la citta` e le donne - Starnet

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la citta` e le donne - Starnet
Non si trasformano una società, una
cultura, una comunità attraverso
azioni individuali. Questo è un
problema condiviso, ma quello che
ci ostiniamo a fare è tentare di
trovare soluzioni individuali.
(Idelisse Malavé)
2
Leggere un rapporto sulla vita femminile può ad alcuni sembrare una cosa futile,
forse la stanca ripetizione di un rituale ormai consegnato al passato.
Si sentono da più parti, ed anche nel dibattito politico nazionale, voci secondo cui le
donne, ottenuti pari diritti e dignità, dovrebbero semplicemente smettere di
rivendicare cose che già possiedono perché ulteriori richieste sarebbero solo intese
ad ottenere ingiustificati privilegi.
Di fatto il pregiudizio corre anche per questa via e con esso una forza di esclusione
che non è mai venuta meno, e che oggi, talvolta, si mostra come fastidio verso quelle
che si pensano lamentele senza fondamento.
Con ciò si mette la sordina alla condizione femminile dichiarandola del tutto
accettabile e paritaria rispetto alla vita degli uomini. Non è così, non è ancora così.
E non è in nessun senso una questione di “femminismo”, ma dell’individuazione di
concretissimi bisogni ed esigenze e del riconoscimento che questi, per biologia e
cultura, sono differenti da quelli degli uomini, richiedendo perciò una diversa
attenzione e sensibilità.
Di fatto i più vieti giudizi sulle donne e sul loro ruolo nella vita familiare e sociale sono
presenti ed anzi tornano a diffondersi con rinnovato vigore. Può essere relativamente
raro che vengano espressi in modo esplicito e platealmente discriminatorio, anche se
casi del genere non mancano: per esempio professioniste cui si comunica senza
vergogna che verranno pagate meno del loro collega maschio semplicemente perché
sono donne. Si tratta di casi che, se resi pubblici, vengono subito liquidati come
incidenti spiacevoli ed occasionali: di siffatti incidenti è costellata la vita di moltissime
donne.
Il fatto è che, dato un sistema giuridico che garantisce alle donne la tutela dei loro
diritti personali, manca ancora una legislazione che ne riconosca la differenza e la
specificità (su questioni anche terribili come la violenza sessuale subita; l’insicurezza
e la paura emergono costantemente nelle risposte delle donne di Como); ma più
ancora, quello che manca è una diffusa atmosfera culturale di riconoscimento, non si
dice dei diritti e della differenza specifica delle donne, ma anche solo del rispetto e
dell’uguaglianza effettiva che è loro dovuta.
Che vita conducono in questo clima le donne di Como?
La sensazione che emerge con nettezza leggendo i risultati del rapporto è che,
nonostante affiori spesso una orgogliosa rivendicazione delle proprie capacità,
l’atteggiamento generale resta quello di una delusa rassegnazione.
La città appare pigra e inospitale, incapace di offrire alle donne occasioni che le
realizzino professionalmente e personalmente.
3
Il lavoro delle donne è per lo più precario e mal retribuito a parità di impegno con gli
uomini; e, anello debole del mondo del lavoro per definizione, le donne subiscono in
modo peggiore il momento di crisi dell’economia locale.
Ma la delusione e la sfiducia serpeggiante si fanno sentire anche per ciò che
riguarda la vita personale: il tempo da dedicare a se stesse è pochissimo; le
occasioni e i luoghi per crescere e realizzarsi come persona sono rari; poche e per lo
più sfornite librerie, nessun testo in lingua straniera; spettacoli teatrali troppo costosi;
ma anche scarso sostegno delle istituzioni alla vita culturale intesa come tessuto
organico e capillare capace di rendere vitale e vivibile una città al di là dei grandi
eventi.
Non è un caso che simili richieste giungano dal mondo femminile, più sensibile ad
esperienze di crescita individuale non riconducibili alla competizione e alla pura
affermazione professionale.
E a questo tipo di sensibilità si connette l’esigenza di spazi, luoghi e occasioni per
poter conoscere persone ed avere una più appagante vita di relazione: la solitudine
delle donne è una questione dolorosa e aperta.
I locali della città invece sono per lo più pensati come luogo di esibizione delle
donne, che vi appaiono in quanto oggetti sotto lo sguardo maschile, e non pensati
invece come luoghi di incontro tra soggetti che scambiano le proprie esperienze.
L’essere oggetto-di-sguardi, la concezione della donna come mera figura estetica, ha
un intenso valore simbolico che comporta, attraverso una malintesa centralità,
l’accettazione di un ruolo socialmente subalterno. Ma anche questo fa parte di una
cultura diffusa che consegna alla donna una posizione vicaria e ancillare.
La sensibilità femminile non trova quindi piena rappresentanza nell’immaginario
sociale e nella vita della comunità; la tendenziale esclusione delle donne dalla vita
politica è perciò ottenuta non attraverso divieti, ma per le vie forse indirette ma
efficacissime del mancato sostegno politico ad esigenze cui non si presta ascolto, e
di una coltre di rispetto formale che copre a stento una sostanziale ideologia di
esclusione diffusa e pervasiva.
Si tratta di lottare contro un muro tanto più solido quanto più se ne nega l’esistenza;
ed è pertanto necessario capire bene i problemi in gioco e renderli il più possibile
precisi. Questo rapporto è un contributo in questa direzione.
4
Una città “vivibile ed accessibile” secondo le donne
La città “vivibile ed accessibile” è espressione di un progetto corale, un progetto in
cui anche le donne si sentono chiamate in causa in prima persona e
responsabilizzate nei cambiamenti necessari per rendere la città sana, accogliente,
ospitale, in armonia con i tempi e le scelte di vita di uomini e donne che vi abitano.
Cambiamenti che riconducono, quindi, ai valori su cui ognuno modella il suo fare e
che si esprimono nei modi del vivere, ma anche nel lavoro e nelle relazioni
interpersonali.
La città “vivibile ed accessibile” è quindi bella, oltre che sicura; è flessibile, aperta,
solidale, capace di accogliere e prendere le forme, le misure, i linguaggi, i colori di
chi la abita.
Spesso invece non succede proprio così. Patiamo invece il dolore di vivere in una
città brutta. Brutta non nelle sue forme estetiche, negli oggetti e nei luoghi in cui
agiamo, ma nelle forme della vita sociale, della comunicazione, delle aspirazioni
mancate, della difficoltà di relazioni, del lavoro.
In questa realtà sono appunto le donne quelle più penalizzate, quelle che devono
fare i conti con la pressione della vita quotidiana, con l’organizzazione sociale poco
attenta agli individui, ma anche con l’invecchiamento dei propri cari, o con la cura dei
figli, con il lavoro, con l’esiguità del tempo per sé.
Attraverso uno specifico questionario il Comitato per la Promozione
dell’Imprenditoria Femminile di Como ha voluto indagare su come vivono oggi le
donne della nostra provincia alcuni aspetti della propria città, come la giudicano in
funzione di come la sentono, per evidenziare le criticità e le difficoltà, per cercare di
dare risposte sempre più adeguate alle loro attese e ai loro bisogni, per costruire
assieme quella città “vivibile ed accessibile” che, per tutti i cittadini, uomini o donne,
dovrebbe essere un diritto.
L’indagine si è basata su alcuni temi chiave, quali:
-
la possibilità di realizzazione e di successo personale e lavorativo;
la qualità dei servizi offerti in ambito culturale e del tempo libero,
le relazioni personali,
la religione e la sicurezza
l’amministrazione della città.
Abbiamo coinvolto un ampio numero di donne, di ogni età, titolo di studio, posizione
occupazionale per poter disporre di dati più significativi ed attendibili possibili.
L’alta adesione ha confermato la naturale sensibilità delle donne verso le tematiche
di qualità della vita, con la volontà di salvaguardare i propri diritti ed incidere a livello
sociale, politico, culturale della propria città.
5
CARATTERISTICHE
DELLE
DONNE
INTERVISTATE
1. Classi di età
Il grafico riporta la percentuale delle partecipanti al sondaggio suddivise per fasce di
età.
La maggior concentrazione risulta essere tra i 30 e i 49 anni di età.
DONNE PER CLASSI DI ETA'
%
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
44%
32%
24%
da 18 a 29 anni
da 30 a 49 anni
oltre 50 anni
2. Titolo di studio
Oltre un terzo delle testimoni è in possesso di una laurea, mentre il 39% ha un
diploma di istruzione media secondaria.
6
DONNE PER TITOLO DI STUDIO
%
39%
40
35
30
25
20
15
10
5
0
34%
14%
licenza
media
14%
corsi
professionali
diploma
laurea
3. Ambiti lavorativi
Per quanto riguarda gli ambiti lavorativi, la porzione più alta delle intervistate è
rappresentata da lavoratrici dipendenti.
Il 19% è composto da imprenditrici, lavoratrici autonome e professioniste.
DONNE PER SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
14%
altro
8%
studentessa
3%
disoccupata
19%
imprenditrice/lavoratrice
autonoma/professionista
56%
lavoratrice dipendente
0
10
20
30
40
50
60
7
4. Provenienza territoriale
La maggior parte delle donne che hanno aderito all’indagine risiedono nel comune
capoluogo (70%); vi è stata comunque una buona percentuale di donne residenti anche in
altri comuni della provincia.
DONNE PER PROVENIENZA
%
70
70%
60
50
40
30
20
10
7%
5%
Cantù
Erba
0
Como
6%
Bellagio
12%
Altri comuni
della
provincia
8
RISULTATI DEL SONDAGGIO
Il questionario:
1 - Alcuni giudicano il territorio comasco tranquillo, altri leggono in questo
un segno di immobilità e depressione. Per quali delle due immagini
propende?
La prima domanda posta alle donne è stata quella di esprimere un giudizio sulla
propria città, ponendo due alternative: città “tranquilla” o viceversa “immobile e
depressa”.
Le risposte ricevute alle due ipotesi non presentano grossi scostamenti, pur con una
prevalenza di giudizi positivi: il 54% delle donne giudica Como una provincia
tranquilla, piacevole, a dimensione umana, dove si vive nel complesso bene, ma il
46% leggono in questo un segno di “disagio” , di “opacità”.
L’affermazione più ricorrente tra coloro che definiscono il territorio come immobile e
depresso è “ Como è una città poco dinamica, poca creativa , poco stimolante”.
Il senso di “immobilità” associato al territorio è ben sintetizzato nell’espressione
anch’essa diffusa “sono anni che non percepisco rilevanti miglioramenti nella vita
della mia città”.
Tra gli elementi che portano a considerare il territorio depresso vengono indicati la
mancanza di iniziative, di nuovi progetti, la scarsità di offerte ed opportunità,
soprattutto per i giovani e le donne, la mancanza e la precarietà del lavoro, la paura
di rischiare.
Altra lamentela è legata alla “poca attenzione che Como ha verso i
quotidiani ed ai bisogni delle famiglie”.
problemi
9
Alcuni giudicano il territorio comasco tranquillo, altri
leggono in questo un segno di immobilità e
depressione? Per quale delle due immagini propende?
46%
54%
tranquillo
immobilità/depressione
Non contribuiscono a creare una immagine positiva del nostro territorio neanche i
giornali, che spesso mettono in evidenza dati poco rassicuranti.
Per finire, altra criticità è legata al fatto che spesso le iniziative offerte non sono
accessibili a tutti, ma riservate solo ad un numero ristretto di persone (“se non
appartieni ad un club, sei tagliata fuori”).
2 - E’ soddisfatta della vita culturale della sua città?
Un secondo aspetto su cui l’indagine ha cercato di far luce è la soddisfazione delle
donne sull’offerta culturale esistente.
Il 55% del campione ritiene inadeguato il livello di offerta culturale, pur se si comincia
ad avvertire un certo miglioramento in questi ultimi tempi, con la nascita di alcune
importanti iniziative.
10
E' soddisfatta della vita culturale della sua città?
45%
SI
55%
NO
Alta risulta la richiesta di più eventi musicali, concerti e spettacoli teatrali.
Particolarmente apprezzati sono anche gli incontri letterali e le mostre d’arte di
qualità.
Mancano però gli spazi associativi, di ritrovo e culturali.
Oggi i luoghi di aggregazione sembrano essere quasi esclusivamente i centri
commerciali dove la relazione è mediata dal consumo. La città senza luoghi di
incontro, come in alcuni quartieri, rende difficile una vita culturale attiva, così come è
difficile prendere “possesso” della città, sentirla propria e viverla in tutti i suoi aspetti.
L’alternativa dovrebbe essere invece una città con molteplici luoghi di relazione tra
soggetti diversi, in cui gli spazi pubblici siano disponibili per tutti e oggetto di
attenzione collettiva.
Un altro problema messo in evidenza è l’alto costo degli eventi culturali offerti, che
penalizzano soprattutto la partecipazione dei giovani.
3 - Sente la sua città come un luogo in cui poter realizzare le proprie
aspirazioni?
Como è ritenuto un luogo incapace di offrire alle donne occasioni che le realizzino
professionalmente e personalmente.
Il territorio comasco viene giudicato dal 58% delle risposte poco generoso
nell’aiutare le donne a realizzare le proprie aspirazioni (“non è sicuramente un luogo
idoneo a soddisfare le proprie aspirazioni visto cosa offre attualmente alle donne”).
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Dal punto di vista delle potenzialità Como è ritenuta una provincia che potrebbe
offrire molto, ma la mentalità tipica dei comaschi non sempre lo rende possibile.
Affermazioni del tipo “la mentalità è troppo chiusa”, “Como è troppo provinciale”,
sono ripetute frequentemente da molte donne.
Sente la sua città come un luogo in cui poter
realizzare le proprie aspirazioni?
58%
60
42%
50
40
30
20
10
0
SI
NO
Scarse e molto precarie sono ritenute le opportunità di lavoro esistenti per le donne.
Non vi sono le condizioni per stimolare una partecipazione lavorativa femminile più
attiva.
In provincia di Como ad esempio la quota di popolazione “inattiva” è per le donne
pari al 62,5%, mentre quella “attiva” è del 37,5%. Per la componente maschile è
esattamente il contrario: la componente “attiva” è predominante su quella “inattiva”
(rispettivamente 62% e 38%).
Non tutto però è considerato negativo: qualcosa oggi comincia a cambiare (“la città si
sta attivando per creare nuove possibilità”). Il settore turistico, ad esempio, se
sviluppato potrebbe essere un settore particolarmente interessante per le donne.
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4 - Nella sua città c’è partecipazione alla vita della comunità?
Le donne, ritenute parte della comunità, spesso sono però escluse dalla vita attiva
della comunità stessa, intesa sia come momento di relazione tra i diversi soggetti,
ma soprattutto come governo della cosa pubblica.
Nella sua città c'è partecipazione alla vita
della comunità?
SI
34%
NO
66%
Due donne su tre dichiarano che nella propria città non vi è una partecipazione
attiva alla vita della comunità.
Non solo le donne, ma in genere i cittadini non si avvicinano spesso
all’amministrazione della propria città. Ad esempio le Circoscrizioni dovrebbero
essere vissute come luogo in cui vi sia una partecipazione attiva della collettività.
Partecipazione attiva intesa non solo come diritto dei cittadini ma anche come
dovere.
Alcune delle motivazioni addotte alla scarsa partecipazione alla vita della comunità
sono riconducibili, secondo le intervistate,
soprattutto ai modi di essere dei
comaschi (“molto individualisti”; “penso che ognuno fa generalmente i fatti suoi per
abitudine”; “città individualista, tendenza ad aggregarsi in piccoli gruppi difficilmente
accessibili”; “c’è poca collaborazione tra le persone”; “troppa diffidenza”; “eccessivo
spirito critico”).
13
5 - Le relazioni sono importanti nella vita, la sua città favorisce questi momenti
di relazione?
Nelle precedenti risposte le donne indicano come carenti i punti e luoghi di incontro
e di socializzazione, così come denunciano la scarsità di iniziative, di qualsiasi
genere, messe in campo nella propria città.
Coerentemente quindi non sorprende che il 60% delle donne intervistate ritiene che
la città non favorisca momenti di relazione tra le persone (“pochi sono i momenti in
cui è possibile avere relazioni”; “la città favorisce solo relazioni convenzionali,
politica, volontariato”; “il fatto di promuovere l’apertura dei negozi il venerdì sera, ad
esempio, potrebbe essere interessante, ma di fatto poi non c’è nulla e le persone
non sono invogliate ad uscire e relazionarsi con gli altri, quando gli altri sono la
maggior parte extracomunitari e/o drogati”).
Le relazioni sono importanti nella vita, la sua città
favorisce questi momenti di relazione?
SI
40%
NO
60%
Per una città è importante mettere al centro la cura delle relazioni, per aiutare a
dirimere i conflitti, per costruire la sicurezza, per contrastare quel male del nostro
tempo che è la solitudine, la povertà della comunicazione tra le persone e superare
individualismi ed egoismi.
Questa capacità di cura delle relazioni è un talento e una ricchezza che le donne
sanno esprimere, la vediamo concretamente attivata da tante donne verso altre più
bisognose, da donne italiane verso donne immigrate, dalle tante donne impegnate
nel volontariato sostenendo chi è più debole, nel lavoro di cura verso le persone che
si amano.
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6 - Secondo lei le donne comasche sono valorizzate?
Le donne a Como sentono riconosciuto il loro valore?
Così come si evince dal grafico sotto riportato la situazione appare tutt’altro che
positiva, soprattutto per quanto riguarda la politica.
L’85% delle donne intervistate ritiene di non sentirsi valorizzata in ambito politico,
mentre il 57% non sente apprezzate le sue capacità nella vita sociale cittadina né
nella vita professionale (“le donne a Como non hanno mai avuto l’opportunità di poter
dimostrare quanto valgono”).
Secondo lei le donne comasche sono valorizzate?
Nella vita sociale
cittadina
Nella vita politica
85%
90
80
70
70
60
60
50
50
40
40
30
30
20
15%
90
90
80
80
70
57%
SI
NO
43%
40
30
20
10
10
0
57%
60
50
43%
20
10
Nella vita
professionale
0
0
SI
NO
SI
NO
In una società in cui le donne stanno rapidamente colmando tutti i gap, acquisendo
parità in tutti i campi, anche in quelli che fino a ieri erano riservati esclusivamente
agli uomini, esse non riescono tuttavia a rompere quel soffitto di cristallo che
impedisce loro ancora oggi di accedere ai piani apicali del sistema economico,
dell’organizzazione sociale e della politica (“in politica sono tutti uomini e le donne
non hanno spazio”; “presenze scarse, quasi nulle, nelle liste elettorali e
nell’amministrazione politica”).
.
15
Il ruolo delle donne rimane ancora molto inferiore a quello che la loro consistenza
numerica e la loro preparazione giustificherebbe. Ciò accade peraltro in una realtà
in cui le donne sono ormai qualificate quanto gli uomini e mediamente più istruite.
Oggi in Italia
economici.
le donne sono sottorappresentate nei processi decisionali politici ed
Questo è naturalmente un grande limite, in quanto le donne difficilmente potranno
avviare mutamenti nelle leggi se non sono presenti dove si può decidere.
Rispetto agli altri Paesi europei l’Italia è tra i paesi con la più bassa percentuale di
donne in Parlamento: l’11% dei seggi alla Camera e l’8% al Senato.
La situazione in Europa:
-
Svezia, Danimarca, Finlandia, Olanda, Belgio, Germania ed Austria, hanno nei
parlamenti nazionali rappresentanze femminili superiori al 30%;
-
Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Gran Bretagna, hanno rappresentanze che
vanno dal 15 al 30%;
-
Irlanda, Francia e Grecia hanno presenze femminili fra il 9 al 13 per cento.
Anche la possibilità concreta per le donne di migliorare le chanches di carriera e di
leadership, oltre che la loro presenza in settori fino ad oggi preclusi, sembra
rappresentare ancora oggi un percorso difficile, con limiti e resistenze che rendono
questo trend tuttora molto lento (“scarse possibilità per le donne di accedere ad
alcune posizioni”; “sono pochissime le donne nei luoghi decisionali in genere”;
“poche sono quelle che hanno incarichi importanti sia nella vita sociale che
professionale”).
Molte ricerche mettono in evidenza la disparità di opportunità professionali.
Ci sono discriminazioni visibili, manifeste, conclamate. Altre, quelle più pericolose,
non le si vede, ma lavorano in profondità.
Il fenomeno non si materializza più nel senso di un “divieto di accesso” alle donne in
settori lavorativi tradizionalmente maschili, quanto piuttosto in una forma di
“segregazione occupazionale”. Quasi per una legge non scritta, le donne vengono
ancora occupate in grande prevalenza in settori tradizionalmente femminili, mentre in
altri settori tendono ad essere relegate nei lavori più ripetitivi e subordinati.
La “scalata” ai vertici delle responsabilità nel mondo del lavoro rimane per le donne
quasi preclusa ed eventualmente conquistata a costi altissimi.
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7 - La religione è importante nella sua vita?
A questa domanda
affermativamente.
la
stragrande
maggioranza
delle
donne
ha
risposto
La religione non è però vista esclusivamente come momento di culto, ma anche
come bisogno di difendere e mantenere le proprie tradizioni e le proprie radici.
Esigenza che forse oggi si vive con più forza proprio perché si sta assistendo a
situazioni di forte contrapposizione tra culture e religioni diverse, che esasperano la
pretesa identitaria di ognuna di esse e moltiplicano le manifestazioni di intolleranza e
integralismo religioso. La demonizzazione del “diverso”, visto come nemico (“è’
giusto credere nella propria religione e difendere il diritto di avere affissi i crocifissi”;
“a Como il dibattito si ferma esclusivamente alle polemiche sulle moschee”).
La religione è importante
nella sua vita?
90
80
73%
70
60
50
40
27%
30
20
10
0
SI
NO
La religione viene vista dalle intervistate anche come punto di riferimento e di
stabilità sociale ( “perché oggi è importante avere un punto di riferimento per andare
avanti”; “da regole alla vita”; “da sicurezza sociale alla città” ed “influenza la vita
culturale della città”).
Alla religione viene anche attribuita una funzione aggregante (“rappresenta un
momento di incontro tra le persone”).
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8 – Ci sono circostanze in cui si sente in minor considerazione perché donna?
A questa domanda 6 donne su 10 rispondono che non si sentono tenute in minor
considerazione perché donne.
Una quota non indifferente, il 40%, ritiene invece che l’essere donna spesso porta ad
avere scarsa considerazione sia in ambito professionale, sociale e nella politica. (“è’
la realtà della nostra società che ci porta ad essere tenute in minor considerazione
perché donne”; “quando gli uomini parlano spesso pensano alla donna come ad un
essere inferiore”).
Ci sono circostanze in cui si sente tenuta in minor
considerazione perchè donna?
SI
40%
NO
60%
In particolare, in ambito professionale molte donne lamentano di essere tenute in
minor considerazione rispetto ai colleghi uomini, perché ritenute meno affidabili e
quindi meno competitive degli uomini (“viene valorizzata meno la donna a parità
professionale con un uomo”).
9 – La vita delle donne è più minacciata dalla solitudine o più protetta?
La solitudine è prevalentemente femminile: lo dichiarano 6 donne su 10.
L’affermazione è collegata a diversi fattori, dalla crisi della famiglia, che porta molte
donne a rimanere sole con figli, alla debolezza economica delle donne.
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La vita delle donne è più minacciata dalla
solitudine o più protetta?
39%
Più protetta
61%
Più minacciata
0
10
20
30
40
50
60
70
Inoltre, il fatto che le aspettative di vita sono maggiori nella donna e che, per un
fatto di costume, l’uomo sposi spesso una donna più giovane, la vedovanza e quindi
la solitudine è prevalentemente più femminile.
Secondo dati abbastanza recenti, più della
ultrasessantenni vive in condizione di solitudine.
metà
delle
donne
italiane
All’interno poi della categoria di donne sole, vi sono gruppi di donne ancora più a
rischio. Sono le donne nubili e le donne separate/divorziate che possono contare in
genere su redditi modesti (“la paura delle difficoltà economiche è ancora più forte
soprattutto quando le donne sono o rimangono sole”)
Se è però vero che da un lato la famiglia “protegge” la donna nel caso di espulsione,
non accesso, o sotto-retribuzione nel mondo del lavoro, tale protezione viene pagata
con un’altra dipendenza, quella dal marito capofamiglia. Il lavoro domestico e di cura
dei membri della famiglia, che continua a gravare sulla donna, contribuisce a
salvaguardare il lavoro del capofamiglia che rimane il titolare del reddito famigliare
ma non contribuisce certamente ad aumentare il benessere femminile, inteso non
tanto in termini monetari, ma come qualità della vita, stato di salute, vita sociale,
tempo libero.
Infine, un sistema di organizzazione produttiva, economica e sociale come quello
attuale, il cui baricentro è prevalentemente spostato sul profitto, tende a ridurre diritti
e spazi di libertà e le protezioni sociali, che rischiano di perpetrare discriminazioni
tra cittadini – soprattutto donne – e alimentano fenomeni di esclusione sociale.
19
10 – Ritiene che la sua città sia meno sicura che in passato? Se si, questa
mancanza di sicurezza coinvolge uomini e donne in ugual misura?
La nostra provincia è percepita come meno sicura rispetto al passato dal 63% delle
risposte. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza, pur se determina un
deterioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini, sembra coinvolgere in misura
più pesante le donne (“le donne sono maggiormente esposte alla violenza”;
“aumento della criminalità dovuto alla disoccupazione ed all’arrivo di
extracomunitari”).
Ritiene che la sua città sia
meno sicura che in passato?
70
Se si, questa mancanza di
sicurezza coinvolge uomini e
donne in egual misura?
70
63%
60
60
50
50
54%
46%
38%
40
40
30
30
20
20
10
10
0
SI
NO
0
SI
NO
I pericoli e la paura sono legati all’aumento della criminalità e della violenza alla
quale, secondo le donne intervistate, corrispondono “pochi controlli da parte delle
forze dell’ordine” e “poca sorveglianza, soprattutto la sera”.
.
Il concetto quindi di sicurezza nella città, di giorno come di notte, è da ripensare e da
completare prendendo in considerazione le priorità e i punti di vista delle donne,
poiché sono spesso le donne ad essere ancora il bersaglio delle aggressioni e della
violenza.
20
Ad esempio occorre “recuperare e rivitalizzare il tessuto urbano”, aumentando
l’illuminazione e la sorveglianza. Le zone pedonali potrebbero diventare spazi di vita
collettiva, anziché campo di azione indisturbata da parte di vandali e disadattati.
E’ evidente che una “città animata” è anche una città più “sicura” per tutti, cittadini e
cittadine, nella consapevolezza che la pericolosità è data dalla “chiusura” e non
“dall’apertura”.
Una città più rassicurante favorisce quindi la mobilità di tutti e delle donne in
particolare, che altrimenti correrebbero il rischio di segregazione, mentre invece
devono poter beneficiare d’una attenzione particolare nelle politiche, mirata ad
accrescere la loro mobilità (“Non si è sicuri e non ci si sente di uscire da sole di sera
e frequentare alcune zone”).
11 – Crede che l’incolumità e la sicurezza delle donne all’interno delle mura
domestiche sia oggi più minacciata che in passato?
La stragrande maggioranza delle donne ritiene che la sicurezza all’interno delle mura
domestiche non sia oggi più minacciata che in passato (“le donne di oggi sono più
consapevoli dei propri diritti”; “le donne di questa generazione sono più indipendenti
e sicure”).
Purtroppo, dalle cronache, si assiste però ad un aumento di reati nei confronti delle
donne proprio
in ambito famigliare:
contrariamente a quanto si ritiene
comunemente, la maggior parte delle violenze perpetrate ai danni delle donne
spesso sono opera di parenti, partner,
ed avvengono all’interno delle mura
domestiche.
Risulta infatti in aumento il “disagio sociale” dovuto soprattutto a problemi di ordine
economico, disoccupazione, incognite sul futuro, che fanno emergere l’aggravarsi
dei rapporti familiari e di coppia ed un aumento della violenza e dell’aggressività
fisica e psicologica verso le donne (“molti uomini sfogano le proprie frustrazioni
all’interno della famiglia”).
Sempre più donne sono oggi perseguitate da molestie da parte di ex mariti, ex
fidanzati e purtroppo alcune volte queste molestie sfociano in qualche cosa di ben
più grave, come le violenze fisiche (“l’uomo, il marito, il compagno è diventato più
aggressivo”).
21
Crede che l'incolumità e la sicurezza delle donne
all'interno delle mura domestiche sia oggi più
minacciata che in passato?
SI
35%
NO
65%
Non sempre la violenza sulle donne assume la forma di quella fisica. Ma spesso
viene esercitata in modo più astuto, ma non per questo meno avvilente ed umiliante.
E’ il caso della violenza psicologica o della violenza economica, che privano la donna
delle proprie risorse personali e dei mezzi economici indispensabili per sottrarsi alla
prevaricazione ed alla sopraffazione della propria persona (“le donne desiderano più
libertà e ciò non sempre viene accettato all’interno della famiglia”).
12 – Ritiene che oggi sia più difficile per una donna intraprendere un’attività di
successo?
Per quasi la metà delle intervistate oggi è più difficile che in passato per una donna
intraprendere un’attività professionale di successo. L’ostacolo maggiore, sia nei
percorsi di carriera sia nell’avviare un lavoro in proprio, è dato principalmente dallo
sforzo di conciliazione tra il lavoro di cura e il lavoro produttivo.
Questa considerazione, tra le testimoni, è fortemente condivisa; si potrebbe quindi
dedurre che la maggior parte di esse abbiano dovuto personalmente lottare per
raggiungere le proprie aspirazioni (“solo con grandi sacrifici la donna può trovare
riconoscimenti nel suo lavoro”; “gli uomini sono più realizzati nella propria vita
professionale rispetto a noi donne perché su di noi grava quasi per intero il lavoro
familiare”).
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Ritiene che oggi sia più difficile per una donna
intraprendere un'attività professionale di
successo?
80
60
49%
51%
SI
NO
40
20
0
Nell’attuale contesto culturale l’attività di cura domestica è sentita ancora come una
attività femminile e il “privilegio” di potersi anche occupare, in modo impegnativo,
di una realtà lavorativa, è una posizione che la donna raggiunge solo con molte
fatiche, rinunce e spesso sensi di colpa.
I tempi del lavoro, i tempi delle istituzioni e i tempi della città non sempre sono i
tempi delle donne. Sono stabiliti dagli uomini, che hanno sempre trovato comodo
avere la donna ad accudire la casa, la famiglia (“fino a quando non si ha una
famiglia, non vi sono difficoltà; nel momento in cui ci sono dei figli è più difficile
conciliare lavoro e famiglia”).
Il persistere di quella che è chiamata “doppia presenza”, caratterizza infatti la
maggior parte della vita delle donne. Esse si trovano quindi a dover gestire, oltre al
lavoro extra domestico, anche il lavoro familiare che non viene affatto alleggerito.
Le ricerche dimostrano che il tempo meno “comprimibile” è proprio quello del lavoro
familiare. Quando ad esempio nasce un figlio, la donna attinge ulteriori tempi al
lavoro, compromettendo la possibilità di carriera, il tempo libero, il tempo fisiologico.
Al contrario, per l’uomo il tempo è usato in modo estremamente più rigido: quello
che rimane dal lavoro non viene utilizzato a vantaggio della famiglia, più facilmente a
vantaggio del tempo libero., anche se a tal proposito sembra che nelle giovani
generazioni di maschi stia avvenendo una inversione di tendenza.
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Va anche sottolineato che il tempo del lavoro familiare va assumendo caratteristiche
sempre più ampie e complesse, sia per il permanere più a lungo dei figli in famiglia,
sia per l’ampliamento dell’impegno per la cura degli anziani.
Il tempo è considerato dalle donne una risorsa preziosa: consente rapporti, consente
di dedicarsi ad una professione, consente spazi di libertà per sé. E’ una componente
importante del benessere
Solo aiutando la donna che lavora, favorendo il suo inserimento in azienda, si aiuta
la famiglia più di quanto possono fare i bonus ai bambini o agli anziani.
Il territorio deve mettere in campo azioni a favore delle famiglie, un piano integrato
che guardi alla famiglia come al soggetto centrale della società, per favorire
l’integrazione di ciascuno dei suoi componenti nel tessuto sociale.
Il lavoro è uno dei fattori fondamentali di integrazione. La donna non deve essere
lasciata a casa, ma le deve essere consentito di partecipare attivamente al mondo
del lavoro senza rischiare la propria integrità familiare. Spesso invece per molte
donne il lavoro e la famiglia sono due opportunità “alternative”.
Altri ostacoli sono riconducibili ai pregiudizi culturali della nostra società,
difficilmente superabili, che considerano le donne meno credibili degli uomini. Inoltre
gli uomini difficilmente sono disposti a mollare il proprio “potere” (“ovunque esiste
una mentalità maschilista che tende a valorizzare poco le donne, c’è molta diffidenza
nei confronti delle donne che spesso sono considerate meno credibili ed affidabili”) .
La mancanza di risorse economiche è un ulteriore limite alla realizzazione delle
proprie aspirazioni.
La famiglia si può aiutare anche aiutando la donna che lavora e che fa impresa.
Spesso invece, la percezione delle intervistate è che, le organizzazioni che
dovrebbero accompagnare le donne nell’intraprendere una attività, non tengono
conto, nell’erogazione dei servizi,
delle
specificità proprie di una donna
(“intraprendere in generale per le donne è difficile perché la mentalità di tutte le
organizzazioni è di tipo maschilista e non sempre favorisce l’intraprendenza
femminile”).
13 – Ritiene che le attuali difficoltà economiche possano danneggiare
maggiormente le donne?
Le attuali difficoltà economiche danneggiano in maggior misura le donne. Ne sono
convinte 7 donne su dieci.
Ha senso parlare di disagio, povertà, esclusione sociale al femminile, anche in una
società come la nostra? La domanda potrebbe essere posta anche in un altro modo:
il disagio, la povertà e l’esclusione sociale hanno una connotazione di genere? Vi
sono cioè delle condizioni di disagio imputabili unicamente o prevalentemente al fatto
di essere donne anziché uomini?
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Si, a questa domanda si può affermare di sì.
L’essere donna, per lo meno a certe condizioni, espone maggiormente, rispetto agli
uomini, a rischi economici. Sembra un paradosso ritenere che oggi le donne sono più
soggette a dipendenza economica, dopo
le conquiste recenti in tema di
emancipazione.
Le donne a parità di condizioni degli uomini, addirittura a migliori condizioni se si
guarda il titolo di studi, subiscono una maggior dipendenza economica,
essenzialmente a causa dell’organizzazione e delle trasformazioni del mercato del
lavoro e delle peculiarità femminili, per esempio la maternità. Oppure perché le
donne più facilmente si “accontentano”, e ciò “autorizza” il mercato a discriminarle.
Crede che le attuali difficoltà economiche possano
danneggiare maggiormente le donne?
31%
69%
SI
NO
I redditi delle donne restano ancora molto più bassi rispetto a quelli dei colleghi
uomini. Tanto minori che le donne spesso percepiscono, in media, la metà o anche
meno dei maschi ( “le retribuzioni delle donne sono tendenzialmente inferiori rispetto
a quelle degli uomini”).
Secondo una recente classificazione apparsa sul Sole 24 ore dello scorso ottobre
2005, si va dai 15 mila euro medi delle architette (rispetto ai 28,5 milioni di euro dei
colleghi professionisti) ai 20 mila euro delle ingegnere, che resta ben lontano dai
quasi 40 mila euro dichiarato dagli uomini, mentre si ferma a 23 mila il reddito medio
percepito dalle avvocatesse, quando i legali maschi superano abbondantemente i 56
mila euro di reddito medio complessivo.
Rispetto alle garanzie e alla stabilità del lavoro, è noto come in caso di crisi
economica le donne siano le prime a perdere il posto di lavoro, specialmente se
collocate ai livelli lavorativi più bassi (“le donne sono quelle che vengono licenziate
prima a favore del mantenimento dei livelli occupazionali degli uomini”).
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C’è da aggiungere poi la nota difficoltà per le donne, soprattutto delle fasce centrali di
età e a livelli medio bassi di collocazione, di rientrare nel mondo del lavoro, magari
quando non hanno più il pressante impegno di accudire a figli piccoli.
Il quadro si fa più drammatico se si considera quanto le donne siano impiegate nel
sommerso, nel lavoro nero, anche a domicilio.
14 – E’ soddisfatta di come è amministrata la sua città?
Per amministrare una città è indispensabile conoscere il territorio e le caratteristiche,
capirne “la vocazione”, saper ascoltare i bisogni di chi ci vive e lavora, comprenderne
i problemi e prospettare le soluzioni migliori. Ma amministrare significa anche essere
in grado di comunicare con i propri cittadini, superando il complesso meccanismo
della burocrazia, che rallenta e vincola le tempistiche degli enti locali e,
contestualmente, chiarire senza incertezze quali strade sono state intraprese
nell’interesse e per il bene della collettività.
Ebbene, se da una prima analisi dei questionari in nostro possesso emerge un
quadro abbastanza desolante – con circa il 64% delle partecipanti che ha espresso
perplessità sulle modalità con cui sono amministrate le città della nostra provincia –
d’altro canto non possiamo non chiederci se questa insoddisfazione nasca dalla
mancanza di conoscenza dell’opinione pubblica di quanto le amministrazioni hanno
avviato senza essere in grado di comunicarlo, dal fatto che agli enti locali più vicini
(Comune) vengano imputate le manchevolezze anche degli altri enti superiori
(Provincia, regione, Stato), dalla mancata condivisione delle scelte effettuate o delle
priorità individuate da parte dei singoli Comuni, o, ancora, dalla percezione di una
mancanza di decisionalità e quindi di conseguenti azioni concrete.
Le ragioni che vengono prodotte a giustificazione di tale scontentezza aiutano a far
luce su questi dubbi. Nella maggior parte dei casi appare che la diffidenza verso le
istituzioni in genere sia talmente radicata da avere riflessi su tutti i livelli, tra le
motivazioni addotte, infatti convivono le lamentele per la mancanza di infrastrutture
con quelle legate alla criticità dei trasporti, all’inadeguatezza degli spazi per le
famiglie alle carenze della sanità.
Emergono, per altro, anche reclami più mirati, indirizzati alla sporcizia delle strade,
al degrado del patrimonio immobiliare della città, all’assenza di aree verdi adeguate,
più in generale ad un senso di disorganizzazione.
Ma ancora una volta è al livello politico più in generale che sembrano volersi
imputare le colpe maggiori e se agli amministratori locali viene attribuita un’eccessiva
litigiosità, causa di lungaggini e ritardi (“basta guardarsi attorno per capire che le
cose non vanno, due esempi: la Ticosa e l’Ospedale Sant’Anna”) i parlamentari
appaiono ormai lontani dai problemi dei cittadini (“troppe mancanze dei nostri
politici”, “i politici troppo assenti sui problemi della città”) e quindi non in grado di
porvi rimedio.
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Quanto vi sia in questi giudizi di critica mirata, legata alle scelte e all’attività dei
singoli politici, rispetto ad una generica dichiarazione di scetticismo verso l’intera
classe politica non è dato sapere.
E' soddisfatta di come è amministrata la sua città?
SI
36%
NO
64%
15 – Quali sono le qualità che ritiene indispensabili in un amministratore
pubblico o politico?
Per quanto riguarda le qualità che le donne intervistate ritengono indispensabili per
un buon amministratore pubblico o politico, al primo posto troviamo la “capacità”,
intesa come competenza per il ruolo e le attività che dovranno svolgere, quindi
incarichi dati non più soltanto come suddivisione di poltrone tra partiti politici, ma
scelte in base alla competenza professionale.
Altra caratteristica richiesta agli amministratori e politici è la “serietà”. Serietà intesa
in termini ampi del termine, cioè anche come “onestà” nel proprio lavoro,
“oculatezza” nell’amministrare risorse pubbliche, “correttezza” nella scelte,
“disponibilità ad ascoltare” i bisogni dei cittadini.
La “coerenza” nell’operato è anch’essa ritenuta qualità indispensabile: spesso
invece la percezione che i cittadini hanno è che spesso non vi sia una
corrispondenza tra ciò che si promette e l’operato degli stessi.
27
Inoltre gli amministratori pubblici ed i politici dovrebbero essere “autonomi” rispetto
ai partiti nelle scelte da affrontare, poiché si richiede che la loro attività sia rivolta al
bene dei cittadini e non alle logiche dei partiti.
Q u a li s o n o le q u a lit à c h e rit ie n e in d is p e n s a b ili in
u n a m m in is tra t o re p u b b lic o o p o lit ic o ?
90
80
78%
76%
70
63%
60
50
40
30
21%
20
13%
10
0
c a p a c ità
s e r ie tà
c o e re n za
a u to n o m ia
a ltr o
16 – Quali sono prioritariamente gli interventi e/o investimenti che ritiene
debbano essere effettuati subito dall’amministrazione della sua
città (infrastrutture, scuole, ospedale, etc.)?
Prima di inoltrarci nell’analisi delle risposte fornite, occorre fare una premessa
metodologica. La città di Como, in qualità di capoluogo, viene intesa quasi come
“simbolo” dell’intero territorio provinciale. Sono infatti molti i questionati che, pur
compilati da donne residenti in Comuni diversi, segnalano problematiche o esigenze
tipiche della città – quali la soluzione del nodo Ticosa o le paratie – così come
tematiche sovracomunali – come il nuovo Ospedale o il potenziamento delle grandi
infrastrutture – sebbene non siano di esclusiva o diretta competenza del Comune di
Como, vengono intesi come dipendenti dell’esecutivo cittadino. Questo fattore incide
naturalmente sugli esiti del questionario.
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Dal grafico che segue è immediatamente visibile che per le cittadine della provincia
di Como la prima preoccupazione riguarda la mancata costruzione del nuovo
Ospedale, ritenendolo prioritario rispetto agli interventi da attuare.
La carenza di infrastrutture che penalizza fortemente il sistema economico locale ed
i cittadini è considerata la seconda priorità da prendere in considerazione da parte
degli amministratori. Sono anni che questi problemi vengono posti come fattori
determinanti per lo sviluppo di Como, ma sono anni che si attende una soluzione.
Il miglioramento delle strutture scolastiche è un’altra delle emergenze messe a fuoco
nell’indagine: gli edifici scolastici
spesso richiedono interventi strutturali
particolarmente onerosi ed ogni anno scolastico inizia con le solite difficoltà.
Bisognerebbe potenziare gli impianti sportivi delle scuole, permettendo anche il loro
uso oltre l’orario scolastico, così come fanno altri paesi europei, per dare
l’opportunità ai giovani di praticare attività sportiva.
Interventi e investimenti che si ritengono
prioritari
Costruzione nuovo ospedale
40%
28%
Migliorare le infrastrutture
18%
Migliorare le scuole
Più strutture da dedicare ai
giovani, ai bambini, alla cultura
ed al tempo libero
15%
14%
Migliorare il traffico e viabilità
12%
Migliorare, illuminare e pulire le
strade cittadine
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Prioritaria è considerata anche l’esigenza di interventi per la realizzazione di strutture
rivolte ai cittadini, in particolare quelle da destinare a manifestazioni culturali e ad attività
per il tempo libero.
Il traffico e la viabilità sono anch’essi considerati emergenze su cui intervenire, così come
vengono sollecitati progetti per migliorare l’illuminazione e la pulizia delle strade.
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