Il sistema
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Il sistema
PRATICA Prima parte introduzione TEORIA RISORSE SPECIALE Il sistema Seconda parte il modulo di comando Terza parte Il booster, il modulo di servizio ed il software di controllo A FARE ELETTRONICA -FEBBRAIO 2005 Pratica 54 vete un trenino relegato in cantina, perché è troppo difficile da manovrare? Se sì leggete questo tutorial e forse vi verrà voglia di rimetterlo in sesto e ridiventare bambini. Controllare un sistema ferroviario in miniatura con estremo realismo è stato sempre il sogno di tutti gli appassionati di modellismo. Nel corso degli anni i produttori di materiale ferroviario hanno proposto varie soluzioni, ma nessuna ha mai incontrato il favore del popolo degli appassionati. Oggi la situazione è cambiata, con l’avvento della microelettronica, i metodi di controllo per i plastici ferroviari sono stati rivoluzionati. In questa puntata affronteremo i vari aspetti di questo nuovi “sistemi digitali”, e nelle prossime due puntate realizzeremo un sistema di controllo digitale economico. LA STORIA I sistemi di controllo per i plastici ferroviari si sono sempre basati su soluzioni “analogiche”, semplici dal punto di vista hardware, ma estremamente macchinose dal punto di vista delle connessioni e delle manualità di comando. Nel 1978 la società ZIMO introdusse un sistema di controllo digitale per le sue locomotive. Questo fatto segnò l’inizio dell’era digitale. Da quel momento in poi, tutti i produttori cominciarono a proporre dei sistemi di controllo. Senza entrare nei dettagli dei vari sistemi, alla fine di questo periodo di sperimentazione (anni 90) si affermarono tre standard: ZIMO, MOTOROLA- DCC MARKLIN e NMRA-DCC. Il mercato ha poi premiato maggiormente l’ultimo che, di fatto, è diventato lo standard di riferimento. Questa posizione di predominio è stata conquistata anche grazie all’intervento della NATIONAL MODEL RAILROAD ASSOCIATION (NMRA), un’organizzazione nata negli USA negli anni 50, che riunisce molti appassionati di ferro-modellismo. Tra i compiti fondamentali della NMRA c’è il rilascio degli standard per la costruzione ed il funzionamento dei sistemi ferroviari. Nel 1994 la NMRA rilasciò il primo standard (su proposta della casa costruttrice LENZ) per la produzione e il funzionamento dei sistemi digitali. Io standard venne chiamato DIGITAL COMMAND CONTROL (DCC). Esso definiva un protocollo di comunicazione a livello di binario, senza entrare nei dettagli costruttivi dei singoli elementi. I produttori di materiale ferroviario adottarono rapidamente questo standard al punto che oggi tutti quanti producono dei moduli compatibili. Prima di addentrarci nello studio dei vari dettagli vediamo le differenze tra i sistemi di controllo analogici e digitali. I sistemi di controllo I sistemi di controllo per un plastico ferroviario sono principalmente due: ■ ■ Corrente Continua (DC) Digitale Il metodo DC è quello classico. Il binario è percorso da una tensione continua, variabile in livello e polarità. Variando il livello di tensione si varia la velocità della locomotiva, invertendone la polarità si cambia la direzione di marcia. È il sistema più semplice, ma ha due svantaggi: ■ Livelli di tensione troppo bassi possono non di Corrado D’Achille [email protected] introduzione ■ I problemi indicati sono facilmente superati da un sistema digitale. In questo caso il binario diventa una linea di trasmissione, dove circolano dei messaggi di controllo. Questi messaggi sono composti da un certo numero di byte che contengono le informazioni necessarie per comandare un determinato dispositivo. I messaggi sono generati da una stazione di comando, che traduce i comandi manuali impartiti dall’utente in messaggi digitali, e ricevuti da dispositivi intelligenti (decoder) contenuti nelle locomotive e negli accessori (scambi, semafori, lampioni, ecc.). Ogni decoder è identificato con un indirizzo univoco, e quindi esegue solo i messaggi che contengono il suo indirizzo. I vantaggi sono evidenti: ■ ■ ■ I decoder sono configurabili, ossia le loro caratteristiche di funzionamento possono essere modificate dall’utente in base alle sue esigenze. Ad esempio è possibile modificare la curva di decelerazione di un locomotiva oppure il tempo di lampeggio di un segnale semaforico. Il sistema può essere aggiornato facilmente, basta inserire il nuovo decoder e scegliere per lui un indirizzo non utilizzato. Il sistema ha lo svantaggio di essere unidirezionale, cioè le informazioni possono essere trasmesse solo dalla stazione di comando ai decoder. Il feedback quindi è di tipo “umano”, ma visti i vantaggi non mi sembra una gran limitazione. Detto questo vediamo la composizione di un sistema DCC. COMPOSIZIONE DI UN SISTEMA DCC In figura 1 potete vedere lo schema blocchi di un sistema DCC standard. In esso sono evidenziati i segnali principali che i vari moduli si scambiano. Le frecce sottili identificano segnali singoli, quelle piene gruppi di segnali. La suddivisione mostrata è quella standard, ma nei sistemi più evoluti potrebbero essere presenti altri blocchi (ad esempio interfacce con bus proprietari, oppure controlli aggiuntivi per le funzioni speciali). La descrizione di ciascun blocco conterrà le informazioni minime per capirne il funzionamento, e alcune informazioni aggiuntive riguardo la sua costituzione fisica. L’alimentatore Questo modulo non ha particolari requisiti a parte quelli legati alla potenza impegnata. In genere gli alimentatori sono abbastanza semplici e contengono solo il minimo delle protezioni 55 FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 ■ Vengono completamente rimossi i problemi legati alla conduzione del binario, in quanto il livello della tensione presente sul binario, è costante e sempre al suo massimo valore. Nessun sezionamento è necessario in quanto i messaggi vengono utilizzati solo dal dispositivo a cui sono destinati. Essendo i decoder intelligenti è possibile dotarli di caratteristiche sofisticate circa il controllo delle loro funzioni (luci, suono, etc.) impossibili in un sistema DC. ■ Pratica essere “sentiti” dai motori delle locomotive a causa della cattiva conduzione dei binari. In pratica il controllo della velocità e della direzione di marcia non è preciso. Le manovre di varie locomotive sono complicate, in quanto il binario va sezionato in maniera opportuna al fine di fornire alle varie tratte livelli e polarità di tensione diversi. Il cablaggio del plastico diventa complesso e le operazioni di controllo macchinose. PRATICA Prima parte TEORIA Pratica FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 SPECIALE il sistema DCC: introduzione necessarie per un funzionamento sicuro. 56 RISORSE La stazione di comando La STAZIONE di COMANDO svolge il ruolo di interfaccia con l’utente e generazione del segnale DCC. In genere è composta da un modulo fisso e da un pannello di comando. Il modulo fisso contiene la scheda a microprocessore e le parti di interfaccia con gli altri moduli. Il pannello di controllo è composto da una tastiera per i vari parametri, da uno o più controlli per le locomotive, da vari tasti per le funzioni speciali e da un display per verificare lo stato del sistema. Questa unità di comando è di tipo stand-alone cioè può funzionare senza aggiungere altro. Comunque oggi si stanno affermando anche delle unità che hanno bisogno di un PC per funzionare. Queste unità Figura 1 Schema a blocchi di un sistema DCC sono solo delle interfacce che trasformano i messaggi inviati dal PC (tramite la porta seriale, la porta parallela o quella USB) in segnali digitali. In questo caso il programma di controllo e l’interfaccia utente (Il pannello di comando) è residente sul PC. Sono diffuse soprattutto a livello hobbistico a causa della loro semplicità. Il BOOSTER Il BOOSTER è l’unita’ di potenza. Esso riceve in ingresso i segnali provenienti dalla stazione di comando e li combina con il segnale di potenza proveniente dall’alimentatore. Il risultato di questa operazione è il nostro segnale DCC, pronto per essere inviato al binario. Il booster contiene delle sezioni per la verifica dello stato del binario, in termini di corrente assorbita. Queste sezioni oltre a proteggere il sistema da sovraccarichi e cortocircuiti, vengono utilizzate anche durante la programmazione dei decoder, per verificare l’esito della programmazione (questo aspetto verrà visto nella sezione dedicata ai decoder). 57 Pratica Figura 2a Schema a blocchi di un decoder mobile per locomotive Figura 2b Schema a blocchi di un decoder mobile per funzioni accessorie FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 I Decoder Mobili Sono i decoder contenuti nelle locomotive. Ne esistono di due tipi: quelli per il controllo del movimento e quelli per il controllo delle funzioni accessorie. I primi sono dedicati al controllo del motore e dei fanali delle locomotive, i secondi controllano le funzioni accessorie, ad esempio il suono o le luci nei vagoni. Gli schemi a blocchi di questi decoder sono mostrati nelle figure 2a e 2b. Tutti i decoder offrono la possibilità di essere configurati in base alle esigenze dell’utente. Ad esempio, nel caso dei decoder di movimento, è possibile modificare il numero di passi della velocità, oppure la curva di decelerazione. Questa funzionalità è resa possibile dal fatto che all’interno del decoder sono presenti delle memorie non volatili organizzate per celle. Ad ogni cella (detta Configuration Variable o CV) corrisponde una caratteristica del decoder. Anche qui interviene lo standard NMRA assegnando ad ogni cella un determinato indirizzo e significato. Altro aspetto interessante dei decoder per le locomotive è il metodo di controllo della velocità del motore. Il principio di funzionamento è quello PWM, ossia il motore viene alimentato con una onda quadra con periodo costante, ma con dutycycle variabile. In questo modo la velocità del motore è direttamente proporzionale al dutycycle dell’onda. Il duty-cycle può variare secondo rapporti fissi, definiti all’interno di particolari CV. Questo consente di avere un controllo più o meno fine della velocità della locomotiva. Attualmente lo standard definisce valori di 14, 28 o 128 passi di velocità. Il meccanismo PWM consente inoltre di diminuire la potenza dissipata dai circuiti di controllo e di semplificare la progettazione sia hardware che software del decoder. I decoder di nuova generazione hanno inoltre la possibilità di mantenere la velocità costante, grazie ad un meccanismo di retroazione (detto BACK-EMF). Questo sistema consente di mante- nere la velocità desiderata durante il superamento di forti pendenze e con convogli costituiti da molti vagoni. Il decoder di movimento gestisce anche la fanaleria della locomotiva. In questo caso l’utente può decidere se accendere o spegnere i fanali, mentre il decoder selezionerà i fanali di testa o di coda della locomotiva in base alla direzione di marcia. Nelle scale più grandi (TT, HO) è inoltre possibile avere altri accessori come: generatori di suono, generatori di vapore oppure meccanismi di sgancio dei vagoni.Quest’ultima funzionalità risolve un particolare problema dei sistemi DC. In un sistema DC per sganciare un vagone da un convoglio, si doveva portare il convoglio su un particolare binario, dotato di un meccanismo di sgancio, azionare il meccanismo a mano e poi rimettere in moto il convoglio. Con il nuovo sistema il vagone può essere sganciato in qualunque punto del tracciato senza creare particolari “ingorghi” in prossimità delle stazioni. Queste funzioni accessorie sono gestite dai deco- PRATICA Prima parte TEORIA Pratica I decoder fissi I decoder FISSI sono utilizzati per controllare tutti i meccanismi legati alla movimentazione del binario (ad esempio gli scambi o le piattaforme rotative), le segnalazioni luminose (semafori o luci di emergenza), le luci per l’illuminazione (lampioni) e altro. Ogni decoder è costituito da un gruppo di moduli funzione, indirizzabili singolarmente. Ogni modulo può generare sia segnali impulsivi che bistabili. Nel caso del segnale impulsivo, la sua durata è programmabile (sempre tramite una particolare CV) e può variare da pochi millesimi di secondo ad alcuni secondi. Questa modalità è utile per il controllo degli scambi o delle piattaforme rotative, che in genere necessitano di un segnale impulsivo della durata di qualche decimo di secondo per essere azionati. La modalità bistabile invece serve per controllare dispositivi tipo lampioni. Lo schema a blocchi di un DECODER fisso è mostrato in figura 3. Nella realtà, i moduli di uscita (A1, A2,…) sono accoppiati a due a due e questo per consentire il controllo degli scambi (che ovviamente hanno due posizioni e quindi un doppio meccanismo di attivazione). Il protocollo Come vi ho anticipato lo standard NMRA definisce una serie di regole per il funzionamento dei sistemi DCC. Le regole sono suddivise in tre gruppi: Elettriche, Logiche e meccaniche. FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 SPECIALE il sistema DCC: introduzione der del secondo tipo. Questi decoder sono del tutto simili a quelli per il movimento ma non hanno la sezione di controllo per il motore. 58 RISORSE Figura 3 Schema a blocchi di un decoder fisso Le regole elettriche e logiche sono “obbligatorie”, nel senso che chiunque voglia costruire un dispositivo DCC deve per forza rispettarle. Quelle meccaniche invece sono in un certo senso a discrezione del costruttore. In questo caso lo standard suggerisce delle linee guida, lasciando al costruttore la libertà di migliorarle o di non seguirle affatto. La documentazione completa sullo standard è disponibile nel sito della NMRA (www.nmra.org). I documenti sono identificati con due tipi di prefisso: S (iniziale della parola Standard) definisce un documento di standard, mentre RP (iniziali di Recommended Practices) definisce le regole raccomandate. Devo dire che con il passare degli anni molte delle regole raccomandate stanno diventando “obbligatorie”. Adesso vediamo i tre aspetti del protocollo, limitando la descrizione alle caratteristiche generali. Il protocollo elettrico Il segnale DCC, la cui forma è mostrata in figura 4, è composto da due onde quadre simmetriche. Ogni rotaia riceve una di queste onde. In pratica si tratta di un segnale bilanciato con duty-cycle pari al 50% ma con periodo variabile in funzione del bit che si vuole trasmettere. Il bit uno ha un periodo di 116us mentre lo zero ha durata esattamente doppia. Lo zero, comunque, ha requisiti meno stringenti dello uno in quanto i suoi semiperiodi possono essere molto diversi tra di loro. L’importante è che entrambi siano maggiori di 100us. L’ampiezza del segnale da picco a picco può variare da 14 a 44 volt. Il livello della tensione dipende dal tipo di scala adottato, in genere Figura 4 Il segnale DCC PRATICA TEORIA RISORSE il sistema DCC: introduzione Prima parte un segnale con ampiezza di 30volt da picco a picco può andar bene per ogni tipo di scala. Il fatto che il bit 0 possa avere semiperiodi diversi, consente di sovrapporre una componente continua al segnale alternato, semplicemente allungando la prima o la seconda parte di uno qualunque degli zeri del messaggio (ad esempio l’ultimo). Questa deformazione varia il valore medio dell’onda e quindi la sua componente continua. Questa caratteristica consente di controllare quelle locomotive che non possono essere digitalizzate. Grazie a questo “formato elettrico” Il segnale trasporta due informazioni: 60 Pratica ■ ■ L’informazione di potenza, che serve per alimentare i decoder e viene ottenuta raddrizzando e filtrando il segnale. L’informazione digitale che viene estratta dal decoder, esaminando il periodo di ciascuna semionda. I dettagli sul protocollo elettrico sono descritti nel documento NMRA S-9.1 DCC Electrical standard. Il protocollo di comunicazione e i formati dei messaggi Il messaggio DCC (in gergo viene detto “pacchetto”) è composto da una flusso di bit così organizzati: DECODER FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 Locomotiva con indirizzo a 7 bit. Accessori Fissi con indirizzo su 9 bit. Figura 5 Formato di un messaggio DCC ■ ■ ■ Un preambolo (PREAMBLE) composto di almeno 11 bit a 1. Che serve a sincronizzare i decoder. Due o più byte di dati che contengono l’informazione per il decoder da controllare. Un byte di controllo (CHECKSUM) che contiene l’or esclusivo di tutti i byte di dati. Questo byte consente ai decoder di verificare la correttezza del messaggio ricevuto. I byte sono separati da un bit a Zero e il messaggio viene chiuso da un bit a uno. In figura 5 potete vedere il formato generale di un messaggio. I byte di dato contengono l’indirizzo e i valori di controllo. Il formato di questi byte dipende dal tipo di decoder che si vuole controllare. In generale il primo byte contiene l’indirizzo o parte di esso, mentre il secondo contiene i valori di controllo (e la restante parte dell’indirizzo). I formati più usati sono quelli per il controllo delle locomotive e degli accessori. Questi messaggi sono costituiti da tre byte di cui il primo contiene l’indirizzo, il secondo i bit di control- Byte 1 Byte 2 0AAAAAAA A = indirizzo D = Direzione (1=Avanti, 0=indietro) 01DLVVVV L = Luci (1=Accese, 0=Spente) V = Velocità Funzioni Accessorie della Locomotiva 0AAAAAAA con indirizzo a 7 bit. Tabella 1 SPECIALE 1AAAAAAA Formato dei pacchetti standard Decodifica Note Formato per il controllo di una locomotiva con 14 passi di velocità. Il valore 1 della velocità, è usato come stop di emergenza. Quando il decoder riceve questo valore, ferma immediatamente la locomotiva. 100FFFFF F = Funzione (1=Attiva, 0=Inattiva) 1AAASPPP S = Stato (1=Attivo, 0=Inattivo) I bit AAA contenuti nel Byte 2 P = indirizzo del sono in complemento a 2. modulo funzione. Il bit 4 controlla sempre le luci. lo e il terzo la checksum. Nella tabella 1 trovate il loro dettaglio con il significato dei vari bit. Per brevità nella tabella sono stati indicati solo i formati dei byte di dato, omettendo il preambolo, i bit di separazione tra i dati e la checksum. Come avrete notato, nel caso degli accessori fissi, il primo byte ha il bit più significativo a 1 e 3 bit di indirizzo sono inseriti nel secondo byte. Indirizzo 0 Questa codifica introduce un’altra caratteristica dello standard: la partizione degli indirizzi. Per distinguere i vari messaggi, e per offrire ampie possibilità di sviluppi futuri, L’NMRA ha fissato una partizione degli indirizzi. In questo modo con pochi bit è possibile indirizzare un numero enorme di dispositivi. Inoltre, avendo concentrato il significato maggiore dell’indirizzo nel primo byte (che in gergo viene chiamato Funzione Descrizione Messaggio broadcast Riservato ai messaggi broadcast. Viene riconosciuto ed eseguito da tutti i decoder . Un messaggio broadcast importante è il RESET (con i due byte di dato a 0) che mette tutti i decoder nel loro stato iniziale. Decoder Multi funzione con 7 bit di indirizzo Riservati alle locomotive con indirizzo standard. 128-191 Decoder per accessori con 9 o 11 bit di indirizzo Riservati agli accessori fissi. L’indirizzo è suddiviso tra i due byte dati del messaggio 192-231 Decoder Multi Funzione con 14 bit di indirizzo Riservati alle locomotive con indirizzo esteso. L’indirizzo è suddiviso tra i due byte dati del messaggio. 232-254 Riservati per usi futuri - 255 IDLE Indirizzo del messaggio broadcast IDLE. Il messaggio viene eseguito da tutti i decoder, ma non modifica lo stato del sistema. Tabella 2 Partizione degli indirizzi Significato Range Note 1 Indirizzo primario locomotiva 1-127 Spesso il limite superiore è fissato a 112. 2 Tensione di partenza del motore 0-255 Il motore della locomotiva viene avviato solo quando viene superata una determinata soglia di tensione. 3 Curva di accelerazione 0-255 4 Curva di decelerazione 0-255 7 Versione del decoder 0-255 Il formato di questo byte è definitodal costruttore del decoder. 8 Identificativo del costruttore del decoder 0-255 La NMRA assegna ad ogni costruttore un identificativo. 29 Configurazione del decoder Non definito Dipende dalle funzioni accessorie implementate nel decoder. Elenco delle CV standard per i decoder delle locomotive FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 Indirizzo CV Tabella 3 Pratica 1-127 61 PRATICA Prima parte TEORIA I dettagli sul protocollo di comunicazione sono descritti nei documenti NMRA S-9.2 DCC Electrical standard e RP-9.2.1 DCC Extended Packet Format. Pratica FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 SPECIALE il sistema DCC: introduzione “SHORT ADDRESS”), il decoder può capire se il messaggio può riguardarlo, semplicemente verificando il contenuto di questo byte. In tabella 2 potete trovare tutta la mappa degli indirizzi. 62 RISORSE L’altro aspetto che possiamo associare al protocollo di comunicazione è quello della configurazione dei decoder. In questo caso lo standard impone una precisa topologia e formato delle variabili di configurazione. Per ogni variabile lo standard impone un indirizzo e un formato. In particolare la presenza o meno di determinate variabili e definita come: “Mandatory” se obbligatorie, “Recommended” se non obbligatorie ma fortemente consigliate, “Optional” se non necessarie ma consigliate. Il significato e il formato di queste variabili è associato anche al tipo di decoder. La tendenza generale, comunque” è quella di utilizzare indirizzi diversi, per le variabili con lo stesso significato, a seconda del tipo di decoder. Nelle tabelle 3 e 4 trovate un elenco delle CV standard. Il protocollo meccanico Per protocollo meccanico, si intende l’insieme delle regole “suggerite” per la costruzione fisica dei decoder. In questo caso le regole riguardano: i colori dei fili di connessione dei decoder e la topologia dei connettori (se presenti) sui moduli DCC. In alcuni documenti di appendice della NMRA si trovano anche dettagli sui formati fisici dei moduli e alcune considerazioni sulla disposizione dei moduli nelle locomotive e negli accessori. Ma si tratta solo dei risultati del lavoro di alcuni gruppi di studio. Le modalità di funzionamento Per assolvere a tutti i suoi compiti in modo sicuro, lo standard impone due modalità di funzionamento: quella operativa e quella di servizio. La modalità operativa è quella in cui il sistema viene fatto “correre” cioè l’utente comanda tutti i dispositivi presenti sul plastico. La modalità di servizio è invece associata alla configurazione dei decoder. L’entrata e l’uscita da una modalità all’altra è regolata da precise sequenze di messaggi e da precisi indirizzi e formati dei dati. La modalità operativa All’accensione del nostro sistema e dopo aver configurato opportunamente indirizzi e parametri di controllo tramite la centrale di comando, viene eseguita la sequenza di power-up. Durante questa sequenza vengono inviati almeno 20 di messaggi di RESET seguiti da almeno 10 messaggi di IDLE che servono per mettere il sistema in uno stato conosciuto. Da questo momento in poi la centrale di comando comincia ad inviare i pacchetti DCC. La frequenza di invio dei pacchetti è in genere di 50Hz, ossia un pacchetto ogni 20msec. I pacchetti vengono prelevati da una particolare struttura dati, interna alla stazione di comando, detta “COMMAND TABLE”. Ogni elemento di questa struttura contiene le informazioni relative ad un particolare decoder. La struttura viene aggiornata ogni qual volta l’utente modifica un controllo sul pannello di comando. I dati vengono prelevati in ordine progressivo e quando viene raggiunta la fine della struttura si ricomincia con il primo elemento. Il motivo dell’utilizzo di questo meccanismo di invio a rotazione, è dovuto al fatto che non esistendo pacchetti di risposta, la stazione di comando non sa se il comando inviato è stato ricevuto ed eseguito correttamente. Il sistema, non è sicuramente dei più efficienti, ma ci garantisce una certa sicurezza di funzionamento e poi viste le velocità in gioco un certo ritardo sull’esecuzione del comando non crea grossi problemi. Ad esempio se il vostro sistema contiene 50 decoder (beati voi...) ognuno di essi riceverà un comando ogni secondo. I valori che ho indicato sono raccomandati ma non richiesti. In realtà lo standard impone che tra due pacchetti ci sia un intervallo di almeno 5msec, per dar modo al decoder di verificare ed esegui- re il comando. In ogni caso, il periodo massimo tra due pacchetti non dovrebbe superare i 30msec., e questo perché molti decoder hanno la possibilità di funzionare anche in corrente continua. Questa modalità di conversione automatica tra digitale e continua scatta se il decoder non riceve pacchetti (di qualunque tipo) per almeno 30msec (in realtà alcuni decoder attendono 50msec o più prima di passare al funzionamento in modalità continua). FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 I prodotti commerciali e l’auto-costruzione Il mercato oggi offre molti dispositivi DCC. Tutto dipende dall’uso e dagli accessori (fissi o mobili) che vogliamo inserire nel nostro sistema. Se siamo dei modellisti della domenica allora è sufficiente un dispositivo tipo ROCO LOKMAUS 2. È un prodotto a basso costo che fornisce tutte le funzioni di base. Se invece abbiamo delle necessità più serie allora dobbiamo orientarci verso sistemi tipo L’INTELLIBOX di UHLENBROCK. 63 Pratica La modalità di servizio Il meccanismo di programmazione consente di modificare i parametri caratteristici dei decoder, in modo da farli rispondere ai comandi in maniera differente. Ogni decoder contiene una tabella di parametri di configurazione. Questa tabella è contenuta in una memoria non volatile (EEPROM o FLASH) e i valori contenuti in ognuna delle celle possono essere modificati o verificati attraverso l’invio di pacchetti contenenti l’indirizzo della cella e il valore. La sequenza di programmazione dipende dalla modalità di indicizzazione della cella e dal tipo di operazione che si vuole effettuare (modifica o verifica di byte o di bit). A causa del fatto, che i pacchetti di programmazione non tengono conto dell’indirizzo del decoder di destinazione, e quindi, nel caso di più locomotive poste sul binario tutte verrebbero programmate con lo stesso valore, nei sistemi DCC esiste un tratto di binario isolato dal resto del tracciato e collegato ad una uscita separata del booster. Durante le operazioni di programmazione le uscite operative del booster vengono spente e il segnale DCC viene inviato al binario di programmazione, ove l’utente avrà posizionato la locomotiva da programmare. Un discorso a parte meritano i decoder fissi. Scollegare questi dispositivi dal binario potrebbe essere difficoltoso, quindi le case costruttrici, adottano i sistemi più disparati per programmarli. Ad esempio ingressi di programmazione separati, oppure interruttori che consentono di selezionare la modalità di funzionamento, oppure meccanismi di programmazione manuale tramite dip-switch e pulsanti. A prescindere dal decoder da programmare, la sequenza di programmazione si evolve nello stesso modo di quella operativa solo che al posto dei messaggi di controllo vengono inviati del messaggi di programmazione. Al termine dell’invio dei messaggi, se tutto è andato bene, il decoder sotto programmazione emette un segnale di acknowledge, che consiste nell’aumento dell’assorbimento di corrente (in genere 60ma per almeno 5msec). Questo aumento viene “sentito” dal booster che lo comunica alla stazione di comando con conseguente segnalazione di “programmazione eseguita” verso l’utente. Questo meccanismo di acknowledge si rivela molto utile nel caso in cui abbiamo dei decoder di cui non conosciamo l’indirizzo. In questo caso la centrale di comando con una scansione delle variabili di configurazione degli indirizzi e verificando lo stato del binario riesce a trovare l’indirizzo sconosciuto grazie al segnale di acknowledge. Lo standard DCC prevede quattro metodi di programmazione per le variabili di configurazione, ma in genere tutte le case costruttrici ne implementano non più di due nei loro decoder. La differenza tra i vari metodi è legata solo al modo di indirizzare la variabile di configurazione da programmare. Nella tabella 5 trovate una sequenza di programmazione tipica. Nella tabella sono elencati, in sequenza, il tipo di messaggio inviato e le ripetizioni per ciascun messaggio. PRATICA Prima parte TEORIA Pratica FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 SPECIALE il sistema DCC: introduzione È una centrale multi-protocollo con display alfanumerico, tastiera e manopole di controllo. È molto facile da usare ed ha molte possibilità di espansione e aggiornamento. Il costo è abbastanza elevato, ma viste le prestazioni vale la spesa. Comunque tutti i costruttori si stanno orientando verso politiche per la produzione di sistemi “entry-level”, economici e con funzionalità limitate, ma con ampie possibilità di espansione. Stesso discorso vale per i decoder, ne esistono di vari tipi da quelli da pochi euro con le funzioni di controllo minime a quelli che costano 64 RISORSE diverse centinaia di euro che offrono anche il controllo del suono. Molti decoder, inoltre, hanno la possibilità di rispondere a più protocolli (ad esempio NMRA-DCC e FLEISCHMANN-FMZ) Se fate un giretto su Internet, rimarrete impressionati dall’offerta commerciale attuale. l’auto costruzione In generale con tutti i mezzi messi a disposizione da Internet e visto che tutto sommato ognuno di noi ha a disposizione un computer è possibile costruire qualcosa in casa. Indirizzo CV Significato Range Note 513 Indirizzo decoder (parte bassa) 0-63 Questo valore definisce il contenuto dei bit 0-5 dell’indirizzo. 514 Attivazione ausiliaria 0-255 Definisce la possibilità di attivare le uscite del decoder con un controllo manuale (ad esempio un pulsante posto sul decoder). 515-518 Durata del segnale di uscita 0-225 Definisce la modalità e la durata dei segnali in uscita dal decoder. Il valore 0 configura l’uscita come bistabile. Gli altri valori configurano l’uscita come impulsiva. In genere il passo è fissato a 10msec. (10 = 100msec). Ogni variabile configura due uscite del decoder secondo la seguente tabella: 515 – U1, U2 516 – U3, U4 517 – U5, U6 518 – U7, U8. 519 Versione del decoder 0-255 Il formato di questo byte è definito dal costruttore del decoder. 520 Identificativo del costruttore del decoder 0-255 La NMRA assegna ad ogni costruttore un identificativo. 521 Indirizzo del decoder (parte alta) 0-7 Definisce il valore dei bit 6-8 dell’indirizzo. 541 Configurazione del decoder Non definito Dipende dalle funzioni implementate dal decoder. Tabella 4 Elenco delle CV standard per i decoder degli accessori fissi Il costo A questo punto è doveroso porci una domanda, quanto può costare un sistema del genere? Il costo ovviamente dipende da molti fattori. Innanzitutto dipende dal tipologia del plastico e dagli accessori fissi o mobili presenti. In generale assumendo di avere: 4 locomotive, 6 scambi e alcune luci, il costo dovrebbe aggirarsi sui 700euro per un sistema commerciale e sui 350euro per un sistema fatto in casa. Queste cifre sono state calcolate considerando un prezzo medio per i decoder di 45 Euro. Se ci facciamo qualche concessione possiamo risparmiare qualcosa. Nel senso che i decoder fissi, tutto sommato, non sono strettamente necessari. In fin dei conti per controllare scambi e luci bastano degli interruttori e un po’ di fili e se il nostro plastico ha dimensioni medie i cablaggi non sono impossibili. Riassumendo, per far funzionare in digitale un plastico è meglio acquistare i decoder per le locomotive ma sul resto abbiamo ampie possibilità di scelta. CONCLUSIONI Bene per ora credo di aver detto abbastanza (forse anche troppo). Per maggiori dettagli sul protocollo, sui formati dei messaggi e sugli aspetti elettrici e meccanici, vi consiglio di visitare il sito della NMRA (www.nmra.org). In particolare vi consiglio di soffermarvi sugli aspetti legati alla programmazione dei decoder, importanti per dare al nostro plastico, un impronta personale circa il suo funzionamento. Per qualunque dubbio, comunque, non esitate a contattarmi. In attesa dei vostri commenti vi rimando alla prossima puntata dove tratteremo la costruzione del modulo di comando. Descrizione Pacchetti Inviati Ripetizioni 1 Power On Reset Idle 20 10 2 Sequenza di apertura del ciclo. Reset >= 3 3 Operazione di programmazione Programmazione >= 5 Il numero di bit del preambolo e aumentata a 20. 4 Sequenza di chiusura del ciclo Reset >= 6 Questo passo è necessaria solo dopo un operazione di scrittura. Sequenza di programmazione nella modalità diretta (RP.9.2.3) Note FARE ELETTRONICA - FEBBRAIO 2005 Passo Tabella 5 65 Pratica La centrale di comando, il booster e l’alimentatore non costituiscono una grande difficoltà e tutto sommato anche il software di gestione (vista la semplicità del protocollo) non è un ostacolo insormontabile. Il problema semmai sono i decoder. Per le scale grandi (HO, TT) non ci sono problemi, nelle locomotive c’è abbastanza spazio per inserire un decoder auto-costruito. Viceversa nelle scale più piccole (N e Z) le operazioni diventano più difficili. In queste scale (vi ricordo che stiamo parlando di fattori di riduzione pari 1:160 e 1:220 con locomotive lunghe 10cm e larghe non più di 2cm) auto-costruire vuol dire ricorrere a moduli a montaggio superficiale e che comunque hanno grossi problemi di smaltimento del calore visto gli angusti spazi di alloggiamento. Smaltire il calore vuol dire progettare un accurato sistema di controllo della temperatura di esercizio usando componenti elettronici costosi e poco diffusi. Detto questo forse conviene investire il nostro denaro in buoni decoder e costruire in casa il resto. Personalmente, visto che preferisco la scala N, mi sono orientato verso questa soluzione costruendo un sistema di controllo basato sull’utilizzo di un PC e acquistando dei decoder commerciali con le funzioni di base.