Il valore della ricerca scientifica
Transcript
Il valore della ricerca scientifica
Il valore della ricerca scientifica intervento a: DS - Diritto alla Scienza Le forme e i luoghi della società della conoscenza Napoli - Città della Scienza, 19 dicembre 2005 Mi sento un poco imbarazzato a dovere parlare del “valore della Ricerca scientifica”. Sono imbarazzato per diverse ragioni: perchè il concetto di “valore della ricerca scientifica” è tautologico e non dovrebbe quindi richiedere spiegazioni, men che meno interventi, perchè vi sono qui persone che hanno comunque già elaborato, meglio di quanto io sappia fare, questo concetto. Perdonatemi quindi se dirò alcune banalità. Tuttavia, dopo alcuni anni di mortificazione culturale, anche le banalità assumono valore e può valere la pena di soffermarcisi. L’informazione è potere, la cultura è potere, la scienza è potere. Appena questa verità viene assimilata, diventa chiaro che informazione, cultura e scienza vanno quindi distribuite il più chiaramente e capillarmente possibile, vanno rese patrimonio del più ampio numero possibile di persone. Il terreno è fertile e la domanda è chiara e forte a tutti i livelli. Lo vediamo ogni volta che si presenta una occasione di partecipazione. La ricerca scientifica, come momento di crescita del sapere, è alla base di tutto questo. Va incentivata e i suoi risultati devono diventare patrimonio di tutti. Solo così si può interrompere una spirare al ribasso che ci sta facendo perdere posizioni, per quanto riguarda crescita, innovazione e sviluppo, sia in ambito europeo che mondiale. Vorrei spendere due parole anche in merito al rapporto tra ricerca di base e ricerca applicata perché in questi ultimi tempi ho sentito troppe volte promuovere il concetto che la prima produce solo conoscenza mentre la seconda produce tecnologia, innovazione, ricchezza. La ricerca di base, nota anche come “ricerca pura” è da tempo considerata come un accessorio, un lusso che ci si può permettere quando le cose vanno per il meglio ma che è tra le prime cose da sacrificare quando la congiuntura è meno favorevole. Questo è un concetto che non è nato in questi ultimi anni ma in questi ultimi anni è stato esasperato in modo strumentale. Il valore della cultura scientifica è andato perdendosi, ucciso da una mentalità aziendale molto attenta a valutare il presunto profitto immediato ma non l’investimento, così come lo speculatore è interessato alle plusvalenze a breve termine ma non al valore aggiunto sul medio o lungo periodo. Vorrei che questo pretestuoso equivoco tra ricerca di base e ricerca applicata venisse superato. Permettetemi una provocazione: la ricerca applicata non esiste. Esiste solo la ricerca di base ed esistono poi le applicazioni della ricerca di base. Io mi occupo di astrofisica. Studio l’universo e ciò che lo costituisce cercando di contribuire alla comprensione di problemi quali: com’è cominciato, come è arrivato ad essere così come noi lo conosciamo ora, come finirà. Converrete che questa ricerca rientra tra le cosiddette ricerche di base o pure. A suo tempo ha prodotto il modello Copernicano e poi il Big Bang e più recentemente l’inflazione cosmica. Converrete anche, che viene abbastanza naturale pensare che l’astrofisica e la cosmologia siano scienze fini a se stesse e non portino a ricadute produttive. Niente di più falso. Dalla astrofisica e dalla esplorazione spaziale sono derivate una quantità notevole di sviluppi tecnologici. Le apparecchiature per il controllo di sicurezza degli aeroporti sono uno spin-off dello sviluppo di rivelatori per astronomia X, così come lo sono alcune innovazioni per monocromatizzare la radiazione usata per mammografie o altri screening di massa, aumentando il contrasto delle immagini e abbattendo le dosi assorbite. Tutta la miniaturizzazione ha avuto grande impulso dall’esplorazione spaziale. Il laser, che permette di scrivere e leggere CD e DVD ed è ormai ubiquito nelle nostre case, è figlio di studi sulle leggi di Planck sulla radiazione, sui concetti di emissione spontanea e indotta e sulla elettronica quantica. Noi speriamo che la notte della ricerca finisca presto e che si torni a riconoscere alla ricerca scientifica il ruolo di motore indispensabile per la crescita e il rilancio culturale ed economico del Paese. Si dovrebbe procedere su due binari distinti e complementari. Da un lato servono interventi rapidi e specifici, finalizzati ad affrontare alcuni punti nodali: reclutamento, finanziamenti, valutazione, internazionalizzazione, e così via. Sono punti che sono già stati sviluppati molto bene e discussi qui in modo articolato. Spendo solo due parole per perorare la causa di una Agenzia Italiana per la Ricerca Scientifica. Le risorse per la ricerca non solo sono insufficienti, ma sono anche mal gestite e disperse a livello di molti Enti, senza che vi sia alcun collegamento e programmazione. Fondi per la ricerca esistono in molti ministeri (Agricoltura, Salute, Difesa, Industria e Ambiente) oltre che al MIUR. Più recentemente attribuzioni di fondi vengono effettuate anche dal Ministero dell’Innovazione. In aggiunta, altri organismi come il CNR (oggi meno che in passato) le Regioni, l’AIFA (Agenzia Italiana per il Farmaco) e l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), per dirne alcuni, finanziano progetti di ricerca. Tutto ciò crea frammentazione, spese di gestione multiple, duplicazioni di progetti, finanziamenti a pioggia ed in definitiva una cattiva utilizzazione delle poche risorse disponibili. Sarebbe quindi auspicabile istituire l’Agenzia Italiana per la Ricerca Scientifica (AIRS) con l’obiettivo principale di raggruppare, razionalizzare e gestire tutte le risorse pubbliche disponibili per la ricerca, interfacciandosi con l’Agenzia Europea per la Ricerca. Deve essere una struttura agile e flessibile che utilizzi le regole normalmente in vigore presso analoghe agenzie europee e americane, organizzata con modalità multidisciplinari riferendosi ai grandi problemi della società. Tale suddivisione potrebbe includere vari settori strategici quali: ambiente, comunicazione, materiali avanzati, farmaceutica, l’area biomedica, fisica, chimica, eccetera. La suddivisione delle risorse per i diversi settori di ricerca dovrebbe avvenire “a posteriori” sulla base della qualità delle proposte presentate e delle scelte strategiche del Paese. Compito dell’Agenzia sarà anche quello di preparare in tempi adeguati lo stato di avanzamento della ricerca scientifica italiana. Le valutazioni dei progetti di ricerca dovranno essere fatte sulla base di una nuova unità di misura rivoluzionaria: il merito, coinvolgendo anche referee stranieri. I progetti di ricerca prescelti dovranno essere finanziati per il loro effettivo costo evitando finanziamenti a pioggia. L’AIRS privilegierà i controlli “in itinere” e a “posteriori”, verificando i risultati ottenuti e la congruità delle spese sostenute. La costituzione dell’Agenzia per la ricerca rappresenterebbe un elemento di stimolo, di rinnovamento e di qualificazione della ricerca scientifica italiana. Ci saranno comunque scelte difficili da fare per reperire le risorse necessarie a rimediare al dissesto attuale e a recuperare competitività. Sarà quindi necessario sviluppare intorno a queste scelte un ampio consenso. E questo mi porta al secondo punto. Il sapere è un bisogno primario, come il cibo o il sonno. È necessario renderlo più accessibile, cominciando dall’educazione scolastica. Per gli scienziati, poi, deve diventare un obbligo, morale e reale, quello di spiegare, senza sensazionalismi e senza creare false aspettazioni quanto viene imparato e quanto viene scoperto. Sarebbe auspicabile che ogni progetto di ricerca scientifica finanziato con il denaro pubblico contenesse un impegno alla divulgazione. Negli anni ’50 c’è stata una intensa campagna di alfabetizzazione degli adulti. Ecco, abbiamo bisogno di qualcosa di simile, di un grosso sforzo per una seconda alfabetizzazione, scientifica in questo caso. Tamponerebbe il declino delle iscrizioni alle facoltà scientifiche, alzerebbe il livello culturale del paese, renderebbe le persone più libere perché meno ignoranti. Le avvicinerebbe alla scienza e creerebbe supporto alla ricerca. Qualche tempo fa ho seguito, per televisione, alcune brevi fasi del processo ad alcuni ciarlatani e sono rimasto esterrefatto di fronte alla quantità di persone truffate a seguito della loro credulità e, in ultima analisi, ignoranza. Gente che si è rovinata per comprare numeri sicuri per il lotto o per farsi togliere il malocchio. Ho pensato che era anche colpa nostra, di noi che di scienza viviamo, e che non abbiamo imparato a distribuire il nostro sapere scientifico. Siamo stati per decenni condizionati a pensare la scienza, vissuta come tecnica, seconda all’umanesimo, al classicismo e non altrettanto meritevole di diffusione. Liberiamoci di questo fardello crociano e gentiliano. Di culture ce ne è una sola. Tommaso Maccacaro Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Brera e Gruppo 2003