diverge la distanza quadratica media.
59
Capitolo 4
Superfluidità di sistemi non
omogenei
4.1
Gas di Fermi costituiti da due specie
Lo studio fatto finora riguardava un gas di Fermi omogeneo, in cui l’interazione
avveniva fra due elementi aventi identica superficie di Fermi.
Vogliamo ora estendere l’analisi al caso più generale in cui nel gas siano
presenti specie diverse [36], [37], [38], [39], [40], [41], [60].
In generale la disomogeneità implica una differenza tra le superfici di Fermi
delle specie che partecipano all’accoppiamento. La semplice descrizione BCS
non è generalmente adeguata a descrivere questa situazione e altre fasi sono
possibili.
Questa generalizzazione è legata a esigenze sperimentali; spesso, infatti, si
studiano delle miscele, per esempio di atomi di 6 Li e 40 K. D’altra parte essa
è necessaria anche quando si analizza un gas costituito da un unico elemento,
poiché l’interazione in esame avviene fra due atomi in due stati iperfini differenti in presenza di un campo magnetico, che modifica le loro superfici di
Fermi in modo diverso. Inoltre, essa serve anche nel caso della QCD, in cui le
coppie sono costituite da quark che hanno masse diverse e quindi superfici di
Fermi diverse.
60
Immaginiamo di fare un esperimento con un gas costituito da due specie di
fermioni fra le quali è presente un piccolo potenziale attrattivo e facciamo
variare il potenziale chimico di una delle due specie (per esempio, variando la
sua densità di popolazione). Quando la differenza fra i due potenziali chimici
diventa abbastanza grande, la fase BCS viene distrutta. Infatti, poiché la
fase BCS è caratterizzata da coppie di atomi con impulso totale nullo che si
trovano, nello spazio dell’impulso, entro un piccolo guscio intorno alla superficie
di Fermi, essa richiede che ci sia una sovrapposizione delle superfici di Fermi
dei due atomi, che invece non si verifica se essi hanno potenziali chimici molto
diversi fra loro.
La fase BCS può sopravvivere finché la differenza degli impulsi di Fermi
non supera lo spessore del guscio t, dato da:
t=
∆
.
vF
t
pF
Figura 4.1: Sfera di Fermi nella fase BCS. L’impulso di Fermi, raggio della
sfera, è pF . t rappresenta lo spessore intorno all’energia di Fermi entro cui si
formano le coppie di Cooper.
61
Oltre questo valore, il sistema può passare, attraverso una transizione di
fase del primo ordine, alla fase normale oppure può passare ad una fase intermedia, se preferisce non rompere del tutto la fase superconduttiva: questa scelta, legata alla minimizzazione dell’energia, dipende dai parametri che
caratterizzano il sistema, come, ad esempio, la massa delle particelle.
Le due fasi intermedie che si possono verificare, aventi alcune caratteristiche
tipiche di quella superconduttiva e altre di quella normale, sono la fase di
Breached Pairing (BP) e la fase FFLO.
La prima è caratterizzata dalla contemporanea presenza di coppie di Cooper e di particelle nello stato normale; la spiegazione è che ci sono degli stati
in più della specie più pesante, che corrispondono a elettroni in più che non
hanno partner fra gli elettroni dell’altra specie e restano non accoppiati, quindi
nello stato normale.
La seconda è invece caratterizzata da coppie con momento finito, non nullo, in cui i centri delle sfere di Fermi sono spostati fra loro per permettere
un overlap parziale delle superfici di Fermi e il sistema rompe la simmetria
traslazionale.
Il sistema sceglie una di queste fasi se ad essa corrisponde uno stato stabile,
cioè un minimo dell’energia: questo si verifica quando il guadagno che si ottiene
dall’accoppiamento risulta maggiore dell’aumento dell’energia cinetica, che è
causato, nel primo caso, dall’eccitazione di alcune particelle e, nell’altro, dalla
deformazione delle sfere di Fermi.
4.1.1
Fase di Breached Pairing
Consideriamo un gas costituito da due specie, A e B, che interagiscono attraverso un’interazione attrattiva a due corpi descritta dalla costante di accoppiamento negativa g, che supponiamo piccola. In particolare consideriamo il
caso in cui
mB > mA µA > µB ma tali che pB > pA
(4.1)
62
dove pA,B sono gli impulsi di Fermi delle particelle di tipo A e B. Supponiamo
inoltre che la differenza fra i potenziali chimici delle due specie sia tale da
rompere la fase BCS.
Gli atomi di tipo A sono caratterizzati da una superficie di Fermi più piccola
rispetto a quelli di tipo B, come rappresentato in figura 4.2.
t
A HleggeroL
B HpesanteL
pA
pB
Figura 4.2: Superfici di Fermi di due specie, A e B, tali che mA < mB , µA > µB
e pA < pB . t è lo spessore intorno al raggio più piccolo pA entro cui si formano
le coppie di Cooper.
La rottura della fase BCS è dovuta al fatto che, poiché la funzione d’onda BCS richiede che si abbia, per ogni valore dell’impulso, o nulla o doppia
occupazione, essa non è compatibile con la situazione in cui gli stati fra pA
e pB sono pieni. Per permettere la formazione di stati legati bisogna quindi
fornire energia al sistema in modo da eccitare gli elettroni di tipo B con impulso compreso fra pA e pB , in stati oltre pB . Successivamente, si potranno
creare delle coppie di Cooper fra elettroni entro un piccolo guscio intorno a
pA , se il guadagno in energia conseguente alla formazione di coppie e alla condensazione supera l’aumento di energia necessario per eccitare il sistema. In
pratica, se chiamiamo t lo spessore del guscio entro cui si formano coppie, che
corrisponde al guscio celeste della figura 4.2, il guadagno di energia per ogni
63
coppia formata risulta:
pair =
con
m̃ =
pA t
m̃
mA mB
mA + mB
massa ridotta della coppia. L’energia per particella da fornire al sistema per
l’eccitazione è invece:
p2B − p2A
.
2mB
La condizione è quindi:
pA t
p2 − p2A
> B
m̃
2mB
A questa, va aggiunta la condizione che la fase BCS sia stata rotta, cioè lo
spessore del guscio entro cui si formano le coppie non deve essere più grande
della distanza fra le superfici di Fermi:
pB − pA > t.
Le due condizioni sono compatibili se è soddisfatta la seguente disuguaglianza:
1>
mA
pB + pA
.
2pA mA + mB
Quando questo si verifica, il sistema entra nella fase di Breached Pairing o,
anche detta, di interior gap, caratterizzata dalla contemporanea presenza di
un superfluido e di elettroni nello stato normale. Entro il guscio di spessore t,
la fase è quella BCS, in cui sono presenti coppie di Cooper di impulso totale
nullo, mentre all’esterno ci sono gli elettroni normali.
Scriviamo l’Hamiltoniana corrispondente al modello descritto:
H−
X
i=A,B
µi Ni =
X Z
i=A,B
64
d3 p
i (p)ψi† (p)ψi (p)+
(2π)3
+g
Z
d3 p Z d3 p †
ψ (p)ψB† (−p)ψB (−p)ψA (p)
(2π)3 (2π)3 A
con
i (p) =
p2
− µi .
2mi
Effettuando l’approssimazione di campo medio, si ottiene:

H−
X
µi Ni =
i=A,B
Z

d3 p  X
i (p)ψi† (p)ψi (p) −
3
(2π) i=A,B
−∆∗ ψB (−p)ψA (p) − ∆ψA† (p)ψB† (−p) −
in cui
∆ = −g
|∆|2
g
d3 p
hψB (−p)ψA (p)i = ∆∗ .
(2π)3
Z
Introduciamo dei nuovi campi, ψα e ψβ , i campi delle quasi-particelle, definiti
da:


X
Z



ψα (p)   up −vp   ψA (p) 

=
v p up
ψB† (−p)
ψβ† (−p)
Si ha:
H−
µi Ni =
i=A,B
i
d3 p h
†
(p)
−
E
(p)ψ
(p)ψ
(p)
−
B
β
i
i
(2π)3
−∆∗ ψB (−p)ψA (p) − ∆ψA† (p)ψB† (−p) −
|∆|2
g
(4.2)
con



†
1

u2p = 1 + q p
†2
2
2
p + ∆

†
1

vp2 = 1 − q p
†2
2
2
p + ∆
A (p) ± B (p)
.
(4.3)
2
Eα,β (p) sono le energie dei due tipi di quasi-particelle che si possono formare.
Per trovare lo stato fondamentale |φi che minimizza l’energia, possiamo
Eα,β (p) = ±− (p) +
q
+ (p)2 + ∆2
65
± (p) =
fare alcune considerazioni riguardo alla 4.2; lo stato fondamentale sarà quello
tale che:
†
se Eα,β (p) < 0 → ψα,β
(p) |φi = 0
se Eα,β (p) > 0
→
ψα,β (p) |φi = 0
(4.4)
in modo che i termini proporzionali a Eα,β contribuiscono al valore di aspettazione dell’Hamiltoniana solo se sono negativi.
Le 4.4 corrispondono ad avere, per p tali che Eα,β (p) > 0, stati del tipo
BCS, cioè
[up + vp ψA† (p)ψB† (−p)] |0i ,
mentre per p tali che Eβ(α) (p) < 0 stati di particella singola di tipo B (A).
Se guardiamo le 4.3, si nota che Eα (p) > 0 per ogni p mentre Eβ (p) risulta
negativa per k2 < p < k1 , con k1,2 dati da:
s
k1,2 =
p2A + p2B q 2
2
± (pB − p2A ) − 16mA mB ∆2 .
2
Se questi valori sono reali, ci sarà un intervallo in cui Eβ (p) < 0, che prende il
nome di gapless region. Per esempio, in figura 4.3 sono rappresentati Eα (p) e
Eβ (p) in funzione di p per questi valori dei parametri:
mB = 7mA
pB = 1.4pA
∆ = 0.02µA .
Nella figura 4.3 si può vedere che c’è un intervallo di valori di p in cui
Eβ (p) < 0: a questi valori corrispondono delle particelle di tipo B nello stato
normale, che formano un breach, una trincea, nello spettro, e la fase BP è
realizzata. Inoltre, nei punti in cui Eβ (p) = 0 le quasi-particelle hanno gap
nullo.
Pertanto, lo stato fondamentale risulta:
|φi =
Y
up + vp ψA† (p)ψB† (−p)
p6∈[k2 ;k1 ]
Y
ψB† (p) |0i
p∈[k2 ;k1 ]
e contiene sia coppie nello stato BCS, con densità di particelle di tipo A uguale
alla densità di particelle di tipo B, sia particelle di tipo B nello stato normale.
66
EΑ
EΒ
p
0
Figura 4.3: Energia delle quasi-particelle di tipo α (blu) e di tipo β (verde).
Si nota che, mentre Eα è sempre positiva, c’è, invece, un intervallo di p in cui
Eβ è negativa.
L’abbondanza di particelle B e l’assenza di quelle A nel breach si può notare
nei grafici nelle figure 4.4 e 4.5, che rappresentano la densità di particelle
rispettivamente di tipo A e B in funzione del momento: la curva in rosso è
relativa allo stato normale mentre quella blu alla fase di BP.
4.1.2
Fase FFLO
Oltre alla fase di interior gap, è possibile un’altra fase intermedia, la fase
FFLO, che, contrariamente alla prima, è favorita per piccoli valori della costante di accoppiamento. Essa prende il nome dalle iniziali dei fisici che per
primi l’hanno prevista e studiata, Fulde, Ferrell, Larkin e Ovchinnikov [42],
[43].
Come abbiamo visto in precedenza, quando i potenziali chimici diventano
abbastanza diversi fra loro, la fase BCS può non essere più favorita energeticamente; inoltre, per piccole costanti di accoppiamento la fase di interior gap
non può avvenire.
Ci mettiamo quindi nel caso di costanti di accoppiamento piccole e facciamo
l’ipotesi che esiste una fase disomogenea, caratterizzata da coppie di Cooper
67
gnature of breached pair superfluidity
BP
quantum phase transition
from BCS to BP)
Figura 4.4: Densità delle particelle di tipo A in funzione dell’impulso. NelINT Sep 2005
l’intervallo di k in cui Eβ < 0, la densità diventa nulla poiché non ci sono
particelle singole di tipo A.
Figura 4.5: Densità delle particelle di tipo B in funzione dell’impulso. Nell’in-
INT
Sepdi2005
tervallo
k in cui Eβ < 0 la densità è maggiore rispetto a36
quella dello stato
normale poiché sono state create altre particelle di tipo B.
con momento totale diverso da zero. Dopo aver trovato l’energia libera corrispondente a questa fase, la confrontiamo con quella dello stato condensato
(BCS) per valutare quale delle due risulta stabile [44].
68
Introduciamo due fermioni di impulso p + q e −p + q, per cui la coppia formata
da loro avrà impulso 2q, come mostrato in figura 4.6.
p+q
Èp+qÈ
Èp-qÈ 2ÈqÈ
Èp-qÈ
-p-q
Figura 4.6: Nella prima immagine, sono sovrapposte le sfere di Fermi delle
due specie, di raggio |p + q| e |p − q|; nella seconda immagine, la seconda sfera
è spostata rispetto alla prima in modo da far coincidere una parte delle loro
superfici.
Mostriamo che la funzione d’onda del condensato è dipendente dallo spazio,
quindi non omogenea.
Essa è data da:
Ξ = hvuoto|ψ(r, t)ψ(r, t)|vuotoi
(4.5)
Sia:
|vuotoi =
X
cN | N i
N
con N pari. Supponiamo inoltre che ci siano N/2 particelle con impulso p + q
e N/2 con impulso −p + q. La 4.5 diventa:
Ξ(r) =
X
cN c∗M hM |ψ(r, t)ψ(r, t)|N i =
NM
=
X
X
cM +2 c∗M hM |ψ(r, t)ψ(r, t)|M + 2i =
M
cM +2 c∗M e2iqM r
hM |ψ(0)ψ(0)|M + 2i .
M
69
∆ è proporzionale a Ξ, quindi possiamo scrivere:
∆(r) =
X
∆m e2iqm r .
m
Supponiamo che esiste un unico valore per q, cioè che tutte le coppie del
condensato hanno lo stesso impulso (ipotesi di Fulde e Ferrell); si ottiene:
∆(r) = e2iqr ∆;
la dipendenza dallo spazio è quindi quella di un’onda piana, mentre nel caso
generale si sarebbe dovuto considerare una sovrapposizione di onde piane.
Tenendo conto della differenza fra i potenziali chimici e dell’impulso della
coppia, le grandezze che definiscono l’energia cambiano nel modo seguente:
ξp ± δµ = vF (p − pF ) ± δµ → vF (p ∓ q − pF ) ± δµ = ξp ± µ0p
µ0p = δµ − q v̇F
essendo
δµ =
µ1 − µ2
.
2
Determiniamo il valore limite per δµ, oltre il quale la fase BCS non è più
stabile.
Partiamo dalla gap equation, che si può scrivere nel modo seguente:
−1 +
g Z d3 p
1
g Z d3 p
1
=
(nu (p) + nv (p))
2 (2π)3 (p, ∆0 )
2 (2π)3 (p, ∆0 )
dove nu e nv sono le distribuzioni di equilibrio delle quasi-particelle di tipo u
e v. Nel limite di accoppiamento debole e a T=0, diventa:
√ 2
gρ ∆0
δµ − ∆2
ln
= θ(δµ − δ) arcsinh
2
δ
∆
70
(4.6)
cioè
ln
dove
ρ=
∆
√ 02
=0
δµ + δµ − ∆2
p2F
π 2 vF
∆0 = 2δe−2/gρ .
(4.7)
(4.8)
∆0 è il gap calcolato per δµ = 0 mentre δ è il cutoff nell’integrazione rispetto
all’energia ξp , che si elimina sostituendolo con ∆0 .
La 4.7 non ammette soluzioni se δµ > ∆0 ; posto quindi δµ ≤ ∆0 , ci sono
due soluzioni:
(a) ∆ = ∆0 (dalla 4.6)
(b) ∆2 = 2δµ∆0 − ∆20 .
Per trovare il potenziale termodinamico, utilizziamo un noto teorema, per la
cui dimostrazione rimandiamo al V volume del corso di fisica teorica di Landau
e Lifshitz. Il teorema afferma che, per piccole variazioni dei parametri esterni
del sistema, tutte le quantità termodinamiche variano nello stesso modo, sicché
si può scrivere:
*
+
∂Ω
∂H
=
.
∂g
∂g
Effettuando la derivata del termine d’interazione dell’Hamiltoniana BCS si
ottiene:
Z
Ω
dg
=−
|∆|2
V
g2
Sostituendo l’integrazione in g con quella in ∆0 attraverso la seconda delle 4.8,
si ottiene:
ρ Z ∆0 2 d∆0
∆
Ω ∆ − Ω0 = −
2 ∆f
∆0
in cui ∆f è il valore di ∆0 corrispondente a ∆ = 0, per cui si ha:
(a) ∆f = 0
(b) ∆f = 2δµ.
Per determinare il δµ massimo tollerabile dalla fase BCS, bisogna confrontare il potenziale termodinamico BCS, calcolato nel caso δµ 6= 0, con quello
dello stato normale e ugualmente calcolato per δµ 6= 0.
71
Nello stato normale il potenziale termodinamico, per definizione, è dato da:
Ω0 = −2V T
Z
d3 p
(µ−(p))/T
ln
1
+
e
.
(2π)3
Nel limite T→ 0 e valutandolo per δµ 6= 0 con un’espansione in δµ/µ, al primo
ordine non triviale, si ottiene:
Ω0 (δµ) = Ω0 (0) −
ρδµ2
.
2
Risulta allora:
ρ
ρ
(a) Ω∆ (δµ) = Ω0 (δµ) − (−2δµ2 + ∆20 ) = − ∆20
4
4
ρ
δµ2
∆2
(b) Ω∆ (δµ) = Ω0 (δµ) − (−4δµ2 + 4δµ∆0 − ∆20 ) =
ρ − ρδµ∆0 + ρ 0 .
4
2
4
La soluzione accettabile è la (a) poiché ha Ω minore, come mostra la figura
4.7, che rappresenta i risultati (a) e (b) per il potenziale termodinamico.
√
Si può quindi concludere che, per δµ < ∆0 / 2 lo stato BCS è stabile mentre
√
al di là di tale valore diventa instabile, passando, quando δµ = ∆0 / 2 = δµ1 ,
attraverso una transizione di fase del primo ordine, poiché il gap non dipende
da δµ. Questo limite è detto limite di Clogston.
Abbiamo quindi determinato il valore δµ1 in cui la fase BCS viene rotta.
Dobbiamo ora stabilire in quale fase si trova il sistema per δµ maggiori: un possibile candidato è la fase FLLO. Per capire se essa viene realizzata, dobbiamo
determinare quando essa risulta stabile.
Poiché siamo in presenza di gap piccoli, è possibile effettuare un’espansione
di Ginzburg-Landau sia della gap equation sia del potenziale termodinamico
rispetto proprio a ∆. Per il potenziale termodinamico si ha:
Ω=
α 2 β 4 γ 6
∆ + ∆ + ∆
2
4
6
(4.9)
in cui l’espansione è stata arrestata al sesto ordine poiché ci aspettiamo un
72
W
Ρ D0 2
0.2
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
∆Μ
D0
-0.2
-0.4
-0.6
Figura 4.7: Potenziale termodinamico in funzione di δµ. La curva rossa tratteggiata rappresenta la soluzione (a), quella rossa continua la soluzione (b) e
l’altra il potenziale nello stato normale. Dalla figura si vede che la soluzione
(a) è quella realizzata poiché ad essa corrisponde il minimo potenziale.
punto tricritico nel piano T vs δµ, in cui si incontrano la retta della transizione
del primo ordine appena descritta con quella di secondo ordine che avviene
quando T = Tc e δµ = 0. Minimizzando la 4.9, si ottiene la gap equation:
α∆ + β∆3 + γ∆5 = 0.
(4.10)
Per trovare i coefficienti dell’espansione, possiamo confrontarla con la gap
equation che si ottiene dal potenziale termodinamico trovato con il modello di
Hubbard, riportato qui di seguito:
∞ Z
X
v
d3 k
2
ln det G−1 (iωn , k) + ....
Ω = |∆| − vT
3
g
(2π
n=−∞
più altri termini che non dipendono da ∆. Dopo aver calcolato il determinante
del propagatore si ottiene:
∞ Z
X
v
d3 k
Ω = |∆|2 − vT
ln (ωn2 + ξ 2 + |∆|2 ) + ....
3
g
(2π)
n=−∞
73
dove ξ = k 2 /2m − µ e le ωn sono le frequenze di Matsubara con in più un
contributo legato alla differenza di potenziale chimico:
ωn = (2n + 1)πT + iδµ.
Ricaviamo la gap equation:
∆ = 2T gρ<
∞ Z
X
δ
dξ
n=0 0
∆
ωn2 + ξ 2 + |∆|2
e facciamo un’espansione in ∆:
∆ = 2T gρ<
∞ Z
X
δ
n=0 0
∆
∆3
∆5
dξ 2
−
+
+ .... .
ωn + ξ 2 (ωn2 + ξ 2 )2 (ωn2 + ξ 2 )3
"
#
Dal confronto di quest’ultima espressione con la 4.10 si ottengono i coefficienti
da sostituire nella 4.9:
∞ Z δ
X
1
2
dξ 2
1 − 2gρT <
α=
g
ωn + ξ 2
n=0 0
∞ Z
X
β = 4ρT <
δ
dξ
n=0 0
γ = −4ρT <
∞ Z
X
(4.11)
1
(ωn2 + ξ 2 )2
δ
dξ
n=0 0
!
(ωn2
1
.
+ ξ 2 )3
Il segno di γ deve essere positivo, condizione perché sia giustificato lo sviluppo di Ginzburg-Landau. Fondamentale risulta il ruolo del segno di α nel
determinare la fase del sistema. Distinguiamo i due casi: β > 0 e β < 0.
• β>0
quando α > 0 (figura 4.8(a)) il potenziale ha un minimo in ∆ = 0,
mentre, quando α < 0 (figura 4.8(b)), ∆ = 0 diventa un massimo e
nascono due minimi degeneri in
2
∆ =
−β +
74
√
β 2 − 4P αγ
.
2γ
(4.12)
In α = 0 si verifica quindi una transizione di fase del secondo ordine.
• β<0
quando α > 0 (figure 4.8(c), 4.8(d) e 4.8(e)) il potenziale ha tre minimi,
uno in ∆ = 0 e gli altri due, degeneri, a ∆ dato da 4.12, che competono
fra loro, mentre, quando α > 0 (figura 4.8(f)), ∆ = 0 è un massimo e i
valori in 4.12 sono minimi degeneri.
W
Ρ
W
Ρ
0.04
HaL
0.15
0.03
HbL
0.1
0.05
0.02
D
-1
0.01
0.5
-0.5
1
-0.05
D
-0.2
0.1
-0.1
-0.1
0.2
W
Ρ
W
Ρ
0.3
HcL
0.3
0.25
HdL
0.25
0.2
0.2
0.15
0.15
0.1
0.1
0.05
0.05
D
D
-2
1
-1
-1.5
2
-1
0.5
-0.5
1
1.5
W
Ρ
W
Ρ
0.6
1
HeL
HfL
0.75
0.4
0.5
0.25
0.2
D
-2
D
-2
1
-1
2
-1
-0.25
1
2
-0.5
-0.2
-0.75
Figura 4.8: Grafici del potenziale termodinamico in funzione di ∆, con diversi
valori dei coefficienti dell’espansione: (a) Pα = 1 β = 2 γ = 1; (b) Pα = −1
β = 2 γ = 1; (c) Pα = 1 β = −2.2 γ = 1; (d) Pα = 1 β = −2.309 γ = 1; (e)
Pα = 1 β = −2.4 γ = 1; (f) Pα = −1 β = −1 γ = 1.
75
La fase FFLO risulta stabile sempre quando α < 0, mentre per α > 0 è
stabile solo nel caso rappresentato in figura 4.8(e), cioè per
α<
3β 2
.
12γ 2
La transizione di fase è del primo ordine e corrisponde alla figura 4.8(d), in cui
i tre minimi sono degeneri.
Risolvendo la 4.11 si può determinare per quali valori di δµ si ha α < 0
e quindi stabilità della fase FFLO: si ottiene che α = 0 per δµ = δµ2 =
0.754∆0 > δµ1 , pertanto la fase FFLO è stabile per δµ < δµ2 .
Unendo i risultati trovati, possiamo concludere che ci sarà fase FFLO a
piccole lunghezze di scattering e per δµ1 < δµ < δµ2 .
4.1.3
Diagramma di fase
Recentemente sono stati pubblicati i risultati di alcuni studi in cui, attraverso simulazioni numeriche [45] o attraverso considerazioni più qualitative [46],
viene ricostruito il diagramma di fase di un sistema costituito da due specie di
atomi.
Il diagramma di fase ottenuto nel primo dei due articoli citati è riportato
in figura 4.9. In esso, viene rappresentata la differenza fra i potenziali chimici
delle due specie δµ in funzione della costante di accoppiamento g fra le due
specie interagenti, individuando le fasi del sistema per ogni coppia di valori.
Come già annunciato, per piccole differenze fra i potenziali chimici, la fase
condensata non viene rotta: essa quindi persiste per qualsiasi valore dell’accoppiamento, o come condensazione di coppie di Cooper (interazione debole)
o di molecole (interazione forte).
Quando la differenza fra i potenziali chimici diventa abbastanza grande, la
fase condensata non è più favorita energeticamente e viene rotta, o completamente o parzialmente: nel primo caso, si passa direttamente alla fase normale,
76
expansion we reproduce within a few percent the second order transition lines obtained by the numerical evaluation
of the free-energy minima in the full theory .
IV.
PHASE DIAGRAM
We summarize our results in the phase diagram depicted in Fig. 5. In the following discussion of the phase diagram
we will show that there is a correspondence between some regions and lines of the phase diagram and of the diagram
depicted in Fig. 3.
2
Normal
!µ/"0
1
ss
ple
Ga
1.5
P
0.95
1
0.5
0
0.5
1.05
0.18
0.15
0.12
P
LOFF
BEC
0.25
0
g
BCS
-0.25
-0.5
FIG. 5: Phase-diagram at T = 0. The full line (red online) indicates the first order phase transition between the homogeneous
Figura
Diagramma
ottenuto numericamente,< di<un gas costituito
gapped superfluid
phase4.9:
and the
LOFF phase di
for fase,
g<
∼ 0.05 or the normal phase for 0.05 ∼ g ∼ 0.13 or the gapless homogeneous
< g < 0.175. The dashed line (black online) indicates the second order phase transition between the
superfluid phase
0.13
da for
due
specie
∼ ∼ aventi diversi potenziali chimici, la cui differenza è pari a δµ. In
LOFF phase and the normal phase. The dot-dashed line (blue online) indicates the second order phase transition between the
sono riportate
le fasi
in cuiphase.
si trova
sistema
per
ogniline,
valore
δµ not
e della
homogeneous esso
superconductive
phase and
the normal
Theildotted
(green
online)
whichdidoes
correspond to a
phase transition,
separates
the
homogeneous
gapped
phase
from
the
homogeneous
gapless
phase.
In
the
inset
it is shown that
costante di accoppiamento g.
the full line continues beyond the point where the dot-dashed line and the full line meet.
To begin with we describe the full line (red online). At values of g <
∼ 0.05 it indicates the first order phase transition
secondo,superconductive
si passa ad una
faseand
intermedia,
quellaFor
BP0.05
per<
line indicates a
g<
between the nel
homogeneous
phase
the LOFF phase.
∼ 0.13 the full forti
∼accoppiamenti
e quella LOFF per accoppiamenti deboli.
Per ogni valore di g, chiamiamo δµc la massima differenza che la fase superconduttiva omogenea può sostenere, in modo che per δµ > δµc il sistema
non è più completamente condensato. δµc risulta una funzione crescente di g.
Dalla figura 4.9, si evince questo comportamento:
• −0.5 < g < 0.05: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella LOFF e successivamente una transizione dalla fase
LOFF alla fase normale;
• 0.05 < g < 0.175: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella normale;
• 0.175 < g < 0.5: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella di BP e successivamente a quella normale.
La figura 4.10 mostra quali tipi di transizioni avvengono per i diversi valori
di g:
• g < 0: transizione di fase del primo ordine: ∆ passa da un valore finito
(quello della fase BCS) a 0;
77
• 0 < g < 0.175: transizione di fase del primo ordine fra due valori di ∆
finiti, il primo relativo alla fase superconduttiva ed il secondo alla fase
BP; successivamente, transizione del secondo ordine fino a ∆ = 0;
• g > 0.175: transizione di fase del secondo ordine fino a ∆ = 0.
1.25
g=0.2
1
g=0.135
1
1
0.8
0.8
0.6
0.6
0.5
0.4
0.92
g=-0.1
µ/"F
#/"F
0.75
0.4
0.94
0.2
0.25
0
0
0
0.25 0.5 0.75
1
g=-0.1
1.25 1.5 1.75
g=0.135
g=0.2
-0.2
0
2
0.5
!µ/"F
1
!µ
FIG. 2: On the left: The gap ∆/!F vs. δµ/!F for three values of the dimensionless coupling g. F
Figura 4.10:refer
Gap
funzione
di gδµ/
diversi
g: la(black
figuraonline). The g = 0.2
F in
F per
to g∆/
= 0.2
(purple
online),
= 0.135
(red
online)valori
and g di
= −0.1
mostra che phase
per g=0.2
si verifica
una phase
transizione
secondo
fase
transition
to the normal
at δµ/!Fdel
" 1.27.
The ordine
g = −0.1alla
curve
shows a first-order tra
at
δµ
"
0.39!
.
The
intermediate
curve
(g
=
0.135),
shown
in
more
detail
F
normale a δµ/F ≈ 0.127;
per g=0.135, si verifica prima una transizione del in the inset, shows
transitions. One phase transition is first-order. It leads to a superconductive phase with a differen
primo ordine
fra due valori finiti del gap ∆, poi una transizione del secondo
The second transition leads smoothly to the normal phase. On the right: µ/!F vs. δµ/!F for t
ordine alla fase
normale;coupling
per g=-0.1,
si continuous
verifica una
transizione
delonline)
primo refers
ordine
dimensionless
g. The
upper
curve (green
to the normal phase (
curves from
bottom
to top
refer to g = 0.2 (purple online), g = 0.135 (red online) and g = −0.
alla fase normale
a δµ/
[45].
F ≈ 0.39
represents an enlargement of the curve at g = 0.135. In both panels the dotted parts of the g = 0.1
correspond to metastable states.
Quando g è scelto nell’intervallo 0.13 ≤ g ≤ 0.175 e δµ è entro un range
C correspond to metastable points that are local minima of the free-energy. For g = 0.135
di valori vicini
al suo valore critico, la gap equation ha tre soluzioni, cioè tre
insets of Fig. 2 as dotted points in the upper curve and lower curve respectively. The poi
valori di ∆,correspond
di cui uno
corrisponde
ad unthat
massimo
e gli ofaltri
due a minimi
to unstable
BP points
are maxima
the free-energy.
The remaining parts
to
allowed
regions.
The
white
area
corresponds
to
the
stable
gapped
phase
and the shadow
dell’energia libera, come mostrato in figura 4.11.
the exclusion of the region C, to the stable gapless superconductive phase. In the shado
Per δµ piccolo,
minimo
dell’energia
quello
corrispondente
al ∆ space.
più grande,
thereil are
gapless
excitationsèat
one sphere
in momentum
All the regions meet at
corresponding
to
g
=
0.175.
The
meaning
of
this
point
will
be
clarified
al crescere di δµ i due valori diventano quasi degeneri finché il minimo si trovabelow.
al ∆ minore. Per δµ ancora più grandi, il ∆ minimo continuerà a diminuire
fino a 0 e si ha una transizione di fase del secondo ordine allo stato normale.
1
A
B
C
g=0.0
35
g=0.1
75
g=0.1
78
µ/#
g=0.135
0
g=0.175
g=0.25
P
g=0.25
g=0.3
g=0.3
-1
0
g=0.4
g=0.4
0.5
1
1.5
2
!µ/#
FIG. 3: Full (green online) lines are simultaneous solutions of the gap and number equations for diff
constant and of the mismatch between the Fermi spheres. The regions above the full (red online)
[0.13, 0.175]. For each value of ∆, the value of µ is determined by the equation ∂F/∂µ = 0, corresponding to Eq.
(9). We notice that, since the total number density is fixed, the average chemical potentials of the broken (∆ #= 0)
and normal (∆ = 0) phases are in general different. For δµ = 0.936 #F the free-energy has a global minimum at
∆ = ∆0 $ 0.95 #F and a local minimum at ∆ $ 0.75 #F ; at δµ = 0.940 #F the two minima are almost degenerate, and
the values of the gap at the local minima are ∆ = ∆0 and ∆ $ 0.625 #F ; finally for δµ = 0.942 #F the former local
minimum becomes the global one (and vice-versa), and the gap at the global minimum is ∆ $ 0.6 #F . For higher
values of δµ the value of the gap decreases monotonically and for δµ = δµc ∼ 0.955 #F the system has a second order
phase transition to the normal phase.
#µ = 0.936 "F
#µ = 0.940 "F
#µ = 0.942 "F
3
(F - F0)/kF"F
0.002
0
-0.002
0
0.5
!/"F
1
FIG. 1: Free energy difference F − F0 as a function of ∆ for various values of δµ at g = 0.135.
Figura 4.11: Energia libera in funzione del gap ∆/F per diversi valori di δµ e
The dependence
on g of [45].
the order of the phase transitions is shown on the left panel in Fig. 2 by three representative
a g=0.135
values of the dimensionless coupling constant, one inside the interval [0.13, 0.175], another one on the left, and a third
one on the right of the interval. The lowest curve refers to g = −0.1. We have not considered here the possibility of
inhomogeneous superconductivity and therefore we have a first order phase transition from the superconductive to
< δµ/∆0 ≤ 1 the superconductive phase becomes metastable
the normal state.Nel
It occurs
at δµarticolo
$ 0.79∆citato,
0 . For 0.79
∼
secondo
invece,
viene ipotizzato il diagramma di fase
and is shown as a dotted line. The highest curve is computed at g = +0.2: for this value the transition from the
riportato
in figura
4.12.
superconductive
to the normal
phase
is second order. The intermediate curve is obtained at g = +0.135 and shows,
in agreement with the results of Fig. 1, two phase transitions: a first order phase transition from the value 0.95 to the
Sull’asse y è riportato
value 0.65 of the gap parameter, and a second order phase transition to the normal phase. The values corresponding
to the metastable phases are depicted as dotted curves. An enlarged picture of this case is in the inset. On the right
1 µ as a function of δµ, for the same values of
panel in Fig. 2 we show the behavior of theHaverage chemical potential
H curve
= (µ
= the figure,con
1 − µ2 ).
the dimensionless coupling constant g.η In
the
upper
∆
2 (green online) represents the average chemical
potential in the normal phase The inset refers again to g = 0.135.
It is also worth mentioning that the first order phase transition between the two minima of the free-energy corè il gap
del gas
non polarizzato.
Sull’asse
x è The
riportato
responds to a∆phase
transition
between
a gapped and gapless
phase.
gapless phase is characterized by having
one zero in the quasiparticle dispersion law at one sphere in momentum space. Had the dispersion laws two zeros
1 but this possibility is not realized in this model at
then the system could live in the Breached Pairing phase [9, 10],
=−
.
least within the present approximations. To illustratekthis
point
na3we have reported in Figure 3 the results for µ/∆ vs.
δµ/∆ as lines (green online) labeled with various values of g. Since for some values of g there are first order phase
transitions, some regions of this diagram are never reached by stable physical states, which is why in some cases the
La zona
è quella
dellathe
fase
condensata,
conline,
i limiti
e BEC
ed uncomparing
lines are interrupted.
Such Iregions
are above
thick
full (red online)
whichBCS
has been
determined
the energies of
the various
thefase
letters
A, B andlaC.
The III
regions
labeled
crossover
fraphases,
i due;and
la have
zonabeen
II èlabeled
quellawith
della
normale,
zona
della
fase as A and
BP e infine la zona IV è della fase LOFF.
La differenza fondamentale fra i due diagrammi di fase è data dalla zona
di confine fra le due fasi intermedie: in quest’ultimo grafico, infatti, le due
regioni sono separate da una linea che congiunge i punti S e L: il punto S è un
punto di splitting, poiché da esso parte una linea che divide la zona (III) in due
sottoregioni, mentre il punto P è un punto di Lifshitz, punto che separa, per
definizione, una fase ordinata spazialmente uniforme (I), una fase disordinata
(II) e una una fase ordinata spazialmente non uniforme (IV).
79
propose the phase diagram of cold polarized atomic Fermi gas with zero-range interaction.
dentify four main phases in the plane of density and polarization: the superfluid phase, the
al phase, the gapless superfluid phase, and the modulated phase. We argue that there exist
hitz point at the junction of the normal, the gapless superfluid and the modulated phases,
splitting point where the superfluid, the gapless superfluid and the modulated phases meet.
how that the physics near the splitting point is universal and derive an effective field theory
bing it. We also show that subregions with one and two Fermi surfaces exist within the normal
he gapless superfluid phases.
numbers: 03.75.Ss
Fermi gas in the regime of large scathas attracted much interest due to its
r. The regime can be achieved in atom
e technique of Feshbach resonance [2].
focused on systems consisting of two
s (e.g., two spin components of a spin- 21
ual number density. When the effective
ompared to n−1/3 , where n is the total
many properties of the system depend
hrough the dimensionless diluteness pa-
II
!
II
III
1
L
S
IV
I
BEC
"0
1
κ=− 3.
na
(1)
BCS
"
FIG. 1: The proposed phase diagram.
Figura
4.12: Secondo diagramma di fase di un sistema disomogeneo, in cui
κ the system interpolates
between
si rappresenta
la fase del sistema per ogni valore della differenza fra i potencondensation (BEC) regime
and the
fer from each other by the number of Fermi surfaces. On
Schrieffer (BCS) regime. For
all chimici
values delle
ziali
specie
(rappresentata
la costante
di accoppiamento
the left
of the
dashed line theredais H)
one eFermi
surface, on
tate is believed to be a superfluid.
(rappresentatathe
daright
k) [46].
there are two. Region (IV) is most likely di-
case of unequal number density (or untentials) of the two species is much less
e case of spin- 12 fermions one refers to a
follow this terminology, understanding
Come già
e sense of asymmetry between the two
vided into phases with different patterns of breaking of
the rotational symmetry (not shown in Fig. 1).
The proposal is an educated guess anchored on a few
spiegato
in precedenza,
la BEC
transizione
reliable facts:
the phases in the
and BCS dalla
limits, fase
the BEC alla fase
existence
of
the
points
S
and
L,
and
the
structure
of
the alla condizione
BP avviene attraverso la curva η = 1, in quanto corrisponde
phase diagram around S.
we propose a phase diagram∆for=a δµ.
polarAxes on the phase diagram.—A particular system is
the whole range from the BEC to the
characterized
three
scattering
length numeriche (fidelle ragionibyper
cuiparameters:
il risultatothedelle
simulazioni
proposal is summarized in Fig.Lo
1. studio
The
a, the chemical potentials of the two species µ↑ and µ↓ .
vertical axis roughly corresponds
to theha, nella
gura 4.9)
zona
intorno a g=0,
un comportamento
diverso da quello
Because
of universality
(corresponding
to rescaling ination. The phase diagram must have
−s
2s
variance
a
→
e
a,
µ
→
e
µ
)
the
whole
phase
diagram
i
i
ipotizzato
e Stephanov (figura 4.12) è appena iniziato. È possibile che
s, corresponding to the gapped
super- da Son
can be captured in a two-dimensional plot. We introduce
phase (I), the normal phase
(II), the derivino
le differenze
dall’uso dell’approssimazione di campo medio nell’analisi
the notation
phase (III), and a phase with spatially
1
1 figura 4.9, ma non
i cui risultati
conducono
si tratti di effetti
te (IV). There are two special
points
(µ↑ + µ↓ ),
H = (µ↑è−escluso
µ↓ ) . che(2)
µ =alla
2
2
gram. Point S (the splitting point) is
puramente numerici, senza significati fisici più profondi [45].
ases (I), (III) and (IV) meet. Point L
t where (II), (III) and (IV) meet. The
cinity of point S is long-distance, i.e.,
n be studied within an effective field
ore, phases (II) and (III) are each dihed line) into two subregions which dif-
4.2
4.2.1
Then parameter κ on the horizontal axis is defined by (1)
where n = n(µ, a) is the density of an unpolarized gas at
chemical potential µ and scattering length a. Thus κ is
the inverse diluteness parameter of an unpolarized system
with chemical potential equal to the average of µ↑ and
µ↓ and with the same scattering length a.
Tre specie interagenti
Tre specie con costanti d’interazione diverse
Estendiamo il modello di Hubbard, presentato nel Capitolo 3, al caso in cui nel
gas siano presenti atomi fermionici di tre specie diverse ma che hanno uguale
massa M [47], [48], [49].
Se supponiamo che le interazioni possano avvenire soltanto fra atomi di
80
specie diverse, come del resto avviene anche nel modello di Hubbard semplice
in cui interagiscono solo atomi di spin opposto, servono quattro parametri per
descrivere tutte le possibili interazioni che si possono stabilire all’interno del
gas: uno per l’interazione a tre corpi, che coinvolge tre atomi delle tre specie
diverse, e tre per le interazioni a due corpi, dato che esse possono avvenire
in tre combinazioni diverse. Di questi quattro parametri, il primo può essere
fissato da osservabili misurate sperimentalmente, per cui ne consideriamo solo
tre.
Per semplicità, inoltre, studiamo il caso in cui due interazioni sono uguali mentre una è diversa: questa semplificazione permette di avere solo due
parametri e di tracciare un diagramma di fase in due dimensioni.
Introduciamo i campi ψi per le tre specie e scriviamo la densità di hamiltoniana per questo sistema:
H0 = −
3
X
ψi†
i=1
∇2
− µ − V (r) ψi ± ḡ 2 |ψ1 |2 |ψ3 |2 ± g 2 |ψ1 |2 |ψ2 |2 ±
2m
±g 2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 + G|ψ1 |2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 .
!
In essa, sono presenti il termine cinetico, un termine di interazione con un
potenziale esterno V(r), i termini di interazione a due corpi e infine un termine
di interazione fra i tre campi. Le interazioni fra gli atomi di tipo 1 e 2 e fra
gli atomi di tipo 2 e 3 sono uguali e descritte dalla stessa costante g 2 , mentre
l’interazione fra gli atomi di tipo 1 e 3 ha intensità diversa, descritta da un’altra
costante, ḡ 2 .
La scelta del segno nei termini di interazione determina il comportamento
del sistema: il segno meno indica un’interazione attrattiva mentre il segno più
repulsiva.
Definite le lunghezze di scattering a e ā, si possono presentare quattro
diversi casi:
1. a > 0, ā > 0
2. a > 0, ā < 0
3. a < 0, ā > 0
81
4. a < 0, ā < 0.
Questi casi sono stati analizzati separatamente, nel limite di accoppiamento
debole.
1. I caso: Lunghezze di scattering positive
Esaminiamo il caso in cui a > 0, ā > 0 (segno più nell’hamiltoniana), nel
limite na3 << 1 e nā3 << 1.
Come nel problema con due sole specie, anche in questo caso, se le lunghezze di scattering sono positive, si ha la formazione di stati legati di
tipo molecolare. Inoltre, poiché entrambe le grandezze sono positive,
ogni combinazione di due atomi diversi può essere realizzata: le molecole
formate da atomi di tipo 1-2 e di tipo 2-3 avranno energia di legame
−B = −1/(M a2 ) mentre quelle formate da atomi di tipo 1-3 avranno
energia −B̄ = −1/(M ā2 ).
Le molecole, essendo bosoni, possono condensare; indichiamo con hψi ψj i
la funzione d’onda del condensato di molecole di atomi i-j. Il gruppo di
simmetria dell’Hamiltoniana è SU13 (2) × U2 (1) × U123 (1), dove i numeri
nei pedici dei gruppi di simmetria indicano lo spazio delle ψ su cui essi
agiscono.
Chiamiamo, inoltre, nij il numero di stati legati fra gli atomi di tipo i e
j e ni il numero di atomi di tipo i non legati.
L’energia del sistema è data da:
2/3
3 (6π 2 )
F =
10M
5/3
5/3
5/3
n1 + n2 + n3
− B (n12 + n23 ) − B̄n13 .
(4.13)
Il primo termine rappresenta l’energia del gas di Fermi in assenza di interazioni a T=0 mentre gli altri due rappresentano il contributo delle
molecole che si sono formate. Abbiamo trascurato il termine di interazione a tre corpi, approssimazione valida in condizioni di gas a bassa
densità e lunghezze di scattering piccole.
82
Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 4.13, tenendo conto delle
condizioni che il numero totale di atomi di ogni specie deve essere pari a
n:



n = n1 + n12 + n13


n=n +n +n
2
12
23



 n=n +n +n .
3
13
23
Dato che a12 = a23 = a, si avrà n12 = n23 e quindi



n


n



 n
1
= n1 + n12 + n13
= n2 + 2n12
= n3
per cui le condizioni da imporre si possono esprimere nel modo seguente:

 n = n = 1 (n − n )
2
12
23
2
 n = 1 (n − 2n + n ) .
13
1
2
2
Sostituendo, l’energia del sistema, che vogliamo minimizzare, diventa:
2/3
3 (6π 2 )
F =
5M
2/3
3 (6π 2 )
=
5M
2n1 + n2
2n1 + n2
5/3
5/3
− 2B (n − n2 ) − B̄ (n − 2n1 + n2 ) =
5/3
5/3
+ n2 2B − B̄ + 2n1 B̄ + cost.
Si possono presentare i seguenti casi:
• B̄ < 2B: tutti i contributi all’energia sono positivi, pertanto il minimo si trova semplicemente imponendo che siano nulli, condizione
soddisfatta se
n1 = n2 = n3 = 0
cioè se tutti gli atomi sono in uno stato legato e si forma un condensato.
Si ha quindi hψi ψj i =
6 0 ∀ij con conseguente rottura della simmetria.
83
Resta una simmetria residua sotto il gruppo Z2 , poiché questo stato
fondamentale è invariante rispetto al cambiamento simultaneo di
segno di ogni ψi .
• B̄ > 2B: per trovare il minimo dell’energia, dobbiamo imporre che
le derivate parziali fatte rispetto a n1 e n2 siano nulle:
2/3
(6π 2 )
∂F
=0=
∂n1
M
2/3
→
n1 + B̄
n1 = n3 = 0
2/3
∂F
(6π 2 )
=0=
∂n2
M
2/3
n2 + 2B − B̄
→
n2 =
B̄ − 2B M
3/2
6π 2
con in più la condizione che n2 ≤ n, cioè:
3/2
(6π 2 n)
B̄ − 2B ≤
M
.
In questa regione tutti gli atomi di tipo 1 e 3 formano molecole
mentre ci sono alcuni atomi di tipo 2 non legati. Si verifica quindi
la rottura spontanea della simmetria e il gruppo di simmetria non
rotto risulta ancora Z2 .
Se, invece,
3/2
(6π 2 n)
,
M
si ha n2 = n, cioè tutti gli atomi di tipo 2 sono non legati. In questo
caso, la simmetria viene rotta in SU13 (2) × U2 (1) × Z2 .
B̄ − 2B >
In entrambi i casi, si ha hψ1 ψ3 i =
6 0 e hψ1 ψ2 i = hψ2 ψ3 i = 0.
Abbiamo dimostrato, quindi, che, nel primo intervallo, ci sono soltanto
molecole nelle diverse combinazioni di atomi, mentre, nel secondo intervallo, quando g 2 diventa più grande di due volte ḡ 2 , sempre meno atomi
di tipo 2 si accoppiano, finché, all’aumentare di g 2 restano tutti liberi.
Quando questo avviene, cioè quando
3/2
(6π 2 n)
B̄ − 2B =
M
84
,
si verifica una transizione di fase poiché cambia il gruppo di simmetria del
sistema, da Z2 diventa SU13 (2)×U2 (1)×Z2 . Diversamente, a B̄ = 2B non
si verificano transizioni di fase ma solo un crossover poiché la simmetria
non cambia.
In ogni caso, tutta la regione di lunghezze di scattering positive è caratterizzata da una fase superfluida perché è sempre presente un condensato.
Riassumendo:



B̄ < 2B













→ n1,2,3 = 0 n12 = n13 = n23 =
2/3
(6π 2 n)
2B
<
B̄
<
2B
+


M








2/3


(6π 2 n)


 B̄ > 2B +
M
→ n1 = n3 = 0 n2 =
n
2
B̄ − 2B M
3/2
6π 2
→ n1 = n3 = 0 n2 = n.
2. II caso: Lunghezze di scattering negative
Esaminiamo ora il caso in cui entrambe le lunghezze di scattering sono
negative: nell’Hamiltoniana ci sarà quindi segno meno davanti ai termini
con g 2 e ḡ 2 , che indica interazioni attrattive. Anche in questo caso,
vogliamo studiare la regione BCS nel limite di lunghezze di scattering,
in modulo, molto piccole.
Si ha:
Hint = −g 2 |ψ1 |2 |ψ2 |2 − g 2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 − ḡ 2 |ψ1 |2 |ψ3 |2 =
= −g 2 ψ1† ψ1 ψ2† ψ2 − g 2 ψ2† ψ2 ψ3† ψ3 − ḡ 2 ψ1† ψ1 ψ3† ψ3 =
= g 2 ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 + g 2 ψ2† ψ3† ψ2 ψ3 + ḡ 2 ψ1† ψ3† ψ1 ψ3
85
in cui, anche in questo caso, stiamo trascurando il termine di interazione
a tre corpi.
In questo regime, è possibile effettuare l’approssimazione di campo medio, per cui si può scrivere:
h
D
E
(ψ1 ψ2 − hψ1 ψ2 i) + ψ1† ψ2† hψ1 ψ2 i +
D
E
D
E
i mf a
|∆3 |2
+ ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 − ψ1† ψ2† hψ1 ψ2 i ≈ ∆3 ψ1† ψ2† − ∆∗3 ψ1 ψ2 + 2 ,
g
g 2 ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 = g 2
ψ1† ψ2† − ψ1† ψ2†
in cui si è definito:
∆k = ijk ∆k = g 2 hψi ψj i .
Anche in questo caso, il termine hψ1 ψ2 i, valore di aspettazione nel vuoto
del prodotto dei campi di tipo 1 e 2, corrisponde alla funzione d’onda del
condensato, cioè ∆; in questo caso, il condensato è costituito da coppie
di atomi e non da molecole.
Nell’approssimazione di campo medio, l’hamiltoniana d’interazione diventa:
Hint =
|∆1 |2 + |∆3 |2 |∆2 |2 1 + 2 +
−∆∗3 ψ1 ψ2 + ∆3 ψ1† ψ2† +
2
g
ḡ
2
+∆∗3 ψ2 ψ1 − ∆3 ψ2† ψ1† − ∆∗1 ψ2 ψ3 + ∆1 ψ2† ψ3† + ∆∗1 ψ3 ψ2 −
−∆1 ψ3† ψ2† − ∆∗2 ψ1 ψ3 + ∆2 ψ1† ψ3† + ∆∗2 ψ3 ψ1 − ∆2 ψ3† ψ1† .
Definiamo i seguenti campi:






1 

√
Ψ=

2




ψ1
ψ2
ψ3
ψ1†
ψ2†
ψ3†














1 †
Ψ† = √
ψ1 ψ2† ψ3† ψ1 ψ2 ψ3 .
2
86
In funzione dei nuovi campi, nella rappresentazione dell’impulso, si avrà:
H0 − µN = Ψ† diag
E E E −E −E −E
Ψ
k2
+ V − µ.
2m
Scriviamo:
dove E =
H − µN = Ψ† OΨ
(4.14)
dove O è la seguente matrice a blocchi


A B 
O=
C D
con



A=

E 0 0
0 E 0
0 0 E




B=






D=



−E 0
0
0 −E 0
0
0 −E

0
∆3 ∆2 

−∆3
0
∆1 

−∆2 −∆1 0
Pertanto

C = B†.

A B 
.
O= †
B −A
Calcoliamo ora l’energia del sistema, per unità di volume.
In assenza di interazioni, essa risulta:
F0 = 3
kF
Z
0
d3 k
(2π)3
k2
−µ .
2m
Poiché µ = kF2 /2m, definendo
ξ=
k2
− µ = k − µ,
2m
87
!





otteniamo
F0
Z
d3 k
d3 k
= 3
(
−
µ)
Θ(k
−
k)
=
3
ξΘ(kF − k) =
k
F
(2π)3
(2π)3
3 Z d3 k
=
(ξ − |ξ|).
2 (2π)3
Z
In presenza di interazioni, dalla 4.14, possiamo scrivere:
F =−
1 Z d3 k X
|ei |Θ(kF − k)
2 (2π)3 i
dove gli ei sono i sei autovalori della matrice O, cioè
E,
−E,
q
E2
−
→
+ | ∆|2 (molt.2),
→
−
− E 2 + | ∆|2 (molt.2)
q
→
−
dove | ∆|2 = |∆1 |2 + |∆3 |2 + |∆3 |2 .
Pertanto si ottiene:
q
1 Z d3 k
→
−
F =−
2 E 2 + | ∆|2 + |E| + O(∆2 )
3
2 (2π)
(4.15)
dove O(∆2 ) = ∆2 /g 2 .
Scriviamo ora l’energia in funzione delle lunghezze di scattering a e
ā piuttosto che, rispettivamente, delle costanti g 2 e ḡ 2 . Per trovare
le relazioni esistenti fra queste grandezze, possiamo calcolare l’ampiezza dello scattering fra due atomi attraverso i diagrammi di Feynman
rappresentati in figura 4.13.
=
+
+
+
...
Figura 4.13: Diagrammi di Feynman per l’interazione fra due particelle.
Ad essi, corrisponde questa ampiezza:
i
∞
X
1
4πa
= −ig 2
hn = −ig 2
m
1−h
n=0
88
con
Z
d4 p
i
i
1
d4 p
2
2
ig
=
−ig
h = (−1)
=
2
2
4
(2π) p0 − E −p0 − E
(2π) p0 − E 2
Z
X
1
d3 p g 2
=
=
g2
3
(2π) 2Ep
2Ep
p
Z
da cui si ottiene
−
4πa
g2
=
P
m
1 − g2 p
−
X 1
m
1
= 2−
.
4πa
g
p 2Ep
cioè
1
2Ep
Risultano, correttamente, per entrambe le interazioni, lunghezze di scattering negative, che caratterizzano il regime BCS.
Al primo ordine:

∆21 + ∆23
∆21 + ∆23



∼−
m

2
g

∆22
∆22


m.
 2 ∼−
ḡ
4πa
4πā
Al secondo ordine:

X 1

∆21 + ∆23
∆21 + ∆23


∼
−
m + (∆21 + ∆23 )


2
g
4πa
p 2Ep
Z
2
2
3
2

∆2
∆2
d p ∆2



m+
 2 ∼−
3
ḡ
4πā
(2π) 2Ep
cioè

Z
∆21 + ∆23
∆21 + ∆23



∼−
m+

2
g
4πa

∆22
∆22


m+
 2 ∼−
ḡ
4πā
Z
d3 p ∆22
(2π)3 2Ep
89
d3 p (∆21 + ∆23 )
(2π)3
2Ep
con Ep = p2 /2m. La necessità di includere anche il secondo ordine è
legata al problema della regolarizzazione dell’energia.
Aggiungendo anche i nuovi contributi, la 4.15 diventa:
→
−
q
Z
∆21 + ∆23
1 Z d3 k
∆22
d3 p | ∆|2
→2
−
2
F =−
2 E + | ∆| + |E| −
m−
m+
.
2 (2π)3
4πa
4πā
(2π)3 2Ep
L’energia è definita a meno di una costante, che possiamo determinare
attraverso F0 , l’energia calcolata in assenza di interazioni (∆ = 0):
3 Z d3 k
3 Z d3 k
|E| =
(E − |E|)
F0 = costante −
2 (2π)3
2 (2π)3
cosı̀ si ottiene:

→2 
−
q
|
∆|
1 Z d3 k 
→
−
3E − 2 E 2 + | ∆|2 − |E| + 2 2m
F =
3
2 (2π)
k
m
m
−
(∆2 + ∆23 ) −
∆2 .
4πa 1
4πā 2
→
−
Il primo termine dipende solo da | ∆|2 ed è pertanto invariante sotto
→
−
trasformazioni del gruppo SU123 (2), cioè nello spazio dei tre ∆. Gli
altri termini però violano questa invarianza, scegliendo una direzione
privilegiata nello spazio, che dipende dalla competizione fra le diverse
forze di interazione fra gli atomi, cioè dal rapporto fra |a| e |ā|.
Come per la BEC, ci potranno essere, quindi, diverse fasi, a seconda che
prevalga una o l’altra interazione, caratterizzate dalla presenza di coppie
di Cooper che coinvolgono alcune o tutte le specie di atomi.
Il gruppo di simmetria dell’Hamiltoniana è, come già osservato in precedenza, SU13 (2) × U2 (1) × U123 (1).
Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 2; i diversi casi che si
possono presentare sono:
• |ā| > |a|: lo stato fondamentale è caratterizzato da
∆2 6= 0
e
90
∆1 = ∆3 = 0,
quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-3, mentre gli atomi di tipo 2 non si accoppiano mai con gli altri atomi. Il
gruppo di simmetria viene rotto in SU13 (2) × U2 (1) × Z2 , in cui il
gruppo Z2 rappresenta l’invarianza per il contemporaneo cambiamento di segno di due campi. La fase è superfluida, a causa della
presenza delle coppie di Cooper, ma ha anche proprietà tipiche dei
metalli poiché gli atomi di tipo 2 sono non legati.
• |ā| < |a|: lo stato fondamentale è caratterizzato da
∆2 = 0
e
|∆1 |2 + |∆3 |2 6= 0,
quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-2 e di
tipo 2-3, mentre non ci sono coppie formate da atomi di tipo 1-3. Il
gruppo di simmetria viene rotto in Z2 e la fase è superfluida.
• |ā| = |a|: avviene una transizione di fase, che separa due fasi
superfluide.
Nella zona BCS, ci sono due regioni con caratteristiche sia metalliche sia
superfluide, separate da una transizione di fase lungo la curva a = ā, in
cui c’è solo il condensato.
Le due zone limite analizzate presentano quindi caratteristiche comuni:
sono entrambe superfluide e presentano una transizione di fase, che separa due fasi aventi, nell’uno e nell’altro caso, gli stessi gruppi di simmetria.
Nella regione BCS sono presenti o coppie di atomi di tipo 1-3 o di atomi
di tipo 1-2 e 2-3; solo in caso di lunghezze di scattering uguali si ha la
contemporanea presenza di tutti i tre tipi di coppie; nella regione BEC
invece, cioò risulta possibile entro un range maggiore delle lunghezze di
scattering.
In entrambe le regioni analizzate è presente una transizione di fase, che
91
avviene fra gli stessi gruppi di simmetria: non ci sono quindi differenze,
da questo punto di vista, fra i due limiti.
La situazione in queste due regioni è rappresentata e sintetizzata in figura
4.14.
-
1
 È3
kÈa
BCS
-
1
k È a È3
BEC
Figura 4.14: Regioni in cui viene diviso il piano −1/k|ā|3 vs −1/k|a|3 . Le linee
verdi rappresentano delle transizioni di fase.
3. III e IV caso: Lunghezze di scattering con segno diverso.
Analizziamo, infine, la fase del sistema nella altre due regioni, caratterizzate da lunghezze di scattering di segno opposto.
• a > 0, ā < 0
Abbiamo visto che, quando entrambe sono positive, appena sotto il
semiasse negativo x, tutti gli atomi sono legati a formare molecole;
nel momento in cui ā diventa negativa, gli atomi di tipo 1 e 3 non
sono più legati in molecole, ma formano coppie di Cooper. Non si
verifica alcuna transizione di fase perchè resta la simmetria rispetto
al gruppo Z2 .
• a < 0, ā > 0
92
Quando entrambe sono positive, a sinistra del semiasse y negativo,
tutti gli atomi di tipo 1 e 3 sono legati fra loro ma non con quelli
di tipo due; appena a diventa negativa, l’interazione con gli atomi
di tipo 2 resta debole e non riescono ancora a formare uno stato
legato. Non si verifica quindi alcun cambiamento e pertanto nessuna
transizione di fase.
La zona compresa fra la fase BCS e quella BEC, la unitary region, è difficile
da studiare, poiché è caratterizzata da lunghezze di scattering molto grandi e
mancano altri parametri piccoli.
4.2.2
Tre specie con potenziali chimici diversi
Recentemente è apparso un altro articolo [50] riguardante l’analisi della fase
BCS di gas costituiti da tre specie di fermioni diverse. Il problema viene
affrontato a partire da ipotesi leggermente diverse, che ora esamineremo.
Nel modello descritto, si assume che due specie hanno la stessa massa (tipi
1 e 2) mentre l’altra ha massa diversa (tipo 3) e che una delle interazioni
(quella del canale 1-3) sia trascurabile rispetto alle altre, per cui si considera
la formazione di due possibili stati legati. Anche in questo caso si trovano
diverse fasi, caratterizzate dalla formazione di diverse molecole, a seconda che
prevalga una o l’altra interazione.
Quando i potenziali chimici delle tre specie vengono presi uguali fra loro,
alla temperatura T=0, si trova lo stesso risultato visto precedentemente, cioè
la formazione di coppie di Cooper nel canale 1-2 e/o nel canale 2-3, come
mostra il grafico riportato in figura 4.15, che rappresenta le curve dell’energia
in funzione dei due gap ∆3 e ∆1 : la curva tratteggiata è quella per cui l’energia
è minima e corrisponde alla relazione |∆1 |2 + |∆3 |2 ≈ 0.135:
In questo modello, quindi, per favorire la formazione di coppie di un solo tipo, si è scelto di lasciare identiche lunghezze di scattering e variare il potenziale
chimico delle tre specie.
93
0.15
∆
1
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆3
0.15
Figura 4.15: µ1 = µ2 = µ3 = 1
A determinare quale fra i due tipi di coppie si forma è il potenziale chimico
medio µij = (µi + µj )/2: la coppia a cui corrisponde un potenziale chimico
maggiore viene favorita. Per esempio, se siamo nel caso riportato in figura
4.16, in cui µ1 > µ3 → µ12 > µ23 , il canale 1-2 è quello con energia più bassa e
viene realizzato, sono cioè gli atomi di tipo 1 ad accoppiarsi con quelli di tipo
2; nella figura il minimo è rappresentato dal cerchio blu, che indica ∆3 6= 0 e
∆1 = 0, cioè presenza solo delle coppie 1-2.
0.15
∆
1
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆3
0.15
Figura 4.16: µ1 = 1.01, µ2 = 1, µ3 = 0.99
94
La situazione opposta si verifica nel caso riportato in figura 4.17, in cui
µ3 > µ1 e si formano solo coppie 2-3.
0.15
∆
1
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆3
0.15
Figura 4.17: µ1 = 0.99, µ2 = 1, µ3 = 1.01
Come nel problema precedente, si può tracciare un diagramma di fase,
mostrato in figura 4.18, in questo caso avente come parametri i potenziali
chimici delle due specie in competizione: nella regione BCS esso mostra lo
stesso comportamento visto prima, cioè due fasi superfluide, distinte dal tipo
di coppie formatesi e separate dalla retta µ1 = µ3 , unico caso in cui entrambe
le coppie sono presenti.
Infine, consideriamo anche il caso in cui non solo i potenziali chimici delle
tre specie sono diversi fra loro, ma anche le loro masse.
Per esempio, supponiamo che la specie 1 e la specie 2 siano due stati iperfini
del 6 Li mentre la specie 3 sia il 40 K, per cui la relazione fra le loro masse è la
seguente:
m1 = 0.15m3 .
Come nel caso precedente, viene favorito l’accoppiamento con la specie avente
potenziale chimico maggiore, come mostra la figura 4.19.
95
Μ3
2 3
3
1
1 2
Μ1
Figura 4.18: Coppie di Cooper che si formano nella regione BCS di un sistema
composto da tre specie di atomi: l’atomo di tipo 2 può legarsi a quello di tipo
1 o di tipo 3 se, rispettivamente, il potenziale chimico della prima specie è
maggiore o minore di quello della terza specie.
(a)
0.25
0.2
∆
1
0.15
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆
0.15
0.2
0.25
3
Figura 4.19: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.07
Questa tendenza, però, si interrompe quando le superfici di Fermi degli
atomi di tipo 1 e 2 si sovrappongono perfettamente, cioè quando è realizzata
96
la condizione:
m 1 µ1 = m 2 µ2 .
In questa circostanza, l’accoppiamento 1-2 viene molto favorito rispetto a
quello 2-3, come mostrato in figura 4.20.
(b)
0.25
0.2
∆
1
0.15
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆3
0.15
0.2
0.25
Figura 4.20: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.15
Se aumentiamo ancora µ1 , ritorna ad essere favorito l’accoppiamento 2-3,
come mostrato in figura 4.21.
(c)
0.25
0.2
∆
1
0.15
0.1
0.05
0
0
0.05
0.1
∆
0.15
0.2
0.25
3
Figura 4.21: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.25
97
Capitolo 5
Conclusioni
Negli ultimi venti anni è rinato un grande interesse per la ricerca teorica in
materia di superconduttività, in seguito alla scoperta di superconduttori con
caratteristiche diverse rispetto a quelli noti, fra cui, la più importante, è l’alta
temperatura a cui avviene la transizione di fase. La teoria BCS, considerata
fino a quel momento spiegazione teorica della superconduttività perché riusciva
a giustificare tutte le caratteristiche osservate sperimentalmente, non riusciva
ad essere altrettanto predittiva per i nuovi fenomeni osservati. Gli sviluppi
ottenuti in questi anni hanno avuto l’obiettivo di superare le due ipotesi della
teoria BCS, quella dell’accoppiamento debole e l’approssimazione di campo
medio.
Se, a partire da un superconduttore che si comporta come previsto dal
modello della teoria BCS, aumentiamo la costante d’interazione fra le particelle
del gas, la fase condensata non viene rotta, ma si passa con continuità ad
un condensato di molecole: la regione intermedia, nel crossover, ha notevole
importanza perché sembra essere quella in cui si trovano i superconduttori
ad alta temperatura. Infatti le loro caratteristiche sembrano corrispondere
a quelle trovate in questa regione, per esempio essi hanno una lunghezza di
correlazione tipica più grande di quella prevista dalla teoria BCS e compatibile
con quella che si ottiene supponendo un accoppiamento più forte.
L’abbandono dell’approssimazione di campo medio ha invece permesso di
dare un’interpretazione dello pseudogap osservato nello spettro di particel-
98
la singola dei nuovi superconduttori: la sua origine risale proprio alle fluttuazioni del parametro d’ordine, non più trascurabili quando nel gas ci sono
accoppiamenti forti.
Ulteriori ricerche in campo teorico sono state rivolte allo studio della superconduttività in gas non omogenei, costituiti cioè da atomi con diversi potenziali
chimici. Si è visto che, finché le differenze nei potenziali chimici sono piccole,
il condensato non viene distrutto, ma quando superano soglie opportune, la
superconduttività viene rotta e si può stabilire la fase normale oppure una fase
intermedia, quella di Breached Pairning o quella FFLO. La prima si ha per
interazioni forti nel sistema, cioè quando la fase BEC non è più stabile, mentre
la seconda per interazioni deboli, cioè quando la fase BCS non è più favorita e
le coppie di Cooper acquistano un impulso diverso da zero.
99
Appendice A
Il punto di Lifshitz
Il punto di Lifshitz è un punto nel diagramma di fase in cui convergono tre linee
di transizione, che separano, rispettivamente, la fase ordinata e spazialmente
uniforme dalla fase disordinata, la fase disordinata dalla fase spazialmente
modulata e la fase spazialmente modulata dalla fase ordinata e uniforme [51]
[52] [53].
L’energia libera di Landau per un punto di Lifshitz è data da:
F =
i
1Z d h 2
d x rφ + c|| (∇|| φ)2 + c⊥ (∇⊥ φ)2 + D(∇2 φ)2 + uφ4
2
in cui il vettore x = (x|| , x⊥ ) è stato diviso in m componenti x⊥ e d − m
componenti x|| . Quando sia c|| sia c⊥ sono positive, la fase ordinata resta
spazialmente uniforme, ma, se, per esempio, c⊥ < 0, allora il sistema può raggiungere un’energia inferiore creando strutture non uniformi, cioè, che variano
nello spazio.
Il punto di Lifshitz corrisponde quindi a r = 0 e c⊥ = 0.
Analizziamo un esempio, quello del modello di Ising ANNNI, cioè un modello anisotropo ad accoppiamenti di tipo ferromagnetico a primi vicini e antiferromagnetico ai secondi. In altre parole, c’è un’interazione di tipo ferromagnetico fra i siti nello stesso piano, un’interazione ferromagnetica fra siti di
100
due piani adiacenti e un’interazione antiferromagnetca fra siti appartenenti a
piani adiacenti allo stesso piano.
L’Hamiltoniana corrispondente è data da:
H = −J
X
i,<r,r 0 >
Si,r Si,r0 − J1
X
Si,r Si+1,r + J2
i,r
X
Si,r Si+2,r .
i,r
Nell’approssimazione di campo medio, l’inverso della suscettibilità risulta:
χ−1
l,l0
∂2F
= T δl,l0 −Jδi,i0 γr,r0 −δr,r0 [J1 (δi,i0 +1 +δi,i0 −1 )−J2 (δi,i0 +2 +δi,i0 −2 )]
=
∂ hSl i ∂ hSl0 i
con γr,r0 pari a uno se r e r0 sono primi vicini nello spazio e zero altrimenti.
La sua trasformata di Fourier è data da
χ−1 (q|| , q⊥ = 0) = T − zJ − 2J1 cos q|| a + 2J2 cos 2q|| a]
in cui a è la distanza fra i piani del reticolo e q|| e q⊥ sono le componenti del
vettore d’onda q lungo la normale ai piani e lungo i piani.
Possiamo minimizzare la χ−1 (q|| , q⊥ = 0) rispetto a q|| :
• se J2 < J1 /4: il minimo si trova a q|| = 0 e si verifica una transizione
di fase ad uno stato ferromagnetico uniforme quando la temperatura del
sistema è
T = zJ + 2J1 − 2J2 ;
• se J2 > J1 /4: il minimo si trova a q|| a = cos−1 (J1 /4J2 ) = q0 a e si verifica,
quando χ−1 (q0 , 0) = 0, una transizione dalla fase paramagnetica a quella
spazialmente disomogenea alla temperatura
T = zJ −
1 J12
− 2J2 .
4 J2
I due casi sono riportati nelle figure A.1 e A.2.
Il punto di Lifshitz è il punto (0.25, −1.5) nel piano (T − zJ)/J1 vs J2 /J1
e separa la fase paramagnetica (N), la fase ferromagnetica (FM) e quella
disomogenea (M), come mostrato nella figura A.3.
101
Χ-1
2
Figura A.1:
J2 < J1 /4.
4
6
8
10
qÈÈ a
Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilità quando
Χ-1
2
4
6
8
10
qÈÈ a
Figura A.2: Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilità quando
J2 < J1 /4.
102
T’
N
14
J2 J1
FM
-32
M
Figura A.3: Diagramma di fase del modello ANNNI. Il punto evidenziato in
blu corrisponde al punto di Lifshitz. Sull’asse y, T 0 = (T − zJ)/J1 .
103
Appendice B
Analisi con il gruppo di
rinormalizzazione
In questa appendice vogliamo descrivere la teoria di Landau dei liquidi di Fermi
normali con l’approccio del gruppo di rinormalizzazione di Wilson, modificata
dalla presenza delle coppie di Cooper [54], [55], [56], [57], [58], [59].
L’approccio del gruppo di rinormalizzazione si basa sul fatto che le interazioni fra i fermioni alla temperatura T=0 possono essere descritte attraverso
quasi-particelle libere aventi una legge di dispersione diversa da quella delle
particelle libere. Questa è infatti modificata rispetto a quella tipica delle particelle libere poiché contiene un termine che deriva dal termine d’interazione fra
i fermioni “nudi”; si dice che le quasi-particelle sono vestite dalle interazioni.
Con questa sostituzione il modello risulta semplificato, poiché diventa analogo
a quello di un gas di particelle libere.
Introduciamo la lagrangiana libera di un gas di fermioni a T≈0:
L = ψ̄(i 6 ∂ + µγ0 )ψ,
da cui otteniamo l’azione
S=
Z
dtd~pψ † (~p) (i∂t + µ − (~p)) ψ(~p).
104
Scriviamo gli impulsi nel modo seguente
p~ = ~k + ~l
in cui ~k è l’impulso sulla superficie di Fermi mentre ~l = l~n, con ~n vettore
unitario ortogonale alla superficie di Fermi. Scaliamo gli impulsi attraverso un
fattore s, in modo che poi, prendendo il limite s → 0, possiamo considerare solo
le particelle che si trovano vicino alla superficie di Fermi. Pertanto scriviamo
E → sE,
~k → ~k,
~l → s~l.
Inoltre
∂ ∂ (~p) − µ → (~k) − µ + (~p − ~k) ·
= ~l ·
= lvF (k),
∂~p p~=~k
∂~p p~=~k
dove
∂ ~vF (~k) =
∂~p p~=~k
è un vettore ortogonale alla superficie di Fermi. Quindi si ha
S=
Z
dtd~kdl ψ † (~p)(i∂t − lvF (~k))ψ(~p).
Le trasformazioni di scala inducono anche
dt → s−1 dt
d3 p~ = d2~kdl → sd2~kdl
∂t → s∂t
l → sl
Il campo ψ quindi scalerà come s−1/2 in modo che S scali come s0 .
Introduciamo nell’azione i termini d’interazione:
105
1. Un termine quadratico nei campi fermionici, del tipo
Z
dtd2~kdl m(~k)ψ † (~p)ψ(~p),
(B.1)
che scala come s−1 . Potenzialmente, si tratta di un operatore rilevante,
proprio perché scala attraverso una potenza negativa di un numero che
tende a zero. Comunque, m(~p) può essere riassorbito nella definizione di
(~p),
q
(~p) = p~2 + m2 ,
e, di conseguenza, la B.1 non costituisce un termine aggiuntivo all’azione. Questo procedimento è chiamato rinormalizzazione della massa.
Gli altri termini quadratici che si possono costruire, come, per esempio,
quelli contenenti derivate rispetto al tempo e/o fattori di l, possono anch’essi essere assorbiti nella definizione di energia o sono irrilevanti, cioè
svaniscono se s → 0.
2. Un termine quartico del tipo
Z
dt
4 Y
d2~kj dlj
ψ † (p~1 )ψ(p~3 )
ψ † (p~2 )ψ(p~4 ) V ({~kj })δ(p~1 + p~2 − p~3 − p~4 )
j=1
che scala come s = s−1 s−4/2+4 moltiplicato per il fattore di scala della
delta di Dirac, che è però ininfluente se si assume che
δ(p~1 +p~2 −p~3 −p~4 ) = δ(k~1 +l~1 +k~2 +l~2 −k~3 −l~3 −k~4 −l~4 ) → δ(k~1 +k~2 −k~3 −k~4 ).
cioè che gli impulsi l siano trascurabili rispetto a k. Sotto questa ipotesi,
il termine quartico è irrilevante.
3. Operatori contenenti 2n campi fermionici, con n > 2.
Questi scalano come sn−1 e sono pertanto irrilevanti.
Nel caso dei materiali superconduttori queste considerazioni devono essere
106
modificate. I termini quadratici possono essere ancora riassorbiti in (~p), ma
non è detto che gli altri possibili termini d’interazione siano ancora trascurabili.
Consideriamo un termine d’interazione con accoppiamento quartico, in cui
i due fermioni iniziali hanno impulsi p~1 e p~2 tali che p~1 + p~2 = 0. Se la superficie
di Fermi è simmetrica per parità, ipotesi che assumiamo verificata, allora si ha
che k~1 + k~2 = 0 e k~3 + k~4 = 0. Ciò implica che, nel caso particolare di scattering
con momento totale nullo, si ha
δ(p~1 + p~2 − p~3 − p~4 ) = δ(l~1 + l~2 − l~3 − l~4 ),
che scala come s−1 . Ciò significa che, in questo caso, l’operatore quartico
non è più irrilevante ma diventa marginale e, poiché non ci sono interazioni
rilevanti, può dominare. Gli altri termini quartici con impulsi generici restano
irrilevanti.
Questo spiega il motivo per cui nei superconduttori BCS consideriamo solo
interazioni fra gli elettroni con impulso vicino a quello di Fermi e perché si
formano coppie di Cooper solo di momento totale nullo, quindi fra elettroni di
impulso opposto.
L’accoppiamento di Cooper domina sulla repulsione elettrostatica fra gli
elettroni, nonostante le coppie di Cooper abbiano un’estensione grande, pari a
◦
104 A e l’energia di legame fra gli elettroni della coppia sia dell’ordine di 10−3
eV, mentre le interazioni fra elettroni hanno energia tipicamente dell’ordine
dell’eV.
Come si è già ricordato nel testo, l’origine di questa interazione attrattiva
a quattro elettroni risale nell’interazione elettrone-fonone nel metallo.
107
Appendice C
Cenni sulla teoria di Eliashberg
Nella tesi è stato discusso il crossover BCS-BEC mediante il modello di Hubbard, in cui si considera un gas di fermioni interagenti attraverso un’interazione
istantanea a quattro fermioni. Questa semplificazione deve essere considerata
come conseguenza di una più fondamentale interazione, non istantanea, la cui
origine, nel caso BCS, può essere attribuita all’interazione elettrone-fonone nei
metalli, mentre, nel caso del crossover, non è stata ancora compresa dato che
non si è ancora ben capito che tipo di interazione si stabilisce negli HTSC.
In generale, si può affermare che l’attrazione fra i fermioni deriva dallo
scambio di eccitazioni di un campo bosonico, i fononi nel caso BCS. Questa
generalizzazione introduce un ulteriore parametro nel sistema, cioè la frequenza
caratteristica ω0 delle eccitazioni bosoniche elementari. Nei superconduttori a
bassa temperatura, descritti dalla teoria BCS, ω0 è la frequenza di Debye ed
è tale da soddisfare la diseguaglianza ω0 << F . Nel caso degli HTSC, si può
avere sia ω0 < F , sia ω0 > F , poiché essi si trovano nella regione intermedia
fra i due casi limite.
Analizzeremo, di seguito, un modello semplice in cui aggiungiamo all’Hamiltoniana di Hubbard, trattata nella tesi, un termine di interazione elettronefonone. Anche in questo caso, considereremo la densità di portatori variabile,
in modo da poter studiare il crossover BCS-BEC.
108
La nuova Hamiltoniana risulta:
∇2
+ µ ψσ (r) + Hph (φ(r)) + gel−ph ψσ† (r)ψσ (r)φ(r)
2m
!
H=
−ψσ† (r)
dove Hph è l’operatore che descrive i fononi aventi legge di dispersione ω(k); r è
un vettore bidimensionale; ψ(r), φ(r) sono i campi rispettivamente fermionici e
bosonici; σ è l’indice di spin; gel−ph è la costante d’interazione elettrone-fonone.
Scriviamo l’equazione di Eliashberg per l’energia libera dell’elettrone Σ(p)
Σ(p) = igel−ph
Z
d3 p0
τ3 G(p0 )τ3 gel−ph Dph (p − p0 )
(2π)3
(C.1)
dove p = (p0 , p) (p è un vettore bidimensionale) e Dph (p − p0 ) è il propagatore
del fonone “vestito”. L’interazione nel vertice è rappresentata dalla costante
gel−ph .
All’equazione di Eliashberg, aggiungiamo l’equazione che lega il potenziale
chimico µ alla densità di fermioni nf = F m/π
−i
Z
d3 p
exp(iδp0 τ3 ) Tr[τ3 G(p0 , p)] = nf
(2π)3
δ → 0+ .
(C.2)
Consideriamo inoltre un propagatore per i fononi del tipo
Dph (k) =
ω 2 (k)
k02 − ω 2 (k) + iδ
k = k0 , k
δ → 0+ .
Utilizziamo il modello di Einstein, nel quale si pone ω(k) = ω0 . Supponiamo
inoltre che la funzione Σ(p) sia proporzionale al parametro d’ordine φ(p), per
cui possiamo scrivere la C.1 come un’equazione per il parametro d’ordine φ,
che dipenderà solo dalla freuenza p0
d3 p0
φ(p00 )
ω02
.
(2π)3 (p00 )2 − ξ(p0 )2 − |φ(p00 )|2 + iδ (p0 − p00 )2 − ω02 + iδ
(C.3)
Il sistema da studiare è ora quello composto dalle equazioni C.2 e C.3.
2
φ0 (p0 ) = −igel−ph
Z
109
Il parametro fondamentale che caratterizza lo spettro è il gap
∆(nf ) = |φ(p0 = 0, nf )|
.
Nel limite BCS, cioè nel limite di alte densità, si ha F >> ω0 , che implica
µ ≈ F . Si possono presentare due casi:
• Sia ∆ << ω0 .
Questa disuguaglianza è soddisfatta se
2
m
gel−ph
<< 1,
2π
cioè quando l’accoppiamento è debole. Dopo aver risolto il sistema, si
ottiene la formula
!
∆ = ∆BCS
2π
= 2ω0 exp − 2
.
mgel.ph
• Sia ∆ >> ω0 (caso di accoppiamenti forti).
La soluzione del sistema è
∆ = ω0
v
u
u
t
g2
m
1 + el−ph
16
!2
≈ ω0
2
gel−ph
m
.
16
Nel limite BEC, cioè a basse densità, si ha F , ∆ << ω0 . Anche in questo
caso si possono presentare due casi:
• Sia |µ| << ω0 . Dal sistema di equazioni, si ottiene
√
∆ = 2 ω0 F exp −
4π
µ = −ω0 exp − 2
mgel−ph
110
!
2π
,
2
mgel−ph
(C.4)
!
+ F .
(C.5)
Dalla C.5, si vede che la condizione |µ| << ω0 è soddisfatta per
2
gel−ph
m
<< 1,
4π
cioè nel caso di accoppiamenti deboli. Le C.4 e la C.5 possono essere
riscritte come
∆=
q
2|weak
|F
b
µ=−
|
|weak
b
+ F
2
dove
!
weak
b
4π
= −2ω0 exp − 2
.
mgel−ph
(C.6)
Le due equazioni scritte sono simili a quelle trovate con il modello di
Hubbard, in cui si assumeva un’interazione istantanea. Pertanto possialo stesso significato di b , cioè quello di energia dello
mo attribuire a weak
b
stato legato, che si forma in conseguenza dell’interazione fra elettrone e
fonone. La differenza sta nel fatto che questa relazione ottenuta qui è
valida solo in condizioni di bassa densità e accoppiamenti piccoli. Questo
significa che, come già annunciato in precedenza, il ritardo dell’interazione può essere trascurato solo in queste condizioni, in cui si ottengono
gli stessi risultati. Al crescere di F , però, il ruolo del ritardo diventa
decisivo e valgono altre relazioni.
• sia µ >> ω0 (accoppiamento forte).
Otteniamo la seguente soluzione del sistema:
v
u
u
∆ = 2tω0 coth
µ = −ω0 coth
4π
2
gel−ph
m
111
!
4π
F
2
ge l − phm
!
2
+ 2F coth
4π
2
gel−ph
m
!
.
Le riscriviamo nel modo seguente
∆=
|strong |
4π
µ=− b
+ 2F coth2 2
,
2
gel−ph m
!
q
2|strong
F
b
con
strong
b
4π
= −2ω0 coth
2
mgel−ph
!
≈ −ω0
2
mgel−ph
.
2π
(C.7)
Valgono quindi le stesse analogie trovate nel limite di accoppiamento
debole.
Utilizzando la definizione in C.6, possiamo riscrivere la soluzione trovata
nel limite BCS per accoppiamenti deboli nel modo seguente:
∆=
q
|ω0 .
2|weak
b
I risultati ottenuti possono essere cosı̀ riassunti:
 q
 2|weak |
F
∆(F ) =  q b ph
2| |ω
b
0
per F << ω0
(ritardata)
per F >> ω0 (non ritardata)
weak
nel
nel caso di accoppiamento debole e con strong
dove ph
b
b coincide con b
caso di accoppiamento forte.
112
Bibliografia
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Ringraziamenti
Ringrazio il Prof. G. Nardulli per avermi seguito durante la mia attività di
tesi, per avermi aiutato, sostenuto e motivato in questo lavoro, con utili consigli
oltre a efficaci chiarimenti.
Ringrazio il Prof. M. Pellicoro per avermi seguito durante la mia attività
di tirocinio e per la disponibilità dimostrata durante tale periodo.
Ringrazio il Dr. D. Marinazzo per i numerosi confronti, che mi hanno aiutato a superare agevolmente le difficoltà e i dubbi che si presentavano durante
il tirocinio, sia riguardanti la programmazione, sia l’interpretazione dei risultati ottenuti. Rigrazio il Dr. N. Ippolito per la sua gentile disponibilità ad
ogni richiesta di informazioni e consigli per l’organizzazione del mio lavoro.
In conclusione di questo ciclo di cinque indimenticabili anni, un particolare
ringraziamento va alla mia famiglia e a tutti gli amici che qui ho conosciuto e
che hanno contribuito in maniera decisiva a rendere cosı̀ bella ed entusiasmante
questa esperienza, soprattutto per la stima e l’affetto che tutti loro mi hanno
sempre dimostrato.