Relazione finale: gallone_relazione

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Relazione finale: gallone_relazione
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Relazione finale esperienza I anno DOL
L’esperienza di insegnamento che sto per descrivere è stata realizzata presso la scuola
secondaria di I grado “Luigi Chinaglia” di Montagnana (PD) in una classe seconda, per una durata
complessiva di circa cinque ore.
L’idea di fondo si snodava lungo tre assi principali:
 l’importanza della nascita e/o dello sviluppo nei ragazzini di scuola media del “piacere” di
leggere,
 le strategie ed i metodi per promuovere il piacere della lettura tra gli adolescenti,
 l’avvicinamento ai “classici” della letteratura nella scuola secondaria di primo grado
attraverso le loro “riletture” in chiave parodistica dei fumetti Disney.
In relazione a tutto ciò, i materiali utilizzati, da me forniti ai ragazzi in singola copia per
ciascuno di loro, sono stati:
 la storia a fumetti I racconti di Edgar Allan Top: «Il mistero della Rue Toporgue» (tratto da
Topolino n. 2033 del 15 novembre 1994, testo di Mario Volta e disegni di Gianpiero
Ubezio),
 il racconto Gli assassinii della Rue Morgue, tratto dall’omonima raccolta di Edgar Allan Poe
(ed. Mondadori 1998, traduzione ed adattamento di Chiara Belliti).
L’esperienza si è articolata come di seguito.
In un primo momento ho informato i ragazzi del fatto che avrebbero partecipato ad un
esperimento da me condotto, ciò che ha provocato in loro una certa curiosità ed un buon livello di
coinvolgimento emotivo; successivamente, ho distribuito in classe le copie della storia a fumetti I
racconti di Edgar Allan Top: «Il mistero della Rue Toporgue».
Prima di passare alla lettura a voce alta del fumetto da parte dei ragazzi, ho assegnato i “ruoli”
dei personaggi agli alunni, avendo cura di coinvolgerli tutti: ho poi avviato la lettura del fumetto,
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che ha visto una partecipazione entusiasta da parte degli allievi, pronti a cambiare ruolo ed
impegnati nello sfoggio delle proprie capacità interpretative.
Dopo la lettura integrale del fumetto, ho dato inizio in classe ad una discussione aperta a tutti i
ragazzi a proposito delle caratteristiche della storia appena letta: attraverso un'azione di brainstorming, ho potuto rilevare che il livello di gradimento del fumetto e della parte iniziale
dell’attività proposta era stato molto alto.
La prima tranche del lavoro è stata da me conclusa con una riflessione fatta insieme ai ragazzi
sulla consapevolezza metacognitiva dei “meccanismi” che fanno scattare il piacere della lettura: in
particolare, ho cercato che essi scoprissero gradualmente perché quel fumetto li avesse tanto
entusiasmati e quali fossero secondo loro i “trucchi del mestiere” utilizzati dagli autori del
fumetto.
Sorprendente è stata la positiva reattività dei ragazzi a tali sollecitazioni: alcuni allievi hanno
fatto delle osservazioni davvero profonde e rivelato una capacità d’introspezione più avanzata di
quella che era nelle mie aspettative.
All’inizio della lezione successiva, i ragazzi erano eccitati all’idea di proseguire quello che
inizialmente avevo definito “esperimento”: al mio arrivo si mostravano curiosi ed impazienti di
incominciare.
Così, giocando sulla suspense creata dal misterioso séguito dell’esperienza, ho distribuito in
classe le copie del racconto Gli assassinii della Rue Morgue di Edgar Allan Poe: anche questa volta,
prima della lettura a voce alta da parte dei ragazzi, sono stati assegnati i “ruoli” dei personaggi agli
alunni in maniera che tutti fossero coinvolti.
Gli alunni hanno seguito la lettura del racconto con molta attenzione in un crescendo di
curiosità mano a mano che si rendevano conto del fatto che la storia era (sorprendentemente) la
stessa del fumetto: alla fine della lettura, i ragazzi erano visibilmente desiderosi di sapere
finalmente dove intendesse andare a parare questo strano “gioco” tanto diverso dalla normale
prassi della quotidianità scolastica ed apparentemente anche un po’ sopra le righe.
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Dato il clima di classe al top della forma, ho aperto la discussione sulle caratteristiche del
racconto appena letto: anche questa volta ho potuto constatare che il livello di gradimento della
storia era stato molto alto.
Non c’è stato bisogno di insistere nella richiesta relativa alla riflessione in merito a quali
fossero i punti su cui faceva leva il racconto al fine di coinvolgere il lettore, perché i ragazzi
riuscivano già ad applicare autonomamente all’opera di Poe le stesse osservazioni espresse nel
dibattito che aveva seguito la lettura del fumetto. Inutile, perciò, mettere in rilievo la mia
soddisfazione ed il mio compiacimento; ma il meglio doveva ancora venire.
Nella lezione successiva, ho portato la classe in aula d’informatica e, con l’aiuto di un
PowerPoint da me realizzato, in una situazione essenzialmente ludica dal clima piuttosto
effervescente, ho dato il via ad un dibattito guidato sul confronto tra il racconto di Edgar Allan Poe
ed il fumetto Disney, evidenziando le analogie e le differenze tra il racconto di Poe e la sua
“rilettura” disneyana in chiave umoristica.
Una didattica della letteratura come quella suggerita si situa dichiaratamente all’interno di un
ripensamento del modo di insegnare tradizionale alla luce delle nuove istanze avanzate dalla
cibernetica scuola del Duemila. Pertanto, in una società nella quale le informazioni viaggiano in
rete ad una velocità fino a non molto tempo fa impensabile, ai fini di un’efficace riuscita
dell’educazione letteraria – come di tutte le altre discipline scolastiche, del resto – non si può
prescindere a mio avviso dall’utilizzo delle nuove tecnologie didattiche: si colloca in quest’ottica la
realizzazione di un percorso ipermediale relativo alla riflessione sul confronto fra i classici della
letteratura e le loro parodie a fumetti. In questa sede, l’ipermedia si presenta come il frutto di una
trasposizione in chiave ipertestuale delle schede di analisi del testo che generalmente vengono
proposte in cartaceo alle classi. Ma, prima di esporre in maniera più dettagliata le modalità
attraverso le quali si è deciso di impiegare le potenzialità dell’ipermedia a scopo didattico, è
necessario spiegare le ragioni di una scelta siffatta, ovvero: perché un ipertesto?
Sgombrando il campo dalle pedantesche sovrastrutture sull’opportunità o meno di introdurre
nella scuola un prodotto ipermediale, possiamo ormai a giusta ragione affermare come un
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ipertesto seriamente realizzato rappresenti un valido strumento per la comunicazione, per
l’apprendimento e per l’organizzazione razionale delle idee e delle conoscenze. Inoltre, esso
consente di puntare sulla trasversalità di una didattica che si proponga di portare il processo di
insegnamento-apprendimento ben oltre i limiti delle singole discipline e dei singoli linguaggi.
D’altra parte, nella storia delle connessioni tra strumenti didattici, strumenti tecnologici e teorie
dell’apprendimento il punto comune più rilevante è costituito dalla centralità attribuita all’alunno
e dall’attenzione concentrata sul ruolo attivo assunto dalla personalità del discente
nell’apprendimento: l’ipertesto, soprattutto se supportato da una tecnologia avanzata, può essere
un ottimo sussidio didattico anche perché sviluppa percorsi coerenti con le esigenze e gli interessi
degli allievi. La maniera più ovvia – sicuramente utile ma con buone probabilità meno produttiva –
di introdurre l’ipertesto a scuola, è l’impiego di prodotti preconfezionati: una utilizzazione piena e
realmente innovativa di un ipertesto, tuttavia, può avvenire soltanto nell’ambito di una didattica
laboratoriale nella quale possa essere ampiamente presente l’attività di scoperta da parte degli
alunni, possibilità del resto perfettamente consentita da un ipertesto che proponga veri e propri
itinerari esplorativi nel sapere. Nella costruzione di un percorso ipertestuale per un lavoro limitato
ad una classe possono essere sufficienti anche solo i tradizionali software “Word” e “PowerPoint”:
questo significa che tecnicamente la realizzazione di un ipertesto risulta accessibile a qualunque
docente; altra storia è, ovviamente, la sua effettiva efficacia didattica. Facendo uso nella pratica
scolastica di un percorso ipermediale, il valore – già in sé rilevante – dell’apprendimento
cooperativo, il famoso cooperative-learning, si arricchisce non solo delle notevoli possibilità
offerte dalla tecnologia informatica, ma anche di quella considerevole curiositas che, immancabilmente, scaturisce negli studenti di fronte ad un tema del tutto inconsueto. Dalla fertile
sinergia tra ipertesto e trasversalità di ricerca, i discenti, a qualsiasi livello dell’istruzione, ricavano
la possibilità di acquisire strumenti di conoscenza piuttosto agevoli, in grado di attraversare tutti i
campi del sapere e fortemente validi in direzione di quella “lettura della realtà” assunta come
finalità fondamentale della scuola d’oggi e di fatto irrealizzabile facendo uso dei soli mezzi
tradizionali dello scibile disciplinare.
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Tra i vantaggi dei sistemi ipermediali possiamo annoverare la loro flessibilità e la loro
aggiornabilità: un ipermedia si presenta come una struttura aperta e per ciò stesso si presta
benissimo all’aggiornamento dei propri contenuti perché reca in sé una rappresentazione
dinamica della conoscenza che può essere arricchita in ogni momento di nuovi nodi e nuove
informazioni; il che significa – in soldoni – che un ipertesto, partendo da un’idea di base, può
essere ri-utilizzato dal docente, previo apporto di alcune modifiche in ragione delle nuove
necessità contingenti, a tutti i livelli dell’istruzione scolare. Un altro buon motivo per adottare
l’ipermedialità a scuola è il potenziale che essa racchiude in prospettiva di una valorizzazione del
pensiero critico: spesso, infatti, gli studenti incontrano difficoltà a cogliere le relazioni che sono
presenti all’interno di un testo e conseguentemente traggono un’informazione parziale da ciò che
leggono; nell’ipertesto questo possibile deficit di comprensione non si verifica, perché i
collegamenti ed i nessi tra gli argomenti favoriscono la concettualizzazione attraverso una visione
globale del tema affrontato. Anche lo sviluppo del pensiero trasversale trova un buon conduttore
nell’ipermedialità, a contatto con la quale il discente viene sollecitato di continuo ad effettuare
collegamenti logici sia all’interno dello stesso documento sia fuori dal testo medesimo: lo studente
iperlettore amplifica il suo spettro di analisi applicando all’oggetto d’indagine un ragionamento
trasversale, interdisciplinare e multimediale. La lettura diventa dunque multiprospettica ed
acquisisce nuove dimensioni: in questo caso l’ipermedialità aggiunge un ulteriore significato alla
fruizione del testo creando attorno allo studente un ambiente quanto più prossimo a quello reale.
Così, gli ipermedia costituiscono un interessante supporto alla didattica purché il loro impiego sia
preceduto da un’attenta progettazione che prenda in considerazione non solo le componenti
tecnologiche che si inseriscono nell’intervento didattico ma anche gli elementi umani e sociali nei
quali ha luogo il processo di apprendimento.
La navigazione in un ipertesto – come spesso accade quando l’utilizzo di questi strumenti a
scuola non è pianificato e viene proposto sporadicamente – non deve essere vissuta dagli
studenti-iperlettori come un gioco o, peggio, come un passatempo: la dimensione ludica è solo
l’input verso l’acquisizione da parte degli alunni di un uso consapevole dei nuovi strumenti che la
tecnologia offre nel campo dell’insegnamento-apprendimento. Non si propone un ipertesto per
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essere considerati insegnanti à la page, trovando in questo un escamotage per evitare la noiosa
lezione frontale, che chiaramente per certa parte non può essere sostituita: invece, si fa uso degli
strumenti ipermediali a scuola al fine di stimolare una concreta motivazione nei ragazzi attraverso
un approccio vicino alla loro quotidianità fatta di computer, di media e di rete molto più di quanto
non sia costituita da libri o carta stampata in genere. Fino a quando si continuerà a considerare
l’aula di informatica un luogo di svago o comunque di digressione – o trasgressione – dalla routine
scolastica scandita da interminabili lezioni a volte più uggiose per gli insegnanti stessi che per gli
alunni, la strada da percorrere in direzione di una scuola che sappia recepire le sollecitazioni
dell’ambiente e fornire agli studenti gli alfabeti per leggere la realtà che li circonda, sarà, ahimè,
ancora lunga.
Ad ogni modo, la realizzazione di un ipertesto all’interno di un percorso di educazione
letteraria nella scuola media si inserisce, a mio parere, in quella linea didattica focalizzata sulla
necessità di sollecitare l’attenzione e l’interesse nei ragazzi per mezzo di un approccio all’analisi
testuale condotta a mo’ di quiz televisivo, a fronte del fatto che il gioco basato sui quesiti
rappresenta, a mio avviso, una modalità di fruizione del sapere che séguita a riscuotere un certo
successo nell’ambito di quella continuità tra passato e presente che propone format di vecchia
data in chiave moderna: tutto ciò all’insegna della costruzione di una nuova identità e della
ridefinizione di ruolo da parte di una scuola aperta alla tecnologia ed agli strumenti di cui la società
attuale si serve per trasmettere informazioni e comunicare.
Orbene, l’ipertesto da me realizzato si basava sulla semplice versione in “Power-point” delle
schede per l’analisi e la comprensione del testo che vengono usualmente presentate ai ragazzi in
classe. L’idea era quella di proporre, in seguito alla lettura della parodia disneyana e del racconto
di Poe, un’attività laboratoriale nella quale l’insegnante potesse condurre un gioco innescato sulla
falsariga del quiz televisivo, dividendo i ragazzi in squadre e dando il via alle domande, magari
anche (nella realtà però si è trattato solo di gratificazioni verbali) con tanto di punteggio e premio
finale al gruppo che avesse totalizzato il maggior numero di risposte esatte. Naturalmente questa
è solo una delle tante possibili ipotesi di lavoro: nella pratica didattica un ipertesto siffatto può
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essere utilizzato anche a prescindere dal gioco, come verifica condotta con un metodo un po’ più
tecnologico del solito.
Ritengo che questa modalità di insegnamento possa essere molto proficua, soprattutto
nell’interazione con ragazzi di scuola media, che ancora mantengono un legame con la dimensione
ludica dell’apprendimento. Inoltre, penso che il confronto visivo tra le vignette disneyane ed alcuni
stralci del racconto di Poe possa risultare molto più incisivo della semplice scrittura guidata verso
l’esecuzione dell’esercizio richiesto, in particolar modo per quegli alunni più restii a consegne
relative all’analisi testuale.
Infine, il libro sullo schermo lancia secondo me l’importante messaggio per cui ciò che fa di un
testo uno strumento di comunicazione non è il canale di trasmissione bensì il testo in sé, altresì
detto: possiamo anche mettere i racconti di Poe – o qualsiasi altra opera letteraria – in rete, ma se
la rete non può fare a meno del testo per parteciparlo al suo esterno, il testo invece esiste
tranquillamente e continuerà ad esistere anche al di fuori della rete.
La mia esperienza didattica ha riscontrato un’enorme partecipazione da parte dell’intera
classe: i ragazzi hanno imparato ad apprezzare un’opera letteraria del passato, divertendosi a
confrontarla con un fumetto moderno.
Ciò che mi ha dato la misura del successo dell’iniziativa è stata la richiesta da parte degli alunni
di altri testi di quel genere e/o dello stesso autore del racconto, particolare che mi ha permesso di
introdurre in classe alcuni cenni circa la vicenda biografica di Poe, che è stata accolta dai ragazzi
con interesse.
Mi sembra un particolare non trascurabile il tener conto del fatto che Gli assassinii della Rue
Morgue è un racconto complesso, lungo e pieno di pause riflessive: il lessico non risulta di facile
intelligibilità e, anche se al fine di una più agevole riuscita dell’esperimento ho avuto cura di
scegliere un’edizione per ragazzi, globalmente l’opera si presenta piuttosto impegnativa e richiede
senza dubbio una notevole dose di attenzione e concentrazione. Tuttavia, la storia è stata molto
apprezzata dagli alunni, soprattutto in quelle parti che sfiorano un certo gusto per il macabro e per
l’orrore tipico della generazione dei nostri ragazzi.
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Quel che più conta, però, non è il gradimento di quest’opera in sé, bensì il fatto che quello che
parlando con gli alunni avevo scherzosamente definito “esperimento” ha funzionato: la molla è
scattata, il piacere della lettura è stato stimolato ed ecco che durante le lezioni successive alcuni
ragazzi mi mostravano altre parodie Disney di classici della letteratura, individuate
autonomamente… Mi sento perciò di poter affermare con sicurezza – anche sulla base degli esiti
del questionario di gradimento dell’attività didattica da me somministrato – che quest’esperienza
didattica si è rivelata pienamente positiva.
Ma allora, qual è la ragione per cui, nell’ambito di un lavoro basato fondamentalmente sul
concetto del piacere di leggere, si è ritenuto opportuno fare uso di un PowerPoint per la
comprensione del testo? È noto come la didattica della letteratura nella scuola media non miri
tanto all’analisi ed all’ermeneutica del testo da parte individuale degli alunni quanto – e
soprattutto – a promuovere e/o consolidare nei ragazzi il piacere della lettura… Fatta salva
quest’istanza didattica, tuttavia, a parer mio non è però condannabile nemmeno un’impostazione,
di tipo più tradizionalmente “scolastico”, che non intenda fornire al ragazzo una chiave di lettura
del testo già svolta bensì aiutarlo a costruirsela autonomamente attraverso un percorso snodato
su domande esplicative mirate che non reprimano sul nascere l’ingegno dello studente. Si
obietterà che una linea siffatta sembrerebbe collocarsi in maniera più o meno marcata sulla scia
dello strutturalismo: io non credo però che in questo contesto si tratti di uno strutturalismo
integralista ed ottuso; anzi, a volte i ragazzi manifestano naturale predisposizione per la
comprensione del testo e riescono a divertirsi nello sciogliere espressioni a loro lontane o
sconosciute, a provare gusto nell’operare confronti, a vivere infine in una dimensione ludica
l’esercizio del trovare analogie e differenze.
Anche in questo caso, come sempre, è compito dell’insegnante calibrare gli interventi didattici
(metodi e strategie) alla classe: certo i figli del Duemila appaiono meno propensi di altre
generazioni ad affrontare le asperità per le quali bisogna necessariamente1 passare per giungere
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Checché ne dica Pennac, col quale io concordo pienamente in linea di principio ritenendo però poco applicabile nella
scuola un approccio al libro del tutto avulso dalla pratica della riflessione sul testo. Se non altro perché ci accade,
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ad astra… quello che veramente conta però, e che ci sta a cuore, è che non si perda il senso della
lettura e della comprensione del testo come piacere, e ben venga se la strada deve percorrere
luoghi più agevoli di quelli battuti nel passato: l’importante è che, invasi come sono dal
bombardamento mediatico, snaturante e simultaneo, i nostri ragazzi sappiano scoprire il fascino
della lettura e riescano a gustarne l’immenso piacere… sarà già un enorme traguardo per
l’insegnante aver portato i propri alunni vicino all’universo-libro in una società che
programmaticamente ed empiamente fa del libro spazzatura: forse questi ragazzi privilegiati
avranno in una mano il libro e nell’altra il mouse… beh, che dire?: beati monoculi in terra
caecorum…
D’altra parte, durante l’esperienza didattica ho avuto cura di presentare il PowerPoint non solo
come un arricchimento finalizzato alla comprensione del testo ma anche come un gioco, una
specie di quiz televisivo: infatti non ho rilevato nella classe intolleranza bensì entusiasmo per
quell’esercizio… Anzi, proprio per questo motivo ho scelto di proporre ai ragazzi un testo “reale”,
concreto, tangibile, un libro: chiaramente lo stesso brano di Poe avrei potuto trovarlo in
qualunque antologia, infarcito di note, contro-note, domande, commenti, semplificazioni… Ma
l’idea di offrire il PowerPoint come qualcosa di “posticcio” rispetto al testo era in linea con la mia
ferma intenzione di non confondere appunto il testo con la riflessione sul testo, proprio perché i
due momenti non venissero percepiti dai ragazzi come un tutt’uno… Io non credo che la posizione
delle porzioni testuali nello spazio sia una questione indifferente per quel che riguarda la
letteratura: esiste, è sottintesa e consolidata, una consuetudine per cui i testi di studio (antologie,
tesi, ricerche etc.) pongono in nota quanto è meta-testuale, ciò che, verbatim, si presenta al di là
del testo, oltre il testo… Si tratta quindi, per quel che riguarda il PowerPoint, non di una
pedantesca sottigliezza, bensì del rispetto di una precisa gerarchia che orienta il lettore e nel caso
specifico, trattandosi di un lettore inesperto, può evitare di dar luogo a dannose sovrapposizioni e
indipendentemente dalla nostra volontà e per ragioni facilmente intuibili, di non trovarci nella situazione delle scuole
filosofiche greco-antiche e di non poter pertanto intrattenere con i nostri discipuli conversazioni che esulino troppo
dal contesto didattico meramente inteso…
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fuorvianti fraintendimenti tra ciò che il testo letterario è e ciò che fa da contorno al testo ma senza
dubbio letteratura non è.
Un’esperienza didattica condotta sul concetto del piacere di leggere intendeva verificare sul
campo, in classe, il concreto vantaggio di un impianto metodologico diverso rispetto a quello
tradizionale, perché non si finisse in buona sostanza – come spesso accade, purtroppo – per
cambiare l’involucro ma non il contenuto. La didattica di tipo laboratoriale, prevista dal nuovo
modo di pensare e proporre la scuola, reca in sé enormi potenzialità e lascia spazio ad un
approccio creativo da parte dei docenti: in quest’ottica si inserisce l’idea di avvicinare i ragazzi ai
“classici” della letteratura attraverso i fumetti disneyani.
Certamente appare palese nel corso del tempo la ricerca, da parte degli insegnanti, di una
“semplificazione” nello studio della letteratura che i ragazzi devono affrontare: il dibattito relativo
all’educazione letteraria ha se non altro sfrondato l’apparato antologico tradizionale ad uso
didattico di eccessi, ridondanze e lectio difficilior. Ci si è adeguati ai tempi nuovi, alle
trasformazioni di una società votata al continuo e repentino cambiamento: probabilmente si è
ritenuto – forse a ragione – di facilitare il lavoro di studenti che sembrano dover affrontare
ostacoli maggiori dei propri predecessori nell’approccio alla letteratura; ciò non deve stupire,
perché se è vero che le generazioni più giovani sono sollecitate da stimoli di svariata natura e per
ciò stesso danno apparentemente l’impressione di essere sotto certi aspetti di gran lunga
“evolute” rispetto a quelle precedenti, è vero anche che i nostri ragazzi sono disorientati dalla
mole mediatica con la quale convivono e nella quale difficilmente sanno destreggiarsi con perizia,
cosicché risulta – ahimè – facilmente rilevabile l’impaccio che essi incontrano quando si trovano di
fronte alla carta stampata che non ha fili, tasti, collegamenti… eppure come e bene sappiamo, tutti
noi amanti delle lettere, che non esiste nulla di più ipertestuale di un libro!!!, che non c’è niente di
più aperto, di più profondo, di più libero e di più nostro di un libro! Ora, al di là di voli pindarici ed
elogi alle litterae nostre amiche fidate, ben vengano le facilitazioni nello studio se costituiscono i
primi mattoni per la costruzione di una strada che porta alla letteratura.
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Quanto alla pratica didattica della riflessione sul testo finalizzata ad una sua migliore
comprensione, dell’estremismo di Pennac che vorrebbe gli insegnanti in primo luogo dispensatori
del piacere gratuito della lettura, raccolgo le istanze positive dell’idea di fondo – che mi affascina e
mi trova concorde – ma mi pare di poter rilevare che per il momento, come sempre, natura non
facit saltus, ciò soprattutto nel mondo della scuola nel quale in particolare i cambiamenti
avvengono lentamente e per gradi: nel caso dell’uso di un PowerPoint per la comprensione del
testo durante un’attività volta al piacere di leggere, si tratta per ora rispetto all’insegnamento
tradizionale, a mio parere, di una continuità nella diversità e ciò non è necessariamente un fattore
negativo, anche perché non serve a nulla cambiare gli strumenti di lavoro se non muta l’idea di
didattica della letteratura da parte di chi ne fa uso, cioè dei docenti.
Last but not least, è mia ferrea convinzione il fatto che l’idea di promuovere e/o rafforzare nei
ragazzi il gusto per la lettura possa essere sì di grande aiuto per l’insegnante ma certamente non
ne sostituisca il personale contributo e la passione con la quale egli stesso, studioso e
profondamente innamorato della letteratura, deve impegnarsi a cogliere i “fiori” da donare ai
propri allievi in giardini sempre più ampi, sempre diversi, sempre più lontani: in questo senso, non
basta offrire, sic et simpliciter, i libri ai ragazzi aspettandosi che essi li leggano e, forse, li amino.
Trasmettere il proprio amore per la letteratura non significa esaurire questo compito
nell’insegnare la letteratura, bensì aprire i giovani alla ricerca individuale della letteratura stessa:
essere un arco che scocca frecce floreali verso il domani.
Luisa Gallone
DOL - F6
4 dicembre 2009
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