Relazione di sintesi sull`evoluzione di alcune aree

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Relazione di sintesi sull`evoluzione di alcune aree
Rapporto di sintesi Relazione del Gruppo degli esperti sull’evoluzione di alcune aree tecnologiche nelle regioni della Convergenza Lavoro svolto nell’ambito dell’attività di negoziazione tra MIUR e Regioni per il consolidamento e lo sviluppo di nuovi distretti ad alta tecnologia e laboratori pubblico-­‐privati A cura di Guido Pellegrini Università di Roma La Sapienza Roma, luglio 2013 1 Introduzione
L’Avviso pubblico n.713/Ric ha previsto agli articoli 11 comma 12 e 17 comma 2 la
definizione da parte del MIUR di specifici Accordi di Programma con le Regioni per
la realizzazione degli interventi ammessi a finanziamento (distretti ad alta tecnologia
e laboratori pubblico privati). Questa fase ha richiesto al MIUR di dotarsi di
competenze specialistiche necessarie per individuare traiettorie tecnologiche e
valutare la qualità di proposte progettuali non sempre presenti nella PA. Inoltre tale
lavoro di ricognizione e valutazione richiedeva uno stretto contatto tra tecnici e
amministrazione: per reciproco scambio di informazioni in entrambe le direzioni, per
tempestività d’azione, per la qualità delle scelte.
Su sollecitazione dell’allora Ministro Profumo e avvalendosi dell’assistenza tecnica
di Invitalia si è scelto di costituire tramite bando pubblico un gruppo di esperti di
chiara fama per il supporto alle fasi di negoziazione. Il mandato di questo gruppo era
di analizzare per area tecnologica le prospettive di sviluppo in Italia e più
specificatamente nelle Regioni Convergenza e di valutare le proposte di distretto e
laboratori pubblico-privati presentati nell’Avviso in questa luce. Tutto questo doveva
essere descritto in un Rapporto, da consegnare in 6 mesi.
In particolare, il Rapporto richiesto agli esperti per area tecnologica doveva
comprendere descrizione delle tendenze evolutive del settore con l’individuazione
degli traiettorie tecnologiche più promettenti. Veniva inoltre evidenziato, per le
Regioni Convergenza:
•la presenza di possibili aggregazioni forti e di eccellenza di imprese, istituzioni, enti
pubblici e privati di ricerca
•la presenza di possibili aggregazioni deboli con necessità di alleanze orizzontali e
verticali
•gli indirizzi relativi alle attività dei futuri distretti rispetto alle capacità e alle
tecnologie più promettenti
Questo lavoro è stato svolto dall’inizio del 2012 e completato per il mese di ottobre
dello stesso anno. Sono stati completati 7 Rapporti specialistici che hanno riguardato
le seguenti aree tecnologiche:
2 •Energia e ambiente
•ICT e security
•Agro-alimentare
•Salute dell’Uomo e Biotecnologie
•Mobilità
•Aerospazio
•Nuovi Materiali e Nanotecnologie
A questi Rapporti si sono aggiunti dei contributi specialistici per l’integrazione dei
progetti di Smart Communities e dei Beni Culturali.
Le conclusioni dei rapporti sono ampie e articolate. In sintesi, i rapporti rilevano una
limitata presenza di istituzioni e capitale umano di eccellenza nelle Regioni
Convergenza, con alcune lodevoli eccezioni. Evidenziano inoltre che in molti casi i
gruppi di ricerca agiscono isolati dal contesto regionale, nazionale o internazionale.
Infine sottolineano la presenza di sovrapposizioni tra progetti e sovraesposizioni di
soggetti in vari ambiti. I suggerimenti generali (a cui sono seguite indicazioni
specifiche rispetto alla valutazione delle proposte progettuali) invitano ad un’opera di
coordinamento del Miur e delle regioni basata sui seguenti criteri: aggregazioni a
livello regionale e interregionale allo scopo di raggiungere una massa critica in
termini di fattori di innovazione, creando reti, sviluppando l’informazione tra
soggetti, realizzando economie di scala per i servizi alla ricerca; coordinamento
interregionale e con i cluster nazionali; integrazione e razionalizzazione dei progetti,
evitando sovrapposizioni di proposte e sovraesposizioni di soggetti.
Dato l’interesse dello studio, il Miur ha ritenuto opportuno rendere pubblica l’analisi
riguardante la descrizione delle tendenze evolutive per area tecnologica con
l’individuazione degli traiettorie tecnologiche più promettenti. Nel seguito di questa
sintesi si presenta un estratto da ogni rapporto riguardante questi temi. Si noti come
l’ampiezza e l’approfondimento dell’analisi possono essere diverse tra settori,
dipendendo dalle scelte fatte da ogni esperto nella compilazione delle diverse parti
del rapporto.
3 Analisi settoriale: Area Agroalimentare Roberto Fanfani Università di Bologna 4 5 Analisi prospettica del settore agroalimentare
1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi 20 anni
L’importanza economica e sociale del sistema agroalimentare europeo è stato messo in evidenza con
maggiore chiarezza nel corso dell’ultimo decennio. L’industria alimentare rappresenta la principale industria
manifatturiera dell’Unione europea, con quasi 960 miliardi di euro di fatturato (13% dell’industria
manifatturiera dell’UE), oltre 4,1 milioni di occupati (14,5%) e quasi 275.000 imprese, di cui in maggioranza
Piccole e medie (63% degli occupati). L’industria alimentare contribuisce con oltre 65 miliardi di euro in
modo sostanziale anche alle esportazioni dell’UE (che sono circa il 18% degli scambi mondiali). L’Unione
europea con i suoi successivi allargamenti e quasi 500 milioni di abitanti è diventata la principale area
commerciale di prodotti agroalimentari a livello mondiale, in termini sia di import che di export, mentre i
consumi alimentari sono oltre il 13% di quelli complessivi delle famiglie (FoodDrink Europe, 2011).
Nell’individuazione le strategie di Ricerca nel settore agroalimentare un contributo importante si è avuto
nella formulazione del 7° Programma Quadro 2007-2013, (sezione KBBE, Food, Agriculture, Fisheries
and Biotechnology), ma anche dal contributo di esperti e stakeholders organizzati da FoodDrink Europe (già
CIAA, Confederazione delle industrie agroalimentari europee) per la definizione di Piattaforme
Tecnologiche europee.
Le strategie di ricerca del settore agroalimentare hanno preso in considerazione le priorità di ricerca degli
attori (industrie, ricercatori e policy makers); cercato di favorire il coordinamento tra le ricerche in ambito
europeo onde evitare sovrapposizioni fra i paesi; stimolare la partecipazione delle PMI e delle reti di impresa
ai processi di ricerca; migliorare la multidisciplinarità e la ricerca intersettoriale; agevolare il trasferimento
della conoscenza tra gli stati membri, coinvolgendo le PMI.
Un passo importante nel definire le strategie di ricerca si è avuto nell’ottobre 2004 con la definizione della
“Piattaforma tecnologica europea Food for life” da parte della CIAA, con il patrocinio dell’Unione
Europea. A questa è seguita nel settembre 2007 la Strategic Research Agenda (SRA) e l’Implementation
Action Plan che si è integrato per molti aspetti nelle call per progetti di ricerca del 7° Programma Quadro
sulle tematiche relative al comparto KBBE.
In preparazione del nuovo Programma strategico per la ricerca e l’innovazione dell’UE ( 2014-2020), è
emersa la necessità di rivedere la precedente Strategic Research Agenda (SRA), individuando tre grandi
obiettivi di ricerca (Key trust) rivolti a: i) migliorare salute, benessere e longevità della popolazione (KT1),
ii) rafforzare la fiducia del consumatore verso la filiera agroalimentare (KT2), iii) favorire le produzioni
alimentari sostenibili ed etiche. Una nuova versione della SRA è stata elaborata da FoodForce Europe
(Febbraio 2012), introducendo una maggiore attenzione ai problemi del management e
internazionalizzazione della catena alimentare e al trasferimento dei risultati.
La definizione da parte della Commissione dell’8° Programma Quadro per la Ricerca e l’Innovazione
(Horizon 2020), introduce nelle strategie della ricerca importanti novità che vengono formalizzate con
l’approvazione del Programma nel novembre 2011.
La Commissione Europea individua una strategia europea che si articola su tre pilastri fondamentali: la
ricerca dell’eccellenza in ambito scientifico, la promozione della leadership delle industrie e le sfide poste
dai cambiamenti della società. Gli strumenti fondamentali a sostegno della leadership industriale si dovranno
concentrare sulle tecnologie della informazione e comunicazione, formazione e trasferimento tecnologico,
scarsamente considerati e finanziati nei progetti precedenti. Inoltre, questa strategia cerca di stimolare le
innovazioni specifiche per le Piccole e Medie Imprese, particolarmente rilevanti in Europa e soprattutto in
Italia.
6 Figura 1.1.1: Struttura di Horizon 2020, 2011
Fonte: Commissione Europea, Europa 2020
In Horizon 2020 una delle sfide per il futuro riguarda la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e la
bioeconomia (Food security, sustainable agriculture and bioeconomy). In particolare il settore della
Bioeconomia viene specificato come un aspetto importante della nuova strategia europea per la ricerca e
l’innovazione. Il valore complessivo di questo settore viene stimato dalla Commissione europea in circa
2.000 miliardi di euro e oltre 20 milioni di occupati (all’incirca il 9% dell’intera forza lavoro europea), in
quanto comprende, oltre all’industria alimentare, di cui abbiamo parlato in precedenza, anche l’agricolourat,
le foreste e industria del legno, l’industria della carta e altre industrie basate sul biologico.
Al fine di raggiungere questi traguardi la Commissione Europea ha elaborato il documento Innovating for
sustainable growth: a bioeconomy for Europe1. In questo documento la Commissione presenta una strategia
e un piano d’azione per la bioeconomia, i cui scopi principali sono: incrementare la leadership europea nel
settore della bioeconomia, contribuire alla creazione di lavoro qualificato stimolando l’imprenditorialità,
affrontare le sfide sociali ed economiche dei prossimi anni e creare un ambiente più favorevole allo sviluppo
del settore.
Pertanto le principali azioni promosse dalla Commissione sia a livello europeo che nazionale sono:
• La creazione di un quadro coerente di interazione e coordinamento delle politiche, da perseguire
attraverso il rafforzamento dei collegamenti tra gli strumenti di finanziamento del settore e
l’elaborazione di un meccanismo di coordinamento tra le politiche più rilevanti relative alla
bieoconomia;
• L’implementazione di azioni di ricerca che favoriscano lo sviluppo della bioeconomia, attraverso il
trasferimento dei risultati della ricerca al settore industriale e parallelamente attraverso un maggior
coinvolgimento di questo settore nelle attività di ricerca;
1
COM (2012) 60 final e SWD (2012) 60 final 7 •
•
Supporto ai bio-based markets, alla crescita economica e all’occupazione sostenibile, mediante il
miglioramento dell’accesso ai finanziamenti alla ricerca e incentivi per le industrie che investono in
bio-based products;
Promuovere l’impegno della società e rafforzare l’innovazione sociale nel contesto della
bioeconomia, attraverso azioni di comunicazione e disseminazione dei vantaggi legati alla
bioeconomia e una maggiore informazione sui bio-based products.
Naturalmente è richiesta un’integrazione anche con le attività di ricerca che affrontano le altre grandi sfide
contemporanee, a cominciare da quella relativa ai cambiamenti climatici e ai problemi di salute e benessere
della popolazione.
Le strategie europee per la ricerca si avvalgono anche di altri importanti e nuovi strumenti di intervento come
i JPI (Joint Progamming Initiative), per coordinare le iniziative e i programmi di ricerca fra Stati Membri,
al fine di migliorare l’utilizzazione degli scarsi fondi pubblici in attività di R&D, evitando inutili
duplicazioni e favorendo la rilevanza e l’eccellenza scientifica, anche attraverso la mobilità e la formazione
dei ricercatori. Le prime tre JPI adottate dalla Commissione nel 2010 hanno riguardato tre Programmi:
“Agriculture, Food Security and Climate Change”, “A Healty Diet for Healthy Life” e “Cultural Heritage
and Global Change”. I programmi approvati riguardano quindi in particolare il sistema agroalimentare con
riferimento all’agricoltura e alla sicurezza alimentare, ma anche all’alimentazione e alla dieta come
determinanti di una migliore qualità di vita. Le iniziative JPI potrebbero essere utilizzate in particolare per
affrontare problemi specifici della ricerca e dell’innovazione che riguardano le regioni della convergenza,
con programmi congiunti fra gli Stati Membri interessati.
Una delle ultime iniziative nelle strategie di ricerca dell’UE è quella della creazione di un European Institute
of Innovation & Technology (EIT) costituito da una rete virtuale di 4-6 grandi Centri e Istituzioni di ricerca
(collegati a hub o federati in Consorzio) i cui strumenti operativi sono i KIC (Knowledge and Innovation
Community). Attualmente i KIC approvati riguardano Climate change, ICT e Sustainable energy, ma è in
corso di approvazione il KIC Food4Future (primavera del 2013). Nei KIC ad ogni “nodo” di riferimento
nazionale si collegano specifici cluster nazionali di ricerca e innovazione, con la forte partecipazione delle
imprese. Si tratta quindi di una struttura organizzativa che potrebbe essere utilizzata per collegare
direttamente al livello europeo i cluster nazionali nel settore Agrifood (finanziati con il recente Avviso
pubblicato per il Centro Nord) ma anche i Cluster e laboratori già esistenti nelle regioni della Convergenza.
Una iniziativa volta alla formazione di un KIC Food è già in fase avanzata presso l’Università di Bologna.
Ulteriori stimoli alla ricerca e all’innovazione nel lungo periodo provengono dalla strategia “Europa 2020”,
promossa dalla Commissione Europea per indirizzare le politiche dopo il 2020, che si fonda su tre grandi
aree tematiche per la crescita dell’Unione: intelligente (per un’economia basata sulla conoscenza e
sull’innovazione), sostenibile (per un più efficiente uso delle risorse) e inclusiva (per promuovere
un’economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la coesione sociale e territoriale). Per
raggiungere questi traguardi, la Commissione propone una serie di obiettivi specifici, di cui il più
significativo nell’ambito della ricerca e dell’innovazione è il raggiungimento del livello del 3% del Prodotto
Interno Lordo dell’UE investito in Ricerca e Sviluppo.
La Commissione ha individuato sette iniziative faro (Flagships) per catalizzare i progressi relativi a ciascun
tema prioritario. Tra questi Flagship quelli più strettamente connessi al tema della ricerca sono: “l’Unione
dell’innovazione”, incentrata sul miglioramento delle condizioni di accesso ai finanziamenti alla ricerca e
all’innovazione, e “una politica industriale per l’era della globalizzazione”, relativa al miglioramento del
clima imprenditoriale, con particolare attenzione alle PMI, e volta al consolidamento e alla sostenibilità della
base industriale e produttiva Europea. Attenzione particolare viende data anche alla creazione di nuovi posti
di lavoro. Non vanno comunque trascurate le relazioni con i problemi dell’inclusione e in particolare con le
“Smart Cities”, che riguardano le relazioni fra aree urbane e periurbane, in termini di uso alternativo delle
risorse suolo e acqua.
Un importante strumento per monitorare l’implementazione delle iniziative faro è costituito dall’Innovation
Europe Scoreboard (IUS), un indice basato sul precedente European Innovation Scoreboard. Questo
strumento fornisce una valutazione comparativa delle performance dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea
ed i relativi punti di forza e debolezza dei loro rispettivi sistemi di ricerca e innovazione. Lo IUS distingue
tra tre principali categorie di indicatori e otto dimensioni dell’innovazione, arrivando a definire un totale di
25 differenti indicatori.
8 La prima delle tre categorie di indicatori riguarda gli elementi esterni alle imprese e descrive tre dimensioni
dell’innovazione: risorse umane; apertura, eccellenza e attrattività del sistema di ricerca; finanziamento e
supporto all’innovazione.
La seconda categoria riguarda gli sforzi in termini di innovazione interni alle imprese raggruppandoli in tre
dimensioni: investimenti delle imprese; collegamenti e imprenditorialità; capitale intellettuale (intellectual
assets).
Infine la terza categoria riguarda gli effetti dell’innovazione nel contesto economico generale, strutturandoli
in due dimensioni: innovatori ed effetti economici.
Una volta elaborato l’indice per ogni singolo Paese dell’Unione, i paesi vengono suddivisi in quattro gruppi,
in funzione delle loro performance:
• Innovation Leaders (es. Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia), Paesi in cui lo IUS è
ampiamente superiore alla media dei 27 membri;
• Innovation Followers (es. Austria, Franzia, Irlanda, Olanda, UK, Estonia), dove l’indice di
performance si attesta intorno alla media dei 27 Paesi dell’UE;
• Moderate Innovators (e. Italia, Grecia, Polonia, Spagna, Portogallo), i cui indice di innovazione si
attestano al di sotto della media dei 27 membri dell’UE;
• Modest Innovators (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania), per i quali lo IUS si attesta su valori
molto inferiori alla media.
Un contributo importante alla definizione delle strategie e dei programmi di ricerca è venuto anche dalla
Piattaforma italiana “Food for life” promossa nel 2006 da Federalimentare, ENEA, ex-INRAN (oggi
C.R.A.), Università di Bologna e altri attori rappresentativi del settore agroalimentare. Piattaforma che è stata
rivista e aggiornata nel 2011 e che vede la partecipazione di oltre 300 stakeholders tra grandi, medie e
piccole imprese, Università, centri di ricerca pubblici e privati, associazioni di consumatori e rappresentanze
del mondo agricolo e della distribuzione. La Piattaforma Tecnologica Italiana ha individuato specifiche aree
di intervento, simili a quelle della piattaforma europea :
a)
Migliorare la salute, il benessere e la longevità;
b)
Rafforzare la fiducia del consumatore verso la filiera alimentare (produzioni di qualità; sicurezza e
tracciabilità; gestione dell’intera filiera);
c)
Favorire una produzione alimentare sostenibile e competitiva (sistemi per valutare la sostenibilità del
settore agroindustriale; agricoltura sostenibile, valorizzazione rifiuti e residui, Best practices per la
sostenibilità e la competitività delle PMI).
In questi anni, in seguito alla maggiore rilevanza riservata al tema, programmi di ricerca alimentare sono
stati inseriti in progetti come “Industria 2015”, mentre un ulteriore contributo allo sviluppo della ricerca e
dell’innovazione è dato dal Programma Operativo Nazionale per la ricerca e la competitività, elaborato
di concerto fra Ministero dell’Economia e Ministero per lo Sviluppo. Questo tema verrà approfondito
successivamente nel paragrafo 1.3.3.
Il PON prevede di concentrare gli interventi in tre assi principali: Asse I, sostegno ai mutamenti strutturali;
Asse II, sostegno all’innovazione; Asse III, assistenza tecnica e attività di accompagnamento.
Va evidenziata la multisettorialità dell’approccio del PON, per cui a settori quali materiali avanzati, trasporti
e logistica, aerospazio, sistemi avanzati di manifattura e ITC, viene affiancato anche il settore
agroalimentare, con obiettivi specifici rivolti alla “ricerca sulle componenti biologiche alla base della qualità,
tipicità e salubrità dei prodotti e sulla tracciabilità e caratterizzazione, anche di mercato, del valore e della
novità del prodotto”.
1.2 I paesi e le industrie leader nel settore agroalimentare in Europa
1.2.1: La principale industria manifatturiera europea
L’industria alimentare, come abbiamo già accennato, rappresenta il principale settore dell’industria
manifatturiera dell’UE in termini di fatturato e assume una rilevanza notevole in termini occupazionali e
numero di imprese. La sua presenza, come vedremo, è diffusa nei principali Paesi membri dell’Unione e
assume un rilievo importante anche a livello regionale (Nuts 3). L’industria alimentare contribuisce in modo
rilevante ai commerci internazionali dell’UE (circa il 5% delle esportazioni, dati Eurostat Comext), in uno
9 scenario di profondo cambiamento della stessa geografia economica internazionale. Sui mercati mondiali i
prodotti alimentari trasformati aumentano continuamente le loro quote di mercato ed hanno superato per
importanza il valore degli scambi delle commodities agricole. In questo contesto, l’industria alimentare
europea si trova soggetta a numerose pressioni competitive, che derivano sia dai processi di
internazionalizzazione, ma anche dalla forte concentrazione e sviluppo della Grande Distribuzione
Organizzata nei paesi europei.
Occorre anche ricordare che il sistema agroalimentare europeo è stato influenzato in modo rilevante dalla
Politica Agricola Comunitaria (PAC) che nel corso dei suoi 50 anni ha creato un Mercato comune agricolo,
basato sul sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli e sul protezionismo rispetto al resto del Mondo. Le
riforme della PAC a partire dal 1992 hanno progressivamente smantellato il sostegno dei prezzi e trasferito il
finanziamento direttamente ai redditi degli agricoltori. Dal 2008 il finanziamento della PAC agli agricoltori
(Premio unico) è stato completamente disgiunto (disaccoppiato) dalla produzione agricola (singoli prodotti).
Le scelte degli imprenditori agricoli sono quindi sempre più determinate dagli andamenti dei prezzi mondiali
delle commodities e dei mercati, proprio in una situazione di forte instabilità che ha visto due forti
impennate dei prezzi nel 2007/8 e nel 2010, che hanno interrotto la fase di tendenziale riduzione dei decenni
precedenti. In questo contesto anche l’industria alimentare europea vede quindi cambiare i suoi termini di
riferimento, sia dal lato delle materie prime che da quello dei mercati internazionali. All’interno della PAC il
cambiamento degli strumenti di intervento ha riguardato anche uno spostamento a favore delle Politiche di
sviluppo rurale, con la costruzione di un apposito fondo di finanziamento (FESR) a cui va oltre il 20% dei
finanziamenti complessivi della PAC, che ancora nel 2010, con oltre 50 miliardi di euro, rappresenta circa il
40% dell’intero bilancio dell’UE2.
1.2.2: La struttura produttiva dell’industria agroalimentare in Europa
Il tessuto dell’industria alimentare dell’Unione Europea è molto articolato grazie alla presenza di grandi
gruppi multinazionali e allo stesso tempo di numerosissime Piccole e Medie Imprese (PMI). Le numerose
filiere e clusters presenti sono molto diversi fra loro, non solo per localizzazione territoriale e regionale, ma
anche per la struttura delle imprese e per i collegamenti con i mercati regionali, europei e internazionali. Il
rapporto della FoodDrink Europe “Data and trends of the European food and drink industry 2011” evidenzia
chiaramente la frammentazione dell’industria alimentare (maggiore dell’industria manifatturiera), in quanto
oltre il 99% delle imprese del settore sono di piccole e medie dimensioni (271mila su 274mila nel 2009).
Queste imprese impiegano il 63% degli addetti dell’intero settore (2,7 milioni di occupati), producono un
valore aggiunto complessivo di 93 miliardi di euro e generano un fatturato di 452 miliardi di euro. Si
evidenzia pertanto l’importanza delle PMI in termini di occupazione e diffusione sul territorio, mentre il loro
contributo all’economia del settore in termini di fatturato e valore aggiunto è di poco inferiore al 50%.
Al contrario, le grandi imprese, che sono meno dell’1% del totale, impiegano oltre il 37% degli addetti e
generano il 52% del valore aggiunto dell’intera industria alimentare. Tra queste le maggiori sono Nestlè
(CH), seconda azienda alimentare multi-prodotto mondiale in termini di fatturato (circa 25 miliardi di euro) e
la Unilever Plc, metà olandese e metà britannica, con un fatturato di 12 miliardi di euro. Gli altri importanti
gruppi hanno un indirizzo prevalente, come la Heineken (birra) e il gruppo Danone (lattiero-caseario). Anche
nei gruppi minori si afferma una specializzazione produttiva prevalente, come nel caso della Ferrero (8°
posto con oltre 6 miliardi di fatturato, specializzata nel settore dolciario), e della Barilla (15° posto, con oltre
4 miliardi di fatturato nei settori della pasta e prodotti da forno).
Tabella1.2.1: Principali imprese alimentari presenti in Europa, 2010
1
2
3
Nestlé
Unilever Plc / Unilever NV
Heineken N.V.
Fatturato
(miliardi di €)
25,1
12,0
11,0
Occupati
(migliaia)
91
29
38
Sede
centrale Attività prevalente
CH
multi-prodotto
NL/UK
multi-prodotto
NL
birra
2
All’interno dei Piani di Sviluppo Rurale, presentati a livello regionale, per rafforzare la competitività del sistema agroalimentare
sono previsti finanziamenti sia per le imprese agricole che per quelle della trasformazione alimentare, privilegiando un’ottica di
filiera. La PAC, nonostante le novità degli ultimi anni, rimane una politica settoriale, a cui manca una visone più generale di politica
economica e in particolare di politica alimentare, a cui invece sono più interessate le strategia della ricerca europea, descritte in
precedenza. 10 4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
1
Groupe Danone
Vion1
Associated British Food
Carlsberg
Ferrero1
Danish Crown
Südzucker
Friesland Campina1
Oetker-Group1
Anheuser-Busch InBev1
Tate&Lyle
Barilla1
Nutreco
Diageo Plc
Kerry Group
Pernod Ricard1
HJ Heinz Company
9,4
8,2
7,9
7,3
6,3
6,1
5,7
5,7
5,1
4,6
4,0
4,1
3,6
3,2
3,0
2,9
2,5
46
22
73
41
16
23
17
14
24
2
15
6
3
23
3
8
FR
NL
UK
DK
IT
DK
D
NL
D
B
UK
IT
NL
UK
IR
FR
USA
lattiero-caseario
multi-prodotto,
zucchero,amido,
birra
dolciario
carni
zucchero,multi-prodotto
lattiero-caseario
multi-prodotto
birra
ingredienti alimentari
pasta, dolciario
alim. animale
bevande alcoliche
multi-prodotto
bevande alcoliche
preparati
Questo dato è riferito all'anno 2009.
Fonte: FoodDrinkEurope, 2011
1.2.3: I principali paesi, regioni e settori dell’industria agroalimentare europea
I principali paesi in termini di importanza dell’industria alimentare sono la Germania (circa 150 miliardi di
euro di fatturato e 542 mila occupati ), la Francia (circa 143 miliardi di euro di fatturato e 470 mila occupati),
l’Italia (circa 124 miliardi di euro di fatturato e 406 mila occupati), il Regno Unito (circa 89 miliardi di euro
di fatturato e 38 mila occupati) e la Spagna (circa 81 miliardi di euro di fatturato e 445 mila occupati). Questi
paesi hanno un livello di occupazione di 4,1 milioni di addetti (14,6 % dell’intera industria manifatturiera),
impiegati in oltre 274.000 imprese. Questi paesi hanno registrato un aumento delle vendite di prodotti
alimentari in seguito alla lieve ripresa del 2010, mentre i livelli di occupazione continuano a seguire un trend
negativo in tutti i paesi dell’Unione Europea; il settore alimentare registra tuttavia un livello abbastanza
stabile di occupazione, che decresce più lentamente rispetto agli altri settori manifatturieri.
La presenza delle imprese alimentari nei diversi paesi e nelle regioni europee è molto diffusa. Una
rappresentazione interessante a livello regionale dell’industria alimentare europea è fornita dall’European
Cluster Observatory. L’analisi della struttura regionale del settore alimentare evidenzia una netta
preponderanza delle regioni tedesche e francesi, seguite da quelle italiane (in particolare quelle del Nord) e
britanniche, con una densità influenzata dalla distribuzione della popolazione e dei mercati di maggior
consumo (Fonte: European Cluster Observatory).
La distribuzione regionale dell’industria alimentare europea vede in posizione rilevante le regioni italiane,
con ben tre regioni (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) fra le prime dieci (che includono anche la
Danimarca, come singola unità). La Lombardia e l’Emilia-Romagna occupano il secondo e terzo posto, e
seguono la tedesca Niedersachsen. Il panorama si completa con la presenza dell’industria alimentare del
Piemonte e della Campania, che rientrano fra le prime venti. Tra le regioni del Mezzogiorno, oltre alla
Campania (36.500 addetti e quasi 7.500 imprese), sono rilevanti nel contesto europeo la Sicilia (23.564
addetti per 7.347 imprese) e la Puglia (22.580 addetti impiegati in 5.270 imprese), ciò testimonia il forte
ruolo dell’industria alimentare nelle regioni italiane della convergenza.
Figura 1.2.1. La distribuzione regionale delle imprese agroalimentari in Europa, 2010
11 Fonte: European Cluster Observatory
Tabella 1.2.2: L’importanza dell’industria alimentare nelle regioni europee: addetti e imprese, 2010
Codice
Regione
Addetti Imprese
DE90
ITC4
ITD5
ES51
FR52
DK00
FR51
ITD3
PL12
PL41
LT00
FR71
IE00
FR10
ES61
FR30
ITC1
ITF3
RO31
HU33
ITG1
ITF4
ITF6
Calabria
Fonte: European Cluster Observatory
Niedersachsen
Lombardia
Emilia-Romagna
Cataluña
Bretagne
Danmark
Pays de la Loire
Veneto
Mazowieckie
Wielkopolskie
Lietuva
Rhône-Alpes
Ireland
Île de France
Andalucía
Nord - Pas-de-Calais
Piemonte
Campania
Sud - Muntenia
Del-Alfold
91212
79020
75212
73358
64183
60563
57929
55902
54165
51655
46817
44323
42713
42357
40869
40012
39954
36476
34918
34756
3336
10475
8615
Sicilia (44^)
Puglia (53^)
Calabria (171^)
23564
22580
8454
7347
5270
2789
3863
2364
3691
7414
5089
4615
1143
5771
1185
5670
2961
6273
7447
1522
L’industria alimentare europea si caratterizza anche per la presenza di numerosi comparti molto diversi fra
loro per dimensioni, struttura industriale e relazioni con i mercati. Secondo i dati Eurostat, i principali settori
dell’industria alimentare sono quelli più specifici dei paesi del Nord Europa, come carne (20% del fatturato
complessivo e 21% degli occupati), bevande (15% del fatturato complessivo e 10% degli occupati) e lattierocaseario (13% del fatturato e 8% degli occupati). Il settore dei prodotti da forno è il primo in termini di
valore aggiunto, numero di occupati (32% del totale) e numero di aziende presenti (53% del totale). I cinque
principali settori (carne, lattiero-caseario, prodotti da forno, bevande e prodotti vari) rappresentano il 76%
del fatturato totale e oltre l’80% del numero di addetti. Nel 2010 l’industria alimentare europea ha esportato
verso paesi extra-UE prodotti per circa 65 miliardi di euro, mentre ha importato prodotti alimentari per 55,4
miliardi di euro, con con un saldo commerciale positivo di quasi 10 miliardi. I valori delle esportazioni, dopo
aver registrato una flessione di circa il 12% nel 2009, hanno prontamente recuperato nel 2010 con + 15,6%.
12 Questa ripresa ha riportato i valori dell’export a livelli maggiori di quelli registrati nel 2008. I dati sul
commercio extra-europeo riflettono la crescente importanza delle economie emergenti, che costituiscono otto
delle prime quindici destinazioni commerciali dei prodotti dei paesi dell’Unione e undici dei primi quindici
paesi esportatori verso l’Unione Europea, come descritto nella tabella seguente (dati Eurostat, Comext).
Tabella 1.2.3: Export e Import dell’industria alimentare UE “da” e “verso” resto del mondo (milioni euro)
Partner
Valore esportazioni
Partner
Valore importazioni
USA
Russia
Svizzera
Giappone
Cina
Norvegia
Canada
Hong Kong
Australia
10.916
6.604
4.339
3.377
2.393
2.276
2.128
1.920
1.499
Brasile
Argentina
USA
Cina
Svizzera
Indonesia
Tailandia
Turchia
Norvegia
5.992
5.229
3.663
3.602
3.187
2.572
2.394
1.893
1.779
Arabia Saudita
Singapore
Turchia
Emirati Arabi Uniti
Ucraina
Sud Korea
1.354
1.313
1.140
1.106
1.071
1.067
Nuova Zelanda
Malesia
India
Cile
Marocco
Vietnam
1.536
1.373
1.295
1.276
993
964
Fonte: Eurostat Comext, 2010
Per quanto riguarda le esportazioni, i settori maggiormente interessati dal commercio con i paesi extra UE
sono bevande, carni e lattiero-caseario (insieme compongono il 53% delle esportazioni totali). Tuttavia, il
commercio di prodotti alimentari tra paesi dell’Unione Europea, stando ai dati Eurostat più recenti (2008),
risulta essere di gran lunga più importante rispetto a quello con i paesi esterni all’Unione: su un totale
complessivo di più di 300 miliardi di euro di esportazioni nel settore agroalimentare, circa 240 sono relativi
ai commerci tra i paesi dell’Europa a 27. Il mercato europeo si conferma quindi di gran lunga come il
mercato di riferimento per i prodotti alimentari, con quasi i tre quarti delle esportazioni. Per ciò che riguarda
il commercio intra UE, i settori maggiormente interessati sono rispettivamente quello ortofrutticolo (44,9
miliardi di euro), quello della carne e dei suoi derivati (circa 34,3 miliardi di euro), quello lattiero-caseario
(circa 27 miliardi di euro), seguito da quello dei cereali e dei prodotti derivati (circa 26,1 miliardi di euro).
1.3: Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca
1.3.1: l’Italia e l’industria alimentare tra grandi gruppi e distretti (cluster, filiere e reti di
imprese)
Il settore agroalimentare in Italia occupa un ruolo preponderante all’interno del sistema manifatturiero, sia
per quanto riguarda il suo andamento anti-ciclico, sia come potenziale motore dello sviluppo nazionale e del
Mezzogiorno. Il fatturato dell’industria alimentare si attesta sui 124 miliardi di euro nel 2010, dei quali 21
relativi all’export, con un saldo attivo della bilancia commerciale di 4 miliardi di euro. L’industria alimentare
italiana è il secondo settore dell’industria manifatturiera, dopo quello meccanico, ed è candidato al terzo
posto in Europa dopo l’industria alimentare tedesca e francese. Le imprese italiane attive nel settore
alimentare sono circa 58.000 e l’occupazione supera le 440 mila unità, sempre nel 2010, con un’incidenza di
circa il 10% sul totale dell’industria manifatturiera.
I comparti e le filiere di maggior rilievo sono il lattiero-caseario, con circa il 12% del fatturato dell’intero
comparto agroalimentare, il dolciario, con una quota del fatturato complessivo pari a quasi il 10% ed il
comparto del vino (9%). Importanti sono anche i settori delle carni bovine, mangimistico, avicolo, pasta,
conserve vegetali e oli.
Tabella 1.3.1 Fatturato dell’industria alimentare italiana per settori nel 2010 (milioni di euro),
13 Comparti
Lattiero-caseario
Dolciario
Salumi
Vino
Carni bovine
Mangimistico
Avicolo
Pasta
Pane industriale e sostituti del pane
Conserve vegetali
Preparati gamma freschi e
liofilizzati
Olio di oliva e di semi
Molitorio
Surgelati
Birra
Zucchero
Succhi di frutta
Riso
Ittici
Dietetici, Infanzia e Integratori
Acque minerali e bevande gassate
Altri comparti1
Totale (Milioni di euro)
1
Di cui, caffè 2.440, alcol 1.000.
Fonte: stime Federalimentare e ISTAT, 2011
Fatturato
14.800
12.051
7.928
10.700
5.900
6.650
5.300
4.303
1.035
3.700
1.000
(%)
11,9
9,7
6,4
8,6
4,8
5,4
4,3
3,5
0,8
3,0
0,8
4.200
2.590
4.126
2.550
630
1.053
1.030
1.420
3.050
3.900
26.084
110.000
3,4
2,1
3,3
2,1
0,5
0,8
0,8
1,1
2,5
3,1
21,1
100,0
La struttura dell’industria alimentare in Italia presenta una grande diffusione sul territorio e una forte
frammentazione delle imprese, molto superiore a quella già descritta dell’Unione europea. La presenza di
numerosissime PMI caratterizza spesso i diversi distretti industriali e le filiere, elementi peculiari
dell’industria alimentare italiana. Su 6.500 imprese, circa 30 sono di grandi dimensioni, 250 medie e le
restanti 6.220 sono PMI (dati: Piattaforma tecnologica italiana).
L’industria alimentare si caratterizza per la forte relazione a monte col comparto dell’agricoltura (il 72%
delle materie prime agricole nazionali viene trasformato dalle imprese alimentari italiane) e a valle con la
distribuzione. Pertanto, si può dire che si trovi al centro dell’intera catena alimentare. L’INEA stima che il
sistema agroalimentare italiano, dalla produzione agricola fino alla distribuzione e consumi alimentari, abbia
un valore aggiunto complessivo di oltre 246 miliardi di euro nel 2010, pari a quasi il 16 % del PIL (Fonte:
INEA, L’agricoltura italiana Conta, 2011).
I processi di acquisizione e integrazione verticale che si sono verificati a partire dagli anni ’80 hanno portato,
da un lato, alla nascita di veri e propri gruppi multinazionali, come Barilla e Ferrero, e dall’altro all’arrivo di
importanti gruppi multinazionali stranieri (LactalisNestlè, Kraft, Danone, ecc.). Questi grandi gruppi
stranieri hanno spesso acquisito marchi noti dell’industria alimentare italiana e ciò ha permesso loro di
sfruttare da un lato la notorietà dei marchi acquisiti e dall’altro di inserirsi in una rete di distribuzione già
consolidata. La presenza di imprese di grandi dimensioni, con un fatturato superiore ai 350 milioni di euro, è
limitata, tanto che si contano solo 30 imprese di questo tipo, tutte caratterizzate da una specializzazione
settoriale molto evidente. Delle trenta grandi imprese alimentari del paese, con oltre 340 milioni di fatturato,
nessuna è localizzata nelle regioni della convergenza, anche se importanti impianti di queste aziende sono
situati nel Mezzogiorno.
Tabella 1.3.2: Principali imprese alimentari presenti in Italia, 2010
1
2
3
4
Fatturato
(Mio €) Occupati
Ferrero Spa (gruppo Ferrero)
2.338
5.931
Veronesi Finanziaria Spa
2.320
7.043
Barilla G. e R. Fratelli Spa
2.247
4.243
Nestlè Italiana Spa (gruppo Nestlè Italiana)
1.455
3.449
Prov.
TO-CN
VR
PR
MI
Attività prevalente
dolciario
mangimi e carni
pasta
dolciario
14 5 Coca Cola Hbc Italia Srl
1.146
3.226 MI
bevande analcoliche
6 Gesco Consorzio Cooperativo Scarl
1.128
544 FC
carni
7 BIG Srl (Gruppo Lactalis Italia)
1.043
1.143 MI
lattiero-caseario
8 Luigi Lavazza Spa (gruppo Luigi Lavazza)
984
1.570 TO
caffè
9 Granarolo Spa 3 (gruppo Granarolo)
854
1.254 BO
lattiero-caseario
10 Egidio Galbani Spa (gruppo Lactalis Italia)
835
1.834 MI
lattiero-caseario
11 Parmalat Spa (gruppo Lactalis dal 2011)
821
1.670 PR
lattiero-caseario
12 Kraft Foods Italia Spa
797
363 MI
lattiero-caseario
13 SanPellegrino Spa (gruppo SanPellegrino)
788
1.559 MI-BG bevande analcoliche
14 Bunge Italia Spa
677
274 RM-RA oli e grassi
15 Massimo Zanetti Beverage Group Spa
674
2.375 TV
caffè
16 Conserve Italia Scrl (gruppo )
658
1.963 BO
conserve vegetali
17 Heineken Italia Spa
619
909 MI
birra
18 Carapelli Firenze Spa
607
334 FI
oli e grassi
19 Acqua Minerale San Benedetto Spa
567
1.099 VE
acque minerali
20 Bolton Alimentari Spa
530
612 MI-CO conserve ittiche
21 Davide Campari Milano Spa
493
658 MI
bevande alcoliche
22 Birra Peroni Spa
489
738 RM
birra
23 Danone Spa
479
340 MI-CR lattiero-caseario
24 Plada Industriale Srl
434
734 MI
omogen. e dietetici
25 Consorzio Latterie Virgilio Scrl
411
223 MN
lattiero-caseario
26 Unipeg Scrl (gruppo Unipeg)
410
287 RE
carni
27 Unigrà Spa (gruppo Unigrà)
393
344 RA
oli e grassi
28 Eurovo Srl
359
206 RA
uova
29 Roquette Italia Spa
348
461 AL
amidi e amidacei
30 Fratelli De Cecco Spa
341
741 CH
pasta
Fonte: INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria), L’agricoltura italiana Conta, 2011
La distribuzione delle imprese alimentari e degli addetti su base regionale, già messa in evidenza in
precedenza a livello europeo, vede un’importante presenza soprattutto nel Nord, ma non trascurabile anche
nel Mezzogiorno. La regione con il maggior numero di occupati e imprese è la Campania (circa 36.500
impiegati in 7.447 imprese), seguita dalla Sicilia (circa 23.000 impiegati in 7.347 imprese), e dalla Puglia
(22.580 occupati e 5.270 imprese) sempre secondo i dati European Cluster Observatory (2009). Il rilievo del
settore alimentare nel Mezzogiorno emerge anche in riferimento all’importanza relativa delle sue
esportazioni: rispetto al totale nazionale quelle agricole sono quasi il 29% del totale e quelle alimentari
superano il 16%, contro una media che, per tutti i settori del Mezzogiorno, non supera il 12% del totale
nazionale.
Tabella 1.3.3 - Esportazioni per ripartizione geografica e settori di attività economica
(Italia =100)
SETTORI DI ATTIVITA’ ECONOMICA
RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
nordnordmeridionale
occidentale orientale centrale e insulare ITALIA
A-B Agricoltura, silvicoltura e pesca
17,9
42,0
10,8
29,2
100,0
B Estrazione di minerali da cave e miniere
24,7
10,2
25,9
34,3
100,0
C Prodotti delle attività manifatturiere
40,5
31,7
16,4
11,3
100,0
CA Prodotti alimentari, bevande e tabacco
35,0
38,5
10,7
15,7
100,0
D Energia elettrica, gas, …
0,1
0,0
0,0
0,0
100,0
Altri prodotti n.c.a.
28,8
9,6
7,9
1,4
100,0
TOTALE
39,9
31,3
16,1
11,4
100,0
Fonte: ISTAT, Le esportazioni delle regioni italiane nel 2011, Gennaio-Dicembre 2011, Comunicato stampa, 14 marzo
2012 1.3.2: l’Italia del made in Italy e dell’export
Il commercio estero del settore agroalimentare è caratterizzato da una grande importanza delle esportazioni,
che nel 2010 hanno raggiunto circa 28 miliardi di euro, recuperando il calo del 2009 (25 miliardi di euro).
15 Nel 2011 le esportazioni agroalimentari, nonostante la crisi, hanno superato i 30 miliardi, con una quota
dell’8,3% delle esportazioni italiane totali.
Le importazioni agroalimentari nel 2011 hanno superato i 40 miliardi di euro e si caratterizzano per la
rilevanza degli scambi intra-branca e importazioni di materie prime che poi vengono trasformate, sia per il
mercato interno che per i mercati internazionali. I comparti di maggior rilievo delle importazioni riguardano
le carni fresche e congelate e i prodotti lattiero caseari, ma anche quello del pesce fresco e congelato, che con
quasi 3 miliardi contribuisce in modo consistente al deficit della intera bilancia agroalimentare italiana.
La tenuta occupazionale del settore è emersa nella fase acuta della recessione, ma era già considerata uno dei
tratti rilevanti delle imprese dell’industria alimentare. Un’analisi su un panel di 30mila imprese dell’industria
alimentare con almeno 2 addetti (Istat, 2011) ha fatto emergere un +3,8% di addetti nel periodo 2004-2007 e
una sostanziale stabilità delle imprese alimentari nel periodo 2007-2009, rapportato al -5% degli altri settori
manifatturieri.
Tabella 1.3.4: Importazioni ed Esportazioni agroalimentari in Italia 2000-2011 (milioni di euro).
Anni
Importazioni
Agricoltura
Esportazioni
Alimentari
Totale
Agricoltura
Alimentari
Saldo commerciale
Totale
Agricoltura
Alimentari
Totale
2000
8.567
17.135
25.702
3.678
13.066
16.744
-4.889
-4.069
-8.958
2005
8.507
20.569
29.076
3.935
16.497
20.432
-4.572
-4.072
-8.644
2010
11.123
25.319
36.442
5.613
22.168
27.781
-5.510
-3.151
-8.661
2011
12.980
27.483
40.463
5.770
24.390
30.160
-7.210
-3.093
-10.303
Fonte: Istat (Coeweb), 2012
Per comprendere meglio la struttura dell’industria alimentare occorre considerare la presenza dei “distretti
agroalimentari”, che si presenta tuttavia molto diversificata e in via di rapida trasformazione verso forme
organizzative nuove, che vedono sempre più l’emergere di alcune imprese che assumono la leadership a
livello locale. Il successo e la resistenza di questo sistema è dovuto al legame stretto con importanti
produzioni di alta qualità, riconosciute a livello europeo e internazionale, che gli permette di valorizzare il
grande patrimonio enogastronomico, culturale e tradizionale del nostro paese. La presenza maggiore dei
distretti si trova nel comparto vitivinicolo seguito da quello ortofrutticolo, da quello della pasta e del
dolciario e delle produzioni a base di carne e latte. “L’analisi dell’orientamento geografico dei flussi
commerciali dei distretti agroalimentari evidenzia il cambiamento in atto nella geografia delle esportazioni
delle imprese distrettuali: sebbene per il settore i principali mercati di riferimento rimangano quelli
tradizionali (in particolari quelli europei), il profilo di crescita dell’export verso i mercati emergenti appare
più dinamico” (Intesa-Sanpaolo, 2011).
Un’altra tendenza che si è via via consolidata negli ultimi anni riguarda la crescita dei prodotti made in Italy
con certificazione di qualità DOP-IGP, arrivati a 235 prodotti riconosciuti a livello europeo, di cui oltre il
30% (72) nelle regioni della convergenza. La maggior parte dei prodotti DOP-IGP si concentra nei prodotti
dell’ortofrutta e dei cereali (quasi il 40%), nei formaggi (18%), negli oli extra-vergine di oliva (17.5%) e nei
salumi (circa il 15%). I principali settori coinvolti nel commercio con l’estero sono il comparto vitivinicolo
(14,4% delle esportazioni del settore), i derivati dei cereali (13,4%) ed i prodotti lattiero-caseari (7,7%).
Tabella 1.3.5: Il commercio agro-alimentare dell'Italia per comparti (Milioni di euro), 2010
Derivati dei cereali
- pasta alimentare
importazioni
1.098,8
61,2
%
3,1
0,2
esportazioni %
3.765,5
13,4
1.793,3
6,4
saldo
2.666,7
1.732,1
16 Zucchero e prodotti dolciari
Carni fresche e congelate
Carni preparate
Pesce lavorato e conservato
Ortaggi trasformati
Frutta trasformata
Prodotti lattiero-caseari
- latte
- formaggio
Oli e grassi
Panelli e mangimi
Bevande
- vino
- altri alcolici
- bevande non alcoliche
Altri prodotti dell'industria alimentare
Altri prodotti alimentari
1.429,4
4.349,0
330,2
3.022,4
890,4
483,5
3.587,5
842,0
1.498,6
2.837,0
1.597,5
1.369,5
256,3
901,4
206,8
1.500,1
1.089,5
4,0
12,3
0,9
8,5
2,5
1,4
10,1
2,4
4,2
8,0
4,5
3,9
0,7
2,5
0,6
4,2
3,1
1.229,8
1.016,6
1.072,9
320,5
1.902,4
890,6
2.151,1
11,2
1.660,1
1.591,2
436,7
5.249,1
4.036,7
712,0
459,8
2.174,8
347,5
4,4
3,6
3,8
1,1
6,8
3,2
7,7
0,0
5,9
5,7
1,6
18,7
14,4
2,5
1,6
7,8
1,2
-199,6
-3.332,4
742,7
-2.701,9
1.012,0
407,1
-1.436,4
-830,8
161,5
-1.245,8
-1.160,8
3.879,6
3.780,4
-189,4
253,0
674,7
-742,0
Industria alimentare e bevande
TOTALE AGRO-ALIMENTARE
23.584,8
35.408,1
66,6
100,0
22.139,8
28.053,0
78,9
100,0
-1.445,0
-7.355,1
Fonte: INEA, Il commercio estero dei prodotti agro-alimentari. Rapporto 2010
L’agricoltura e l’industria alimentare nelle regioni della convergenza hanno, come già sottolineato in
precedenza, una grande rilevanza assoluta e relativa per l’economia regionale, anche se sono caratterizzati da
una minore produttività e consistenza rispetto alle regioni del Nord.
Il totale del valore aggiunto dell’agricoltura e dell’industria alimentare nel 2011 ha superato i 12 miliardi di
euro, con un’occupazione di quasi 490 mila unità di lavoro. In particolare il valore aggiunto dell’agricoltura
nelle regioni della convergenza supera 8,6 miliardi nel 2011, pari a oltre il 30% di quello nazionale, con
un’occupazione di oltre 440 mila unità (35% del totale). L’industria alimentare raggiunge quasi i 3,5 miliardi
di euro di valore aggiunto, sempre nel 2011, che rappresenta appena il 15% del valore nazionale, mentre
l’occupazione, con quasi 90mila occupati, è il 20% del totale.
Fra le regioni della convergenza i maggiori livelli di valore aggiunto e di occupazione in agricoltura si hanno
in Sicilia, con una rilevanza leggermente inferiore in Puglia e Campania, mentre la Calabria ha valori molto
più bassi. Per quanto riguarda l’industria alimentare prevale leggermente la Campania, su Puglia e Sicilia, sia
in termini di valore aggiunto che di unità di lavoro.
Tabella 1.3.6 Valore aggiunto e Unità di lavoro in agricoltura nelle regioni convergenza (2000-2011)
Agricoltura- Valore aggiunto e unità di lavoro nelle regioni della Convergenza (2000-2011)
Valore aggiunto ai prezzi base (milioni di euro)
Regioni
2000
2002
2004
Campania
2.133,4
2.354,4
2.416,6
Puglia
2.810,3
2.545,6
2.752,7
Calabria
1.236,4
1.477,7
1.764,8
Sicilia
2.890,4
2.535,1
3.149,8
Regioni
Convergenza 9.070,4
8.912,8
10.083,9
Mezzogiorno 11.506,4 11.454,1 12.681,4
Centro-nord 18.250,5 18.437,8 18.894,3
Italia
29.756,9 29.891,9 31.575,7
Unità di lavoro totali (migliaia di unità)
Regioni
2000
2002
2004
Campania
129,5
127,3
113,4
Puglia
164,7
146,6
138,3
Calabria
94,1
99,6
103,8
Sicilia
144,4
139,8
136,2
Regioni
Convergenza
Mezzogiorno
532,7
682,4
513,3
666,0
491,7
631,7
2006
2.207,4
2.442,4
1.471,8
2.945,1
2008
2.199,5
2.431,6
1.211,4
2.927,5
2009
2.225,9
2.120,3
1.183,0
2.794,4
2010
2.248,6
2.199,5
1.131,2
2.814,5
2011
2.260,2
2.286,5
1.225,9
2.836,4
9.066,7
8.770,0 8.323,6 8.393,8 8.609,0
11.495,8 11.220,0 10.553,5 10.593,4 10.903,1
16.585,5 17.297,1 15.760,2 15.778,6 16.733,7
28.081,3 28.517,1 26.313,7 26.372,0 27.636,9
2006
110,8
137,1
102,8
148,2
2008
102,4
127,6
90,3
131,8
2009
95,9
125,8
88,4
128,0
2010
97,1
128,1
89,6
127,2
2011
91,9
126,8
92,0
129,9
498,9
631,5
452,1
585,6
438,1
562,2
441,9
565,8
440,7
563,6
17 Centro-nord
809,1
Italia
1.491,5
Fonte: Rapporto SVIMEZ, 2011
791,0
1.457,0
756,3
1.388,0
729,6
1.361,1
708,6
1.294,2
700,3
1.262,5
706,3
1.272,1
672,5
1.236,1
Tabella 1.3.7 Valore aggiunto e Unità di lavoro nell’industria alimentare nelle regioni convergenza (20002011) Industria alimentare- Valore aggiunto e unità di lavoro nelle regioni della Convergenza (2000-2011)
Valore aggiunto prezzi base (milioni di euro correnti)
Regioni
Campania
Puglia
Calabria
Sicilia
Regioni Convergenza
2000
1.399,1
944,7
342,6
1.036,6
3.723,1
2002
1.565,4
1.104,6
372,0
1.119,4
4.161,3
2004
1.499,6
993,4
353,9
1.090,9
3.937,9
2006
1.472,0
1.120,0
362,4
1.012,8
3.967,1
Mezzogiorno
Centro-nord
Italia
5.026,6
5.665,6
17.221,3 18.268,9
22.247,9 23.934,5
5.343,5
19.152,7
24.496,2
5.313,2
5.579,5
18.345,3 19.213,7
23.658,5 24.793,2
Unità di lavoro totali (migliaia di unità)
Regioni
2000
2002
Campania
37,5
37,9
Puglia
26,6
26,1
Calabria
10,4
11,1
Sicilia
30,2
29,9
Regioni Convergenza
Mezzogiorno
Centro-nord
Italia
Fonte: Rapporto SVIMEZ, 2011
104,7
135,7
328,4
464,1
105,0
137,1
316,5
453,6
2008
1.499,5
1.110,8
371,5
1.179,0
4.160,9
2009
1.312,7
1.020,4
357,6
1.081,1
3.771,8
2010
1.135,8
1.010,2
325,5
1.004,3
3.475,8
2011
1.116,2
1.044,9
333,9
997,1
3.492,1
5.128,1
4.785,9
19.555,1 19.503,6
24.683,2 24.289,5
4.818,5
19.856,3
24.674,7
2004
37,6
26,5
11,6
31,5
2006
37,8
27,3
11,9
30,3
2008
38,7
26,1
11,4
30,8
2009
33,4
22,5
10,6
27,1
2010
29,6
22,3
9,6
25,4
2011
30,2
23,6
10,1
25,8
107,2
140,2
333,3
473,5
107,3
138,9
330,2
469,1
107,0
140,5
337,3
477,8
93,6
124,3
333,1
457,4
86,9
117,1
330,7
447,8
89,7
120,3
338,1
458,4
L’importanza relativa dell’agricoltura e dell’industria alimentare nelle regioni della convergenza, nonostante
le differenze presenti tra loro, è molto superiore rispetto a quella nazionale. Nello specifico, si nota come in
Campania l’agricoltura abbia un’incidenza sul valore aggiunto regionale del 2,6% e l’industra alimentare
dell’1,8%; rispetto all’intera industria manifatturiera campana, il valore aggiunto realizzato da quella
alimentare rappresenta quasi il 20% del totale.
Tabella 1.3.8 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Campania (milioni di euro)
Valore aggiunto ai prezzi base Campania
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Industria
Industria in senso stretto
Industria manifatturiera
- Industrie alimentari, bevande e tabacco
Valore aggiunto ai prezzi base
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
Fonte: Istat, 2010
2007
2008
2009
% su
PIL
(2009)
% Valore
Aggiunto
totale (2009)
2267,5
16209,5
11044,0
9186,3
2252,5
15942,5
10925,7
9077,4
2223,7
14974,9
10055,8
7970,6
2,3%
15,4%
10,4%
8,2%
2,6%
17,4%
11,7%
9,3%
1,8%
1573,0
1490,8
1517,7
1,6%
86589,7
98538,7
87197,3
99666,8
85947,9
97093,7
88,5%
Per ciò che riguarda la Puglia, l’agricoltura ha una maggiore incidenza rispetto alla Campania sul valore
aggiunto regionale (3,4%), così come l’industra alimentare (2,1%). Ciò nonostante, in termini di valori
assoluti, la Campania registra livelli più alti della Puglia (tabella 1.3.7). Rispetto all’intera industria
manifatturiera pugliese, il valore aggiunto realizzato da quella alimentare rappresenta, anche in questa
regione, circa il 20% del totale.
18 Tabella 1.3.9 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Puglia
Valore aggiunto ai prezzi base - Puglia
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Industria
Industria in senso stretto
Industria manifatturiera
- Industrie alimentari, bevande e tabacco
Valore aggiunto ai prezzi base
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
Fonte: Istat, 2010
2007
2008
2009
% su PIL
(2009)
2363,6
15348,6
9929,8
8043,7
2463,0
15412,6
9799,3
7665,0
2110,9
14262,7
8927,7
6680,3
3,0%
20,4%
12,8%
9,5%
% su Valore
aggiunto totale
(2009)
3,4%
23,1%
14,4%
10,8%
2,1%
1182,0
1143,9
1275,8
1,8%
62765,6
71193,4
62741,5
71631,7
61875,3
69958,6
88,4%
In Calabria, l’agricoltura realizza circa il 4% del valore aggiunto complessivo della Regione. Questo è il
valore relativo più alto delle Regioni della Convergenza, ma in termini di valore assoluto la Calabria si
colloca all’ultimo posto tra queste regioni. L’industria alimentare invece si colloca all’ultimo posto anche in
termini di valori relativi, con appena l’1,2% di contributo alla composizione del valore aggiunto prodotto
dall’economia calabrese. Rispetto all’intera industria manifatturiera della Calabria, il valore aggiunto
realizzato da quella alimentare rappresenta circa il 23% del totale.
Tabella 1.3.10 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Calabria
Valore aggiunto ai prezzi base Calabria
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Industria
Industria in senso stretto
Industria manifatturiera
- Industrie alimentari, bevande e tabacco
Valore aggiunto ai prezzi base
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
Fonte: Istat, 2010
2007
2008
2009
% su
PIL
(2009)
% su Valore
aggiunto totale
(2009)
1506,0
4813,0
2619,2
1782,0
1248,0
4862,6
2646,4
1741,6
1185,1
4695,2
2471,7
1550,8
3,6%
14,1%
7,4%
4,7%
4,0%
15,7%
8,3%
5,2%
1,2%
313,7
330,9
366,8
1,1%
29811,6
33433,9
30480,2
33980,1
29934,1
33216,1
90,1%
Infine, l’agricoltura siciliana produce il 3,7% del valore aggiunto complessivo della Regione. L’industria
alimentare rappresenta circa il 21% del valore aggiunto dell’intera industria manifatturiera regionale e
produce appena l’1,3% del valore aggiunto complessivo della Sicilia.
Tabella 1.3.11 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Sicilia
Valore aggiunto ai prezzi base - Sicilia
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Industria
Industria in senso stretto
Industria manifatturiera
- Industrie alimentari, bevande e tabacco
Valore aggiunto ai prezzi base
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
Fonte: Istat, 2010
2007
2008
2009
2910,3
13095,6
8313,8
6332,1
2955,7
13271,2
8295,3
6154,7
2786,5
11504,1
6746,2
4642,8
% su Valore
% su PIL
aggiunto totale
(2009)
(2009)
3,3%
13,6%
8,0%
5,5%
3,7%
15,2%
8,9%
6,1%
1,3%
913,8
959,1
992,5
1,2%
76572,9
86483,1
77841,0
87408,8
75804,2
84852,6
89,3%
1.3.3: tecnologie, capitale umano e centri di ricerca
La politica per la ricerca e le politiche industriali rivestono un’importanza fondamentale per i cambiamenti
strutturali e per lo sviluppo futuro delle industrie manifatturiere e in particolare di quella alimentare.
L’importanza della ricerca nel settore agroalimentare è testimoniata dal fatto che, nonostante il periodo di
19 crisi, il made in Italy ha dimostrato una notevole resistenza alla congiuntura negativa, grazie all’aumento
delle esportazioni nel 2010 e nel 2011 (circa +10% rispetto al 2009). Questi risultati non sarebbero stati
possibili senza l’elevato contenuto di qualità e innovazione delle produzioni italiane. Circa un quarto del
fatturato dell’agroalimentare è infatti derivato proprio da prodotti per i quali l’innovazione costituisce un
fattore essenziale: si tratta infatti della gamma del cosiddetto “tradizionale evoluto” (sughi pronti, surgelati,
condimenti freschi, ecc.), che è destinata ad aumentare la propria importanza relativa, insieme ai prodotti a
Denominazione di Origine (DOP-IGP-STG), rispetto al settore dell’alimentare “classico”3.
Nella situazione italiana appaiono quindi fondamentali i processi di maggiore integrazione del triangolo della
Conoscenza, Innovazione e Imprese e una più stretta collaborazione tra ricercatori in campo accademico,
Enti pubblici e privati. Di conseguenza, il ruolo delle Università, e più in generale degli Istituti pubblici di
ricerca, diviene cruciale per l’industria alimentare italiana in cui la polverizzazione delle imprese caratterizza
tutto il settore e le principali filiere, con particolare rilevanza nel Mezzogiorno, creando maggiori difficoltà
all’accesso all’informazione, all’innovazione e alle conoscenze.
La recente indagine dell’ISTAT (2011) evidenzia che la Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale
nel 2010 ha superato i 19,5 miliardi di euro, di cui la maggior parte (54%) è stata spesa dalle imprese, quasi
il 30% dalle Università e il 15% dalle Istituzioni pubbliche.
La Spesa delle imprese per R&S intra-muros per classe di addetti si concentra per oltre il 70% nelle imprese
con più di 500 addetti e meno dell’8% in quelle fra 250-500 addetti. Le PMI (sotto i 250 addetti) concorrono
a meno del 22% della spesa totale, di cui quelle fino a 50 addetti meno del 10%. Il ruolo della
frammentazione della struttura industriale si ripercuote quindi pesantemente sulle spese per R&S che nel
complesso non superano l’1,9% del PIL nazionale, ben lontano dagli obiettivi di Europa 2020.
La Spesa delle imprese per R&S intra-muros per attività economica nelle attività manifatturiere ha superato
nel 2010 i 7,6 miliardi di euro, con il coinvolgimento di circa il 73% del totale delle imprese (confermato
anche per il 2011). Considerando l’intera filiera agroalimentare la spesa per R&S delle imprese supera i 310
milioni pari ad oltre il 3% del totale delle imprese. L’industria alimentare, bevande e tabacco riveste quindi
un ruolo, in termini di spesa in R&S, non molto rilevante e nettamente al di sotto della propria importanza
produttiva, dovuta sostanzialmente alla maggiore frammentazione delle imprese del settore rispetto a quello
manifatturiero, evidenziata in precedenza.
Gli addetti alla R&S delle imprese, per qualifica professionale e attività economica (ATECO 2007),
nell’industria manifatturiera hanno superato le 75mila unità (equivalenti a tempo pieno), di cui 2.044
nell’industria alimentare, bevande e tabacco, circa il 2,7% dell’intera industria manifatturiera, confermando i
problemi della scarsità degli investimenti del settore evidenziati in precedenza.
Emergono però anche alcuni aspetti positivi per il settore agroalimentare. Infatti, secondo un’indagine Istat
sull’innovazione all’interno delle imprese, per il triennio 2006-2008, il 51,2% delle imprese con almeno dieci
addetti del settore alimentare ha effettuato investimenti in innovazione tecnologica, per oltre 7 mila euro per
addetto (2008). Sempre da questa indagine emerge però che in queste imprese l’innovazione avviene in gran
parte all’interno dell’azienda stessa, attraverso intense attività di formazione del personale finalizzate
all’impiego delle nuove tecnologie acquistate, delle attività di marketing connesse al lancio dei nuovi
prodotti e alla valorizzazione dell’immagine e del marchio dell’azienda.
Questo si ricollega al ruolo rilevante che hanno le imprese o i grandi gruppi nelle spese di R&S, come
abbiamo sottolineato in precedenza.
Per quanto riguarda le Regioni obiettivo convergenza (Puglia, Calabria, Campania e Sicilia), nell’ambito
dell’offerta di ricerca, va posto l'accento sulla presenza dei distretti di alta tecnologia, come illustrato nel
documento di Invitalia (2012), che ha permesso un’analisi approfondita del panorama distrettuale italiano, e
di quello agroalimentare in particolare.
L’esperienza italiana dei Distretti Tecnologici risale al 2002 con le Linee Guida per la politica scientifica e
tecnologica del Governo e con il Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) 2005-2007. La più recente
3
Rimangono tuttavia alcune criticità come l’eccessiva frammentazione della struttura produttiva, sommata alle carenze
infrastrutturali, logistiche e distributive; eccessivi costi di produzione, a partire dall’energia; scarsa qualità dell’offerta
di servizi per le imprese, anche finanziari e creditizi e una sempre importante quota di contraffazioni alimentari e agropirateria diffusa in molte parti del mondo.
20 formulazione dei DT si trova nel PNR 2011-2013, come “aggregazioni sistemiche a livello territoriale tra
istituzioni della ricerca, Università e sistema delle imprese, guidate da uno specifico organo di governo, per
sollecitare la cooperazione e le sinergie nello sviluppo di uno specifico ambito di specializzazione che deve
rientrare nelle tecnologie chiave abilitanti”.
I DT si rifanno al modello di innovazione proposto e sviluppato a livello europeo che prevede l’integrazione
e l’interazione continua tra imprese, università/centri di ricerca ed amministrazioni (centrali e territoriali),
con una struttura di governance composta da componenti di questa “tripla elix” che faciliti l’incontro fra
domanda e offerta di ricerca attorno a progetti con ricadute sulla competitività delle imprese sui mercati a
livello nazionale e internazionale.
I Distretti Tecnologici riconosciuti dal MIUR nelle regioni italiane sono a tutt’oggi 28, di cui 6 in corso di
approvazione (3 con il Protocollo di intesa, ma senza la firma del APQ, mentre 3 sono in corso di
programmazione). Nel computo di questi DT non sono inclusi i nuovi DT previsti nell’ Avviso PON R&C TITOLO III, in corso di definizione per le Regioni della Convergenza).
I DT ad alta tecnologia riguardano diversi settori di attività che, oltre al settore Agroalimentare, interessano
l’Aerospazio, la Salute dell’uomo, Energia e Ambiente, ICT, Mobilità e Trasporti, Nuovi Materiali e
Nanotecnologie, Beni Culturali. La localizzazione nelle diverse regioni italiane dei DT è riportata nella
mappa elaborata da Invitalia (2012)4.
Figura 1.3.1 - La mappa dei Distretti Tecnologici italiani: distribuzione settoriale (Fonte: Invitalia 2012)
Fonte: Invitalia 2012
Nel settore Agrolimentare si possono prendere in considerazione quattro Distretti tecnologici, localizzati
nelle Regioni del Mezzogiorno, mentre altre attività di tipo distrettuale (Poli tecnologici o Aggregazioni di
Alta tecnologia) si trovano nelle altre realtà del Centro-Nord.
I quattro Distretti Tecnologici riconosciuti dal MIUR sono:
- Distretto Tecnologico innovazione, sicurezza e qualità degli alimenti (Regione Abruzzo)
- Distretto Tecnologico per l’innovazione agroindustriale (Regione Molise)
- Distretto Biotecnologico agoalimentare pugliese (Regione Puglia)
- Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca eco-compatibile (Regione Siciliana).
Il Distretto tecnologico agroalimentare della Regione Lombardia, è in via di costituzione, ma non è ancora
riconosciuto dal MIUR, in quanto è stato stipulato il Protocollo d’Intesa, ma non è stato sottoscritto l’APQ.
Figura 1.3.2 – I Distretti Tecnologici italiani nel settore “Agroalimentare”
4
Si ringrazia la Dott.ssa Barbaro Pozzo per la stesura del lavoro di Invitalia (2012) da cui è stato ripreso gran parte di
questo paragrafo. Le valutazioni dei principali programmi e bandi contenuti nel PON R&C 2007-2013, con riferimento
al settore agroalimentare, sono riportati in appendice. 21 Fonte: Invitalia 2012
Distretto Tecnologico innovazione, sicurezza e qualità degli alimenti (Regione Abruzzo)
Denominazione: Consorzio di Ricerca per l'innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza degli alimenti
S.c.a.r.l.
Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro stipulato.
Data di stipula: 22 Dicembre 2005
Risorse stanziate da MIUR: ML€ 6,033 (fondi Delibera CIPE 17/2003)
Forma giuridica del Distretto: Consorzio di Ricerca per l'innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza
degli alimenti S.c.a.r.l.
Mission: Il Distretto Tecnologico abruzzese opera per:
avviare un primo gruppo di progetti che porranno le basi sulle quali il Distretto potrà operare
organizzare un sistema dell’offerta regionale di fattori di innovazione per la costruzione di un “sistema
regionale dell’innovazione” che contribuisca allo sviluppo e al trasferimento alle imprese di metodi di
produzione innovativi necessari a sostenerne un adeguato livello di competitività. Nella regione sono
presenti centri di eccellenza nella ricerca, attivi nel sistema universitario (comprendente facoltà tecniche,
scientifiche ed economiche), grandi imprese ad alta tecnologia ed in numerosi laboratori e centri di ricerca
pubblici e privati.
L’azione del distretto è rivolta al perseguimento dei seguenti obiettivi:
Ambito 1 – Tecnologie di gestione e di materie prime
Ambito 2 – Tecnologie di conservazione, trasformazione, distribuzione e controllo dei prodotti
Ambito 3 – Tecnologie di monitoraggio e controllo ambientale
La partecipazione pubblica e privata riguarda:
Soggetti pubblici: ARSSA – Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo della Regione Abruzzo,
Università degli Studi dell’Aquila, Università degli Studi di Teramo, Università degli Studi di Chieti, Istituto
Mario Negri Sud, CRAB – Consorzio di Ricerche Applicate alla Biotecnologia, COTIR – Consorzio per la
sperimentazione e la Divulgazione delle Tecniche Irrigue.
Soggetti privati: SELEX Communications S.p.A. (Gruppo Finmeccanica)
Altri attori coinvolti sono: Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G. Caporale" ,
PST Abruzzo. Regione Abruzzo
Distretto Tecnologico per l’innovazione agroindustriale (Regione Molise)
Denominazione: Molise Innovazione Agroindustriale Scarl (MinA Scarl).
Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro Stipulato.
Data di stipula: 22 Dicembre 2006.
Risorse stanziate da MIUR: ML€ 3,36
22 Forma giuridica del Distretto: E' stata costituita MinA scarl, per la gestione del Distretto, ma di fatto esso è
gestito dal Parco scientifico e tecnologico del Molise “Molise Innovazione SCpA” che per motivi di natura
giuridica (ha una maggioranza di soci privati) non poteva assumere la titolarità di Ente di gestione del DT.
Mission: Obiettivo del DT è promuovere l’introduzione di innovazioni di prodotto e di processo nel settore
agroindustriale in Molise attraverso l’attuazione di progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico
alle aziende di produzione, in particolare nelle filiere dei cereali e lattierocasearia, ma anche nella filiera
vitivinicola. L’attività di ricerca del Parco Scientifico e Tecnologico del Molise è orientata allo sviluppo di
alimenti nutraceutici e funzionali. Le attività sono fondate sull’utilizzo del grande laboratorio ampiamente
attrezzato (uno dei pochi a livello nazionale) specializzato nel trattamento e selezione di componenti che
aggiunti agli alimenti in quantità adeguata (farine, paste) li rendono funzionali, oltre che nella ricerca di
nuovi metodi di produzione e conservazione dei prodotti caseari. L’Università e il Parco Scientifico e
Tecnologico del Molise hanno sviluppato un vasto know-how relativamente alla produzione di alimenti
nutraceutici e funzionali innovativi nelle filiere dei cereali (frumento duro, orzo, farro), lattiero-casearia,
ortofrutticola, nonché per il recupero di prodotti tradizionali ad alto valore aggiunto derivanti dalla
trasformazione di carni avicole e suine.
I soggetti pubblici e privati coinvolti sono:
Soggetti pubblici: Molise innovazione S.c.p.A. (Parco Scientifico e tecnologico del Molise), Università
degli studi del Molise, Unioncamere Molise, Istituto zoo profilattico, Regione Molise.
Soggetti privati: Caseificio Molisano L. Barone s.n.c., Molise conserve s.r.l., Pastificio Indalco S.p.A
(pastificio), Leoni S.r.l. (carni), Cantina Di Giulio (si tratta di realtà imprenditoriali locali)
Distretto Biotecnologico agroalimentare pugliese (Regione Puglia)
Denominazione: Distretto Agroalimentare Regionale, DARE Scarl
Stato di attuazione: Accordo di programma quadro stipulato
Data di stipula: 28 Aprile 2005
Risorse stanziate da MIUR: ML€ 7,96
Forma giuridica del Distretto: Società consortile a responsabilità limitata (DARE Scarl). Il Consiglio di
Amministrazione è composto da rappresentanti delle categorie dei soci del Distretto.
Mission: Il DARE si propone come un catalizzatore dell’innovazione nel sistema agroalimentare regionale
Pugliese con particolare riferimento al comparto alimentare. Per il raggiungimento di tale obiettivo, il
DARE, coerentemente con la propria missione, mette a valore le competenze dei soci "università e centri di
ricerca pubblici e privati", dotati delle expertise e strutture adeguate per realizzare direttamente attività di
ricerca e sviluppo, per il soddisfacimento del bisogno di innovazione delle imprese, su cui il DARE è
direttamente coinvolto. Tale attività di "catalizzatore" si traduce nella presentazione di progettualità in cui il
DARE realizza attività di audit presso le imprese agroalimentari pugliesi al fine di realizzare azioni e progetti
innovativi e di miglioramento tecnologico, fornisce consulenza tecnologica alle imprese e favorisce la
costruzione di partenariati e accordi necessari per l'accompagnamento dei soggetti coinvolti (ricerca e
impresa) e la realizzazione dei progetti fino al loro compimento. In quanto distretto tecnologico, il DARE
contribuisce alla diffusione spontanea e/o formalizzata di conoscenze scientifiche e tecnologiche, (spill over)
da cui originano nuove iniziative imprenditoriali “science-based” e sostiene processi di “cross-fertilization”,
sostenendo reti tra attori pubblici e le filiere agroalimentari operanti nei settori ad alta intensità tecnologica.
Il Distretto si propone il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- miglioramento delle capacità di innovazione e di adattamento dinamico ai mutamenti tecnologici ed
economici dei settori dell’ambiente, della sanità e dell’agro-alimentare, tutti connessi ai temi della
“qualità della vita”;
- promozione della competitività del sistema sociale e produttivo regionale, riducendo
conseguentemente le differenze economico-imprenditoriali con il resto della nazione;
- creazione di nuovi posti di lavoro.
I soggetti pubblici e privati coinvolti sono numerosi:
Soggetti pubblici: Regione Puglia, Provincia di Foggia, Comune di Cerignola, Comune di Foggia, Comune
di San Severo, Camera di Commercio di Foggia, Politecnico di Bari, Università degli Studi di Bari,
Università degli Studi di Foggia, Università degli Studi di Lecce, Libera Università Mediterranea di Casa
Massima di Bari, CNR, Scuola di E-business and Management di ISUFI, CRA - Istituto Sperimentale per la
23 Cerealicoltura, Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, Confindustria Puglia, Coldiretti
Puglia, Confindustria di Foggia, CIA Puglia.
Soggetti privati: Apuliabiotech S.r.l., Aprol Foggia, Biotecgen S.r.l., Fondazione Casa Sollievo della
Sofferenza di San Giovanni Rotondo, Consorzio Puglia Natura, Coop. La Quercia Caione, Coseme S.r.l.,
Farmalabor S.r.l., Farris S.r.l.,, Guazzetti Gianpaolo e Stefano s.s., ICEA, Ista S.p.A., La Chiavicella S.p.A.,
Laboratori Bonassina S.a.s., MCM Technoconsulting S.r.l., Maribrin S.r.l., Bancapulia.
Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca eco-compatibile (Regione Sicilia)
Denominazione: Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca Ecocompatibile
Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro stipulato.
Data di stipula: 14 Giugno 2005
Risorse stanziate da MIUR: ML€ 33,60 (relative anche ai distretti trasporti navali, microe nano sistemi).
Forma giuridica del Distretto: ente gestore del Distretto è il Consorzio di ricerca per l’innovazione
tecnologica, Sicilia AgroBio e Pesca ecocompatibile Scarl La Società è stata costituita in data 09.01.2009
Mission:
- promuovere, presentare e gestire progetti di ricerca volti alla crescita della competitività
dell’economia siciliana, promuovendo al contempo lo sviluppo dei soci consorziati nonché la nascita
e il consolidamento, sul territorio della regione Sicilia, di imprese innovative, anche attraverso il
trasferimento di conoscenze tecnologiche;
- realizzare interazioni e sinergie tra soggetti che svolgono attività di ricerca e le loro possibili
applicazioni, rafforzando, in particolare, il collegamento tra le Università e i Centri di ricerca
operanti in Sicilia, da un lato, e il sistema imprenditoriale regionale, dall’altro;
- formare personale di ricerca altamente qualificato, anche attraverso la progettazione o realizzazione
di prodotti, servizi e programmi di alta formazione, organizzare seminari, convegni ed altri eventi di
creazione e divulgazione delle conoscenze, favorire il rientro di ricercatori oggi all’estero nonché
valorizzare e mettere in rete il patrimonio di competenze, professionalità ed esperienze sviluppato
dai soci, fornendo ai ricercatori un efficace contesto operativo;
- Coordinare iniziative e attività di ricerca e sviluppo industriale e di promozione della cultura
tecnologica;
- Sviluppare e mantenere i contatti con altri consorzi, associazioni ed Enti nazionali ed internazionali
per la creazione di partenariati di tipo scientifico, tecnico e commerciale e per la promozione e la
realizzazione di programmi e progetti comuni;
- Fungere da centro di raccolta e diffusione di informazioni e proposte tecniche, nell’interesse dei soci
e dei potenziali utilizzatori, di prodotti e servizi;
- Promuovere l’immagine dei soci in ambito nazionale ed internazionale.
I soci sono suddivisi in Enti pubblici di ricerca, Imprese, Regione Siciliana, Consorzi regionali di ricerca, ed
altri. Per effetto dei patti parasociali la partecipazione degli Enti pubblici di ricerca va mantenuta pari al
50%; per le Imprese deve essere superiore al 30%; per gli altri non sono previsti limiti di partecipazione. I
soggetti pubblici e privati del distretto sono:
Soggetti pubblici: Regione Sicilia, Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, Università di Messina,
Università di Catania, Università di Palermo, Co. Ri. Bi. A. – Consorzio di Ricerca sul Rischio Biologico in
Agricoltura, CO.R.FI.LA.C. - Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia, Co.Re.R.A.S. - Consorzio
Regionale per la Ricerca Applicata e la Sperimentazione, Consorzio "Gian Pietro Ballatore" per la Ricerca su
Specifici Settori della Filiera Ceralicola, Consorzio di Ricerca Filiera Carni, Consorzio di Ricerca per lo
Sviluppo di Co.Ri.S.S.I.A. - Sistemi innovativi Agroambientali, Stazione Consorziale Sperimentale di
Granicoltura per la Sicilia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, CNR-IAMC (Istituto per
l'ambiente marino Costiero);
Soggetti privati: Agroindustry Advanced Technologies SpA – AAT, Cantine Foraci Srl, CE.FI.T Srl, CRES,
Pectine Industria SpA, Proteogen Srl, Consorzio Multiservizi Siracusa Soc. Coop. arl, COSIPE - Consorzio
Siciliano Pesca Soc. Coop, Consorzio Innova Agro Sicilia, Consorzio Security and Promotion Food
Innovazione, INBB - Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi - Consorzio Interuniversitario, Co.S.Va.P. Distretto produttivo della Pesca, Apindustrie Catania, F.A.P.I., Centro per la Ricerca Elettronica in Sicilia,
Confindustria Catania.
24 I laboratori Pubblico/privati nelle regioni della convergenza
Un ulteriore contributo alla ricerca è dato dai Laboratori Pubblico-Privati che costituiscono un “insieme
integrato e organico di attività di ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale, che contempla la
partecipazione congiunta di atenei, imprese ed enti pubblici di ricerca per il perseguimento di obiettivi
scientifico-tecnologici sia di breve-medio periodo che di medio-lungo periodo”.
A seguito del Decreto Direttoriale n.602 del 14 marzo 2005 “Invito alla presentazione di progetti di ricerca
industriale, sviluppo precompetitivo, formazione per la realizzazione e/o potenziamento di laboratori
pubblico-privati nelle Regioni del Mezzogiorno d’Italia” pubblicato nella G.U. del 23 marzo 2005, sono stati
creati e finanziati numerosi laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza.
Figura 1.3.3 La mappa dei Laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza: distribuzione
settoriale
Fonte: Invitalia (2012)
Con particolare riferimento al settore “Agroalimentare” si rilevano due Laboratori di ricerca PubblicoPrivati (LPP) per la genomica vegetale applicata al miglioramento e alla certificazione di specie vegetali di
rilevante interesse economico (pomodoro e frumento duro):
GenoPOM - Laboratorio Pubblico-Privato di Genomica per l'innovazione e la valorizzazione della filiera del
pomodoro - (Regione Campania): il laboratorio di Portici (NA) opera nel campo della ricerca e delle
applicazioni genomiche e postgenomiche innovative nelle produzioni orticole per fornire stimoli
all’innovazione e supporto allo sviluppo delle imprese della filiera operanti in Campania e, più in generale,
nelle regioni Convergenza. Il GenoPOM rappresenta un polo di competenze specializzate nella ricerca
scientifica ed industriale per l'identificazione di geni e proteine coinvolti in importanti processi produttivi e
nello sviluppo di strumenti avanzati per il "breeding" molecolare, la tracciabilità e la certificazione dei
prodotti. I principali obiettivi del Laboratorio sono:
- l'ottenimento di alimenti migliorati per caratteristiche organolettiche e valore salutistico e nutritivo;
- lo sviluppo di varietà di alta qualità e produttività anche in condizioni ambientali sfavorevoli;
- lo sviluppo di nuove tecnologie per certificazione e tracciabilità dell'intera filiera;
25 -
lo sviluppo di nuovi agrofarmaci e biostimolatori vegetali;
la formazione di personale altamente qualificato nel settore.
AGROGEN (Regione Puglia): il Laboratorio intende rafforzare il settore legato alla produzione delle
sementi di alta qualità delle Regioni della Convergenza attraverso azioni finalizzate a promuovere lo
sviluppo e l’integrazione della filiera sementiera sia a livello nazionale che internazionale. Esso è attivo nella
ricerca delle basi genetiche e molecolari dei principali caratteri di rilevanza agronomica del frumento duro e
persegue le seguenti linee di ricerca:
sviluppo di mappe di linkage per caratteri agronomici quali la tolleranza a stress biotici e abiotici, la capacità
produttiva e alcune componenti della qualità del frumento duro;
- identificazione e localizzazione di geni per resistenza a malattie e siccità e di geni per la qualità in
frumento duro;
- analisi trascrizionale della risposta a stress idrico;
- studio funzionale dei geni e l’analisi delle corrispondenti proteine;
- messa a punto di metodi di selezione assistita associando marcatori molecolari a specifici caratteri;
- caratterizzazione della variabilità genetica per detti caratteri in collezioni di germoplasma.
1.4 Le regioni della coesione: lo stato dell’offerta
Lo stato dell’offerta di ricerca nelle regioni della convergenza e nel Mezzogiorno in generale è fortemente
condizionato non solo dai livelli di spesa per R&S delle singole regioni, ma anche e in particolare dal
cambiamento strutturale dei principali attori, che vede la riduzione sostanziale del contributo delle imprese e
il forte aumento delle Università, come messo in evidenza dalla recente indagine dell’ISTAT (2011).
Figura
1.4.1:
Spesa
per
R&S
intra-muros
per
regione
e
provincia
autonoma
in
Italia
Fonte: La ricerca e sviluppo in Italia, ISTAT, 2011
26 Nelle regioni della convergenza diminuisce sostanzialmente l’importanza % della spesa delle imprese e
aumenta notevolmente quella delle Università e Istituzioni pubbliche. Infatti, rispetto a una media nazionale
del 53% delle spese per R&S delle imprese essa scende a sotto il 40% in Campania, al 26-27% in Puglia e
Sicilia, e addirittura sotto il 10% in Calabria. Allo stesso tempo nelle regioni della convergenza aumenta
considerevolmente il ruolo delle spese in R&S delle Università, che diventano quelle largamente prevalenti.
Infatti, contro una media nazionale del 30%, le spese delle Università superano il 45% in Campania, il 57%
in Puglia e il 61% in Sicilia, fino a rappresentare quasi l’80% in Calabria.
L’occupazione nel settore R&S riveste un’importanza particolare nelle regioni della convergenza, con quasi
39 mila addetti, pari al 17% del totale nazionale (contro il 14% della spesa). Alla grande importanza degli
addetti nelle Università si aggiunge, nelle regioni della convergenza, un’incidenza maggiore della media
nazionale degli addetti alla ricerca operanti nelle Istituzioni pubbliche che fanno capo ai numerosi Istituti di
ricerca facenti parte di organismi internazionali (CNR, CRA, INRAN…)
Tabella 1.4.1: Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale e regione (migliaia di euro), Anno 2009
Valori assoluti
REGIONI
Composizione %.
Istituzioni
pubbliche
Istituzioni
private non
profit
Imprese
Università
Totale
Istituzioni
pubbliche
Istituzioni
private non
profit
Imprese
Università
Totale
Campania
146.593
38.853
480.499
557.403
1.223.348
5,8
6,1
4,7
9,6
6,4
Puglia
55.343
33.605
139.465
308.812
537.225
2,2
5,3
1,4
5,3
2,8
Calabria
15.862
92
15.051
121.619
152.624
0,6
0,0
0,1
2,1
0,8
Sicilia
72.432
6.052
201.462
446.248
726.194
2,9
1,0
2,0
7,7
3,8
Regioni
Converg.za
290.230
78.602
836.477
1.434.082
2.639.391
11,5
12,4
8,2
24,7
13,8
2.524.587
634.262
10.238.132
5.811.971
19.208.952
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
ITALIA
Fonte: ISTAT, La ricerca e sviluppo in Italia, 2011
Tabella 1.4.2: Addetti alla R&S per settore istituzionale e regione (unità espresse in equivalenti tempo
pieno), Anno 2009.
Valori assoluti
REGIONI
Istituzioni
pubbliche
Composizione %.
Istituzioni
private non
profit
Imprese
Università
Totale
Istituzioni
pubbliche
Istituzioni
private non
profit
Imprese
Università
Totale
Campania
2.424
425
4.411
7.037
14.297
7,2
5,3
4,0
9,4
6,3
Puglia
1.073
393
1.602
3.979
7.047
3,2
4,9
1,5
5,3
3,1
280
3
237
1.338
1.857
0,8
0,0
0,2
1,8
0,8
Sicilia
1.219
99
1.940
5.392
8.650
3,6
1,2
1,8
7,2
3,8
Reg convergenza
4.996
920
8.189
17.747
31.852
14,8
11,4
7,5
23,7
14,0
ITALIA
33.540
8.027
109.768
74.949
226.285
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Calabria
Fonte: ISTAT, La ricerca e sviluppo in Italia, 2011
27 L’indagine dell’Istituto Tagliacarne evidenzia però un aumento delle imprese che fanno innovazione nel
Mezzogiorno, con valori elevati per le imprese sopra i 50 addetti. Anche le spese per R&S delle imprese
aumentano significativamente, anche se è l’acquisto di macchinari e attrezzature che rappresenta la voce
principale (nel 65% dei casi) delle innovazioni. Il settore agroalimentare si distingue per un maggiore
contributo all’introduzione delle innovazioni fra le imprese del Mezzogiorno. In particolare fra le imprese
innovatrici oltre un terzo sono del settore agroalimentare, ben oltre l’importanza economica e occupazionale
del settore nel Mezzogiorno.
La scarsa innovazione dipende spesso dalla scarsa conoscenza delle leggi regionali e nazionali e in
particolare di quelle dell’Unione Europea: sono più conosciute le leggi per la formazione che quelle per le
agevolazioni delle innovazioni.
Nel valutare le capacità dell’offerta di ricerca nelle regioni della convergenza occorre quindi prendere in
attenta considerazione il ruolo delle Università e dei Centri e Distretti tecnologici. Le strategie future della
ricerca dipenderanno quindi in gran parte dalla ricerca pubblica e in particolare dalle possibilità di
trasformane queste ricerche in innovazione da trasferire al sistema produttivo e in particolare alle imprese.
Le relazioni di rete sia fra le Università e Istituzioni pubbliche, che con il sistema delle imprese
rappresentano un elemento cruciale per raggiungere obiettivi di eccellenza, ma ancora più rilevanti risultano
le capacità di interfacciarsi con il sistema produttivo. Questo è particolarmente vero per il sistema
agroalimentare, che rappresenta un importante settore per lo sviluppo delle regioni della convergenza ma che
è caratterizzato da una debole struttura produttiva.
Riferimenti
-
-
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“pubblicazioni congiunturali e ricerche macro economiche”, Roma, 2011
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ricerca e l’innovazione al 2030, Roma, 2011
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innovation agenda, Bruxelles, 2012
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inclusiva, comunicazione del 3 marzo 2010, Bruxelles
European Commission, 8th Framework Programme Horizon 2020, Bruxelles
European Clusters Observatory
ERVET, La filiera dell’agroalimentare dell’Emilia Romagna, Bologna,2011
R. Fanfani, Qualità e competitività: le sfide del settore agroalimentare dal mezzogiorno al mercato
globale, Banco di Napoli, 2000
Joint programming initiative “a healthy diet for a healthy life, the vision for 2030”, 2010
SVIMEZ, Rapporto SVIMEZ 2011 sull’economia del Mezzogiorno, Il Mulino, 2011
Eurostat, External and intra-EU trade - a statistical yearbook
Eurostat Comext
Istat
Istat Coeweb
InfoCamere Nuove Imprese
Istat, Le esportazioni delle regioni italiane nel 2011, Gennaio-Dicembre 2011, Comunicato stampa,
14 marzo 2012
Istat, La ricerca e sviluppo in Italia, Roma 2011
Brasili Cristina, Fanfani Roberto (2008), “The Globalisation of Italian Agri-food Industry
International Trade, Delocalisation and the Emergence of Mini-Multinational" in “Knowledge,
Sustainability and Bio-Resources in the further Development of Agri-food Systems”. AIEA2
International Conference, Bologna, Bononia University press
Guelpa Fabrizio e Micelli Stefano (2007), I distretti industriali del terzo millennio – Dalle economie
di agglomerazione alle strategie d’impresa. Bologna, Il Mulino.
Osservatorio nazionale dei distretti italiani, II° Rapporto. Roma 2010.
28 -
Brasili C., Fanfani R. (2010), “The Agrifood districts in the new millennium”, 4th International
European forum on system dynamics and innovation in food networks. Igls/Innsbruck February 8-12
Intesa-Sanpaolo – Servizio studi e ricerche, Monitor dei distretti. Milano, 2011.
Ricciardi A. (2010), Le Pmi localizzate nei distretti industriali: vantaggi competitivi, evoluzione
organizzativa, prospettive future, in “Quaderni di ricerca sull’artigianato”, Cosenza maggio 2010.
FOODDRINK Europe, Data & Trends of the European Food and Drink Industry, Bruxelles, 2011
Unioncamere, Atlante della competitività delle province e delle regioni, Roma 2011
Regione Calabria, Strategia regionale per lo sviluppo dell’innovazione 2007-2013
Regione Campania, Strategia regionale per lo sviluppo dell’innovazione 2007-2013
Commissione Europea-Agricoltura e Sviluppo Rurale, 2011
Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard, 2011
Invitalia, Analisi degli strumenti finalizzati allo sviluppo di interventi di Ricerca e Sviluppo
Sperimentale, con particolare riferimento alle Regioni della Convergenza - Focus sull’ambito
settoriale “Agroalimentare”, Roma 2012
Appendice: Principali bandi e risultati di ricerca e sviluppo nel settore agroalimentare nelle regioni
della convergenza 5
Il Programma Operativo Nazionale (PON) “Ricerca e competitività 2007-2013”.
La nascita e lo sviluppo di Distretti e Laboratori pubblico/privati è dovuta agli sforzi messi in campo da
MIUR (in qualità di autorità di gestione) e MISE (che ne presiede il comitato di indirizzo ed attuazione) del
PON.
Il Programma - cofinanziato da risorse comunitarie FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e da
risorse nazionali - promuove iniziative e progetti nei campi della ricerca scientifica, della competitività e
dell'innovazione industriale nelle Regioni della Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia).
L’ammontare complessivo delle risorse finanziarie del PON è di 6.205 Milioni di Euro, di cui 3.102
assicurati dal cofinanziamento comunitario (FESR). Il 48% delle risorse è in capo al MISE; il restante 52%
al MIUR.
Figura A.1: suddivisione delle risorse finanziarie del PON 2007-2013
Fonte: Invitalia 2012
Il Programma si articola in assi prioritari d’intervento e obiettivi operativi:
- Asse I “Sostegno ai mutamenti strutturali” si colloca l’obiettivo operativo “Reti per il rafforzamento
del potenziale scientifico-tecnologico delle Regioni della Convergenza”,
- Asse II “Sostegno all’innovazione” si inserisce l’obiettivo operativo “Azioni integrate per lo
sviluppo sostenibile e la diffusione della Società dell’Informazione”,
- Asse III “Assistenza Tecnica e Attività di accompagnamento” include l’Obiettivo Operativo
“Integrazioni programmatiche per il perseguimento di effetti di sistema” da perseguire anche con
specifiche iniziative di osmosi Nord/Sud.
5
L’analisi dei principali bandi e risultati delle valutazioni della ricerca è stata effettuata da Invitalia (dott.ssa Barbara
Pozzo) con alcune integrazioni sui bandi più recenti (Smart cities e clusters)
29 Tabella A.1 – MIUR – Risorse programmate per intervento
Fonte: Invitalia 2012
Figura A.2: suddivisione delle risorse finanziarie in base agli assi del PON
Fonte: Invitalia 2012
Il documento esplicativo del programma individua alcune aree tecnologiche prioritarie. Tra queste, l’area
settoriale relativa al sistema agroalimentare viene riconosciuta come uno dei cardini del sistema economicosociale europeo, coerentemente con le politiche comunitaria e nazionale6.
PON R&C – Bando Ricerca Industriale
Nell’ambito del programma PON R&C è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.16 del 21 gennaio 2010
il decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca che promuoveva un “invito per la
presentazione di progetti di ricerca industriale e attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, nonché
correlati progetti di formazione di ricercatori e/o tecnici di ricerca nell’ambito del Programma Operativo
Nazionale PON Ricerca e Competitività 2007-2013”.
Il Bando consentiva la presentazione di una proposta progettuale alle piccole e medie imprese, alle imprese
artigiane, alle grandi imprese, ai consorzi e società consortili, a centri di ricerca con personalità giuridica
autonoma e ai parchi scientifici e tecnologici. Inoltre, tutti i soggetti ammissibili (esclusi i Parchi Scientifici e
Tecnologici) potevano presentare progetti congiunti con le Università, l'ENEA, l'ASI ed altri organismi di
ricerca. Il Bando prevedeva altresì la possibilità di presentare più progetti corredati da un programma
strategico, la cosiddetta "Costellazione di progetti", per lo sviluppo di settori/filiere.
Le risorse finanziarie a carico del PON Ricerca e Competitività 2007-2013 (con copertura valere sul Fondo
europeo di sviluppo regionale e sul Fondo di Rotazione) erano inizialmente programmate in complessivi 465
Milioni di Euro.
6
Il dettaglio sull’agroalimentare è riportato nel documento programmatico del PON R&C alle pagg. 239-241.
30 A queste si aggiungevano risorse a carico del MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca
(FAR) per complessivi 100 Milioni di Euro; tali risorse erano destinate a cofinanziare interventi che
prevedessero la realizzazione di una quota di attività al di fuori delle Regioni della Convergenza per un
importo non superiore al 25% del costo complessivo del progetto di ricerca.
Le idee progettuali dovevano essere afferenti a 9 settori prioritari e strategici delle Regioni della
Convergenza:
- ICT - Tecnologie ICT e applicazioni avanzate per il controllo, il monitoraggio e la gestione dei
processi di produzione industriale e/o per lo sviluppo di servizi erogati al cittadino e alle imprese
dalla Pubblica Amministrazione e/o per lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni e/o piattaforme di
calcolo ad alte prestazioni.
- MATERIALI AVANZATI - Metodologie e Tecnologie per la progettazione, la realizzazione e il
controllo di materiali ad alto contenuto tecnologico, della funzionalizzazione superficiale dei
materiali, nonché della funzionalizzazione di materiali massivi per applicazioni di impatto rilevante
in differenti settori.
- ENERGIA E RISPARMIO ENERGETICO - Sviluppo di tecnologie, prodotti e processi per le
energie rinnovabili e/o per l'utilizzo razionale dell'energia e/o per l'efficienza energetica.
- SALUTE DELL'UOMO E BIOTECNOLOGIE - Sviluppo di nuove tecnologie e prodotti in
campo farmaceutico e/o biomedicale e/o di tecniche avanzate nella diagnosi e prognosi.
- SISTEMA AGRO ALIMENTARE - Tecnologie e processi per la produzione, trasformazione,
conservazione e commercializzazione dei prodotti del comparto agroalimentare, zootecnico e ittico,
finalizzati anche al miglioramento della eco compatibilità e/o della sicurezza delle produzioni
alimentari.
- AEROSPAZIO/AERONAUTICA - Sviluppo di Tecnologie innovative per componenti, strutture e
sistemi nel settore aerospaziale e/o per la realizzazione di sistemi complessi di monitoraggio,
sorveglianza, assistenza e riparazione.
- BENI CULTURALI - Tecniche e tecnologie per la tutela, valorizzazione e fruizione dei beni
culturali.
- TRASPORTI E LOGISTICA AVANZATA - Sviluppo e messa a punto di sistemi e tecnologie per
la realizzazione di vettori di trasporto e il miglioramento della logistica dei trasporti terrestri e navali
e della mobilità delle persone e delle merci.
- AMBIENTE E SICUREZZA - Tecnologie di analisi, monitoraggio e controllo per la tutela
dell'ambiente e/o il miglioramento della conservazione e utilizzazione dell'ambiente marino; sistemi
integrati per la sicurezza, per il controllo, il monitoraggio e la gestione delle risorse ambientali, delle
infrastrutture e per la gestione di emergenze e la sicurezza.
Proposte ricevute
Alla scadenza dei termini per la presentazione dei progetti di Ricerca Industriale si sono registrati i seguenti
risultati (Fonte MIUR “Bando di Ricerca Industriale – Risultati della presentazione dei progetti”, 9 aprile
2010.):
- 533 progetti presentati, 79 dei quali (pari al 14,8% del totale) afferenti al settore Agroalimentare;
- coinvolgimento di 258 Grandi Imprese, 319 Medie Imprese e 1169 tra Piccole e Micro-imprese, in
collaborazione con più di 200 fra Università, Enti e altri Organismi di Ricerca. Di tali soggetti, ben
459 operano nel settore Agroalimentare, che fa registrare la maggiore concentrazione di soggetti
proponenti;
- domanda di investimento complessivo di circa 6 miliardi di Euro. Di tale somma, 759 Milioni di
Euro (pari a circa l’12,7% del totale) è la quota relativa al settore Agroalimentare.
Gli esiti della procedura di valutazione hanno portato alle selezione per il finanziamento di 153 progetti; a
essi è stato destinato, secondo quanto previsto del Decreto Direttoriale n. 231/Ric del 22 maggio 2012, un
finanziamento complessivo di Euro 1,087.510.101 nella forma di contributo alla spesa (952.062.895,05 a
valere sui fondi FESR e FDR del PON R&C e i restanti 135.447.206,78 Milioni a valere sul FAR).
Sui 153 progetti ammessi al finanziamento, 18 (pari a circa il 11,8% del totale) sono afferenti al settore
Agroalimentare, per un costo complessivo pari ad Euro 136.964.272 ed un contributo complessivo ammesso
pari a Euro 104.409.159, di cui Euro 98.310.005 su fondi PON.
31 La tabella successiva riporta i titoli dei progetti con i rispettivi costi e contributi ammessi al finanziamento.
Tabella A.2: Bando “Ricerca Industriale”: progetti ammessi al finanziamento nel settore Agroalimentare.
TITOLO DEL PROGETTO
Totale Costo
Ammesso PON
Totale
Contributo
Ammesso (€)
EpiSud - Programma per sviluppare metodologie per
l'identificazione ed il controllo di infezioni micobatteriche
€ 5.176.031,00
€ 4.308.980,20
animali
Sviluppo tecnologico e innovazione per la sostenibilità e
€ 17.733.138,00 € 14.115.012,30
competitività della cerealicoltura meridionale
Genomica funzionale, miglioramento genetico ed innovazioni
€ 5.900.220,00
€ 4.012.031,00
per la valorizzazione dei prodotti della filiera agrumicola
Prodotti ortofrutticoli ad alto contenuto in servizio:
€ 7.660.266,00
€ 5.504.850,30
tecnologie per la qualità e nuovi prodotti
SIBAR -"Sistemi di Irrigazione Biodegradabili per l'impiego
€ 5.749.680,00
€ 4.153.798,00
di Acque Reflue urbane per le produzioni agroalimentari
Tecnologie e materiali anticontraffazione e applicazioni
nanotecnologiche per l'autenticazione e la tutela delle
€ 9.043.184,00
€ 7.408.945,80
produzioni agro-alimentari di eccellenza - fingerimball
Sostenibilità della produzione di piante in vaso in ambiente
€ 6.306.884,00
€ 4.908.196,40
mediterraneo
Innovazioni di processo e di prodotto per incrementare i
profili di sicurezza e per diversificare la gamma dei prodotti € 10.727.206,00
€ 8.895.744,80
(freschi e stagionati) a base di carne suina (SAFEMEAT)
Tecnologie e processi per il miglioramento della shelf-life dei
prodotti del comparto agroalimentare attraverso l'uso di film
€ 7.028.695,00
€ 5.212.856,93
edibili innovativi a base di pectine
DIRECT FOOD - Valorizzazione delle Produzioni
agroalimentari dei Sistemi Locali e di quelli tradizionali del
€ 8.696.401,00
€ 6.557.410,30
Made in Italy attraverso la gestione integrata delle filiere e di
canali innovativi produttore-consumatore.
Trasferimento di conserve di pomodoro tradizionali in
contenitori innovativi per un aggiornamento di mercato.
€ 8.371.139,60
Studio sull’utilizzo di cascami dell'industria del pomodoro € 11.860.417,00
per la produzione di olio a uso combustibile, cosmetico e di
sostanze funzionali
Innovazione di processo e di prodotto nella produzione di
ingredienti e di paste alimentari di grano duro, di paste
€ 5.492.529,00
€ 3.622.984,35
funzionali (nutraceutiche), di paste speciali e di prodotti
secchi da forno funzionali
Applicazione di biotecnologie molecolari e microrganismi
protecnologici per la caratterizzazione e valorizzazione delle
€ 3.845.955,00
€ 3.204.811,75
filiere lattiero-casearia e prodotti da forno di produzioni
tipiche
Bioinnovazioni per produzioni lattiero casearie ad elevato
€ 8.733.000,00
€ 6.311.325,00
contenuto salutistico
Sistemi tecnologici avanzati e processi integrati nella filiera
olivicola per la valorizzazione dei prodotti e dei sottoprodotti,
lo sviluppo di nuovi settori e la creazione di sistemi
€ 5.601.440,00
€ 4.562.321,95
produttivi eco-compatibili
(OLIO-PIU')
Incapsulazione di principi attivi per il miglioramento di
€ 6.221.801,00
€ 4.153.739,20
qualità e sicurezza degli alimenti
Spread Bio-Oil - Sviluppo di nuovi processi tecnologici per la
produzione di emulsioni innovative a base di olio di oliva
€ 4.584.800,00
€ 3.761.530,00
biologico a consistenza controllata
Tecnologie per la valorizzazione e l'estensione di Shelf Life
€ 6.602.625,00
€ 5.343.481,25
di trasformati ittici ad elevata valenza salutistica
TOTALE
€136.964.272,00 € 104.409.159,13
di cui
Contributo
Ammesso (€)
€ 3.591.260,20
€ 13.855.697,30
€ 3.320.431,00
€ 5.403.950,30
€ 4.112.198,00
€ 6.972.945,80
€ 4.862.877,80
€ 8.281.844,80
€ 5.118.075,90
€ 4.973.585,70
€ 8.371.139,60
€ 3.107.858,60
€ 3.075.611,75
€ 6.207.325,00
€ 4.180.453,10
€ 3.769.739,25
€ 3.761.530,00
€ 5.343.481,25
€ 98.310.005,35
Fonte: MIUR - Decreto Direttoriale 231/Ric del 22 maggio 2012
32 PON R&C – Progetti Innovazione Industriale
I Progetti di Innovazione Industriale (di seguito PII) rappresentano uno strumento di intervento per il rilancio
della politica industriale secondo quanto definito dal documento programmatico “Industria 2015” del 22
settembre 2006. Sono stati oggetto di una collaborazione che si è concretizzata nel coordinamento tra i Fondi
per la ricerca e i Fondi per lo sviluppo. Il Programma “Industria 2015” ha visto la collaborazione tra
Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell'Università e della Ricerca, che hanno condiviso alcune
linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano.
Tali assi strategici sono basati su:
- un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi
avanzati e nuove tecnologie;
- un’analisi degli scenari economico-produttivi futuri che attendono il nostro Paese in una prospettiva
di medio e lungo periodo (il 2015).
In questo prospettiva i PII sono interventi che, a partire dagli obiettivi tecnologico-produttivi (OTP)
individuati dal Governo, sono stati pensati per favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e
servizi ad alto contenuto di innovazione in aree e filiere ritenute strategiche per lo sviluppo del Paese.
Le 5 aree tecnologiche strategiche individuate sono:
- Efficienza Energetica;
- Mobilità Sostenibile;
- Nuove tecnologie per il Made in Italy;
- Nuove tecnologie della vita;
- Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali.
I PII si articolano in due principali tipologie di azioni: le Azioni Strategiche di Innovazione Industriale
(ASII) e le Azioni Connesse (AC).
Le ASII sono finalizzate all’incentivazione di progetti di taglia medio grande per la realizzazione di progetti
di innovazione industriale e/o servizi tecnologicamente avanzati a elevato impatto sul sistema produttivo
nazionale. I beneficiari sono imprese e centri di ricerca attivi in tutto il territorio nazionale. Le ASII sono
state attivate e finanziate con la pubblicazione nel 2008 di specifici bandi relativi a tre delle cinque aree
strategiche “Efficienza Energetica” e “Mobilità Sostenibile” e “Made in Italy”.
L’area strategica Made in Italy è articolata a livello dei seguenti sistemi di filiera:
- sistema moda, che identifica lo stile distintivo italiano per estetica, qualità sostanziale, cura della
persona, in termini di abbigliamento, tessile, accessori;
- sistema casa, che si riferisce all’ “ambiente casa”, all’arredamento e alle nuove tecnologie che
migliorano la qualità dell’abitare;
- sistema alimentare, che si riferisce alla trasformazione finale degli alimenti nelle modalità e con lo
stile della qualità italiana, legata al benessere e/o alla salute della persona;
- sistema della meccanica, con riferimento a soluzioni meccaniche complesse ed integrate.
Proposte ricevute:
In risposta alla pubblicazione dei sopra citati bandi, tra settembre e dicembre 2008 sono stati presentati da
raggruppamenti di imprese e organismi di ricerca i progetti sulle aree strategiche: “Efficienza Energetica”,
“Mobilità Sostenibile” e “Made in Italy”.
In particolare, relativamente ai suddetti bandi, si sono avuti i seguenti risultati:
- Bando “Efficienza Energetica”: sono stati presentati 86 Progetti che vedono coinvolte 472 imprese e
375 organismi di ricerca per un valore complessivo dei progetti presentati di 1.690 Milioni di Euro;
- Bando “Mobilità Sostenibile”: sono stati presentati 52 Progetti con il coinvolgimento di 420 imprese
e 225 organismi di ricerca e un valore complessivo dei progetti pari a di 1.434 Milioni di Euro;
- Bando “Made in Italy”: sono stati presentati 429 Progetti con il coinvolgimento di 3.000 imprese e
1.000 organismi di ricerca. Il volume complessivo degli investimenti collegati ai progetti presentati è
di 3.700 Milioni di Euro.
Esiti della valutazione:
33 La valutazione ha attivato investimenti per complessivi 2.179.023.801 Euro con una agevolazione
concedibile di 852.688.442 Euro, composta da 668.249.998 Euro da Fondi Nazionali e 184.438.443 Euro da
Fondi PON.
In particolare, sono stati ammessi a finanziamento:
- 37 progetti relativi al segmento “Efficienza Energetica”, che hanno visto un coinvolgimento di 241
imprese (di cui 146 PMI) e 89 organismi di ricerca;
- 29 progetti di Mobilità Sostenibile, con il coinvolgimento di 306 imprese (di cui 185 PMI) e 98
organismi di ricerca;
- 166 progetti riferiti al segmento “Made in Italy”, con un coinvolgimento di 1.207 imprese (di cui 941
PMI) e 307 organismi di ricerca.
PON R&C – Progetti per il Potenziamento Strutturale
Con la firma del decreto direttoriale n. 254/Ric. del 18/05/2011, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca ha invitato alla presentazione di Progetti di Potenziamento Strutturale finanziati nell'ambito
dell'Asse I "Sostegno ai mutamenti strutturali" del PON Ricerca e Competitività (Obiettivo operativo
"Potenziamento delle strutture e delle dotazioni scientifiche e tecnologica" - sviluppo dell'Azione I
"Rafforzamento strutturale").
L’Avviso nasce con l’obiettivo di definire e attivare interventi di adeguamento e rafforzamento strutturale,
riferiti a centri di elevata qualificazione attivi in ambiti e discipline di particolare rilevanza strategica per lo
sviluppo del sistema produttivo delle aree “Convergenza” e di comprovata eccellenza e capacità di
proiezione nazionale ed internazionale.
Nello specifico, l’Avviso è rivolto ai seguenti soggetti con sede operativa nelle Regioni della Convergenza
(Calabria, Campania, Puglia e Sicilia):
- Università, Istituti Universitari statali;
- Enti e Istituzioni Pubbliche Nazionali di Ricerca vigilati dall'Amministrazione Pubblica Centrale;
- altri organismi di ricerca senza scopo di lucro che, indipendentemente dal proprio status giuridico o
fonte di finanziamento, soddisfino i requisiti di seguito elencati:
o la principale finalità statutaria consiste nello svolgimento di attività di ricerca scientifica e/o
tecnologica e nel diffonderne i risultati, mediante l'insegnamento, la pubblicazione o il
trasferimento di tecnologie,
o gli utili sono interamente reinvestiti nelle attività di ricerca, nella diffusione dei loro risultati
o nell'insegnamento,
o non sono partecipati in alcun modo, né direttamente né indirettamente, da imprese.
Con l’Avviso il MIUR ha invitato i suddetti soggetti a presentare specifici Progetti di Potenziamento
Strutturale con lo scopo di perseguire le seguenti finalità:
- innalzare gli standard operativi, la capacità competitiva e suscitare l'interesse del sistema
imprenditoriale nazionale e multinazionale, dei ricercatori e dei giovani talenti;
- creare nodi infrastrutturali di livello europeo e/o internazionale che facilitino l'inserimento di siti e
centri di eccellenza italiani all'interno di reti e infrastrutture distribuite nello Spazio Europeo della
Ricerca;
- favorire rapporti di collegamento effettivo, stabile e strategico con il sistema produttivo nazionale
per il mutamento e lo sviluppo delle condizioni socio-economiche dei territori delle aree
"Convergenza".
Per la realizzazione degli interventi il MIUR ha messo a disposizione risorse per complessivi 400 Milioni di
Euro a carico del PON Ricerca e Competitività; la copertura è a valere sul Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR 50%) e sul Fondo di Rotazione (FDR 50%).
Con decreto direttoriale n. 957/ric. dell'11/11/2011 la dotazione finanziaria è stata incrementata di 250
Milioni di Euro.
Esiti della valutazione
A seguito della procedura di valutazione risultano ammessi al finanziamento 47 progetti; a essi viene
destinato, secondo quanto previsto del decreto direttoriale n. 957/ric. del 11/11/2011, un finanziamento
complessivo di 650 Milioni di Euro.
34 Sui 47 progetti ammessi al finanziamento, 6 (12,8% del totale) sono relativi al settore Agroalimentare7, per
un cofinanziamento complessivo pari a Euro 93.250.000.
Tabella A.3 Bando “Potenziamento strutturale”: progetti ammessi al finanziamento nel settore
Agroalimentare.
TITOLO
Proponente
Costo Ammesso
PON (*)
PlASS -­‐ Platform for Agrofood Science and Safety
Università degli Studi di Foggia;
CRA-­‐ Consiglio per la Ricerca e la
sperimentazione in Agricoltura;
Università degli Studi di Palermo.
€ 16.700.000
Research infrastructure for sustainable agricolture and food in
mediterranean area–safemed
Università degli studi Mediterranea di
Reggio Calabria
€ 14.400.000
Università degli Studi Magna Græcia di
Catanzaro
€ 15.400.000
Fondazione Mediterranea Terina
€ 14.650.000
Istituto Italiano di Tecnologia
€ 9.600.000
Università degli Studi di Messina
€ 22.500.000
Centro di Ricerche Interregionale per la sicurezza alimentare e la
salute Interregional Research Center for Food Safety&Health
-­‐IRC_FSH
Research infrastructure for food life and safety(food@life)
Infrastruttura per Tecnologie bio-­‐MEMS di Sensing Avanzato per
Monitoraggio e Diagnostica Ambientale e Alimentare
PAN Lab-­‐Progetto di potenziamento strutturale dei laboratori
dell’Università di Messina per analisi degli alimenti, studio della
loro incidenza sulla salute umana e consulenza tecnologica,
giuridica ed economica alle aziende agroalimentari
TOTALE
€ 93.250.000
Fonte: MIUR - Decreto Direttoriale 254/Ric. del 18 maggio 2011
Bando Distretti Tecnologici e Laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza
Il 15 novembre 2010 il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha pubblicato, nell'ambito del
Programma Operativo Nazionale "Ricerca e Competitività" 2007-2013, per le quattro Regioni della Convergenza, un
Avviso per l’attivazione di due Azioni (Titolo II e Titolo III del Bando):
- Titolo II - Azione destinata ad interventi finalizzati allo sviluppo/ potenziamento di Distretti ad Alta
Tecnologia e di Laboratori Pubblico-Privati già esistenti;
- Titolo III - Azione destinata alla creazione di nuovi Distretti e/o Aggregazioni Pubblico-Private.
L'impegno finanziario stanziato dal MIUR con l’Avviso è stato pari a 915 Milioni di Euro articolati tra le due Misure e
tra le 4 Regioni (cfr. tabella). In particolare:
- 389 Milioni di Euro sono stati destinati allo sviluppo/potenziamento dei soggetti esistenti;
- 526 Milioni di Euro sono stati destinati alla creazione di nuovi Distretti.
Tabella A.4– MIUR – Risorse Titolo II e Titolo III (mln €)
TITOLO
III
TOTALE
REGIONI Potenziamento
Creazione
RISORSE
Potenziamento
DAT
nuovi DAT
LPP (esistenti)
(esistenti)
TOTALE
e LPP
Calabria
12
12
24
136
160
Campania
25
45
70
220
290
Puglia
135
10
145
80
225
Sicilia
110
40
150
90
240
TOTALE
282
107
389
526
915
TITOLO II
Fonte: Invitalia 2012
Nel Titolo II l’Avviso individuava i Distretti ad Alta Tecnologia (DAT) e/o i Laboratori Pubblico-Privato
(LPP) esistenti e richiedeva la presentazione entro il 22 marzo 2011 di:
7
Uno dei progetti ammessi a finanziamento mostra una significativa trasversalità con il settore dell’Ambiente:
“Infrastruttura per Tecnologie bio-­‐MEMS di Sensing Avanzato per Monitoraggio e Diagnostica Ambientale e
Alimentare”.
35 -
-
un “Piano di Sviluppo Strategico” che consisteva in un documento programmatico, di durata almeno
quinquennale, che riepilogasse i risultati perseguiti e conseguiti, gli aspetti istituzionali ed
organizzativi, gli obiettivi del DAT/LPP, le linee di azione e del relativo impatto scientifico,
industriale, sociale ed occupazionale;
due o più progetti di ricerca industriale comprensivi di attività di sviluppo sperimentale e di
formazione professionale di ricercatori e tecnici di ricerca.
Il Titolo III dell’Avviso era invece finalizzato alla creazione di nuovi Distretti ad Alta Tecnologia e/o nuove
Aggregazioni Pubblico-Private. Per tali soggetti, l’Avviso prevedeva la presentazione di uno Studio di
Fattibilità (SDF), finalizzato ad illustrare l’iniziativa progettuale proposta in termini di:
- condizioni e presupposti per la creazione del Distretto e/o dell’Aggregazione;
- caratteristiche del sistema regionale della domanda e dell’offerta di ricerca e innovazione;
- identificazione di settori/ambiti di intervento e di operatività del Distretto e/o dell’Aggregazione;
- previsioni di impatto del Distretto e/o dell’Aggregazione sul sistema economico regionale di
riferimento, etc.).
Alla scadenza dei termini sono stati presentati complessivamente:
TITOLO II: 26 Piani di Sviluppo Strategico e 75 Progetti di Ricerca, con la partecipazione di 37 Soggetti
Attuatori e 372 Soggetti partner sia di attuatori che di aggregazioni. A fronte dei 389 Milioni di Euro
disponibili per gli interventi relativi al TITOLO II, l’importo complessivo dei progetti presentati nelle
domande ammontava a oltre 771 Milioni di Euro;
TITOLO III: 195 domande di SDF, con la partecipazione di 1.964 Soggetti Proponenti; di queste domande,
193 sono state ammesse alla verifica di ammissibilità amministrativa.
La valutazione delle proposte dei Piani Strategici e degli Studi di Fattibilità è stata affidata a una
Commissione, nominata con decreto dal Ministro Istruzione Università Ricerca, che ai sensi art.11, comma
7, dell’Avviso, ha proceduto “… previo parere del Tavolo Tecnico di cui alle premesse, alla valutazione dei
Piani, avvalendosi eventualmente degli esperti di cui al precedente comma 2 del presente articolo, e
formulando, sui seguenti elementi, un giudizio espresso in forma numerica e esplicitato da una congrua,
coerente ed articolata motivazione”.
Nelle pagine che seguono vengono sviluppati:
un approfondimento con le principali statistiche dedotte dall’analisi delle domande presentate;
un focus sui risultati nelle Regioni interessate e sulle caratteristiche dei Distretti/Laboratori ammessi al
finanziamento (Fonte: Invitalia 2012).
Regione Calabria
La tabella che segue offre un riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Calabria.
Tabella A.5: Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione
Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione
Titolo II
Domande presentate
Totale
3
DAT
2
LPP
1
Titolo III
Domande ammesse
Totale
1
DAT
0
LPP
1
Domande presentate
Totale
49
DAT
17
LPP
32
Domande ammesse
Totale
13
DAT
6
LPP
7
Di seguito viene proposto un approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenziando gli esiti della
valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati ammessi alla fase
di valutazione.
36 Tabella A.6: Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione
Regione Calabria – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Titolo II
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
0
DAT
0
LPP
0
Totale
0
DAT
0
LPP
0
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
11
DAT
3
LPP
8
Totale
3
DAT
1
LPP
2
Titolo II: Nella Regione Calabria non è pervenuta alcuna candidatura relativa al settore agroalimentare.
Titolo III: Sono stati presentati 11 Studi di Fattibilità relativi al segmento Agroalimentare (3 Distretti e 8
Laboratori). Gli studi di fattibilità presentati sono brevemente descritti di seguito:
“AGRIFOODTECH”: lo Studio propone la costituzione di un Distretto Tecnologico agroalimentare
finalizzato a promuovere tutte quelle iniziative che possano innalzare il livello tecnologico delle imprese del
territorio, orientandole all’innovazione radicale, alla sperimentazione e ad un cambiamento tecnico ed
organizzativo. Gli obiettivi principali del Distretto sono rappresentati da interventi di ricerca nell’ambito dei
seguenti settori di intervento:
- Settore di intervento n. 1 - Filiera Olivicola;
- Settore di intervento n. 2 - Filiera Agrumicola;
- Settore di intervento n. 3 - Filiera Ortofrutticola;
- Settore di intervento n. 4 - Filiera Zootecnica;
- Settore di intervento n. 5 - Filiera Vitivinicola;
- Settore di intervento n. 6 - Altre Filiere.
“BERGAMOTTO”: il progetto di Distretto si focalizza sulla filiera del bergamotto, promuovendo ricerche
sulle applicazioni food e non-food dell’agrume e sviluppando la logistica e la promozione delle aziende,
anche attraverso la partecipazione di un consorzio. Il programma prevede di innescare una evoluzione di
sistema nella filiera del bergamotto:
- favorendo l’adozione di modelli innovativi di distribuzione e approvvigionamento a basso costo ed
eco- sostenibili;
- promuovendo le aziende produttrici locali a livello nazionale ed internazionale;
- stimolando la competitività delle aziende attraverso modelli cooperativi di progettazione, logistica e
commercializzazione.
Distretto della “SENSORIALITÀ AUMENTATA” e dei sistemi avanzati di diagnostica per applicazioni
multisettoriali: la proposta, a forte carattere multisettoriale (Agroalimentare; Salute dell’uomo; Sicurezza;
Ambiente, e Telecomunicazioni), è finalizzata alla costruzione, al mantenimento, alla gestione e allo
sviluppo del know how nel campo dei sensori per grandezze di tipo chimico, fisico e biologico. In
particolare, la proposta intende accorpare ed organizzare un insieme di competenze pluridisciplinari sulla
sensoristica, allo scopo di affrontare e dare un positivo contributo alla risoluzione dei numerosi problemi
ancora aperti legati alla sicurezza, alla salute e all’ambiente. Rispetto al settore agroalimentare l’obiettivo
principale è l’accesso a prodotti alimentari più sicuri attraverso lo sviluppo di sensori in grado di controllare
il prodotto in tutte le sue fasi dalla produzione, alla trasformazione e alla distribuzione.
“SAPERE”: la proposta è finalizzata alla realizzazione di un Laboratorio pubblico/privato per l’avvio e lo
sviluppo di una piattaforma tecnologica con funzioni di osservatorio per la sicurezza, la tracciabilità e la
qualità alimentare, focalizzata in particolare nella valorizzazione di un paniere di prodotti tipici locali, aventi
potenziali applicazioni nel campo della nutrizione e della salute. Nello specifico, la proposta concentra la
ricerca soprattutto su sostanze naturali che sotto controllo medico possono costituire una nuova classe di
prodotti terapeutici (ADDFMS - Alimento Dietetico Destinato a Fini Medici Speciali) che sono destinati a
curare malattie e/o che possiedono i meccanismi biologici per attenuarne i sintomi.
“LINFA”: lo Studio propone la creazione di un’Aggregazione pubblico privata finalizzata a sviluppare e
promuovere attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale nel settore delle produzioni olivicole, da
sempre caratterizzate da una forte frammentarietà delle aziende e da una scarsa propensione all’innovazione
e allo sviluppo. In particolare il progetto LINFA è finalizzato a:
- rafforzare la competitività delle imprese del settore olivicolo sul mercato globale;
- migliorare le performance aziendali e potenziare l’offerta di innovazione tecnologica;
37 -
accrescere il grado di innovazione del prodotto, del processo e dell’organizzazione dell’impresa;
promuovere una corretta gestione e la sostenibilità dello sfruttamento delle risorse.
“FOODCAL.PACK”: la proposta prevede la realizzazione di un’Aggregazione pubblico privata attiva in
una prima fase nella ricerca, nello sviluppo e nel trasferimento tecnologico e successivamente
nell’erogazione di servizi per l’innovazione, nel segmento del confezionamento (packaging) dei prodotti
alimentari: filiera lattiero casearia, conserve vegetali e prodotti di V gamma, vegetali di IV gamma, bevande
ed acque minerali, prodotti carnei, conserve ittiche, prodotti dolciari, prodotti da forno, filiera olearia e
vitivinicola. Le attività di ricerca riguarderanno l’ottimizzazione del packaging sotto i diversi profili
(ambientale, economico, tecnologico, rispondenza normativa, garanzia di shelf life) per specifici prodotti
alimentari e prevedendo l’impiego di nuovi materiali con adeguate e migliori caratteristiche di idoneità
ambientale.
“CARMINE”: la proposta prevede la realizzazione di un’Aggregazione pubblico privata orientata a
perseguire progetti di ricerca ed attività di formazione. In particolare, gli ambiti di ricerca descritti nello
Studio riguardano:
la gestione sostenibile delle risorse ambientali nelle coltivazioni attraverso lo sviluppo di tecniche
diagnostiche innovative;
- la tracciabilità della filiera agricola in prodotti di coltivazione biologica e elevata qualità;
- l’innovazione delle tecniche di monitoraggio ambientale nei parchi naturali.
“NANOFOOD”: la proposta, altamente multidisciplinare, prevede la realizzazione di un’Aggregazione
pubblico privata finalizzata allo sviluppo e alla messa a punto di tecniche innovative, rapide e non distruttive
(tra le altre il Naso elettronico) per la determinazione della qualità, sicurezza e autenticazione di produzioni
alimentari tipiche delle filiere agroalimentari di eccellenza regionali, per la valorizzazione e la tutela dai
fenomeni di agro-pirateria. (anticontraffazione, tracciabilità, rintracciabilità). Nello specifico lo Studio è
finalizzato al perseguimento dei seguenti obiettivi strategici di ricerca e sviluppo sperimentale:
- creare una piattaforma dati mediante applicazione di tecniche della genomica, proteomica e
metabolomica che implementeranno la piattaforma pilota bioTack&Trace dei prodotti di alta qualità
del Made in Calabria espandibile al Made in Italy;
- sviluppare tecniche non distruttive per la determinazione delle caratteristiche di qualità e sicurezza
basati su fingerprints di tipo olfattivo-sensoriale, ottico, analitico-compositivo e genomico.
- sviluppare un prototipo robotizzato di “electronic taster” dotato del set di sensori che consenta di
dare una valutazione della qualità di prodotti alimentari in tempo reale.
“COOP-LOG”: Lo Studio propone la creazione di un’Aggregazione pubblico privata finalizzata ad attivare
un soggetto in grado di coordinare le attività di ricerca e di sviluppo nel settore della logistica, con
particolare riferimento ai prodotti del settore agroalimentare anche al fine di migliorare l’efficacia,
l’efficienza e la sostenibilità del settore. Le iniziative di COOP-LOG mireranno a supportare:
- le aziende di trasporto e logistica nel miglioramento della propria offerta di servizi e nel
rafforzamento dei processi di aggregazione con altre aziende produttive presenti sul territorio;
- gli Enti pubblici calabresi nella loro “domanda” di servizi e sistemi tecnologici innovativi e
all’avanguardia per proporre un territorio capace di gestire e controllare nuovi e crescenti flussi di
merci e di persone in transito;
- le aziende ITS (Intelligent Transportation System) nella loro ricerca di soluzioni nuove ed innovative
per sistemi di gestione del processo logistico e per il monitoraggio e controllo della mobilità di merci
e persone;
- i produttori e le imprese di trasformazione, garantendo loro servizi con livelli qualitativi maggiori e
più sicuri, nonché informazioni puntuali e dettagliate.
“OLEA-TECH”: lo Studio è finalizzato a creare un’Aggregazione che instauri una rete di attività di ricerca
industriale e di sviluppo sperimentale di interesse per la filiera olivicolo-olearia, attraverso la partecipazione
congiunta di enti pubblici di ricerca (CRA), Università localizzate sul territorio regionale (province di
Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria) e numerose imprese locali. Gli ambiti di intervento ritenuti prioritari
per la risoluzione delle problematiche della filiera olivicola-olearia riguardano:
- certificazione e tracciabilità;
38 -
rinnovamento varietale e tecnica vivaistica;
agrotecnica e gestione dell’oliveto;
utilizzo alternativo dell’olio e valorizzazione dei sottoprodotti;
identificazione, estrazione e valutazione di molecole bioattive ad elevato impatto salutistico e ad uso
cosmetico.
“TRA.MED”: la proposta di realizzazione di una nuova Aggregazione pubblico privata per la
valorizzazione delle produzioni territoriali della Tradizione Mediterranea è focalizzata sui seguenti obiettivi
strategici:
- organizzazione delle attuali infrastrutture di ricerca scientifica e innovazione tecnologica presenti sul
territorio regionale e messa in rete con centri di riferimento extraregionali con riferimento all’ambito
applicativo di valorizzazione delle caratteristiche di qualità delle produzioni agroalimentari
regionali;
- svolgimento di intermediazione specializzata della ricerca e dell’innovazione attraverso l’erogazione
di servizi a contenuto scientifico-tecnologico;
- creazione di un riferimento di innovazione delle imprese delle PMI calabresi, per orientare e
qualificare il sostegno regionale ai progetti di ricerca e innovazione;
- potenziamento e condivisione di attrezzature e laboratori di ricerca, sperimentazione, prova e
certificazione;
- apertura verso le imprese alla conoscenza scientifica e tecnologica di interesse industriale e alle reti e
alle risorse in ambito nazionale ed internazionali;
- formazione di risorse umane qualificate e inserimento nelle imprese creando un meccanismo di
mobilità del capitale umano tra le imprese e il sistema della ricerca;
- sviluppo di nuova imprenditorialità, anche in collaborazione con le Università attraverso le attività di
incubazione;
- attrazione di investimenti produttivi sul territorio regionale, in un contesto organizzato e strutturato
attorno al sistema ricerca/impresa.
Degli Studi di Fattibilità sopra descritti solo 3 hanno raggiunto in sede di valutazione la soglia necessaria per
accedere al finanziamento:
Distretto Tecnologico AGRIFOODTECH;
Aggregazione pubblico privata LINFA;
Aggregazione pubblico privata NANOFOOD.
Regione Campania
Il riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Campania sono riportati di seguito. Le domande
presentate per il Titolo III sono state in Campania ben 80 ma sono risultate ammessolo solo 19 di cui 6 DAT
e 13 LPP.
Tabella A.7: Regione Campania – Risultati complessivi valutazione
Regione Campania – Risultati complessivi valutazione
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
DAT
LPP Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
10
1
9
7
1
6
80
16
64
19
6
13
Fonte: Invitalia 2012
L’approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenzia che gli esiti della valutazione e le
caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati ammissibili al
cofinanziamento.
39 Tabella A.8: Regione Campania – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Regione Campania – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
DAT
LPP Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
1
0
1
1
0
1
9
2
7
1
0
1
Fonte: Invitalia 2012
Titolo II
Nella Regione Campania è localizzato il Laboratorio Pubblico Privato “GENOPOM” che ha presentato la
propria candidatura. Il Piano Strategico ha superato la soglia minima richiesta per l’ammissione al
finanziamento (53 punti).
Titolo III
Sono stati presentati 9 Studi di Fattibilità relativi al settore Agroalimentare. Di questi, solo 1 è stato
ammesso al finanziamento con 63 punti:
“M2Q”: la proposta riguarda, non solo la creazione dell’Aggregazione “M2Q” ma anche la realizzazione del
Metadistretto MEDINAS, aperto a diverse iniziative, con lo scopo di proporre una collaborazione di secondo
livello nelle aree della Nutrizione, dell’Ambiente e della Salute. Lo Studio sviluppa un’idea progettuale di
natura interdisciplinare e interregionale, centrata sull’internazionalizzazione e valorizzazione del Modello
Alimentare Italiano (MAI) nel mondo mediante la creazione di una “rete” di imprese, atenei ed enti pubblici
di ricerca. L’Aggregazione nasce con lo scopo prioritario di dotare il comparto agroalimentare della
Campania di una rete scientifica e tecnologica a supporto dell’internazionalizzazione del prodotto
agroalimentare di eccellenza, che consenta alle aziende di sviluppare una politica di ricerca e innovazione di
prodotto e di processo in grado di riconquistare, sui mercati nazionali ed internazionali, l’immagine di
prodotto nutrizionale di alta qualità.
Non sono stati invece ammessi al finanziamento 8 Studi di Fattibilità:
È inoltre stato ammesso al finanziamento un ulteriore SDF denominato “M.A.R.eA” incentrato su tematiche
trasversali riguardanti sia il settore agroalimentare che quello dei materiali avanzati, infatti il progetto intende
sviluppare nuove tecnologie nell’ambito dei materiali avanzati e di nuova generazione, destinandoli
all’utilizzo prevalente nel settore agroalimentare. Altro scopo dell’aggregazione è quello di sviluppare
processi di apprendimento e collaborazione interattivi tra gli attori, al fine di realizzare incrementi produttivi
indotti dalla conoscenza.
I principali ambiti di intervento di M.A.R.eA sono:
- Materiali biodegradabili per applicazioni agricole;
- Creazione di una serra fotovoltaica trasparente con sistema integrato;
- Sviluppo di polimeri nanoporosi e co-cristallini per l’applicazione nell’agroalimentare;
- Sviluppo di materiali biodegradabili di nuova concezione per imballaggi alimentari.
Regione Puglia
Un riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Puglia sono riportati nella tabella seguente. In
Puglia le domade presentate per il titolo II sono state 7 e di queste 6 sono state ammesse (4 DAT e 2 LPP).
Per il Titolo III sono state presentate ben 22 domande ma quelle ammesse sono state solo 5 (2 DAT e 3 LPP)
Tabella A.9: Regione Puglia – Risultati complessivi valutazione
Regione Puglia – Risultati complessivi valutazione
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
7
4
3
6
4
2
22
7
15
5
2
3
Fonte: Invitalia 2012
40 L’approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenzia, nella tabella seguente, gli esiti della
valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati
ammissibili al cofinanziamento.
Tabella A.10: Regione Puglia – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Regione Puglia – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
Totale
DAT
LPP
2
1
1
1
1
0
4
2
2
0
0
0
Fonte: Invitalia 2012 Titolo II
Nella Regione Puglia è localizzato il Distretto Tecnologico “DARE” e il Laboratorio pubblico privato
“AGROGEN” (cfr. Capitolo 2). Il Piano Strategico del DT presentato ha superato la soglia minima richiesta
per poter essere ammissibile al finanziamento (72 punti); quello relativo al Laboratorio AGROGEN non è
stato ritenuto ammissibile (38 punti).
Titolo III
Sono stati presentati 4 Studi di Fattibilità sul settore Agroalimentare (due proposte di Distretto e due di
Laboratorio) che non hanno superato la fase di ammissibilità.
Regione Sicilia
Il riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Sicilia sono riportati nella tabella seguente. Le
domande presentate per il Titolo II sono state 6 e 5 sono state ammesse. Per il Ttolo III le domande sono
state numerose (40) ma solo 5 sono state ammesse (4 DAT e 1 LPP).
Tabella A.11: Regione Sicilia – Risultati complessivi valutazione
Regione Sicilia – Risultati complessivi valutazione
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Totale
6
DAT
3
LPP
3
Domande ammesse
Totale
5
DAT
3
LPP
2
Domande presentate
Totale
42
DAT
16
LPP
26
Domande ammesse
Totale
5
DAT
4
LPP
1
Fonte: Invitalia 2012
Di seguito viene proposto un approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenziando gli esiti della
valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati
ammissibili al cofinanziamento.
Tabella A.12: Regione Sicilia – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Regione Sicilia – Risultati relativi al settore Agroalimentare
Titolo II
Titolo III
Domande presentate
Domande ammesse
Domande presentate
Domande ammesse
Totale
1
DAT
1
LPP
0
Totale
1
DAT
1
LPP
0
Totale
3
DAT
1
LPP
2
Totale
0
DAT
0
LPP
0
Fonte: Invitalia 2012
Titolo II
Nella Regione Sicilia è localizzato il Distretto Tecnologico “AGROBIOPESCA” (cfr. Capitolo 2). Il Piano
Strategico presentato ha superato la soglia minima richiesta per poter essere ammesso al finanziamento (54
punti).
Titolo III
41 Ulteriori iniziative avviate dal MIUR ed in corso di attuazione: Bando Smart Cities
Con la pubblicazione dell’Avviso prot. n. 84/Ric. del 2 marzo 2012 il MIUR ha attivato il bando “Smart
Cities”, con un finanziamento complessivo di circa 240 Milioni di Euro. Le linee di intervento sono:
- Idee progettuali per “Smart Cities e Communities”, in attuazione delle Azioni integrate per lo
sviluppo sostenibile e lo sviluppo della società dell’informazione previste nell’ambito dell’Asse II
del Programma PON REC.
- “Progetti di innovazione sociale”, in attuazione delle Iniziative di osmosi Nord-Sud previste
nell’ambito dell’Asse III del Programma PON REC.
In particolare, sono stati individuati i seguenti ambiti:
- Smart mobility,
- Smart health,
- Smart education,
- Cloud computing technologies per smart government,
- Smart culture e Turismo,
- Renewable energy e smart grid,
- Energy Efficiency e low carbon technologies,
- Smart mobility e last-mile logistic,
- Sustainable natural resources (waste, water, urban biodiversity).
Nel caso della linea di intervento “Smart Cities”, veniva richiesta la presentazione di idee progettuali che
promuovessero “interventi in grado di utilizzare le più avanzate soluzioni di diretto impatto sugli ambiti di
interesse pubblico e sviluppare modelli di integrazione sociale per risolvere problemi di scala urbana e
metropolitana”. L’ambito applicativo è quello delle Smart Cities e Communities ovvero dello “sviluppo di
modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana e metropolitana tramite un insieme
di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione”.
Il Bando era aperto a imprese, centri di ricerca, consorzi, società consortili, Parchi Scientifici e Tecnologici
con sede operativa nelle Regioni della Convergenza. La scadenza per la presentazione delle idee progettuali
era fissata al 30 aprile 2012. Nel Maggio 2012 sono state approvate le idee progettuali.
Sono stati approvati 17 progetti nei seguenti ambiti:
- Cloud computing (in particolare ICT al servizio della Pubblica Amministrazione) - un progetto
- Education, un progetto – Salute, due progetti - Cultura e turismo, due progetti - Smart mobility, quattro
progetti - Energie Rinnovabili, quattro progetti - Risorse naturali sostenibili, tre progetti. In particolare, un
progetto sulla gestione integrata del ciclo delle acque, un progetto sulla localizzazione delle discariche e sul
ciclo dei rifiuti ed un progetto sulla filiera alimentare.
Il progetto sulla filiera alimentare “BE&SAVE propone “Tecnologie e modelli operativi per la gestione
sostenibile della filiera alimentare attraverso la valorizzazione degli scari Biologici della produzione a scopi
Energetici, la riduzione degli Sprechi Alimentari del sistema distributivo e dei consumatori e il trattamento e
la Valorizzazione della frazione edibile del rifiuto solido urbano”.
Il progetto vede costi ammessi per le regioni interessate di oltre 21,2 milioni di euro. La partecipazione
pubblica e privata comprende:
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Università degli Studi di Messina
Università degli Studi "Magna Græcia" di Catanzaro
ENEA Agenzia Nazionale per Nuove Tecnologie, Energia e Sviluppo Economico
Future Space SPA, -TRA.C. S.r.l., Interporto Rivalta Scrivia, OMNIA Energia S.P.A., AL.GEL. SRL,
TSEM Research SRL
Il progetto si presenta molto ambizioso per la risoluzione di quasi tutti i problemi della riduzione degli scarti
dell’intera filiera agroalimentare, dalla produzione fino al consumo delle famiglie. Le tecnologie proposte
per la gestione delle scorte si rifanno all’utilizzazione di piattaforme ICT. Alcuni proponenti (Università di
Messina e Magna Grecia di Catanzaro) hanno già ottenuto finanziamenti in consistenti nell’ambito del bando
sul Potenziamento strutturale dei Distretti e Laboratori, mentre diversi progetti sulla valorizzazione dei
prodotti oleari sono stati finanziati nel Bando Ricerca Industriale e ammessi al finanziamento per i Nuovi
Distretti e Laboratori del TITOLO III del presente Bando.
42 Il Bando mette a disposizione 408 Milioni di Euro, di cui 368 Milioni di Euro a valere sui fondi FAR e 40
Milioni di Euro a valere sul FESR e sul FDR. Il Cluster Nazionale Agrifood prevede la presentazione del
Piano Strategico e 4 progetti di ricerca. Il progetto prevede un finanziamento specifico per la collaborazione
dei Distretti e Laboratori delle Regioni della convergenza all’interno del Cluster nazionale. La scadenza
indicata per la presentazione delle proposte è fissata al 28 settembre 2012. Il processo di selezioni dovrebbe
concludersi entro Dicembre 2012.
43 Analisi settoriale: Area Salute dell’uomo e biotecnologie Luigi Orsenigo IUSS Pavia 44 La tecnologia: Salute dell’uomo e Biotecnologie
1. Analisi prospettica del settore
1.1 Le tecnologie con e migliori prospettive nei prossimi 20 anni
1.1.1
L’industria farmaceutica
Il settore della salute dell’uomo e delle biotecnologie è un insieme molto vasto, differenziato e complesso di
tecnologie e mercati, a loro volta suddivisi in molteplici sotto-insiemi di tecniche e sottomercati.
Secondo le ultime informazioni disponibili (EFPIA, 2010) Il fatturato totale del settore farmaceutico
raggiungeva oltre $ 800 miliardi nel mondo, concentrato nel Nordamerica (oltre il 45%) e in Europa (quasi
il 25%). Il settore è stato ed è ancora in fortissima crescita, sia nei paesi industrializzati (USA, Europa e
Giappone) che in paesi in via di industrializzazione (Brasile, Corea, Cina, ecc..) e in via di sviluppo,
nonostante la crisi ed i tentativi di controllo della spesa sanitaria pubblica. Per il futuro, la farmaceutica e la
salute dell’uomo sono unanimemente considerati come uno dei settori a maggior dinamismo a livello
mondiale, per motivi che hanno a che fare con l’invecchiamento della popolazione, il maggior peso delle
malattie croniche, la domanda di salute crescente sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo.
L’industria farmaceutica “tradizionale” è dominata da un gruppo relativamente ristretto di grandissime
imprese multinazionali (americane, europee e svizzere), circondate da centinaia di aziende di medie
dimensioni, specializzate in diverse aree di business (farmaci etici e da banco, categorie terapeutiche,
cosmetici, diagnostici, ....), funzioni (ricerca e formulazione, sviluppo clinico, produzione, marketing, ecc.) e
aree geografiche. Alcuni di questi ambiti sono difficilmente accessibili: le economie di scala nella ricerca,
marketing e sviluppo clinico - e nella finanza - sono enormi. Il costo di sviluppo di un nuovo farmaco è oggi
(molto imperfettamente) stimato nell’ordine di un miliardo di dollari e oltre. In effetti, non si registra una
entrata significativa nel settore da oltre 50 anni, con pochissime eccezioni che riguardano due imprese
biotecnologiche (Genentech - oggi controllata da Roche - e Amgen) e qualche produttore di farmaci generici
(ad esempio, Teva). Altri segmenti invece, legati a specifici sottosettori di applicazione, mostrano un
dinamismo più accentuato.
Attualmente, l’industria farmaceutica e il modello di business ad essa collegato - cioè la grande impresa
verticalmente, orizzontalmente e geograficamente integrata - attraversa una fase di profonda trasformazione
ed incertezza. Il dato più evidente è il calo della produttività della ricerca: a fronte di un aumento
esponenziale dei costi della R&S, il numero di nuove molecole che raggiungono il mercato - cioè approvate
dalle autorità regolatorie - è rimasto con fortissime variazioni praticamente costante nel corso degli ultimi 15
anni. La distribuzione delle vendite e dei profitti derivanti dai nuovi farmaci introdotti è inoltre fortemente
asimmetrica: solo pochi “blockbuster” sono effettivamente redditizi e devono compensare una profittabilità
bassa e in molti casi negativa per gli altri prodotti. A tutto ciò va aggiunto che molti dei farmaci attualmente
sul mercato sono prossimi alla scadenza brevettuale. Le imprese sono quindi alla disperata ricerca di nuove
45 molecole, suscettibili di essere introdotte in tempi sufficientemente rapidi sui mercati (cioè, molecole in Fase
III di sperimentazione).
Le ragioni del calo della produttività non sono univoche, nè precisamente identificate. Esse includono
procedure regolatorie più stringenti, in particolare per quando concerne trials clinici sempre più ampi e
rigorosi (anche se negli anni più recenti sono state introdotte diverse facilitazioni e semplificazioni); e
crescenti difficoltà a scoprire nuove molecole che superino le prime fasi di sperimentazione. Secondo alcuni,
cioè sarebbe la naturale conseguenza di un processo di saturazione: i farmaci per trattare e a volte curare le
patologie più “semplici” sono già stati scoperti, mentre la ricerca si indirizza inevitabilmente verso target
sempre più complessi e scientificamente meno comprensibili (ad esempio, Alzheimer e altre malattie
neurodegenerative).
In ogni caso, le grandi imprese stanno reagendo a queste trasformazioni modificando la propria struttura
organizzativa e strategica. In particolare, ciò si manifesta principalmente con processi di outsourcing della
ricerca alle università, altre organizzazioni di ricerca e imprese biotecnologiche e riduzione della R&D
condotta internamente, anche mediante la chiusura di importanti laboratori. Questo processi di
disintegrazione verticale interessa anche la sperimentazione clinica e la produzione – che sempre più
frequentemente vengono affidate ad imprese specializzate le cosiddette Contract Research Organizations
(CRO) e Contract Manufacturing Organizations (CMO)
1.1.2 Le biotecnologie
Il declino della produttività della ricerca appare ancora più sorprendente se si considera l’enorme progresso
nella ricerca scientifica di base ottenuto negli ultimi 50 anni circa e l’emergere delle cosiddette biotecnologie
a partire dagli anni Settanta.
Il cosiddetto settore delle biotecnologie o più in generale delle scienze della vita (life sciences) comprende
una grandissima varietà di tecnologie, attività ed applicazioni industriali, basate sull’utilizzo di tecniche
biologiche. Normalmente, nell’accezione comune, per settore biotecnologico si intende l’insieme delle
attività commerciali sviluppatosi a partire dalla seconda metà degli anni Settanta sulla base del progresso
scientifico e tecnologico in diversi campi della biologia, in particolare biochimica, biologia molecolare,
ingegneria genetica, genomica, proteomica, ecc.. Negli anni più recenti, si osserva anche una importante
convergenza tra biotecnologie, informatica e nanotecnologie. Vi sono fondati motivi per ritenere che le
biotecnologie costituiscano una rivoluzione tecnologica di primaria importanza, che avrà un impatto
profondo e pervasivo in diversi settori dell’attività economica e sulla società nel suo complesso. Da questo
punto di vista, le biotecnologie si configurano senz’altro come un nuovo grande paradigma tecnologico e
come una tecnologia “General Purpose”, cioè trasversale e potenzialmente in grado di influenzare
profondamente un amplissimo spettro di settori e attività economiche con lo sviluppo di nuovi prodotti e
processi.
Lo sviluppo di queste conoscenze ha già iniziato ad avere un notevole impatto sulla crescita scientifica e
tecnologica di molti settori industriali: farmaceutica, agricoltura ed il settore alimentare. Inoltre, esse stanno
fornendo importanti innovazioni nel campo delle tecnologie per il controllo dell’ambiente, nella chimica ed
in moltissime altre attività industriali.
Il settore biotecnologico – o meglio, la ricerca nell’ambito delle life sciences per la salute umana - procede a
46 ritmi rapidissimi su uno spettro amplissimo di campi e potenziali applicazioni. Nuove tecniche, potenziali
nuovi prodotti e soprattutto nuovi fondamentali scoperte scientifiche vengono prodotti quasi
quotidianamente. Previsioni sulle direzioni future delle traiettorie di scoperta e innovazione sono
probabilmente inutili e fuorvianti, data l’ampiezza, complessità e incertezza che caratterizzano lo spazio
della ricerca.
L'industria delle biotecnologie si è sviluppata inizialmente e principalmente negli Stati Uniti, soprattutto
mediante la proliferazione di nuove imprese specializzate che nascono dalla collaborazione tra scienziati e
manager professionisti sulla base di finanziamenti da parte del venture capital o di fondi di private equity.
Nella maggior parte dei casi, queste nuove imprese entrano nel settore dei farmaci terapeutici e diagnostici e,
in misura minore, nel settore agro-alimentare. Nel caso della farmaceutica, inizialmente le biotecnologie
sulla base delle nuove scoperte del DNA ricombinante e degli anticorpi monoclonali, vennero percepite ed
utilizzate come un metodo per produrre proteine ad alto peso molecolare - le cui qualità terapeutiche erano
ben note ma che erano molto difficili e costose da produrre su larga scala con le tecnologie di processo
tradizionali (fermentazioni) - in quantità sufficientemente grandi da permettere il loro sviluppo ed utilizzo
come agenti terapeutici. E’ questo il caso, ad esempio dell’ormone della crescita e della insulina umana.
Tuttavia, lo sviluppo delle biotecnologie seguì anche una seconda traiettoria. Questa utilizza gli avanzamenti
scientifici in genetica e, più in generale, in biologia molecolare, come uno strumento per aumentare,
attraverso una comprensione scientifica molto più approfondita dei meccanismi che a livello molecolare
inducono o possono bloccare o invertire l’insorgere delle patologie, la produttività del processo di scoperta
di farmaci “tradizionali” basati su piccole molecole. Ciò potrebbe consentire una ricerca più mirata ed il
passaggio da procedure essenzialmente casuali (il cosiddetto random screening) a un processo razionale
(rational drug design). Questa traiettoria ha avuto un ulteriore impulso dallo sviluppo negli anni Novanta
delle cosiddette “platform technologies”, (cioè tecniche come Polymerase Chain Reaction (PCR), high
throughput screening, chimica combinatoriale, altri strumenti di bioinformatica, ecc.), che consentono di
effettuare lo screening di migliaia di potenziali target farmacologici contro altrettante entità chimiche). La
cosiddetta “industrializzazione della R&D” ha dato luogo a strategia di ricerca basate sull’ipotesi che l’ormai
enorme ammontare di dati biologici disponibili (o potenzialmente raggiungibili) potesse essere la base per
identificare con precisione le cause delle malattie, la qualità e la quantità dei farmaci candidati.
Negli ultimi anni, comunque, una nuova ondata di avanzamenti scientifici e tecnologici ha aperto ancora
nuove traiettorie e opportunità. In primo luogo, i progressi nella capacità di isolare, manipolare, amplificare e
caratterizzare le sequenze di geni hanno consentito di mappare i genomi di moltissime specie animali e di
piante. La mappatura del genoma apre la possibilità in linea di principio di comprendere le funzioni di un
gene – o più precisamente di gruppi di geni – cioè quali proteine vengono codificate, quali funzioni
biologiche sono svolte dalla proteina, ecc. Si sono così sviluppate aree di ricerca e di potenziale applicazione
industriale come:
- la genomica strutturale, cioè la comparazione della struttura delle sequenze di DNA di individui
diversi e determinazione della struttura tridimensionale delle proteine di un dato organismo, tramite
metodi sperimentali come la cristallografia a raggi X, la spettroscopia NMR o approcci
computazionali;
- la genomica funzionale, diretta a scoprire le “funzioni” dei geni;
- la proteomica, che si occupa dell'insieme di tutte le proteine di un organismo, con l'obbiettivo di
determinarne la sequenza, la funzione, la struttura tridimensionale e le interazioni.
- La trascrittomica si occupa dell'espressione dei geni negli RNA messaggeri di un intero organismo o
di un particolare organo, tessuto o cellula in un particolare punto dello sviluppo dell'organismo o
sotto particolari condizioni ambientali, facendo principalmente uso dei microarrays.
47 -
La metabolomica è una branca della biochimica che si occupa del metabolismo, individuando ad
esempio la quantità di diversi metaboliti con raffinate tecniche biochimiche quali la
gascromatografia, nonché l'attività degli enzimi.
Uno sviluppo ancora più recente riguarda la biologia sistemica, che studia le interazioni tra le molecole di un
intero organismo, considerandolo nella sua totalità, a differenza della tradizionale biologia molecolare che
parte dallo studio di singole interazioni. In questo senso, l’ipotesi iniziale sottostante la prima generazione di
imprese “genomiche”, cioè che l’identificazione di un gene potesse portare direttamente allo sviluppo di
nuovi farmaci a basso peso molecolare (il modello “dal gene al farmaco”) viene gradualmente contestata e
parzialmente rimpiazzata (o complimentata) dalla consapevolezza che il successo scientifico, tecnologico e
commerciale non sia basato solo sulla identificazione di target ma richieda una comprensione molto più
approfondita delle complesse interazioni tra diversi componenti biologici (geni, proteine, cellule, interi
organismi). Questa scienza utilizza i dati e unisce idealmente la genomica funzionale, la proteomica, la
metabolomica e la trascrittomica., spostando l’attenzione dal livello del singolo gene o proteina a quello del
sistema biologico nel suo complesso.
Le nano-biotecnologie rappresentano una ulteriore nuova frontiera. Esse hanno ricoperto, negli ultimi anni,
un ruolo sempre più importante in campo medico e biologico, consentendo di realizzare la sintesi di
nanoparticelle, di studiarne le proprietà chimico-fisiche e di coniugare tali particelle a molecole vettore
farmacologicamente attive in modo da dirigerne l’azione verso organi target specifici. Esse trovano un vasto
campo di applicazione nello studio dell’espressione genica (in particolare i microarray a DNA, noti anche
come DNA chip o chip genici, che consentono di analizzare contemporaneamente l’attività di decine di
migliaia di geni) e più in generale nella diagnosi e terapia di un gran numero di patologie, nella realizzazione
di mezzi per il rilascio controllato di farmaci e nel campo dei biomateriali applicati alla medicina
rigenerativa.
In sintesi, le biotecnologie hanno permesso e promettono permettono innovazioni in almeno due direzioni
principali:
a) nuovi metodi e strumenti di ricerca per identificare le basi molecolari delle malattie, meccanismi di
azione, nuovi target e farmaci potenziali;
b) nuovi composti (rDNA, anticorpi monoclonali, cellule staminali) e modalità di trattamento (vaccini
specifici al paziente, ingegneria dei tessuti, medicina personalizzata), ecc.
E’ importante considerare in ogni caso che, mentre ogni ondata di nuove tecnologie ha aperto nuove aree di
esplorazione, opportunità di innovazione e modelli di business, i nuovi approcci non hanno reso obsoleti
quelli precedenti. Oggi, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, in particolare farmaci e terapie – richiede
l’integrazione di discipline e tecniche diverse come biologia molecolare, biologia cellulare, genetica,
bioinformatica, chimica computazionale, chimica delle proteine, chimica combinatoriale, ingegneria
genetica, high throughput screening, ecc. Occorre infine sottolineare che un ruolo crescente e fondamentale
è svolto dalla bioinformatica per l'elaborazione e la visualizzazione di dati, nonché per la modellizzazione.
In generale, è possibile prevedere sviluppi significativi nei seguenti campi:
- utilizzo contemporaneo di diversi test biologici su un unico campione: ciò rende possibile una
identificazione analitica rapida da quantità di materiale molto ridotta a scopi diagnostici;
- Medicina personalizzata, basata su grandi database di informazioni sul paziente e sugli stati patologici
insieme alla capacità di sequenziazione dei geni rapida e in parallelo
- Capacità di progettare e testare nuovi farmaci in silico (tramite simulazioni al computer e nuove capacità di
testare potenziali effetti collaterali su modelli di sistema assemblati su chips (lab-on-chips)
48 - Somministrazione di farmaci finalizzata a organi o tumori utilizzando il riconoscimento molecolare.
Infine, occorre ricordare il ruolo sempre più importante attribuito alla medicina traslazionale, cioè la capacità
di trasferire in modo rapido nuove conoscenze dalla scienza di base a quella biomedica, in modo da generare
applicazioni diagnostiche e terapeutiche avanzate, offrendo nel contempo nuovi strumenti d'indagine (from
bench to bed and back). La medicina traslazionale non si limita a produrre i risultati della ricerca e dello
studio di nuove molecole, nuovi sviluppi clinici e nuovi approcci terapeutici, ma si allarga allo studio delle
metodologie e degli interventi che consentono di selezionare le nuove proposte e renderle utilizzabili non
solo dal ricercatore clinico, ma da tutti i medici, sia in ospedale sia sul territorio. Da questo punto di vista la
medicina traslazionale rappresenta uno sviluppo fondamentale per accorciare drasticamente i tempi dello
sviluppo clinico di un farmaci e i tassi di attrito, che costituiscono attualmente una delle cause più importanti
della esplosione dei costi e del calo della produttività della ricerca farmaceutica
1.1.3 Il modello di business
L’industria biotecnologica è composta da imprese specializzate nella ricerca. Le competenze specifiche di
queste imprese risiedono nella conoscenza delle nuove tecniche e nelle loro capacità di ricerca in queste aree.
Il loro obiettivo consiste principalmente nell’applicazione commerciale delle scoperte scientifiche. La nascita
e la successiva crescita di queste imprese dipende dall’accesso ai finanziamenti del venture capital, e
successivamente dall’esistenza di un mercato dei capitali vasto, flessibile ed efficiente, pronto a valutare ed
eventualmente sottoscrivere le offerte di acquisto di azioni. Inoltre, l’esistenza stessa delle DBF richiede un
regime di proprietà intellettuale favorevole alla concessione di brevetti chiari ed ampi sulle proprie
invenzioni, quasi sempre originate in laboratori accademici o comunque di istituzioni pubbliche e spesso
difficilmente distinguibili da tecniche di ricerca di base.
Pochissime di queste imprese sono riuscite ad affermarsi come grandi aziende farmaceutiche integrate.
D’altra parte, questa strategia incontra forti ostacoli. Infatti, le imprese biotecnologiche fronteggiano
barriere all'entrata insormontabili, in particolare per quanto riguarda i costi ed i tempi legati ai processi di
approvazione dei nuovi prodotti da parte delle autorità sanitarie nazionali; la formazione di strutture di
marketing adeguate; lo sviluppo di tecniche di produzione su larga scala. Viceversa, la strategia di queste
imprese consiste essenzialmente nello specializzarsi in particolari segmenti tecnologici e di mercato. La
maggior parte si concentra sulle prime fasi dello sviluppo di nuovi farmaci (per semplicità, fino alla Fase I e
alla Fase II), stringendo accordi collaborazione o concedendo in licenza o vendendo i diritti dei propri
prodotti alle imprese più grandi. Molte imprese biotecnologiche, inoltre, si sono focalizzate sul mercato delle
orphan drugs, dove i tempi di sviluppo clinico e di approvazione sono molto rapidi. Altre sono attive nel
settore diagnostico. Infine, soprattutto a partire dagli anni Novanta, le imprese si pongono come fornitori
specializzati nello sviluppo e nella fornitura di servizi legati alle “platform technologies”, ovvero segmenti
tecnologici e di mercato con profili di rischio molto minori e strutture organizzative meno complesse.
Da questo punto di vista, il settore biotecnologico si struttura quindi come fornitore specializzato di
tecniche, servizi e nuovi prodotti da sviluppare per le grandi imprese farmaceutiche. Queste ultime, come già
menzionato, affidano infatti in misura crescente alle imprese biotecnologiche la scoperta e le prime fasi di
sviluppo dei nuovi farmaci: si stima infatti che circa un terzo dei nuovi farmaci in via di sperimentazione
abbia origine nel segmento biotech.
E’ importante sottolineare anche che tipicamente l’industria biotecnologica si è sviluppata entro cluster
49 geograficamente definiti: negli Usa, la Bay Area e San Diego in California; Cambridge nel Regno Unito;
Heidelberg in Germania; l’area di Parigi in Francia, ecc. La concentrazione geografica deriva principalmente
dal ruolo svolto da grandi istituzioni di ricerca, che successivamente hanno attratto capitali, nuove imprese,
capitale umano, ecc. Sulla base dell’esempio americano, si è assistito in quasi tutto il mondo a innumerevoli
tentativi a livello nazionale, regionale e locale di replicare i cluster statunitensi. Il risultato di queste
iniziative è però molto diversificato , ma nel complesso non particolarmente convincente. Probabilmente solo
il cluster britannico può vantare una esperienza significativa di successo paragonabile ai modelli americani,
anche se in questo caso il ruolo assunto dalle grandissime imprese farmaceutiche è stato fondamentale. Nella
maggioranza degli altri casi, si osservano diversi risultati interessanti e positivi, ma episodici e sempre su
scala piuttosto ridotta.
Nonostante lo straordinario ritmo del progresso scientifico ed il dinamismo del settore (soprattutto negli
USA), l’impatto delle biotecnologie a livello industriale è ancora limitato, soprattutto in relazione alle
aspettative suscitate. Come si è visto, la produttività della R&S farmaceutica è addirittura diminuita nel corso
degli ultimi 20 anni. Anche nel segmento biotech, i tassi di attrito sono cresciuti, non diminuiti negli ultimi
anni. In sostanza, le promesse delle biotecnologie non si sono ancora pienamente manifestate. Non solo i
nuovi prodotti sono ancora relativamente pochi, ma anche le procedure della ricerca farmaceutica rimangono
fortemente casuali ed incerte.
Allo stesso modo, la performance economica e finanziaria delle imprese biotecnologiche non appare
esaltante. Per molti anni sul piano commerciale il settore biotecnologico non ha realizzato profitti ma spesso
ha subito perdite. Ancora oggi solo pochissime imprese hanno risultati economici positivi. Negli Stati Uniti,
nel 2004, solo 15 imprese generavano più del 50% del flusso di cassa positivo del settore nel suo complesso,
e due imprese – Amgen e Genentech – ne erano la fonte per oltre il 50%. Occorre considerare però che il
fatturato non è necessariamente l’indicatore più appropriato per valutare la rilevanza economica del settore
biotecnologico. Nella grandissima maggioranza dei casi, le imprese biotech hanno vendite nulle e
sopravvivono e crescono grazie ad accordi con le grandi imprese, con l’eccezione delle aziende operanti
nelle platform technologie, nella genomica e nella bioinformatica, dove i tempi e i costi della ricerca sono
drasticamente inferiori e dove i risultati sono venduti sul mercato alle grandi imprese essenzialmente come
servizi. Ne deriva anche che il modello di business di questa categoria di imprese è radicalmente diverso da
quello delle aziende biotech operanti strettamente nel campo terapeutico, implicando dimensioni e profili di
rischio molto inferiori. In generale, però, le imprese biotech estraggono valore piuttosto dalla loro
valutazione sui mercati finanziari, attraverso IPO, vendita di quote azionarie o acquisizioni da parte di altre
imprese. Anche in questo caso, tuttavia, la performance delle imprese biotecnologiche non appare essere
particolarmente buona, considerando l’elevato profilo di rischio e la forte volatilità.
In base a queste osservazioni, un numero crescente di analisti e studiosi del settore avanza dubbi che il
modello di business cha tradizionalmente caratterizzato il settore costituisca una soluzione efficiente, sia dal
punto di vista della capacità innovativa che dal punto di vista economico e finanziario. Secondo queste
analisi, il modello tipico della impresa biotecnologica soffre di alcuni limiti fondamentali.
In primo luogo, queste imprese sono impegnate fondamentalmente in ricerca scientifica, prima che di
sviluppo tecnologico. A differenze delle start-up e degli spin-off nelle ICT, l’attività di ricerca implica
risolvere problemi scientifici di base, piuttosto che sviluppare tecniche e prodotti lungo traiettorie complesse
ma comunque basate su una solida comprensione scientifica dei problemi. Non solo, la crescita della
conoscenza scientifica ha implicato una esplosione delle traiettorie potenzialmente perseguibili. Permangono
quindi una grande distanza e numerosi colli di bottiglia tra l’enorme crescita della informazione
sperimentale disponibile e la capacità di produrre effettivamente nuove farmaci.
50 Ne consegue che, in primo luogo, necessariamente la ricerca biotecnologia è estremamente incerta ed
implica orizzonti temporali di lungo periodo. Ciò implica, tra l’altro l’esigenza di strutture organizzative e
finanziarie in grado di sostenere impegni di ricerca così lunghi e incerti. Il ricorso al venture capital e al
mercato azionario risolve il problema solo in parte ed in modo molto imperfetto. I tempi e le strategie di
investimento del venture capital e dei fondi di private equity raramente coincidono con le esigenze della
ricerca. Inoltre, la valutazione dei progetti avviene su basi informative molto deboli e implica forti
asimmetrie informative. Le imprese biotech non possono essere valutate sulla base dei ricavi e dei profitti,
ma solo sulle aspettative inevitabilmente fragili e in larga misura arbitrarie sul successo dei progetti di
ricerca. Studi recenti confermano che le imprese biotecnologiche che mostrano le migliori performance
hanno avuto accesso a capitali pazienti con orizzonti temporali sufficientemente lunghi.
Una seconda debolezza del modello di business biotecnologico è che le imprese sono molto spesso
eccessivamente specializzate, sia per quanto riguarda l’ambito di applicazione e le tecniche controllate che
per quanto concerne il grado di integrazione verticale. La complessità della base conoscitiva richiederebbe
infatti l’integrazione di un amplissimo spettro di competenze e tecniche differenziate e specializzate. Le
conoscenze e l’esperienza acquisibili mediante la sperimentazione e la produzione sono molto importanti per
consentire processi di innovazione efficienti. Inoltre, la piccola dimensione delle imprese rende molto più
difficile sfruttare le economie di scala e di scopo insite in questi processi di ricerca.
In terzo luogo, questa struttura delle imprese biotecnologiche rende molto più difficile cumulare le
conoscenze acquisite nel tempo ed estenderle a diversi ambiti di applicazione. Le imprese restano quindi
troppo piccole ed i gruppi di ricerca si dissolvono e si riformano su nuovi progetti e in diverse
organizzazioni. La comunicazione e l’accesso alle esperienze di altri gruppi resta limitata.
In quarto luogo, infine, la struttura ed il modo di operare delle imprese biotecnologiche dipendono
direttamente da un regime di proprietà intellettuale molto “duro”, teso a favorire la monetizzazione dei
risultati della ricerca, anche e soprattutto quando brevetti vengono concessi su invenzioni e tecniche di base
ed ancora embrionali. Critiche sempre più forti vengono avanzate contro questo sistema che rischia di
ostacolare l’accesso alla conoscenza e di rallentare lo sviluppo scientifico e tecnologico futuro. Inoltre, si
diffondono in modo preoccupante comportamenti strategici nell’uso dei brevetti (tesi cioè solo ad ostacolare
l’attività innovativa dei potenziali concorrenti) ed i costi di litigation hanno raggiunto ormai livelli
stratosferici.
Lo sviluppo contraddittorio delle biotecnologie non dovrebbe essere del tutto sorprendente. In primo luogo, i
tempi insiti nella ricerca farmaceutica sono molto lunghi. Soprattutto, e’ noto che i grandi paradigmi
tecnologici si affermano in orizzonti temporali misurati in decenni e che la loro maturazione richiede la
contestuale modificazione di modelli organizzativi, regolamentazione, infrastrutture, ecc. In questa
prospettiva, l’industria biotecnologica si trova ancora in una fase costituente, alla ricerca di forme e strutture
più efficienti.
1.2 I paesi e le industrie leader nel settore
In assenza di definizioni precise e condivise del settore biotecnologico, i dati disponibili variano
significativamente a secondo le fonti, sono difficilmente comparabili e non particolarmente affidabili. Il
fatturato mondiale dei prodotti biofarmaceutici ammontava nel 2006 a oltre € 58.5 miliardi, dei quali 44.5
realizzati negli USA e 9.1 in Europa, con una occupazione di quasi 200.00 addetti ( 146.000 negli USA e
circa 32.500 in Europa). Le spese di R&D raggiungevano oltre € 22 miliardi (18.2 negli USA e 2.9 in
51 Europa). Nello stesso anno, si stimava che nel mondo operassero oltre 4000 imprese, di cui circa 700 public
companies (imprese relativamente grandi, quotate in Borsa e a azionariato diffuso). Nel 2009, il fatturato
delle sole public companies ammontava a circa $73 miliardi, con una crescita del 18% rispetto al 2004. Le
spese di R&D delle public companies hanno raggiunto quasi $29 miliardi nel 2008, ma sono calate negli anni
successive con la crisi finanziaria.
Lo sviluppo del cosiddetto settore biotecnologico è avvenuto soprattutto negli Stati Uniti, che nel 2009
avevano circa 1700 imprese, 109.000 addetti, spese di R&D pari a circa $17 miliardi ed una capitalizzazione
di mercato di $270 miliardi. La performance scientifica e tecnologica USA resta di gran lunga la migliore al
mondo, con ad esempio circa il 50% delle domande di brevetto all’USPTO.
Solo negli ultimi anni si osserva un interessante dinamismo nei paesi europei, che però non appare ancora
essere paragonabile all’esperienza americana e non sufficiente a ridurre il gap tecnologico e imprenditoriale
con gli Stati Uniti. In Europa, nel 2009 si stima operassero poco meno di 1800 imprese, prevalentemente nel
Regno Unito, Germania e Francia con circa 49.000 addetti e spese di R&D pari poco più di €3 miliardi.
Danimarca, Svizzera e Paesi Bassi emergono via via in maniera crescente come innovatori significativi e
sedi di vivaci attività industriali, soprattutto tenendo conto della loro piccola dimensione assoluta.
In ogni caso, con poche eccezioni le imprese europee sono numerose, ma molto più piccole (circa un quarto
sia in termini addetti che di fatturato) e meno innovative (nel loro complesso di quelle americane. Anche il
ricorso al venture capital ed in genere al capitale di rischio assume valori incomparabili rispetto al
Nordamerica.
La persistente leadership americana è risultato della storia e della struttura istituzionale degli USA, in
particolare per quanto riguarda la struttura dei sistemi di ricerca, la struttura dei sistemi finanziari, e in parte i
regimi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale e di regolamentazione della ricerca. Queste
caratteristiche però spiegano soprattutto la forma di organizzazione specifica assunta dall’industria, piuttosto
che la performance assoluta. Come si è menzionato in precedenza, è discutibile che il modello americano sia
in assoluto efficiente. In Europa, si è tentato, anche con molteplici interventi pubblici di sostegno, di
replicare il modello USA con risultati non particolarmente soddisfacenti. E’ importante invece sottolineare
che il vantaggio americano è in larga misura influenzato dall’enorme volume di finanziamenti pubblici alla
ricerca biomedica, in particolare per quanto riguarda la ricerca di base, cumulato nel tempo. Ciò ha posto le
premesse per sviluppare una ricerca di altissima qualità su vasta scala, cioè la condizione necessaria (anche
se non sufficiente) per poter effettuare con successo esperimenti imprenditoriali incerti. E’ disponibile una
solidissima evidenza empirica che mostra come la performance dell’industria biotecnologica sia legata in
primo luogo alla qualità e alla quantità della ricerca (di base) da un lato ed alle capacità manageriali ed
organizzative dall’altro. Le caratteristiche delle strutture e delle metodologie di trasferimento tecnologico, la
disponibilità di venture capital e la propensione alla imprenditorialità dei ricercatori risultano essere meno
importanti e comunque sono anch’esse endogenamente influenzate dalle variabili “strutturali”.
1.3 Il ruolo dell’Italia
La situazione italiana appare contraddittoria. I dati disponibili indicano uno sviluppo molto limitato del
settore delle biotecnologie, qualsiasi sia l’indicatore considerato. Tuttavia, emergono segnali positivi,
soprattutto per quando riguarda i tassi di entrata di nuove imprese negli ultimi anni.
In Italia l’industria biotecnologica è in crescita, ed a fine 2009 risultavano operare 319
imprese impegnate nella R&S, di cui 187 cosiddette “pure biotech”. Le imprese sono nate per lo più tra la
52 fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, soprattutto come start-up e spin-off accademici. Le aziende biotech
sono in effetti microimprese o di piccole dimensioni. Il fatturato dei prodotti biotecnologici nel 2008 è stato
pari a 6,8 miliardi di euro, generato però per circa il 90% dalle imprese di maggiori dimensioni non
specializzate nelle biotecnologie. L’occcupazione si aggira sulle 50.000 unità, di cui però solo il 9% nelle
imprese specializzate. Le spese di R&S ammontavano a 348 mln, cioè largamente inferiori a UK (1397),
Francia (551) ed anche Svezia (522).
Nel 2010 il ‘Rapporto sulla Biotecnologie in Italia (Ernst & Young 2010, Assobiotec e
Farmindustria) conta 233 prodotti in sviluppo, di cui 89 in fase preclinica e 144 in clinica. Considerando
anche la presenza di ulteriori 69 progetti in fase early-stage (o“discovery”), il totale sale a 302 progetti e
prodotti.
L’industria biotecnologica italiana è fortemente concentrata sul piano geografico, in relazione alla presenza
territoriale di una solida e ampia base di ricerca, di imprese farmaceutiche italiane e filiali di multinazionali
straniere, partner scientifici (centri di ricerca e clinici), finanziari e professionali (studi legali, brevettuali, di
trasferimento tecnologico e società di consulenza), oltre che parchi scientifici, dove sono localizzate il 24%
delle imprese. Le imprese si concentrano in Lombardia (36%), Piemonte (12%), Toscana (9%), Veneto (8%),
Sardegna (7%) e Lazio (6%).
Il ritardo italiano è dovuto ad un insieme di fattori, in buona parte ben noti. In primo luogo, va sottolineato
che il sistema della ricerca è piccolo e non particolarmente efficiente, nonostante l’esistenza di diverse realtà
di rilievo a livello internazionale.
Analisi sui dati bibliometrici ISI individuavano una preoccupante debolezza della ricerca italiana nelle aree
più direttamente riconducibili alle biotecnologie negli anni Ottanta e Novanta, ma anche un notevole
recupero nella seconda metà degli anni Novanta.
Il rapporto del Milken Institute (DeVol and Bedroussian, 2006) individuava solo un’Università italiana
(Roma) tra le prime 100 nel mondo nelle biotecnologie e solo 3 (Napoli Federico II e Milano) tra le prime
150, anche se alcune di queste mostrano una qualità di pubblicazioni (misurata in termini di impatto) di
notevole livello (Pavia, Consorzio Mario Negri Sud, SISSA Trieste,..).
Un’ulteriore caratteristica distintiva del caso italiano è il ruolo molto modesto svolto dal venture capital nel
finanziare e sostenere le nuove imprese e l’assenza di mercato per le nuove imprese biotecnologiche. Se
certamente esistono sostanziali problemi di natura finanziaria e fiscale allo sviluppo di questo mercato dal
lato degli operatori finanziari, molto probabilmente questa situazione riflette anche sostanziali debolezze dal
punto di vista dell’offerta di iniziative imprenditoriali valide e promettenti su una scala minima, al di là di
episodiche occasioni. Il ruolo del venture capital come fonte di finanziamento per le nuove piccole imprese
Ë stato parzialmente sostituito da altre fonti, principalmente le fondazioni bancarie e i programmi pubblici a
livello comunitario, nazionale e regionale.
Un calcolo del contributo della spesa pubblica alla ricerca scientifica ed industriale è molto difficile. La
Fondazione COTEC stimava nell’anno 2004 la spesa pubblica - che include, secondo questo calcolo, le spese
del CNR (31,2 milioni di euro), i finanziamenti MIUR (11,7 milioni di euro, considerando anche il cofinanziamento degli atenei), Ministero della Salute (4,1 milioni) e finanziamenti comunitari (circa 40 milioni
di euro all’anno) - ammontasse a circa 370 milioni di euro, pari al 12,8% della spesa complessiva domestica
e al 23,7%, considerando anche i finanziamenti europei. Il settore no-profit avrebbe stanziato finanziamenti
(settore salute nel suo insieme) per circa 84 milioni di euro. A questi fondi possono essere poi aggiunti i
contributi regionali e locali, per le quali era possibile identificare un contributo regionale specifico,
53 approssimabili a circa 13 milioni di euro.
In effetti, diverse regioni italiane hanno iniziato negli ultimi anni a sviluppare programmi ed iniziative di
sostegno alla ricerca biotecnologica ed al suo sfruttamento industriale, in particolare Piemonte, Lombardia,
Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Basilicata, Puglia e Sardegna. Le iniziative si articolano secondo
diverse direzioni: sostegno ai parchi scientifici e tecnologici, agli incubatori e alle agenzie regionali per lo
sviluppo (che in alcuni casi svolgono anche attività di ricerca); supporto alla collaborazione tra Università,
centri di ricerca ed imprese; formazione. In alcuni casi, gli interventi regionali prevedono il sostegno alle
nuove imprese, anche con finanziamenti alle start-up e costituzione di fondi di venture capital (Piemonte e
Lombardia).
I programmi europei e le iniziative regionali e locali hanno sviluppato nel corso degli ultimi 10 anni diversi
tentative di far emergere cluster biotecnologici. In Lombardia, sono localizzati a Milano il Biopolo e il Parco
biomedico-scientifico San Raffaele. Dalla collaborazione tra il Biopolo e l’Università degli Studi MilanoBicocca è nato un Centro di Eccellenza sulle biotecnologie industriali, che si impegna a fornire alle imprese
innovative adeguati contributi in ricerca. La Regione Piemonte ha stanziato fondi per la realizzazione del
Bioindustry Park Canavese. Il Cluster in Biomedicina (CBM) è una società mista pubblico-privata con sede a
Trieste impegnato non solo nella ricerca precompetitiva ma anche nei processi di sviluppo preclinico e
clinico.
In Italia si sono formati anche 3 Distretti Tecnologici: Biotecnologie in Lombardia, Biomedicina Molecolare
in Friuli-Venzia Giulia, Biomedicina e Teconologie per la Salute in Sardegna.
1.4 Il panorama nelle regioni Convergenza
La situazione nelle Regioni Convergenza appare a prima vista sconfortante. Solo 6 imprese biotech operano
in Campania e in Puglia, 5 in Sicilia, nessuna in Calabria. Anche l’attività brevettuale è limitata. Nel periodo
1997-2205, risultavano 45 brevetti attribuiti a soggetti residenti in Campania, 26 in Sicilia, 24 in Puglia e 11
in Calabria. L’attività brevettuale è comunque molto dispersa: i principali innovatori risultano essere:
Tecnogen (Campania, 5 brevetti), Fidia e Ligi (Puglia, 4 brevetti), SIFI (Sicilia, 3 brevetti) e le Università di
Napoli Federico II, Bari e Ctania (3 brevetti). Oltre ai titolari dei brevetti, i dati sul numero di inventori
forniscono informazioni utili. In particolare, risultano 195 inventori in Campania, 121 in Sicilia, 58 in
Puglia e 20 in Calabria. In Campania, brevettano numerosi ricercatori afferenti al TIGEM (Telethon Institute
for Genetics and Medicine), all’Università Federico II (Dipartimento di Chimica e Ceinge) e all’Università di
Salerno (Facoltà di Farmacia); in Puglia, ricercatori di diversi dipartimenti delle Università di Bari e Lecce;
in Sicilia, le Università di Palermo (Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Anatomiche), di Messina
(Dipartimento Farmaco Biologico) e di Catania (Dipartimento di Farmacologia Sperimentale).
Tuttavia, esistono in alcune regioni potenzialità di ricerca ed esperienze di politica industriale regionale per
lo sviluppo delle biotecnologie.
Una mappatura della presenza di potenzialità nel Mezzogiorno - sia in termini di capacità di ricerca che di
realtà industriali effettuata nel 2008 – identificava scarse aggregazioni di competenze in Calabria, localizzate
essenzialmente nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Magna Grecia nell’Università della
Calabria.
54 La Campania presenta invece diverse realtà e potenzialità di sviluppo, per quanto riguarda la ricerca e, in
misura al momento attuale inferiore, le attività industriali. Questa Regione è in effetti una delle aree più
avanzate in Italia nelle biotecnologie, per quanto riguarda la ricerca, con punte eccellenti a livello
internazionale. Competenze significative si trovano nelle Università di Napoli (Federico II in particolare) e
Salerno. Ricerca di elevato livello viene svolta anche negli Istituti del CNR di Biochimica delle proteine e di
Genetica e Biofisica e all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM). Il Ceinge (società consortile
emanata dalla Università di Napoli Federico II, con la partecipazione della Provincia di Napoli, la Camera di
Commercio e la Regione Campania) svolge ricerca e prestazione di servizi. Sono presenti anche alcune
imprese non irrilevanti come Tecnogen, Phisiopharma, Hardis e Xepatagen. Inoltre, in Campania operano
diverse iniziative pubbliche e pubblico-private come i Centri di Competenze BioTekNet e in Diagnostica e
Farmaceutica Molecolari (CRdC DFM).
Anche in Puglia, si trovano nuclei di competenze di ricerca non trascurabili nelle università, negli istituti del
CNR e in alcuni IRRCS. Inoltre, in Puglia è localizzato il National Nanotechnology Laboratory (NNL)
dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia, assolutamente all’avanguardia nelle nanotecnologie. La realtà
industriale è molto più limitata. Si possono individuare circa una decina di aziende più direttamente
impegnate nelle biotecnologie. Due di esse, Aventis Sanofi e Serono Italia, sono filiali e siti produttivi di
grandi imprese multinazionali francesi e tedesche, anche se non svolgono attività di R&S. Altre, come
Agritest, sono impegnate nel settore agro-alimentare, oppure non hanno competenze specifiche nelle subaree tecnologiche identificate (Lachifarma, Pierre Chimica, Polymekon). Sono operativi anche tre consorzi,
CARSO, Apulia Biotech e ISBEM. La Regione Puglia ha predisposto inoltre una serie di iniziative nel
settore delle biotecnologie fin dall’anno 2001, in particolare con la creazione di un network informatico
regionale, definito come Osservatorio Regionale sulle Biotecnologie, l’elaborazione di un Piano Strategico
Regionale per lo sviluppo e le applicazioni delle biotecnologie, la preparazione di studi di fattibilità per la
realizzazione delle strutture nodali del network rappresentate dal Polo Biotecnologico Pugliese e da tre
Biopoli periferici.
In Sicilia, dispongono di competenze avanzate alcuni dipartimenti universitari a Messina, Catania e Palermo
e l’ ISMETT, Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione.
Operano nelle regione anche alcune imprese come Bionat srl (Palermo); Etna Biotec s.r.l. (Catania), una
start up dell’Università di Catania; Etnavax, a sua volta uno spinoff di Etna Biotech; IOM Ricerca srl, uno
spin-Off dell'Istituto Oncologico del Mediterraneo (IOM SpA). Sono presenti anche attività di produzione di
grandi imprese come Wyeth Lederle. Inoltre, a Catania è localizzata ST Microlelectronics, attiva nella
ricerca soprattutto per quanto riguarda le nanotecnologie per la diagnostica biomedicale, drug delivery e
medicina molecolare e bioinformatica.
55 Analisi settoriale: Area Mobilità e Logistica Alberto De Marco Politecnico di Torino 56 Analisi prospettica del settore Il settore dei trasporti, logistica e mobilità sostenibile è caratterizzato da diversi segmenti produttivi con proprie e differenti dinamiche economiche e competitive. La classificazione può agevolmente fare riferimento alla segmentazione per mercato automotive, ferroviario, marittimo e aereo/aerospaziale (oggetto di rapporto specifico). L’ambito della logistica e distribuzione delle merci può essere considerato in maniera separata ponendosi trasversalmente ai modi di trasporto ed essendo connotato da differenti dinamiche di mercato e di innovazione. A sua volta, il settore automotive può essere scomposto in due aree di prodotto e relativo mercato: il sistema powertrain diretto allo sviluppo e produzione di sistemi di propulsione e il sistema veicolo orientato alla progettazione e produzione di componentistica e sistemistica per i vettori di trasporto motociclistico e automobilistico. Stessa classificazione può essere applicata al settore della navigazione marittima aggiungendo i sistemi di controllo e sicurezza della navigazione. Analogamente il settore ferroviario si scompone negli analoghi sottosegmenti produttivi relativi al sistema powertrain e componentistica del vettore, ma occorre in questo caso considerare anche l’ambito dei sistemi di controllo e gestione dell’infrastruttura di rete. In generale le aree di innovazione nei settori del trasporto coincidono con gli obiettivi di sviluppare sistemi di trasporto sostenibili, affidabili, sicuri e puliti con riferimento al powertrain, componentistica e gestione delle reti e del traffico. In quest’ottica, le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) costituiscono l’elemento abilitante degli obiettivi di innovazione con lo sviluppo e diffusione degli Intelligent Transport System (ITS) e sistemi di infomobilità per la gestione delle domanda e servizi di mobilità di persone e merci. Infine, l’ambito della logistica e distribuzione delle merci può essere considerato come segmento a parte, ponendosi trasversalmente ai modi di trasporto ed essendo connotato da differenti dinamiche di filiera e di relative esigenze di innovazione principalmente associate ai modelli di business e agli ITS professionali e B2B. Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi 20 anni In sintesi, le tecnologie emergenti e i trend di innovazione in atto posso essere classificati nelle tre aree tecnologiche principali: powertrain, componentistica, infrastruttura con ITS/ICT, a loro volta separando il dominio di applicazione per il trasporto ferroviario, automotive, marittimo e aereo/aerospaziale (oggetto di rapporto specifico). Powertrain Per le tecnologie powertrain è condivisa la visione che la trazione ibrida abbia promettenti prospettive di ricerca e sviluppo. In particolare, la trazione diesel-­‐elettrica con sistemi di commutazione assistita trova direzioni prospettiche promettenti nel medio-­‐termine. Sul fronte dell’electromobility, sebbene in quest’ultimo ambito gli sforzi di innovazione sui sistemi di ricarica veloce e a basso consumo energetico siano più avanzati e in fase di consolidamento di tecnologia 57 per il mercato, sono da segnalare i sistemi di ricarica wireless e i sistemi di controllo infrastrutturale della rete di distribuzione. Da segnalare le tecnologie powertrain che abilitino le fuel cells a idrogeno e le relative ricerche per la scalabilità industriale di soluzioni pioneristiche o prototipali. Componentistica Nel settore ferroviario si segnalano: sistemi avanzati di gestione heating&cooling a basso impatto energetico su carrozze ferroviarie; sviluppo di tecnologie e processi di manutenzione a basso impatto energetico della componentistica; sviluppo di materiali compositi e nano-­‐compositi per fabbricazione di componenti dei vettori. In questo ambito, gli sforzi R&D per la modellistica simulativa avanzata, le tecnologie della progettazione assistita CAD/CAM e i metodi innovativi di produzione trovano ancora margine di sviluppo futuro, sebbene si inquadrino in un contesto di investimenti industriali di grandi multinazionali presenti su questo mercato a livello globale. Infrastruttura e ITS I sistemi IT di gestione, monitoraggio ambientale integrato e controllo dell’infrastruttura insieme all’ampia gamma di sistemi e applicazioni per ITS costituiscono l’area con le migliori prospettive tecnologiche. Tra i sistemi di infrastruttura ferroviaria si segnalano i sistemi piattaforme aperti interoperabili di ottimizzazione e controllo del traffico, segnalamento, protezione e controllo automatico dei treni, capaci di abilitare molteplici protocolli e standard differenti. Inoltre, le applicazioni di guida assistita. Nell’ambito degli ITS, con applicazioni principalmente nel settore automotive, ma in parte anche marittimo, sembrano emergere tra le numerose applicazioni di advanced vehicle control i sistemi di guida assistita avanzata che utilizzano le comunicazioni veicolo-­‐veicolo con floating car data (dati provenienti dalla tracciabilità dei veicoli per triangolazione), i sistemi di assistenza al guidatore e i personal intelligence networks. Si citano inoltre le applicazioni che hanno raggiunto una maturità tecnologica maggiore, ma necessitano ancora sforzi incrementali di trasferimento tecnologico al mercato e assistenza al deployment, anche sperimentale. Tra le altre si segnalano: Automotive entertainment technology, Driver assistance systems , Electronic toll/fare collection, Fleet management systems, GPS&GIS technology applications, Integrated vehicle control and management, Intermodal systems integration, In-­‐vehicle navigation systems, Location based technology and services, Mayday support systems, Modeling and simulation tools, Obstacle warning systems, Parking management systems, Personal intelligence networks, Road planning/marking, Real-­‐time information technologies, Signaling and control devices, Traffic control equipment, Traveler information systems, Tunnel maintenance and management, Variable message signs, Vehicle location technologies. L’applicazione industriale, anche B2B, di tali sistemi diventa di particolare importanza nel sotto-­‐segmento della logistica al fine di garantire lo sviluppo di filiere integrate e ridurre le distanze informative tra gli anelli della filiera distributiva. In questo ambito, le soluzioni di elettromobilità integrata con sistemi di gestione intelligente delle flotte trovano futuri spazi di ricerca nel contesto della distribuzione/mobilità urbana pulita delle merci e relativi modelli di business. 58 I paesi e le industrie leader nel settore È difficile individuare una concentrazione geografica delle eccellenze tecnologiche e degli investimenti in innovazione nel settore della mobilità data l’ampia eterogeneità, vastità e dimensione, spesso a scala regionale, dei suoi fattori produttivi. Si può invece pensare di indicare nella presenza di alcune importanti organizzazioni multinazionali operanti nel settore l’aggregazione delle capacità di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico. In tal senso operatori come Siemens e Alstom con il loro grande partenariato hanno un ruolo centrale nel contesto internazionale del settore ferroviario, così come i grandi colossi di origine giapponese (in particolare Mitsubishi e Hitachi). Nell’automotive, le case automobilistiche aggregano la domanda di ricerca e innovazione nel settore powertrain e componentistica. Nell’ambito dello sviluppo di specifiche competenze di ricerca e sviluppo nei trasporti in Europa sono nati alcuni consorzi, centri di ricerca e reti di riferimento (ad esempio: TNO). Negli ITS, in generale, gli investimenti di innovazione sono indirizzati allo sviluppo di soluzioni per la sostenibilità, la sicurezza e gestione del traffico. In quest’ultimo ambito, svolgono il ruolo di industrie leader le grandi imprese di telecomunicazione, telematica e informatica. Anche i consorzi di gestione dei sistemi GPS/Galileo/Egnos hanno un ruolo importante nello sviluppo di soluzioni di tracciamento e controllo del traffico. Per quanto riguarda il settore della nautica, il mercato e l’offerta d’innovazione sono più frammentate e vedono la presenza di alcuni operatori medio-­‐grandi con numerose PMI. Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca Attualmente sono stati costituiti in Italia 4 distretti tecnologici nel settore dei trasporti, escludendo il settore aerospaziale. Tre di essi sono ricompresi nel settore della nautica, in particolare il Distretto Tecnologico Navale e Nautico (DITENAVE) del Friuli, il Distretto delle Tecnologie Navali (NAVTEC) della Sicilia, oggetto di richiesta di potenziamento, e il distretto ligure per i Sistemi Intelligenti integrati, che si sovrappone e integra altri settori insieme all’ambito degli ITS. A questi distretti si aggiunge quello calabrese della Logistica e Trasformazione (R&DLOG) e che non è stato ammesso al finanziamento per potenziamento. Il Distretto Distectra dei trasporti ferroviario e automotive che è stato presentato si aggiunge ai precedenti per rappresentare le esigenze di aggregazione dell’offerta R&D nella regione Campania. Oltre ai distretti esistono numerosi centri di ricerca, anche sotto forma di aggregazioni e consorzi, sia di natura pubblica sia privata. In generale, il livello di competenza del capitale umano per le attività ICT/ITS è elevato e presenta caratteristiche di competitività e talvolta di eccellenza sul piano internazionale. Le regioni della coesione: lo stato dell’offerta L’offerta di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico nelle regioni della convergenza è varia ed eterogenea, anche in ragione dell’ampiezza dell’industria dei trasporti di superficie considerata nel suo insieme. La seguente tabella riporta alcuni macro indicatori 59 Spesa totale R&D in % PIL Addetti R&D ogni 1000 abitanti Imprese innovatrici Dati ISTAT, Ricerca e Innovazione, 2008 Italia Puglia Campania Sicilia Calabria 1.23 4.0 0.79 2.0 1.35 2.6 0.89 2.0 0.47 1.2 30.2 27.7 18.3 22.6 20.3 Per ragioni di sintesi, se ne presentano i principali elementi descrittivi suddivisi per regione. Campania Nella regione Campania si riscontra una buona offerta nei settori ferroviario e automotive, sia di prodotti e servizi consolidati, sia di ricerca e innovazione. Il macro-­‐settore dei trasporti, mobilità sostenibile e logistica è importante per l’economia regionale campana: occupa circa il 13% della forza lavoro totale regionale e genera un valore aggiunto di circa 9 miliardi di euro incidendo per il 9% sul PIL regionale e per il 10,6% sul valore aggiunto complessivo regionale. Complessivamente il settore allargato in Campania raccoglie circa 17.000 aziende. Il settore fornisce all’interno del tessuto economico locale una vasta gamma di servizi diretti e indiretti per la mobilità delle persone e delle merci, attraverso imprese private e organizzazioni pubbliche, enti di ricerca e università. Il settore della logistica e della distribuzione delle merci, in particolare, costituisce un segmento economico particolarmente strategico in Campania. Per quanto riguarda le filiere della logistica e dei gestori di sistemi di trasporto, le imprese localizzate in Campania generano il 6% del valore aggiunto nazionale del comparto (Fonte ISTAT dati 2006). Se si considera poi l’impatto che tutte le filiere dei trasporti e della logistica esercitano sul valore aggiunto delle singole regioni si evidenzia che in Campania tale valore è pari al 7,2%, dato tra i più alti a livello nazionale e superiore alla media (6,73%). Le proposte di laboratori e distretto riguardano principalmente i settori del trasporto ferroviario e automotive. Settore ferroviario Il settore ferroviario in Campania rappresenta un elemento regionale di produzione e competitività importante. Il segmento è composto da numerose imprese impegnate nella costruzione, manutenzione e riparazione di materiale rotabile per il trasporto ferroviario (locomotive, carrozze, elettrotreni, carri, tram, metropolitane leggere e pesanti, ecc.), di sistemi di trazione (motori elettrici e diesel), sistemi di elettrificazione delle linee, di segnalamento, comando e controllo e telecomunicazione, e dell’armamento ferroviario. Si riscontra la presenza di alcuni innovativi e importanti OEM (Original Equipment Manufacturer) impegnati nella costruzione di materiale rotabile, sistemi di segnalamento, comando e controllo ferroviario. Una gran parte del settore è però anche caratterizzata da numerose imprese a basso livello di innovazione e competitività operanti nella manutenzione del materiale rotabile e delle infrastrutture. In sintesi, le imprese si possono articolare in tre aree principali di aggregazione: 1. Power train e componentistica con AnsaldoBreda e il suo indotto, 2. Infrastrutture, rete e gestione della rete con RFI e i suoi collegamenti, 3. ICT/ITS e sistemi di controllo intorno alla leadership di Ansaldo STS. 60 Nel settore powertrain, si segnala la presenza di centri di ricerca pubblici di eccellenza tra cui i Laboratori motori CNR di Napoli e il laboratorio CNR-­‐ITAE. L’occupazione nel settore ferroviario campano è stata sempre in crescita fino al 2008-­‐09 e il rallentamento che si riscontra dal 2010 sembra più legato al contesto della crisi nazionale e globale piuttosto che a fattori di perdita di valore e competitività del comparto locale. In particolare il comparto ICT/ITS continua a crescere e consente di comprendere come le prospettive migliori di sviluppo nascono dall’integrazione delle competenze ICT applicate al settore. Gli investimenti regionali pubblici nel settore ferroviario sono stati e continuano a essere consistenti, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture di rete e il potenziamento e rinnovamento del materiale rotabile ferroviario regionale pubblico. La Regione ha individuato nella ferrovia la componente strategica per conseguire uno sviluppo sostenibile dei trasporti e per l’incremento della quota modale del trasporto pubblico. Circa il 60% dei 30 miliardi di investimenti in Campania per la realizzazione di infrastrutture di trasporto sono infatti di tipo ferroviario (rete AV/AC, rete metropolitana regionale, linea a monte Vesuvio, ecc.). Settore automotive Il settore della produzione automotive, centrato in gran parte intorno al sistema Fiat Group Automobiles, in Campania sta vivendo un periodo di forte ristrutturazione e ridimensionamento complessivo con una significativa riduzione delle imprese e una diminuzione degli addetti anche per effetto della scelta di Fiat Auto di internalizzare produzioni precedentemente in outsourcing, mentre nella catena di fornitura si osserva un ulteriore processo di razionalizzazione e gerarchizzazione dei fornitori con lo scopo di migliorare l’efficienza nella gestione dell’intera supply chain. D’altra parte, la tendenza negativa, è anche legata alla delocalizzazione di alcune filiere produttive ad alta intensità di lavoro, come nel caso dei cablaggi, verso i paesi a più basso costo del lavoro; e dall’altra, alla crisi di gruppi industriali locali (come nel caso della Autostamp o della Ergom) con conseguenze negative soprattutto per l’occupazione. Le imprese si concentrano territorialmente nelle aree di Napoli e Avellino e dipendono fortemente dal gruppo FIAT. In particolare, i principali siti produttivi regionali sono quello FIAT di Pomigliano d’Arco (NA) e quello FIAT Powertrain Technologies di Pratola Serra (AV) con le relative imprese che compongono il primo livello di fornitura dei due stabilimenti. Solo il 10% delle forniture totali di questi stabilimenti provengono da produzioni dell’indotto locale con un basso impatto di sviluppo di competenze e innovazione sulla filiera regionale. Inoltre la struttura produttiva locale a basso grado di tecnologia innovativa non facilita il processo imprenditoriale di inserimento nella supply delle produzioni FIAT. Emergono quindi necessità, da un lato, di orientamento versi altri settori industriali quali ad esempio l’aeronautica, il trasporto ferroviario e la nautica e, dall’altro, di qualificazione delle competenze e di innovazione tecnologica. L’industria fornitrice locale sembra interessata ad avviare un percorso in questa direzione e a tal fine ha creato alcuni consorzi per attività di ricerca e sviluppo (R&D) e collaborazioni tra i global players automobilistici e le strutture pubbliche di ricerca locali e le università. In sintesi, la presenza di importanti imprese attive nella ricerca industriale nel settore ferroviario (AnsaldoBreda – Ansaldo STS ) e automotive (Adler – Magneti Marelli -­‐ FIAT), e centri di ricerca, contribuisce a indicare il settore della mobilità come strategico. 61 Tuttavia, e soprattutto con riferimento al settore della logistica, occorre rimarcare una carenza di competenze trasferite sul territorio nelle aree della gestione intelligente dei trasporti, trasporto integrato sostenibile, integrazione intermodale tra le diverse compagnie operanti su rotaia ed in generale alla sicurezza dei mezzi. Tali carenze potrebbero essere migliorate sviluppando le competenze ed investendo nella ricerca rilevante allo sviluppo delle tecnologie critiche. Aggregatori ricerca: Centro Test e CNR Istituto motori per le tecnologie meccaniche, powertrain e componentistica, CERICT per ICT con tendenza sviluppo ITS. Aggregatori industriali: AnsaldoBreda (Trasporti) e Ansaldo STS. Puglia Il settore dei trasporti e della logistica è abbastanza importante nel quadro dell’economia regionale. Nel 2006 il valore aggiunto prodotto a livello regionale dalle imprese del settore è stato pari a 3 miliardi di euro, corrispondente al 9% del valore aggiunto totale regionale (fonte: Ministero dello Sviluppo economico). Tuttavia, la Puglia presenta solamente una discreta offerta di innovazione principalmente nei settori dei materiali avanzati, anche con applicazioni per i vettori di trasporto, e nell’ICT che trova moderate forme di trasferimento tecnologico nell’ambito della mobilità sostenibile e logistica (ITS), mentre il quadro di innovazione nel settore logistica e trasporti di superficie appare inadeguata. La filiera ICT per applicazioni nei trasporti e mobilità è caratterizzata dalla presenza di un raggruppamento poco omogeneo, genericamente definito delle Alte Tecnologie Innovative che raccoglie competenze provenienti dai settori dell’informatica. Esistono rilevanti presenze di ricerca nel settore ICT sia a Bari sia a Lecce. Sono quasi totalmente raggruppate nell’Università di Bari, nel Politecnico di Bari e nell’Università del Salento. Dal punto di vista quantitativo, le competenze di informatica sono di gran lunga superiori a quelle delle telecomunicazioni, che appaiono nel complesso ancora limitate (Fonte ARTI). Esistono inoltre alcune aziende di medie dimensioni in ambito di system integration per ITS e altri ambiti che si integrano al sistema della ricerca (vedi ad esempio Exprivia). La capacità e le competenze nel settore dei materiali sono un elemento di spicco nel quadro regionale. In questo ambito il consorzio CETMA di Brindisi svolge un ruolo aggregatore di alto livello. Sicilia Uno degli elementi strategici fondamentali della regione Sicilia è quello di porre il settore della navigazione, delle imbarcazioni con il relativo sistema di propulsione e le infrastrutture portuali sostenibili al centro del proprio sviluppo ambientale, economico e socio-­‐politico. Il sistema siciliano intende inserirsi nel quadro nazionale dove il PIL generato dal cluster marittimo e portuale è stimato pari al 2,7% del PIL nazionale superando quello della agricoltura e automobilistico; l’occupazione costituisce l’1,6% dell’occupazione totale, essendo il comparto capital intensive e caratterizzato da elevata produttività (il valore aggiunto per addetto è secondo solo alle telecomunicazioni). Inoltre, presenta da oltre un decennio un percorso di crescita, anticiclico rispetto alle fasi di stagnazione che hanno invece caratterizzato quasi tutte le altre realtà industriali. Inoltre, sul fronte del trasporto merci, il 63% delle quantità di merci importate e il 46% di quelle esportate transitano via mare. Il mercato della nautica commerciale e da diporto (shipping) non è più cresciuto dal 2007, ma conserva un fatturato nazionale annuo di circa 6 di euro e un contributo al prodotto interno lordo stabile. In Sicilia, il settore della nautica è eterogeneo e frammentato, costituito da numerose PMI. Il numero di imprese attive della regione è di circa 500. Si tratta di imprese che operano nell’ambito della cantieristica 62 navale di tipo mercantile, militare, da trasporto e da diporto, svolgendo nell’isola le diverse fasi della costruzione e della riparazione e manutenzione delle imbarcazioni. Il valore tecnologico è relativamente basso, tranne alcune eccezioni. La distribuzione delle imprese nautiche sul territorio regionale si concentra in prevalenza lungo la fascia costiera, in particolare nelle province di Messina, Palermo, Trapani e Siracusa. Il principale polo produttivo è quello messinese che impiega circa il 40% degli addetti e aggrega le imprese più grandi (circa il 20% del totale delle aziende del settore). Nella regione sono distinguibili tre tipologie di imprese: grandi cantieri navali, concentrati nell’area del porto di Messina come Fincantieri; cantieri di m e d i e dimensioni, ma con attività di nicchia e collocamento internazionale; cantieri tradizionali, che non curano la fase della promozione dei prodotti e si limitano essenzialmente ad attività di riparazioni e rimessaggio collaterali. È, in particolare, il segmento legato alla produzione di unità da diporto (barche a vela, barche a motore, canotti pneumatici, yacht da crociera e da regata, mega e super yacht, barche da pesca, catamarani e moto d’acqua) a trainare il comparto produttivo. -
In particolare, il settore delle imbarcazioni di lusso richiede competenze di design e di implementazione di soluzioni tecnologiche innovative e integrate. Ricomprende anche filiere lunghe di forniture di arredo e componentistica di alta gamma. Per quanto riguarda i centri di ricerca, è da segnalare la presenza a Messina dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia “Nicola Giordano” del CNR per lo sviluppo e industriali di tecnologie energetiche e a basso impatto ambientale. In sintesi, lo stato dell’offerta di ricerca e innovazione della nautica siciliana si concentra nell’ambito dei processi di progettazione e produzione delle imbarcazioni, con limitata attenzione ai sistemi di propulsione sostenibile e una scarsa tendenza all’integrazione con le tecnologie delle telecomunicazioni e ICT/ITS per il settore navale. Calabria La Regione Calabria, pur avendo delineato investimenti strategici nel settore della logistica, non riesce in questo ambito ad esprimere e sviluppare adeguate competenze e servizi di R&D. Viene a mancare un quadro aggregativo organico tra imprese e strutture di ricerca/innovazione in grado di fornire soluzioni di filiera integrate tra trasporti e ITS. In tale ambito sarebbe auspicabile un futuro sviluppo delle competenze regionali in modo da supportare i grandi investimenti infrastrutturali soprattutto nell’area di Gioia Tauro e delle relative piattaforme logistico-­‐distributive. Inoltre, opportune azioni di trasferimento tecnologico di soluzioni avanzate presso le PMI della logistica potrebbero dare un importante contributo allo sviluppo del settore nella regione. 63 Analisi settoriale: Area Nuovi materiali e nanotecnologie Alessandro Tredicucci NEST, Istituto Nanoscienze -­‐ Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pisa 64 1. Analisi del settore
E' oggi universalmente condivisa l’aspettativa che le nanotecnologie saranno il motore dei più
promettenti progressi tecnologici di questo secolo ed è altresì ritenuto che posseggano uno
straordinario potenziale applicativo con ricadute economiche nei più diversi ambiti produttivi.
Diversi studi hanno elaborato proiezioni sull’evoluzione della dimensione del mercato mondiale
delle nanotecnologie: un esempio tratto dal market report 2012 della BCC Research è riportato in
Fig. 1.
Figura 1. Evoluzione del mercato mondiale delle nanotecnogie in milioni di dollari, fonte BCC
Research.
Sebbene i valori assoluti varino in parte tra le varie analisi, anche a seguito delle differenti
concezioni e definizioni di nanotecnologie, tutte sono concordi nel prevedere nel prossimo
quinquennio il proseguimento di una rapida crescita che già ora vede un volume annuo dell'ordine
delle decine di miliardi di dollari con un impatto economico su produzioni dal valore totale di
almeno due ordini di grandezza maggiore.
Il termine nanotecnologie ha tuttavia una valenza assai vasta che comprende concetti e sistemi
molto differenti tra loro, andando dai materiali strutturati o ingegnerizzati su scala nanometrica, o
comunque aventi al loro interno elementi di dimensioni nanometriche, alla strumentazione più
avanzata che consenta il controllo, o l'analisi, o la manipolazione della materia con precisioni
nanometriche, a dispositivi e sensori elettronici, o fotonici, o chimici di taglia nanometrica o
realizzati a partire da strutture nanometriche. E' chiaro che a una così grande varietà di strumenti e
tecnologie non può che corrispondere un altrettanto ampio ventaglio di aree di applicazione, che
vanno ad esempio dagli impieghi in biomedicina, alla microelettronica, a nuovi sistemi di raccolta e
immagazzinamento dell'energia, all'edilizia e all'industria meccanica e aerospaziale, alla cosmrtica,
etc.
Allo stato attuale il mercato delle nanotecnologie è in buona parte dominato dalla componente
"materiali" in cui nanoparticelle e nanostrutture trovano largo utilizzo sia per migliorare determinate
caratteristiche per esempio di resistenza meccanica, elasticità, ridotto attrito, etc. sia per conferire
nuove proprietà e funzionalità, per es. di impermeabilità, capacità di assorbire o dissociare molecole
65 inquinanti, etc., sia per ottenere particolari effetti di valenza estetica (all'aspetto, tatto, etc.). Si tratta
in larga parte di tecnologie che devono essere di basso costo e adatte a processi produttivi su larga
scala e grandi quantità, che spesso sono basate su processi chimici piuttosto che su tecniche di
nanofabbricazione top-down con metodi di stampo litografico.
Dall'altro lato i nanodispositivi stanno cominciando proprio in questi anni un significativo sviluppo
in senso commerciale, dopo aver rappresentato per parecchio tempo la frontiera della ricerca, in
particolare per quanto riguarda la fisica ed ingegneria dei semiconduttori e dei solidi più in
generale. Sistemi nano-elettromeccanici, laser e amplificatori a quantum dot, sensori molecolari,
nuove celle fotovoltaiche, etc. sono alcuni esempi delle classi di dispositivi innovativi che stanno
rapidamente affermandosi.
All’interno di questo contesto globale, come è già avvenuto in altre fase cruciali dell’innovazione
tecnologica, l’Italia mostra una buona presenza dal punto di vista scientifico, con un ruolo del tutto
competitivo anche in alcune regioni del mezzogiorno, ma è già visibile il ritardo nel trasferimento di
questa innovazione scientifica al mondo produttivo. Al riguardo sono significativi i dati che
mostrano il numero delle entità di ricerca e industriali che si dichiarano attive nel settore. Anche
prescindendo dai valori assoluti, il rapporto tra le entità attive nella ricerca e quelle produttive
mostra un vistoso squilibrio con i paesi più avanzati che documenta la difficoltà a tradurre in
impresa l’innovazione scientifica. Questo è un segnale di serio pericolo per il futuro sviluppo
economico del Paese ed un attento intervento attraverso tutti gli strumenti a livello nazionale e
regionale appare necessario e urgente.
In questo contesto, dovrebbe assumere una dichiarata enfasi la ricerca e l'innovazione sui sistemi
completi comprendenti gli elementi nanostrutturati quali piattaforme abilitanti. Questa enfasi sui
sistemi deriva da una valutazione di tipo strategico ovvero dalla necessità di puntare a prodotti ad
alto valore aggiunto per i quali l’estrema specializzazione e l’alta tecnologia garantiscano una
prospettiva di competitività a lungo termine. Le economie emergenti dell’oriente (Cina e India in
primo luogo) rappresenteranno con ogni probabilità dei competitori formidabili nella produzione
dei materiali nanostrutturati “grezzi”, di basso costo in grandi quantità, come naturale sviluppo
evolutivo dall’industria chimica. Come già per la precedente fase della microtecnologia, il nucleo di
mercato aggredibile dall’industria italiana sarà pertanto più facilmente individuabile nei sistemi
completi, che richiedano magari l’integrazione di tecnologie e funzionalità diverse, piuttosto che nei
singoli “componenti”.
2. Le politiche della ricerca
Il programma della comunità europea per la ricerca e l’innovazione (2014-2020) noto come
Horizon 2020 parte come presupposti da un’analisi delle problematiche socio-economiche europee
e delle sfide scientifico-tecnologiche che a queste problematiche possano dare risposta nell’arco
temporale preso in considerazione. Le strategie individuate si basano naturalmente su una
valutazione dell’impatto che le politiche di finanziamento alla ricerca hanno avuto sia a livello
europeo che di singoli stati nel corso dei “framework” precedenti. In questa direzione, le
nanotecnologie sono prese come “case study” per un confronto dell’efficacia degli interventi a
paragone di quanto avvenuto negli altri principali paesi tecnologicamente avanzati (Stati Uniti,
Giappone, Cina, etc.). Il panorama è ben rappresentato dalla tavola di Fig. 2.
66 Figura 2. Efficacia e frammentazione del supporto pubblico alla ricerca nel settore nanotecnologie
(sorgente “Impact Assessment Report” della Commissione Horizon 2020).
Come emerge chiaramente, l’Europa investe annualmente in questo settore chiave per la
competitività futura di molti settori industriali cifre di denaro pubblico superiori a qualunque altro
paese sviluppato od emergente (circa 1.5 miliardi di euro tra EC e singoli paesi, a fronte ad es. di
circa 1 miliardo negli Stati Uniti e 0.47 in Giappone). Tuttavia il trasferimento tecnologico di questa
intensa attività di R&D in innovazione industriale non è così efficace come ad es. negli Stati Uniti,
sia in termini di generazione di proprietà intellettuale, sia di prodotti basati su nanotecnologie
effettivamente introdotti sul mercato, per i quali un recente inventario compilato dal Woodrow
Wilson International Centre ne identifica oltre il 50% di origine statunitense, 24% asiatica e solo un
15% europea. Le cause principali di queste difficoltà sono identificate nella frammentazione del
finanziamento pubblico, nella scarsa percentuale di strumenti collaborativi, e nella mancanza di
coordinazione tra azioni di supporto locali, nazionali, ed internazionali.
Il programma Horizon 2020 è articolato in tre priorità: eccellenza scientifica, leadership industriale
e sfide sociali. Il ruolo delle nanotecnologie è chiaramente esplicitato quale cruciale tecnologia
abilitante per l’industria e per una risposta diretta ad alcune delle sfide per lo sviluppo della società
individuate nelle strategie di Europa 2020 e nelle iniziative bandiera.
La prima “European Strategy for Nanotechnology” è stata definita nel 2004, subito seguita nel 2005
dal Nano Action Plan che ha consolidato gli sforzi di ricerca in tre cluster tematici: nanomedicina,
energia/ambiente e ICT. Altre aree stanno emergendo prepotentemente in particolare legate alle
costruzioni (efficienza energetica degli edifici, metodi e materiali più affidabili, tecniche di
customizzazione, etc.), al tessile, al cosmetico e alla sicurezza. I nanomateriali sono identificati
come una caratteristica trasversale che interessa tutti i cluster e le nuove direzioni di sviluppo.
Un’analisi della Commissione Europea del 2011 sui progetti europei di maggior successo in ambito
nanotecnologico individua lo sviluppo di nanosensori come uno dei percorsi più promettenti, che
spazia dal monitoraggio di eventi biologici a livello cellulare, al controllo dell’inquinamento
dell’aria e delle acque, alla salute delle coltivazioni, ai controlli di sicurezza per la rivelazione di
agenti patogeni e biochimici, all’integrazione dei sensori in abiti etc. per il monitoraggio costante di
importanti parametri e funzioni vitali. In parallelo viene evidenziato lo sviluppo di nanomateriali
67 con applicazioni che vanno dalla cattura delle emissioni di CO2, al filtraggio della acque, alla
realizzazione di batterie ad alta densità energetica e super-condensatori. Viene sottolineata inoltre
l’importanza dei programmi di ricerca sull’impatto ambientale e la sicurezza per la salute
dell’utilizzo su larga scala dei nanomateriali, nonché della definizione di normative e standard per
regolamentarne sia le procedure di produzione, che manutenzione e smaltimento.
Il Programma Nazionale della Ricerca (PNR 2011-2013) italiano riprende in buona parte le
considerazioni e linee di intervento sviluppate a livello comunitario. Le nanoscienze sono infatti
esplicitamente menzionate come una delle aree tematiche individuate come prioritarie per la
competitività dell’industria italiana. Il settore è poi declinato in una lista molto esaustiva e definita
delle direzioni in cui la ricerca italiana è maggiormente competitiva presentando al contempo la
possibilità di interessanti ricadute applicative e commerciali:
1- Nanotecnologie per i sistemi produttivi: nanopolveri, compositi e filler, reliability a
nanoscala, analisi in situ a nanoscala, tribo-active materials (self lubricant, self healing, ecc).
2- Nanotecnologie per l’ambiente: nanomembrane, nanocatalisi, sensoristica avanzata, tossicità
e sicurezza dei sistemi nano, sistemi autopulenti.
3- Nanotecnologie per cibo/agricoltura: early detection di contaminanti, packaging con barriere
permeabili, antibatteriche, coating commestibili, catalisi dell’acqua.
4- Nanotecnologie per l’energia: fotovoltaico plastico e di nuova generazione, fuel cells,
batterie e supercapacitors, sistemi termoelettrici, sistemi nanostrutturati per produzione di
idrogeno, energy harvesting;
5- Nanotecnologie per elettronica. Analisi e caratterizzazioni a nanoscala, manipolazione a
nanoscala, new materials by design: dispositivi spintronici e plasmonici, quantum
information e sistemi a pochi fotoni.
6- Nanomedicina. Diagnostica precoce e ad alta risoluzione, diagnostiche precoci genomiche e
proteomiche, rilascio di medicinali controllato in situ, processi rigenerativi: cellule
staminali, scaffold technologies.
7- Nanomateriali. Nanocompositi per applicazioni diverse, Smart materials: biodegradabili,
biocompatibili, a bagnabilità controllata; filtri e membrane intelligenti,
Dal momento che tutte queste linee di ricerca sono fortemente interconnesse (con una suddivisione
se vogliamo in parte arbitraria) è chiaramente evidenziata l’importanza di rafforzare i programmi
interdisciplinari sviluppati in centri di grande massa critica e con forte interazione di scienziati e
metodologie di diversa origine tecnico-scientifica.
Il PNR, pertanto, correttamente sottolinea la necessità di concentrare le risorse su pochi grandi
interventi, dove soggetti pubblici e privati operano con obiettivi condivisi di sviluppo tecnologico,
interventi caratterizzati da grande qualità scientifica di livello internazionale; medio e lungo
orizzonte temporale; attendibile e verificabile capacità di generare valore industriale, favorendo la
crescita e lo sviluppo di una industria innovativa e di una forte capacità competitiva; consistente
capacità di impiegare il migliore capitale umano disponibile, puntando anche a generare
occupazione di alto profilo professionale.
Tenuto conto di questi obiettivi, i Distretti ad Alta Tecnologia, esistenti e di nuova creazione, così
come i Laboratori Pubblico-Privati, rivestono un ruolo strategico di fondamentale importanza e
68 diventa cruciale operare delle scelte che massimizzino le sinergie con le eccellenze scientifiche e i
punti di forza industriale non solo nel mezzogiorno ma a livello nazionale.
Una dettagliata analisi delle realtà presenti nel settore delle nanotecnologie nelle quattro regioni
della convergenza mostra una situazione molto variegata con alcuni punti di assoluta competitività a
livello internazionale. Deve anche essere riconosciuta la presenza del supporto statale, attraverso
varie misure, nelle realtà più significative in questo settore. Le nanotecnologie sono state oggetto di
specifiche iniziative ministeriali, regionali e europee che hanno reso infatti disponibili significative
risorse. Per la Calabria emerge quale punto di riferimento più consolidato del panorama regionale
l’Università della Calabria con i suoi centri e le sue iniziative imprenditoriali collegate. A questa
realtà, in tempi più recenti, si è affiancata l’Università della Magna Grecia che ha avviato con
determinazione attività in ambito nanobiotecnologico. Questi centri di ricerca mostrano una
notevole dinamica e competitività e una particolare attenzione alle ricadute applicative e industriali.
La regione Campania presenta numerose presenze di rilievo sia dal punto di vista delle strutture
pubbliche che delle strutture private. Una leadership forte va chiaramente riconosciuta al settore dei
materiali che si avvantaggia della presenza di un Distretto ad Alta Tecnologia (di cui sono attori
importanti il CNR, le Università, e varie realtà industriali) focalizzato in particolare sui materiali
polimerici per svariate applicazioni, tra cui quelle nel settore aerospaziale e dei trasporti sono di
primario interesse visto il peso rilevante delle grandi industrie campane in questo settore. Inoltre è
di particolare rilevanza la presenza in ambito biomedico con realtà molto innovative ben radicate
sul territorio. Per quanto riguarda la Puglia, diverse realtà contribuiscono a rendere questa regione
particolarmente attiva e in posizione di preminenza nell’area nanotecnologia. Il National
Nanotechnology Lab (NNL) a Lecce è senza dubbio il punto di riferimento del know how nel
panorama regionale. NNL risulta estremamente attivo in tutti i settori tecnologici identificati con
una consolidata competitività a livello internazionale. Inoltre, NNL ha nel tempo generato
interessanti iniziative imprenditoriali collegate ed opera in stretto contatto con realtà istituzionali
(Università, Istituti di Ricerca) regionali (in particolare il Dipartimento di Ingegneria
dell’Innovazione dell’Università del Salento) e nazionali (CNR, Università). Accanto ad NNL,
un’altra realtà di grande rilievo è costituita dall’Università di Bari, in particolare il Dipartimento di
Chimica, dove numerosi gruppi di ricerca sono impegnati progetti di ambito nanotecnologico di
scala nazionale ed europea. Tutti questi centri mostrano molta attenzione alle ricadute applicative ed
industriali, testimoniate dalla intensa attività brevettuale e di creazione di realtà produttive, queste
ultime concentrate massimamente sullo sviluppo dei risultati di ricerca. Inoltre, occorre notare che
in Puglia rilevanti realtà nazionali hanno distaccamenti (in particolare nelle zona di Brindisi) che
operano in stretto contatto con operatori istituzionali o industriali locali per la valorizzazione dei
risultati della ricerca. L’attività in ambito nanotecnologico in Sicilia trova grande impulso dalla
presenza a Catania di un importante centro produttivo e R&D di ST Microlectronics, azienda leader
in Europa per quanto riguarda componenti elettronici e dispositivi/sistemi a semiconduttore
correlati (sensori etc.). Insieme ai 3 atenei dell’isola (Catania, Messina, Palermo) in cui si concentra
la parte dominante dell’attività di ricerca siciliana, ha dato vita nel 2005, col supporto di MIUR e
Regione Sicilia, al Distretto Tecnologico Micro e Nanosistemi che si propone di incentivare
formazione e ricerca, e promuovere lo sviluppo industriale in questo settore. In tutti e tre gli atenei
sono inoltre attivi gruppi affiliati al Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e
Tecnologia dei Materiali ed anche il CNR figura in posizione centrale nelle nanotecnologie siciliane
69 con ben tre istituti impegnati attivamente. In generale gli ambiti principali di studio riguardano
soprattutto nanostrutture per la fotonica e nanoelettronica basata sul silicio e per applicazioni di
conversione energetica (celle fotovoltaiche, materiali fotocatalitici, ecc.).
70 Analisi settoriale: Area Energia e ambiente Romano Giglioli Università di Pisa-­‐DESTEC 71 1. Analisi prospettica del settore.
Il settore in analisi “Energia e Ambiente” è indubbiamente molto ampio, pertanto
l’analisi prospettica sarà limitata ai processi Fonte-Utilizzazione dell’energia e
all’interazione con il territorio per una corretta utilizzazione e valorizzazione delle
risorse locali e per il mantenimento degli ambienti naturali.
Chiave dell’analisi è la sostenibilità energetico-ambientale delle tecnologie impiegate
nei processi produttivi ed il mantenimento del territorio, avendo ben presente che
l’acqua ed il legno sono risorse rinnovabili.
1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi venti anni.
Le analisi prospettiche (o di “visione”) sviluppate dai vari organismi mondiali quali
l’ONU, IEA, OCSE, UE, ecc. esprimono obbiettivi quali la sostenibilità, la riduzione
dei cambiamenti climatici e, in molti casi, anche la sicurezza degli
approvvigionamenti e la liberalizzazione dei mercati.
Parole chiave di questa visione sono: flessibilità, accessibilità, affidabilità ed
efficienza. Esse sono state recepite con forza dall’Unione Europea che punta a
realizzare una stretta sinergia tra le tre dimensioni: economica, sociale ed ambientale.
Negli ultimi venti anni diversi paradigmi nell’ambito energetico-ambientale sono
cambiati.
C’è, in primis, un cambiamento di paradigma nella produzione dell’energia elettrica:
da una produzione centralizzata con impianti di grandi dimensioni in grado di
sfruttare l’economia di scala ed i miglioramenti nell’efficienza delle trasformazioni
energetiche, verso una generazione di più piccola taglia e distribuita sul territorio in
grado di accedere e sfruttare meglio le fonti rinnovabili, di utilizzare meglio la
potenzialità energetica delle fonti fossili con le nuove tecnologie co-trigenerative e di
essere meglio accettata dal contesto sociale.
72 C’è in generale una maggiore penetrazione del vettore elettrico e uno spostamento da
una produzione elettrica da petrolio, carbone e nucleare ad un utilizzo del gas
naturale, conseguenza dell’abbondanza di quest’ultima fonte (vedasi anche la recente
produzione di shale gas), del basso costo unitario degli impianti a ciclo combinato e
della loro alta efficienza energetica e ridotta interferenza ambientale. Anche negli usi
industriali termici c’è una progressiva sostituzione del petrolio e del carbone con il
gas naturale e l’elettrico.
Si assiste, quindi, ad una specializzazione dell’uso del petrolio per la mobilità
(attraverso i suoi derivati) e, contemporaneamente, allo svilupparsi di una
competitività da parte del gas e dell’elettrico per lo stesso uso finale.
La generazione distribuita e l’uso più intensivo del gas naturale sono, quindi, il
risultato dell’azione contemporanea dell’economia di mercato e degli accordi
internazionali volti a ridurre l’emissione dei gas climalteranti (decarbonizzazione). In
questo senso c’è un’azione importante nel miglioramento dell’efficienza energetica
dei processi di trasformazione dell’energia e di quelli produttivi con uno sviluppo di
tecnologie innovative sui singoli componenti e sui sistemi.
In ambito ambientale molta attenzione, otre che alle emissioni, è rivolta al ciclo
dell’acqua nei suoi usi civili, industriali ed agricoli ed al mantenimento degli
ambienti naturali (manutenzione e mantenimento delle aree boschive-forestali,
mantenimento della biodiversità).
Parallelamente, in virtù del passaggio dalla tecnologia dell’analogico a quella del
digitale, si sta assistendo ad uno sviluppo dei sistemi per l’informazione e della
sensoristica, sempre più capillari e a basso costo, questo permette un’interazione
produzione-ambiente-utilizzazione molto più immediata e “facile”, nonché un
monitoraggio ed un controllo “in tempo reale” dei processi e dello stato
dell’ambiente.
In questo scenario, sul piano economico-gestionale, si sta affermando il libero
mercato dell’energia in cui le funzioni dei sistemi produzione, trasporto, distribuzione
nonché la commercializzazione dei prodotti energia, sono gestite da soggetti diversi i
quali si relazionano con l’utente finale in maniera molto più articolata della semplice
“emissione e pagamento di fatture”, prassi storicamente consolidata.
73 Tutto ciò ha portato ad una profonda ridefinizione del ruolo delle reti (sia quelle
fisiche che quelle logistiche): da sistemi per il trasferimento del prodotto (energia,
acqua, ecc.) ad infrastrutture autonome cui produttori e utilizzatori possono
liberamente accedere per scambiarsi il prodotto nelle quantità e qualità convenute
attraverso transazioni commerciali. Quest’ultime spesso non tengono nel dovuto
conto gli aspetti fisici del funzionamento dell’intero sistema, tanto da poter
individuare due flussi poco correlati: quello fisico dei prodotti e quello economico.
È in questo contesto che alle reti si sta chiedendo di essere anche “intelligenti”. La
Comunità Europea e molte altre nazioni del Mondo, hanno fatto propria questa nuova
visione del ruolo delle reti e stanno incentivando studi e reali trasformazioni dei
sistemi fonte-utilizzazione. In questa fase emerge una centralità delle reti di
distribuzione dovuta all’obbiettivo di finalizzare la gestione dei sistemi verso
l’obiettivo più generale dello sviluppo sostenibile e verso l’espletamento di un
servizio orientato al soddisfacimento dei bisogni dei “clienti-utenti” delle reti, siano
essi produttori che utilizzatori. Ne è un significativo esempio quanto esprimeva la
European Technology Platform (ETP) Smart Grids: “Smart Grids will use
revolutionary new technologies, products and services to create strongly user-centric
approach for all customers”.
È quindi in atto una trasformazione profonda delle infrastrutture, in particolare quelle
di distribuzione dell’energia che, da semplici terminazioni passive adibite al
trasferimento e alla parcellizzazione dell’energia all’utenza, dovranno assumere gli
ulteriori ruoli di “collettori” dell’energia prodotta dai sistemi di produzione (elettrica,
termica, gas metano, ecc.) distribuita e di strutture in grado di dialogare con i soggetti
attivi e passivi connessi in modo da garantire una gestione “intelligente” dei flussi
energetici.
Il XX secolo, demograficamente, si è caratterizzato per la migrazione dalla campagna
verso la città: tendenza che si mantiene consistente anche nel XXI secolo. Il 2007 è
l’anno in cui si stima che più del 50% della popolazione mondiale viva nelle città e
nel 2050, anno in cui è previsto di raggiungere il picco della popolazione mondiale a
circa 9 miliardi, i due terzi vivranno in città (6 miliardi). Le città sono state
storicamente luoghi di scambio (di merci e di conoscenze), di innovazione, di cultura
e sede di governance. Attualmente, con previsione di crescita, sono anche luoghi di
grande consumo.
74 A livello sociale negli ultimi decenni si è consolidato il paradigma della “centralità
della città” espresso prima come “Smart Cities”, quindi come “Smart Communities”.
Nell’incipit del rapporto WEC “Energy and Urban Innovation” è riportato: “People
generally prefer to be in a city slum rather than in a remote rural area, as the city
provides more economic opportunities and better health and education benefits”, ed
evidenzia come la città sia luogo di maggiori opportunità.
Storicamente comunque la città ha sempre prodotto innovazione: le comunità
“intelligenti”, è quanto oggi a livello mondiale ed europeo in particolare si
incoraggia. Il Commissario per l’Energia Günther Oettinger le definisce “integrate e
sostenibili in grado di offrire energia pulita e sicura a prezzi accessibili ai cittadini,
ridurre i consumi e creare nuovi mercati in Europa e altrove”. La formula individuata
associa l’utilizzo più razionale delle risorse all’integrazione delle tecnologie pulite e,
nell’ambito europeo, l’interesse è focalizzato sulle città di medie dimensioni (con un
numero di abitanti tra 100.000 e 500.000). “Smart Cities” che possono trovare il loro
punto di forza proprio nelle ridotte dimensioni territoriali. Sono città in grado di
incidere sulla qualità urbana in termini economici, sociali, gestionali, culturali,
ambientali. Le città consumano il 70% dell’energia dell'UE. Su questo enorme
quantità le istituzioni europee fanno leva per ridurre del 20% le emissioni entro il
2020 e al contempo sviluppare un'economia “low carbon” entro il 2050.
Le attuali reti (per l’energia, l’acqua, ecc.) nei paesi economicamente più avanzati
sono il frutto della stratificazione storica dei successivi ampliamenti dei sistemi a
seguito della domanda crescente. Pertanto sono, in buona misura, “vecchi” se
paragonati a ciò che offrono oggi le più moderne tecnologie del settore. Rinnovarli
comporta ingenti investimenti e, non sempre, il gestore è disposto ad affrontarli se
non nella misura in cui ciò gli permetta di avere un beneficio economico-gestionale
con un ritorno in tempi sufficientemente brevi. Questo sta avvenendo, ad esempio,
con l’aumento dell’automazione nelle reti per ridurre i costi di conduzione ed i tempi
di intervento sui guasti (migliorando anche la qualità di sistema in termini di
riduzione di mancata fornitura), con l’introduzione di “contatori intelligenti”, ecc.
Tutte azioni di sicuro ammodernamento delle reti ma ancora lontane dal renderle
“intelligenti”.
Sviluppare “intelligenza” richiede l’inserimento di un capillare monitoraggio, potenti
sistemi di comunicazione e di controllo, sistemi di compensazione dei flussi e della
qualità di prodotto, in grado di permettere alla struttura, ad esempio, di gestirsi in
isola, di riconfigurare la propria topologia ed il collegamento con le altre reti in
75 relazione alla gestione ottimale dei flussi di prodotto, di saper dialogare con i soggetti
connessi, gestire possibili mercati locali del prodotto, ecc.
È comunque questa una via che porta a mantenere la centralità del gestore della rete
durante la trasformazione e a obiettivo raggiunto.
A livello internazionale si sta proponendo una seconda via: quella della costituzione
di “smart microgrids”. Sono delle reti locali che si sviluppano attorno a piccole
produzioni in grado di cooperare con utilizzatori “intelligenti”, di rendere
autosufficiente l’area e di potersi interconnettere con altre reti analoghe o con reti di
grandi dimensioni. Sono, in un certo senso, degli incubatori di smart grid. La
formazione di molte di queste reti (peraltro attualmente non sempre possibili in
relazione alle normative vigenti nei singoli paesi) e la loro interconnessione
porterebbe poi a costituire una rete “intelligente” di grandi dimensioni. Quindi uno
sviluppo “dal basso” che può entrare in competizione con la centralità degli attuali
gestori delle reti.
A titolo di esempio, solo per le reti elettriche, l’applicazione di nuove tecnologie alle
reti per farle diventare “intelligenti” si stima sia un mercato da circa 1500 miliardi di
$ nei prossimi 20 anni. Per le altre reti, gas, termiche, acqua, ecc., pur non avendo
stime attendibili, si può ritenere di mettere in gioco volumi di mercato molto più
grandi di quelle elettriche.
In termini di tecnologie emergenti si può sintetizzare:
- le tecnologie per le conversioni energetiche da fonti rinnovabili per la
produzione di energia elettrica, termica e potenziale chimica (biocombustibili e
biocarburanti), con particolare attenzione a quelle in grado di diventare nel
breve termine competitive con le fossili (per esempio: eolico, solare
fotovoltaico e termico, biocarburanti di seconda e terza generazione),
- le tecnologie per le conversioni da fonte fossile indirizzate ad ottenere sistemi
più efficienti e a ridotta interferenza ambientale (carbone pulito e CCS) e più
flessibili (per essere più adatti a compensare la variabilità e l’aleatorietà delle
fonti rinnovabili),
- le tecnologie per le “reti intelligenti” declinabili in sensoristica innovativa,
automazione, metering, sistemi di monitoraggio ed informatici dedicati,
- le tecnologie per l’accumulo gestionale dell’energia ed i sistemi di gestione, sia
per i sistemi fissi che per quelli mobili,
- le tecnologie per il miglioramento dell’efficienza nelle conversioni finali
dell’energia, per i recuperi e per la razionalizzazione dell’uso,
76 - le tecnologie per upstream del gas e del petrolio con particolare attenzione
all’off-share,
- le tecnologie per il midstream per la produzione di carburanti da petrolio o di
sintesi di qualità elevata in grado di garantire una maggiore efficienza di
conversione e un minore impatto ambientale,
- le tecnologie per il ciclo delle acque per la gestione dei profili della pressione,
riduzione delle perdite (sia fisiche che amministrative), mantenimento della
qualità del prodotto, depurazione e riutilizzo, recupero e riduzione dei consumi
energetici,
- le tecnologie per il mantenimento del territorio in particolare la manutenzione
delle aree boschivo-forestali (macchine per il taglio, per la produzione di legno
da opera e di combustibili solidi come pellet, cippato).
1.2. I paesi e le industrie leader del settore.
La rilevanza mondiale del settore è scontata: l’energia è il prodotto più
commercializzato nel mondo.
Accanto alle grandi compagnie dell’upstream, l’industria del settore (sistemi e
dispositivi per i processi fonte-utilizzazione) è dominata da grandi aziende
multinazionali (come General Electric, SIMENS, AREVA, MITSUBISHI, ecc.)
rappresentative di tre aree geografiche America del Nord, Europa, Est Asia
(Giappone, Corea del sud e una più recente Cina).
Un ruolo importante è svolto dai grandi gestori delle reti (elettriche, gas, logistica
del petrolio e derivati) e degli impianti di trasformazione (centrali elettriche,
raffinerie, ecc.) che condizionano (qualche volta stimolano) lo sviluppo
tecnologico dei componenti e sistemi e indirizzano un indotto numerosissimo di
medie piccole aziende.
Anche nell’ambito “consumer”, produzione dell’enorme quantitativo di dispositivi
per l’uso finale dell’energia e dei sistemi di utenza, emerge la stessa “geografia
industriale” indicata in precedenza con grandi gruppi multinazionali dominanti e
una “infinità” di medie e piccole industrie e artigiani dediti all’impiantistica, alla
manutenzione e alle produzioni di piccola serie.
Il settore ambientale, nello specifico quello trattato del ciclo delle acque e della
manutenzione forestale, presenta, nella maggior parte dei casi, sistemi “piccoli”
77 fortemente localizzati a servizio di territori limitati per quanto riguarda le aziende
di gestione (anche se in numero ridotto nel settore del ciclo delle acque esistono
alcune grandi multinazionali come Suex Lyonnaise des eaux, Veolia, ecc.).
La nazione leader per l’industria del ciclo dell’acqua è la Francia, per la
manutenzione forestale sono la Germania ed il Canada.
A completamento di questa breve analisi nella figura seguente è riportata la tavola
di confronto, estratta dal documento di Horizon 2020 della UE, della leadership
sulle tecnologie emergenti nei vari settori tra le principali aree del mondo più
attive nella ricerca e innovazione: Europa, Asia e Nord America.
78 1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca.
La politica energetica nazionale è, pur nella propria autonomia di stato, molto legata a
quella Europea di cui ha recepito gli obiettivi a medio e lungo termine. Il mix
energetico nazionale è molto sbilanciato sul gas naturale ed è completamente assente
il nucleare. In questi ultimi anni vi è stato un notevole incremento di produzione da
rinnovabile di energia elettrica e una buona azione sull’uso razionale dell’energia.
La presenza storica di due grandi società per l’energia elettrica e per “l’oil &gas” ha
creato un forte indotto per la produzione di dispositivi e sistemi per l’energia che si è
affiancato alle società manifatturiere del settore elettromeccanico, idraulico,
termomeccanico sia nazionali che multinazionali, anch’esse storicamente presenti a
livello nazionale.
L’Italia presenta una leadership in alcuni settori chiave quali la costruzione di grandi
pipeline (in particolare gasdotti), elettrodotti e di tutta la componentistica associata,
ha importanti primati anche nella costruzione di centrali termoelettriche e della
relativa componentistica. Ha sviluppato, inoltre, una notevole capacità di gestione dei
grandi sistemi per l’energia quali le reti di trasporto e di distribuzione, tanto da avere
una leadership indiscussa a livello internazionale sulle “smart grid” (principalmente
le reti elettriche, ma più di recente anche quelle del gas naturale), che a sua volta ha
fatto sviluppare un indotto di componentistica e sistemi di controllo molto attivo e
capace di innovazione, presupposto per avere un ruolo importante nel mercato
internazionale del settore, molto ampio come detto in precedenza.
In ambito processi energetici da fonti rinnovabili si è assistito in questi ultimi anni ad
una crescente attività con la nascita e la trasformazione di molte piccole e medie
società dedite, fondamentalmente, alla preparazione di progetti e permitting,
all’assemblaggio e costruzione di impianti: attività stimolate dagli ampi margini
economici in relazione ai consistenti incentivi alla produzione da fonte rinnovabile.
La riduzione degli incentivi alla produzione e la loro eliminazione a breve sta
ridimensionando il settore con una forte riduzione delle aziende operanti. L’eredità di
questa situazione è comunque positiva poiché alcune aziende, non dedite solo ad
approfittare della contingenza favorevole, hanno investito gli alti margini di
guadagno in innovazione e perfezionamento di prodotto riuscendo ad occupare spazi
79 importanti sui mercati internazionali. E’ il caso dei costruttori di inverter, di sistemi
di gestione, di solare termodinamico, di solare a film sottile semitrasparente, di eolico
e, principalmente, minieolico, caldaie e piccoli impianti a biomassa, ORC.
Recentemente si nota, anche, un interesse industriale, con investimenti in ricerca e
sviluppo, ai sistemi di accumulo elettrochimico e termico, nonché alla produzione di
sistemi per biocombustibili di seconda e terza generazione.
Nel settore dell’uso razionale e recupero dell’energia l’industria nazionale si è
distinta per la produzione di innovativi sistemi ORC e cogenerativi, nei sistemi di
recupero energetico dei fluidi in movimento (acquedotti, distribuzione del gas, ecc.),
nei sistemi per la produzione di calore e freddo con pompa di calore con riferimento
geologico e da fonti geotermiche a bassa o media temperatura. Si nota, inoltre, un
interesse industriale nella produzione di sistemi per l’illuminazione e corpi
illuminanti con LED, nelle strutture per l’integrazione architettonica di pannelli
fotovoltaici o solari termici, di sistemi di gestione dell’utenze energetiche negli
edifici.
Il sistema universitario e dell’alta formazione nazionale sta contribuendo ad una
formazione specializzata nel settore con offerte di master di primo e secondo livello
con contenuti tecnici settoriali e con contenuti economico-gestionali, mentre in
ambito formativo più rivolto alla ricerca e sviluppo sta indirizzando parte degli allievi
di corsi di dottorato a specializzarsi acquisendo competenze specifiche del settore. In
ambito industriale c’è stato, e continua ad esserci, una riqualificazione del personale
progettista e delle vendite, quest’ultimi anche in funzione di dover agire
principalmente sui mercati internazionali, più scarsa è stata la riqualificazione della
manodopera produttiva ad eccezione dei montatori e collaudatori.
Nelle Università le aree culturali delle scienze applicate, quali Ingegneria, Agraria, e
delle scienze, quali Geologia, Chimica, Biologia, Fisica, stanno contribuendo alla
ricerca del settore con attività teoriche e sperimentali anche attraverso la costituzione
di spin-off specifici o alla creazione di centri specializzati (Environment Park,
CRIBE, ecc.). Il CNR e l’ENEA hanno centri di eccellenza nel settore quali, a titolo
di esempio, l’Istituto Motori, l’INVALSI (biomasse), il centro di Portici per il solare
e quello della Trisaia per le biomasse e solare termico. Anche in ambito industriale
sono presenti importanti centri di ricerca come quelli di ENEL, ENI, FIAT o di
80 strutture partecipate come il CESI, con laboratori presenti su tutto il territorio
nazionale e con forti legami internazionali.
In sintesi il sistema della ricerca nazionale, sia pubblico che privato, è notevole e
presenta eccellenze riconosciute a livello internazionale. Occorre però notare che
l’insieme è numericamente e strutturalmente consistente ma non coordinato,
perdendo, quindi, la capacità di presentarsi con quella “massa critica” necessaria per
candidarsi, sia a livello nazionale che internazionale, a sviluppare e gestire grandi
progetti multidisciplinari.
1.4. Le regioni della coesione: lo stato dell’offerta.
In ambito energetico, l’area meridionale italiana, ha importanti infrastrutture in
consistente espansione a seguito dell’ attuazione dei programmi nazionali, e anche di
quelli europei, per incrementare la capacità di approvvigionamento (principalmente
gas) e di interscambio dell’energia elettrica con le aree dell’est Europa e del nord
Africa. L’obiettivo prospettico, presente anche nel documento di Strategia Energetica
Nazionale (SEN), di candidare l’Italia ad essere un “hub energetico”, in particolare
per il gas naturale, e un nodo importante per “l’anello elettrico del mediterraneo”,
vede le regioni della convergenza in un ruolo di primo piano.
Nelle regioni in considerazione hanno sede importanti impianti nazionali di
estrazione idrocarburi e grandi impianti di trasformazione quali raffinerie e centrali
elettriche.
Ciò ha indotto, e continua a produrre, un apprezzabile sviluppo economico in attività
di conduzione e di servizio di queste strutture la cui proprietà è, nella quasi totalità
dei casi, di grandi aziende multinazionali. E’, peraltro, da notare che quest’ultime
poco si avvalgono delle realtà locali presenti (o sviluppabili, se supportate da
un’adeguata committenza), in merito alla utilizzazione delle capacità e delle
competenze in ricerca, sviluppo, progettazione e realizzazione dei componenti e
sottosistemi ad alto contenuto tecnologico.
Per la posizione geografica, la conformazione orografica e naturalistica, l’area delle
regioni della convergenza è caratterizzata dalla presenza di fonti di energia
rinnovabili con un rilevante potenziale energetico, che si estrinseca nell’eolico, nel
81 solare, e, con minore capacità, anche nelle biomasse, nel geotermico e nell’idraulico.
Lo sfruttamento di queste potenzialità sta facendo sviluppare, ed è in continua
crescita, un’attività economica correlata alla realizzazione e alla gestione degli
impianti necessari allo scopo.
L’area presenta anche importanti infrastrutture per la gestione del ciclo delle acque e
contemporaneamente zone in cui è fondamentale, per la qualità della vita e
l’economia, svilupparne o migliorare quelle esistenti. Presenta inoltre ampie superfici
boschive ed un’importante attività agricola.
In relazione alla capacità di ricerca ed innovazione l’area delle regioni della
convergenza presenta un buon tessuto di università e di centri di ricerca. Essi sono
portatori di un’economia legata alla formazione ed alla ricerca e, in collaborazione
con strutture pubbliche e private, stanno stimolando la costituzione di spin-off
produttivi.
E’, però, da notare che, probabilmente per la mancanza di un forte ed attivo tessuto
industriale, le attività di ricerca sono prevalentemente a carattere speculativo e,
raramente, dimostrativo, scarsa è l’attività di trasferimento industriale (con qualche
eccezione in Puglia e Campania) e di deposito di brevetti. Anche qui, come a livello
nazionale, è scarsa la capacità di coordinamento tra strutture per costituire quella
massa critica per sviluppare e gestire grandi progetti.
In questo contesto il settore industriale è caratterizzato da alcuni grandi stabilimenti
manifatturieri, come premesso, e da un tessuto di medie e piccole imprese più
“denso” nelle regioni Puglia e Campania e nella Sicilia (in particolare Catania e
recentemente Agrigento). E’ da rimarcare che, con poche eccezioni in Puglia e
Campania, è difficile individuare dei veri e propri distretti industriali caratterizzabili
con attività prevalenti e servizi adeguati, né si riscontrano sul territorio delle reali
organizzazioni a rete con la messa a sistema di competenze diverse e complementari
rispetto ad un dato obiettivo.
Questa situazione generale fa emergere il dato di scarsa attrattività dell’area per gli
investimenti in processi produttivi manifatturieri. Si possono però individuare medie
imprese con cui aggregare strutture produttive specializzate: attività sviluppabile nei
distretti con opportuna governance, ostacolo maggiore “la diffidenza” dei piccoli
imprenditori.
82 Esiste una discreta potenzialità per lo sviluppo di una parte della filiera del solare
(non la produzione del silicio) e di macchine a fluido (sia gassoso che liquido). Esiste
anche una discreta potenzialità per le macchine per la produzione del calore da
biomassa e da solare e sistemi di accumulo del caldo e del freddo.
Nell’area si può osservare una buona potenzialità per sviluppare e produrre
dispositivi di processo e di recupero e sistemi di monitoraggio per il ciclo delle acque.
Analogamente vi è una discreta potenzialità per lo sviluppo di macchine e tecniche di
manutenzione forestale in territori “difficili” come accesso oltre alla possibilità di
sviluppare macchine e processi per la produzione dei pellet da scarti di legno ed
agricoli.
Esiste anche una discreta potenzialità per lo sviluppo e la produzione di sistemi di
previsione metereologiche da impiegare per la gestione delle FER e del territorio.
Lo sviluppo di nuovi materiali in relazione alle strutture esistenti in Campania e
Puglia potrebbe portare ad un indotto industriale in ambito FER interessante.
83 Analisi settoriale: Area ICT e Security Luca Benini Università di Bologna 84 1. Analisi prospettica del settore
Il settore ICT rappresenta nel suo complesso il 4.8% dell’economia europea ed è
caratterizzato da una alta propensione agli investimenti in ricerca e sviluppo. Infatti il
25% di total business expenditure in Research and Development (R&D) è nel settore
ICT, Il valore strategico e abilitante delle tecnologie ICT è evidente: gli investimenti
in ICT hanno sono alla base di ben il 50% della crescita di produttività europea
[FACT SHEET2012]. La capacità dell’ICT di generare crescita in modo trasversale
deve confrontarsi e adattarsi ai macro-trends globali che si sono evidenziati
fortemente negli ultimi anni.
A livello macro-economico, gli ultimi anni sono caratterizzati da forti turbolenze
finanziarie e dal fenomeno
della polarizzazione tra economie emergenti e
avanzate. Le prime sono dinamiche, con una popolazione consistente e giovane ed
elevate opportunità da cogliere; le seconde, tra cui quelle europee ed italiana in
particolare, in difficoltà, indebitate, con popolazione in progressivo invecchiamento e
mercati interni a bassissimo tasso di crescita. Questo sbilanciamento emerge
chiaramente nella distribuzione della ricchezza interna dei diversi paesi e nei trend
relativi. Le proiezioni di Oxford Economics mostrano per il 2020 uno scenario
relativo alla crescita della ricchezza interna costituito per il 57% dai paesi emergenti,
grazie a un tasso di crescita medio annuo pari al 5,4% [ANCI2012]. E’ chiaro quindi
che anche il settore ICT, tradizionalmente focalizzato sia a livello di players che a
livello di customers sulle economie sviluppate, deve confrontarsi con uno
sbilanciamento crescente della crescita verso economie emergenti.
Un secondo fenomeno globale, evidente e confermato della polarizzazione per aree
geografiche, riguarda le città. Secondo lo studio The New Economics of Cities condotto da The Climate Group, Arup, Accenture, Horizon University of Nottingham
– ammonteranno a 5 miliardi le persone che nel 2020 abiteranno nelle città, con
evidenti impatti in termini di qualità della vita, sostenibilità ambientale, mobilità,
consumo energetico e idrico. Ciò sta determinando un crescente interesse verso la
gestione complessiva delle città, con un forte utilizzo di ICT (smart city) e,
soprattutto, con una visione olistica, in cui la governance strutturata diventa fattore
abilitante. Infatti, le risposte che si stanno fornendo a soluzione di una così elevata
complessità sono indirizzate a soddisfare almeno tre grandi obiettivi: sostenibilità e
prosperità economica; vivibilità e sicurezza; salvaguardia dell’ambiente.
85 1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive
Possiamo identificare tre mega-trend emergenti negli ultimi anni, fortemente legati
alle evoluzioni tecnologiche in ambito ICT in un circolo virtuoso. in cui le evoluzioni
tecnologiche abilitano nuove applicazioni che a loro volta pongono nuovi requisiti e
sfide che fungono da propellente per lo sviluppo delle tecnologie. In primo luogo, la
mobilità esigente, o smart mobility. L’aumento esponenziale del numero di
smartphone in tutto il mondo consentirà il sorpasso sui PC ma, soprattutto, genererà
presso gli utilizzatori il bisogno di effettuare in mobilità tutte le attività cui sono
abituati. La mobilità sarà ancor più accentuata oltre che dagli smartphone (anche low
cost sotto i 100 dollari), dai tablet e dalla diffusione dell’Internet degli oggetti. Il
machine-to-machine to people sarà un ulteriore elemento di sviluppo. Le
comunicazioni M2M modificheranno il modo con cui le persone gestiranno il loro
mondo, dalla mobility, agli aspetti sanitari, al consumo energetico o altro.
L’esigenza di mobilità comporterà la crescita e lo sviluppo del mercato delle
applicazioni mobili. Esse tenderanno a specializzarsi per funzione e device, a essere
proposte su “store” e su “marketplace”; saranno anche progressivamente soggette ad
attacchi informatici più intensi rispetto all’attuale. Sempre più consentiranno
l’estrazione di dati personali. In aggiunta, si avrà un crescente utilizzo del video come
mezzo evoluto di comunicazione business-to-business e business-to to consumer,
anche per far evolvere servizi tradizionali come i contact center. L’espansione dei
device mobili consentirà lo sviluppo dei portafogli e pagamenti mobili, grazie a
nuove normative, alla diffusione delle tecnologie NFC, ai “dongle” (device che si
attaccano al PC e consentono l’accesso ad applicazioni protette o wireless) e a nuovi
modi di fare acquisti in mobilità.
Il secondo mega-trend è lo sviluppo sempre più diffuso del social per il
coinvolgimento sempre più marcato del cliente. L’ambito social sarà davvero molto
esteso. Abbraccerà le aziende, il business, il modo di fare televisione, di concepire i
giochi. Social sarà sinonimo di condivisione e di capacità di influenzare. L’ulteriore
impatto del social è dato dalla centralità del cliente, intesa non solo come importanza,
ma anche come suo coinvolgimento nell’ideazione dei prodotti e dei servizi.
Questi primi trend sono strettamente correlati a quello dei big data, che creano nuove
esigenze di storage, di gestione e di sicurezza dei dati; e ancora, di avere la capacità
86 di comprendere e analizzare moli di dati strutturati e non, provenienti in tempo reale
o differito, quindi di disporre di una nuova generazione di “analytics”. Più che un
trend è la conferma del consolidamento del cloud nelle sue diverse declinazioni e
utilizzi: pubblici, privati e ibridi.
E' chiaro che i tre mega trends, smart mobility, social and big data, sono fortemente
basati sulle tecnologie ICT, e da esse traggono impulso evolutivo. Questo fatto è ben
chiaro a livello comunitario europea. Gli investimenti nel settore ICT sono una delle
priorità del programma Horizon 2020: è previsto infatti un aumento del 46% rispetto
al settimo programma quadro (FP7), in linea con il piano della Commissione di
aumentare la disponibilità di fondi per la ricerca su tutti i temi. Questo investimento
sarà focalizzato su attività di ricerca e innovazione ad altro rischio, con il potenziale
di creare “business breakthroughs” nell'ambito dei tre mega-trends identificati sopra,
facendo leva su tecnologie emergenti. In particolare, sono già state individuate le
seguenti aree tecnologiche prioritarie:
1.
Components and systems: Smart embedded components and systems, micronano- bio systems, organic electronics, large area integration, technologies for the
internet of things (IoT), smart integrated systems, systems of systems and complex
system engineering
2.
Next generation computing: Processor and system architecture, interconnect
and data localisation technologies, cloud computing, parallel computing and
simulation software
3.
Future Internet: Networks, software and services, cyber security, privacy and
trust, wireless communication and all optical networks, immersive interactive
multimedia and connected enterprise
4.
Content technologies and information management: Technologies for
language, learning, interaction, digital preservation, content access and analytics;
advanced data mining, machine learning, statistical analysis and visual computing
5.
Advanced interfaces and robots: Service robotics, cognitive systems, advanced
interfaces, smart spaces and sentient machines
6.
Key Enabling Technologies: Micro- nano-electronics and photonics: Design,
advanced processes, pilot lines for fabrication, related production technologies and
demonstration actions to validate technology developments and innovative business
models
87 E’ importante rimarcare che lo sviluppo di queste tecnologie e delle relative
competenze e capacità è strategico per il mantenimento e rafforzamento della
leadership industriale europea. In altre parole, i temi sopra elencati costituiscono aree
di investimento prioritarie per lo sviluppo di tecnologie ICT abilitanti. L'orizzonte
temporale per la maturazione di queste tecnologie, è di medio termine (4-6 anni), ma
è possibile ipotizzare ricadute sul piano dell'innovazione e creazione di mercati anche
su un orizzonte temporale più breve per alcuni sotto-settori. Gartner-Dataquest ha
infatti identificato le seguenti top 10 priorità tecnologiche nel settore ICT per il 2012
(qui riportate con un link diretto alle aree tecnologiche elencate sopra):
1.
Analytics e business intelligence ⟶ 3,4
2.
Tecnologie mobile ⟶ 1, 2, 3, 4, 5, 6
3.
Cloud computing (SaaS, IaaS, PaaS) ⟶ 2, 3
4.
Tecnologie collaborative (workflow) ⟶3, 4
5.
Modernizzazione del legacy ⟶ 3, 4, 5
6.
IT management ⟶ 3, 4
7.
CRM⟶3,4
8.
ERP applications ⟶ 3, 4
9.
Security ⟶ 1, 3
10.
Virtualizzazione ⟶ 2, 3
La lista top-10 è stata ottenuta raccogliendo informazioni da un campione di CEO di
grandi aziende ICT internazionali, ed è evidentemente focalizzata su priorità
tecnologiche a breve termine (1-3 anni). Risulta evidente come le aree “future
internet” e “content technologies and information management” includano tecnologie
il cui impatto atteso sul mercato è a breve termine.
L'ICT ha un ruolo abilitante nelle principali trasformazioni della società globale. Una
analisi delle più importanti tecnologie ICT non può quindi prescindere
dall'evidenziare il loro impatto nell'affrontare le più importanti sfide per l'umanità sul
piano sociale in generale, nell'ottica dei grandi trends macro-economici.
La
commissione europea, nel contesto della definizione delle priorità del programma
Horizon 2020, ha identificato aree di impatto sociale prioritarie per l'area della ricerca
europea, e ha fornito indicazioni sul ruolo delle tecnologie ICT nell'affrontare tali
88 “societal challenges”. Un elenco sintetico delle societal challenges e dei principali
obiettivi raggiungibili tramite lo sviluppo dell ICT è il seguente:
•
Health, demographic change & wellbeing; e-health, self management of health,
improved diagnostics, improved surveillance, health data collection, active ageing,
assisted living;
•
Secure, clean and efficient energy; Smart cities; Energy efficient buildings;
smart electricity grids; smart metering;
•
Smart, green and integrated transport; Smart transport equipment,
infrastructures and services; innovative transport management systems; safety aspects
•
Climate action, resource efficiency and raw materials: ICT for increased
resource efficiency; earth observation and monitoring
•
Inclusive, innovative and secure societies: Digital inclusion; social innovation
platforms; e-government services; e-skills and e-learning; e-culture; cyber security;
ensuring privacy and protection of human rights on-line
1.2 I paesi e le industrie leader nel settore
Il grafico 1 raffigura i grandi settori industriali con sfere il cui diametro rappresenta il
volume complessivo del mercato e la cui posizione nei quattro quadranti dà una
indicazione sul livello di leadership tecnologica delle aziende europee. Sfere nel
primo quadrante (in altro a sinistra) rappresentano aree in cui l'Europa ha una chiara
leadership tecnologica. E' chiaro da questo grafico che l'Europa è in una posizione di
ritardo tecnologico rispetto agli stati uniti e non ha una chiara leadership rispetto alle
grandi economie asiatiche.
E' chiaro peraltro che dato il valore del mercato delle tecnologie ICT (si noti il
volume del mercato) a, ancora più importante, il loro valore come tecnologie
abilitanti per le grandi trasfromazioni sociali, che l'ICT deve restare settore di
investimento prioritario per l'area della ricerca EU. Questo non tanto o non solo per
riconquistare quote del mercato ICT, ma per poter sviluppare il pieno potenziale di
tali tecnologie nell'abilitare innovazioni vincenti in altri mercati. A titolo di esempio
si noti che nel settore automobilistico la chiara leadership europea non sarebbe stata
possibile senza un forte supporto delle tecnologie ICT (embedded systems), che
hanno reso possibili le principali innovazioni nel settore (si pensi alla sicurezza,
legata a dispositivi di controllo elettronico, alla navigazione e al car infotainment).
89 !
1.2 I paesi e le industrie leader nel settore
Grafico 1
!
!
!
1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca
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• la crescente convergenza tra IT e TLC, settori sempre più intersecati nell’offerta
%(37455*!&$#(!35&5(!,2(5(!4!2*2!<&!,2&!)<(&%&!#4&+4%3<(7!%(37455*!&##4!$%&2+(!4)*2*6(4!&3(&5()<4=!!
diprodotti e nell’erogazione di servizi;
!
•
la ricchezza di dispositivi e funzioni all’interno della vita privata e
BA! )<(&%*! 74%&#5%*!
)<4!vita
+&5*!che
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personal computing, televisione digitale, attività “social” e di gioco, individuali e
5%&3'%*6&9(*2(! 3*)(&#(F! )<4! #A"DE! +484! %435&%4! 3455*%4! +(! (28435(6425*! 7%(*%(5&%(*! 74%! #A&%4&!
condivisi
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“privato”
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attitudini,
nei modi di operare e negli strumenti utilizzati. A tal punto che i device
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personali
divengono strumenti business
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la dimensione sociale nelle modalità di interazione e la pervasività di Internet
nelle
modalità di comunicazione e di acquisto, che coinvolge aziende, consumatori e
#4$&5&!&!+(37*3(5(8(!+(!)*25%*##*!4#455%*2()*F!&##&!2&8($&9(*24!4!&#!)&%!(2'*5&(26425@=!!
Istituzioni;
• il crescente ruolo di Internet anche nella gestione delle informazioni, con
l’affermazione crescente del cloud computing;
•
la digitalizzazione inarrestabile dei contenuti fruiti da rete fissa e mobile,
attraverso dispositivi ICT sempre più performanti, con la conseguente modifica delle
90 2)15%1)+)6)# !;F# 1/95-/# 5)I# 5/-3%-9'4+)B# E%4# "'# E%41/*</4+/# 9%2)3)E'# 2/""/# 9%2'")+7#
2)E%9<4)E'C)%4/B#"/*'+/#4%4#5)I#1%"%#'""'#9<1)E'#%#'""/#4/R1B#9'#'4EL/#'""'#5<&&")E)+7B#
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modalità
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pubblicità,
all’editoria, all’istruzione.
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#
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Tutti
questi fattori hanno indotto a superare lo schema tradizionale, che affiancava al
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mercato
dell’Information Technology quello delle Telecomunicazioni, e a guardare al
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complesso
del mondo
digitale
nelle sue )"#declinazioni
sistemi,
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software,
servizi, contenuti.
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Il mercato, così interpretato, si trova a raccogliere ed evidenziare componenti prima
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mai considerate,
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recente
o 3)11/B#
perché
tradizionalmente
considerate
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laterali al'4EL/#)"#2)'"%*%#+-'#1)1+/9)#W9'EL)4/#+%#9'EL)4/XK#
mercato ICT propriamente detto. I quattro nuovi segmenti che compongono
il Global Digital Market sottostanno alle seguenti considerazioni:
•
Dispositivi e Sistemi: tutti i prodotti utilizzati nelle imprese o nelle abitazioni,
in modo stanziale o in mobilità, più o meno specializzati e dedicati a specifiche
funzioni, e abilitati da infrastrutture di rete (mobili, fisse, satellitari, televisive) che
consentono anche il dialogo tra sistemi (machine to machine);
•
Software e Soluzioni: le soluzioni fruite e acquistate in modalità on premise;
•
Servizi ICT: tutte le diverse tipologie di servizi erogati sui sistemi e le
soluzioni;
•
Contenuti Digitali e Pubblicità on-line: dizione autoesplicativa, ma che non
comprendené le transazioni da commercio né contenuti fruibili da supporto fisico (es.
CDRom, DVD, ecc).
Gli innesti prima non considerati, e ora valorizzati hanno generato un differenziale
(rispetto al puro mercato ICT) di oltre 11 miliardi di euro, e sono nel loro insieme
risultati in crescita di quasi il 6% nel 2011, in ulteriore accelerazione rispetto al circa
3% del 2010. Nel 2011 il valore del Global Digital Market in Italia è stato così pari a
69.312 milioni di euro, con una decrescita del 2,2% di poco superiore a quella del
2010 (-1,7%), ma con un certo dinamismo per gli elementi più innovativi. La
91 =G=A)(11HE)
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componente
a maggiore dinamicità (+7,1%) è stata quella dei contenuti digitali
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mentre
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Il grafico
nella figura sottostante (rapporto RIID 2010) indica i gap delle regioni
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convergenza
rispetto ai valori obiettivi dell’agenda digitale per alcuni indicatori
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6(.($'&,-".()4(**&)1"..($$-8-$5)&)?&.4&)*&'<&)D[=!XM)()&)0(<+-'(A)?'"&4?&.4)-.$('.($HE))
chiave:
ricorso all’egovernment, utilizzo di internet e dell’ecommerce da parte dei
cittadini e delle famiglie, e penetrazione della connettività a banda larga (ADSL2 e a
seguire, broadband internet).
Il grafico mostra che tutte le regioni obiettivo hanno significativi ritardi rispetto agli
obiettivi dell’agenda digitale. D’altro canto, la situazione non è del tutto uniforme.
In particolare la Campania risulta significativamente più avanzata delle restanti
regioni obiettivo per quanto riguarda la penetrazione dell’infrastruttura di rete a
banda larga (sia ADSL2 sia per le reti in fibra ottica. Inoltre, la Campania sopravanza
le restanti regioni (se pure con un gap meno significativo), per quanto riguarda
l’utilizzo di internet e i servizi di e-government. La situazione di maggior sofferenza
è quella della Calabria, che soffre di un gap significativo nel gruppo delle regioni
convergenza specialmente per quanto riguarda l’infrastruttura di rete (sia ADSL2 che
in fibra ottica). In controtendenza invece la penetrazione dell’ecommerce tra le
92 regioni convegenza. Per questo indicatore la Calabria risulta essere in prima
posizione rispetto alle regioni obiettivo.
!
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quanto riguarda lo sviluppo delle imprese ad alto contenuto tecnologico, la
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Campania
e la Sicilia risultano essere avvantaggiate dalla presenza di distretti
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industriali
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In particolare,
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Nanosistemi, legato all’area industriale Etna valley, mentre in Campania si evidenzia
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Distretto tecnologico sull’ingegneria dei materiali compositi e polimerici, legato
all’area
industriale
Aerospaziale
Aeronautica
e a quella
trasporti.
La 5*,(:(*1/!
situazione
#/! %/$(*1(!
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della
regione Puglia è leggermente diversa, in quanto si rileva una maggior
frammentazione
delle aziende a vocazione tecnologica, e una minor presenza di sedi
F/%!>0&1-*!%($0&%4&!!#*!,3(#055*!4/##/!(+5%/,/!&4!&#-*!)*1-/10-*!-/)1*#*$()*9!#&!<&+5&1(&!/!#&!
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%(,0#-&1*!
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5%(+&%(&!
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critica&33&1-&$$(&-/!
dei grandi gruppi
industriali.
La situazione
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arretrata
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(+5*%-&1:&!&!#(3/##*!1&:(*1&#/9!)&%&--/%(::&-(!4&##&!5%/,/1:&!4(!$%&14(!(+5%/,/!)*1!)&5&)(-G!4(!
punto di vista industriale è senza dubbio quella della Calabria, regione caratterizzata
(13/,-(+/1-*! ,($1('()&-(3/! 1/##6&+2(-*! 4/##&! %()/%)&! /! ,3(#055*7! "1! 5&%-()*#&%/9! (1! A()(#(&! ,(!
da una presenza industriale ridotta e fortemente frammentata, in gran parte legata a
/3(4/1:(&!(#!4(,-%/--*!-/)1*#*$()*!H()%*!/!I&1*,(,-/+(9!#/$&-*!&##6&%/&!(140,-%(&#/!J-1&!3&##/K9!
aree
produttive
tradizionali
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8(,-%/--*! tecnologico.
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+&$$(*%!'%&++/1-&:(*1/!!4/##/!&:(/14/!&!3*)&:(*1/!-/)1*#*$()&9!!/!01&!+(1*%!5%/,/1:&!4(!,/4(!
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di vista degli investimenti pubblici nel settore ICT, e la risultante intensità di aiuti
pubblici per attività di ricerca e sviluppo in ambito industriale, Calabria e Puglia
presentano valori significativamente più elevati di Campania e Sicilia. La Calabria è
caratterizzata dal secondo livello di intensità di aiuto pubblico sul territorio nazionale,
la Puglia ha adottato una promettente politica di focalizzazione strategica degli
interventi di finanziamento.
Per quanto riguarda la ricerca universitaria e gli enti di ricerca presenti sul territorio,
la situazione presenta alcuni elementi di interesse che è opportuno sottolineare. Da un
lato, i grandi atenei campani presentano numeri importanti di ricercatori e un sistema
della ricerca ben strutturato con realtà non universitarie, quali il CNR e altri centri di
ricerca pubblici. Una situazione simile, anche se in misura leggermente minore, si
riscontra in Puglia e Sicilia. D’altro canto la situazione calabrese appare caratterizzata
da alcune aree di eccellenza a livello nazionale (l’area di Cosenza e la sua università
nell’ambito informatico) e di visibilità internazionale che meritano una particolare
attenzione.
In conclusione, mentre Campania e Sicilia (in misura minore) risultano essere
avvantaggiate per lo stato delle infrastrutture per l’economia digitale e la presenza di
conglomerati industriali ad elevata massa critica in settori ICT-intensive, Puglia e
Calabria presentano alcuni elementi positivi nell’ambito degli investimenti per la
ricerca e l’eccellenza scientifica.
94 Analisi settoriale: Area Aereospazio Dario Boggiatto 95 1. Analisi prospettica del settore
1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi 20 anni
1.1.1 Aeronautica
Per l’Aeronautica commerciale europea il riferimento è rappresentato dalla
Strategic Research Agenda (SRA) di ACARE (Consiglio Consultivo per la Ricerca
Aerospaziale Europea). La SRA si innesta nella policy europea per il futuro traffico
aereo definita Vision 2020, ed è quindi saldamente mirata su obiettivi di qualità della
vita dei cittadini europei, come “meeting society's needs” e “achieving global
leadership for Europe”, declinati dalla SRA in cinque principali sfide: Quality &
Affordability. Environment, Safety, Efficiency of the Air Transport System, Security.
Della SRA ACARE esiste poi una declinazione italiana del 2007: “SRA Italiana Strategic Research Agenda italiana per il settore Aeronautico” opera di ACARE
Italia. Di seguito lo scenario dei prodotti delle tecnologie prioritarie fino al 2020
viene presentato attraverso una sintesi dell’Annex alla SRA, versione 2 del 2004, in
quanto sede dell’informazione puntuale sulle tecnologie sia del mezzo aereo che degli
aeroporti e della gestione del traffico aereo secondo l’Europa, e una sintesi della (più
qualitativa) SRA italiana. La graduazione delle priorità, nell’ambito del decennio
2010-2020 (ma si può assumere facilmente fino al 2025, data la deriva tipica di
queste proiezioni) è definita da lettere:
• B: base, widely exploited by competitors, little competitive impact, essential to be
in business
• K: key, well embodied in products and processes, high competitive impact
• P: pacing, under experimentation by some competitors, competitive impact likely to
be high
• E: emerging, at early research stage or emerging, competitive impact unknown but
promising
Nelle due tabelle sono state evidenziate in colore le tecnologie frequentate dalle
proposte di distretto o aggregazione in esame.
96 Tecnologie aeronautiche prioritarie (fonti: “Strategic Research Agenda” ACARE, v. 2, 2004:
Taxonomy Area and Domain
Technology
Class
Also
applies to
AIRCRAFT
1. Flight physics
Computational Fluid Dynamics
Unsteady Aerodynamics
Aeronautical Propulsion Integration
Airflow control
High Lift Devices
Wing Design
Computational Acoustics
External Noise prediction
2. Aerostructures
Metallic Materials & basic processes
Non-Metallic Materials & basic processes
Composite Materials & basic processes
Manufacturing and Assembling
Technologies
Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012
Optimised airframe design for high L/D cruise and low thrust approach
Optimised airframe design for high L/D cruise and low thrust approach
Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise
Flow control
Low noise drag generation for approach
Integrated nacelle/wing design for UHBR engines
High-Lift engine airframe integration (e.g. blown flaps with propeller or UHBR-engine)
Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise
Flow control
Flow control
Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise
Hybrid laminar flow
Morphing airframes
Adaptive winglets
High-Lift engine airframe integration (e.g. blown flaps with propeller or UHBR-engine)
Specific low-noise aircraft configuration (high wing with high area, slatless high-lift
system, etc.)
High lift system design for High climb number design for High-lift system for steep
take-ofF
Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise
Adaptive winglets
"Tool set/digital environment for simultaneous multidisciplinary optimisation"
Morphing airframes
Active noise suppression in cabin
Specific low noise rotorcraft
Landing gear noise reduction technologies (fairings…)
Use of lightweight materials and processes for airframe
New materials for weight reduction/reduced fuel consumption
Friction-reducing surface coatings (nanotechnology)
Paintless a/c
New materials for weight reduction/reduced fuel consumption
Use of lightweight materials and processes for airframe
New materials for weight reduction/reduced fuel consumption
Low environmental impact materials and manufacturing (airframe, engine,
equipment)
Use of non toxic materials (flammability, cabling)
Flexible machining equipment for multiple process integration at low production
rates
Highly automated manufacturing, assembly and quality assurance
Green coolants for machining
P
P
E
P
K
K
P
E
P
P
E
P
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K
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K
K
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K
K
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K
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K
B
K
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K
B
K
B
B
K
B
K
5/70
97 Obiettivi tecnologici prioritari secondo “SRA Italiana - Strategic Research Agenda italiana per il settore
Aeronautico” ACARE Italia, 2007 (colorazione dei campi secondo il criterio già citato)
!"#$"#%&'-(.('
!"#$"#%&'*+,#('
!"#$"#%&'()%('
FIlone
Obiettivi di comparto
Nuovi materiali Nuovi materiali e processi produttivi e di manutenzione
per le strutture aeronautiche
Impiego di nuovi materiali / tecnologie
Riduzione
Riduzione dell'impatto ambientale per velivoli regionali
dell’impatto
(eco-compatibilità)
ambientale
Riduzione dell'impatto ambientale (eco-compatibilità)
Riduzione dell’impatto ambientale (Turbine/Rumore)
Riduzione dell’impatto ambientale (Combustori/Emissioni)
Progettazione Progettazione integrata dei rotori e delle trasmissioni
integrata e con Miglioramento dell’affidabilità e della sicurezza
MDO
Incremento delle prestazioni (spinta/potenza specifica)
Sviluppo e integrazione di configurazioni innovative
Autonomia
Autonomia per il volo, la navigazione e la missione
operativa
Autonomia operativa intelligente del volo
Sistema ATM
Integrazione degli aeromobili VTOL nel traffico aereo
avanzato
Funzioni avanzate per il controllo del traffico aereo
o Nuovi tool
o Integraz. FMS/ground e 4D Mgt
o Auto-controllo
o Integraz Meteo
Interoperabilità dei Sistemi ATM
Sistemi di sorveglianza dipendente ed indipendente
Sistemi ATM per la Sorveglianza/Navigazione Aeroportuali
Sistemi di
Utilizzo delle tecnologie s/w
Bordo, Avionica Avionica modulare
Avanzata e
Reti sicure
Comunicazioni Interoperabilita’ delle reti
NCC (Info dissemination, ad hoc network)
Security
Security in ATM
Security in Aeroporto (Land Side)
Security in Volo
Nuovi materiali Incremento delle prestazioni (spinta/potenza specifica)
Progettazione Miglioramento del processo di progettazione del velivolo
integrata e con Nuovi criteri di progettazione e produzione integrata
MDO
Nuovi criteri di progettazione e produzione integrata con
utilizzo di materiali avanzati
Trasporto
Sviluppo tecnologie specifiche per Trasporto Regionale e
Regionale e
Aviazione Generale
Aviazione
Generale
Sistemi di
Integrazione degli impianti di bordo ed avionica avanzata
Bordo,
Informazione sull’ambiente esterno
Avionica
Human factors & sistemi cognitivi
Avanzata e
Sistemi innovativi di monitoring del sistema volante
Comunicazioni
Sistema ATM
Safe and efficient airport
avanzato
Architetture del sistema ATM
Progettazione Progettazione di velivoli a configurazione fortemente
integrata e con ottimizzata
MDO
Sviluppo di configurazioni innovative
Sist.i di Bordo, Qualità dell’ambiente e comfort in cabina
Avionica Av. e
Comunicazioni
Sistema ATM
Integrazione/Automazione del segmento di terra e
avanzato
Collaborative Decision Making
Sistemi avanzati di Navigazione
Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012
Comparto
Ala fissa
Stato d.
tecnologia
in Italia
K
Sist. Bordo Com. e Difesa E
Ala fissa
K
Ala rotante
Motoristica
Motoristica
Ala rotante
Motoristica
Motoristica
Ala rotante
Sist. Bordo Com. e Difesa
Ala fissa
Ala rotante
ATM
P
P
K
K
K
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E
E
E
K
K
ATM
ATM
ATM
Sist. Bordo Com. e Difesa
Sist. Bordo Com. e Difesa
Sist. Bordo Com. e Difesa
Sist. Bordo Com. e Difesa
Sist. Bordo Com. e Difesa
ATM
ATM
ATM
Motoristica
Ala Fissa
Motoristica
Ala rotante
K
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Ala Fissa
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Ala rotante
Sist. Bordo Com. e Difesa
Sist. Bordo Com. e Difesa
Ala Fissa
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E
E
ATM
ATM
Ala fissa
P
K
K
Motoristica
P
Sist. Bordo Com. e Difesa B
ATM
K
ATM
P
11/70
98 Structural Analysis and Design
Smart Materials and Structures
Helicopter Aero-acoustics
Noise Reduction
Acoustic Measurements and Test
Technology
Aircraft Security
Performance
Enhanced (prediction) accuracy for extended modelling and simulation
application/coverage
Tool set/digital environment for simultaneous multidisciplinary optimisation
Morphing airframes
Flow control
Specific low noise rotorcraft
Innovative active control devices for noise with the possible use of MEMS
Noise shielding through aircraft configuration
Acoustic panels
Active noise suppression in cabin
Bomb proof cargo containers, Cargo screening and sensor system
High temperature materials and coatings for compressors, combustors and turbine
Increased turbomachinery efficiencies and stall margins
Variable pitch for fan blades to achieve high thrust at low speeds
High rpm/no-thrust conditions for approach
More efficient cooling technologies
Lightweight architecture and materials for engine rotors and structures
Nacelle/thrust reverser/nozzle design (scarfed inlets, liners, chevrons…)
Components with reduced thermomechanical distortions and more efficient sealing
technology
Turbomachinery / Propulsion Aerodynamics Components with reduced thermo-mechanical distortions and more efficient sealing
technology
Combustion
Combustor operability
Combustion technologies for reducing emissions produced by conventional engine
configurations
Enhanced mixing design/ technologies for lean combustion
Multi-point fuel injection
Air-breathing propulsion
Nacelles technologies for weight reduction
Geared fan engine
Ingegrated nacelle/wing design for UHBR engines
Ultra High By-Pass Ratio engine
Contra-rotating fan engine
Low powered de-icing devices
Nozzles, Vectored Thrust, Reheat
Thrust reverser, technologies for weight reduction
Provide Low noise thrust reversal capability
Engine Controls
Optimised engine controls for reducing fuel burn
Innovative active control devices with the possible use of MEMS
Optimised engine controls for reducing noise
Computational methods
Enhanced (prediction) accuracy for extended modelling and simulation
application/coverage
Data fusion and signal processing for pattern recognition
4. Aircraft Avionics, Systems Cockpit Systems, Visualisation & Display
Systems
Common core cockpit and flight control systems with programmable functionality for
& Equipment
standardisation, flight deck/handling commonality
Airborne display of routing and traffic
Increased system operation automation and automated reconfiguration/ one man
cockpit for passenger transport
3. Propulsion
Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012
P
K
K
P
P
P
K
B
B
K
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K
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K
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K
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K
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P
K
K
P
K
P
K
P
B
K
E
E
6/70
Per l’Aeronautica Militare il riferimento più aggiornato è il risultato del Gruppo di
Lavoro FAS4 Europe “Meeting future European defence and security challenges
requires a strategic approach to the Aeronautics EDTIB - European Defence
Technological and Industrial Base”. Il documento è di carattere confidenziale, ma ciò
non costituisce una limitazione in quanto la lista di tecnologie in esso riportata è
tenuta in conto nell’ultimo, e più importante, riferimento con cui ci si vuole misurare.
Infatti una sintesi, molto interessante ai nostri fini, che sposa con le priorità tecniche
in Europa le priorità strategiche civili e militari del nostro Paese in particolare, è
offerta da un documento creato congiuntamente da tutti i principali attori del settore
aeronautico nazionale, la “Proposta di un programma di ricerca e sviluppo
tecnologico nel settore aeronautico” (1/2010) di ACARE-Italia. Nella Proposta “i
drivers e le aree tematiche sono definiti a partire dalla Vision e dalla SRA italiane,
dalle esigenze emerse a livello nazionale e dalle linee guida dettate a livello
internazionale con il 7° PQ e con i grandi programmi Clean Sky e SESAR”, e il
programma “è condiviso da tutti gli stakeholders nazionali e risponde alle esigenze
ed agli obiettivi del settore e dell’intero sistema Paese”.
99 1.1.2 Spazio
Per lo Spazio i riferimenti possibili sono due:
• L’ ”ESA Technology Strategy and Long Term Plan” dell’Agenzia Spaziale
Europea
• Le “RT Priorities 2012” dalla Conferenza “Space R&D under Horizon 2020” di
ASD-Eurospace, Associazione delle industrie spaziali europee
Dei due qui si preferisce il secondo, perché a) molto attuale (marzo 2012, mentre il
Plan ESA risale al 2009, anche se una sua riedizione è imminente in vista della
Conferenza ministeriale sulla policy spaziale europea del prossimo autunno); b)
rispondente all’obiettivo di Horizon 2020 per lo Spazio (“Prepare for the increasing
role of Space in the future and reap the benefits of space now”); c) in quanto visione
industriale, al tempo stesso consapevole del “pull” dell’Agenzia e portatore del
“push” lobbistico.
La tabella seguente sintetizza i contenuti di tale riferimento. Anche in questa tabella
sono state evidenziate in colore le tecnologie prioritarie per il mercato frequentate
dalle proposte in esame.
Matrice prodotti-tecnologie spaziali prioritarie (fonte: “Space R&D under Horizon 2020”, Belgirate, marzo 2012):
Short Track
i
c
M
Medium Range
e
Satellite applications
Telecommunications
Earth observation
Spacecraft bus
Navigation
High temperature thermal control
Optical systems
Propulsion
Mechanically and capillary biphasic High stable, lightweight mirror structures
Electric prop. pointing mechanisms (2
loops
(Telescope, RC, etc.)
axis)
Deployable radiators
Large focal plane techniques Bipropellant system to replace MON/MMH
for transfer phase.
P/l power; flexibility for broadcast /
Wave front error (WFE) control
Monopropropellant systems to replace
band (C-Ka band); data processing,
techniques
Hydrazine systems
performance & dep. reduction
Low cost deployment mechanisms Radar systems
Modular low cost PPU (Power Processing
Unit) for electric propulsion
High pfmc digital transparent processor
Active Antenna Panel Low cost electric propulsion technologies
Micro-nano technology (switch system) Detector technology
Electronic press. regulator, feed systems
Input and Output Multiplexers
CCD TDI detectors
Passivation Valve
Multibeam antenna/feeds
CMOS TDI detectors
Miniature Flow Control Units
New DC/DC products for payload
IR detectors
Cool Gas Generators for pressurant
Large CMOS matrix detectors
supply
Power flexibility
Active Front End
High Power gridded ion thrusters
Reconfigurable sub reflector
Digital Beamforming Highly efficient multistage plasma (HEMP)
Transparent fully in flight
X-band active phased array Multi-purpose, improved performance EP
reconfigurable OBP
systems (TLC platforms)
Regenerative in flight reconfigurable
Advanced TRM based on GaAs
Electric propulsion systems for small
On-Board Processor (OBP) replacement (GaN, RF CMOS/SiGe,…)
satellites
Ku & Ka Band input assemblies
Large, stable antenna interferometer
Very low thrust electric propulsion
structures (deployable mast)
systems
AOCS stability, pointing, accuracy
Ku & Ka Band output assemblies
Ku Band Next generation receivers
FOG IMU including accelerometers
Ku Band Reflect Arrays
Line of Sight (LOS) control techniques
Ku Band SSPA
Multi-frequency GNSS receivers
Ku Band Next gener. agile receivers
Very High performance Fibre Optic Gyro
Ka Band Reflect Arrays
Ka Band SSPA
Payload power/flexibility, dual use & Data processing & transmission, data AOCS miniaturised / integrated funct’s
innovative missions (UHF/L/S & Q/V) links
for low mass/power
Q/V band packaging techn. for LNA,
Smart on-board data optimisation Fiber optical sensing (optical metrology)
Down Converter and Up Converter
SSPA (UHF/L/S band) Advanced video and image processing
Miniaturisation of GNSS receivers
Q/V bands antennas High Speed & Efficiency ACM Modem
Miniaturisation of Gyroscopes
Q/V bands TWTs
Very High Data Rate Payload Data
Miniaturisation of satellite attitude
Handling & Transmission (HW & SW)
actuators
UHF narrowband processors
Very High Data Rate Payload Data
Miniaturisation of Star Trackers
Handling & Transmission antenna
UHF antennas
Very High Data Rate Payload Data
Miniaturisation of Sun Sensors
Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012
17/70
100 1.2 I paesi e le industrie leader nel settore
L’aerospazio è una delle frontiere più avanzate della tecnologia e testimonia forse
meglio di qualunque altro settore produttivo la capacità di un paese di gestire
tecnicamente, finanziariamente e anche politicamente programmi industriali tra i più
grandi e complessi. Inoltre è contiguo alla difesa e strategico Quindi i paesi che
eccellono nell’aerospazio sono i leader di tutti i continenti:
•
Francia, Regno Unito, Germania, Italia
•
Russia, Israele
• Stati Uniti, Canada
•
Brasile
•
Cina, Giappone, India
mentre tra gli altri paesi significativi per impegno industriale e riflessi sull’Italia, che
siano di collaborazione o competizione o “benchmarking”, si segnalano Svezia,
Spagna, Polonia, Corea. USA, Russia, Cina, Israele, India hanno una forte
motivazione militare in proprio che stimola sviluppo di tecnologie e programmi in
autonomia, anche la Francia in una certa misura si muove su questa strada. Ma a
causa del grado di complessità e degli investimenti richiesti è sempre più difficile
anche per grandi paesi e grandi costruttori sviluppare e portare sul mercato
autonomamente un nuovo velivolo o un nuovo sistema spaziale. Per condividere costi
ed rischi di un nuovo programma civile, e spesso anche di uno militare, anche i Prime
contractor dei paesi più potenti affidano responsabilità crescenti a fornitori di tutto il
mondo, come partner di programma, mentre al Prime spetta il ruolo di regista della
progettazione e di integratore finale di parti e sottoinsiemi. A fronte di diversi accordi
industriali e politici su programmi diversi una stessa grande industria può poi situarsi
a diversi livelli della filiera produttiva e di condivisione di ingegneria, management e
rischio, da Prime a partner a fornitore di primo livello. Aziende di profilo non
sistemistico ricoprono normalmente il ruolo di fornitore di secondo livello o di parti
standard e semilavorati, e talvolta di fornitore di primo livello
In un simile contesto, l’industria italiana è all’altezza di collaborazioni di alto livello
con partner di tutto il mondo, e di fatto non cessa di perseguirle (vedansi 787
Dreamliner, motoristica, ISS, Superjet 100, i contatti di ASI con paesi emergenti
etc.), pur avendo nella strategia europea un guscio di sperimentata robustezza e
credibilità a lungo termine, nonostante tutto, e di fatto un riferimento essenziale non
solo per ragioni di finanziamenti ma anche per orientamento tecnologico.
Unione Europea
Il fatturato Aerospaziale+Difesa europeo è circa un terzo del dato a livello mondiale,
e il numero di impiegati nel settore, approssimativo perché molte aziende competono
anche in altri campi e il loro contributo al computo andrebbe pesato, supera
ragionevolmente i 300.000.
In Francia soprattutto, Regno Unito, Germania e Italia si trovano le aziende leader
dell’aerospazio, con Svezia e Spagna a ospitare altre importanti realtà a livello
101 sistema: EADS, Safran, Thales, BAE Systems, Finmeccanica nelle loro varie
declinazioni, Dassault, Rolls Royce, Avio, SAAB etc. Polonia, Belgio, Svizzera,
Romania hanno fornitori significativi per tecnologia o volumi.
Nella UE a 27 Francia, Regno Unito e Germania catturano quasi l’80% del totale
della produzione e del valore aggiunto e circa il 70% dell'occupazione. In generale
l’apporto di valore aggiunto alla produzione nazionale totale da parte dell’aerospazio
è proporzionalmente superiore al suo apporto all’occupazione nazionale totale.
I grandi aerei civili Airbus e gli aerei militari (Mirage, Rafale, Typhoon, Gripen,
C27-J, A400-M etc.) sono vicini a rappresentare metà della produzione aeronautica,
cui aerei regionali (ATR), business jets (Falcon) e elicotteri Agusta-Westland e
Eurocopter aggiungono pochi punti percentuali; manutenzione e riparazione
contribuiscono un 20%, lo spazio un 5%, l’aviazione generale e i sistemi di terra il
resto.
Peraltro sono gli elicotteri ad aver registrato in anni recenti una significativa rampa di
crescita della quota di mercato di competenza, a fronte di quote più stabili negli altri
settori aeronautici.
Il mondo degli UAV è in fortissimo fermento e le leaderships non sono ancora
stabilizzate, nemmeno presso delle industrie tradizionalmente più potenti. È
plausibile che in campo militare queste ultime abbiano presto un colpo di reni e
programmi come Neuron decollino con guida franco-tedesca e apporto maggiore da
parte dell’Italia. Nel campo delle applicazioni civili le soluzioni di maggior successo
possono scaturire da molte parti, anche non tradizionalmente leader, come testimonia
p.es. un prodotto slovacco.
In campo spaziale la quota più alta di investimenti pubblici va al settore lanciatori /
trasporto spaziale (Ariane, VEGA). Seguono osservazione della terra (GMES,
militare), scienza (BepiColombo, GAIA, LISA), esplorazione robotica e umana (ISS,
Exomars), navigazione (Galileo), telecomunicazioni. L’investimento in queste ultime
è uno dei più remunerativi grazie alla sfera commerciale in cui trovano applicazione.
Le telecomunicazioni hanno in Europa attori ai vertici mondiali, soprattutto
ThalesAlenia Space, che anche grazie al supporto dell’apparato statale francese si
muove con efficacia sul mercato globale e veicola (finché la crisi non glieli farà
riportare in casa ...) gli importanti contributi dell’industria italiana.
La maggior parte dei principali programmi aerospaziali europei è un intreccio di
collaborazioni e vede l’Italia in ruoli chiave, non di rado come leader.
Tutti gli stati europei presenti nell’aerospazio considerano il settore cruciale per la
competitività generale dell’economia, e al tempo stesso sono consapevoli di non
poter svolgere da soli un ruolo importante nel mercato globale, inclusa la Francia,
tradizionalmente incline a detenere tutti i controlli tecnologici possibili.
Con la sua efficace amministrazione centralizzata la Francia non ha mai smesso di
coordinare gli sforzi di industria e ricerca. Nel Regno Unito e anche in Germania
(almeno per l’industria) il coordinamento nazionale è subentrato a strategie locali già
avviate, con qualche inefficienza. Il coordinamento interno spagnolo, favorito dal
102 potersi applicare su un terreno abbastanza vergine, ha tuttavia confermato l’attitudine
del paese ad operare con determinazione ed efficacia. Quello interno all’Italia è stato
in parte svolto da Finmeccanica e per lo spazio dall’Agenzia Spaziale Italiana.
In effetti tutto lo spazio europeo si è giovato del coordinamento di un’’Agenzia,
l’ESA, il cui bilancio politico è senz’altro positivo e superato soltanto dal suo
bilancio di successi tecnici. ESA lavora poi a far ridurre le dipendenze dell’Europa
spaziale dalle forniture USA, e ha contribuito enormemente a instaurare standard
tecnici, di lavoro e gestionali comuni e allo stato dell’arte. Lo stesso obiettivo è stato
perseguito dal settore aeronautico per lo più attraverso tavoli di lavoro “privati”,
spesso a livello mondiale e trainati dagli attori industriali più potenti e più
recentemente in chiave più europea e più “visionaria” all’interno di Horizon 2020
attraverso ACARE (Advisory Council for Aeronautic Research in Europe).
Leader extraeuropei
Russia
La grande tradizione russa in materia di aerospazio non perde di valore storico ma
perde nell’arena della globalizzazione a causa di standard di sviluppo, tracciabilità e
commerciali non all’altezza. Dalla cannibalizzazione dell’apparato URSS sono uscite
delle aziende con il potenziale per diventare fornitori competitivi e anche leader sul
mercato, ma la strada è lunga. UAC è il prodotto principale di questo processo,
riguarda l’aeronautica civile e porta assieme Sokhoi. Ilyushin, Sokol. Tchkalov, NPK
Irkut, Tupolev, Yakovlev e a.. Ma anche l’elicotteristica è unificata sotto la sigla
OPK Oboronprom’s MHelicopter Group dove è confluita tra gli altri Kamov, con
Kazan, Ulan Ude, Mil
Lo spazio resta forte nel settore importante e remunerativo dei lanciatori e nella ISS. I
lanciatori “vendono bene” sia per la loro affidabilità che per lo iato nella disponibilità
di alternative americane.
Soyuz è anche ulteriormente valorizzato dalla versione europeizzata per lanci da
Kourou. RKK Energia e Khrunicev beneficiano della loro leadership nella ISS e nei
lanciatori. Lavochkin, Mashinostroyeniya, Molnyia, TsNIIMash sono altri nomi
blasonati, ma di fatto la collaborazione con questi tipi di partner tenda a virare verso
un “diteci che cosa volete, noi ve lo facciamo” con poca propensione alla
condivisione dei requisiti, dei processi di trade-offs, della tecnologia.
Riescono meglio a spremere collaborazione e know-how i paesi con molta forza
economica e di management: Stati Uniti, Francia, Germania, Cina. Gli uni investono
per formare a world class standard dei servizi di ingegneria non impoveriti della
tradizionale ingegnosità, gli altri per acquisire il know-how ed emanciparsi.
Israele
Israel Aerospace Industries (IAI) opera in diversi settori tra i quali spicca
evidentemente quello militare, e a cavallo tra questo e il civile spiccano gli UAV, su
cui IAI è assolutamente all’avanguardia con una gamma ampia di prodotti.
Collaborazioni con IAI possono essere praticabili.
103 USA e Canada
Superfluo ricapitolare la leadership degli Stati Uniti nell’aerospazio a tutti i livelli.
Come noto si deve agli enormi stanziamenti per la difesa e alla ricerca in chiave
duale. Questo regime di finanziamento e le concentrazioni di questi ultimi decenni
hanno prodotto i colossi in grado di dettare gli standard nei rispettivi settori: Boeing,
Lockheed-Martin, Honeywell, Raytheon e NASA stessa ad ampio spettro, Mc
Donnell, Northrop-Grumman nell’aeronautica, Cessna, Gulfstream, Learjet
nell’Aviazione Generale, Sykorsky, Bell nell’elicotteristica, Pratt & Whitney,
General Electric nella motoristica, Hughes, ITT, Motorola, TRW nello spazio .
Anche i livelli inferiori di collaborazione contigui ai grandi Primes sono popolati di
aziende in grado di metter in campo risorse tecniche e finanziarie tali da supportarne
le esigenze più innovative, assumere ruoli di partner e condividere i rischi dei
programmi: Goodrich, United Technologies, Vought, Alliant, Booz Allen e l’elenco
potrebbe continuare a lungo. E ai livelli di fornitura inferiori sono molte le aziende in
possesso di tecnologie esclusive, cui p.es. l’Europa deve ancora fare ricorso tramite
procurement nonostante le difficoltà e i costi delle procedure ITAR. Ma ancora prima
dei riassestamenti dei rapporti di forza degli ultimi anni era stato dimostrato che la
leadership degli Stati Uniti può essere messa i discussione, vedansi i successi di
Airbus, Ariane, Agusta Westland; e i segnali provenienti dai budget del Congresso
degli ultimi anni possono solo invogliare il resto del mondo a insistere con la sfida.
In buona misura il Canada è un’appendice dell’aerospaziale USA verso cui esporta il
60% della produzione, tuttavia si è ricavato delle cospicue nicchie di indipendenza ed
eccellenza negli aerei da trasporto regionale (Bombardier), nella motoristica (Pratt &
Whitney Canada), nei carrelli di atterraggio (Goodrich), nei simulatori di volo (CAE),
nei satelliti per telecomunicazioni e osservazione della terra (MacDonald Dettwiler).
Ma l’intervento pubblico a sostegno del settore è limitato a discapito della ricerca e
dell’impianto di collaborazioni internazionali, che per la finalizzazione restano
affidate ad accordi molto privatamente industriali senza grande appoggio di
mediazioni / garanzie / finanziamenti governativi.
Brasile
Embraer è portatore di un capacità tecnologica locale genuina e interessante,
sviluppatasi a fronte di requisiti ambientali interni piuttosto rustici e costruendo su un
tessuto di forniture interne tutt’altro che pronto a priori. Su questa base è diventato un
competitore di livello mondiale nel settore dei velivoli regionali. Il pubblico ha
aiutato costruttivamente il processo di crescita, mettendo a disposizione facilities
importanti per Ricerca e Sviluppo. L’INPE ha anche incoraggiato molto le attività
spaziali.
La collaborazione con il Brasile per l’Italia è una strada percorribile sia
nell’aeronautico che nello spaziale.
Cina
È poco importante conteggiare che cosa sa fare e non fare la Cina oggi
104 nell’aerospazio, l’esperienza insegna che presto saprà andare per strade sue anche su
ciò che adesso ancora sa di imitazione del prodotto americano o russo. Inoltre la Cina
collabora finché può imparare e comandare.
Nel rapporto bilaterale, di quale prodotto industriale o tecnologia l’Italia può ambire
ad intrattenere la leadership, quali processi può realizzare più efficacemente e
efficientemente? Non facile rispondere, meglio giocare puntigliosamente su tutte le
palle e collocarsi saldamente in una strategia europea.
Giappone
Grazie all’Agenzia JAXA il Giappone collabora con il resto del mondo meglio nello
spazio (ISS, missioni di esplorazione come Hayabusa agli asteroidi, Kaguya alla
Luna) che nell’aeronautica, in cui si sente ancora l’onda lunga del rapporto postbellico e strategico con gli USA. Infatti l’aeronautica giapponese si rivolge
soprattutto al militare e ad aviazione regionale e generale, senza incoraggiamenti per
il mercato internazionale p.es. sotto forma di un apparato di supporto commerciale e
logistico. Nello spazio Mitsubishi ha sviluppato con IHI Ishikawajima-Harima il
lanciatore HII e il veicolo di trasferimento a ISS HTV e ha avuto un ruolo di leader di
sistema nell’ISS, in cui il Giappone si è speso molto costruttivamente. Toshiba ha poi
fatto il braccio robotico e NEC il data management del modulo Kibo. Per l’Italia il
partenariato aeronautico con il Giappone si presenta difficile per interessi e
complementarità, quello spaziale è più percorribile ma economicamente poco
interessante, e in tempi di crisi delicato, perché portatore di ritorni di tipo scientifico
o con effetti a lungo termine.
India
In forte crescita mercato interno, investimenti interni in infrastrutture e poli di
sviluppo, joint ventures. L’ISRO (Agenzia spaziale) è ben dotata di fondi e molto
attiva. Può emergere come bacino di outsourcing non solo per il software, dove è già
da tempo una realtà, ma per tutte le fasi dello sviluppo dall’ingegneria di sistema a
impianti e componenti, dal testing alla produzione, con alta disponibilità all’adozione
di standard moderni e all’informatizzazione dei processi. Punta molto su
manutenzione e trasformazione di velivoli. Oltre ai nomi affermati nel settore
(Hindustan Aeronautics Ltd, National Aerospace Laboratories, Mahindra
Aerospace...), diverse altre grandi case indiane stanno entrando nell’aerospazio, per
lo più in tandem con case occidentali: Tata (che possiede 1/3 di Piaggio AI),
Mahindra & Mahindra con BAE Systems, Larsen & Toubro con EADS, Hero Motors
con un partner non identificato
1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca
Sullaa scena mondiale l’Italia occupa una posizione di tutto rispetto, partecipando
alla maggior parte dei più importanti programmi, anche con ruoli di Prime contractor,
attraverso un tessuto industriale e di ricerca che impiega quasi 40.000 addetti, in gran
parte costituito dalla grande industria, e in misura minoritaria dall’indotto,
105 proporzionalmente meno importante che negli altri grandi paesi. L’Italia è la quarta
nazione europea per addetti e volume. Sebbene la % del PIL rappresentata dal settore
aerospaziale sia soltanto l’1%, mediamente esso contribuisce l’8-10% della bilancia
commerciale e il 2% dell’export nazionali. Le aziende leader si chiamano Alenia
Aermacchi, Avio, Agusta Westland, ThalesAlenia Space Italia, Selex Galileo,
MBDA, Telespazio, in varia misura storicamente o tuttora parte della galassia
Finmeccanica, che è uno dei primi gruppi al mondo nell’high-tech.
Alenia Aermacchi ha sviluppato il trasporto C-27J e l’addestratore M-346, entrambe
ai vertici mondiali nelle rispettive categorie, sviluppa e produce sezioni importanti de,
e assembla i, Typhoon Eurofighter e F-35 “Joint Strike Fighter”, produce componenti
strutturali maggiori per Boeing (787 Dreamliner), Airbus, ATR42/72 e SSJ100 in
collaborazione con Sukhoi
Agusta Westland è leader mondiale dell’industria elicotteristica civile e militare.
Avio è presente nei più importanti programmi internazionali di sviluppo motori per
l’ala fissa e l’ala rotante civili e nei programmi militari EJ 200 e TP400, nonché nel
propulsore GTF (Geared Turbo Fan) per i nuovi programmi commerciali di
Bombardier, Mitsubishi, Irkut/UAC e Airbus. Nel settore spaziale Thales Alenia
Space Italia ha sviluppato e prodotto una gran parte degli elementi pressurizzati della
Stazione Spaziale Internazionale (ISS), nonché satelliti scientifici del calibro di
Integral e GOCE e satelliti di osservazione della Terra o navigazione come SICRAL,
COSMO- SKYMED, Galileo. Avio, attraverso ELV (European Launch Vehicle 70% Avio e 30% ASI) ha sviluppato e realizzato il lanciatore leggero VEGA, inoltre
fornisce ad ARIANE le sofisticatissime turbopompe LOx. L’elenco dei ruoli leader
ricoperti potrebbe continuare a lungo con numerosi altri programmi cui hanno
contribuito non solo le aziende suddette, ma anche Compagnia Generale per lo
Spazio, Piaggio Aero Industries, CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali), etc.
CIRA gestisce il programma nazionale di Ricerche Aerospaziali PRORA, mentre il
CNR implementa il Piano Nazionale della Ricerca (PNR) che include temi rilevanti
per l’aeronautica e lo spazio.
Sul territorio il comparto è rappresentato ampiamente in tutte le sue componenti
soprattutto in Piemonte, Lombardia e Campania, inoltre per la componente
aeronautica in Puglia e per quella spaziale nel Lazio. Altre realtà significative sono
poi presenti in Liguria, Veneto e Toscana. Piemonte e Lombardia sono caratterizzati
sia per l’aeronautica che per lo spazio da ingegneria di sistema, assemblaggio e
integrazione finale, prove di volo, sviluppo equipaggiamenti ad alto valore aggiunto
(es.: motori, sistemi di bordo, avionica, software), supporto logistico. Alle aziende
sopracitate (Alenia Aermacchi, Avio, Agusta Westland, ThalesAlenia Space Italia,
Selex Galileo) si aggiungano tra le altre Alenia SIA, Microtecnica, Mecaer, ALTEC,
Aviospace, Selex Sistemi Integrati, Compagnia Generale per lo Spazio, Secondo
Mona...
Il Piemonte primeggia in velivoli militari, UAV, sistemi spaziali scientifici e abitati,
la Lombardia in elicotteri, addestratori, sistemi avionici e payload scientifici La
Campania costituisce un riferimento per la ricerca aerospaziale e per le più importanti
106 attività di prova sulle aerostrutture; progetta e produce aerostrutture, realizza
equipaggiamenti specifici per aeronautica e spazio, sistemi di Aviazione Generale e
opera nell’allestimento e nella manutenzione dei velivoli. A Alenia Aermacchi, Avio,
Telespazio, MBDA si aggiungano CIRA, Selex Sistemi Integrati, Piaggio Aero
Industries, EMA, Tecnam, Vulcan Air, Oma Sud, GEVEN, ATITech, BOI, DEMA,
Magnaghi, Piaggio AI, VITROCISET.
La Puglia progetta, produce e assembla grandi aerostrutture in composito per ala fissa
e ala rotante, assembla e prova motori e possiede un importante tessuto di laboratori e
centri di ricerca applicata. Oltre a Alenia Aermacchi, Avio, Agusta Westland si pensi
a DEMA, CMD, SALVER, IAS... Nel Lazio sono presenti aziende leader nello
spazio e nella difesa (ThalesAlenia Space Italia, Telespazio, Space Engineering,
ELV, Selex Sistemi Integrati, MBDA...)
Nel Veneto opera il CISAS nel campo degli studi spaziali In Toscana spicca la
componentistica, soprattutto sensori, cruscotto e micropropulsione (Selex Galileo,
Sirio Panel, ALTA), in Liguria l’Aviazione Generale e la logistica (Piaggio AI,
Bonetti Aircraft) Il Centro Sviluppo Materiali (CSM) è presente in varie regioni ma
in Lazio e Campania sono le sue attività più attinenti all’aerospazio Il CNR e
l’Accademia sono presenti con branche attive nell’aerospazio in tutte le regioni citate
e in altre, e molti altri attori potrebbero essere citati per un elenco esauriente delle
realtà significative tecnicamente se non per volumi di fatturato, il che esula dallo
scopo di questa analisi. In tutte le regioni citate vi sono realtà importanti nel campo
del software, in grado di supportare sviluppi sistemistici e avionici a qualsiasi livello
Riprendendo un concetto già espresso più sopra, l’aerospazio è frontiera tecnologica
e arena di programmi industriali tra i più grandi e complessi, gestibili ad alto livello
solo grazie a capacità tecniche e organizzative di sistema. Come testimoniato da
successi che si estendono su quasi un secolo di storia, l’Italia appartiene certamente
all’élite dei paesi che di tale capacità sono stati finora dotati. Questa capacità va
difesa e continuamente rafforzata per restare vera anche nel mercato globale, dove
l’alibi che forza della nuova competizione stia nel basso costo del lavoro tende a
nascondere che essa sta anche e forse soprattutto nella competenza tecnica, nella
qualità, nella produttività, nella serietà organizzativa. Non si tratta di difendere ad
ogni costo un primato storico e oneroso, ma una forza industriale motrice della
performance nazionale attraverso il fatturato e dell’economia reale attraverso il
risparmio che abilita.
107