di Marta Pastori - Liceo Giulio Casiraghi

Transcript

di Marta Pastori - Liceo Giulio Casiraghi
#
All’ombra della Madonnina
un’invasione di libri
Filippo Del Corno.
David Grossman.
L’assessore alla cultura
di Milano intervistato
dal Giornale dei
ragazzi
Intervista allo scrittore
impegnato nel processo
di pace in Medio
Oriente
Il giornale dei
ragazzi. Interviste agli
scrittori più famosi,
le nostre rubriche e tanto
altro ancora
Una redazione di
ragazzi per Bookcity
’
BOOKCITY 2014
Sommario
3 VOCI DAL CASTELLO
di Nomei Deligios e Bianca Mazzucco
4 CATERPILLAR E IL GIORNALE
DEI RAGAZZI
di Giulia Aloe
5 LA MERAVIGLIOSA
MACCHINA DEI SOGNI
di Giulia De Cesare e Marta Pastori;
LA CA' GRANDA DEI MILANESI
di Alexa Pallante e Francesca Rubino
6 ULISSE E ARTEMISIA
di Sabrina Barca, Serena Frau, Alexa Pallante e
Letizia Pessina;
VOYEUR
di Francesca Rubino
1
Il giornale dei
ragazzi incontra
David Grossman
Di Marta Pastori
2
Il giornale
dei ragazzi
incontra
Filippo Del Corno
di di Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Riccardo Pasquali, Giovanni
Pignatelli, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana
7 ICONA DEL GLAM O ICONA DI
VITA?
di Anna Colnago e Elena Caselli;
BOOKCITY A TEATRO: CI
DIVERTIAMO CON OSCAR
WILDE
di Marta Barzasi e Ralitsa Ivanova
10 ALDO CAZZULLO: LA GRANDE
GUERRA di Luca Dossena, Giacomo Bedeschi e
Stefano Grassi
8 ALEX GOETLING
di Giulia De Cesare e Marta Pastori;
IL TEATRO E' L'ARTE DEL
PRESENTE
di Giulia Aloe e Laura Rodano
12 CHE SHAMPOO USA? di Luca Dossena
e Laura Rodano; DAL PRESENTE AL
PASSATO di Ralitza Ivanova
9 FRITZ GARDNER
di Cesare Rosa, Letizia Pessina, Sabrina Barca,
Francesco Assi e Serena Frau;
SOLDATI E ARTISTI
di Francesco Assi, Sabria Barca, Serena Frau,
Letizia Pessina, Cesare Rosa
11 UN SALTO NEL BUIO di Stefano Grassi
e Riccardo Pasquali
13 FRA LE MURA DEL CASTELLO
RIECCHEGGIANO MEMORIE DEL
PASSATO di Riccardo Pasquali
Sommario
14 MAFIA E CRISI
di Giacomo Bedeschi e Pietro
Orlandi;
COME PARLARE DI
MORTE
di Laura Rodano
15 GROENLANDIA
di Assi Francesco, Barca Sabrina,
Frau Serena, Pessina Letizia, Rosa
Cesare;
I MISTERI DI DANTE
di Alexa Pallante e Francesca Rubino
16 10 ANNI DI FANTASY
di Isabella Catapano, Marta Pastori e
Giulia Veschi;
VEDERE CON LE MANI
di Isabella Catapano e Marta Pastori
17 IL NUTRIMENTO DEL
PIANETA
di Alessandro Viapiana e Giacomo
Caimi;
IL BELLO E' CIO' CHE
INFERNO NON E'
di Giulia Aloe e Laura Rodano
19 E' TUTTO UN MOSAICO
di Luca Dossena;
IO, NEL TEMPO CHE
ABBIAMO, TI VOGLIO
PASSARE LA BELLEZZA
di Stefano Grassi, Alexa Pallante,
Francesca Rubino
20 AMORE E RIVOLTA A
TEMPO DI ROCK
di Isabella Catapano, Marta Pastori;
IL BAMBINO VESTE
PRADA
di Anna Colnago, Elena Caselli, Giulia
De Cesare
21 L'IMPATTO DI HARRY
POTTER SUL MERCATO
DELLA LETTERATURA PER
RAGAZZI
di Giulia Veschi;
L'UCRAINA E LE MIRE
ESPANSIONISTICHE
DELLA RUSSIA
di Francesco Assi
18 WILBUR SMITH
di Riccardo Pasquali e Giacomo
Bedeschi
rubriche
22 Cosa ci piace di…
Scoprire Milano con Bookcity
23 Gli imperdibili
Grazie a bookcity
abbiamo imparato a …
1
Primo Piano
L’INCONTRO al Teatro dal Verme, durante la serata inaugurale
Intervista a
DAVID GROSSMAN
di Marta Pastori
A
l Teatro Dal Verme una folla gremita aspetta l’arrivo
dello scrittore israeliano David Grossman. Noi
siamo dietro le quinte, e lui è difronte a noi. Si
presenta tranquillo, mentre noi non lo siamo per
niente. Ci stupiamo quasi della sua disponibilità e
colloquialità, che sicuramente aiuta a sciogliere la
tensione. Senza indugiare oltre, iniziamo subito con
le domande.
Gli chiediamo cosa ne pensa di Bookcity
«Trovo che Bookcity sia una grande opportunità
perché sono presenti autori di tutto il mondo, e
riesce a suo modo ad avvicinare molte persone alla
lettura di libri».
Preferisce scrivere storie o saggi letterari?
«Decisamente storie. Mi piace molto inventare e
descrivere sempre nuovi personaggi, nuove
personalità. Scrivendo storie è possibile inoltre
creare situazioni empatiche interessanti».
Nei sui libri lei inserisce personaggi con forti
caratterizzazioni, ma qual è il suo preferito?
«Questo non posso dirlo, perché altrimenti gli altri
e sarebbero sminuiti. Tuttavia posso affermare che
credo profondamente in ogni personaggio, sento
che le loro storie mi appartengono, mi identifico
completamente con la loro indole, anche se so che
per buona o cattiva fortuna non potrò mai essere
uguale a loro»
«Percepisco la
realtà narrativa
come l’unica
realtà che io
conosca»
Come nascono le sue storie?
«Le mie storie nascono in maniera totalmente
naturale. Percepisco la realtà narrativa come
l’unica realtà che io conosca.»
Il Sindaco di
Milano dona le
chiavi della città a
David Grossman;
Marta Pastori
intervista David
Grossman
Ha sempre amato scrivere?
«Decisamente. Fin da piccolo, ho sempre amato sia
la scrittura sia la lettura »
E non a caso, una volta conclusa l’intervista, si
presenta sul palco di una conferenza dal titolo «La
forza delle parole»
Il nuovo libro di
David Grossman,
Applausi a scena
vuota, edito
Mondadori
1
David Grossman, 60 anni
scrittore israeliano, è in
prima linea nel processo
di pace in Medio Oriente,
anche a causa della morte
del figlio in un’operazione
militare
I suoi libri più famosi?
«Qualcuno con cui
correre», «Vedi alla voce
Amore», «Ad un cerbiatto
somiglia il mio amore»
Primo Piano
L’INCONTRO al Castello Sforzesco
Intervista a
Filippo Del Corno
V
enerdì 14 Novembre si è reso
disponibile, per un’intervista con il
Giornale dei Ragazzi di Bookcity,
l'assessore alla cultura del Comune di
Milano Filippo del Corno. Sullo sfondo
delle merlature del Castello, nelle Sale
Panoramiche, a pochi passi dalla messa
in onda di Radio Popolare, Filippo del
Corno ha risposto ad alcune nostre
domande a proposito del rapporto fra
Milano e manifestazioni culturali come
appunto Bookcity. La nostra prima
domanda mirava a capire se lui
pensasse che il nostro punto di vista, di
giovani giornalisti, potesse essere
diverso da quello di giornalisti adulti. Ci
è sembrato che fosse molto ottimista
riguardo al progetto del Giornale dei
ragazzi. Sperava che come ragazzi non
avremmo avuto i pregiudizi che invece
spesso hanno i giornalisti adulti prima
delle interviste. Ci ha spiegato che il
nostro lavoro potrebbe contribuire in
modo decisivo a convincere altri nostri
coetanei a riscoprire il piacere di
leggere. Con la seconda domanda
abbiamo quindi chiesto chiarimenti
riguardo alle recenti notizie di
infiltrazioni di associazioni malavitose
nel progetto Expo 2015, altra
importante iniziativa della quale sarà
protagonista la città di Milano. Come si
sa, tali notizie hanno avuto una grande
eco, complice soprattutto il passaparola
della stampa, e da queste è derivato lo
sconcerto e lo sdegno pubblico. Per
questo abbiamo ritenuto opportuno
approfittare dell’occasione per avere
l’opinione di una personalità autorevole
e che sicuramente ne sa più di noi. La
risposta dell'assessore non ha lasciato
dubbi o incertezze. “Bisogna entrare
nella notizia”, ha dichiarato subito,
intendendo dire che per capire a fondo
la questione non bisogna fermarsi alle
informazioni che hanno come fonte la
stampa, ma esaminare più
attentamente il caso e giudicare i suoi
reali effetti.
Emergerebbe così la realtà: le presunte
implicazioni nelle gare per gli appalti di
Expo 2015 della criminalità organizzata
sono stati solo tentativi non andati a
buon fine. Abbiamo poi scelto di
chiedere all’Assessore quale
motivazione lo abbia spinto ad entrare
in politica, oltre a svolgere la
professione di docente universitario e
compositore. Del Corno ha esplicitato
che il suo obiettivo non è tanto quello di
intraprendere una carriera in politica,
quanto quello di mettere a disposizione
di Milano le sue competenze e
conoscenze. Milano è una città che deve
crescere dal punto di vista culturale,
fino a divenire uno dei principali poli
europei in quest’ambito, dunque si deve
dare tutto quel che si può per
contribuire a quest’ambizioso obiettivo.
Sull’onda di questa risposta abbiamo
voluto sapere quale sia l’importanza
dell’Assessorato alla Cultura, che Del
Corno rappresenta,
nell’amministrazione comunale di
Milano. Con orgoglio l’Assessore ha
parlato di un ruolo chiave, legato a tre
principali obbiettivi. Innanzi tutto
arricchire il patrimonio culturale
milanese, che è in costante aumento fin
dall’immediato dopoguerra.
Secondariamente ha parlato di
reputazione, di far tornare Milano una
delle capitali europee della cultura. In
terzo luogo di far tornare la forza e
l’energia della popolazione Milanese. In
che senso? Infine una delle nostre
curiosità era quella di sapere quale
valore abbia avuto la figura di suo
padre, Dario del Corno, nella sua
infanzia e nella sua formazione
culturale, e se per questo motivo in
qualche modo sia stato forzato verso
una scelta di vita all’insegna della
cultura. Dario del Corno è stato infatti
un uomo di vastissima conoscenza,
grande esperto di cultura classica, greca
di Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Riccardo Pasquali, Giovanni Pignatelli, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana
2
in particolare, nonché autore di testi
scolastici che la nostra scuola ha
acquisito. L’assessore ha dichiarato che
sicuramente la figura di suo padre ha
contribuito a indirizzarlo verso un certo
tipo di professione, ma che non ha mai
avvertito alcun tipo di costrizione od
obbligo in questo senso. Anzi, avere un
padre di tale calibro è stata certamente
una fortuna e un’opportunità enorme;
gli ha consentito per esempio di
accedere a una biblioteca vastissima, di
discutere delle letture e di confrontarsi
con una persona vicina, con cui parlare
con disinvoltura, e di venire a contatto
con grandi personalità in ambito
culturale. Sicuramente questa breve
intervista con l’assessore Dario del
Corno ci è stata utile per comprendere
che la cultura, di qualsiasi tipo essa sia,
è un bene di vitale importanza,
soprattutto per un paese come il nostro,
dove ogni cosa parla di arte e passato, e
che dunque eventi come Bookcity e
l’Expo devono essere prima di tutto un
modo per avvicinare i milanesi alla
cultura e quindi costruire una città
migliore e più accogliente per tutti.
Milano è una
città che deve
crescere dal
punto di vista
culturale, fino a
divenire uno dei
principali poli
europei
IL DIARIO: GIOVEDI’
Voci dal castello
Passeggiata letteraria tra
i classici di ieri e di oggi
di Luca Dossena
#BCM14
day one
’
di Noemi Deligios, Bianca Mazzucco
Ingresso del Castello Sforzesco. Giovedì 13 novembre, una sera
finalmente limpida dopo tanti giorni di maltempo. È il momento
dell’apertura di Milano Bookcity, l’evento dedicato alla letteratura
e alla cultura che la città ospita dal 2012. Il piazzale antistante la
Torre del Filarete è immerso nella penombra; poi il cancello del
Castello si apre e a poco a poco emergono delle figure: alcune
tengono in mano un libro aperto illuminato da una piccola luce da
lettura, altre degli strumenti musicali.
Si fermano di fronte al pubblico e per prima cosa ci offrono un
assaggio accompagnato dalla musica del romanzo “Vedi alla voce:
amore” di David Grossman, l’autore che più tardi verrà intervistato
al Teatro Dal Verme, per poi mescolarsi a noi del pubblico e
accompagnarci verso il luogo dell’incontro, allietando il nostro
percorso con passi tratti dai libri che rappresentano. Lungo la
strada ci avviciniamo a “Madame Bovary” e cerchiamo di capire
qualcosa di più sul conto di questi misteriosi “uomini-libro”, ma
non riusciamo a ottenere informazioni soddisfacenti: dalle parole
con cui ci congeda sembra quasi sia tenuta a rispettare un qualche
“segreto professionale”. Ma proseguendo con le nostre indagini
capiamo che le personalità degli uomini libro sono tanto diverse
quanto le opere che impersonano: infatti “Il Gattopardo” si
mostra molto più aperta e disponibile al dialogo. Scopriamo così
che gli uomini libro sono attori dell’Accademia milanese Campo
Teatrale, che collabora al progetto sin dalla prima edizione; dando
vita ad una performance originale e coinvolgente, sono ormai
diventati il simbolo dell’evento stesso. Così, con la speranza di
averci trasmesso un po’ della loro passione per la letteratura
antica e contemporanea, si separano da noi, che ci accingiamo a
partecipare al prossimo dei numerosissimi eventi in programma
per questa edizione di Bookcity.
’
3
IL DIARIO:VENERDI’
Caterpillar
di Luca Dossena
#BCM14
day two V
e il Giornale dei Ragazzi
di Giulia Aloe
enerdì 14 novembre tre ragazzi
della nostra redazione hanno
avuto l'opportunità di
partecipare alla diretta di Radio
2 “Caterpillar” alla Triennale di
Milano. La puntata era
incentrata sul tema “libri
mattone”, i libri quasi
impossibili da finire che hanno
tormentato generazioni di
lettori. Con un risultato non
certo sorprendente il pubblico
ha decretato stra-vincitore del
premio "mattone d'oro" l'Ulisse
di James Joyce.
Al termine della diretta
abbiamo colto l'occasione per
intervistare Marco Malvaldi
(autore di gialli) e Lella Costa
(attrice, scrittrice e doppiatrice
italiana), che hanno preso
parte alla trasmissione.
Cosa ne pensa del fatto che
meno del 50% degli italiani
legga almeno un libro all'anno?
Ritengo che molti pensino che
leggere sia una cosa molto
faticosa e che richieda molto
tempo e che, inoltre, siano
intimoriti dal fatto che nel
nostro Paese Cultura e
Letteratura sono scritte con la
maiuscola e si chiedano dove
sia la noia e la fregatura. Tutto
ciò che possono fare i lettori è
contagiare gli altri, trasmettere
la bellezza della lettura, la
grandiosità e l'unicità del
patrimonio culturale italiano
(che ci può essere utile anche
per affrontare le più svariate
situazioni quotidiane); si
potrebbe iniziare a scuola,
rendendo più confidenziale e
L’intervista flash MARCO MALVALDI
meno punitivo il rapporto con i
libri. Altrimenti, temo che gli
Per quale motivo un ragazzo
scrittori supereranno il numero
dovrebbe dedicarsi alla lettura? dei lettori!
Anzitutto perché leggere è un
Cosa rappresenta per lei
modo per vivere tutte le vite
BookCity Milano?
che non potremo mai vivere:
Per me, che da quando è nato
grazie alla lettura possiamo
il Festival della Letteratura di
decidere di interpretare ogni
Mantova non ne ho mancata
giorno un personaggio diverso. neanche un'edizione, vedere
Inoltre, penso che, leggendo,
che anche Milano finalmente si
voi ragazzi possiate capire che
apre al mondo della lettura e
anche le persone con i capelli
vive quest'occasione con
brizzolati con cui vi confrontate grande trepidazione è una gioia
e scontrate sono state giovani
e un grande orgoglio da
come voi e che, di
cittadina. detto prima
conseguenza, possono aiutarvi
ad affrontare l'adolescenza.
Il Suo libro preferito?
Sicuramente Il Gattopardo di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Giulia Aloe intervistata da Radio Due
4
L’intervista flash LELLA COSTA
IL DIARIO:VENERDI’
La meravigliosa
macchina dei sogni
Di Giulia De Cesare, Marta Pastori
A
lla scoperta della meravigliosa
macchina dei sogni del teatro
e della lirica”: già il titolo è
tutto un programma.
L’incontro, destinato ai
bambini, ha chiamato a
raccolta anche i più grandi, per
coinvolgere tutti nella
scoperta del mondo del
teatro, un mondo non solo
ideale, ma anche reale. Per
spiegarlo meglio, un libro per
bambini: “I mestieri del
teatro” (casa editrice Sillabe,
in collaborazione con il Teatro
alla Scala), un piccolo manuale
dell’opera lirica che racconta
in maniera divertente e molto
informale come nasce uno
spettacolo di lirica e chi lavora
nel backstage, dal coreografo
all’addetto al ristoro e punto
bar.
L’incontro si è aperto con un
breve video di presentazione
del Teatro alla Scala e
dell’Accademia collegata ad
esso. Successivamente la
parola è stata passata alla
presidentessa dell’Accademia,
Luisa Vinci, che ha
brevemente parlato del corso
AMA, ormai giunto alla sua
nona edizione; esso si
preoccupa di garantire a
musicisti professionisti e non
un’accurata gestione della
propria attività musicale.
Come ha spiegato
successivamente Maddalena
Winspeare, dal corso è nata
l’idea della creazione della
collana per bambini “In
viaggio s’impara”, collana di
cui fa parte anche il libro
presentato.
Infine la parola è stata ceduta
alle due autrici del libro,
Francesca Lazzeroni e
Benedetta Meoni, due ragazze
toscane giunte a
La Ca’ Granda
dei Milanesi
esiste ancora chi
riesce a
trasformare in
mestiere la propria
passione
Milano grazie al corso AMA,
accomunate da una forte
passione per il pianoforte e il
teatro lirico. Di fronte alla
domanda: qual è la vostra
opera lirica preferita, dopo un
attimo di indecisione, ci
stilano la loro personale
classifica: le nozze di Figaro,
Turandot, Rigoletto, Tosca,
Suor Angelica, Otello.
Cosa ci portiamo a casa da
questo incontro? Tante
suggestioni e una certezza:
anche al giorno d’oggi,
malgrado la crisi e una
generale svalutazione della
carriera artistica, esiste ancora
chi riesce a trasformare in
mestiere la propria passione.
di Alexa Pallante e Francesca Rubino
L'evento, presentato dalla ricercatrice e archeologa
medievale Francesca Vaglienti si è tenuto alle 10:30 del
14 novembre presso l'Università Statale. Con le sue
parole la studiosa ci ha guidato nella lunga storia delle
trasformazioni dell'ospedale, a partire dalla sua
fondazione, non senza aneddoti e curiosità che hanno
contribuito a ravvivare l'atmosfera. Nel complesso
l’incontro è stato interessante, soprattutto quando è
stato rievocato il periodo in cui l’ospedale ha visto un
particolare coinvolgimento delle donne, le quali
svolsero per la prima volta tutti i compiti necessari per
aiutare i malati di entrambi i generi i per accogliere i
poveri e i bambini esposti. Peccato soltanto per alcuni
fattori esterni disturbanti: i cortili dove si svolgeva
l'evento erano infatti molto affollati e rumorosi.
La Ca’ Granda
negli anni ‘50 e
la locandina
dell’evento
5
IL DIARIO:VENERDI
Ulisse e Artemisia
Viaggi reali e viaggi immaginari nel
mondo classico.
di Sabrina Barca, Serena Frau,
Alexa Pallante, Letizia Pessina
Il Museo di Storia Naturale per BookCity 2014 si è occupato anche di
antichità greca.
A introdurci a questo mondo sono stati in primo luogo il professore di
letteratura comparata della Sapienza di Roma Pietro Boitani, il quale al solo
sentirsi definire un filologo ha risposto « Tutto sono meno che un filologo,
anche se amo le parole ».
Poi è stato il turno di Eva Cantarella, giurista italiana, figlia dell’illustre
antichista Raffaele Cantarella, che nonostante il fatto di non aver mai
studiato lettere – come non ha mancato di ricordarci lei stessa – ha saputo
far immergere tutti nel mondo del suo nuovo libro ‘Ippopotami e sirene’,
riuscendo a coinvolgere anche chi ha meno dimestichezza con questa
cultura. Al centro il tema del viaggio: da quello mitico e favoloso di Ulisse a
quello storicamente attendibile di Erodoto.
L’autrice ha voluto accostare i due personaggi perché, pur molto diversi,
sono stati entrambi ispirati da un grande desiderio di ricerca e di
conoscenza: se da una parte il viaggio di Ulisse rappresenta l’esperienza del
mondo attraverso il mito, in quello di Erodoto vi è la coscienza di un
viaggiatore, che modella il proprio mestiere a quello dell’epico eroe
dell’Odissea. Ma non sono mancati riferimenti ai personaggi che ruotano
attorno a queste due figure: dal giovane Telemaco, del quale la Cantarella
ha criticato l’utilità all’interno della trama del poema, attraverso la bella
Elena, si è giunti alla figura di Artemisia, che rappresenta un’importante
svolta nella storia del pensiero umano. Erodoto pare quasi avere nei suoi
confronti una sorta di ammirazione: Artemisia è infatti una delle prime
donne a interpretare un ruolo di potere e ciò dimostra la straordinaria
modernità di questo autore.
Si tratta di personaggi facenti parti di un mondo lontano e tuttavia sono i
precursori dell’ideale dell’uomo moderno: ed è qui che sta il genio di Omero
e successivamente di Erodoto, genio che li ha resi entrambi immortali nel
corso dei secoli.
Incontro con Flavio Caroli
Voyeur
Raccontare la vita, raccontare l’arte.
di Francesca Rubino
Il 14 novembre alle 18 presso il Museo Nazionale della Scienza e della
Tecnica si è tenuta la presentazione del libro "VOYEUR", scritto dal
critico d'arte Flavio Caroli, in cui si racconta la vita di Fabrizio, un
fotografo di guerra. L'evento è stato mediato da Anna Nogara, la quale
in modo molto coinvolgente, quasi commovente, ha letto alcuni passi
del libro, riconducibili alle tappe più significative della vita del fotografo.
È stata in grado di attirare l'attenzione di tutto il pubblico e si percepiva
come il silenzio che c'era fosse dettato dal fatto che tutti erano
concentrati sulla sua voce L'autore racconta che in questo libro ha
cercato, non senza incontrare difficoltà, di far percepire lo scorrere della
vita di Fabrizio attraverso la scrittura. Operazione complessa tanto più
considerando che nella storia raccontata non c'è nulla di autobiografico,
tranne l’episodio dell'incontro che Fabrizio ha con Andy Warhol,
avvenuto anche nella vita di Caroli.
Conclusosi l'evento, nonostante il poco tempo a disposizione, sono
riuscita a scambiare qualche parola con l'artista. In particolare, gli ho
chiesto come, secondo lui, il mondo dell'arte deve essere tutelato e
conservato, visto che ultimamente si ha l'impressione che non gli si dia
più la giusta importanza. Caroli mi ha risposto che, in realtà, ci sono
ancora molti ragazzi che si emozionano davanti a un dipinto e che solo
governanti ignoranti possono credere che l’arte non sia importante per
la vita di tutti. Quando infine gli ho chiesto se esiste un mezzo più
efficace del colore, lui mi ha risposto: "la parola".
Per una manifestazione come Bookcity2014 che si è aperta con il
richiamo di Grossman al potere delle parole, non c’è chiusura più
adatta di questa.
In alto a destra la copertina del libro di Caroli ‘’Voyeur’’. In basso a sinistra l’autrice del
libro ‘’Ippopotami e Sirene’’ Eva Cantarella.
6
IL DIARIO:VENERDI
Icona del glam L’
o icona di vita?
immagine di Sophie Kinsella è
spesso offuscata dal
pregiudizio di molti che la
ritengono solo in grado di dare
consigli glamour riservati ad
un’élite di fanatiche della
moda. Sfatiamo questo mito!
Madeleine Wickham, in arte
Sophie Kinsella, si presenta
puntualissima nella Sala
Viscontea del Castello
Sforzesco indossando un abito
dallo stile retrò accompagnato
da un bolero nero all’ultima
moda ed elegantissimi tacchi a
stiletto. Intervistata dallo
scrittore Luca Bianchini,
risponde alle numerose
domande riguardati il
rapporto tra lei e la
protagonista della più famosa
serie di romanzi “I love
shopping”. Come poi lei stessa
affermerà, lei e la giovane
protagonista dei suoi romanzi,
Becky condividono la
medesima naturalezza e
ironia: Sophie, infatti,
considera Becky il suo “alter
ego”, e per questo, ci racconta
divertita, anche nella sua
quotidianità, arriva spesso a
chiedersi:”Cosa farebbe Becky
in questo momento?”.
L’autrice di “I love shopping”
aggiunge alcuni particolari
della sua vita privata svelando
il suo asso nella manica:
scopriamo così che presenza
costante e sostegno morale
di Anna Colnago, Elena Caselli
Madeleine Wickham,
44 anni
in arte Sophie
Kinsella, è una
scrittrice inglese nota
soprattuto per il suo
libro”I Love
Shopping”
«I love shopping»
di Sophie Kinsella
del suo successo è il marito,
sempre pronto a darle consigli
e spunti interessanti.
Nonostante la fama ottenuta
negli ultimi anni con la vendita
di oltre trentasei milioni di
copie, Sophie incarna
perfettamente l’immagine di
una semplice ragazza fiera di
ciò che fa, in grado di
trasmettere il proprio affetto e
la propria riconoscenza nei
confronti delle sue
ammiratrici, senza quella
fastidiosa allure da diva che
sfoggiano molte sue colleghe.
Dal suo modo di scrivere e di
confrontarsi con i lettori
capiamo che il suo scopo non
è inventare storie piacevoli da
leggere ma nelle quali è poi
difficile immedesimarsi: il suo
obiettivo principale, invece, è
quello di far agire i suoi
personaggi nel modo stesso in
cui agirebbe lei e quindi,
probabilmente, anche le sue
lettrici. Ciò la rende non solo
un’icona di glam e di stile ma
anche un’icona di vita.
Grazie a Bookcity per questa
bellissima opportunità!
Bookcity a teatro: ci divertiamo con Oscar Wilde
Di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova
Bookcity incontra lo spettacolo "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar
Wilde interpretato dalla compagnia teatrale I Depramirao presso il centro culturale Il Pertini di Cinisello Balsamo.
-Avete progetti per uno spettacolo futuro?
-Sarah:"So che Cosetta, la regista, sta iniziando a pensare a qualche
commedia di De Filippo, perché quest'anno ricorre il trentesimo anniversario
della sua morte. Non so se lo faremo, anche perché spero saremo molto
impegnati con le repliche di questo spettacolo".
E’ venerdì 14 novembre, nell'auditorium del centro culturale Il Pertini, la
compagnia teatrale deI Depramirao ha messo in scena uno spettacolo di
OscarW ilde, “L'importanza di chiamarsi Ernesto”. La compagnia è composta
da nove ragazzi, Filippo Tampieri, Giacomo Pratelli, Claudia Garavello, Chiara
Natali, Sarah Ferrante, Daniele Castelli, Stefano Riva, Laura Belluardo e Luca
Garavello. Dopo l'entusiasmante rappresentazione, nella quale gli attori sono
riusciti ad interpretare personaggi di un'altra epoca con modernità e molta
comicità e nonostante la folla, tutti sono stati disponibili a rispondere alle
nostre domande:
-Perché è stato scelto proprio questo testo di Oscar Wilde?
-Claudia: "Perché abbiamo sempre rappresentato spettacoli abbastanza
semplici e quindi quest'anno abbiamo provato a lavorare su un testo un po'
più complicato e di un autore più importante".
-Giacomo: " È stato un crescendo, siamo partiti da autori minori, fino ad
arrivare a Goldoni, di cui abbiamo scelto un testo poco conosciuto, e
quest'anno abbiamo detto: -siamo pronti per buttarci con Oscar Wilde-".
-Avevate preferenze nell'interpretazione dei personaggi? Se si, sono state
soddisfatte?
-Chiara: "Nella nostra compagnia l'importante é recitare, qualsiasi parte si
abbia la si fa sempre con gioia e piacere. Tutti siamo rimasti soddisfatti
proprio perché vige questa regola di base."
-Filippo: "Devo dire che i personaggi erano molto simili alle persone che li
hanno poi rappresentati. Inizialmente ciascuno di noi dichiara le sue
preferenze, però l'ultima voce in capitolo ce l'ha la regista, che è stata molto
brava a captare tutte le caratteristiche del carattere di tutti noi".
Di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova
Marta Barzasi e Ralitsa Ivanova in un selfie con i Depramirao
7
IL DIARIO:VENERDI
.
L’ASTRO NASCENTE DEL FANTASY ITALIANO
Il teatro è l’arte
del presente
Alex Goetling
di Giulia De Cesare, Marta Pastori
di Giulia Aloe, Laura Rodano
I
n una sala del Castello Sforzesco siamo andati a
intervistare Alex Goetling, un giovane scrittore
d'origine americana., subito disponibile a
rispondere alle nostre domande. Autore di un
romanzo dark fantasy, "Eutopia", Goetling per le
descrizioni di ambienti e personaggi si ispira “ai
classici dei fantasy, ai film, anche non di genere,
e alle tradizioni popolari (soprattutto per
quanto riguarda le creature)”. Ci racconta che la
sua tesi di laurea era sulle creature fantastiche
dell'immaginario popolare italiano, da cui è
stato molto influenzato, insieme alle tradizioni
inglese ed irlandese. L'ambientazione che
predilige per i suoi romanzi è pseudo-storica,
d'ispirazione medievale. Ma, per gli inesperti
del genere, cosa significa esattamente il termine
"dark fantasy"?
"Innanzitutto dark fantasy è una classificazione
che ho scelto io, tra molte possibili. "Dark
perché ha una connotazione oscura, per quanto
riguarda l'ambientazione, e parti a tratti
orrorifiche, vicine ad un concetto di letteratura
horror.
Inoltre le creature, le situazioni e le descrizioni
sono abbastanza spaventose. In più, la
distinzione tra Bene e Male è meno accentuata,
caratteristica tipica del genere dark fantasy, le
due realtà vengono contaminate l'una dall'altra
e non sempre è la parte positiva a prevalere su
quella negativa."
Cosa ne pensa del grande classico fantasy "Il
signore degli anelli"? "Innanzitutto l'opera di
Tolkien mi è cara in quanto è stato uno dei primi
libri di genere che io abbia mai letto. È
innegabile che sia un must non solo fantasy ma
anche della letteratura in generale. Mi sono
dedicato a questa lettura più volte nella vita
anche in lingua originale."
Al termine dell'intervista l'autore ci ha anche
fornito dei consigli nel caso in cui volessimo
avvicinarci alla scrittura: leggere molti libri di
generi differenti e dedicarsi allo scrivere con
costanza ed esercizio.
Andrée Ruth Shammah,
fondatrice e responsabile del
teatro "Franco Parenti" (ex
Salon Pier Lombardo), al
termine dell’evento svoltosi
venerdì 14 novembre presso
l’Università Cattolica del Sacro
Cuore, che l’ha vista
protagonista di una lettura
animata insieme a Massimo
Loreto, si è resa disponibile ad
essere intervistata dal Giornale
dei Ragazzi di BookCity. Ecco
come è andata.
Secondo Lei, perché le persone
dovrebbero andare a teatro?
Consiglio a chiunque di andare a
vedere uno spettacolo teatrale
perché, in una società come la
nostra, in cui i momenti di
condivisione sono sempre più
condizionati dai mezzi di
comunicazione virtuale, il teatro
è ciò che più ci ricorda i rapporti
umani veri, in quanto in ogni
rappresentazione si crea
empatia tra attore e spettatore.
Io apprezzo molto il lavoro di
tutti i professori che
coinvolgono i propri studenti in
progetti legati al mondo del
teatro, perché esso è l’arte del
presente ed è il tramite tra la
verità e la realtà.
Quindi Lei si sente di consigliare
ad un ragazzo di avvicinarsi al
mondo del teatro?
Assolutamente, anche perché il
mondo del teatro, come diceva
il maestro Paolo Grassi,
coinvolge più ambiti (sociologia,
architettura, comunicazione,
psicologia, psicoanalisi…) e
fornisce quindi molte più
possibilità di quanto si pensi.
Inoltre, vorrei prendere le
distanze da chi ritiene che un
artista sia necessariamente un
genio che vive una vita sregolata
e fatta di trasgressioni: il teatro
è un lavoro di artigianato, e
richiede molto impegno e
studio.
leggere molti libri
di generi differenti
e dedicarsi allo
scrivere con
costanza ed
esercizio.
Andrée Ruth Shammah durante l’evento
8
IL DIARIO:VENERDI
IMMAGINI DAL FRONTE
Fritz Gardner
Il coraggio di rappresentare la guerra con le immagini
di Cesare Rosa, Letizia Pessina, Sabrina Barca, Francesco Assi, Serena Frau
H
o scelto di aprire questo
approfondimento proponendovi
una riflessione che prima ancora
della grande guerra,
protagonista di questa mostra,
parla di arte.
"Chi è Fritz Gärtner?" e,
soprattutto, quanti di voi sono
in grado di rispondere a questa
domanda?
È questa una delle
caratteristiche che più
colpiscono riguardo a questo
artista, l'assoluta indifferenza
che gli fu dimostrata e che
tutt'ora persiste nei suoi
confronti, tanto che non viene
degnato di memoria neppure
nell'enciclopedia “libera, più
accessibile al mondo: Wikipedia.
Neanche una citazione nei
manuali di storia dell'arte. Il
nulla più assoluto. Eppure è
autore di tre portfoli, composti
ciascuno da oltre cinquanta
opere, impregnate di un valore
artistico che prescinde da una
mero giudizio critico e getta le
sue radici nella straordinaria
testimonianza di una delle realtà
storiche più efferate del
Novecento. Scene di guerra che
si riversano sulle tavole
conservando intatta la loro
essenza, grazie ad un artista che
non solo può vantare un
apprendistato eccellente (svolto
nell'accademia di Monaco), ma
anche, e forse prim'ancora, un'
esperienza diretta di quelle
situazioni.
Provate ad immaginare come
deve aver reagito Fritz, un
giovane artista di Aüssing,
quando ha aperto la lettera di
arruolamento obbligatorio
vedendo così pregiudicati tutti i
suoi sogni artistici, le sue
passioni, gli studi a cui tanto
diligentemente si era dedicato
fino ad allora. E invece, proprio
un evento di questo genere,
impedimento che a molti
sarebbe parso insormontabile,
lo dota di uno spirito nuovo,
creativo, energico che gli
avrebbe permesso di integrare
le esperienze di una guerra
senza precedenti con un genio
artistico che si risolve in
tecniche di pittura basilari,
quelle a cui era in grado di
accedere da soldato semplice.
Questo dovrebbe, a mio avviso,
essere il paradigma dell’arte:
passione, emozioni, coraggio. E
Gardner certamente riesce ad
esprimerlo appieno nelle sue
opere.
Di grande effetto per esempio è
l'incisione “Fiori e Filo Spinato”,
acquaforte del 1916, una delle
tante esposte il 14 Novembre
nella piccola libreria Libet in
prestito dalla Biblioteca Militare
di Milano. L'opera è divisa in
due registri fortemente
antitetici e contrastanti, che
costituiscono un ossimoro in
grado di rappresentare con un
certo effetto il carattere illogico
e contraddittorio della guerra.
In primo piano è rappresentato
un filo spinato in
pendenza,sopra, accasciato il
corpo inerte di un soldato in
una posa scomposta e
innaturale; probabilmente uno
sfortunato stroncato dal fuoco
nemico mentre tentava di
scavalcare per salvarsi. Questa
immagine, di forte impatto
psicologico, rappresenta la
dimensione più tragica e cruda
della guerra, il destino di molti
uomini racchiuso in quello di
uno solo, il grado di distruttività
a cui può giungere l'atto umano.
Sullo sfondo troviamo invece
una scena del tutto diversa: un
tronco sinuoso si staglia sopra
l'orrore della guerra e da esso si
dirama una chioma di fiori
bianchi che occupa tutto il
secondo piano in un candore
abbagliante.
E' incredibile come l'artista
riesca a far intuire i colori e le
tinte della cornice floreale pur
servendosi solamente di
inchiostro nero. Certo è
preponderante l'immagine
immediata degli effetti della
guerra, follia umana che oscura
e piega a sé le opere di madre
natura. Se però non ci si ferma
all'aspetto più superficiale e si
spinge lo sguardo oltre
all'immanenza delle situazioni
più toccanti, si può vedere che
la vita continua, che la natura,
nonostante tutto, continua a
crescere rigogliosa e a dare la
speranza di un futuro migliore.
Lavoro realizzato da Pietro
Orlandi e Riccardo Pasquali
Soldati e artisti
L’arte dispersa
di Francesco Assi, Sabrina Barca, Serena Frau, Letizia Pessina,
Cesare Rosa.
In via Terraggio 21, oggi la libreria Libet si tinge dei colori della Grande
Guerra: bianco e nero.
Messe a disposizione dalla Libreria Militare, tra scaffali traboccanti di
libri, spiccano le opere d’arte protagoniste di questo evento, che con le
loro immagini crude e veritiere dicono più di mille parole. Tutte
realizzate durante i tristi anni del conflitto, comunicano le sconvolgenti
scene a cui i soldati dovevano quotidianamente assistere.
La maggior parte delle opere sono litografie o acqueforti, tecniche che
trasmettono grazie ai colori cupi e spenti quella sensazione di angoscia
comune tra i soldati in trincea.
Sparsi per la libreria, ci sono anche dei reperti risalenti alla Prima
Guerra Mondiale. Elmetti, filo spinato, borracce e baionette si
mescolano in modo perfetto all’atmosfera creata dai vari disegni.
L’ambiente intimo e familiare della libreria Libet, giusta cornice
all’evento, ci ha particolarmente colpiti.
Un posto da non perdere.
9
IL DIARIO:VENERDI
Aldo Cazzullo: la Grande Guerra
DI Luca Dossena, Giacomo Bedeschi e Stefano Grassi
A
bbiamo incontrato il giornalista e
scrittore Aldo Cazzullo, venuto qui a
#BCM14 per promuovere il suo nuovo
libro “La guerra dei nostri nonni”, un
lavoro innovativo nel suo genere, che
esula dalle note vicende belliche e si
pone nei confronti della Grande
Guerra in un’ottica inedita: quella dei
soldati semplici, delle donne rimaste a
casa e andate al fronte, e delle
famiglie ¬-tante- che furono colpite da
questa immane tragedia.
Le donne della Grande Guerra furono
una componente determinante per
l’esito finale del conflitto: il loro
contributo dimostrò alla società le
capacità femminili nei più svariati
settori. A partire da quello agricolo,
dove con tenacia e dedizione si
scontrarono contro fatica e
intemperie fino a quello dell’industria
pesante (molte morirono per le
esalazioni tossiche delle fabbriche).
Non poche infine, sfidando la paura e
la morte, andarono al fronte come
crocerossine o perfino travestite da
uomini per combattere al fianco dei
loro compagni. Inoltre, essendo la
maggior parte degli uomini al fronte,
vennero impiegate anche come
postine, autisti e persino agenti
segreti.
E’ anche così che nacque una prima
coscienza identitaria delle donne, che
iniziarono a scioperare e a
manifestare per i loro diritti. Insomma
la Grande Guerra fu involontario
motore del processo per
l’emancipazione femminile del ‘900.
Uno spazio viene anche dedicato alla
triste vicenda delle giovani donne
istriane, meno nota ai più, vittime di
brutalità da parte dei soldati
austroungarici, cosa che cagionò
innumerevoli sofferenze sia alle donne
sia ai figli che spesso furono generati
da queste violenze.
L’intento di questo libro è preservare
la memoria del passato e farla rivivere
attraverso la scrittura, addentrandosi
nelle strazianti vicende personali dei
soldati e dei loro dolori. Come
sostiene Cazzullo “la Grande Guerra
non ha eroi, i protagonisti non sono
re, imperatori, generali. Sono i fanticontadini: i nostri nonni”. Ed è per
mezzo della loro unione che l’Italia
odierna si è formata come stato
nazionale e non mera definizione
geografica: rimangono i principali
testimoni di un messaggio universale
ed eterno di fratellanza e solidarietà.
Siamo usciti vittoriosi, risultato non
scontato, dal primo conflitto mondiale
grazie alla sinergia umana, ed è con
questa che dobbiamo muoverci per
fronteggiare la nostra guerra, “la
guerra contro la crisi”.
Informazione
tecnica: per scrivere
il libro, Cazzullo , con
un intenso lavoro
della durata di un
anno, si è avvalorato
di testimonianze,
lettere e diari
personali dei giovani
alpini e dei soldati
tedeschi impegnati
nella guerra
Aldo Cazzullo, classe ‘66 è autore di
numerosi romanzi riguardanti l’identità
nazionale.
Qui sopra il suo ultimo lavoro , nel quale
lo scrittore ripercorre il cammino dei
giovani contadini italiani impegnati sul
fronte alpino durante la prima guerra
mondiale
Contadini italiani durante prima guerra mondiale
10
IL DIARIO:SABATO
L’intervista DONATO CARRISI
Un salto nel buio
di Luca Dossena
#BCM14
day three P
di Stefano Grassi, Riccardo Pasquali
’
’
Donato Carrisi con Stefano Grassi e
Riccardo Pasquali
ioggia torrenziale, tuoni e lampi che
illuminano di una luce spettrale le
merlature , strade allagate e poco trafficate,
doccioni che dai tetti lasciano cadere
cascate d'acqua nei cortili del Castello: non
c'è dubbio, è tempo di parlare di noir e di
gialli, di intrighi e arcani, e quindi di andare
a scoprire tutti i principali autori qui a
Milano, qui a Bookcity! Per farsi un'idea
iniziale e sommaria basta recarsi alla
provvisoria libreria all'ingresso del cortile
principale del Castello Sforzesco, allestita
sotto un tendone. Sul mobile subito
all'ingresso troverete già un vasto
assortimento, con tutti i principali noir
usciti di recente e presentati qui a Bookcity.
Potete farvi consigliare dal gestore della
libreria, che sarà ben lieto di esservi utile e
disposto a consigliarvi la lettura che più fa
per voi. A noi ha consigliato vivamente
l'acquisto di "Uccidi il padre", thriller di
Sandrone Dazieri, uno dei più originali usciti
recentemente di questo genere. Comunque
consigliati anche "La pioggia fa sul serio" di
Francesco Guccini, che verrà presentato in
un evento di domani al Castello Sforzesco
alle 13, "Il convento sull'isola" di Marco
Polillo, "Il male non dimentica" di Roberto
Costantini, "L'ultima cena del commissario
Luciani?" del genovese Claudio Paglieri.
Ovviamente ce ne sono molti altri che
meritano di essere scoperti, e l'occasione
migliore per farlo è partecipare a "Il giro
d'Italia in 30 noir", una monumentale
maratona di noir che ha come obiettivo un
tour ideale lungo lo stivale attraverso i libri
e le indagini dei protagonisti. L'evento si
terrà domani al Castello Sforzesco dalle 10
in poi, fra gli altri saranno presenti anche
Claudio Paglieri e Marco Polillo. Essendo la
scelta talmente sterminata e varia che non
sarebbe stato possibile seguire ogni singolo
evento del genere, abbiamo deciso di
sceglierne uno da approfondire in
particolare. Così ieri ci siamo recati al
Museo della Scienza e della Tecnica per
partecipare alla presentazione del libro:"Il
cacciatore del buio" di Donato Carrisi,
l'autore di thriller italiano più letto e
conosciuto all'estero.
Donato Carrisi, in una suggestiva
conferenza nella quale ha rappresentato e
interpretato in maniera teatrale le sue
storie, le sue fantasie e i ricordi di una vita
dedicata alla scrittura e alla ricerca dei
"segnali" di una realtà coesistente e celata,
si è addentrato in una inquietante
riflessione sulla natura sfaccettata del suo
animo: il lato oscuro, il male, la "metà
oscura", come direbbe Stephen King. Ma
cos'è il male, da chi e cosa è alimentato?
Domande che sorgono spontanee ma che in
realtà non lo sono affatto . Come ci spiega
lo scrittore, il male è un elemento sempre
presente, nato all'alba dei tempi e del
mondo. Carrisi afferma - " il male è
necessario per l'esistenza del bene , senza il
male tutte le cose sarebbero neutre, nè
buone nè cattive. Il male è motore di tutto,
sempre identico a sè "-. Un motore primo,
direbbe Aristotele.L'uomo ha avuto
necessità di creare il male , per
contrapporlo al bene , per sentirsi
completo. L'uomo l'ha cercato e l'ha
trovato: esso è dappertutto.In Italia, come
nel resto del mondo, molti luoghi portano
11
con se' la malvagità dell'uomo , al loro
interno riecheggiano morte e sofferenza.
Luoghi di cui ignoriamo la carica negativa,
come il Colosseo a Roma, città simbolo dei
satanisti e insieme anche sede pontificia.
Sono questi i segnali nei quali Carrisi si
addentra nel corso delle sue storie, sono gli
elementi che rievocano vicende e tradizioni
legati ad un passato remoto e misterioso,
che spesso deve essere riesumato dalle
sabbie del tempo.
Com'è possibile dimenticare quello che il
male è stato, rimanere indifferenti di fronte
al fascino del mistero?
Intento dello scrittore in questione è fornire
al lettore un nuovo modello di thriller: le
sue storie sono profonde, complesse,
rimandano a nuclei originari dell'umanità,
scavano nella sua stessa storia , nella sua
psiche, nel suo animo. I nostri sentimenti,
nonché gli istinti primordiali , vengono
rievocati con la lettura, in noi riemerge la
paura dell'ignoto , del male, dell'oscuro .
Carrisi ne è pienamente consapevole. E' in
grado anzi di coinvolgere il lettore
all'interno del suo cammino senza creare
niente di nuovo: è tutto dentro di noi ,
basta solo prestare attenzione. Bisogna solo
cogliere i segnali, gli indizi.
A fine presentazione, Donato Carrisi ci ha
concesso una breve intervista, della quale
abbiamo approfittato per delle domande
più personali sull'autore e la sua esperienza
di scrittore. Per prima cosa abbiamo voluto
chiedergli cosa l'ha ispirato da ragazzo per
diventare l'autore di thriller che
conosciamo oggi. Carrisi ha dichiarato che
per lui sono stati di grande ispirazione le
opere di Giorgio Faletti e Il Nome della
Rosa, capolavoro di Umberto Eco, secondo
lui i grandi pilastri del thriller italiano. "Non
è vero che gli italiani non sanno scrivere
thriller", ha affermato orgogliosamente,
aggiungendo che la scelta di dedicarsi a
questo genere è stata anche una
scommessa e una sfida a questo luogo
comune. Altro suo grande ispiratore, in
campo cinematografico, è sicuramente
stato Alfred Hitchcock, "per il modo di
tessere le trame e di tenere la suspance":
infatti ciò che lo ha sempre stupito
particolarmente dei suoi film è che "il
pubblico passava dal riso al terrore in pochi
attimi", cosa senza dubbio anomala e
eccezionale.
Gli abbiamo poi chiesto di spiegarci cosa
differenzia i suoi thriller dagli altri, qual è
secondo lui la chiave del suo successo. Ha
affermato che per lui è difficile dirlo con
esattezza, ma ha riconosciuto che una delle
caratteristiche più spiccate del suo stile è la
forte immaginosità, che fa assomigliare le
sue storie a dei film. Infine eravamo curiosi
di sapere quanto la sua esperienza
personale influisca sulle trame dei suoi
romanzi. A sorpresa, ci ha confessato che in
realtà cerca di ridurre al minimo l'intrusione
di elementi personali nei suoi lavori: "lo
scrittore deve uscire il più possibile dalla
storia, non deve proprio apparire".
Noi siamo stati molto soddisfatti di questa
esperienza, ora tocca a voi scoprire il giallo
a Milano in tutte le sue tinte e
sfaccettature: rimarrete sicuramente
appagati.
IL DIARIO:SABATO
L’intervista CLAUDIO BISIO
Dal presente
al passato
Che shampoo usa?
S
Di Laura Rodano,
Luca Dossena
abato 15 novembre 2014 il comico
Claudio Bisio tiene un a conferenza
insieme a Marta Perego, Walter
Fontana e Federico Baccomo
Duchesne nella sala Balla del Castello
Sforzesco, in occasione della
presentazione del libro Peep Show di
Federico. A fine conferenza
incontriamo Bisio e lo sottoponiamo
ad alcune domande. Come e dove
nasce la sua voglia di fare arte?L’ho
avuta un pochino da sempre, già da
ragazzino, poi però ho percorso altre
strade: ho intrapreso il liceo
scientifico, l’università agraria, che se
ci pensi, non c’entra assolutamente
niente. Dentro di me, però, mi
rodeva il fatto di provarci. Quando
avevo vent’anni, non ero proprio
giovanissimo, dopo aver fatto il
militare, di nascosto ho provato a
fare l’esame della scuola del Piccolo
Teatro di Milano: volevo fare l’attore!
Mi hanno preso e da lì è stato tutto
in discesa.Lei è molto noto in teatro,
in televisione e anche come
scrittore, dove si trova
meglio?L’attore, no … l’attore! Io
sono un attore, quindi mi esprimo al
meglio nelle varie possibilità che ha
un attore. Dapprima il teatro, da
sempre, da quando ancora non
c’erano tutti questi mezzi tecnologici
del cinema, della televisione. Nasce
tutto da lì sicuramente, dal teatro.
Che vuol dire anche cabaret, live, dal
vivo, lo stesso Zelig era uno
spettacolo televisivo che riprendeva
il live.Come crede si possa far ridere
la gente di oggi?Questa è una
domanda da mille punti:
difficilissima! Un po’ di dote naturale
ci vuole, poi … un suggerimento: una
delle cose fondamentali è il ritmo,
avere l’idea del ritmo. La comicità è
quasi come un’improvvisazione
jazzistica. Oggi per esempio eravamo
in tre, più la presentatrice, quindi in
quattro, con quattro microfoni; non
avevamo provato niente, però ci
conosciamo abbastanza, io ho letto i
loro libri; alla base ci vuole la
conoscenza, anche perché se non sai
niente, se sei un ignorante non ce la
fai, invece se conosci le cose in una
situazione così, in uno spettacolo
live, è più semplice. Per esempio io
credo che i freestyle dei rapper siano
esercizi, che sarebbero utilissimi per
un comico: saper dire la battuta al
momento giusto, fermarsi, avere il
ritmo. Questo è un suggerimento
che posso dare.Da piccolo si
immaginava di intraprendere questa
strada da artista e di riscuotere tanto
successo?No, assolutamente no! ho
fatto diverse scuole, l’agraria,
pensavo di fare un altro lavoro,
magari in campagna, legato,
appunto, a quello che mi piaceva.
di Ralitsa Ivanova
Soprattutto non pensavo di farlo
come lavoro, magari come hobby, io
facevo qualche cosa di artistico:
suonavo il pianoforte, strimpellavo la
chitarra. Cose così mi sono sempre
piaciute, ma come hobby, non avevo
mai pensato di farlo come lavoro.Che
consigli si sente di dare ad un
giovane che intende intraprendere la
sua carriera e in generale che consigli
si sente di dare sulla
recitazione?Beh, intanto studiare,
perché ci vogliono un po’ di doti
naturali come dicevo prima, il senso
del ritmo, però lo studio è
fondamentale. Io stesso forse avevo
delle doti naturali, ma ho fatto la
scuola del Piccolo Teatro, tre anni a
tempo pieno che è stata utilissima,
per poi rinnegarla magari, nel senso
di cancellare le cose di impostazione,
di dizione. Però lo studio si deve fare,
ci sono scuole di cinema, di
recitazione, di teatro, stanno facendo
anche scuola di comicità, di
doppiaggio, però una scuola, un
insegnate, secondo me è
fondamentale.Nel libro di Federico
Baccomo, Peep show, vengono fatte
varie parodie di personaggi di spicco
italiani. Lei si sente oggetto di questo
tipo di parodie? Visto che ha detto
che ha creato un pezzo parodico su
di lei, ma non l’ha inserito nel
libro.Mi aveva citato curiosamente
senza che ci conoscessimo, perché è
giusto che sia così, nel suo libro
precedente: c’era una festa
mascherata in cui c’erano giochi
mascherati in cui c’era una che
voleva essere Bisio. Quando ci siamo
conosciuti mi ha fatto vedere quella
pagina, dicendomi che aveva già
pensato a me. Abbiamo fatto il film
da quel libro. Mi divertirei se ci fosse
qualcuno che facesse la mia parodia,
non l’ho ancora visto! Ma sai le
parodie vanno fatte su personaggi
che hanno un certo grado di
popolarità, ma anche un certo grado
di “potere”, i politici sicuramente
sono i primi, oppure su quelli “sul
piedistallo”, come Benigni che non è
serissimo anche se con Dante un po’
lo è diventato, e quindi Baccomo lo
ha inserito nel libro, come la Pausini
che vende milioni di dischi. Io sono
una via di mezzo, non sono così
un’icona, però se dovesse accadere
mi divertirei tantissimo!E infine
vorremmo chiederle, lei che
shampoo usa?Garnier alle erbe!
12
Domenica 16 novembre 2014, Bookcity ha avuto l'onore di
ospitare lo scrittore-critico Tzvetan Todorov (Цветан Тодоров).
Nato a Sofia (София) nel 1939 e successivamente trasferitosi a
Parigi dove studia filosofia e linguaggio con Roland Barthes,
Todorov è noto soprattutto come critico letterario con forti
interessi nei confronti della storia e della filosofia concepita come
parte della semiotica. L’incontro con lo scrittore è per me
particolarmente emozionante perchè apparteniamo alla stessa
patria, forse anche per questo ha risposto con particolare
attenzione alle mie domande pur avendo pochissimo tempo a
disposizione.
-È nato come critico letterario e studioso di filosofia, come mai ha
indirizzato i suoi studi verso l'analisi storica?
"Tutto ció è accaduto in modo molto veloce dopo essermi
trasferito a Parigi: ben presto ho capito che era necessario mettere
il presente in relazione al passato. Sono stato mosso anche
dall'ammirazione per la cultura, la tradizione e, appunto, la storia
parigina, è da qui che ho avviato il mio interesse per l'analisi
storica."
-Qual è il rapporto con la nostra (нашaта) patria ?
"La Bulgaria è sempre rimasta nel mio cuore(моето сърце), anche
se con il trascorrere degli anni sono ritornato sempre meno: ormai
sono 54 anni che vivo in Francia e mi considero più francese che
bulgaro, ma nonostante ciò non trascuro mai la mia origine.
L'anno scorso dopo molti anni sono ritornato a Sofia e l'ho trovata
veramente bella (красива) e affascinante (очарователна) rispetto
ad altre volte. L'ho vista con occhi diversi, forse questo è dovuto al
fatto che era da tempo che non vi tornavo.
La Bulgaria è davvero un paese bello,pieno di cose e posti da
scoprire, sebbene ora non stia attraversando un periodo politico e
economico favorevole, è un paese che ce l'ha sempre fatta e ce la
farà."
-Cosa ne pensa della vita al di fuori della Bulgaria e come
emigrante?
"Devo dire che io non ho incontrato grosse difficoltà: mi sono
recato a Parigi nel 1977 con l'intenzione di studiare. Le persone
che ho via via incontrato nel mio viaggio di formazione sono
sempre state gentili e comprensibili nei miei confronti, erano
molto interessati a me, alla mia patria e alla mia cultura, mai
nessuno di loro mi ha fatto sentire a disagio dicendomi che il mio
posto non fosse lì o discriminandomi perché emigrante. Posso
ritenere di essere stato davvero fortunato rispetto ad altri che si
trovavano nella mia stessa situazione."
Todorov continua, sottolineando come sia importante che ciascuno
di noi trovi la propria strada, aldilà delle difficoltà che si possono
incontrare. Perché. E questa è la perla che mi lascia in conclusione
della nostra chiacchierata, “Хората не са растения,могат да
решат къде да отидат” (Gli uomini non sono piante, perciò sta a
loro decidere quale sia il cammino da seguire).
Ralitsa Ivanova
eTzvetan Todorov
IL DIARIO:SABATO
L’intervista VALERIO MASSIMO MANFREDI
FRA LE MURA DEL CASTELLO
RIECCHEGGIANO MEMORIE DEL PASSATO
di Riccardo Pasquali
S
abato 15 Novembre il Portico
dell’Elefante, al Castello Sforzesco, ha
accolto l’archeologo, storico e scrittore
Valerio Massimo Manfredi per un
intrigante aperitivo con l’autore.
All’ombra del porticato, con gli spettatori
comodamente seduti ai tavolini a
sorseggiare vino, Manfredi ha condotto il
suo pubblico fra le meraviglie del mondo
classico dalla guerra di Troia al viaggio di
Odisseo. Prima che iniziasse l’evento,
siamo riusciti a intervistare brevemente
l’autore. Così ha chiarito le nostre
curiosità.
Manfredi, prima che un valente scrittore,
è un noto e affermato archeologo e,
sapendo di questa sua attività, abbiamo
voluto approfondire il lavoro nascosto
dietro la stesura del libro L’armata
Perduta, che ha come soggetto la
spedizione dei 10 000 già narrata da
Senofonte nell’Anabasi. Abbiamo
scoperto che dietro a quest’opera c’è un
lavoro di ben vent’anni, vent’anni durante
i quali Manfredi, in veste di archeologo e
studioso della storia, ha ripercorso tappa
per tappa l’itinerario dell’esercito guidato
da Senofonte, dal luogo della disfatta di
Cunassa (attuale Iran) fino alla patria
greca, rilevando le varie quote
altimetriche e un’infinità di altri dati. Al
termine del lavoro, però, ne è valsa la
pena, tanto che l’opera di Manfredi è
stata dichiarata punto di partenza per
chiunque altro voglia riprendere l’Anabasi
di Senofonte. Nelle sue opere Manfredi
ha creato e rielaborato i profili di
personaggi storici rendendoli
indimenticabili e vividi nella memoria di
ognuno, addentrandosi nella loro
psicologia e rivelando gli aspetti più intimi
e oscuri della loro vita. Abbiamo pensato
di chiedergli quale personaggio storico lo
abbia più affascinato e ispirato per
personalità e carattere. L’autore ha
confessato con un sorriso che “prima di
un personaggio si deve avere una grande
storia da raccontare”: infatti, a ben
guardare, sono pochi i personaggi storici
a emergere come protagonisti indiscussi
nei suoi romanzi, sono più gli eventi
storici in sé a farla da padrone.
Comunque, dovendo scegliere, ha
dichiarato che fra i profili storici che
preferisce ci sono Alessandro Magno,
protagonista della trilogia Alexandros, per
la sua forza di carattere e la
determinazione dimostrate dalle sue
gesta, e l’enciclopedista romano Plinio il
Vecchio, per la sua sterminata cultura e il
coraggio con cui ha affrontato la morte,
alle falde del Vesuvio in fiamme.
Infine, con una domanda più generale, gli
abbiamo chiesto cosa pensasse
dell’attuale situazione dei siti archeologici
in Italia e della loro evidente
trascuratezza. ”Prima ancora del governo
– ci ha risposto - siamo noi comuni
cittadini a doverci rendere conto che
l’Italia è una superpotenza culturale, che
la cultura è la nostra massima risorsa e
che dovremmo sfruttarla al massimo.
Dobbiamo imparare ad amare il nostro
paese e a vederlo come la nostra casa,
renderci conto che lo abitiamo da più di
trenta secoli, trenta secoli di cui non c’è
stato un solo giorno che non abbia
prodotto meraviglie. Detto questo, spesso
i media tendono a ingigantire anche il
minimo crollo nel sito di Pompei,
“dimenticandosi” di ricordare ai fruitori
che negli ultimi anni le precipitazioni sono
state quadruplo rispetto al solito. Dunque
non dobbiamo lasciarci abbattere dal
pessimismo e dalle notizie frammentarie
dei media, ma credere nell’Italia e nelle
sue possibilità”.
Parole preziose, che ricorderemo.
13
Manfredi, 71 è un
archeologo, storico,
condutotore
televisivo e famoso
scrittore
L’ultimo libro di
Manfredi, «Le
meraviglie del
mondo antico»
IL DIARIO:SABATO
Mafia e crisi
Il valore e il reimpiego di beni
confiscati
di Giacomo Bedeschi e Pietro Orlandi
A
Bookcity non si viene sono per
leggere libri. A Bookcity si parla,
si discute, si crea. E quale
momento
migliore di questo, delle gare
d'appalto falsate per l'Expo 2015
e dell'inarrestabile ascesa delle
organizzazioni criminali in tutto il
tessuto sociale italiano, per
discutere di mafia? E,
finalmente, non in un'ottica
esclusivamente morale o
giuridica, che ha il limite di
affrontare il fenomeno
essenzialmente con l'intento di
criminalizzare ciò che tutti
riconosciamo come tale, ma in
un'ottica pragmatica, che trova il
suo fine ultimo nella ripresa
economica nel paese. Perché
attualmente questo
rappresentano i beni confiscati
alle mafie: una ricca risorsa da
cui ripartire. La conferenza che si
è tenuta oggi al Palazzo
dell'Archivio ha parlato proprio
di questo: un approccio diretto al
nucleo della questione, che non
si ferma all'analisi dei problemi
strutturali e gestionali che
spesso pregiudicano la
sopravvivenza di un'azienda
confiscata, ma che presenta
diverse soluzioni alla questione
nei termini più concreti e
materiali possibili. A questa
trattazione economicadel
problema, si affiancano diversi
esempi di aziende che, dopo
essere state confiscate, ed aver
perso qui
ndi ogni tipo di credibilità
finanziaria presso gli istituti di
credito, sono state reintegrate
sul mercato, in modo da porre
fine alle infiltrazioni mafiose,
estirpare questo male che
spesso sembra incurabile, senza
però mettere in ginocchio le
centinaia di famiglia per le quali
queste aziende rappresentano
l'unica fonte di reddito.
L'obbiettivo del reintegro deve
identificarsi, infatti,
Come parlare
di morte
di Laura Rodano
nell'istituzione di strutture
dedicate alla comunità, che si
prestino ad iniziative di
assistenza sociale o di carattere
culturale.
Anche quando si apre il tema
dell'utilità e dell'impiego a favore
della cittadinanza di tali beni,
l'ottica rimane sempre quella di
un secco quanto necessario
realismo, che ci ricorda che, fino
a prova contraria, un'azienda
non sopravvive senza profitto, e
poco conta che la comunità ne
tragga vantaggio quando si tratta
di sanarne i conti in rosso.
Beni che rappresentano, dati alla
mano, solo negli ultimi tre anni
quasi l'1% del PIL. Oltre un
miliardo dieuro. E, beninteso,
non si tratta di un miliardo di
euro sudati e meritati, ma di un
patrimonio costruito a discapito
di un mercato libero ed equo, nel
quale le aziende gestite dai clan
partono indiscutibilmente
avvantaggiate, grazie ai prezzi di
favore che ottengono sulle
materie prime e alla concorrenza
sleale, condotta spesso senza
scrupoli e in modo violento.
Bookcity, in definitiva, mi sta
facendo scoprire ogni giorno una
cultura che non sta solo scritta
nei libri, esclusivamente fine a se
stessa, ma che trova un'effettiva
completezza solo quando riesce
a ridare vitalità a tutti quei valori
che, da un tempo di crisi come il
nostro, risultano ridimensionati
e privati della loro originaria
essenza.
14
A questa domanda molto
complicata hanno cercato di
rispondere tre delle
personalità più in vista
nell’ambito della tanatologia:
Alessandro Gusman, Luca
Prestia e Francesco Remotti.
Tante le suggestioni, proviamo
a riassumerle.
La morte molto spesso viene
considerata come un concetto
astratto quando in realtà è
estremamente concreto.
Non si affronta la morte ma
molto spesso si cerca di
nasconderla.
Della morte si parla in maniera
metaforica e celata anche se
poi attraverso i media ci viene
anche
presentata cruda e violenta.
Nella società europea il
distacco dalla morte è dovuto
alla medicalizzazione che ha
creato
un’individualizzazione della
morte: le persone molto
spesso si ritrovano ad
affrontare la fine della
propria vita in un letto di
ospedale, con molte
probabilità da soli. La morte è
quindi anche un
problema sociale.
Grazie anche agli enormi
progressi della medicina, molti
pensano che la morte possa
essere
cancellata e la vita debba
continuare per l’eternità, in un
paradossale desiderio di
immortalità.
Ma, dicono gli specialisti, tutto
questo non ha senso.
La morte è sia la fine della
vita, sia il processo che
permette una nuova vita.
Insomma, il primo
passo per accettare la morte è
quello di vederla come l’esito
di un processo naturale e
necessario e
distaccarsi da un’idea di
immortalità che è
profondamente innaturale e
non umana.
Parlare della morte è un modo
per imparare a vivere: quindi
perché evitarla?
IL DIARIO:SABATO
Groenlandia
UNA VITA TRA I GHIACCI
di Assi Francesco, Barca Sabrina,
Frau Serena, Pessina Letizia, Rosa Cesare
Per BookCity la Groenlandia è arrivata a
Milano. Robert Peroni oggi al Museo di
Storia Naturale presenta il suo nuovo
libro ‘I colori del ghiaccio’ in cui
continua l’affascinante storia della sua
vita tra gli Inuit. Tra desolati paesaggi e
distese di ghiaccio, l’autore è riuscito a
trovare una popolazione che sembra
essersi fermata nel tempo, per la quale
la caccia è ancora la fonte di
sostentamento principale. Ma il loro
futuro sembra essere incerto, messo in
pericolo dall’invadente cultura
occidentale, come viene messo in
evidenza da alcune recenti campagne,
per esempio quella promossa da alcune
organizzazioni ambientaliste per la
sensibilizzazione contro la caccia alla
foche, ostacolo alla piccola economia
dei villaggi indigeni. Durante il suo
intervento Peroni ha condiviso con il
pubblico presente alcune delle sue
esperienze più significative tra i ghiacci,
che hanno toccato il pubblico per la
loro intensità emotiva.
Grazie alle immagini spettacolari che ha
trasmesso, Peroni ci ha lasciato una
grande voglia di scoprire questa terra
straordinaria, questa isola misteriosa.
la Groenlandia
è arrivata
a Milano
I MISTERI
DI DANTE
di Alexa Pallante, Francesca Rubino
Il 15 novembre all'Expogate di
Piazza Castello Giulio Leoni ha
tenuto una conferenza sui molteplici
misteri che circondano la figura di
Dante, per esempio: qual era il suo
aspetto? Beatrice è esistita
veramente? È vero che Dante
apparteneva all'ordine dei Templari?
Qual era la sua idea politica e quale
quella religiosa? Ma soprattutto,
"cosa ha fatto di così grave da
sentirsi destinato all'inferno?" Le
ipotesi sono diverse: dall'omicidio
alla partecipazione a una congiura
contro Papa Giovanni XXII alla
possibile relazione avuta con la
cognata; la tesi sostenuta da Leoni è
però un'altra ancora: secondo lui,
Dante avrebbe sposato, seguendo
l'esempio di Guido Cavalcanti, le tesi
epicuree e quindi si sarebbe
allontanato dalla religione. Mistero!
E di misteri parla anche il suo nuovo
libro, in cui il Sommo Poeta appare
nelle insolite vesti di un
investigatore, mestiere che, sempre
secondo l'autore, avrebbe potuto
svolgere "magnificamente", data la
sua mente acuta.
Il nuovo libro di
Peroni e
un’immagine
dell’evento
15
Giulio Romano ed in
basso il suo nuovo libro
«La Sindone del
Diavolo»
IL DIARIO:SABATO
10 anni di Fantasy
Il ritorno di Nihal
di Isabella Catapano, Marta Pastori e Giulia Veschi
S
abato 15 novembre, presso la Società d'Incoraggiamento d'Arti
e Mestieri, l'astrofisica, più conosciuta come scrittrice fantasy,
Licia Troisi è stata intervistata dallo scrittore e sceneggiatore
Sandrone Dazieri, in ricorrenza del decennale dalla
pubblicazione del suo primo libro, facente parte della saga "Le
cronache del mondo emerso". Si inizia con l'ultimo libro, uscito
di recente nelle librerie, nel quale l'autrice torna a parlare del
mondo emerso: qui la situazione è stabile e piuttosto tranquilla,
anche se i suoi abitanti portano ancora le cicatrici delle rovinose
guerre del passato. Il romanzo è suddiviso in tre racconti, che
vertono sul personaggio di Nihal, protagonista della saga del
mondo emerso.
La figura della donna emancipata è centrale in tutti i romanzi
della Troisi: le eroine create dall'autrice sono autonome, in
grado di combattere senza l'intervento di personaggi maschili e
sanno costruirsi da sé un percorso definito.
Successivamente la discussione si è spostata su un problema
tipico della letteratura fantasy: il pregiudizio diffuso che questo
genere di narrativa sia finalizzato soltanto all'intrattenimento
dei lettori. In realtà, secondo la scrittrice, ogni autore cerca di
trasmettere dei precisi valori morali e lei si concentra
principalmente sulle questioni delle guerre e del razzismo, che
fin dall'infanzia l'hanno toccata da vicino.
Infine, rispondendo a una domanda del pubblico, l'autrice ha
elencato una serie di consigli per entrare a far parte dell'albo
degli scrittori: leggere libri di ogni genere, esercitarsi nella
scrittura, confrontarsi con un pubblico e capire per quale motivo
si vuole diventare scrittori.
La personalità di Licia ci ha affascinato e ci ha insegnato quanto
poco distanti siano il mondo della scienza e quello
dell'immaginazione.
Licia Troisi e Sandrone Dazieri
INCONTRO ALL’ISTITUTO DEI CIECHI
Vedere con le mani
di Isabella Catapano e Marta Pastori
L'incontro, tenutosi in una magnifica sala dell'Istituto
dei Ciechi e volto a sensibilizzare il pubblico all'iniziativa
di LIA (Libri Italiani Accessibili), comincia con una breve
introduzione alla lingua Braille. Il linguaggio dei ciechi è
giunto in Italia nel 1963, pur essendo stato creato a
metà Ottocento. Successivamente è stata fatta una
dimostrazione di nuove tecnologie che permettono a
non vedenti e ipovedenti di poter leggere qualsiasi libro.
Uno dei relatori, portando l'esempio di un pittore cieco
americano, John Branlitt, ha affermato che la lettura,
così come la pittura, non è una questione di vista ma di
immaginazione. In seguito è stato approfondito il
progetto di LIA "Acce(n)di un libro", che promuove una
lettura accessibile a tutti, soprattutto tramite mezzi
tecnologici come smartphone, tablet e computer. Infine,
giunti al momento clou dell'evento, due non vedenti
dell'Istituto, insieme alla scrittrice Chiara Gamberale,
hanno letto alcuni passi tratti dal romanzo di
quest'ultima, "Arrivano i pagliacci", tutti e tre tramite
l'utilizzo sia del formato cartaceo sia di quello digitale.
Un aspetto sorprendente per tutto il pubblico è stata la
velocità e l'agilità con cui i due non vedenti hanno
saputo leggere.
A dimostrazione che la forza di volontà è superiore ad
ogni impedimento fisico e morale.
I famosissimi di libri di Licia Troisi
16
IL DIARIO:SABATO
Tra Filosofia e Fede…
Il nutrimento
del Pianeta
di Alessandro Viapiana
e Giacomo Caimi
P
er la kermesse culturale di Bookcity,
proiettandosi verso il macrotema di
Expo, il Cardinale Scola e il professor
Giorello discutono di nutrimento
materiale e spirituale dell’uomo. Nella
bella cornice dell’Università Statale, il
professore ha introdotto l'argomento
parlando dell'illuminismo a Milano,
sottolineando in particolare gli aspetti
ad esso connessi della tolleranza e
della non discriminazione. Il Cardinale,
invece, citando Sant'Agostino (Nutre la
vita solo ciò che la rallegra) si è
riagganciato al tema Expo da un punto
di vista spirituale: considerare il cibo
come una merce genera la cultura
dello scarto e dell'esclusione, che
discrimina chi non può permetterselo;
invece, se lo consideriamo un bisogno,
l’espressione di una fragilità e di una
mancanza, riportiamo al centro la
solidarietà. Un episodio evangelico
serve a rinforzare il concetto:
nell’incontro con la Samaritana Gesù
infatti parte dal bisogno, l’acqua, per
poi aprirsi ad un vero incontro con la
persona che ha davanti.
La scommessa che va giocata nel XXI
secolo è dunque quella di mettere l'Io
in relazione con gli altri senza che ciò
sia una limitazione della libertà:
ragionare in questo senso risulta
necessario perchè anche le più piccole
abitudini dei singoli cambino in favore
della conservazione del Creato.
Il nuovo libro di Alessandro D’Avenia
Il bello è ciò che inferno non è
Alessandro D’Avenia parla del suo nuovo romanzo
di Giulia Aloe e Laura Rodano
Vi siete mai chiesti come
una persona possa
diventare santa? Oppure
dove qualcuno possa
trovare il
coraggio di non fermarsi
neanche davanti alle
minacce?
Una risposta vera e propria
a queste domande non
esiste: tuttavia è evidente il
fatto che coloro che
hanno scoperto il segreto
della santità sono stati un
esempio per tutti.
Ma cos’è la santità?
Alessandro D’Avenia prova
a spiegarlo nel suo nuovo
romanzo “Ciò che inferno
non è”, la cui trama verte
intorno al personaggio di
Don Pino Puglisi (ucciso
dalla mafia nel 1993 e
proclamato beato nel
2013), di cui lo stesso
autore è stato allievo.
Più ci si addentra nelle
pagine del libro, più la
definizione di santità si
delinea: è servirsi del sacro
e della bellezza che
ciascuno ha in sé per fare
opere d’amore.
Don Pino, a Brancaccio,
veniva chiamato “u parrì”,
che in siciliano significa sia
“padrino” che “prete”,
la sua missione era quella
di opporsi ai padrini della
mafia, il cui unico obiettivo
era esercitare il
controllo sui ragazzi di
Palermo: voleva liberarli e
creare un luogo in cui
potessero essere accolti.
Venne eliminato proprio
per questo motivo, poiché
voleva far rinascere la vita
e la libertà dove c’era
deserto e schiavitù morale.
Perché la vera santità è
liberare la bellezza delle
cose intorno a noi: il bello
è ciò che inferno non è.
A sinistra il Cardinale Angelo Scola Vescovo di Milano; in alto a destra Alessandro
D’Avenia, nel tondo Padre Pino Puglisi, ucciso dalla Mafia nel 1993, figura centrale
dell’ultimo libro di D’Avenia «Ciò che inferno non è»
17
IL DIARIO:DOMENICA
LA VOCE DELL’AFRICA SI RACCONTA
di Luca Dossena
#BCM14
day four
WILBUR SMITH
Di Riccardo Pasquali e
Giacomo Bedeschi
D
omenica 16 Novembre, giorno di
chiusura dell’esperienza Bookcity, la
sala Viscontea era gremita di gente,
uomini e donne di ogni età giunti per
conoscere finalmente da vicino un
autore leggendario: Wilbur Smith. La
scelta di questo scrittore, definito
all’unanimità “Maestro
dell’avventura”, di venire proprio in
Italia in occasione dell’uscita del suo
ultimo bestseller, Il Dio del Deserto,
non è casuale. Wilbur Smith ha infatti
venduto dall’inizio della sua carriera e
del suo successo, con Il Destino del
Leone, nel lontano 1964, più di 122
milioni di copie, di cui 23 solo in
Italia: un dato significativo, che mette
il nostro paese al primo posto nella
classifica dei suoi più affezionati
lettori.
Dunque Wilbur Smith è venuto qui in
Italia, paese con cui ha un forte
legame affettivo, per parlarci di un
altro suo forte legame: quello con
l’Africa, suo continente natio. Egli
infatti è nato nell’ex Rhodesia del
Nord (attuale Zambia) e per tutta la
giovinezza ha vissuto in quei luoghi
lontani e selvaggi, il cui fascino
riecheggia ed emana dai suoi
romanzi. Nonostante ora viva a
Londra, ha affermato all’incontro, il
suo cuore è ancora in Africa, con la
gente, gli animali e la natura selvaggia
di questo meraviglioso continente.
Continente che ha sempre avuto una
storia difficile e travagliata, con fasi di
cui Wilbur Smith stesso è stato
testimone e narratore in prima
persona. Molti lo hanno definito “la
voce dell’Africa”, per il ruolo di
mediatore fra cultura africana e
occidentale che ha svolto grazie ai
suoi romanzi e alle sue storie
appassionanti. Lui con modestia ha
dichiarato che non è sua pretesa e
obiettivo farsi carico di un titolo così
gravoso e importante ma che,
semplicemente, con le sue opere,
intende omaggiare e far rivivere una
terra e una cultura a cui deve molto.
Ruolo molto importante per esempio
ha avuto sua madre, la prima a farlo
appassionare alla lettura e alla
scrittura e ad introdurlo
nell’ambiente dei siti archeologici
egizi (da qui nascerà l’idea del ciclo di
romanzi egizio), tanto che ancora
oggi tiene una sua foto sopra il PC
quando è all’opera. Ambiguo invece il
rapporto con il padre, uomo che
aveva fondato la sua vita nel duro
lavoro manuale e che di conseguenza
vedeva nelle aspirazioni del figlio
qualcosa di volatile e inconsistente, di
totalmente distante dai suoi ideali.
Come però ci ha assicurato Smith
stesso, quando ormai l’autore era
all’apice del successo, il padre ha
riconosciuto che ci si può guadagnare
da vivere dignitosamente anche con
l’opera intellettuale e ha chiesto
scusa al figlio per la sua cecità.
Come Bookcity ci ha più volte
ricordato, ecco dunque l’ennesimo
esempio che la cultura non è
qualcosa di astratto e da cui non si
può ricavare altro che aria, ma
qualcosa da valorizzare al massimo
per ricavarne frutti e miglioramenti
per tutti. E come Wilbur Smith ha
amato e creduto nella sua Africa e si
è fatto suo portavoce e divulgatore,
così anche l’Italia deve tornare a
credere in se stessa e nella sua
tradizione millenaria: questo è il
punto da cui ripartire.
Nel tondo e qui a
sinistra Wilbur
Smith autore di
molteplici libri
conosciuto
soprattutto per «il
Dio del fiume»; a
destra il suo nuovo
libro
18
IL DIARIO:DOMENICA
L’intervista PIERO ANGELA
“È tutto un mosaico”
Piero Angela
con Giulia
Veschi, Letizia
Pessina, Luca
Dossena
di Luca Dossena
Q
Piero Angela, 86 anni,
è un giornalista,
divulgatore scientifico,
presentatore
televisivo della Rai e
famoso scrittore
Nel tondo Piero Angela, in basso il
suo ultimo libro «Viaggio dentro la
mente», Mondadori
uesta è stata forse la più particolare delle
interviste: infatti l’evento presieduto dal
grande giornalista si teneva in un’aula del
Museo di Storia Naturale dalla capienza
decisamente limitata, circa centoventi
persone. Ce n’erano almeno trecento. E i
centottanta rimasti fuori erano abbastanza
agguerriti. Quindi, per correttezza, non ci
è stato permesso, pur essendo giornalisti,
di entrare. Rimasti dunque fuori, siamo
tuttavia riusciti, grazie alla disponibilità
dell’addetta all’ufficio stampa di Piero
Angela e perfino della direttrice del
museo, ad ottenere un’intervista esclusiva
nelle sale chiuse al pubblico.
“Lei fa il divulgatore da moltissimi anni.
Quanto ha dovuto combattere negli
ambienti televisivi per portare un
programma culturale in prima serata sui
canali nazionali?”
“La televisione, molto più oggi che ieri,
funziona anche in base ai risultati che i
programmi danno. Allora bisogna che
siano sì programmi culturali, ma che
abbiano anche un pubblico, e noi
riusciamo a fare entrambe le cose:
raccontare cose a volte difficili, ma avere
un pubblico numeroso.”
“Le sue trasmissioni spaziano in diversi
campi. Da cosa nasce questo suo interesse
per la varietà?”
“Io penso che tutte le cose siano
intrecciate; ho scritto trentasei libri,
nessuno uguale all’altro, ma in fondo è
sempre la stessa cosa: in fondo tutto
quello che esiste è fatta di cento soli
atomi, ricombinati in modo diverso. Ho
capito, anche parlando con la gente, che
tutte le cose sono collegate. Oggi
l’importante […] è vedere questi
collegamenti, è come un mosaico: ogni
tessera conta ma poi è l’insieme che
funziona”
19
“Ormai spopolano sulle televisioni
programmi a carattere pseudo-scientifico
o pseudo-storico, la maggior parte delle
quali è di scarso valore. Qual è il percorso
di formazione che dovrebbe seguire un
divulgatore e quale linea deve adottare nei
suoi programmi?”
“Io ho una formula molto semplice: dalla
parte degli scienziati per i contenuti, dalla
parte del pubblico per il linguaggio. Il
primo aspetto è molto importante per
avere credibilità, da parte del pubblico ma
anche della comunità scientifica, e per
fortuna abbiamo questa buona fama,
anche perché siamo molto pignoli [...] Poi
per il linguaggio dobbiamo parlare noi:,
magari in modo creativo: la divulgazione,
si sa, deve passare per delle gimcane,
essere più creativa, ma sempre con la
correttezza scientifica dietro. Penso che in
questo modo si riesca a spiegare quasi
tutto in modo abbastanza comprensibile,
se si fa uno sforzo di creatività.”
“Bookcity, questo evento molto
particolare, che si ripete a Milano da
ormai qualche anno: che importanza può
avere come veicolo di diffusione di libri e di
cultura? Andrebbe riportato anche in altre
città?”
“Ognuna di queste manifestazioni -ce ne
sono tante e di vario tipo in Italia- sono
importanti perché richiamano pubblico a
leggere libri, ma poi perché è un’occasione
per scambiare con gli autori un colloquio;
il suo compito è riuscire a seminare alcuni
di questi concetti. Poi uno va a casa, ci
riflette, e decide di comprare il libro. Serve
quindi per allargare una cerchia di lettori,
ai quali mandare le proprie idee. Agli
autori non interessa guadagnare, lo fanno
per il piacere di seminare idee: è
importante invitare il pubblico a leggere
ma anche a discutere con gli autori”.
IL DIARIO:DOMENICA
L’intervista ROBERTO VECCHIONI
Io, nel tempo che abbiamo,
ti voglio passare la bellezza
di Alexa Pallante, Francesca Rubino, Stefano Grassi
I
Nel tondo Roberto
Vecchioni, sotto il suo
nuovo libro «Il
Mercante di luce»,
Einaudi
l 16 novembre si è tenuto presso la sala
viscontea del Castello Sforzesco l’incontro con il
professore e cantautore Roberto Vecchioni, il
quale ha presentato il suo nuovo libro “Il
mercante di Luce”. L’autore, durante la
conferenza, ha sottolineato come tutte le
scoperte, da quelle matematiche, a quelle
scientifiche, agli ideali di uguaglianza e di
dialogo tra i diversi ceti sociali, non ci sarebbero
potute essere senza la cultura greca: questo
perché la Grecia, dice l’autore, è il punto, dal
quale tutto ebbe inizio. Questo patrimonio
viene trasmesso direttamente nel suo libro,
dove un ragazzo malato in stadio terminale
dovrà scoprire se stesso e l’umanità intera in un
viaggio condotto dal padre, professore di
letteratura greca, il quale vuole lasciare al figlio
il dono più grande che ha, che non è altro che
quello che più ama nella sua vita: la tragedia e
la lirica greca.
Quello che si percepisce dalla conferenza è un
grande amore da parte di Vecchioni non solo
per la cultura greca in generale, ma per ogni
singola parola, caratterizzata da suoni e
armonie, di un popolo che avrebbe influenzato
tutto il mondo a venire. Prima dell’incontro, si è
reso disponibile a rispondere a qualche nostra
domanda:
Lei è stato cantautore e professore: c’è un
punto d’incontro e le è mai successo che una
professione attingesse dall’altra?
No, questo è abbastanza difficile, però il punto
d’incontro è la comunicazione. Non importa la
forma in cui si tenta di comunicare, importa la
comunicazione. Cosa comunicare? La cultura,
che non ci si deve perdere nei particolari, che ci
sono delle persone che hanno lottato per la vita
.. E questo lo si può fare sia insegnando sia
scrivendo canzoni. È molto diverso cantare una
canzone e scrivere un romanzo, ma l’obiettivo è
sempre quello, comunicare.
Quanta parte del suo io è presente nel libro?
Beh molta, moltissima, anche se i personaggi
non rappresentano me. Io sono un professore
di letteratura, come il personaggio del libro,
anche se non mi assomiglia moltissimo, io non
sono cosi antipatico, come lui, e poi non ho i
difetti che ha lui, ma lo stesso amore
incondizionato per quello che è la letteratura
classica e per quello che è la sua modernità. Poi
io ho messo qualcosa della malattia di mio
20
figlio, il quale anche lui ha dei problemi, anche
se non di quel tipo, e quindi mi era molto vicina
come storia. Ma quasi sempre io metto
qualcosa di me anche fisicamente, ma
soprattutto spiritualmente.
Frequentando il liceo classico, ci siamo accorti
che alcuni valori dell’età antica greco-latina,
come il valore di Humanitas, sono applicabili ai
giorni nostri. Lei è d’accordo e in che modo?
Credo che possano salvare, devono salvare.
Non solo i valori positivi ma anche i valori
negativi sono interessanti, cioè tutta la
dubbiosità della vita, l’incertezza, l’insicurezza,
lo scontro tra ceti, la libertà: tutte queste cose
loro ce le hanno passate e il dibattito è
cominciato lì e ciò che è importante è che prima
non c’era nulla, prima c’erano dei magnifici re
che facevano quello che volevano. Quando
sono arrivati i greci, si è cominciato a parlare di
democrazia, di idee degli altri, di pensiero
comune o non comune ed è questa la
trasmissione ereditaria che ha avuto la civiltà
occidentale dalla Grecia.
Lezione davvero indimenticabile di uno
scrittore, poeta, musicista, professore, ma,
prima di tutto, di un uomo, quale è Roberto
Vecchioni, il quale attraverso il suo libro ha
voluto trasmettere un messaggio molto
intenso: “Non importa quanto a lungo si vive,
fondamentale è con quanta intensità, con
quanta luce dentro”.
“Non importa
quanto a lungo
si vive,
fondamentale
è con quanta
intensità, con
quanta luce
dentro”.
IL DIARIO:DOMENICA
IL FENOMENO CULTURALE STORIA DEL DEGLI HIPPIE
Amore e Rivolta
a tempo di Rock
IL BAMbiNO
VESTE
Di Isabella Catapano, Marta Pastori
Domenica 16 novembre, presso il
teatro Dal Verme, si è svolto un
incontro che verteva sulla storia
degli hippie, una generazione
visionaria, fondata su valori quali
pace e amore, e che, tramite
questi, cercò di contrastare la
società del tempo. Il corso degli
eventi che si succedettero in
California dal 1964 al 1969 è
stato trattato con attenzione e
raccontato nel libro di uno dei
relatori, Luca Pollini, il quale, con
l’aiuto dell’attrice Lucia Vasini e
degli altri personaggi che con loro
tenevano la conferenza (Matteo
Guarnaccia, Enrico Maria Papes,
Stefano Laffi e Giorgo Maimone),
ha esposto gli episodi salienti
della storia degli hippie,
delineandone anche le principali
caratteristiche.
Il movimento hippie nacque
nell’università di Berkeley
(California) nel 1964, in un
periodo che vedeva gli Stati Uniti
in una situazione assai
complicata: incombevano infatti i
pericoli della guerra fredda e,
inoltre, la maggior parte dei
soldati americani era impegnata
della sanguinosa guerra del
Vietnam. A tutto questo, i giovani
hippie si ribellarono, ma lo fecero
in un modo che non aveva mai
avuto precedenti, lo fecero
tramite l’amore. Ciò che più
particolarmente li caratterizzò e
che distinse la loro ribellione da
ogni altra è il completo
distaccamento dalla politica: essi,
in realtà, non si riconobbero mai
come un movimento vero e
proprio, ma sostennero che il loro
unico portavoce fosse l’arte, più
precisamente la musica. I loro
valori risultarono subito
manifesti: pace, amore, ecologia,
niente violenza, niente
consumismo e niente marchi
commerciali. Nel loro modo di
vestire l’unica regola era non
avere regole; “il vestito doveva
partire dalla necessità” ha
espresso con chiarezza l’autore
del libro “e doveva essere
inventato anziché subito”. La
moda hippie, di cui possiamo
vedere espressioni anche al
giorno d’oggi, era caratterizzata
dall’accostamento di vari stili, con
la predilezione per colori, frange,
fiori e blue jeans.
Secondo i relatori della
conferenza, questo fu un
movimento fondamentale nella
storia del Novecento, in quanto
portò alla formazione di una
nuova categoria sociale, ben
distinta da tutte le altre: la
categoria dei giovani.
Il picco del movimento hippie si
ebbe nel 1967, l’anno della
cosiddetta Summer of love,
durante la quale centinaia di
giovani americani, avendo sentito
parlare di quello che vi stava
accadendo, si recarono a San
Francisco, ansiosi ed entusiasti di
prendere parte a questa
sommossa radicale e pacifica, che
raccoglieva sempre più seguaci,
ma allo stesso tempo cominciava
ad essere malvista dai vertici del
governo. Quello che possiamo
definire “flower power”
(letteralmente, il potere del
fiore), non andò a buon fine, dal
momento che tutto il movimento
hippie ben presto cominciò ad
essere commercializzato dai
media, spinti dai politici con
l’obiettivo di stroncare questi
giovani, che erano considerati
soltanto dei nullafacenti privi di
prospettive. L’ultimo evento, e
forse anche il più importante e
memorabile, che segnò la storia
degli hippie fu il concerto
tenutosi a Woodstock nel 1969:
questo sancì lo scioglimento
definitivo del movimento, ma, al
tempo stesso, rappresentò (e
continua tuttora a rappresentare)
l’emblema di tutti quei valori che
gli hippie cercarono di portare
avanti nel corso di sei anni di
storia.
Anche questo è stato per noi
Bookcity: conoscere i giovani ai
tempi dei nostri nonni.
Il bambino
veste Prada
Di Anna Colnago, Elena Caselli,
Giulia De Cesare
Piazza Castello 21. Questa è la
celebre sede della redazione di
Vogue bambini e Vogue spose.
Giunte al quarto piano, veniamo
ricevute da giovani redattrici
disponibili e sorridenti indaffarate
ad accogliere i piccoli ospiti,
protagonisti dell'evento, e i loro
genitori.Inizialmente poniamo
domande proprio a quest’ultimi,
che ci spiegano di essere giunti a
conoscenza dell'evento mediante la
mail list di Vogue e il programma di
Bookcity. L'evento, dedicato a
'fantasia e riciclo', viene presentato
dalla direttrice delle riviste Giuliana
Parabiago e dall'illustratrice Silvia
Bonanni che spiegano i passaggi
che portano dall'ideazione di un
abito alla sua pubblicazione su una
rivista. I bambini, impazienti di
incominciare e pieni di domande,
invitati a ritagliare immagini da
riviste, vengono incoraggiati a
creare un abito con la fantasia. Una
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delle redattrici ci spiega le
motivazioni per le quali si è voluto
creare un evento capace di
conciliare il mondo della moda con
quello dei bambini. Ci accoglie nel
suo studio anche la direttrice, ben
disposta a rispondere alle nostre
domande: per prima cosa ci
racconta come, fin da bambina,
abbia sempre amato e seguito la
moda, passione che l'ha portata a
ricoprire il ruolo di capo redattrice.
La scelta di dedicarsi della sezione
infantile e nuziale della rivista, ci
dice, è stata il frutto di una
decisione non casuale ma voluta:
conciliare moda ed
emozioni.Questa esperienza ci ha
permesso di conoscere ancora
meglio un mondo del quale spesso
si sottovalutano lo sforzo e il lavoro.
Non solo immagini.
IL DIARIO:DOMENICA
FANTASY
L’impatto di Harry Potter
sul mercato
della letteratura per ragazzi
ATTUALITA’
Di Giulia Veschi
Oggi 16 novembre 2014 presso la
biblioteca rionale “Chiesa Rossa”
Marina Lenti,in assoluto la più
autorevole esperta italiana della
saga fantasy di Harry Potter, ha
evidenziato i momenti salienti
della storia della pubblicazione e
della diffusione dei libri di
J.K.Rowling.
La relatrice ha subito mostrato
come le avventure di Harry Potter
abbiano portato un grande e
positivo cambiamento: ”la
Rowling utilizza circa 90 000
vocaboli nella stesura del primo
episodio della saga in un periodo
in cui un libro per ragazzi ne
possedeva circa 40 000”. E come
non parlare poi delle circostanze
grazie alle quali l'autrice riuscì a
inviare il suo manoscritto agli
editori? Percorso fortunoso, certo,
ma sicuramente fruttuoso se si
pensa al successo planetario che
hanno acquisito i libri di Harry
Potter. Successo cha ha portato
anche grattacapi: il brand del
famoso maghetto con gli occhiali
ha dovuto infatti affrontare
innumerevoli battaglie legali e
editoriali che hanno visto la
“povera” J.K. Rowling essere citata
o citare in giudizio, quasi sempre
per plagio. A questo propositi
viene ricordato in particolare uno
dei casi più eclatanti in cui la
scrittrice scozzese accusava il
russo Dmitri Yemets, autore di
“Tanya Grotter and the Magical
Double Bass”, che, per la stesura
del suo libro aveva largamente e
esageratamente preso ispirazione
dalla saga di Harry Potter.
Nonostante i numerosi processi
che furono indetti tra USA e Gran
Bretagna, i libri della Rowling
hanno raggiunto la vetta delle
classifiche dei bestseller,
rappresentando una vera e
propria novità editoriale. La
“madre” di Harry Potter è stata
infatti, come spiega l'esperta, la
prima scrittrice a diventare
miliardaria e a rendere accessibile
a tutti un genere che prima
vantava di un pubblico di nicchia.
L'intervento di Marina Lenti ha
sicuramente centrato i punti
fondamentali della storia
editoriale della saga e, infine, ha
ricordato un altro lato della
positività di questo fenomeno: J.K.
Rowling è stata infatti una delle
poche persone in grado di
distogliere parzialmente
l'attenzione dei giovani dai giochi
elettronici e dalla TV e riportarli
finalmente a leggere.
L’Ucraina e le mire
espansionistiche della Russia
Di Francesco Assi
E' il 16 novembre 2014, al Castello
Sforzesco di Milano si svolge una
conferenza sulla delicata situazione in
Ucraina; a parlarne sono Marco Buttino,
professore di storia contemporanea
all'Università di Torino, Alberto Masoero,
ricercatore presso l'Università Ca' Foscari,
esperto di storia russa, Anna Zafesova,
giornalista russa e Simone Bellezza autore
del libro “ Ucraina: insorgere per la
democrazia”. Si parte con un'analisi della
situazione attuale e del recente passato
dello Stato ucraino: l'Ucraina, parte del
URSS dal 1922 fino all'indipendenza,
ottenuta nel 1990, ad oggi conserva una
struttura politica del territorio simile a
quello russo con la divisione in regioni
(oblast'). La politica del Paese
dall'indipendenza in avanti è stata quella
di puntare sullo sviluppo di soli alcuni
Oblast, e su tutti uno in particolare,
quello di Kiev, la capitale, mentre gli altri,
quelli di confine, furono “abbandonati”:
da ciò ne è derivato, ovviamente, povertà
e arretratezza. Per queste ragioni la
popolazione di confine ha chiesto aiuto ai
Paesi vicini e di questa situazione ha
approfittato la Russia con le sue mire
espansionistiche e il suo obbiettivo di
formare un nuovo grande continente,
l'Eurasia. Aiutata anche dal fatto che
quelle regioni sono russofone e con
l'obiettivo dichiarato di portare loro aiuto,
la Russia ha però invaso nel vero senso
della parola il territorio Ucraino e
imposto al governo uomini russi di
Mosca.
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L'analisi è interessante e accende un
dibattito fra i giornalisti presenti. Alla
domanda su come si possa risolvere
questa intricata situazione Marco Buttino
risponde che l'unico modo è lasciare che
se ne occupi l'Ucraina stessa, senza,
come invece sta avvenendo, l'intervento
di Nato e Russia.
E' a questo punto che si accendono i toni
e qualcuno arriva addirittura a sostenere
che la guerra sia tutta una montatura: la
replica arriva da una ragazza ucraina che
racconta che alcuni poliziotti di
nazionalità ucraina ma filorussi,
nell'oblast di Donetsk, hanno fermato lei
e i suoi parenti, hanno sequestrato e
bruciato la bandiera ucraina che
portavano con loro e li hanno arrestati. Lo
scontro sembra essere quindi reale e
purtroppo molto doloroso.
Anche questo insegna e offre Bookcity:
un'occasione importante per sentire vive
testimonianze e, insieme, un momento
per scambiarsi idee e cercare un modo
comune per uscire da un incubo che
coinvolge anche noi europei.
Rubriche
COSA CI PIACE DI…
Sophie Kinsella: elegante,
gentile, disponibile,
una donna di classe.
Scoprire Milano con i libri
Carlo Cracco:
lo chef dei libri, un vero
personaggio.
MILANO BY BOOK: 10 LUOGHI SCOPERtI
ATTRAVERSO I LIBRI
Giuliana Parabiago:
scorza dura, poi dolce
come il miele.
1.
Roberto Vecchioni:
affabulatore,
professore
"di luce“.
La nostra redazione: le Sale
Panoramiche del Castello
Sforzesco
2. Il Palazzo del Senato.
3. Il Palazzo della Triennale.
Piero Angela: brillante,
disponibile. In una
parola: #evergreen.
4. Il Salone degli Affreschi della
Società Umanitaria.
5. Palazzo Cusani.
Filippo Del Corno:
disponibile, aperto,
interessato a noi:
siamo sicuri che sia
un politico?
6. L'Istituto dei Ciechi.
7. Le Termemilano.
8. Sala Balla e Sala Viscontea del
Castello Sforzesco.
Licia Troisi: sorprendente,
capace di rendere
il fantasy...reale.
9. La Società di Incoraggiamento
d'Arti e Mestieri.
10. libreria Libet.
Giovanni Storti: simpatico
(non è certo una sorpresa)
ma anche sorprendentemente
acuto.
Valerio Massimo Manfredi:
fascino greco ed
eloquenza ciceroniana.
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Rubriche
Gli Imperdibili
Grazie a Bookcity abbiamo imparato a…
Migliorarci nel lavoro di squadra
Conoscere il mondo del giornalismo
Organizzare meglio il lavoro
Capire il mondo del lavoro
Scrivere meglio
Muoverci nel territorio milanese
Conoscere nuovi luoghi di Milano
Essere più responsabili
Ottimizzare tempi e risorse
Essere pazienti e discreti
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RINGRAZIAMENTI
un grazie speciale a …
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UN
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’
’
Infine, a tutti voi che
avete dedicato
il vostro tempo alla
lettura di questo
Giornale