Il sistema

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Il sistema
PRATICA
Prima parte
introduzione
TEORIA
RISORSE
SPECIALE
Il sistema
Seconda parte
il modulo di comando
Terza parte
Il booster,
il modulo di servizio ed
il software di controllo
A
FARE ELETTRONICA -FEBBRAIO 2005
Pratica
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vete un trenino relegato
in cantina, perché è troppo
difficile da manovrare?
Se sì leggete questo tutorial e
forse vi verrà voglia di rimetterlo
in sesto e ridiventare bambini.
Controllare un sistema ferroviario in miniatura
con estremo realismo è stato sempre il sogno
di tutti gli appassionati di modellismo. Nel
corso degli anni i produttori di materiale ferroviario hanno proposto varie soluzioni, ma nessuna ha mai incontrato il favore del popolo
degli appassionati. Oggi la situazione è cambiata, con l’avvento della microelettronica, i
metodi di controllo per i plastici ferroviari sono
stati rivoluzionati.
In questa puntata affronteremo i vari aspetti di
questo nuovi “sistemi digitali”, e nelle prossime
due puntate realizzeremo un sistema di controllo digitale economico.
LA STORIA
I sistemi di controllo per i plastici ferroviari si sono
sempre basati su soluzioni “analogiche”, semplici dal punto di vista hardware, ma estremamente macchinose dal punto di vista delle connessioni e delle manualità di comando.
Nel 1978 la società ZIMO introdusse un sistema
di controllo digitale per le sue locomotive.
Questo fatto segnò l’inizio dell’era digitale. Da
quel momento in poi, tutti i produttori cominciarono a proporre dei sistemi di controllo. Senza
entrare nei dettagli dei vari sistemi, alla fine di
questo periodo di sperimentazione (anni 90) si
affermarono tre standard: ZIMO, MOTOROLA-
DCC
MARKLIN e NMRA-DCC. Il mercato ha poi premiato maggiormente l’ultimo che, di fatto, è diventato lo standard di riferimento. Questa posizione
di predominio è stata conquistata anche grazie
all’intervento della NATIONAL MODEL RAILROAD
ASSOCIATION (NMRA), un’organizzazione nata
negli USA negli anni 50, che riunisce molti appassionati di ferro-modellismo. Tra i compiti fondamentali della NMRA c’è il rilascio degli standard
per la costruzione ed il funzionamento dei sistemi ferroviari. Nel 1994 la NMRA rilasciò il primo
standard (su proposta della casa costruttrice
LENZ) per la produzione e il funzionamento dei
sistemi digitali. Io standard venne chiamato DIGITAL COMMAND CONTROL (DCC). Esso definiva
un protocollo di comunicazione a livello di binario, senza entrare nei dettagli costruttivi dei singoli elementi. I produttori di materiale ferroviario
adottarono rapidamente questo standard al
punto che oggi tutti quanti producono dei
moduli compatibili. Prima di addentrarci nello
studio dei vari dettagli vediamo le differenze tra i
sistemi di controllo analogici e digitali.
I sistemi di controllo
I sistemi di controllo per un plastico ferroviario
sono principalmente due:
■
■
Corrente Continua (DC)
Digitale
Il metodo DC è quello classico. Il binario è percorso da una tensione continua, variabile in
livello e polarità. Variando il livello di tensione si
varia la velocità della locomotiva, invertendone
la polarità si cambia la direzione di marcia.
È il sistema più semplice, ma ha due svantaggi:
■
Livelli di tensione troppo bassi possono non
di Corrado D’Achille
[email protected]
introduzione
■
I problemi indicati sono facilmente superati da
un sistema digitale. In questo caso il binario
diventa una linea di trasmissione, dove circolano dei messaggi di controllo. Questi messaggi
sono composti da un certo numero di byte che
contengono le informazioni necessarie per
comandare un determinato dispositivo.
I messaggi sono generati da una stazione di
comando, che traduce i comandi manuali
impartiti dall’utente in messaggi digitali, e ricevuti da dispositivi intelligenti (decoder) contenuti nelle locomotive e negli accessori (scambi,
semafori, lampioni, ecc.).
Ogni decoder è identificato con un indirizzo univoco, e quindi esegue solo i messaggi che contengono il suo indirizzo. I vantaggi sono evidenti:
■
■
■
I decoder sono configurabili, ossia le loro caratteristiche di funzionamento possono essere
modificate dall’utente in base alle sue esigenze. Ad esempio è possibile modificare la curva
di decelerazione di un locomotiva oppure il
tempo di lampeggio di un segnale semaforico.
Il sistema può essere aggiornato facilmente,
basta inserire il nuovo decoder e scegliere per
lui un indirizzo non utilizzato.
Il sistema ha lo svantaggio di essere unidirezionale, cioè le informazioni possono essere trasmesse solo dalla stazione di comando ai decoder. Il feedback quindi è di tipo “umano”, ma
visti i vantaggi non mi sembra una gran limitazione. Detto questo vediamo la composizione di
un sistema DCC.
COMPOSIZIONE DI
UN SISTEMA DCC
In figura 1 potete vedere lo schema blocchi di un
sistema DCC standard. In esso sono evidenziati i
segnali principali che i vari moduli si scambiano.
Le frecce sottili identificano segnali singoli, quelle
piene gruppi di segnali. La suddivisione mostrata
è quella standard, ma nei sistemi più evoluti
potrebbero essere presenti altri blocchi (ad esempio interfacce con bus proprietari, oppure controlli aggiuntivi per le funzioni speciali).
La descrizione di ciascun blocco conterrà le informazioni minime per capirne il funzionamento, e
alcune informazioni aggiuntive riguardo la sua
costituzione fisica.
L’alimentatore
Questo modulo non ha particolari requisiti a
parte quelli legati alla potenza impegnata. In
genere gli alimentatori sono abbastanza semplici e contengono solo il minimo delle protezioni
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FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
■
Vengono completamente rimossi i problemi
legati alla conduzione del binario, in quanto il
livello della tensione presente sul binario, è
costante e sempre al suo massimo valore.
Nessun sezionamento è necessario in quanto i
messaggi vengono utilizzati solo dal dispositivo a cui sono destinati.
Essendo i decoder intelligenti è possibile
dotarli di caratteristiche sofisticate circa il controllo delle loro funzioni (luci, suono, etc.)
impossibili in un sistema DC.
■
Pratica
essere “sentiti” dai motori delle locomotive a
causa della cattiva conduzione dei binari. In
pratica il controllo della velocità e della direzione di marcia non è preciso.
Le manovre di varie locomotive sono complicate, in quanto il binario va sezionato in
maniera opportuna al fine di fornire alle varie
tratte livelli e polarità di tensione diversi. Il
cablaggio del plastico diventa complesso e le
operazioni di controllo macchinose.
PRATICA
Prima parte
TEORIA
Pratica
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
SPECIALE
il sistema DCC: introduzione
necessarie per un funzionamento sicuro.
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RISORSE
La stazione di comando
La STAZIONE di COMANDO svolge il ruolo di
interfaccia con l’utente e generazione del segnale
DCC. In genere è composta da un modulo fisso e
da un pannello di comando. Il modulo fisso contiene la scheda a microprocessore e le parti di
interfaccia con gli altri moduli. Il pannello di controllo è composto da una tastiera per i vari parametri, da uno o più controlli per le locomotive, da
vari tasti per le funzioni speciali e da un display
per verificare lo stato del sistema. Questa unità di
comando è di tipo stand-alone cioè può funzionare senza aggiungere altro. Comunque oggi si
stanno affermando anche delle unità che hanno
bisogno di un PC per funzionare. Queste unità
Figura 1 Schema a blocchi di un sistema DCC
sono solo delle interfacce che trasformano i messaggi inviati dal PC (tramite la porta seriale, la
porta parallela o quella USB) in segnali digitali. In
questo caso il programma di controllo e l’interfaccia utente (Il pannello di comando) è residente sul
PC. Sono diffuse soprattutto a livello hobbistico a
causa della loro semplicità.
Il BOOSTER
Il BOOSTER è l’unita’ di potenza. Esso riceve in
ingresso i segnali provenienti dalla stazione di
comando e li combina con il segnale di potenza
proveniente dall’alimentatore. Il risultato di questa operazione è il nostro segnale DCC, pronto
per essere inviato al binario. Il booster contiene
delle sezioni per la verifica dello stato del binario,
in termini di corrente assorbita. Queste sezioni
oltre a proteggere il sistema da sovraccarichi e
cortocircuiti, vengono utilizzate anche durante
la programmazione dei decoder, per verificare
l’esito della programmazione (questo aspetto
verrà visto nella sezione dedicata ai decoder).
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Pratica
Figura 2a Schema a blocchi di un decoder mobile per locomotive
Figura 2b Schema a blocchi di un decoder mobile per funzioni
accessorie
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
I Decoder Mobili
Sono i decoder contenuti nelle locomotive. Ne
esistono di due tipi: quelli per il controllo del
movimento e quelli per il controllo delle funzioni
accessorie. I primi sono dedicati al controllo del
motore e dei fanali delle locomotive, i secondi
controllano le funzioni accessorie, ad esempio il
suono o le luci nei vagoni. Gli schemi a blocchi di
questi decoder sono mostrati nelle figure 2a e 2b.
Tutti i decoder offrono la possibilità di essere configurati in base alle esigenze dell’utente. Ad esempio, nel caso dei decoder di movimento, è possibile modificare il numero di passi della velocità,
oppure la curva di decelerazione. Questa funzionalità è resa possibile dal fatto che all’interno del
decoder sono presenti delle memorie non volatili
organizzate per celle. Ad ogni cella (detta
Configuration Variable o CV) corrisponde una
caratteristica del decoder. Anche qui interviene lo
standard NMRA assegnando ad ogni cella un
determinato indirizzo e significato.
Altro aspetto interessante dei decoder per le locomotive è il metodo di controllo della velocità del
motore. Il principio di funzionamento è quello
PWM, ossia il motore viene alimentato con una
onda quadra con periodo costante, ma con dutycycle variabile. In questo modo la velocità del
motore è direttamente proporzionale al dutycycle dell’onda. Il duty-cycle può variare secondo
rapporti fissi, definiti all’interno di particolari CV.
Questo consente di avere un controllo più o
meno fine della velocità della locomotiva.
Attualmente lo standard definisce valori di 14, 28
o 128 passi di velocità. Il meccanismo PWM consente inoltre di diminuire la potenza dissipata dai
circuiti di controllo e di semplificare la progettazione sia hardware che software del decoder. I
decoder di nuova generazione hanno inoltre la
possibilità di mantenere la velocità costante, grazie ad un meccanismo di retroazione (detto
BACK-EMF). Questo sistema consente di mante-
nere la velocità desiderata durante il superamento di forti pendenze e con convogli costituiti da
molti vagoni. Il decoder di movimento gestisce
anche la fanaleria della locomotiva. In questo caso
l’utente può decidere se accendere o spegnere i
fanali, mentre il decoder selezionerà i fanali di
testa o di coda della locomotiva in base alla direzione di marcia. Nelle scale più grandi (TT, HO) è
inoltre possibile avere altri accessori come: generatori di suono, generatori di vapore oppure meccanismi di sgancio dei vagoni.Quest’ultima funzionalità risolve un particolare problema dei sistemi DC. In un sistema DC per sganciare un vagone da un convoglio, si doveva portare il convoglio
su un particolare binario, dotato di un meccanismo di sgancio, azionare il meccanismo a mano e
poi rimettere in moto il convoglio. Con il nuovo
sistema il vagone può essere sganciato in qualunque punto del tracciato senza creare particolari
“ingorghi” in prossimità delle stazioni.
Queste funzioni accessorie sono gestite dai deco-
PRATICA
Prima parte
TEORIA
Pratica
I decoder fissi
I decoder FISSI sono utilizzati per controllare
tutti i meccanismi legati alla movimentazione
del binario (ad esempio gli scambi o le piattaforme rotative), le segnalazioni luminose (semafori
o luci di emergenza), le luci per l’illuminazione
(lampioni) e altro. Ogni decoder è costituito da
un gruppo di moduli funzione, indirizzabili singolarmente. Ogni modulo può generare sia
segnali impulsivi che bistabili. Nel caso del
segnale impulsivo, la sua durata è programmabile (sempre tramite una particolare CV) e può
variare da pochi millesimi di secondo ad alcuni
secondi. Questa modalità è utile per il controllo
degli scambi o delle piattaforme rotative, che in
genere necessitano di un segnale impulsivo
della durata di qualche decimo di secondo per
essere azionati. La modalità bistabile invece
serve per controllare dispositivi tipo lampioni.
Lo schema a blocchi di un DECODER fisso è
mostrato in figura 3. Nella realtà, i moduli di
uscita (A1, A2,…) sono accoppiati a due a due
e questo per consentire il controllo degli scambi (che ovviamente hanno due posizioni e quindi un doppio meccanismo di attivazione).
Il protocollo
Come vi ho anticipato lo standard NMRA definisce una serie di regole per il funzionamento
dei sistemi DCC. Le regole sono suddivise in
tre gruppi: Elettriche, Logiche e meccaniche.
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
SPECIALE
il sistema DCC: introduzione
der del secondo tipo. Questi decoder sono del
tutto simili a quelli per il movimento ma non
hanno la sezione di controllo per il motore.
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RISORSE
Figura 3 Schema a blocchi di un decoder fisso
Le regole elettriche e logiche sono “obbligatorie”, nel senso che chiunque voglia costruire
un dispositivo DCC deve per forza rispettarle.
Quelle meccaniche invece sono in un certo
senso a discrezione del costruttore. In questo
caso lo standard suggerisce delle linee guida,
lasciando al costruttore la libertà di migliorarle
o di non seguirle affatto.
La documentazione completa sullo standard è
disponibile
nel
sito
della
NMRA
(www.nmra.org). I documenti sono identificati con due tipi di prefisso: S (iniziale della parola Standard) definisce un documento di standard, mentre RP (iniziali di Recommended
Practices) definisce le regole raccomandate.
Devo dire che con il passare degli anni molte
delle regole raccomandate stanno diventando
“obbligatorie”. Adesso vediamo i tre aspetti
del protocollo, limitando la descrizione alle
caratteristiche generali.
Il protocollo elettrico
Il segnale DCC, la cui forma è mostrata in figura
4, è composto da due onde quadre simmetriche.
Ogni rotaia riceve una di queste onde. In pratica
si tratta di un segnale bilanciato con duty-cycle
pari al 50% ma con periodo variabile in funzione
del bit che si vuole trasmettere. Il bit uno ha un
periodo di 116us mentre lo zero ha durata esattamente doppia. Lo zero, comunque, ha requisiti
meno stringenti dello uno in quanto i suoi semiperiodi possono essere molto diversi tra di loro.
L’importante è che entrambi siano maggiori di
100us. L’ampiezza del segnale da picco a picco
può variare da 14 a 44 volt. Il livello della tensione dipende dal tipo di scala adottato, in genere
Figura 4 Il segnale DCC
PRATICA
TEORIA
RISORSE
il sistema DCC: introduzione
Prima parte
un segnale con ampiezza di 30volt da picco a
picco può andar bene per ogni tipo di scala.
Il fatto che il bit 0 possa avere semiperiodi diversi, consente di sovrapporre una componente
continua al segnale alternato, semplicemente
allungando la prima o la seconda parte di uno
qualunque degli zeri del messaggio (ad esempio l’ultimo).
Questa deformazione varia il valore medio dell’onda e quindi la sua componente continua.
Questa caratteristica consente di controllare quelle locomotive che non possono essere digitalizzate. Grazie a questo “formato elettrico” Il segnale trasporta due informazioni:
60
Pratica
■
■
L’informazione di potenza, che serve per alimentare i decoder e viene ottenuta raddrizzando e filtrando il segnale.
L’informazione digitale che viene estratta dal
decoder, esaminando il periodo di ciascuna
semionda.
I dettagli sul protocollo elettrico sono descritti nel
documento NMRA S-9.1 DCC Electrical standard.
Il protocollo di comunicazione e
i formati dei messaggi
Il messaggio DCC (in gergo viene detto “pacchetto”) è composto da una flusso di bit così
organizzati:
DECODER
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
Locomotiva
con indirizzo a 7
bit.
Accessori Fissi con
indirizzo su 9 bit.
Figura 5 Formato di un messaggio DCC
■
■
■
Un preambolo (PREAMBLE) composto di
almeno 11 bit a 1. Che serve a sincronizzare
i decoder.
Due o più byte di dati che contengono l’informazione per il decoder da controllare.
Un byte di controllo (CHECKSUM) che contiene l’or esclusivo di tutti i byte di dati. Questo
byte consente ai decoder di verificare la correttezza del messaggio ricevuto.
I byte sono separati da un bit a Zero e il messaggio viene chiuso da un bit a uno. In figura
5 potete vedere il formato generale di un
messaggio.
I byte di dato contengono l’indirizzo e i valori di controllo. Il formato di questi byte dipende dal tipo di decoder che si vuole controllare. In generale il primo byte contiene l’indirizzo o parte di esso, mentre il secondo contiene i valori di controllo (e la restante parte dell’indirizzo).
I formati più usati sono quelli per il controllo
delle locomotive e degli accessori. Questi messaggi sono costituiti da tre byte di cui il primo
contiene l’indirizzo, il secondo i bit di control-
Byte 1
Byte 2
0AAAAAAA
A = indirizzo
D = Direzione
(1=Avanti, 0=indietro)
01DLVVVV
L = Luci
(1=Accese, 0=Spente)
V = Velocità
Funzioni Accessorie
della Locomotiva
0AAAAAAA
con indirizzo a 7 bit.
Tabella 1
SPECIALE
1AAAAAAA
Formato dei pacchetti standard
Decodifica
Note
Formato per il controllo di una
locomotiva con 14 passi di velocità. Il valore 1 della velocità, è
usato come stop di emergenza.
Quando il decoder riceve questo
valore, ferma immediatamente la
locomotiva.
100FFFFF
F = Funzione
(1=Attiva, 0=Inattiva)
1AAASPPP
S = Stato
(1=Attivo, 0=Inattivo) I bit AAA contenuti nel Byte 2
P = indirizzo del
sono in complemento a 2.
modulo funzione.
Il bit 4 controlla sempre le luci.
lo e il terzo la checksum. Nella tabella 1 trovate il loro dettaglio con il significato dei vari bit.
Per brevità nella tabella sono stati indicati solo i
formati dei byte di dato, omettendo il preambolo, i bit di separazione tra i dati e la checksum.
Come avrete notato, nel caso degli accessori
fissi, il primo byte ha il bit più significativo a 1 e
3 bit di indirizzo sono inseriti nel secondo byte.
Indirizzo
0
Questa codifica introduce un’altra caratteristica
dello standard: la partizione degli indirizzi.
Per distinguere i vari messaggi, e per offrire
ampie possibilità di sviluppi futuri, L’NMRA ha
fissato una partizione degli indirizzi. In questo
modo con pochi bit è possibile indirizzare un
numero enorme di dispositivi. Inoltre, avendo
concentrato il significato maggiore dell’indirizzo
nel primo byte (che in gergo viene chiamato
Funzione
Descrizione
Messaggio broadcast
Riservato ai messaggi broadcast.
Viene riconosciuto ed eseguito da tutti i decoder .
Un messaggio broadcast importante è il RESET (con i due byte
di dato a 0) che mette tutti i decoder nel loro stato iniziale.
Decoder Multi funzione
con 7 bit di indirizzo
Riservati alle locomotive con indirizzo standard.
128-191
Decoder per accessori
con 9 o 11 bit di indirizzo
Riservati agli accessori fissi.
L’indirizzo è suddiviso tra i due byte dati del messaggio
192-231
Decoder Multi Funzione
con 14 bit di indirizzo
Riservati alle locomotive con indirizzo esteso.
L’indirizzo è suddiviso tra i due byte dati del messaggio.
232-254
Riservati per usi futuri
-
255
IDLE
Indirizzo del messaggio broadcast IDLE. Il messaggio viene
eseguito da tutti i decoder, ma non modifica lo stato del sistema.
Tabella 2
Partizione degli indirizzi
Significato
Range
Note
1
Indirizzo primario locomotiva
1-127
Spesso il limite superiore è fissato a 112.
2
Tensione di partenza del
motore
0-255
Il motore della locomotiva viene avviato
solo quando viene superata una
determinata soglia di tensione.
3
Curva di accelerazione
0-255
4
Curva di decelerazione
0-255
7
Versione del decoder
0-255
Il formato di questo byte è definitodal
costruttore del decoder.
8
Identificativo del costruttore
del decoder
0-255
La NMRA assegna ad ogni costruttore un
identificativo.
29
Configurazione del decoder
Non definito
Dipende dalle funzioni accessorie
implementate nel decoder.
Elenco delle CV standard per i decoder delle locomotive
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
Indirizzo CV
Tabella 3
Pratica
1-127
61
PRATICA
Prima parte
TEORIA
I dettagli sul protocollo di comunicazione sono
descritti nei documenti NMRA S-9.2 DCC
Electrical standard e RP-9.2.1 DCC Extended
Packet Format.
Pratica
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
SPECIALE
il sistema DCC: introduzione
“SHORT ADDRESS”), il decoder può capire se il
messaggio può riguardarlo, semplicemente
verificando il contenuto di questo byte. In tabella 2 potete trovare tutta la mappa degli indirizzi.
62
RISORSE
L’altro aspetto che possiamo associare al protocollo di comunicazione è quello della configurazione dei decoder. In questo caso lo standard
impone una precisa topologia e formato delle
variabili di configurazione. Per ogni variabile lo
standard impone un indirizzo e un formato. In
particolare la presenza o meno di determinate
variabili e definita come: “Mandatory” se obbligatorie, “Recommended” se non obbligatorie
ma fortemente consigliate, “Optional” se non
necessarie ma consigliate. Il significato e il formato di queste variabili è associato anche al tipo
di decoder. La tendenza generale, comunque” è
quella di utilizzare indirizzi diversi, per le variabili con lo stesso significato, a seconda del tipo di
decoder. Nelle tabelle 3 e 4 trovate un elenco
delle CV standard.
Il protocollo meccanico
Per protocollo meccanico, si intende l’insieme
delle regole “suggerite” per la costruzione fisica
dei decoder.
In questo caso le regole riguardano: i colori dei
fili di connessione dei decoder e la topologia dei
connettori (se presenti) sui moduli DCC. In alcuni documenti di appendice della NMRA si trovano anche dettagli sui formati fisici dei moduli e
alcune considerazioni sulla disposizione dei
moduli nelle locomotive e negli accessori. Ma si
tratta solo dei risultati del lavoro di alcuni gruppi di studio.
Le modalità di funzionamento
Per assolvere a tutti i suoi compiti in modo sicuro, lo standard impone due modalità di funzionamento: quella operativa e quella di servizio.
La modalità operativa è quella in cui il sistema
viene fatto “correre” cioè l’utente comanda
tutti i dispositivi presenti sul plastico.
La modalità di servizio è invece associata alla
configurazione dei decoder.
L’entrata e l’uscita da una modalità all’altra è
regolata da precise sequenze di messaggi e da
precisi indirizzi e formati dei dati.
La modalità operativa
All’accensione del nostro sistema e dopo aver
configurato opportunamente indirizzi e parametri di controllo tramite la centrale di comando, viene eseguita la sequenza di power-up.
Durante questa sequenza vengono inviati almeno 20 di messaggi di RESET seguiti da almeno
10 messaggi di IDLE che servono per mettere il
sistema in uno stato conosciuto. Da questo
momento in poi la centrale di comando comincia ad inviare i pacchetti DCC. La frequenza di
invio dei pacchetti è in genere di 50Hz, ossia un
pacchetto ogni 20msec. I pacchetti vengono
prelevati da una particolare struttura dati, interna alla stazione di comando, detta “COMMAND TABLE”. Ogni elemento di questa struttura contiene le informazioni relative ad un particolare decoder. La struttura viene aggiornata
ogni qual volta l’utente modifica un controllo
sul pannello di comando. I dati vengono prelevati in ordine progressivo e quando viene raggiunta la fine della struttura si ricomincia con il
primo elemento.
Il motivo dell’utilizzo di questo meccanismo di
invio a rotazione, è dovuto al fatto che non esistendo pacchetti di risposta, la stazione di
comando non sa se il comando inviato è stato
ricevuto ed eseguito correttamente. Il sistema,
non è sicuramente dei più efficienti, ma ci
garantisce una certa sicurezza di funzionamento
e poi viste le velocità in gioco un certo ritardo
sull’esecuzione del comando non crea grossi
problemi. Ad esempio se il vostro sistema contiene 50 decoder (beati voi...) ognuno di essi
riceverà un comando ogni secondo. I valori che
ho indicato sono raccomandati ma non richiesti. In realtà lo standard impone che tra due
pacchetti ci sia un intervallo di almeno 5msec,
per dar modo al decoder di verificare ed esegui-
re il comando.
In ogni caso, il periodo massimo tra due pacchetti non dovrebbe superare i 30msec., e questo perché molti decoder hanno la possibilità di
funzionare anche in corrente continua. Questa
modalità di conversione automatica tra digitale
e continua scatta se il decoder non riceve pacchetti (di qualunque tipo) per almeno 30msec
(in realtà alcuni decoder attendono 50msec o
più prima di passare al funzionamento in modalità continua).
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
I prodotti commerciali e
l’auto-costruzione
Il mercato oggi offre molti dispositivi DCC. Tutto
dipende dall’uso e dagli accessori (fissi o mobili)
che vogliamo inserire nel nostro sistema.
Se siamo dei modellisti della domenica allora è
sufficiente un dispositivo tipo ROCO LOKMAUS 2. È un prodotto a basso costo che fornisce tutte le funzioni di base. Se invece abbiamo delle necessità più serie allora dobbiamo
orientarci verso sistemi tipo L’INTELLIBOX di
UHLENBROCK.
63
Pratica
La modalità di servizio
Il meccanismo di programmazione consente di
modificare i parametri caratteristici dei decoder,
in modo da farli rispondere ai comandi in
maniera differente.
Ogni decoder contiene una tabella di parametri
di configurazione. Questa tabella è contenuta in
una memoria non volatile (EEPROM o FLASH) e
i valori contenuti in ognuna delle celle possono
essere modificati o verificati attraverso l’invio di
pacchetti contenenti l’indirizzo della cella e il
valore.
La sequenza di programmazione dipende dalla
modalità di indicizzazione della cella e dal tipo
di operazione che si vuole effettuare (modifica o
verifica di byte o di bit).
A causa del fatto, che i pacchetti di programmazione non tengono conto dell’indirizzo del
decoder di destinazione, e quindi, nel caso di
più locomotive poste sul binario tutte verrebbero programmate con lo stesso valore, nei sistemi DCC esiste un tratto di binario isolato dal
resto del tracciato e collegato ad una uscita
separata del booster. Durante le operazioni di
programmazione le uscite operative del booster
vengono spente e il segnale DCC viene inviato
al binario di programmazione, ove l’utente avrà
posizionato la locomotiva da programmare.
Un discorso a parte meritano i decoder fissi.
Scollegare questi dispositivi dal binario potrebbe essere difficoltoso, quindi le case costruttrici,
adottano i sistemi più disparati per programmarli. Ad esempio ingressi di programmazione
separati, oppure interruttori che consentono di
selezionare la modalità di funzionamento,
oppure meccanismi di programmazione
manuale tramite dip-switch e pulsanti.
A prescindere dal decoder da programmare, la
sequenza di programmazione si evolve nello
stesso modo di quella operativa solo che al
posto dei messaggi di controllo vengono inviati
del messaggi di programmazione. Al termine
dell’invio dei messaggi, se tutto è andato bene,
il decoder sotto programmazione emette un
segnale di acknowledge, che consiste nell’aumento dell’assorbimento di corrente (in genere
60ma per almeno 5msec). Questo aumento
viene “sentito” dal booster che lo comunica alla
stazione di comando con conseguente segnalazione di “programmazione eseguita” verso
l’utente. Questo meccanismo di acknowledge si
rivela molto utile nel caso in cui abbiamo dei
decoder di cui non conosciamo l’indirizzo. In
questo caso la centrale di comando con una
scansione delle variabili di configurazione degli
indirizzi e verificando lo stato del binario riesce
a trovare l’indirizzo sconosciuto grazie al segnale di acknowledge.
Lo standard DCC prevede quattro metodi di
programmazione per le variabili di configurazione, ma in genere tutte le case costruttrici ne
implementano non più di due nei loro decoder.
La differenza tra i vari metodi è legata solo al
modo di indirizzare la variabile di configurazione da programmare. Nella tabella 5 trovate una
sequenza di programmazione tipica. Nella
tabella sono elencati, in sequenza, il tipo di
messaggio inviato e le ripetizioni per ciascun
messaggio.
PRATICA
Prima parte
TEORIA
Pratica
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
SPECIALE
il sistema DCC: introduzione
È una centrale multi-protocollo con display
alfanumerico, tastiera e manopole di controllo.
È molto facile da usare ed ha molte possibilità
di espansione e aggiornamento. Il costo è
abbastanza elevato, ma viste le prestazioni vale
la spesa. Comunque tutti i costruttori si stanno
orientando verso politiche per la produzione di
sistemi “entry-level”, economici e con funzionalità limitate, ma con ampie possibilità di
espansione.
Stesso discorso vale per i decoder, ne esistono
di vari tipi da quelli da pochi euro con le funzioni di controllo minime a quelli che costano
64
RISORSE
diverse centinaia di euro che offrono anche il
controllo del suono. Molti decoder, inoltre,
hanno la possibilità di rispondere a più protocolli (ad esempio NMRA-DCC e FLEISCHMANN-FMZ) Se fate un giretto su
Internet, rimarrete impressionati dall’offerta
commerciale attuale.
l’auto costruzione
In generale con tutti i mezzi messi a disposizione da Internet e visto che tutto sommato ognuno di noi ha a disposizione un computer è possibile costruire qualcosa in casa.
Indirizzo CV
Significato
Range
Note
513
Indirizzo decoder
(parte bassa)
0-63
Questo valore definisce il contenuto dei bit 0-5
dell’indirizzo.
514
Attivazione
ausiliaria
0-255
Definisce la possibilità di attivare le uscite del
decoder con un controllo manuale (ad esempio
un pulsante posto sul decoder).
515-518
Durata del
segnale di
uscita
0-225
Definisce la modalità e la durata dei segnali
in uscita dal decoder. Il valore 0 configura
l’uscita come bistabile. Gli altri valori configurano
l’uscita come impulsiva. In genere il passo è
fissato a 10msec. (10 = 100msec).
Ogni variabile configura due uscite del decoder
secondo la seguente tabella:
515 – U1, U2
516 – U3, U4
517 – U5, U6
518 – U7, U8.
519
Versione del
decoder
0-255
Il formato di questo byte è definito dal costruttore
del decoder.
520
Identificativo del
costruttore del
decoder
0-255
La NMRA assegna ad ogni costruttore un
identificativo.
521
Indirizzo del
decoder
(parte alta)
0-7
Definisce il valore dei bit 6-8 dell’indirizzo.
541
Configurazione
del decoder
Non definito
Dipende dalle funzioni implementate dal decoder.
Tabella 4
Elenco delle CV standard per i decoder degli accessori fissi
Il costo
A questo punto è doveroso porci una domanda,
quanto può costare un sistema del genere?
Il costo ovviamente dipende da molti fattori.
Innanzitutto dipende dal tipologia del plastico e
dagli accessori fissi o mobili presenti. In generale assumendo di avere: 4 locomotive, 6 scambi
e alcune luci, il costo dovrebbe aggirarsi sui
700euro per un sistema commerciale e sui
350euro per un sistema fatto in casa. Queste
cifre sono state calcolate considerando un prezzo medio per i decoder di 45 Euro.
Se ci facciamo qualche concessione possiamo
risparmiare qualcosa. Nel senso che i decoder
fissi, tutto sommato, non sono strettamente
necessari. In fin dei conti per controllare scambi
e luci bastano degli interruttori e un po’ di fili e
se il nostro plastico ha dimensioni medie i
cablaggi non sono impossibili.
Riassumendo, per far funzionare in digitale un
plastico è meglio acquistare i decoder per le
locomotive ma sul resto abbiamo ampie possibilità di scelta.
CONCLUSIONI
Bene per ora credo di aver detto abbastanza
(forse anche troppo). Per maggiori dettagli sul
protocollo, sui formati dei messaggi e sugli
aspetti elettrici e meccanici, vi consiglio di visitare il sito della NMRA (www.nmra.org). In particolare vi consiglio di soffermarvi sugli aspetti
legati alla programmazione dei decoder, importanti per dare al nostro plastico, un impronta
personale circa il suo funzionamento.
Per qualunque dubbio, comunque, non esitate
a contattarmi.
In attesa dei vostri commenti vi rimando alla
prossima puntata dove tratteremo la costruzione del modulo di comando.
Descrizione
Pacchetti Inviati
Ripetizioni
1
Power On
Reset Idle
20
10
2
Sequenza di apertura
del ciclo.
Reset
>= 3
3
Operazione di
programmazione
Programmazione
>= 5
Il numero di bit del preambolo
e aumentata a 20.
4
Sequenza di chiusura
del ciclo
Reset
>= 6
Questo passo è necessaria solo
dopo un operazione di scrittura.
Sequenza di programmazione nella modalità diretta (RP.9.2.3)
Note
FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005
Passo
Tabella 5
65
Pratica
La centrale di comando, il booster e l’alimentatore non costituiscono una grande difficoltà e
tutto sommato anche il software di gestione
(vista la semplicità del protocollo) non è un
ostacolo insormontabile.
Il problema semmai sono i decoder. Per le scale
grandi (HO, TT) non ci sono problemi, nelle locomotive c’è abbastanza spazio per inserire un decoder auto-costruito. Viceversa nelle scale più piccole (N e Z) le operazioni diventano più difficili.
In queste scale (vi ricordo che stiamo parlando
di fattori di riduzione pari 1:160 e 1:220 con
locomotive lunghe 10cm e larghe non più di
2cm) auto-costruire vuol dire ricorrere a moduli a montaggio superficiale e che comunque
hanno grossi problemi di smaltimento del calore visto gli angusti spazi di alloggiamento.
Smaltire il calore vuol dire progettare un accurato sistema di controllo della temperatura di
esercizio usando componenti elettronici costosi
e poco diffusi. Detto questo forse conviene
investire il nostro denaro in buoni decoder e
costruire in casa il resto.
Personalmente, visto che preferisco la scala N,
mi sono orientato verso questa soluzione
costruendo un sistema di controllo basato sull’utilizzo di un PC e acquistando dei decoder
commerciali con le funzioni di base.