Roland Barthes, il potere del linguaggio

Transcript

Roland Barthes, il potere del linguaggio
SCIENZE E RICERCHE • N. 22 • 1° FEBBRAIO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE
Roland Barthes, il potere del linguaggio,
la seduzione dei significati
GIAN PAOLO CAPRETTINI
Università degli Studi di Torino
La semiologia ha qualche rapporto
con la passione del senso: la sua
apocalisse e/o la sua utopia? R.B.
R
1. LA VITA
oland Barthes nasce a Cherbourg, in Normandia, il 12 novembre 1915. L’anno
dopo, morto il padre in guerra, si trasferisce con la madre a Bayonne. Conduce una
vita con notevoli ristrettezze economiche
(“sono stato allora un borghese, ma povero”), si stabilisce
poi a Parigi, dove frequenta il liceo. Ammalato di tubercolosi polmonare trascorre periodi di convalescenza sui Pirenei, accompagnati dalla intensa lettura di autori classici e
moderni. Laureato in
lettere classiche alla
Sorbonne, fonda un
teatro di studenti in
cui si cimenta anche
come attore. Lettore
di francese in Ungheria, professore di Liceo a Biarritz, la sua
malattia ha frequenti
ricadute che lo obbligano al ricovero in
vari sanatori svizzeri
(1943-46). Tornato
a Parigi nel ’47 inizia la collaborazione
alla rivista marxista
“Combat”, nel ’49
è a Bucarest presso
l’Istituto francese di
Cultura, poi ad Ales- Roland Barthes
sandria d’Egitto, dove è lettore di francese nell’Università
e dove conosce il linguista Algirdas J. Greimas che lo introduce alla linguistica strutturale. Rientra poi a Parigi e
nel 1952 ottiene una borsa del CNRS per scrivere una tesi
(che non realizzerà) sul vocabolario della questione sociale
in Francia attorno agli anni Trenta dell’Ottocento. Collabora
alla rivista “Théâtre populaire” e si esprime in favore della
drammaturgia di Bertolt Brecht, procurandosi molte inimicizie nel mondo intellettuale. Lavora alle Editions de l’Arche,
poi è riammesso al CNRS grazie all’intervento dello storico
Fernand Braudel e dal 1962 al 1977 è titolare della Cattedra
di Sociologia dei segni, dei simboli e delle rappresentazioni
presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, poi
è chiamato al Collège de France. La sua notorietà in Italia
data a partire dalla metà degli anni Sessanta, in rapporto alle
traduzioni delle sue opere presso l’editore Einaudi, alla cui
Enciclopedia collaborerà, con alcune voci
scritte anche con allievi, sino alla morte
(1980, sopravvenuta a
seguito di un incidente). Le sue opere hanno incontrato grande
fortuna, a cominciare
da Il grado zero della
scrittura (1953) sino
a La camera chiara.
Nota sulla fotografia
(1979-80). Assai note,
discusse e apprezzate
in quegli anni - meno
successivamente - le
sue importanti ricerche, da Saggi critici
(1963) a Elementi di
semiologia
(1964),
5
SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 22 • 1° FEBBRAIO 2016
da Miti d’oggi (1957) a La retorica antica (1970), da Sistema della moda (1967)a Frammenti di un discorso amoroso (1977), da Critica e verità (1966) a Il piacere del testo
(1973). Nel Barthes di Roland Barthes (1975, trad. it. p. 30)
riconsidera se stesso, la sua formazione e la sua vita pubblica
e privata attraverso una serie di schede, privilegiando quella
scrittura frammentaria con la quale talora si esprimeva, leggendo nella propria infanzia “in trasparenza la parte oscura
di me stesso, la vulnerabilità, la tendenza alle disperazioni
(fortunatamente plurali)”.
2. LA RI-FONDAZIONE DELLA SEMIOLOGIA
A Barthes dobbiamo la rifondazione della semiologia, la
scienza dei segni che il linguista ginevrino Ferdinand de
Saussure aveva annunciato all’inizio del XX secolo, prefigurandola come la strada maestra delle scienze sociali. Gli
Elementi di semiologia di Barthes escono nel 1964 e subito
Elio Vittorini li individua come una piccola grande opera
di svolta: saranno tradotti da Einaudi nella collana “Nuovo Politecnico” e determineranno un forte interesse. E’ una
rifondazione che contiene un capovolgimento: “Si deve insomma ammettere sin d’ora la possibilità di rovesciare, un
giorno, l’affermazione di Saussure: la linguistica non è una
parte, sia pure privilegiata, della scienza generale dei segni,
ma viceversa la semiologia è una parte della linguistica: e
precisamente quella parte che ha per oggetto le grandi unità
significanti del discorso” (trad.it. 1966, p. 15).
Sono gli anni dello strutturalismo e la lingua appare come
un sistema di segni dominante e modellizzante, accanto al
quale e grazie al quale possono trovare significazione altri
sistemi, altri linguaggi come la moda, le arti, la pubblicità. “La funzione dell’impermeabile è di proteggere contro
la pioggia, ma questa funzione è indissociabile dal segno
stesso di una certa situazione atmosferica; poiché la nostra
società non produce se non oggetti standardizzati, normalizzati, questi oggetti sono necessariamente le esecuzioni di un
modello, le parole di una lingua, le sostanze di una forma
significante”.
Qualche anno dopo Barthes pubblica La retorica antica,
una guida molto limpida e ben articolata derivata da un seminario accademico, che fornisce gli strumenti essenziali
dell’analisi del discorso e del suo reticolo di figure retoriche,
le quali, ai fini della persuasione, ne organizzano il senso di
fronte a un uditorio o più in generale a un pubblico.”Molti
tratti della nostra letteratura, del nostro insegnamento, delle
nostre istituzioni (…) sarebbero chiariti o compresi diversamente se si conoscesse a fondo (…) il codice retorico che
ha dato il suo linguaggio alla nostra cultura”, una “cultura
di massa” contrassegnata dalla “norma maggioritaria”, dalla
“opinione corrente”, che si offre con “l’omogeneità ottimale
di un metalinguaggio” (trad.it. 1972, p. 109). Affermazione
pienamente ancora valida se pensiamo che oggi i social media hanno determinato la perfetta coincidenza fra contenuti
veicolati e loro modalità di espressione, compreso il criterio
dell’immediatezza del feedback, dell’attesa necessaria di
6
una risposta simultanea, dati che Barthes allora poteva soltanto immaginare.
3. SCRIVENTI E SCRITTORI
Credo che si debba partire da qui per comprendere che
poi il Barthes che parla del piacere del testo, del godimento offerto dai linguaggi, del richiamo alla significanza come
margine del senso, dei ragionamenti sul controllo sociale,
ha ben presenti le concettualizzazioni che le scienze del linguaggio hanno fornito nel secondo Novecento ma ne vede i
limiti alle prese con la soggettività umana.
Il suo punto di avvio, già provocatorio, sta ne Il grado
zero della scrittura (1953) e nella distinzione tra ‘scrivente’
e ‘scrittore’ (si veda poi Critica e verità, del 1966): scrivente
è chi utilizza la scrittura a fini transitivi, comunicativi, una
scrittura effimera che “sostiene un fare” e che inevitabilmente passa, scrittore è invece chi realizza testi dominati dall’esigenza del “come scriverli”, testi che poi finiscono per non
appartenergli più, che restano e diventano oggetto di riflessione. Profezia sicuramente, quasi ad anticipare l’uso della
parola nei social, una parola corporea che appare servile
rispetto alle immagini, che non ha una sua indipendenza, un
suo senso proprio.
Ma a questo proposito Barthes incalza in altre sue opere,
quando mette in guardia dal valutare le opere d’arte come se
dovessero avere un unico senso accettabile, un banale senso comune e invece non si vedesse quanto dipendono dalle strutture del desiderio, dalla varietà incessante delle domande che pongono. Il senso univoco, totalitario agisce nel
mondo dei mass media. “Le istituzioni ufficiali di linguaggio
– scrive ne Il piacere del testo (1973) sono macchine per
ripetere: la scuola, lo sport, la pubblicità, l’opera di massa, la
canzone, l’informazione, ridicono sempre la stessa struttura,
lo stesso senso, perfino le stesse parole: lo stereotipo è un
fatto politico”.
E ancora: mentre la semiologia, nelle sue pretese scientiste, punta a reperire e sottolineare tutto il già detto, fra tradizione e controllo, che è insito nelle opere, allontanandosi
dalla personalità dell’autore, Barthes ci appassiona invece a
non perdere di vista la “paternità formidabile” delle opere
letterarie, la “persona civile, passionale, biografica” di ogni
autore (trad.it. pp. 26-27). Ma non bisogna dimenticare che
in Critica e verità (1966) – cinquant’anni fa ! – difendeva
la necessità di cogliere “la specificità della letteratura (…)
all’interno di una teoria generale dei segni: per avere il diritto di difendere una lettura immanente dell’opera, occorre sapere che cosa sia la logica, la storia, la psicanalisi; in breve,
per restituire l’opera alla letteratura bisogna precisamente
uscirne e far ricorso a una cultura antropologica” (trad.it.,
p. 33).
Dunque, occorre immettersi nel mondo affettivo, psicologico dell’autore e parallelamente concepire una critica come
traversata di sistemi di segni linguistici diffusi e di valori
impersonali. L’assolutamente individuale, il proprio di ogni
stile e di ogni espressione assieme al relativismo di ogni cul-
SCIENZE E RICERCHE • N. 22 • 1° FEBBRAIO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE
tura, il testo con il suo autore – e i suoi lettori – e il contesto
con i suoi soggetti, i suoi media e le sue regole.
4. SEDUZIONE E UTOPIA
In queste contraddizioni, tra il richiamo di una scienza dei
significati pienamente razionale e l’abbandono invece alla
significanza, alla frammentarietà, agli aspetti magmatici e
incandescenti dei linguaggi, sta la scommessa di Barthes, nei
suoi movimenti alterni tra osservazioni leggermente compiaciute e magari deliranti e invece momenti di straordinaria
lucidità.
Da una parte il Barthes che interroga il “sistema della
moda” di cui spiega il funzionamento ideologico, tra abiti
mostrati e abiti descritti, che ne mostra la logica soggiacente aiutandoci a decifrarla mediante costanti e varianti come
in una lingua, dall’altra parte il Barthes che svela le mitologie contemporanee e che scrive pagine brillanti, incisive
sui giocattoli, l’automobile, la crociera, il jet, il pugilato, la
plastica: “il mondo intero – scrive nel 1956 – può essere plastificato, e perfino la vita, poiché, sembra, si cominciano a
fabbricare aorte di plastica”.
“Indubbiamente – avverte in uno splendido scritto sul
mito, nel 1965 – il fatto che non possiamo andare al di là di
una presa instabile del reale è la misura stessa della nostra
alienazione di oggi: oscilliamo continuamente tra l’oggetto
e la sua demistificazione, incapaci di rendere la sua totalità”.
Bisogna vincere la “lacerazione del mondo sociale”: quello
che dobbiamo cercare è “ una riconciliazione del reale e degli uomini, della descrizione e della spiegazione, dell’oggetto e del sapere” (trad.it. in Miti d’oggi, 1974, p. 238).
E a questo fine Barthes non si sottrae dal mettersi alla prova, dal consegnarsi (qualche volta anche compiaciuto) alla
valutazione del lettore: ecco allora la sua infanzia, il mondo degli affetti riconsiderato attraverso la fotografia, questo
mezzo “che riproduce all’infinito ciò che ha avuto luogo
solo una volta”, secondo modalità che riecheggiano insieme
Proust e Brecht, ossia l’immersione nella memoria dei luoghi e degli affetti, insieme però alla passione politica di un
“borghese povero” che aveva letto Marx, ecco la “frammentarietà” del discorso amoroso e delle sue pieghe, alludendo
piuttosto che dichiarando la propria omosessualità.
Possiamo, per concludere, pensare al Barthes, autorevole
professore ammesso con ogni onore al Collège de France:
nella lezione inaugurale condurrà con l’ ironia un po’ boriosa e con l’ astuta piaggeria del vero francese un ragionamento sul potere, promuovendo tuttavia a buon diritto la
letteratura come “ magnifica illusione che permette di concepire la lingua al di fuori del potere, nello splendore di una
rivoluzione permanente del linguaggio” (Lezione, trad. it.
pp. 10-11); oppure possiamo pensare al Barthes che ascolta,
in solitudine malinconica voci, suoni e rumori in un bar e ne
descrive lo strano incantesimo.
Barthes comunque personaggio di se stesso, consapevole
che “la significazione diventa il modo di pensare del mondo
moderno, un po’ come il “fatto” ha costituito precedentemente l’unità di riflessione della scienza positiva” (La cucina del senso, 1964).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
R. Barthes, Elementi di semiologia, trad.it. Einaudi 1966.
R. Barthes, La retorica antica, trad. it. Bompiani 1972.
R.Barthes, Miti d’oggi, trad. it. Einaudi, Torino 1974.
R. Barthes, Il piacere del testo, trad.it. Einaudi, Torino
1975.
R. Barthes, Barthes di Roland Barthes, trad. it. Einaudi,
Torino 1980.
R. Barthes, Lezione, trad.it. Einaudi, Torino 1981.
G. Marrone, Il sistema di Barthes, Bompiani, Milano
1994.
G. Marrone, Introduzione a R. Barthes, Scritti. Società,
testo, comunicazione, Einaudi, Torino 1998, pp. IX-XXXV.
7