Permet, il cuore caldo dell`Albania

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Permet, il cuore caldo dell`Albania
PENSIERI
da
PERMET IL CUORE CALDO
DELL'ALBANIA
2013
Il cuore caldo dell'Albania
Caldo come la salita a Limar, tra mancamenti e colpi di sole
Caldo come quando si scopre di che tipo è l'ospitalità da “privati” e si vede il bagno
Caldo come quando arivano i peperoni, il burek e il latte appena munto
Caldo come una discesa sassosa verso Kelcyra
Caldo come un provvidenziale passaggio per Paola e Federico
Caldo come un vecchio film in bianco e nero in un cinema come da noi non esistono
più
Caldo come la lettura del futuro nei fondi di caffè
Caldo come le sorgenti termali di Banja
Caldo, o quasi, come serti punti stretti delle gole di Langarita
Caldo come la carne di capretto allo spiedo
Caldo come l'ospitalità della famiglia di Cimi
Caldo come la salita sul monte tra cavalli che scivolano e sacchi a pelo che rotolano
Caldo, o fresco, come un riposino sotto l'unico albero
Caldo come l'ospitalità a Sheper
Caldo come una sosta al bar di Polician
Caldo come una discesa fino al fiume per un bagno
Caldo come un passaggio in pick-up e un tratto di “sterrata” in furgon
Caldo come l'ultima cena tutti insieme prima di lasciarci
Caldo come il cuore di questo paese così lontano, così vicino
6 settembre 2013
Il cuore caldo dell'Albania, o era quello ripido?
Il sole è sicuramente caldo come la simpatia di chi ci ha incontrato e come quella
del nostro gruppo.
Gli angeli hanno esaudito (quasi) tutti i desideri, tempo di tornare...
Quello che condivido non è un pensiero, ma un ringraziamento per il
cammino avvenuto, per le guide e i compagni di viaggio di questo
percorso breve, per i racconti che ci hanno unito, per le pietre caplestate e
per quelle lasciate in giro come semplice riconoscimento dell'ospitalità.
Questa merita un ringraziamento particolare, così come tutte le donne e
tutti gli uomini albanesi incrociati lungo il cammino.
Shum faleminderit
Alba
alba d'Albania
Alba
oggi l'Albania è anche un po' mia
Alba d'Albania
chissà che
non mi porti su una nuova via...
Ma quant'è brutta l'Albania!
Ci sono...
montagne verdi che si alternano a quelle brulle
valli infinite attraversate da acque verdi-azzurre
more gustosissime che allietano il cammino
gole che ti fanno urlare; “ma quant'è bella la natura!”
case accoglienti nella loro semplicità
cani che accompagnano il passaggio
persone ospitali e generose
morale della favola; meglio non venirci perchè, al rientro, si potrebbe essere colti da
una tremenda “saudade”...
Un altro percorso in un paese che ho deciso da poco di conoscere insieme ad una
originale idea di viaggio.
Ora mi resta in primo luogo il gruppo come ennesima forza di umanità e cultura
italiana.
In seconda la mano che conduce in modo discreto e familiare in percorsi e luoghi,
non come un vero regista, ma solo come mediatore fra la scoperta e un andare sulle
gambe.
Sono contento di aver partecipato a questo quadro umano pieno di umanità semplice,
buffe figure, voglia di giocare insieme, locali icone di un mondo in estinsione,
paesaggi che per molto ancora rimarranno così.
Per questo e altro tornerò!
Il cuore caldo dell’Albania è quello che batte nei cuori della popolazione ospitale, calda,
generalmente molto gentile ma è anche quello che è tornato a battere e ad aprirsi all’esterno dopo
40 anni di forzato letargo imposto da un regime ottuso, isolazionista, che vedeva nemici ovunque
instillando questa paura nella gente con la sua propaganda e informazione univoca.
Un regime che ha disseminato il territorio di inutili bunkers e che spacciava per libreria
internazionale quella che aveva libri in tutte le lingue ma tutti frutto di traduzioni dei testi del
dittatore.
Un regime che purtroppo ha fermato lo sviluppo culturale, sociale, tecnologico di un intero popolo e
un intero paese.
Un cuore caldo che batte anche nei cooperanti internazionali che stanno lavorando per risollevare il
paese e dare una speranza per una vita futura in Albania.
Un cuore caldo di quegli albanesi che stanno dando fiducia al proprio paese rimanendoci e tentando
di rilanciare il turismo e valorizzare il suo patrimonio artistico, culturale e naturalistico.
Il cuore che batte in coloro che tentano di mantenere vivo un cinema per passione ma anche come
luogo di cultura e apertura, in chi si sta impegnando nelle attività turistiche scommettendo sul
proprio paese e sui suoi connazionali, in chi sta tentando di salvaguardare produzioni alimentari
tipiche, in chi lavora per fornire servizi di ristorazione di qualità e tipici.
Un cuore che però rischia di rallentare se non addirittura di fermarsi se il Paese non trova una guida
che sia capace di indirizzare il popolo e costruire uno Stato che sia in grado di far rispettare delle
regole comuni, combattere la corruzione, fornire servizi, in particolare nelle zone di montagna che
rischiano lo spopolamento, evitare la distruzione del territorio da parte di un’edilizia selvaggia, che
purtroppo ha già fatto gravissimi danni, educare e far partecipare la gente al rispetto dell’ambiente,
del suo patrimonio artistico e culturale, anche delle zone più remote, salvaguardare quanto resta
della sua storia.
Un cuore che rischia di rallentare e rischia di fermarsi se anche la gente non capisce che l’anarchia e
il non rispetto delle regole alla lunga non è un vantaggio per nessuno, che il paese non può
continuare a basarsi sugli aiuti internazionali, sulle rimesse degli emigranti e sugli investimenti di
imprese estere che non lo fanno certamente per spirito di cooperazione, che deve imparare a rispettare
il proprio territorio per rispettare se stesso, che deve riuscire a capire che la lotta al degrado dipende anche
da se stessi e non solo dallo Stato, che deve capire che gli aiuti internazionali è meglio siano utilizzati per
progetti per un miglior futuro che in interventi di breve durata che non lasciano nulla per il futuro, che deve
riuscire anche a darsi il tempo per vivere il proprio paese, visitarlo e apprezzarlo per rispettarlo meglio ma
anche per far decollare il turismo interno che è forse l’unica vera risorsa economica possibile che non può
sopravvivere solo grazie agli stranieri e che richiede attenzioni al proprio territorio che la gran parte del
popolo sembra disinteressato a dare, comportandosi troppo spesso in modo distruttivo.
Insomma il cuore caldo sta battendo ma purtroppo incontra molti ostacoli che tendono a raffreddarlo o a
fermarlo. E questo sarebbe una catastrofe per l’Albania, il suo popolo e non solo.
Più viaggio e più mi stupisco. Ormai, mi dico, dovrei essere abituata: sui sentieri del Mondo s’incontra
sempre qualcuno che, con grande generosità, mette a disposizione la propria casa al camminatore bisognoso.
Ma, ogni volta che capita, non riesco a fare a meno di domandarmi se io ospiterei a casa mia 12 sconosciuti.
Probabilmente no. Sarei colta da mille dubbi. Saranno persone oneste? Rispetteranno ciò che è mio? Eppure i
Rumeni, gli Albanesi, i Marocchini, gli Armeni, gli Uzbeki, gli Indiani e, persino, i Mongoli (mi limito a loro
per questioni di spazio) non si fanno certi problemi.
Di solito è la padrona di casa ad accogliere il viandante con un grande sorriso. Stanca dopo una giornata di
cammino, lo noto appena. Invado il territorio alla conquista di un angolo dove gettare le mie cose e riposare
le mie gambe. Con me ci sono altre 11 persone che fanno la stessa identica cosa. Chiediamo dove si dorme,
dov’è il bagno, cosa c’è per cena e se, per favore, possiamo avere una tisana ristoratrice. La padrona di casa
non si scompone o, almeno, così pare. Risponde a gesti a tutte le nostre domande e sacrifica persino il suo
letto per offrirlo a degli sconosciuti, che non vedrà mai più nella sua vita. Ci coccola, ci vizia, portandoci
oltre alla tisana anche i biscotti.
Ma è solo dopo la doccia, quando finalmente mi sono lavata via la giornata di dosso, che mi rendo conto di
quanto quella donna faccia per noi. È vero, in genere si sosta solo una notte, ma basta una notte per mettere a
soqquadro una casa che, prima del nostro arrivo, splendeva. Questa forza femminile è accogliente e discreta
allo stesso tempo, felice di condividere una giornata della sua vita con persone che vengono da un altro
Paese. Ci rifocilla con manicaretti fatti in casa e, in alcuni casi, cura i nostri mali. Mi è capitato più di una
volta di avere dei piccoli incidenti di percorso e, puntualmente, sono stati risolti da una mamma.
In Romania, ad esempio, Maria mi ha avvolto il ginocchio con il cavolo per farlo disinfiammare e, in
Uzbekistan, mi hanno curato un’insolazione con un impacco di yogurt ed aglio in testa. Altro che medicine!
Posso garantire che i rimedi naturali del luogo sono decisamente più efficaci.
Ammiro queste donne che incarnano l’archetipo femminile con una tale energia a me sconosciuta. Le
ammiro e, da donna, mi spiace non essere forte come loro.
Aprire la propria casa a degli sconosciuti è mettersi in gioco; è un’enorme prova di amicizia e generosità.
Ed è il più grande regalo che si possa fare ad un viaggiatore.
Grazie a; Alessandra, Antonio, Bernadette, Elena, Federico, Marco, Marta, Paola, Paola, Raffaele,
Roberto, Sabina, Stefano, Cimi e tutti gli albanesi che abbiamo incontrato