G. BERTI, R. MORUZZO, P. SCARPELLINI, La conoscenza delle
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G. BERTI, R. MORUZZO, P. SCARPELLINI, La conoscenza delle
SOCIETA’ ITALIANA DI ECONOMIA AGRARIA XLVII Convegno di Studi “L’agricoltura oltre le crisi” Campobasso, 22-25 settembre 2010 LA CONOSCENZA DELLE DINAMICHE SOCIALI E LE NUOVE QUESTIONI PER IL FUTURO DELLE CAMPAGNE TOSCANE: UN’INDAGINE ESPLORATIVA PER LA PROVINCIA DI PISA Giaime Berti∗, Roberta Moruzzo∗∗, Paola Scarpellini∗∗∗ Abstract: In base a quanto riportato nell’ultimo rapporto OCSE, “l’approccio generale dell’Italia allo sviluppo rurale sembra ancora trascurare i pressanti problemi sociali nelle aree rurali in favore di un approccio fortemente settoriale in favore dell’agricoltura” (OCSE, 2009:216). In relazione alle sfide strutturali che caratterizzano la campagna contemporanea, i territori rurali si trovano di fronte alla necessità di pensare alla sperimentazione di modelli innovativi di sviluppo e di lavoro centrati sull’utilizzazione del capitale territoriale attraverso percorsi di promozione dei valori delle comunità e dell’identità rurale, di riscoperta e valorizzare delle radici delle comunità, ponendo nuova centralità ai processi di inclusione sociale. L’obiettivo del presente lavoro è quello di presentare i primi risultati ottenuti nell’ambito di un’esperienza di studio sulle dinamiche sociali realizzata sul territorio della Provincia di Pisa1, in particolare: descrivendo il profilo delle comunità rurali del territorio pisano, con particolare riferimento alle dinamiche sociali in atto; ∗ Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agro-ecosistema – Sezione Economia Agraria, Università di Pisa Dipartimento di Produzioni Animali – Sezione di Zooeconomia, Università di Pisa ∗∗∗ Laboratorio di Studi Rurali Sismondi 1 Il presente lavoro rappresenta una parziale sintesi esemplificativa di una ricerca finanziata dall’Agenzia per lo ∗∗ Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (ARSIA) e dalla Provincia di Pisa, che si concluderà a dicembre 2010, che si pone l’obiettivo di fornire un quadro dei processi sui principali cambiamenti nella struttura sociale delle aree rurali e sugli elementi di specificità delle aziende agricole conseguenti a tali cambiamenti. documentando il ruolo attivo dell’agricoltura all’interno di tali dinamiche attraverso l’analisi di casi di studio (tramite interviste e focus group). L’analisi riportata nel lavoro ha carattere eminentemente esplorativo, in quanto è finalizzata all’individuazione di trend e problemi piuttosto che ad una completa quantificazione dei fenomeni. Lo stimolo a presentare l’esperienza di studio condotta sul territorio pisano deriva essenzialmente dalla convinzione che la metodologia sperimentata e la field research realizzata, possano essere utilizzate nell’ambito della programmazione regionale e locale negoziata. Esse potrebbero favorire la riflessione, sul territorio rurale pisano con i portatori di interesse locali o con la comunità allargata, sulle modalità innovative di intervento a favore della rete sociale e dei sistemi produttivi delle aree rurali. Parole chiave: sviluppo rurale, dinamiche sociali, capitale sociale, programmazione locale 1. La nuova questione rurale: dall’approccio settoriale in favore dell’agricoltura all’interesse verso i pressanti problemi sociali delle aree rurali Le politiche di sviluppo rurale si sono basate su una lettura dei cambiamenti socioeconomici nelle aree rurali che ha consentito di individuare nuovi modelli di impresa e nuove forme organizzative sia a livello micro, di singola azienda, sia a livello meso, di contesto locale. L’approccio italiano allo sviluppo rurale, purtroppo, è ancora oggi dominato da una visione settoriale (supporto dell’agricoltura) e sembra considerare solo marginalmente i problemi sociali presenti nelle aree rurali (OCSE, 2009). L’allocazione delle risorse finanziarie all’interno del Piani di Sviluppo Rurale (PSR) rispecchia questa posizione; allo stesso tempo le politiche sociali non sono considerate in senso ampio, e mancano chiari obiettivi per soddisfare i bisogni sociali ed economici delle aree rurali. Questo approccio alle politiche appare in ritardo rispetto ai forti cambiamenti strutturali (sia economici che sociali) e sovrastrutturali (culturali e istituzionali) che hanno trasformato il mondo agricolo e rurale e ne hanno modificato i caratteri peculiari (valori, abitudini, tradizioni) che in passato distinguevano il rurale dall’urbano. La campagna “da luogo di dispersione e isolamento è divenuta elemento di connessione tra realtà urbane, luogo in cui si svolge parte della vita quotidiana di famiglie e gruppi sociali, contesto culturale e professionale con un legame più o meno forte con altri luoghi a diversi livelli di urbanizzazione” (Inea, 2009: 6). La popolazione che vive nell’area rurale si diversifica non solo in termini di settori economici ma anche di composizione sociale, accesso alle risorse, ai beni e servizi e altro; dunque non è possibile definirla solamente in relazione all’attività agricola. Un’analisi e una caratterizzazione dello spazio rurale necessita della comprensione delle molteplici forme attraverso le quali gli attori costruiscono i vincoli di identità partendo da riferimenti spaziali (Carneiro, 1998). Indurre opportunità economiche per le attività presenti nelle aree rurali, inoltre, sembra non essere di per sé sufficiente ad invertire le tendenze di pericoloso declino quali l’invecchiamento, lo spopolamento, la marginalità e far fronte a nuove pressioni come i flussi migratori che rischiano di compromettere gli equilibri delle comunità locali rurali. Al contrario, la crescita delle opportunità legate, ad esempio, ai servizi turistici oppure alla promozione delle produzioni locali, ha reso evidente la fragilità di questi sistemi comunitari: infatti il loro potere di attrazione è legato a valori immateriali non mercificabili, la cui esistenza è sottoposta ad una lenta erosione. Lo sviluppo di attività economiche e commerciali legate ai valori della ruralità ha posto l’accento sulla necessità di avviare una riflessione sul tema delle risorse umane (Di Iacovo, 2003) presenti in queste aree, sulla loro conservazione, sulla loro memoria e sulla possibilità di tenere vivo il mito di uno specifico modo di vivere e di essere nelle campagne. Obiettivo del presente lavoro risulta quello di fornire un quadro delle principali linee di tendenza dei processi sociali in atto nelle aree rurali, documentando il ruolo attivo dell’agricoltura pisana all’interno di tali dinamiche. La richiesta di conoscenza di tali fenomeni si collega alla necessità di garantire, da un lato, la continuità e il rafforzamento del tessuto produttivo e, dall’altro, di stimolare la tenuta e la crescita dei livelli socio-demografici nelle aree rurali, attraverso adeguati strumenti di programmazione locale. 2. Approccio metodologico Il lavoro è stato realizzato in tre diversi momenti, tra loro strettamente integrati: • un momento di informazione, per quantificare ed analizzare alcuni fondamentali fenomeni e tendenze che caratterizzano le dinamiche sociali nei territori rurali in generale e nella provincia di Pisa in particolare. Per realizzare questa fase è stato raccolto del materiale bibliografico ed è stata effettuata una diagnosi territoriale relativa alla provincia pisana. Nonostante esistano forti limitazioni in tale scelta, è importante sottolineare che la finalità del lavoro di ricerca non era tanto quella di ottenere un quadro completo ed omogeneo delle dinamiche sociali, quanto piuttosto quella di fornire un ordine di grandezza dei fenomeni analizzati; • una fase di organizzazione di focus locali volta ad allargare il dibattito sui fenomeni sopra riportati, socializzare il patrimonio di informazioni e raccogliere casistica rispetto alle problematiche conseguenti all’applicazione di tali fenomeni nell’ambito delle aziende agricole pisane; • una fase di verifica dei fenomeni che caratterizzano tali dinamiche sociali, attraverso interviste semi-strutturate ad aziende/attori del territorio pisano. Le interviste, analizzando le interconnessioni che si generano tra dinamiche sociali, comportamenti della famiglia e strategie d’impresa, hanno l’obiettivo di verificare come i fenomeni sociali presenti sul territorio e alcune caratteristiche della struttura familiare, possono influenzare la cessazione delle aziende o la nascita e il successo di “nuove” realtà imprenditoriali. La metodologia utilizzata per la realizzazione del lavoro è una metodologia di tipo partecipativo basata sulle tecniche della group facilitation. In particolare, le tecniche richiamate all’interno del lavoro risultano essere le seguenti: tecniche di rilevazione di gruppo (focus group2); tecniche di rilevazione individuale (interviste a testimoni privilegiati). Per assicurare una corretta gestione dell’intervista, è stato necessario: • definire dei criteri per la scelta dei partecipanti. La scelta dei testimoni da inserire nella ricerca (in tutto 153) è stata del tutto casuale, anche se è stata realizzata in modo da conciliare, per quanto possibile, due diverse esigenze: 2 Il focus group può essere definito come una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità. Tale tecnica risulta particolarmente appropriata per approfondire la conoscenza in riferimento alle motivazioni, ai comportamenti, alle opinioni e agli atteggiamenti di un gruppo di interlocutori rispetto alla problematica oggetto di studio. 3 Il presente lavoro riporta solo i risultati di 9 interviste ad agricoltori a cui seguiranno 6 interviste ad altri attori che vivono la campagna. avere un numero di soggetti non troppo elevato (al fine di agevolare la realizzazione delle interviste nei tempi previsti dalla ricerca) ma neppure troppo esiguo per non perdere in significatività dei risultati dell’indagine; inserire nel campione soggetti fortemente motivati in grado di raccontare esperienze di vita. • realizzare un questionario da utilizzare come traccia nel corso delle interviste. Il questionario è stato suddiviso in sette sezioni, ciascuna delle quali è stata articolata in specifiche domande. Al fine di agevolare la compilazione del questionario, e rendere maggiormente confrontabili le informazioni ottenute, le domande sono state proposte in modo strutturato, con risposte chiuse. Tuttavia, per valorizzare il contributo di ogni soggetto inserito nel campione, è stata fornita a ciascun intervistato la possibilità di integrare la parte strutturata del questionario con altre informazioni. 3. Perché occuparci delle nostre campagne I territori rurali presentano una forte dinamica evolutiva in conseguenza alle pressioni esterne e alla diversità delle risposte interne generate dai singoli contesti locali. Le traiettorie di cambiamento risultano essere eterogenee e ancora poco comprese. Una delle principali trasformazioni in atto riguarda l’avvenuta rottura dell’unitarietà culturale e sociale delle campagne. Come ha messo in luce Murdoch, oggi difficilmente può ancora essere utilizzato il termine univoco di “campagna”; è necessario parlare di “campagna differenziata” proprio per rappresentare la varietà degli spazi rurali (Murdoch et al. 2003), l’eterogeneità di aree in termini di caratteristiche strutturali e di processi di transizione. La complessità si presenta come un tratto dominante della struttura sociale, economica ed istituzionale della campagna contemporanea (Murdoch 2006). Guardando alla dimensione sociale, se la campagna ad una dimensione della fase fordista era dominata dagli interessi dell’agricoltura, la campagna rurale si presenta come più disomogenea, come un insieme di interessi differenziati in cui visioni diverse possono generare anche conflittualità. Si realizza così una trasformazione della società rurale in direzione di una maggiore dinamicità ed una diversificazione del tessuto sociale. Il secondo processo di cambiamento riguarda il passaggio da un approccio settoriale a un approccio territoriale. La multidimensionalità della “campagna differenziata” sopra richiamata rompe gli argini della settorialità della produzione (nell’ottica economica) e della comunità agricola (secondo la prospettiva sociale) e quindi degli interessi meramente agricoli e rimanda ad un punto di vista più complesso, quello del territorio, inteso come sistema di regolazione socio-economico locale collettivo, basato sulla corrispondenza tra struttura sociale e coordinamento della vita economica, che trae la sua connotazione dal patrimonio culturale ed istituzionale che si è formato ed evolve in un dato luogo. Per dirla con le parole di (Garofoli, 2003:31): “il territorio come sedimentazione di conoscenze e di comportamenti cooperativi ma anche come meccanismo istituzionale che rafforza la capacità di diagnosi e di intervento collettivo di correzione e di riposizionamento del sistema locale di fronte alle sfide del cambiamento e della competizione globale”. Il terzo processo di cambiamento riguarda l’eterogeneità fra condotte imprenditoriali e dinamiche istituzionali. La purisettorialità dello spazio rurale, la pluriattività della campagna (luogo di produzione, luogo di residenza, luogo di consumo –turismo e svago – etc.) ma soprattutto la complessità dei network rurali che definisco le relazioni socioeconomiche che organizzano le società rurali, rimandano alla necessità di una nuova organizzazione tra impresa (agricola e non agricola), comunità e località, che produca una nuova ricomposizione. La valorizzazione delle risorse si concretizza, quindi, attraverso interdipendenze fra imprese, famiglie ed istituzioni, in un processo osmotico tra sistema produttivo e comunità locale (Zanfrini, 2005). Nelle dinamiche di sviluppo della campagna contemporanea diviene centrale l’azione di «governance» intesa come “spazio sociale” attraverso cui: ri-generare una visione condivisa delle opportunità locali; consolidare un blocco sociale inclusivo dei portatori di saperi, anche quando dotati di una bassa capacità di rappresentazione dei propri specifici interessi; creare strutture e forme di comunicazione e di rappresentazione di interessi locali diffusi; creare risorse relazionali basate sulla fiducia e sulla reciprocità capaci di interagire con i valori del mercato e della tendenza all’appropriazione, a salvaguardia degli interessi collettivi; o definire meccanismi di creazione e di distribuzione di risorse, autorità e potere, tali da generare parità di accesso allo sviluppo sociale; assicurare strumenti e modalità di produzione di innovazione, attraverso il confronto con contesti esterni e per mezzo di una specifica capacità di adattamento alle condizioni sociali e fisiche locali; creare capacità di decisione, di rappresentanza e collaborazione nei confronti dell’esterno, siano essi contesti urbani o rurali, o, ancora, sedi di decisione sovra-locali (Di Iacovo, Scarpellini, 2006). La quarta trasformazione riguarda l’evoluzione dei modelli tecnico-economici di impresa e dei modelli di sviluppo locale (Brunori, 2010). La “campagna differenziata” è caratterizzata dalla multifunzionalità dell’agricoltura e dello spazio rurale (intesa come purisettorialità, plurifunzionalità – spazio di produzione e spazio di consumo, diversità sociale – movimenti della popolazione e diversificazione del tessuto sociale e nuove forme di organizzazione). In particolare, sono numerose le realtà aziendali che tendono a valorizzare con maggiore attenzione le componenti immateriali presenti nel territorio (cultura e produzioni locali, paesaggio, tradizioni, accoglienza, etc.) all’interno dei percorsi di valorizzazione aziendale, segno evidente di un nuovo modello di agricoltura, meno specializzato e più aperto all’interazione sul territorio, in un’ottica di multifunzionalità. “Le scelte multifunzionali di più facile attivazione sono quelle che trovano una valorizzazione economica sui mercati privati (commodities – accoglienza turistica, tipicità). Viceversa, ogni qual volta che l’offerta di beni e di servizi dell’azienda multifunzionale riguarda la produzione di beni pubblici (non commodities – paesaggio, biodiversità, interventi in campo sociale), emergono tutte le difficoltà derivanti dall’assenza di un quadro di riferimento organico” (Di Iacovo, 2009:42). Come ha sottolineato Brunori, da un esame di ciò che accade nelle nostre campagne, emerge che “la transizione al modello multifunzionale è ancora in itinere” (Brunori, 2010:3). Per tale motivo una strategia per la multifunzionalità “richiede azioni di supporto e accompagnamento fortemente territorializzate e individualizzate” (Belletti, 2009:20), che tengano conto delle diverse funzioni (ambientale, economica e sociale) dell’agricoltura. 4. Le specificità del territorio della Provincia di Pisa4 4.1. Il profilo delle comunità rurali del territorio pisano, con riferimento alle dinamiche sociali 4 Un ringraziamento alla dott.ssa Colosimo Vincenzina che ha realizzato nell’ambito del progetto la diagnosi territoriale per la provincia di Pisa e al dott. Andrea Fineschi che ha svolto le interviste ad alcune aziende agricole del territorio ed ha redatto un report sulle medesime. La responsabilità di quanto scritto è tuttavia da attribuire interamente agli autori dell’articolo. La lettura di un territorio può essere effettuata seguendo chiavi assai diverse. E’ evidente che obiettivo di questo lavoro è principalmente quello di evidenziare i fenomeni sociali che hanno influenza sulla vitalità delle aree rurali provinciali5. Dal punto di vista sociale il territorio provinciale si presenta come fortemente eterogeneo e, di conseguenza, ogni lettura sociale che non tenga conto dei valori di differenza, finisce per essere di scarso rilievo. Nella lettura contenuta nella diagnosi6, si è cercato, dunque, di aggregare il territorio provinciale (comprendente 39 comuni) sulla base delle aree omogenee definite dal Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Regione Toscana: poli urbani (zona A); aree ad agricoltura intensiva specializzata (zona B); aree rurali intermedie in transizione (zona C1); aree rurali intermedie in declino (zona C2); aree rurali con problemi complessivi di sviluppo (zona D). Dalla lettura incrociata delle informazioni relative alla variazione della popolazione con quelle della densità abitativa, iniziano ad emergere alcuni fattori di criticità per molte aree rurali della provincia, esposte ad un duplice rischio: quello del degrado sociale conseguente a fenomeni di rarefazione, invecchiamento e spopolamento; in altri casi, nei comuni rurali più vicini ad aree più densamente popolate, quello di una nuova espansione della popolazione con caratteri, però, prevalentemente urbani. In generale, l’analisi dei dati relativi alla dinamica demografica della Provincia di Pisa (tabella 1), mostra, riferita alla consistenza della popolazione, una situazione piuttosto stabile: anche se a livello provinciale si osservano aree che continuano a perdere un numero importante di residenti, ve ne sono altre (tra cui ricadono i territori cosiddetti rurali) interessate da recenti fenomeni di ripopolamento7. La densità abitativa assume per il territorio provinciale valori in linea con quello medio regionale, anche se il dato medio nasconde una situazione piuttosto difforme sul 5 Nonostante la diagnosi territoriale sviluppata nell’ambito del progetto di ricerca sia stata più ampia ed estesa anche agli assetti produttivi in agricoltura e al profilo delle stesse aree rurali presenti sul territorio provinciale, il presente lavoro riporta solo una sintesi dei principali aspetti legati alle dinamiche sociali. 6 Le informazioni raccolte nella diagnosi territoriale realizzata nel progetto di ricerca si integrano con quelle riportate all’interno del Piano Locale di Sviluppo Rurale (PLSR) della Provincia di Pisa per il periodo di programmazione 2007-2013. 7 I dati delle aggregazioni proposte nascondono, tuttavia, a livello di singoli comuni, situazioni assai variegate: ad esempio, tra i comuni della zona C1 abbiamo comuni come Volterra e Pomarance dove la popolazione si contrae di oltre l’11% e comuni quali Casciana Terme che rilevano incrementi della popolazione significativamente importanti (pari ad oltre il 15%). territorio. I valori più elevati si riscontrano in aree caratterizzate fra l’altro da una favorevole collocazione fisica del territorio e da buone condizioni di accessibilità8. La presenza di quote importanti di residenti che abitano in case sparse9 – tradizionalmente interpretato come un fenomeno legato alle marcate caratteristiche di ruralità di alcuni territori - può essere collegato alla recente tendenza a spostarsi dai centri di nuclei familiari giovani che cercano in questa tipologia di modelli abitativi, stili di vita non più compatibili con i centri urbani e, probabilmente, costi più contenuti delle abitazioni. Tabella 1: Inquadramento generale del territorio Zone PSR Zona A – Poli Urbani Zona B - Aree ad agricoltura intensiva specializzata Zona C1 - Aree aree rurali intermedie in transizione Zona C2 - Aree rurali intermedie in declino Zona D - Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo Provincia Regione Pop. tot (2009) Pop.res. (2005) Pop. tot (2001) Pop. tot (1991) Sup. Kmq (2005) Densità Kmq/ab. (2005) Pop. nelle case sparse (2001) Pop. nelle case sparse/ pop. totale (%) 130.615 128.365 127.241 137.452 251,06 511,29 3.555 2,79 143.812 136.253 129.655 121.845 386,20 352,80 10.478 8,08 109.545 106.619 102.642 101.006 973,12 109,56 13.431 13,09 24.425 23.627 23.009 22.804 678,92 34,80 5.557 24,15 1.881 410.278 1.928 396.792 2.008 384.555 2.178 385.285 155,08 2.444,38 12,43 162,33 631 33.652 31,42 8,75 3.707.818 3.619.872 3.497.806 3.529.946 22.990,18 157,45 282.948 8,09 Fonte: Istat, Regione Toscana Accanto a fenomeni sociali consolidati e tipici di aree con caratteristiche di profonda ruralità, si assiste a fenomeni di rinnovamento che contraddistinguono parte del territorio rurale provinciale. In particolare, le comunità locali sembrano essere sottoposte a un saldo naturale negativo e ad un effetto di rimescolamento dovuto alle nuove presenze che entrano nell’area (tabella 2). I fenomeni migratori appaiono di duplice natura. Una prima parte, legati a fenomeni di nuova residenzialità o al 8 I comuni più densamente popolati sono i comuni di Santa Croce sull’Arno, Ponsacco e Calcinaia con oltre 600 abitanti/kmq (rientranti in zona A e B); quelli con valori più bassi dell’indicatore sono i comuni di Monteverdi Marittimo (zona C2) e Montecatini Val di Cecina (zona D) che ospitano sul loro territorio, rispettivamente 7,6 e 12,4 abitanti/kmq. 9 Nei comuni più rurali di Castellina Marittima (zona C2), Montecatini Val di Cecina (zona D), Riparbella (zona C2) e Santa Luce (zona C2), ben oltre il 30% della popolazione si distribuisce in “case sparse” del territorio comunale, contro il 8,7% della media provinciale. diffondersi delle seconde case in ambito rurale. Si tratta di nuovi ceti che apprezzano alcuni aspetti della ruralità pur non vivendone a pieno titolo le relazioni sociali. Una seconda componente, ben radicata a sud della provincia, riguarda, invece, coloro che si insediano - spesso dai paesi dell’Est Europeo10 - per trovare lavoro, sempre più di frequente nelle attività legate alla gestione forestale e che, dopo una prima fase di ambientamento, finiscono per trasferire le loro famiglie in un percorso di mobilità sociale. Tabella 2: Movimento naturale e movimento migratorio della popolazione (2008) Tasso di incremento (quozienti per 1.000 residenti) Zone PSR Naturale Migratorio Totale di cui con l'estero Zona A - Poli Urbani - -2,53 7,59 12,59 5,06 Zona B - Aree ad agricoltura intensiva specializzata -0,59 18,96 8,10 18,37 Zona C1 - Aree aree rurali intermedie in transizione -1,73 10,35 6,32 8,62 Zona C2 - Aree rurali intermedie in declino -3,27 12,94 9,59 9,67 Zona D - Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo -13,63 -0,52 7,86 -14,15 Provincia -1,74 12,57 9,15 10,83 Regione Fonte: Istat, 2008 -2,34 10,71 9,99 8,37 La distribuzione della popolazione straniera sul territorio provinciale mostra tassi di concentrazione piuttosto differenti, con particolare incidenza nelle aree non rurali (tabella 3). Inoltre, osservando la distribuzione della popolazione per fasce di età, si nota come la quasi totalità ricade o in quella lavorativa o in quella scolare con meno di 15 anni. Nel 2008, il 13% della popolazione straniera del territorio provinciale è nata in Italia; inoltre il 14% del totale degli iscritti all’anagrafe per nascita nel 2008 è nato da genitori stranieri (con differenze territoriali notevoli). Infine, un ruolo non marginale rivestono le famiglie con almeno uno straniero all’interno del suo nucleo che, a livello provinciale, rappresentano quasi il 9% delle famiglie presenti. Tabella 3: Popolazione straniera residente per sesso e fasce di età (2008) Zone PSR 10 Totale per sesso Popolazione Distribuzione % Riguardo alla cittadinanza della popolazione straniera, la maggior parte (89%) proviene da Paesi definiti a forte pressione migratoria, in maggiore misura dall’Europa Centro-Orientale e dall’Africa Nord-occidentale. Età scolare (00 - 14) 2.168 Età lavorativa (15 - 64) 10.575 Anziani (65 e +) Maschi Femmine straniera totale 307 6.580 6.470 13.050 della pop. straniera sul territorio 42,75 Zona B - Aree ad agricoltura intensiva specializzata - 1.747 7.307 212 4.845 4.421 9.266 30,36 Zona C1 - Aree aree rurali intermedie in transizione - 1.186 4.957 212 3.098 3.257 6.355 20,82 285 1.320 116 828 893 1.721 5,64 11 5.397 56.322 106 24.265 244.918 15 862 8.411 57 15.408 149.848 75 15.116 159.803 132 30.524 309.651 0,43 100 Zona A - Poli Urbani - Zona C2 - Aree rurali intermedie in declino Zona D - Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo Provincia Regione Fonte: Istat, 2008 Entrambe le tipologie di fenomeni migratori, segnano in realtà per le comunità locali, una domanda di nuova integrazione non sempre facile da realizzare. Le nuove presenze, poi, si fanno risentire sulla stessa domanda di servizi, arricchendone la varietà (dall’integrazione culturale, ai servizi scolastici e di assistenza famigliare, ai diritti alla casa) e sulla loro organizzazione nel tempo (in particolare per quanto riguarda quelli legati alla presenza delle seconde residenze), non mancando di innescare nuove tensioni nella programmazione e nell’uso delle risorse sociali disponibili nei comuni. In questo senso, diventa sempre più pressante la programmazione di interventi finalizzati alla rimodulazione dell’offerta di taluni servizi rivolti, soprattutto, alle fasce più giovani della popolazione straniera, quella cioè che nell’immediato futuro avrà più di altri la necessità di trovare una precisa identità sociale nelle relazioni con la comunità del luogo. Il quadro provinciale che inizia ad emergere per quanto riguarda l’organizzazione sociale sul territorio provinciale si arricchisce di ulteriori elementi quando si passa ad analizzare le informazioni relative all’analisi della struttura della popolazione (tabella 4). I comuni che nel corso del tempo hanno subito drastici fenomeni di esodo della popolazione, generalmente a carico delle classi più giovani, si caratterizzano per una struttura demografica attuale fortemente compromessa e sbilanciata verso le classi di età più anziane11 (fenomeno questo destinato ad accentuarsi, soprattutto in assenza di flussi in entrata di residenti giovani, in quanto nella popolazione rimasta il tasso di natalità è basso). Anche l’analisi di indicatori collegati alla struttura per classi di età (quale l’indice di dipendenza) conferma la situazione negativa del territorio12, soprattutto nelle aree rurali. Un suo elevato valore viene interpretato come un indice sfavorevole della situazione demografica con tutte le implicazioni che questo comporta per la struttura occupazionale futura della popolazione presente nell’area. Tabella 4: Popolazione residente per fasce di età (2009) Età scolare (00 - 14) Età lavorativa (15 - 64) Anziani (65 e +) indice di dipendenza (G +V/M) indice di ricambio generaziona le (V/G) Zona A - Poli Urbani - 15.425 83.890 31.300 55,70 2,03 tasso di anzianità (% popolazione 65 e +) 23,96 Zona B - Aree ad agricoltura intensiva specializzata - 19.309 95.112 29.391 51,20 1,52 20,44 Zona C1 - Aree aree rurali intermedie in transizione - 14.122 70.970 24.453 54,35 1,73 22,32 Zona C2 - Aree rurali intermedie in declino - 2.964 15.437 6.024 58,22 0,09 24,66 156 51.976 463.960 1.178 266.587 2.381.178 547 91.715 862.680 59,68 53,90 55,71 3,51 1,76 1,86 29,08 22,35 23,27 Zone PSR Zona D - Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo Provincia Regione Fonte: Istat, 2009 Un altro aspetto che descrive la situazione della popolazione residente riguarda il pendolarismo (tabella 5). Tabella 5: Popolazione pendolare per luogo di destinazione e per motivo dello spostamento 11 I dati relativi alla struttura della popolazione mostrano che nel territorio provinciale, la popolazione di età superiore ai 65 anni rappresenta oltre il 22% del totale, con punte che raggiungono quasi il 30% come valore medio per i comuni della zona D. 12 Le situazioni più evidenti riguardano nell’ordine i comuni di Lajatico (zona C2), Castelnuovo Val di Cecina (zona C2), Monteverdi Marittimo (zona C2) e Pomarance (zona C1) dove l’indice di dipendenza assume un valore meno favorevole rispetto alla media di zona ossia oltre il 67% in ciascun comune, contro un valore medio provinciale del 53,9%. Popolazione pendolare / Pop. totale (%) Spostamenti per lavoro/Pendola ri (%) Spostamenti stesso comune studio e lavoro/totale pendolari (%) Spostamenti per lavoro fuori comune/totale pendolari lavoro (%) Spostamenti stesso comune per studio/totale pendolari studio (%) Zone PSR Zona A - Poli Urbani - 48,87 66,65 45,57 32,06 86,73 Zona B - Aree ad agricoltura intensiva specializzata - 52,30 68,50 25,68 62,77 55,61 Zona C1 - Aree aree rurali intermedie in transizione - 49,68 68,86 31,48 54,57 62,48 Zona C2 - Aree rurali intermedie in declino - 44,44 68,80 26,16 62,20 48,90 53,03 50,75 40,30 47,93 67,52 72,78 Zona D - Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo 36,18 70,19 33,11 Provincia 49,91 68,02 33,72 Regione 48,33 69,23 41,55 Fonte: Istat, Censimento della Popolazione e delle Abitazioni, 2001 Il dato disaggregato per motivo di spostamento e luogo di destinazione, mostra che le persone si spostano soprattutto per motivi di studio e di lavoro e lo fanno, in particolar modo, all’interno del comune di residenza. Esistono comunque differenze sostanziali a livello dei singoli comuni, differenze che possono essere legate a molteplici fattori. Tra questi, la collocazione fisica e il buon grado di accessibilità del territorio comunale che, in alcuni casi, possono spingere la popolazione, soprattutto quella più giovane a stabilire la propria dimora nelle aree limitrofe ai grossi centri (dove è più facile l’accesso al mercato immobiliare), decidendo di raggiungere altri comuni per recarsi al luogo di lavoro o di studio e far ritorno, senza grosse difficoltà, nell’arco della stessa giornata. Di contro, la permanenza all’interno dello stesso comune di residenza13 può essere legata alla presenza in loco di possibilità occupazionali o di servizi non sempre decentrabili. 4.2. Le riflessioni di alcuni attori locali I focus group hanno costituito un momento di riflessione e di discussione sui fenomeni sopra riportati e sulle problematiche conseguenti all’applicazione di tali fenomeni nell’ambito delle aziende agricole pisane. I partecipanti sono stati invitati ad esprimere le proprie opinioni sul tema delle principali dinamiche di cambiamento nel tessuto sociale ed economico delle campagne 13 E’ il caso del comune di Volterra (zona C1) dove solo il 23% della popolazione che si sposta per motivi di lavoro raggiunge altri comuni, mentre, di contro, quasi il 92% dei giovani studia all’interno del comune di residenza. nella provincia di Pisa, sull'impatto della crisi nei vari settori dell'attività agricola e su quali, a loro avviso, sono i percorsi di adattamento che imprese e istituzioni immaginano di intraprendere durante la fase di transizione in atto. I focus hanno rappresentato uno strumento importante per verificare i diversi punti di vista e hanno permesso di raccogliere idee e di sviluppare una riflessione comune articolata. E’ da evidenziare la volontà di confronto e la ricchezza delle sollecitazioni espresse dai soggetti partecipanti, segnali di vitalità e di fermento presenti nel territorio riguardo ai processi di cambiamento nelle campagne, in generale, e nel settore primario, in particolare. Gli elementi sui quali si è centrata l’attenzione dei partecipanti sono stati in particolare quattro. La presenza degli stranieri sul territorio: turisti e residenti La “presenza di stranieri” viene considerata da due punti di vista: i turisti che soggiornano per brevi periodi di vacanza nel territorio provinciale, attratti dal valore paesaggistico e culturale, e coloro che risiedono stabilmente nel territorio. Il settore turistico nelle zone rurali si è affermato a partire dagli anni ’80 ed ha modificato la struttura del territorio; è stato notevole l’investimento immobiliare realizzato dalle aziende agricole (ristrutturazione di case e di annessi) e supportato dalla politica di sviluppo rurale. Oggi il numero degli agriturismi è rimasto però sostanzialmente invariato rispetto a qualche anno fa, dato che si è fatto la scelta, anche a livello politico, di puntare sulla qualità, migliorando le strutture già esistenti. Gli agriturismi in generale dispongono di servizi di base, a volte però insufficienti a rispondere alle richieste dei turisti, ma non è pensabile, né del resto auspicabile, che tutti gli agriturismi si dotino dei servizi richiesti, sia per le piccole dimensioni, sia per aspetti economici, che per scelta rispetto al territorio. Riguardo ai servizi, sono presenti sul territorio percorsi attrezzati per il trekking, per le passeggiate, ecc. e in alcune zone è anche stata costituita una rete di agriturismi, ma non sono state attivate risorse sufficienti, e non solo in termini strettamente economici, per farla decollare. Le amministrazioni hanno svolto un lavoro egregio da un punto di vista progettuale per creare collegamenti tra le strutture del territorio, anche se è mancato fino ad ora un lavoro sull’attivazione dei servizi. Un lato “oscuro” del settore turistico, legato alla sua espansione, riguarda l’acquisto di case e di terreni da parte di cittadini stranieri che convertono aziende agricole in seconde residenze. Ciò ha comportato una speculazione finanziaria per il rialzo dei prezzi dei terreni che rende difficile l’acquisto da parte dei locali e favorisce gli stranieri con maggiori disponibilità economiche. Accesso agli incentivi del settore agricolo La suddivisione delle linee di finanziamento per il settore agricolo viene definita attraverso incontri di concertazione tra la Regione Toscana e le Organizzazioni Professionali di Categoria che conoscono bisogni e necessità del settore. Gli agricoltori partecipanti ai focus riferiscono di aver cercato di differenziare e diversificare la propria attività seguendo i principi della multifunzionalità delle aree rurali e dell’agricoltura, ma di aver incontrato molte difficoltà nell’accesso ai meccanismi di finanziamento in primo luogo di tipo burocratico, ed anche per la loro poca flessibilità (ad esempio nell’utilizzo delle strutture in modi diversi). Ciononostante, con le proprie forze, sono riusciti a qualificarsi, diversificano la produzione e offrono molteplici servizi (agriturismo, fattoria didattica, turismo sociale, inserimento temporaneo di disabili). Altre esperienze mostrano come progetti di filiera corta, nati dopo un confronto diretto tra agricoltori e territorio, hanno permesso di unire in un unico spazio molti produttori e prodotti della zona. Rapporti tra agricoltori ed istituzioni Dalla riflessione collettiva emerge l’esistenza di uno scollamento tra le istanze degli agricoltori e le risposte delle Istituzioni: se da una parte c’è la volontà di diversificare le attività nel corso dell’anno, dall’altra si incontrano limiti burocratici e amministrativi o impedimenti anche di tipo economico. Le difficoltà nell’accedere ai finanziamenti da parte delle aziende possono derivare anche da una mancanza di comunicazione tra i soggetti incaricati: la Regione, le Organizzazioni Professionali e per ultimo le aziende. Gli incontri di concertazione avvengono tra la Regione e le Organizzazioni Professionali Agricole storiche, mentre appare limitata la presenza delle piccole organizzazioni, forse sottovalutate, limitando così l’espressione di voci diverse e magari innovative. I tavoli di rappresentanza non sono tavoli di decisione, bensì sedi utili per ascoltare le opinioni dei diversi soggetti e poter prendere poi decisioni democratiche. A fronte del rischio di un’eccessiva frammentazione e una difficoltà maggiore nella gestione del tavolo, vi è il problema del reale potere e capacità di rappresentanza delle OOPP storiche. La crisi economica Riguardo alla crisi nei vari settori dell'attività agricola vengono segnalati temi quali la dinamicità dell’azienda agricola, la difficoltà dei redditi, l’eterogeneità del territorio e le diverse tipologie di aziende. La dinamicità dell'azienda appare un tratto essenziale per la sua salute finanziaria (e per le condizioni di tutti i lavoratori coinvolti), condizione necessaria ma non sufficiente in sé. Gli adempimenti burocratici (dall'urbanistica, alla sicurezza, alla sanità) sono spesso lenti e impediscono la flessibilità necessaria sul mercato attuale. Questo è particolarmente vero per le aziende multifunzionali, che in teoria dovrebbero resistere meglio alla crisi, diversificando gli investimenti, ma che di fatto vengono "strangolate" da una burocrazia troppo spesso lenta e farraginosa. Supportare le aziende nel creare dinamicità è ancora molto difficile, mancando modelli strategici consolidati e condivisi. I tentativi fatti in passato hanno avuto alterni risultati e sono sempre costati grande fatica. E' l'eterogeneità delle attività di una azienda agricola (produzione di base, fase industriale, distribuzione, marketing) a renderla una realtà complessa, ed è tale complessità a rendere quasi impossibile la creazione di tali modelli, anche volendoli creare per il solo start up di azienda. Riguardo la questione del reddito familiare e riflettendo sulle tipologie più frequenti, emerge quanto sia importante nel tessuto rurale il contributo pensionistico degli anziani nel budget familiare. A tale riflessione ne consegue un'altra, ossia quanta povertà esista realmente nel territorio rurale e quale impatto potrà avere su di essa il ricambio generazionale. E’ molto difficile trovare indicatori "sinceri" sulla povertà nel territorio: non ci sono fasce di età particolarmente più esposte di altre, anche se probabilmente la famiglia con figli, con genitori di circa cinquanta anni, che non sono riusciti ad investire correttamente i propri guadagni negli anni passati, rappresenta il soggetto esposto al rischio maggiore. Gli allevatori sono maggiormente a rischio rispetto ai coltivatori, proprio per la natura stessa dell'attività, che implica costi fissi maggiori e non derogabili. Nel tentativo di caratterizzare il territorio è confermata la grande presenza di aziende hobbistiche e l'eterogeneità: in alcune zone, infatti, queste aziende spesso assolutamente in perdita da un punto di vista commerciale, hanno saputo dare impulso al territorio, creando anche occupazione; in altre zone, invece, hanno abbandonato terreni, hanno mancato nella manutenzione e nella cura degli immobili, contribuendo alla dequalificazione del territorio. In generale vengono individuate 5 classi di aziende sul territorio: aziende innovative che resistono bene alla crisi; aziende temporaneamente indebitate; aziende che sopravvivono solo grazie alle entrate fisse dei membri più anziani della famiglia; aziende in povertà, che non registrano entrate; aziende hobbistiche. 4.3. “Speranza sì, prospettive… speriamo…”: la campagna secondo il racconto degli agricoltori Dalle parole degli agricoltori intervistati l’aspetto più problematico che affligge la campagna è il binomio invecchiamento della popolazione legato al mancato ricambio generazionale. Come hanno sostenuto due imprenditori agricoli di 55 e 59 anni “i giovani siamo noi, i figlioli sono tutti fuori”: la struttura economica e la tenuta sociale della campagna si regge sui 50-60-enni che svolgono la funzione di traino dell’economia nel lavoro e nella gestione aziendale e di assistenza alla generazione anziana. “Per i servizi agli anziani siamo messi un po’ maluccio, le badanti in campagna non ce ne sono, ma domani non ci saranno alternative […] i giovani pigliano e se ne vanno”. La campagna pisana è così in profonda crisi economica e sociale, l’agricoltura non riesce a garantire un reddito tale da attrarre i giovani, “che hanno studiato fuori” e quindi sarebbero in grado di favorire un rinnovamento e miglioramento del capitale umano. Inoltre e soprattutto, “hai bisogno di grossi investimenti […], per un giovane che vuole iniziare un’attività in agricoltura se non ha un padre che ha già la terra, l’azienda diventa veramente difficile, direi impossibile, almeno da noi, per i costi della terra, di attrezzatura, di tutto”. Come sostiene un imprenditore, ci vorrebbe una nuova riforma agraria: “se si vuole dare un nuovo slanci all’agricoltura, una riforma c’è stata negli anni ’50, un qualcosa del genere ci vorrebbe oggi”. Dall’altra, manca la rete dei servizi “di base” e delle infrastrutture: scuole, trasporti, asili, assistenza sanitaria, trasporti – soprattutto “la mancanza dell’ADSL” – che potrebbero attrarre nuovi residenti e nuove attività economiche in un’ottica non solo agricola ma plurisettoriale. La centralità del capitale umano e la capacità imprenditoriale Secondo il punto di vista degli agricoltori delle aziende più floride, strutturate, multifunzionali e che hanno dimostrato una forte capacità innovativa il territorio rurale pisano risulta scarsamente dotato di capacità imprenditoriale “la gente ha poche capacità imprenditoriali, io parlo dei colleghi agricoltori, o non hanno avvertito il cambiamento, forse perché non si sono mai rapportati all’esterno, anche come dialettica come discussione. Perché Volterra è già arroccata su se stessa, come posizionamento, e quindi di conseguenza non c’è stata la volontà di capire cosa potevano fare di alternativo per crearsi una base economica, invece hanno sempre fatto affidamento sui contributi comunitari comprando il trattore nuovo, la mietitrebbia, il capannone ma poi più di li non sono andati”. L’innovazione più importante del territorio volterrano, ad esempio, è stato l’agriturismo: “il massimo dell’espressione è stato l’agriturismo, però un agriturismo fatto essenzialmente di appartamenti quindi senza servizi di colazione e di cena e quindi rimane una cosa, si bella, ma vuota”. Lungi dall’essere una responsabilità riconducibile ai soli attori economici è rilevato come il vecchio modello di politica agricola basato sugli incentivi ha avuto un impatto negativo nello sviluppo di capacità imprenditoriale “in questo sistema non siamo riusciti a svilupparsi... Prima davano il contributo sul grano duro e allora tutti sul grano duro, poi si dà il contributo sui girasoli... tutti girasoli... non hai sviluppato la gente. I contributi da un lato è un bene, da un lato è un male […] Il contributo da un lato fa da trascinatore, non apre i cervelli... si va dove va il contributo […] si sceglie sempre il sistema più semplice. […] E ora siamo al palo […] Si è distrutto tutto il sistema dell'agricoltura.” I beni pubblici: il ruolo delle aziende nella gestione del territorio “<<Ma guarda questo argine come è pulito come è tutto a posto>>... Sì, qualcuno l'ha tagliata e non è costato niente a nessuno... Intanto c'hai rimesso la benzina... Tante volte si lavora per questo.” Una visone settoriale e produttivista dell’agricoltura non permette di cogliere la complessità delle problematiche che affliggono la campagna contemporanea e quantomeno di trovare soluzioni nuove che potrebbero aiutare la sopravvivenza delle stesse aziende agricole. L’esodo agricolo e rurale determina inevitabilmente problemi di gestione del territorio. Uno dei problemi che è stato rilevato durante le interviste riguarda specificamente l’assetto idrogeologico dei territori rurali. Ad esempio, gli intervistati hanno sottolineato l’incidenza dei danni generati dal fiume Cecina a causa del mancata sorveglianza e cura e l’ingenza dei costi sostenuti per gli interventi di ripristino. In tal senso gli intervistati evidenziano come il sostegno all’agricoltura in virtù della sua funzione di salvaguardia del territorio permetterebbe una azione di prevenzione che raggiungerebbe due obiettivi: • da un lato, la riduzione dei costi pubblici, generati principalmente dalle opere di risistemazione: “In Italia, fino ad oggi, ci s'ha la mentalità che se non si fa cemento, non si fa strade, gli enti pubblici non spendono. Dal mio punto di vista dico, se all'azienda agricola tu le dessi lo spazio di mantenimento del territorio, senza far altro, potresti anche investirli forse meglio i fondi pubblici. Quando poi si fa i danni, vedo che si spendono i miliardi, no, per riparà, allora prima di fare tanti danni prima, cerchiamo i danni di prevenirli un pochino... e chi è che li previene? Chi vive sul territorio...”. • e, dall’altro, genererebbe reddito utile, ad esempio, a richiamare i giovani: “se ad un’azienda agricola gli dico ti do un tot all’anno per mantenere il territorio, l’azienda agricola potrebbe anche investirci sopra” […] “se c’è qualcosa di solido di sicuro si potrebbe trovare un sistema per i giovani”. Immigrazione: la zona “grigia” “Chi ha detto che non ce ne sono, basti pensare al discorso delle badanti ce ne sono una marea, qui c’è una forte immigrazione, basti pensare al comune di Montecatini che è riuscito ad aumentare la popolazione grazie agli extra-comunitari che sul comune Montecatini V.C. hanno trovato delle case con dei prezzi ancora abbordabili” […] “lavorano dove trovano lavoro, la maggior parte in città nei ristoranti, negli alberghi … nel settore turistico tanti, la maggior parte, oppure come bandanti … l’agricoltura poco, per il personale è rimasta solo la pastorizia, nei cereali le macchine fanno tutto da se con i mezzi che ci sono, per il lavoro stagionale trovi qualche pensionato”. La percezione del fenomeno migratorio da parte degli attori rurali è ambigua, nelle interviste alcuni negano la presenza del fenomeno mentre per altri la presenza di extracomunitari è rilevante; tuttavia esiste un elemento di convergenza: i migranti non lavorano in agricoltura. Le ragioni sono riconducibili al fatto che non ci sono le condizioni per un movimento lavorativo di migranti legato all’agricoltura, la maggior parte delle aziende agricole non possono permettersi salariati e sono dunque, prevalentemente, a conduzione esclusivamente familiare. Qualche lavoratore extraimmigrato può essere utilizzato per il lavoro stagionale ma si tratta comunque di casi eccezionali; gli imprenditori agricoli preferiscono rivolgersi ai residenti. Quale futuro: cementificazione o sviluppo turistico di massa? Le prospettive sono incerte e non certo rosee, questo sentimento affiora in modo forte soprattutto dagli imprenditori delle aziende più competitive, secondo i quali la campagna rischia uno stravolgimento destinato a compromettere non solo l’agricoltura ma l’equilibrio uomo-natura che la caratterizza. “Nella forbice che siamo oggi, o povero o ricco, c'è qualcheduno che non saprà come portare il pacchetto della pasta in casa, e c'è chi di miliardi non sa cosa farsene e allora, siccome è una zona abbastanza ghiotta, questa qui... […] il Val di Cecina fa presto a diventare una lastra di cemento... Siamo noi che si punta i piedi che non vogliamo il cemento.[...] Sai qual è il rischio? Che in una fase del genere, quando la gente vede due soldi, non capisce più niente... Non capisce più quello che sarà il domani.”. Il rischio è che abbandonata l’agricoltura la campagna diventi frutto di speculazione immobiliare in termini residenziali e per un turismo non “rurale” ma di massa, legato a dinamiche non compatibili con la vocazione del territorio. “Chi è rimasto è legato all’agricoltura come cereali o agriturismo come appartamenti, più vanno avanti e più non è che siano rose e fiori, e quindi vendono la terra, sai ci sono grossi gruppi, società che acquistano, società che fanno speculazione immobiliare, la alla Casa delle Monache c’è una società polacca che sta realizzando 300 posti letto, sono le cose che rovinano, la Toscana non ha bisogno di questi mega residence, non siamo sul Mar Rosso” […] “E’ tutto un discorso che va verso uno sfruttamento del territorio in modo turistico-industriale, che non lascia niente […], una campagna non più agricola finalizzata alla recettività di migliaia di migliaia di persone, che a quel punto hai problemi di acqua, problemi energetici […]” 5. Considerazioni conclusive Rimandando ad altre sedi per un maggiore approfondimento dei risultati del lavoro di ricerca, qui è opportuno concentrare l’attenzione su alcuni aspetti critici di particolare rilevanza per poter comprendere le dinamiche sociali in ambito agricolo. L’integrazione dei risultati ottenuti dall’analisi quantitativa (diagnosi territoriale a livello provinciale) e dall’indagine su campo (interviste e focus group) ha permesso di evidenziare che le aree rurali del territorio pisano sono chiamate oggi ad affrontare alcune importanti sfide strutturali: • l’invecchiamento e lo spopolamento che potrebbero minare la sostenibilità di alcuni servizi pubblici di base. Il binomio invecchiamento e mancato ricambio generazionale rappresenta l’aspetto più problematico che affligge le nostre campagne; • la presenza di un forte immigrazione che richiama la necessità di indagare gli effetti sociali, sotto l’aspetto sia del mutamento che dell’integrazione o conflitto che la presenza degli stranieri genera nelle comunità locali rurali. Inoltre, è da sottolineare che il fenomeno dell’immigrazione non coinvolge solo ed esclusivamente i lavoratori extracomunitari, ma in misura sempre maggiore, coloro che in letteratura vengono definiti come ‘neo-rurali’; • la difficoltà di rigenerare il capitale immateriale ossia l’insieme di conoscenze e specializzazioni che sono la garanzia più importante per il futuro dl territorio. Questo fenomeno si collega alla non semplice sostituzione di nuove famiglie ed al persistere delle stesse comunità rurali a fronte di una crisi del sistema dei servizi alla persona e delle opportunità di occupazione per le nuove generazioni; • la difficoltà ad orientarsi, non solo per problemi culturali ma anche burocratici, verso modelli di impresa “innovativi”; ciò si lega anche alla non semplice capacità ad individuare per l’azienda agricola modelli strategici consolidati e condivisi orientati alla diversificazione, sempre meno produttivisti e sempre più multifunzionali, estendibili alla maggior parte delle imprese; • la necessità di ricercare soluzioni appropriate di governance nell’ambito delle politiche di sviluppo locale, capaci di dare risposte concrete alla coesione territoriale; • l’eterogeneità di modelli di impresa con aziende innovative che resistono bene alla crisi; aziende temporaneamente indebitate bloccate e a rischio di chiusura a seguito di investimenti non corretti o a un mancato ricambio generazionale; aziende che sopravvivono solo grazie alle entrate fisse dei membri più anziani della famiglia; aziende in povertà, che non registrano entrate; aziende hobbistiche; • la difficoltà della campagna a fornire servizi ambientali, che potrebbero non solo salvaguardare il territorio ma anche incrementare il reddito degli agricoltori; • la non sempre condivisa visione, fra gli attori del territorio, sul concetto di ruralità e su alcuni fenomeni che caratterizzano le dinamiche sociali, in particolar modo relativamente al fenomeno immigratorio; • la complessità della relazione esistente fra turismo e ruralità, turismo che attualmente rappresenta per il territorio uno dei poli delle strategie di sviluppo territoriale. Ad oggi spesso l’iniziativa turistica viene attivata da soggetti non agricoli, e spesso non di origine locale; esiste una congestione nell’uso delle risorse rurali che spesso genera conflitti di utilizzo fra popolazione locale e ospiti. Tutto ciò rischia di rendere più difficile il raggiungimento di un equilibrio fra produzione ed utilizzo dei capitali territoriali rurali. Analizzando queste sfide emerge come nelle nostre campagne, struttura sociale e possibilità di sviluppo economico in agricoltura stiano divenendo fattori sempre più mutuamente condizionanti, tanto da richiedere un forte sforzo di innovazione nelle scelte e negli orientamenti di sviluppo. Emerge dunque l’esigenza di progettare lo sviluppo del territorio rurale pisano in maniera più armonica, condivisa ed equilibrata, riconoscendo che esiste un legame fra spazio delle attività produttive, relazioni fra persone e con l’ambiente, creando coerenza e sinergia fra attività economiche, processi di apprendimento e valori sociali condivisi. Importante in tale logica è non solo creare valore economico ma anche relazioni e benessere sociale. Essenziale in tale percorso risulta essere la capacità di promuovere meccanismi di concertazione a livello locale che consentano non solo di aggregare gli attori locali intorno a progetti condivisi ma anche sostenere percorsi di collaborazione ricolti al mantenimento o potenziamento delle risorse sociali. Le sfide sopra citate dovrebbero, dunque, essere affrontate nell’ambito della programmazione regionale e locale negoziata. Esse potrebbero favorire la riflessione, sul territorio rurale pisano con i portatori di interesse locali o con la comunità allargata, sulle modalità innovative di intervento a favore della rete sociale e dei sistemi produttivi delle aree rurali. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2006), Tra inclusioni e nuove marginalità. Studio sulle forme di disuguaglianza sociale. Teseo, Roma Baldi P., Lemmi A., Scilone N. (2005) (a cura di), Ricchezza e povertà. Condizioni di vita e politiche pubbliche in Toscana, Milano, Franco Angeli, Milano. Belletti G., Brunori G., Marescotti A., Rossi A. (2003). Multifunctionality and rural development: a multilevel approach, in Van Huylenbroek G., Durand G. (a cura di), Multifunctional Agriculture: a new paradigm for European Agriculture and Rural Development, Ashgate, Aldershot, pp. 55-80 Belletti G. (2009), Strategie e strumenti per la promozione della multifunzionalità, in Casini L. 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