Artigianato e industria:Camillo Boito e il recupero della tradizione

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Artigianato e industria:Camillo Boito e il recupero della tradizione
Artigianato e industria:Camillo Boito e il recupero della tradizione
artigianale italiana tra passato, presente e futuro
Come è ormai noto, Camillo Boito fu uno dei più vivaci assertori di quella “nobiltà del fare” che da
sempre ha caratterizzato il lavoro degli artigiani e degli artisti italiani.
Una tradizione che affonda le sue radici nel Medioevo per svilupparsi sempre più, durante il
Rinascimento e nei secoli seguenti, grazie al contatto diretto con pittori, scultori e architetti,
mantenendo sempre una qualità esecutiva di altissimo livello unita ad una geniale utilizzazione di
materie prime di largo consumo trasformate ad arte per simulare materiali preziosi quali, ad
esempio, i bronzi dorati o le pietre dure: quello che infatti da sempre ha distinto la nostra
produzione artigianale in tutti i campi, dall’esecuzione di un mobile a quella di un gioiello, dalla
realizzazione di un interno a quella di un effimero apparato teatrale, è stata la capacità di mettere in
pratica i sempre variati progetti decorativi ideati dagli architetti al servizio delle principesche
famiglie italiane utilizzando prodotti di facile reperimento per creare magnifiche opere dove la
materia, vinta dall’arte, fosse in grado di destare l’ammirazione di critici e committenti.
Tutto ciò si doveva al talento di artigiani rimasti per lo più anonimi fino alla seconda metà
dell’Ottocento quando, sulla scia delle pubblicazioni anglosassoni,
anche gli storici italiani
cominciarono a riscoprire, attraverso lo studio dei documenti d’archivio, i nomi degli ebanisti,
intarsiatori, intagliatori, orafi, argentieri, vetrai e plasticatori autori dei monumentali arredi
conservati nei palazzi e nelle chiese della penisola.
Si iniziava allora a scrivere una storia dei protagonisti delle rivoluzioni stilistiche operatesi nel
corso dei secoli, la cui creatività artistica permise la nascita e l’affermazione del moderno design.
Venivano indagati i fattori storici e sociologici che avevano generato figure professionali di grande
spicco e se ne proponeva il modello alle giovani generazioni. Tra otto e Novecento lo studio delle
arti decorative, inteso come riflessione interdisciplinare tra la storia
dell’arte e quella
dell’evoluzione dell’economia, della tecnologia e della società, ebbe un grande influsso sul mondo
dell’artigianato che andava indirizzandosi sempre più verso un tipo di produzione industrializzata
senza per questo perdere la caratteristica più propriamente artistica del manufatto.
In questo campo appare sintomatica la scelta editoriale della rivista Arte Italiana Decorativa e
Industriale, fondata nel 1891 e poi diretta per un lungo periodo da Camillo Boito di promuovere,
attraverso articoli dal taglio giornalistico, lo sviluppo delle arti decorative in Italia affiancandosi
così a quanto si stava facendo da alcuni anni in Inghilterra, grazie al gruppo Arts and Crafts.
Proprio attraverso questo importante strumento di divulgazione il critico si impegnò fattivamente a
fornire agli artigiani quei “buoni modelli” tanto richiesti dalle scuole e dalle manifatture nazionali.
A questo scopo alle illustrazioni dei volumi erano affiancate tavole sciolte raffiguranti particolari
disegnati a grandezza naturale e corredate di piante e sezioni. “Le pareti delle officine e delle scuole
– scriveva infatti Boito – dovrebbero all’incontro venire tappezzate di codesti ampi disegni sicché
l’operaio e l’alunno abbiano sotto gli occhi delle rappresentazioni effettive, tali da poter essere
tradotte con precisione assoluta nel legno, nel ferro, nel marmo, nella terracotta …”.
Il programma di Boito nel campo dell’artigianato, se da un alto si inseriva nella tradizione
divulgativa inaugurata a partire dalla fine del Settecento con la stampa di repertori d’ornato e di
mobilia, dall’altro se ne distaccava poiché la rivista non si limitava alla semplice diffusione di
modelli decorativi, ma poneva le basi per quel nuovo modo di strutturare le officine e formare i
giovani artigiani in linea con le mutate condizioni lavorative maturate all’interno della rivoluzione
industriale ottocentesca.
Gli articoli sull’evoluzione del gusto e dell’artigianato italiano pubblicati Arte Italiana Decorativa e
Industriale, e successivamente da Emporium (il primo numero uscì nel 1895), si inserivano dunque
all’interno dell’evoluzione dell’editoria nazionale dedicata allo sviluppo dell’industria al fine di
agevolare ai giovani “la via all’arte al mestiere”. La strada degli studi sulle arti decorative aperta in
Italia nella seconda metà dell’Ottocento da Boito ebbe così nelle riviste novecentesche un
eccezionale strumento di divulgazione a carattere nazionale che fece conoscere ad un vasto
pubblico la storia delle nostre tradizioni artigianali e contemporaneamente, attraverso articoli
illustrati, “ciò che di più interessante e di più caratteristico” si tentava di fare “in fatto d’arti
applicate così in Italia come all’estero”.
A quasi un secolo di distanza le parole di Camillo Boito ci giungono quanto mai attuali per
introdurre alcune tra le più significative realtà d’eccellenza del “made in Italy” che, pur
ricollegandosi alla nostra tradizione artigianale, hanno saputo adeguarla alle mutate e versatili
esigenze della civiltà contemporanea sfruttando tecnologie all’avanguardia e prodotti derivati dalle
più recenti scoperte scientifiche come avviene, ad esempio, nei laboratori di restauro.
Stiamo infatti assistendo in questi ultimi anni, dopo un lungo periodo caratterizzato dall’uso di
prodotti realizzati in serie, ad una ulteriore rivoluzione del gusto operata dalle grandi marche del
mondo della moda che stanno dando sempre più importanza all’artigianato e quindi a tutti quei
manufatti la cui unicità sta proprio nell’originalità creativa e nella perfetta esecuzione. Stanno
nascendo nuove manifatture e la richiesta di artigiani altamente specializzati è in aumento: per
questo in città che vantano un grande passato manifatturiero, come ad esempio a Firenze, nascono
associazioni con il compito sia di fondare centri dove le tecniche artigianali possano essere adattate
all’alta tecnologia dei nostri tempi, sia di agevolare e mantenere vivo il passaggio generazionale tra
i vecchi “capibottega”, detentori di antichi saperi, e i giovani apprendisti i quali sempre più stanno
riscoprendo che il lavoro artigianale – come aveva messo in luce Camillo Boito - non è solo
eseguire un progetto elaborato da altri, ma è esso stesso fonte di creatività.
Enrico colle