di Marta Pastori - Liceo Giulio Casiraghi
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di Marta Pastori - Liceo Giulio Casiraghi
# All’ombra della Madonnina un’invasione di libri Filippo Del Corno. David Grossman. L’assessore alla cultura di Milano intervistato dal Giornale dei ragazzi Intervista allo scrittore impegnato nel processo di pace in Medio Oriente Il giornale dei ragazzi. Interviste agli scrittori più famosi, le nostre rubriche e tanto altro ancora Una redazione di ragazzi per Bookcity ’ BOOKCITY 2014 Sommario 3 VOCI DAL CASTELLO di Nomei Deligios e Bianca Mazzucco 4 CATERPILLAR E IL GIORNALE DEI RAGAZZI di Giulia Aloe 5 LA MERAVIGLIOSA MACCHINA DEI SOGNI di Giulia De Cesare e Marta Pastori; LA CA' GRANDA DEI MILANESI di Alexa Pallante e Francesca Rubino 6 ULISSE E ARTEMISIA di Sabrina Barca, Serena Frau, Alexa Pallante e Letizia Pessina; VOYEUR di Francesca Rubino 1 Il giornale dei ragazzi incontra David Grossman Di Marta Pastori 2 Il giornale dei ragazzi incontra Filippo Del Corno di di Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Riccardo Pasquali, Giovanni Pignatelli, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana 7 ICONA DEL GLAM O ICONA DI VITA? di Anna Colnago e Elena Caselli; BOOKCITY A TEATRO: CI DIVERTIAMO CON OSCAR WILDE di Marta Barzasi e Ralitsa Ivanova 10 ALDO CAZZULLO: LA GRANDE GUERRA di Luca Dossena, Giacomo Bedeschi e Stefano Grassi 8 ALEX GOETLING di Giulia De Cesare e Marta Pastori; IL TEATRO E' L'ARTE DEL PRESENTE di Giulia Aloe e Laura Rodano 12 CHE SHAMPOO USA? di Luca Dossena e Laura Rodano; DAL PRESENTE AL PASSATO di Ralitza Ivanova 9 FRITZ GARDNER di Cesare Rosa, Letizia Pessina, Sabrina Barca, Francesco Assi e Serena Frau; SOLDATI E ARTISTI di Francesco Assi, Sabria Barca, Serena Frau, Letizia Pessina, Cesare Rosa 11 UN SALTO NEL BUIO di Stefano Grassi e Riccardo Pasquali 13 FRA LE MURA DEL CASTELLO RIECCHEGGIANO MEMORIE DEL PASSATO di Riccardo Pasquali Sommario 14 MAFIA E CRISI di Giacomo Bedeschi e Pietro Orlandi; COME PARLARE DI MORTE di Laura Rodano 15 GROENLANDIA di Assi Francesco, Barca Sabrina, Frau Serena, Pessina Letizia, Rosa Cesare; I MISTERI DI DANTE di Alexa Pallante e Francesca Rubino 16 10 ANNI DI FANTASY di Isabella Catapano, Marta Pastori e Giulia Veschi; VEDERE CON LE MANI di Isabella Catapano e Marta Pastori 17 IL NUTRIMENTO DEL PIANETA di Alessandro Viapiana e Giacomo Caimi; IL BELLO E' CIO' CHE INFERNO NON E' di Giulia Aloe e Laura Rodano 19 E' TUTTO UN MOSAICO di Luca Dossena; IO, NEL TEMPO CHE ABBIAMO, TI VOGLIO PASSARE LA BELLEZZA di Stefano Grassi, Alexa Pallante, Francesca Rubino 20 AMORE E RIVOLTA A TEMPO DI ROCK di Isabella Catapano, Marta Pastori; IL BAMBINO VESTE PRADA di Anna Colnago, Elena Caselli, Giulia De Cesare 21 L'IMPATTO DI HARRY POTTER SUL MERCATO DELLA LETTERATURA PER RAGAZZI di Giulia Veschi; L'UCRAINA E LE MIRE ESPANSIONISTICHE DELLA RUSSIA di Francesco Assi 18 WILBUR SMITH di Riccardo Pasquali e Giacomo Bedeschi rubriche 22 Cosa ci piace di… Scoprire Milano con Bookcity 23 Gli imperdibili Grazie a bookcity abbiamo imparato a … 1 Primo Piano L’INCONTRO al Teatro dal Verme, durante la serata inaugurale Intervista a DAVID GROSSMAN di Marta Pastori A l Teatro Dal Verme una folla gremita aspetta l’arrivo dello scrittore israeliano David Grossman. Noi siamo dietro le quinte, e lui è difronte a noi. Si presenta tranquillo, mentre noi non lo siamo per niente. Ci stupiamo quasi della sua disponibilità e colloquialità, che sicuramente aiuta a sciogliere la tensione. Senza indugiare oltre, iniziamo subito con le domande. Gli chiediamo cosa ne pensa di Bookcity «Trovo che Bookcity sia una grande opportunità perché sono presenti autori di tutto il mondo, e riesce a suo modo ad avvicinare molte persone alla lettura di libri». Preferisce scrivere storie o saggi letterari? «Decisamente storie. Mi piace molto inventare e descrivere sempre nuovi personaggi, nuove personalità. Scrivendo storie è possibile inoltre creare situazioni empatiche interessanti». Nei sui libri lei inserisce personaggi con forti caratterizzazioni, ma qual è il suo preferito? «Questo non posso dirlo, perché altrimenti gli altri e sarebbero sminuiti. Tuttavia posso affermare che credo profondamente in ogni personaggio, sento che le loro storie mi appartengono, mi identifico completamente con la loro indole, anche se so che per buona o cattiva fortuna non potrò mai essere uguale a loro» «Percepisco la realtà narrativa come l’unica realtà che io conosca» Come nascono le sue storie? «Le mie storie nascono in maniera totalmente naturale. Percepisco la realtà narrativa come l’unica realtà che io conosca.» Il Sindaco di Milano dona le chiavi della città a David Grossman; Marta Pastori intervista David Grossman Ha sempre amato scrivere? «Decisamente. Fin da piccolo, ho sempre amato sia la scrittura sia la lettura » E non a caso, una volta conclusa l’intervista, si presenta sul palco di una conferenza dal titolo «La forza delle parole» Il nuovo libro di David Grossman, Applausi a scena vuota, edito Mondadori 1 David Grossman, 60 anni scrittore israeliano, è in prima linea nel processo di pace in Medio Oriente, anche a causa della morte del figlio in un’operazione militare I suoi libri più famosi? «Qualcuno con cui correre», «Vedi alla voce Amore», «Ad un cerbiatto somiglia il mio amore» Primo Piano L’INCONTRO al Castello Sforzesco Intervista a Filippo Del Corno V enerdì 14 Novembre si è reso disponibile, per un’intervista con il Giornale dei Ragazzi di Bookcity, l'assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo del Corno. Sullo sfondo delle merlature del Castello, nelle Sale Panoramiche, a pochi passi dalla messa in onda di Radio Popolare, Filippo del Corno ha risposto ad alcune nostre domande a proposito del rapporto fra Milano e manifestazioni culturali come appunto Bookcity. La nostra prima domanda mirava a capire se lui pensasse che il nostro punto di vista, di giovani giornalisti, potesse essere diverso da quello di giornalisti adulti. Ci è sembrato che fosse molto ottimista riguardo al progetto del Giornale dei ragazzi. Sperava che come ragazzi non avremmo avuto i pregiudizi che invece spesso hanno i giornalisti adulti prima delle interviste. Ci ha spiegato che il nostro lavoro potrebbe contribuire in modo decisivo a convincere altri nostri coetanei a riscoprire il piacere di leggere. Con la seconda domanda abbiamo quindi chiesto chiarimenti riguardo alle recenti notizie di infiltrazioni di associazioni malavitose nel progetto Expo 2015, altra importante iniziativa della quale sarà protagonista la città di Milano. Come si sa, tali notizie hanno avuto una grande eco, complice soprattutto il passaparola della stampa, e da queste è derivato lo sconcerto e lo sdegno pubblico. Per questo abbiamo ritenuto opportuno approfittare dell’occasione per avere l’opinione di una personalità autorevole e che sicuramente ne sa più di noi. La risposta dell'assessore non ha lasciato dubbi o incertezze. “Bisogna entrare nella notizia”, ha dichiarato subito, intendendo dire che per capire a fondo la questione non bisogna fermarsi alle informazioni che hanno come fonte la stampa, ma esaminare più attentamente il caso e giudicare i suoi reali effetti. Emergerebbe così la realtà: le presunte implicazioni nelle gare per gli appalti di Expo 2015 della criminalità organizzata sono stati solo tentativi non andati a buon fine. Abbiamo poi scelto di chiedere all’Assessore quale motivazione lo abbia spinto ad entrare in politica, oltre a svolgere la professione di docente universitario e compositore. Del Corno ha esplicitato che il suo obiettivo non è tanto quello di intraprendere una carriera in politica, quanto quello di mettere a disposizione di Milano le sue competenze e conoscenze. Milano è una città che deve crescere dal punto di vista culturale, fino a divenire uno dei principali poli europei in quest’ambito, dunque si deve dare tutto quel che si può per contribuire a quest’ambizioso obiettivo. Sull’onda di questa risposta abbiamo voluto sapere quale sia l’importanza dell’Assessorato alla Cultura, che Del Corno rappresenta, nell’amministrazione comunale di Milano. Con orgoglio l’Assessore ha parlato di un ruolo chiave, legato a tre principali obbiettivi. Innanzi tutto arricchire il patrimonio culturale milanese, che è in costante aumento fin dall’immediato dopoguerra. Secondariamente ha parlato di reputazione, di far tornare Milano una delle capitali europee della cultura. In terzo luogo di far tornare la forza e l’energia della popolazione Milanese. In che senso? Infine una delle nostre curiosità era quella di sapere quale valore abbia avuto la figura di suo padre, Dario del Corno, nella sua infanzia e nella sua formazione culturale, e se per questo motivo in qualche modo sia stato forzato verso una scelta di vita all’insegna della cultura. Dario del Corno è stato infatti un uomo di vastissima conoscenza, grande esperto di cultura classica, greca di Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Riccardo Pasquali, Giovanni Pignatelli, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana 2 in particolare, nonché autore di testi scolastici che la nostra scuola ha acquisito. L’assessore ha dichiarato che sicuramente la figura di suo padre ha contribuito a indirizzarlo verso un certo tipo di professione, ma che non ha mai avvertito alcun tipo di costrizione od obbligo in questo senso. Anzi, avere un padre di tale calibro è stata certamente una fortuna e un’opportunità enorme; gli ha consentito per esempio di accedere a una biblioteca vastissima, di discutere delle letture e di confrontarsi con una persona vicina, con cui parlare con disinvoltura, e di venire a contatto con grandi personalità in ambito culturale. Sicuramente questa breve intervista con l’assessore Dario del Corno ci è stata utile per comprendere che la cultura, di qualsiasi tipo essa sia, è un bene di vitale importanza, soprattutto per un paese come il nostro, dove ogni cosa parla di arte e passato, e che dunque eventi come Bookcity e l’Expo devono essere prima di tutto un modo per avvicinare i milanesi alla cultura e quindi costruire una città migliore e più accogliente per tutti. Milano è una città che deve crescere dal punto di vista culturale, fino a divenire uno dei principali poli europei IL DIARIO: GIOVEDI’ Voci dal castello Passeggiata letteraria tra i classici di ieri e di oggi di Luca Dossena #BCM14 day one ’ di Noemi Deligios, Bianca Mazzucco Ingresso del Castello Sforzesco. Giovedì 13 novembre, una sera finalmente limpida dopo tanti giorni di maltempo. È il momento dell’apertura di Milano Bookcity, l’evento dedicato alla letteratura e alla cultura che la città ospita dal 2012. Il piazzale antistante la Torre del Filarete è immerso nella penombra; poi il cancello del Castello si apre e a poco a poco emergono delle figure: alcune tengono in mano un libro aperto illuminato da una piccola luce da lettura, altre degli strumenti musicali. Si fermano di fronte al pubblico e per prima cosa ci offrono un assaggio accompagnato dalla musica del romanzo “Vedi alla voce: amore” di David Grossman, l’autore che più tardi verrà intervistato al Teatro Dal Verme, per poi mescolarsi a noi del pubblico e accompagnarci verso il luogo dell’incontro, allietando il nostro percorso con passi tratti dai libri che rappresentano. Lungo la strada ci avviciniamo a “Madame Bovary” e cerchiamo di capire qualcosa di più sul conto di questi misteriosi “uomini-libro”, ma non riusciamo a ottenere informazioni soddisfacenti: dalle parole con cui ci congeda sembra quasi sia tenuta a rispettare un qualche “segreto professionale”. Ma proseguendo con le nostre indagini capiamo che le personalità degli uomini libro sono tanto diverse quanto le opere che impersonano: infatti “Il Gattopardo” si mostra molto più aperta e disponibile al dialogo. Scopriamo così che gli uomini libro sono attori dell’Accademia milanese Campo Teatrale, che collabora al progetto sin dalla prima edizione; dando vita ad una performance originale e coinvolgente, sono ormai diventati il simbolo dell’evento stesso. Così, con la speranza di averci trasmesso un po’ della loro passione per la letteratura antica e contemporanea, si separano da noi, che ci accingiamo a partecipare al prossimo dei numerosissimi eventi in programma per questa edizione di Bookcity. ’ 3 IL DIARIO:VENERDI’ Caterpillar di Luca Dossena #BCM14 day two V e il Giornale dei Ragazzi di Giulia Aloe enerdì 14 novembre tre ragazzi della nostra redazione hanno avuto l'opportunità di partecipare alla diretta di Radio 2 “Caterpillar” alla Triennale di Milano. La puntata era incentrata sul tema “libri mattone”, i libri quasi impossibili da finire che hanno tormentato generazioni di lettori. Con un risultato non certo sorprendente il pubblico ha decretato stra-vincitore del premio "mattone d'oro" l'Ulisse di James Joyce. Al termine della diretta abbiamo colto l'occasione per intervistare Marco Malvaldi (autore di gialli) e Lella Costa (attrice, scrittrice e doppiatrice italiana), che hanno preso parte alla trasmissione. Cosa ne pensa del fatto che meno del 50% degli italiani legga almeno un libro all'anno? Ritengo che molti pensino che leggere sia una cosa molto faticosa e che richieda molto tempo e che, inoltre, siano intimoriti dal fatto che nel nostro Paese Cultura e Letteratura sono scritte con la maiuscola e si chiedano dove sia la noia e la fregatura. Tutto ciò che possono fare i lettori è contagiare gli altri, trasmettere la bellezza della lettura, la grandiosità e l'unicità del patrimonio culturale italiano (che ci può essere utile anche per affrontare le più svariate situazioni quotidiane); si potrebbe iniziare a scuola, rendendo più confidenziale e L’intervista flash MARCO MALVALDI meno punitivo il rapporto con i libri. Altrimenti, temo che gli Per quale motivo un ragazzo scrittori supereranno il numero dovrebbe dedicarsi alla lettura? dei lettori! Anzitutto perché leggere è un Cosa rappresenta per lei modo per vivere tutte le vite BookCity Milano? che non potremo mai vivere: Per me, che da quando è nato grazie alla lettura possiamo il Festival della Letteratura di decidere di interpretare ogni Mantova non ne ho mancata giorno un personaggio diverso. neanche un'edizione, vedere Inoltre, penso che, leggendo, che anche Milano finalmente si voi ragazzi possiate capire che apre al mondo della lettura e anche le persone con i capelli vive quest'occasione con brizzolati con cui vi confrontate grande trepidazione è una gioia e scontrate sono state giovani e un grande orgoglio da come voi e che, di cittadina. detto prima conseguenza, possono aiutarvi ad affrontare l'adolescenza. Il Suo libro preferito? Sicuramente Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Giulia Aloe intervistata da Radio Due 4 L’intervista flash LELLA COSTA IL DIARIO:VENERDI’ La meravigliosa macchina dei sogni Di Giulia De Cesare, Marta Pastori A lla scoperta della meravigliosa macchina dei sogni del teatro e della lirica”: già il titolo è tutto un programma. L’incontro, destinato ai bambini, ha chiamato a raccolta anche i più grandi, per coinvolgere tutti nella scoperta del mondo del teatro, un mondo non solo ideale, ma anche reale. Per spiegarlo meglio, un libro per bambini: “I mestieri del teatro” (casa editrice Sillabe, in collaborazione con il Teatro alla Scala), un piccolo manuale dell’opera lirica che racconta in maniera divertente e molto informale come nasce uno spettacolo di lirica e chi lavora nel backstage, dal coreografo all’addetto al ristoro e punto bar. L’incontro si è aperto con un breve video di presentazione del Teatro alla Scala e dell’Accademia collegata ad esso. Successivamente la parola è stata passata alla presidentessa dell’Accademia, Luisa Vinci, che ha brevemente parlato del corso AMA, ormai giunto alla sua nona edizione; esso si preoccupa di garantire a musicisti professionisti e non un’accurata gestione della propria attività musicale. Come ha spiegato successivamente Maddalena Winspeare, dal corso è nata l’idea della creazione della collana per bambini “In viaggio s’impara”, collana di cui fa parte anche il libro presentato. Infine la parola è stata ceduta alle due autrici del libro, Francesca Lazzeroni e Benedetta Meoni, due ragazze toscane giunte a La Ca’ Granda dei Milanesi esiste ancora chi riesce a trasformare in mestiere la propria passione Milano grazie al corso AMA, accomunate da una forte passione per il pianoforte e il teatro lirico. Di fronte alla domanda: qual è la vostra opera lirica preferita, dopo un attimo di indecisione, ci stilano la loro personale classifica: le nozze di Figaro, Turandot, Rigoletto, Tosca, Suor Angelica, Otello. Cosa ci portiamo a casa da questo incontro? Tante suggestioni e una certezza: anche al giorno d’oggi, malgrado la crisi e una generale svalutazione della carriera artistica, esiste ancora chi riesce a trasformare in mestiere la propria passione. di Alexa Pallante e Francesca Rubino L'evento, presentato dalla ricercatrice e archeologa medievale Francesca Vaglienti si è tenuto alle 10:30 del 14 novembre presso l'Università Statale. Con le sue parole la studiosa ci ha guidato nella lunga storia delle trasformazioni dell'ospedale, a partire dalla sua fondazione, non senza aneddoti e curiosità che hanno contribuito a ravvivare l'atmosfera. Nel complesso l’incontro è stato interessante, soprattutto quando è stato rievocato il periodo in cui l’ospedale ha visto un particolare coinvolgimento delle donne, le quali svolsero per la prima volta tutti i compiti necessari per aiutare i malati di entrambi i generi i per accogliere i poveri e i bambini esposti. Peccato soltanto per alcuni fattori esterni disturbanti: i cortili dove si svolgeva l'evento erano infatti molto affollati e rumorosi. La Ca’ Granda negli anni ‘50 e la locandina dell’evento 5 IL DIARIO:VENERDI Ulisse e Artemisia Viaggi reali e viaggi immaginari nel mondo classico. di Sabrina Barca, Serena Frau, Alexa Pallante, Letizia Pessina Il Museo di Storia Naturale per BookCity 2014 si è occupato anche di antichità greca. A introdurci a questo mondo sono stati in primo luogo il professore di letteratura comparata della Sapienza di Roma Pietro Boitani, il quale al solo sentirsi definire un filologo ha risposto « Tutto sono meno che un filologo, anche se amo le parole ». Poi è stato il turno di Eva Cantarella, giurista italiana, figlia dell’illustre antichista Raffaele Cantarella, che nonostante il fatto di non aver mai studiato lettere – come non ha mancato di ricordarci lei stessa – ha saputo far immergere tutti nel mondo del suo nuovo libro ‘Ippopotami e sirene’, riuscendo a coinvolgere anche chi ha meno dimestichezza con questa cultura. Al centro il tema del viaggio: da quello mitico e favoloso di Ulisse a quello storicamente attendibile di Erodoto. L’autrice ha voluto accostare i due personaggi perché, pur molto diversi, sono stati entrambi ispirati da un grande desiderio di ricerca e di conoscenza: se da una parte il viaggio di Ulisse rappresenta l’esperienza del mondo attraverso il mito, in quello di Erodoto vi è la coscienza di un viaggiatore, che modella il proprio mestiere a quello dell’epico eroe dell’Odissea. Ma non sono mancati riferimenti ai personaggi che ruotano attorno a queste due figure: dal giovane Telemaco, del quale la Cantarella ha criticato l’utilità all’interno della trama del poema, attraverso la bella Elena, si è giunti alla figura di Artemisia, che rappresenta un’importante svolta nella storia del pensiero umano. Erodoto pare quasi avere nei suoi confronti una sorta di ammirazione: Artemisia è infatti una delle prime donne a interpretare un ruolo di potere e ciò dimostra la straordinaria modernità di questo autore. Si tratta di personaggi facenti parti di un mondo lontano e tuttavia sono i precursori dell’ideale dell’uomo moderno: ed è qui che sta il genio di Omero e successivamente di Erodoto, genio che li ha resi entrambi immortali nel corso dei secoli. Incontro con Flavio Caroli Voyeur Raccontare la vita, raccontare l’arte. di Francesca Rubino Il 14 novembre alle 18 presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica si è tenuta la presentazione del libro "VOYEUR", scritto dal critico d'arte Flavio Caroli, in cui si racconta la vita di Fabrizio, un fotografo di guerra. L'evento è stato mediato da Anna Nogara, la quale in modo molto coinvolgente, quasi commovente, ha letto alcuni passi del libro, riconducibili alle tappe più significative della vita del fotografo. È stata in grado di attirare l'attenzione di tutto il pubblico e si percepiva come il silenzio che c'era fosse dettato dal fatto che tutti erano concentrati sulla sua voce L'autore racconta che in questo libro ha cercato, non senza incontrare difficoltà, di far percepire lo scorrere della vita di Fabrizio attraverso la scrittura. Operazione complessa tanto più considerando che nella storia raccontata non c'è nulla di autobiografico, tranne l’episodio dell'incontro che Fabrizio ha con Andy Warhol, avvenuto anche nella vita di Caroli. Conclusosi l'evento, nonostante il poco tempo a disposizione, sono riuscita a scambiare qualche parola con l'artista. In particolare, gli ho chiesto come, secondo lui, il mondo dell'arte deve essere tutelato e conservato, visto che ultimamente si ha l'impressione che non gli si dia più la giusta importanza. Caroli mi ha risposto che, in realtà, ci sono ancora molti ragazzi che si emozionano davanti a un dipinto e che solo governanti ignoranti possono credere che l’arte non sia importante per la vita di tutti. Quando infine gli ho chiesto se esiste un mezzo più efficace del colore, lui mi ha risposto: "la parola". Per una manifestazione come Bookcity2014 che si è aperta con il richiamo di Grossman al potere delle parole, non c’è chiusura più adatta di questa. In alto a destra la copertina del libro di Caroli ‘’Voyeur’’. In basso a sinistra l’autrice del libro ‘’Ippopotami e Sirene’’ Eva Cantarella. 6 IL DIARIO:VENERDI Icona del glam L’ o icona di vita? immagine di Sophie Kinsella è spesso offuscata dal pregiudizio di molti che la ritengono solo in grado di dare consigli glamour riservati ad un’élite di fanatiche della moda. Sfatiamo questo mito! Madeleine Wickham, in arte Sophie Kinsella, si presenta puntualissima nella Sala Viscontea del Castello Sforzesco indossando un abito dallo stile retrò accompagnato da un bolero nero all’ultima moda ed elegantissimi tacchi a stiletto. Intervistata dallo scrittore Luca Bianchini, risponde alle numerose domande riguardati il rapporto tra lei e la protagonista della più famosa serie di romanzi “I love shopping”. Come poi lei stessa affermerà, lei e la giovane protagonista dei suoi romanzi, Becky condividono la medesima naturalezza e ironia: Sophie, infatti, considera Becky il suo “alter ego”, e per questo, ci racconta divertita, anche nella sua quotidianità, arriva spesso a chiedersi:”Cosa farebbe Becky in questo momento?”. L’autrice di “I love shopping” aggiunge alcuni particolari della sua vita privata svelando il suo asso nella manica: scopriamo così che presenza costante e sostegno morale di Anna Colnago, Elena Caselli Madeleine Wickham, 44 anni in arte Sophie Kinsella, è una scrittrice inglese nota soprattuto per il suo libro”I Love Shopping” «I love shopping» di Sophie Kinsella del suo successo è il marito, sempre pronto a darle consigli e spunti interessanti. Nonostante la fama ottenuta negli ultimi anni con la vendita di oltre trentasei milioni di copie, Sophie incarna perfettamente l’immagine di una semplice ragazza fiera di ciò che fa, in grado di trasmettere il proprio affetto e la propria riconoscenza nei confronti delle sue ammiratrici, senza quella fastidiosa allure da diva che sfoggiano molte sue colleghe. Dal suo modo di scrivere e di confrontarsi con i lettori capiamo che il suo scopo non è inventare storie piacevoli da leggere ma nelle quali è poi difficile immedesimarsi: il suo obiettivo principale, invece, è quello di far agire i suoi personaggi nel modo stesso in cui agirebbe lei e quindi, probabilmente, anche le sue lettrici. Ciò la rende non solo un’icona di glam e di stile ma anche un’icona di vita. Grazie a Bookcity per questa bellissima opportunità! Bookcity a teatro: ci divertiamo con Oscar Wilde Di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova Bookcity incontra lo spettacolo "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar Wilde interpretato dalla compagnia teatrale I Depramirao presso il centro culturale Il Pertini di Cinisello Balsamo. -Avete progetti per uno spettacolo futuro? -Sarah:"So che Cosetta, la regista, sta iniziando a pensare a qualche commedia di De Filippo, perché quest'anno ricorre il trentesimo anniversario della sua morte. Non so se lo faremo, anche perché spero saremo molto impegnati con le repliche di questo spettacolo". E’ venerdì 14 novembre, nell'auditorium del centro culturale Il Pertini, la compagnia teatrale deI Depramirao ha messo in scena uno spettacolo di OscarW ilde, “L'importanza di chiamarsi Ernesto”. La compagnia è composta da nove ragazzi, Filippo Tampieri, Giacomo Pratelli, Claudia Garavello, Chiara Natali, Sarah Ferrante, Daniele Castelli, Stefano Riva, Laura Belluardo e Luca Garavello. Dopo l'entusiasmante rappresentazione, nella quale gli attori sono riusciti ad interpretare personaggi di un'altra epoca con modernità e molta comicità e nonostante la folla, tutti sono stati disponibili a rispondere alle nostre domande: -Perché è stato scelto proprio questo testo di Oscar Wilde? -Claudia: "Perché abbiamo sempre rappresentato spettacoli abbastanza semplici e quindi quest'anno abbiamo provato a lavorare su un testo un po' più complicato e di un autore più importante". -Giacomo: " È stato un crescendo, siamo partiti da autori minori, fino ad arrivare a Goldoni, di cui abbiamo scelto un testo poco conosciuto, e quest'anno abbiamo detto: -siamo pronti per buttarci con Oscar Wilde-". -Avevate preferenze nell'interpretazione dei personaggi? Se si, sono state soddisfatte? -Chiara: "Nella nostra compagnia l'importante é recitare, qualsiasi parte si abbia la si fa sempre con gioia e piacere. Tutti siamo rimasti soddisfatti proprio perché vige questa regola di base." -Filippo: "Devo dire che i personaggi erano molto simili alle persone che li hanno poi rappresentati. Inizialmente ciascuno di noi dichiara le sue preferenze, però l'ultima voce in capitolo ce l'ha la regista, che è stata molto brava a captare tutte le caratteristiche del carattere di tutti noi". Di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova Marta Barzasi e Ralitsa Ivanova in un selfie con i Depramirao 7 IL DIARIO:VENERDI . L’ASTRO NASCENTE DEL FANTASY ITALIANO Il teatro è l’arte del presente Alex Goetling di Giulia De Cesare, Marta Pastori di Giulia Aloe, Laura Rodano I n una sala del Castello Sforzesco siamo andati a intervistare Alex Goetling, un giovane scrittore d'origine americana., subito disponibile a rispondere alle nostre domande. Autore di un romanzo dark fantasy, "Eutopia", Goetling per le descrizioni di ambienti e personaggi si ispira “ai classici dei fantasy, ai film, anche non di genere, e alle tradizioni popolari (soprattutto per quanto riguarda le creature)”. Ci racconta che la sua tesi di laurea era sulle creature fantastiche dell'immaginario popolare italiano, da cui è stato molto influenzato, insieme alle tradizioni inglese ed irlandese. L'ambientazione che predilige per i suoi romanzi è pseudo-storica, d'ispirazione medievale. Ma, per gli inesperti del genere, cosa significa esattamente il termine "dark fantasy"? "Innanzitutto dark fantasy è una classificazione che ho scelto io, tra molte possibili. "Dark perché ha una connotazione oscura, per quanto riguarda l'ambientazione, e parti a tratti orrorifiche, vicine ad un concetto di letteratura horror. Inoltre le creature, le situazioni e le descrizioni sono abbastanza spaventose. In più, la distinzione tra Bene e Male è meno accentuata, caratteristica tipica del genere dark fantasy, le due realtà vengono contaminate l'una dall'altra e non sempre è la parte positiva a prevalere su quella negativa." Cosa ne pensa del grande classico fantasy "Il signore degli anelli"? "Innanzitutto l'opera di Tolkien mi è cara in quanto è stato uno dei primi libri di genere che io abbia mai letto. È innegabile che sia un must non solo fantasy ma anche della letteratura in generale. Mi sono dedicato a questa lettura più volte nella vita anche in lingua originale." Al termine dell'intervista l'autore ci ha anche fornito dei consigli nel caso in cui volessimo avvicinarci alla scrittura: leggere molti libri di generi differenti e dedicarsi allo scrivere con costanza ed esercizio. Andrée Ruth Shammah, fondatrice e responsabile del teatro "Franco Parenti" (ex Salon Pier Lombardo), al termine dell’evento svoltosi venerdì 14 novembre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che l’ha vista protagonista di una lettura animata insieme a Massimo Loreto, si è resa disponibile ad essere intervistata dal Giornale dei Ragazzi di BookCity. Ecco come è andata. Secondo Lei, perché le persone dovrebbero andare a teatro? Consiglio a chiunque di andare a vedere uno spettacolo teatrale perché, in una società come la nostra, in cui i momenti di condivisione sono sempre più condizionati dai mezzi di comunicazione virtuale, il teatro è ciò che più ci ricorda i rapporti umani veri, in quanto in ogni rappresentazione si crea empatia tra attore e spettatore. Io apprezzo molto il lavoro di tutti i professori che coinvolgono i propri studenti in progetti legati al mondo del teatro, perché esso è l’arte del presente ed è il tramite tra la verità e la realtà. Quindi Lei si sente di consigliare ad un ragazzo di avvicinarsi al mondo del teatro? Assolutamente, anche perché il mondo del teatro, come diceva il maestro Paolo Grassi, coinvolge più ambiti (sociologia, architettura, comunicazione, psicologia, psicoanalisi…) e fornisce quindi molte più possibilità di quanto si pensi. Inoltre, vorrei prendere le distanze da chi ritiene che un artista sia necessariamente un genio che vive una vita sregolata e fatta di trasgressioni: il teatro è un lavoro di artigianato, e richiede molto impegno e studio. leggere molti libri di generi differenti e dedicarsi allo scrivere con costanza ed esercizio. Andrée Ruth Shammah durante l’evento 8 IL DIARIO:VENERDI IMMAGINI DAL FRONTE Fritz Gardner Il coraggio di rappresentare la guerra con le immagini di Cesare Rosa, Letizia Pessina, Sabrina Barca, Francesco Assi, Serena Frau H o scelto di aprire questo approfondimento proponendovi una riflessione che prima ancora della grande guerra, protagonista di questa mostra, parla di arte. "Chi è Fritz Gärtner?" e, soprattutto, quanti di voi sono in grado di rispondere a questa domanda? È questa una delle caratteristiche che più colpiscono riguardo a questo artista, l'assoluta indifferenza che gli fu dimostrata e che tutt'ora persiste nei suoi confronti, tanto che non viene degnato di memoria neppure nell'enciclopedia “libera, più accessibile al mondo: Wikipedia. Neanche una citazione nei manuali di storia dell'arte. Il nulla più assoluto. Eppure è autore di tre portfoli, composti ciascuno da oltre cinquanta opere, impregnate di un valore artistico che prescinde da una mero giudizio critico e getta le sue radici nella straordinaria testimonianza di una delle realtà storiche più efferate del Novecento. Scene di guerra che si riversano sulle tavole conservando intatta la loro essenza, grazie ad un artista che non solo può vantare un apprendistato eccellente (svolto nell'accademia di Monaco), ma anche, e forse prim'ancora, un' esperienza diretta di quelle situazioni. Provate ad immaginare come deve aver reagito Fritz, un giovane artista di Aüssing, quando ha aperto la lettera di arruolamento obbligatorio vedendo così pregiudicati tutti i suoi sogni artistici, le sue passioni, gli studi a cui tanto diligentemente si era dedicato fino ad allora. E invece, proprio un evento di questo genere, impedimento che a molti sarebbe parso insormontabile, lo dota di uno spirito nuovo, creativo, energico che gli avrebbe permesso di integrare le esperienze di una guerra senza precedenti con un genio artistico che si risolve in tecniche di pittura basilari, quelle a cui era in grado di accedere da soldato semplice. Questo dovrebbe, a mio avviso, essere il paradigma dell’arte: passione, emozioni, coraggio. E Gardner certamente riesce ad esprimerlo appieno nelle sue opere. Di grande effetto per esempio è l'incisione “Fiori e Filo Spinato”, acquaforte del 1916, una delle tante esposte il 14 Novembre nella piccola libreria Libet in prestito dalla Biblioteca Militare di Milano. L'opera è divisa in due registri fortemente antitetici e contrastanti, che costituiscono un ossimoro in grado di rappresentare con un certo effetto il carattere illogico e contraddittorio della guerra. In primo piano è rappresentato un filo spinato in pendenza,sopra, accasciato il corpo inerte di un soldato in una posa scomposta e innaturale; probabilmente uno sfortunato stroncato dal fuoco nemico mentre tentava di scavalcare per salvarsi. Questa immagine, di forte impatto psicologico, rappresenta la dimensione più tragica e cruda della guerra, il destino di molti uomini racchiuso in quello di uno solo, il grado di distruttività a cui può giungere l'atto umano. Sullo sfondo troviamo invece una scena del tutto diversa: un tronco sinuoso si staglia sopra l'orrore della guerra e da esso si dirama una chioma di fiori bianchi che occupa tutto il secondo piano in un candore abbagliante. E' incredibile come l'artista riesca a far intuire i colori e le tinte della cornice floreale pur servendosi solamente di inchiostro nero. Certo è preponderante l'immagine immediata degli effetti della guerra, follia umana che oscura e piega a sé le opere di madre natura. Se però non ci si ferma all'aspetto più superficiale e si spinge lo sguardo oltre all'immanenza delle situazioni più toccanti, si può vedere che la vita continua, che la natura, nonostante tutto, continua a crescere rigogliosa e a dare la speranza di un futuro migliore. Lavoro realizzato da Pietro Orlandi e Riccardo Pasquali Soldati e artisti L’arte dispersa di Francesco Assi, Sabrina Barca, Serena Frau, Letizia Pessina, Cesare Rosa. In via Terraggio 21, oggi la libreria Libet si tinge dei colori della Grande Guerra: bianco e nero. Messe a disposizione dalla Libreria Militare, tra scaffali traboccanti di libri, spiccano le opere d’arte protagoniste di questo evento, che con le loro immagini crude e veritiere dicono più di mille parole. Tutte realizzate durante i tristi anni del conflitto, comunicano le sconvolgenti scene a cui i soldati dovevano quotidianamente assistere. La maggior parte delle opere sono litografie o acqueforti, tecniche che trasmettono grazie ai colori cupi e spenti quella sensazione di angoscia comune tra i soldati in trincea. Sparsi per la libreria, ci sono anche dei reperti risalenti alla Prima Guerra Mondiale. Elmetti, filo spinato, borracce e baionette si mescolano in modo perfetto all’atmosfera creata dai vari disegni. L’ambiente intimo e familiare della libreria Libet, giusta cornice all’evento, ci ha particolarmente colpiti. Un posto da non perdere. 9 IL DIARIO:VENERDI Aldo Cazzullo: la Grande Guerra DI Luca Dossena, Giacomo Bedeschi e Stefano Grassi A bbiamo incontrato il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo, venuto qui a #BCM14 per promuovere il suo nuovo libro “La guerra dei nostri nonni”, un lavoro innovativo nel suo genere, che esula dalle note vicende belliche e si pone nei confronti della Grande Guerra in un’ottica inedita: quella dei soldati semplici, delle donne rimaste a casa e andate al fronte, e delle famiglie ¬-tante- che furono colpite da questa immane tragedia. Le donne della Grande Guerra furono una componente determinante per l’esito finale del conflitto: il loro contributo dimostrò alla società le capacità femminili nei più svariati settori. A partire da quello agricolo, dove con tenacia e dedizione si scontrarono contro fatica e intemperie fino a quello dell’industria pesante (molte morirono per le esalazioni tossiche delle fabbriche). Non poche infine, sfidando la paura e la morte, andarono al fronte come crocerossine o perfino travestite da uomini per combattere al fianco dei loro compagni. Inoltre, essendo la maggior parte degli uomini al fronte, vennero impiegate anche come postine, autisti e persino agenti segreti. E’ anche così che nacque una prima coscienza identitaria delle donne, che iniziarono a scioperare e a manifestare per i loro diritti. Insomma la Grande Guerra fu involontario motore del processo per l’emancipazione femminile del ‘900. Uno spazio viene anche dedicato alla triste vicenda delle giovani donne istriane, meno nota ai più, vittime di brutalità da parte dei soldati austroungarici, cosa che cagionò innumerevoli sofferenze sia alle donne sia ai figli che spesso furono generati da queste violenze. L’intento di questo libro è preservare la memoria del passato e farla rivivere attraverso la scrittura, addentrandosi nelle strazianti vicende personali dei soldati e dei loro dolori. Come sostiene Cazzullo “la Grande Guerra non ha eroi, i protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono i fanticontadini: i nostri nonni”. Ed è per mezzo della loro unione che l’Italia odierna si è formata come stato nazionale e non mera definizione geografica: rimangono i principali testimoni di un messaggio universale ed eterno di fratellanza e solidarietà. Siamo usciti vittoriosi, risultato non scontato, dal primo conflitto mondiale grazie alla sinergia umana, ed è con questa che dobbiamo muoverci per fronteggiare la nostra guerra, “la guerra contro la crisi”. Informazione tecnica: per scrivere il libro, Cazzullo , con un intenso lavoro della durata di un anno, si è avvalorato di testimonianze, lettere e diari personali dei giovani alpini e dei soldati tedeschi impegnati nella guerra Aldo Cazzullo, classe ‘66 è autore di numerosi romanzi riguardanti l’identità nazionale. Qui sopra il suo ultimo lavoro , nel quale lo scrittore ripercorre il cammino dei giovani contadini italiani impegnati sul fronte alpino durante la prima guerra mondiale Contadini italiani durante prima guerra mondiale 10 IL DIARIO:SABATO L’intervista DONATO CARRISI Un salto nel buio di Luca Dossena #BCM14 day three P di Stefano Grassi, Riccardo Pasquali ’ ’ Donato Carrisi con Stefano Grassi e Riccardo Pasquali ioggia torrenziale, tuoni e lampi che illuminano di una luce spettrale le merlature , strade allagate e poco trafficate, doccioni che dai tetti lasciano cadere cascate d'acqua nei cortili del Castello: non c'è dubbio, è tempo di parlare di noir e di gialli, di intrighi e arcani, e quindi di andare a scoprire tutti i principali autori qui a Milano, qui a Bookcity! Per farsi un'idea iniziale e sommaria basta recarsi alla provvisoria libreria all'ingresso del cortile principale del Castello Sforzesco, allestita sotto un tendone. Sul mobile subito all'ingresso troverete già un vasto assortimento, con tutti i principali noir usciti di recente e presentati qui a Bookcity. Potete farvi consigliare dal gestore della libreria, che sarà ben lieto di esservi utile e disposto a consigliarvi la lettura che più fa per voi. A noi ha consigliato vivamente l'acquisto di "Uccidi il padre", thriller di Sandrone Dazieri, uno dei più originali usciti recentemente di questo genere. Comunque consigliati anche "La pioggia fa sul serio" di Francesco Guccini, che verrà presentato in un evento di domani al Castello Sforzesco alle 13, "Il convento sull'isola" di Marco Polillo, "Il male non dimentica" di Roberto Costantini, "L'ultima cena del commissario Luciani?" del genovese Claudio Paglieri. Ovviamente ce ne sono molti altri che meritano di essere scoperti, e l'occasione migliore per farlo è partecipare a "Il giro d'Italia in 30 noir", una monumentale maratona di noir che ha come obiettivo un tour ideale lungo lo stivale attraverso i libri e le indagini dei protagonisti. L'evento si terrà domani al Castello Sforzesco dalle 10 in poi, fra gli altri saranno presenti anche Claudio Paglieri e Marco Polillo. Essendo la scelta talmente sterminata e varia che non sarebbe stato possibile seguire ogni singolo evento del genere, abbiamo deciso di sceglierne uno da approfondire in particolare. Così ieri ci siamo recati al Museo della Scienza e della Tecnica per partecipare alla presentazione del libro:"Il cacciatore del buio" di Donato Carrisi, l'autore di thriller italiano più letto e conosciuto all'estero. Donato Carrisi, in una suggestiva conferenza nella quale ha rappresentato e interpretato in maniera teatrale le sue storie, le sue fantasie e i ricordi di una vita dedicata alla scrittura e alla ricerca dei "segnali" di una realtà coesistente e celata, si è addentrato in una inquietante riflessione sulla natura sfaccettata del suo animo: il lato oscuro, il male, la "metà oscura", come direbbe Stephen King. Ma cos'è il male, da chi e cosa è alimentato? Domande che sorgono spontanee ma che in realtà non lo sono affatto . Come ci spiega lo scrittore, il male è un elemento sempre presente, nato all'alba dei tempi e del mondo. Carrisi afferma - " il male è necessario per l'esistenza del bene , senza il male tutte le cose sarebbero neutre, nè buone nè cattive. Il male è motore di tutto, sempre identico a sè "-. Un motore primo, direbbe Aristotele.L'uomo ha avuto necessità di creare il male , per contrapporlo al bene , per sentirsi completo. L'uomo l'ha cercato e l'ha trovato: esso è dappertutto.In Italia, come nel resto del mondo, molti luoghi portano 11 con se' la malvagità dell'uomo , al loro interno riecheggiano morte e sofferenza. Luoghi di cui ignoriamo la carica negativa, come il Colosseo a Roma, città simbolo dei satanisti e insieme anche sede pontificia. Sono questi i segnali nei quali Carrisi si addentra nel corso delle sue storie, sono gli elementi che rievocano vicende e tradizioni legati ad un passato remoto e misterioso, che spesso deve essere riesumato dalle sabbie del tempo. Com'è possibile dimenticare quello che il male è stato, rimanere indifferenti di fronte al fascino del mistero? Intento dello scrittore in questione è fornire al lettore un nuovo modello di thriller: le sue storie sono profonde, complesse, rimandano a nuclei originari dell'umanità, scavano nella sua stessa storia , nella sua psiche, nel suo animo. I nostri sentimenti, nonché gli istinti primordiali , vengono rievocati con la lettura, in noi riemerge la paura dell'ignoto , del male, dell'oscuro . Carrisi ne è pienamente consapevole. E' in grado anzi di coinvolgere il lettore all'interno del suo cammino senza creare niente di nuovo: è tutto dentro di noi , basta solo prestare attenzione. Bisogna solo cogliere i segnali, gli indizi. A fine presentazione, Donato Carrisi ci ha concesso una breve intervista, della quale abbiamo approfittato per delle domande più personali sull'autore e la sua esperienza di scrittore. Per prima cosa abbiamo voluto chiedergli cosa l'ha ispirato da ragazzo per diventare l'autore di thriller che conosciamo oggi. Carrisi ha dichiarato che per lui sono stati di grande ispirazione le opere di Giorgio Faletti e Il Nome della Rosa, capolavoro di Umberto Eco, secondo lui i grandi pilastri del thriller italiano. "Non è vero che gli italiani non sanno scrivere thriller", ha affermato orgogliosamente, aggiungendo che la scelta di dedicarsi a questo genere è stata anche una scommessa e una sfida a questo luogo comune. Altro suo grande ispiratore, in campo cinematografico, è sicuramente stato Alfred Hitchcock, "per il modo di tessere le trame e di tenere la suspance": infatti ciò che lo ha sempre stupito particolarmente dei suoi film è che "il pubblico passava dal riso al terrore in pochi attimi", cosa senza dubbio anomala e eccezionale. Gli abbiamo poi chiesto di spiegarci cosa differenzia i suoi thriller dagli altri, qual è secondo lui la chiave del suo successo. Ha affermato che per lui è difficile dirlo con esattezza, ma ha riconosciuto che una delle caratteristiche più spiccate del suo stile è la forte immaginosità, che fa assomigliare le sue storie a dei film. Infine eravamo curiosi di sapere quanto la sua esperienza personale influisca sulle trame dei suoi romanzi. A sorpresa, ci ha confessato che in realtà cerca di ridurre al minimo l'intrusione di elementi personali nei suoi lavori: "lo scrittore deve uscire il più possibile dalla storia, non deve proprio apparire". Noi siamo stati molto soddisfatti di questa esperienza, ora tocca a voi scoprire il giallo a Milano in tutte le sue tinte e sfaccettature: rimarrete sicuramente appagati. IL DIARIO:SABATO L’intervista CLAUDIO BISIO Dal presente al passato Che shampoo usa? S Di Laura Rodano, Luca Dossena abato 15 novembre 2014 il comico Claudio Bisio tiene un a conferenza insieme a Marta Perego, Walter Fontana e Federico Baccomo Duchesne nella sala Balla del Castello Sforzesco, in occasione della presentazione del libro Peep Show di Federico. A fine conferenza incontriamo Bisio e lo sottoponiamo ad alcune domande. Come e dove nasce la sua voglia di fare arte?L’ho avuta un pochino da sempre, già da ragazzino, poi però ho percorso altre strade: ho intrapreso il liceo scientifico, l’università agraria, che se ci pensi, non c’entra assolutamente niente. Dentro di me, però, mi rodeva il fatto di provarci. Quando avevo vent’anni, non ero proprio giovanissimo, dopo aver fatto il militare, di nascosto ho provato a fare l’esame della scuola del Piccolo Teatro di Milano: volevo fare l’attore! Mi hanno preso e da lì è stato tutto in discesa.Lei è molto noto in teatro, in televisione e anche come scrittore, dove si trova meglio?L’attore, no … l’attore! Io sono un attore, quindi mi esprimo al meglio nelle varie possibilità che ha un attore. Dapprima il teatro, da sempre, da quando ancora non c’erano tutti questi mezzi tecnologici del cinema, della televisione. Nasce tutto da lì sicuramente, dal teatro. Che vuol dire anche cabaret, live, dal vivo, lo stesso Zelig era uno spettacolo televisivo che riprendeva il live.Come crede si possa far ridere la gente di oggi?Questa è una domanda da mille punti: difficilissima! Un po’ di dote naturale ci vuole, poi … un suggerimento: una delle cose fondamentali è il ritmo, avere l’idea del ritmo. La comicità è quasi come un’improvvisazione jazzistica. Oggi per esempio eravamo in tre, più la presentatrice, quindi in quattro, con quattro microfoni; non avevamo provato niente, però ci conosciamo abbastanza, io ho letto i loro libri; alla base ci vuole la conoscenza, anche perché se non sai niente, se sei un ignorante non ce la fai, invece se conosci le cose in una situazione così, in uno spettacolo live, è più semplice. Per esempio io credo che i freestyle dei rapper siano esercizi, che sarebbero utilissimi per un comico: saper dire la battuta al momento giusto, fermarsi, avere il ritmo. Questo è un suggerimento che posso dare.Da piccolo si immaginava di intraprendere questa strada da artista e di riscuotere tanto successo?No, assolutamente no! ho fatto diverse scuole, l’agraria, pensavo di fare un altro lavoro, magari in campagna, legato, appunto, a quello che mi piaceva. di Ralitsa Ivanova Soprattutto non pensavo di farlo come lavoro, magari come hobby, io facevo qualche cosa di artistico: suonavo il pianoforte, strimpellavo la chitarra. Cose così mi sono sempre piaciute, ma come hobby, non avevo mai pensato di farlo come lavoro.Che consigli si sente di dare ad un giovane che intende intraprendere la sua carriera e in generale che consigli si sente di dare sulla recitazione?Beh, intanto studiare, perché ci vogliono un po’ di doti naturali come dicevo prima, il senso del ritmo, però lo studio è fondamentale. Io stesso forse avevo delle doti naturali, ma ho fatto la scuola del Piccolo Teatro, tre anni a tempo pieno che è stata utilissima, per poi rinnegarla magari, nel senso di cancellare le cose di impostazione, di dizione. Però lo studio si deve fare, ci sono scuole di cinema, di recitazione, di teatro, stanno facendo anche scuola di comicità, di doppiaggio, però una scuola, un insegnate, secondo me è fondamentale.Nel libro di Federico Baccomo, Peep show, vengono fatte varie parodie di personaggi di spicco italiani. Lei si sente oggetto di questo tipo di parodie? Visto che ha detto che ha creato un pezzo parodico su di lei, ma non l’ha inserito nel libro.Mi aveva citato curiosamente senza che ci conoscessimo, perché è giusto che sia così, nel suo libro precedente: c’era una festa mascherata in cui c’erano giochi mascherati in cui c’era una che voleva essere Bisio. Quando ci siamo conosciuti mi ha fatto vedere quella pagina, dicendomi che aveva già pensato a me. Abbiamo fatto il film da quel libro. Mi divertirei se ci fosse qualcuno che facesse la mia parodia, non l’ho ancora visto! Ma sai le parodie vanno fatte su personaggi che hanno un certo grado di popolarità, ma anche un certo grado di “potere”, i politici sicuramente sono i primi, oppure su quelli “sul piedistallo”, come Benigni che non è serissimo anche se con Dante un po’ lo è diventato, e quindi Baccomo lo ha inserito nel libro, come la Pausini che vende milioni di dischi. Io sono una via di mezzo, non sono così un’icona, però se dovesse accadere mi divertirei tantissimo!E infine vorremmo chiederle, lei che shampoo usa?Garnier alle erbe! 12 Domenica 16 novembre 2014, Bookcity ha avuto l'onore di ospitare lo scrittore-critico Tzvetan Todorov (Цветан Тодоров). Nato a Sofia (София) nel 1939 e successivamente trasferitosi a Parigi dove studia filosofia e linguaggio con Roland Barthes, Todorov è noto soprattutto come critico letterario con forti interessi nei confronti della storia e della filosofia concepita come parte della semiotica. L’incontro con lo scrittore è per me particolarmente emozionante perchè apparteniamo alla stessa patria, forse anche per questo ha risposto con particolare attenzione alle mie domande pur avendo pochissimo tempo a disposizione. -È nato come critico letterario e studioso di filosofia, come mai ha indirizzato i suoi studi verso l'analisi storica? "Tutto ció è accaduto in modo molto veloce dopo essermi trasferito a Parigi: ben presto ho capito che era necessario mettere il presente in relazione al passato. Sono stato mosso anche dall'ammirazione per la cultura, la tradizione e, appunto, la storia parigina, è da qui che ho avviato il mio interesse per l'analisi storica." -Qual è il rapporto con la nostra (нашaта) patria ? "La Bulgaria è sempre rimasta nel mio cuore(моето сърце), anche se con il trascorrere degli anni sono ritornato sempre meno: ormai sono 54 anni che vivo in Francia e mi considero più francese che bulgaro, ma nonostante ciò non trascuro mai la mia origine. L'anno scorso dopo molti anni sono ritornato a Sofia e l'ho trovata veramente bella (красива) e affascinante (очарователна) rispetto ad altre volte. L'ho vista con occhi diversi, forse questo è dovuto al fatto che era da tempo che non vi tornavo. La Bulgaria è davvero un paese bello,pieno di cose e posti da scoprire, sebbene ora non stia attraversando un periodo politico e economico favorevole, è un paese che ce l'ha sempre fatta e ce la farà." -Cosa ne pensa della vita al di fuori della Bulgaria e come emigrante? "Devo dire che io non ho incontrato grosse difficoltà: mi sono recato a Parigi nel 1977 con l'intenzione di studiare. Le persone che ho via via incontrato nel mio viaggio di formazione sono sempre state gentili e comprensibili nei miei confronti, erano molto interessati a me, alla mia patria e alla mia cultura, mai nessuno di loro mi ha fatto sentire a disagio dicendomi che il mio posto non fosse lì o discriminandomi perché emigrante. Posso ritenere di essere stato davvero fortunato rispetto ad altri che si trovavano nella mia stessa situazione." Todorov continua, sottolineando come sia importante che ciascuno di noi trovi la propria strada, aldilà delle difficoltà che si possono incontrare. Perché. E questa è la perla che mi lascia in conclusione della nostra chiacchierata, “Хората не са растения,могат да решат къде да отидат” (Gli uomini non sono piante, perciò sta a loro decidere quale sia il cammino da seguire). Ralitsa Ivanova eTzvetan Todorov IL DIARIO:SABATO L’intervista VALERIO MASSIMO MANFREDI FRA LE MURA DEL CASTELLO RIECCHEGGIANO MEMORIE DEL PASSATO di Riccardo Pasquali S abato 15 Novembre il Portico dell’Elefante, al Castello Sforzesco, ha accolto l’archeologo, storico e scrittore Valerio Massimo Manfredi per un intrigante aperitivo con l’autore. All’ombra del porticato, con gli spettatori comodamente seduti ai tavolini a sorseggiare vino, Manfredi ha condotto il suo pubblico fra le meraviglie del mondo classico dalla guerra di Troia al viaggio di Odisseo. Prima che iniziasse l’evento, siamo riusciti a intervistare brevemente l’autore. Così ha chiarito le nostre curiosità. Manfredi, prima che un valente scrittore, è un noto e affermato archeologo e, sapendo di questa sua attività, abbiamo voluto approfondire il lavoro nascosto dietro la stesura del libro L’armata Perduta, che ha come soggetto la spedizione dei 10 000 già narrata da Senofonte nell’Anabasi. Abbiamo scoperto che dietro a quest’opera c’è un lavoro di ben vent’anni, vent’anni durante i quali Manfredi, in veste di archeologo e studioso della storia, ha ripercorso tappa per tappa l’itinerario dell’esercito guidato da Senofonte, dal luogo della disfatta di Cunassa (attuale Iran) fino alla patria greca, rilevando le varie quote altimetriche e un’infinità di altri dati. Al termine del lavoro, però, ne è valsa la pena, tanto che l’opera di Manfredi è stata dichiarata punto di partenza per chiunque altro voglia riprendere l’Anabasi di Senofonte. Nelle sue opere Manfredi ha creato e rielaborato i profili di personaggi storici rendendoli indimenticabili e vividi nella memoria di ognuno, addentrandosi nella loro psicologia e rivelando gli aspetti più intimi e oscuri della loro vita. Abbiamo pensato di chiedergli quale personaggio storico lo abbia più affascinato e ispirato per personalità e carattere. L’autore ha confessato con un sorriso che “prima di un personaggio si deve avere una grande storia da raccontare”: infatti, a ben guardare, sono pochi i personaggi storici a emergere come protagonisti indiscussi nei suoi romanzi, sono più gli eventi storici in sé a farla da padrone. Comunque, dovendo scegliere, ha dichiarato che fra i profili storici che preferisce ci sono Alessandro Magno, protagonista della trilogia Alexandros, per la sua forza di carattere e la determinazione dimostrate dalle sue gesta, e l’enciclopedista romano Plinio il Vecchio, per la sua sterminata cultura e il coraggio con cui ha affrontato la morte, alle falde del Vesuvio in fiamme. Infine, con una domanda più generale, gli abbiamo chiesto cosa pensasse dell’attuale situazione dei siti archeologici in Italia e della loro evidente trascuratezza. ”Prima ancora del governo – ci ha risposto - siamo noi comuni cittadini a doverci rendere conto che l’Italia è una superpotenza culturale, che la cultura è la nostra massima risorsa e che dovremmo sfruttarla al massimo. Dobbiamo imparare ad amare il nostro paese e a vederlo come la nostra casa, renderci conto che lo abitiamo da più di trenta secoli, trenta secoli di cui non c’è stato un solo giorno che non abbia prodotto meraviglie. Detto questo, spesso i media tendono a ingigantire anche il minimo crollo nel sito di Pompei, “dimenticandosi” di ricordare ai fruitori che negli ultimi anni le precipitazioni sono state quadruplo rispetto al solito. Dunque non dobbiamo lasciarci abbattere dal pessimismo e dalle notizie frammentarie dei media, ma credere nell’Italia e nelle sue possibilità”. Parole preziose, che ricorderemo. 13 Manfredi, 71 è un archeologo, storico, condutotore televisivo e famoso scrittore L’ultimo libro di Manfredi, «Le meraviglie del mondo antico» IL DIARIO:SABATO Mafia e crisi Il valore e il reimpiego di beni confiscati di Giacomo Bedeschi e Pietro Orlandi A Bookcity non si viene sono per leggere libri. A Bookcity si parla, si discute, si crea. E quale momento migliore di questo, delle gare d'appalto falsate per l'Expo 2015 e dell'inarrestabile ascesa delle organizzazioni criminali in tutto il tessuto sociale italiano, per discutere di mafia? E, finalmente, non in un'ottica esclusivamente morale o giuridica, che ha il limite di affrontare il fenomeno essenzialmente con l'intento di criminalizzare ciò che tutti riconosciamo come tale, ma in un'ottica pragmatica, che trova il suo fine ultimo nella ripresa economica nel paese. Perché attualmente questo rappresentano i beni confiscati alle mafie: una ricca risorsa da cui ripartire. La conferenza che si è tenuta oggi al Palazzo dell'Archivio ha parlato proprio di questo: un approccio diretto al nucleo della questione, che non si ferma all'analisi dei problemi strutturali e gestionali che spesso pregiudicano la sopravvivenza di un'azienda confiscata, ma che presenta diverse soluzioni alla questione nei termini più concreti e materiali possibili. A questa trattazione economicadel problema, si affiancano diversi esempi di aziende che, dopo essere state confiscate, ed aver perso qui ndi ogni tipo di credibilità finanziaria presso gli istituti di credito, sono state reintegrate sul mercato, in modo da porre fine alle infiltrazioni mafiose, estirpare questo male che spesso sembra incurabile, senza però mettere in ginocchio le centinaia di famiglia per le quali queste aziende rappresentano l'unica fonte di reddito. L'obbiettivo del reintegro deve identificarsi, infatti, Come parlare di morte di Laura Rodano nell'istituzione di strutture dedicate alla comunità, che si prestino ad iniziative di assistenza sociale o di carattere culturale. Anche quando si apre il tema dell'utilità e dell'impiego a favore della cittadinanza di tali beni, l'ottica rimane sempre quella di un secco quanto necessario realismo, che ci ricorda che, fino a prova contraria, un'azienda non sopravvive senza profitto, e poco conta che la comunità ne tragga vantaggio quando si tratta di sanarne i conti in rosso. Beni che rappresentano, dati alla mano, solo negli ultimi tre anni quasi l'1% del PIL. Oltre un miliardo dieuro. E, beninteso, non si tratta di un miliardo di euro sudati e meritati, ma di un patrimonio costruito a discapito di un mercato libero ed equo, nel quale le aziende gestite dai clan partono indiscutibilmente avvantaggiate, grazie ai prezzi di favore che ottengono sulle materie prime e alla concorrenza sleale, condotta spesso senza scrupoli e in modo violento. Bookcity, in definitiva, mi sta facendo scoprire ogni giorno una cultura che non sta solo scritta nei libri, esclusivamente fine a se stessa, ma che trova un'effettiva completezza solo quando riesce a ridare vitalità a tutti quei valori che, da un tempo di crisi come il nostro, risultano ridimensionati e privati della loro originaria essenza. 14 A questa domanda molto complicata hanno cercato di rispondere tre delle personalità più in vista nell’ambito della tanatologia: Alessandro Gusman, Luca Prestia e Francesco Remotti. Tante le suggestioni, proviamo a riassumerle. La morte molto spesso viene considerata come un concetto astratto quando in realtà è estremamente concreto. Non si affronta la morte ma molto spesso si cerca di nasconderla. Della morte si parla in maniera metaforica e celata anche se poi attraverso i media ci viene anche presentata cruda e violenta. Nella società europea il distacco dalla morte è dovuto alla medicalizzazione che ha creato un’individualizzazione della morte: le persone molto spesso si ritrovano ad affrontare la fine della propria vita in un letto di ospedale, con molte probabilità da soli. La morte è quindi anche un problema sociale. Grazie anche agli enormi progressi della medicina, molti pensano che la morte possa essere cancellata e la vita debba continuare per l’eternità, in un paradossale desiderio di immortalità. Ma, dicono gli specialisti, tutto questo non ha senso. La morte è sia la fine della vita, sia il processo che permette una nuova vita. Insomma, il primo passo per accettare la morte è quello di vederla come l’esito di un processo naturale e necessario e distaccarsi da un’idea di immortalità che è profondamente innaturale e non umana. Parlare della morte è un modo per imparare a vivere: quindi perché evitarla? IL DIARIO:SABATO Groenlandia UNA VITA TRA I GHIACCI di Assi Francesco, Barca Sabrina, Frau Serena, Pessina Letizia, Rosa Cesare Per BookCity la Groenlandia è arrivata a Milano. Robert Peroni oggi al Museo di Storia Naturale presenta il suo nuovo libro ‘I colori del ghiaccio’ in cui continua l’affascinante storia della sua vita tra gli Inuit. Tra desolati paesaggi e distese di ghiaccio, l’autore è riuscito a trovare una popolazione che sembra essersi fermata nel tempo, per la quale la caccia è ancora la fonte di sostentamento principale. Ma il loro futuro sembra essere incerto, messo in pericolo dall’invadente cultura occidentale, come viene messo in evidenza da alcune recenti campagne, per esempio quella promossa da alcune organizzazioni ambientaliste per la sensibilizzazione contro la caccia alla foche, ostacolo alla piccola economia dei villaggi indigeni. Durante il suo intervento Peroni ha condiviso con il pubblico presente alcune delle sue esperienze più significative tra i ghiacci, che hanno toccato il pubblico per la loro intensità emotiva. Grazie alle immagini spettacolari che ha trasmesso, Peroni ci ha lasciato una grande voglia di scoprire questa terra straordinaria, questa isola misteriosa. la Groenlandia è arrivata a Milano I MISTERI DI DANTE di Alexa Pallante, Francesca Rubino Il 15 novembre all'Expogate di Piazza Castello Giulio Leoni ha tenuto una conferenza sui molteplici misteri che circondano la figura di Dante, per esempio: qual era il suo aspetto? Beatrice è esistita veramente? È vero che Dante apparteneva all'ordine dei Templari? Qual era la sua idea politica e quale quella religiosa? Ma soprattutto, "cosa ha fatto di così grave da sentirsi destinato all'inferno?" Le ipotesi sono diverse: dall'omicidio alla partecipazione a una congiura contro Papa Giovanni XXII alla possibile relazione avuta con la cognata; la tesi sostenuta da Leoni è però un'altra ancora: secondo lui, Dante avrebbe sposato, seguendo l'esempio di Guido Cavalcanti, le tesi epicuree e quindi si sarebbe allontanato dalla religione. Mistero! E di misteri parla anche il suo nuovo libro, in cui il Sommo Poeta appare nelle insolite vesti di un investigatore, mestiere che, sempre secondo l'autore, avrebbe potuto svolgere "magnificamente", data la sua mente acuta. Il nuovo libro di Peroni e un’immagine dell’evento 15 Giulio Romano ed in basso il suo nuovo libro «La Sindone del Diavolo» IL DIARIO:SABATO 10 anni di Fantasy Il ritorno di Nihal di Isabella Catapano, Marta Pastori e Giulia Veschi S abato 15 novembre, presso la Società d'Incoraggiamento d'Arti e Mestieri, l'astrofisica, più conosciuta come scrittrice fantasy, Licia Troisi è stata intervistata dallo scrittore e sceneggiatore Sandrone Dazieri, in ricorrenza del decennale dalla pubblicazione del suo primo libro, facente parte della saga "Le cronache del mondo emerso". Si inizia con l'ultimo libro, uscito di recente nelle librerie, nel quale l'autrice torna a parlare del mondo emerso: qui la situazione è stabile e piuttosto tranquilla, anche se i suoi abitanti portano ancora le cicatrici delle rovinose guerre del passato. Il romanzo è suddiviso in tre racconti, che vertono sul personaggio di Nihal, protagonista della saga del mondo emerso. La figura della donna emancipata è centrale in tutti i romanzi della Troisi: le eroine create dall'autrice sono autonome, in grado di combattere senza l'intervento di personaggi maschili e sanno costruirsi da sé un percorso definito. Successivamente la discussione si è spostata su un problema tipico della letteratura fantasy: il pregiudizio diffuso che questo genere di narrativa sia finalizzato soltanto all'intrattenimento dei lettori. In realtà, secondo la scrittrice, ogni autore cerca di trasmettere dei precisi valori morali e lei si concentra principalmente sulle questioni delle guerre e del razzismo, che fin dall'infanzia l'hanno toccata da vicino. Infine, rispondendo a una domanda del pubblico, l'autrice ha elencato una serie di consigli per entrare a far parte dell'albo degli scrittori: leggere libri di ogni genere, esercitarsi nella scrittura, confrontarsi con un pubblico e capire per quale motivo si vuole diventare scrittori. La personalità di Licia ci ha affascinato e ci ha insegnato quanto poco distanti siano il mondo della scienza e quello dell'immaginazione. Licia Troisi e Sandrone Dazieri INCONTRO ALL’ISTITUTO DEI CIECHI Vedere con le mani di Isabella Catapano e Marta Pastori L'incontro, tenutosi in una magnifica sala dell'Istituto dei Ciechi e volto a sensibilizzare il pubblico all'iniziativa di LIA (Libri Italiani Accessibili), comincia con una breve introduzione alla lingua Braille. Il linguaggio dei ciechi è giunto in Italia nel 1963, pur essendo stato creato a metà Ottocento. Successivamente è stata fatta una dimostrazione di nuove tecnologie che permettono a non vedenti e ipovedenti di poter leggere qualsiasi libro. Uno dei relatori, portando l'esempio di un pittore cieco americano, John Branlitt, ha affermato che la lettura, così come la pittura, non è una questione di vista ma di immaginazione. In seguito è stato approfondito il progetto di LIA "Acce(n)di un libro", che promuove una lettura accessibile a tutti, soprattutto tramite mezzi tecnologici come smartphone, tablet e computer. Infine, giunti al momento clou dell'evento, due non vedenti dell'Istituto, insieme alla scrittrice Chiara Gamberale, hanno letto alcuni passi tratti dal romanzo di quest'ultima, "Arrivano i pagliacci", tutti e tre tramite l'utilizzo sia del formato cartaceo sia di quello digitale. Un aspetto sorprendente per tutto il pubblico è stata la velocità e l'agilità con cui i due non vedenti hanno saputo leggere. A dimostrazione che la forza di volontà è superiore ad ogni impedimento fisico e morale. I famosissimi di libri di Licia Troisi 16 IL DIARIO:SABATO Tra Filosofia e Fede… Il nutrimento del Pianeta di Alessandro Viapiana e Giacomo Caimi P er la kermesse culturale di Bookcity, proiettandosi verso il macrotema di Expo, il Cardinale Scola e il professor Giorello discutono di nutrimento materiale e spirituale dell’uomo. Nella bella cornice dell’Università Statale, il professore ha introdotto l'argomento parlando dell'illuminismo a Milano, sottolineando in particolare gli aspetti ad esso connessi della tolleranza e della non discriminazione. Il Cardinale, invece, citando Sant'Agostino (Nutre la vita solo ciò che la rallegra) si è riagganciato al tema Expo da un punto di vista spirituale: considerare il cibo come una merce genera la cultura dello scarto e dell'esclusione, che discrimina chi non può permetterselo; invece, se lo consideriamo un bisogno, l’espressione di una fragilità e di una mancanza, riportiamo al centro la solidarietà. Un episodio evangelico serve a rinforzare il concetto: nell’incontro con la Samaritana Gesù infatti parte dal bisogno, l’acqua, per poi aprirsi ad un vero incontro con la persona che ha davanti. La scommessa che va giocata nel XXI secolo è dunque quella di mettere l'Io in relazione con gli altri senza che ciò sia una limitazione della libertà: ragionare in questo senso risulta necessario perchè anche le più piccole abitudini dei singoli cambino in favore della conservazione del Creato. Il nuovo libro di Alessandro D’Avenia Il bello è ciò che inferno non è Alessandro D’Avenia parla del suo nuovo romanzo di Giulia Aloe e Laura Rodano Vi siete mai chiesti come una persona possa diventare santa? Oppure dove qualcuno possa trovare il coraggio di non fermarsi neanche davanti alle minacce? Una risposta vera e propria a queste domande non esiste: tuttavia è evidente il fatto che coloro che hanno scoperto il segreto della santità sono stati un esempio per tutti. Ma cos’è la santità? Alessandro D’Avenia prova a spiegarlo nel suo nuovo romanzo “Ciò che inferno non è”, la cui trama verte intorno al personaggio di Don Pino Puglisi (ucciso dalla mafia nel 1993 e proclamato beato nel 2013), di cui lo stesso autore è stato allievo. Più ci si addentra nelle pagine del libro, più la definizione di santità si delinea: è servirsi del sacro e della bellezza che ciascuno ha in sé per fare opere d’amore. Don Pino, a Brancaccio, veniva chiamato “u parrì”, che in siciliano significa sia “padrino” che “prete”, la sua missione era quella di opporsi ai padrini della mafia, il cui unico obiettivo era esercitare il controllo sui ragazzi di Palermo: voleva liberarli e creare un luogo in cui potessero essere accolti. Venne eliminato proprio per questo motivo, poiché voleva far rinascere la vita e la libertà dove c’era deserto e schiavitù morale. Perché la vera santità è liberare la bellezza delle cose intorno a noi: il bello è ciò che inferno non è. A sinistra il Cardinale Angelo Scola Vescovo di Milano; in alto a destra Alessandro D’Avenia, nel tondo Padre Pino Puglisi, ucciso dalla Mafia nel 1993, figura centrale dell’ultimo libro di D’Avenia «Ciò che inferno non è» 17 IL DIARIO:DOMENICA LA VOCE DELL’AFRICA SI RACCONTA di Luca Dossena #BCM14 day four WILBUR SMITH Di Riccardo Pasquali e Giacomo Bedeschi D omenica 16 Novembre, giorno di chiusura dell’esperienza Bookcity, la sala Viscontea era gremita di gente, uomini e donne di ogni età giunti per conoscere finalmente da vicino un autore leggendario: Wilbur Smith. La scelta di questo scrittore, definito all’unanimità “Maestro dell’avventura”, di venire proprio in Italia in occasione dell’uscita del suo ultimo bestseller, Il Dio del Deserto, non è casuale. Wilbur Smith ha infatti venduto dall’inizio della sua carriera e del suo successo, con Il Destino del Leone, nel lontano 1964, più di 122 milioni di copie, di cui 23 solo in Italia: un dato significativo, che mette il nostro paese al primo posto nella classifica dei suoi più affezionati lettori. Dunque Wilbur Smith è venuto qui in Italia, paese con cui ha un forte legame affettivo, per parlarci di un altro suo forte legame: quello con l’Africa, suo continente natio. Egli infatti è nato nell’ex Rhodesia del Nord (attuale Zambia) e per tutta la giovinezza ha vissuto in quei luoghi lontani e selvaggi, il cui fascino riecheggia ed emana dai suoi romanzi. Nonostante ora viva a Londra, ha affermato all’incontro, il suo cuore è ancora in Africa, con la gente, gli animali e la natura selvaggia di questo meraviglioso continente. Continente che ha sempre avuto una storia difficile e travagliata, con fasi di cui Wilbur Smith stesso è stato testimone e narratore in prima persona. Molti lo hanno definito “la voce dell’Africa”, per il ruolo di mediatore fra cultura africana e occidentale che ha svolto grazie ai suoi romanzi e alle sue storie appassionanti. Lui con modestia ha dichiarato che non è sua pretesa e obiettivo farsi carico di un titolo così gravoso e importante ma che, semplicemente, con le sue opere, intende omaggiare e far rivivere una terra e una cultura a cui deve molto. Ruolo molto importante per esempio ha avuto sua madre, la prima a farlo appassionare alla lettura e alla scrittura e ad introdurlo nell’ambiente dei siti archeologici egizi (da qui nascerà l’idea del ciclo di romanzi egizio), tanto che ancora oggi tiene una sua foto sopra il PC quando è all’opera. Ambiguo invece il rapporto con il padre, uomo che aveva fondato la sua vita nel duro lavoro manuale e che di conseguenza vedeva nelle aspirazioni del figlio qualcosa di volatile e inconsistente, di totalmente distante dai suoi ideali. Come però ci ha assicurato Smith stesso, quando ormai l’autore era all’apice del successo, il padre ha riconosciuto che ci si può guadagnare da vivere dignitosamente anche con l’opera intellettuale e ha chiesto scusa al figlio per la sua cecità. Come Bookcity ci ha più volte ricordato, ecco dunque l’ennesimo esempio che la cultura non è qualcosa di astratto e da cui non si può ricavare altro che aria, ma qualcosa da valorizzare al massimo per ricavarne frutti e miglioramenti per tutti. E come Wilbur Smith ha amato e creduto nella sua Africa e si è fatto suo portavoce e divulgatore, così anche l’Italia deve tornare a credere in se stessa e nella sua tradizione millenaria: questo è il punto da cui ripartire. Nel tondo e qui a sinistra Wilbur Smith autore di molteplici libri conosciuto soprattutto per «il Dio del fiume»; a destra il suo nuovo libro 18 IL DIARIO:DOMENICA L’intervista PIERO ANGELA “È tutto un mosaico” Piero Angela con Giulia Veschi, Letizia Pessina, Luca Dossena di Luca Dossena Q Piero Angela, 86 anni, è un giornalista, divulgatore scientifico, presentatore televisivo della Rai e famoso scrittore Nel tondo Piero Angela, in basso il suo ultimo libro «Viaggio dentro la mente», Mondadori uesta è stata forse la più particolare delle interviste: infatti l’evento presieduto dal grande giornalista si teneva in un’aula del Museo di Storia Naturale dalla capienza decisamente limitata, circa centoventi persone. Ce n’erano almeno trecento. E i centottanta rimasti fuori erano abbastanza agguerriti. Quindi, per correttezza, non ci è stato permesso, pur essendo giornalisti, di entrare. Rimasti dunque fuori, siamo tuttavia riusciti, grazie alla disponibilità dell’addetta all’ufficio stampa di Piero Angela e perfino della direttrice del museo, ad ottenere un’intervista esclusiva nelle sale chiuse al pubblico. “Lei fa il divulgatore da moltissimi anni. Quanto ha dovuto combattere negli ambienti televisivi per portare un programma culturale in prima serata sui canali nazionali?” “La televisione, molto più oggi che ieri, funziona anche in base ai risultati che i programmi danno. Allora bisogna che siano sì programmi culturali, ma che abbiano anche un pubblico, e noi riusciamo a fare entrambe le cose: raccontare cose a volte difficili, ma avere un pubblico numeroso.” “Le sue trasmissioni spaziano in diversi campi. Da cosa nasce questo suo interesse per la varietà?” “Io penso che tutte le cose siano intrecciate; ho scritto trentasei libri, nessuno uguale all’altro, ma in fondo è sempre la stessa cosa: in fondo tutto quello che esiste è fatta di cento soli atomi, ricombinati in modo diverso. Ho capito, anche parlando con la gente, che tutte le cose sono collegate. Oggi l’importante […] è vedere questi collegamenti, è come un mosaico: ogni tessera conta ma poi è l’insieme che funziona” 19 “Ormai spopolano sulle televisioni programmi a carattere pseudo-scientifico o pseudo-storico, la maggior parte delle quali è di scarso valore. Qual è il percorso di formazione che dovrebbe seguire un divulgatore e quale linea deve adottare nei suoi programmi?” “Io ho una formula molto semplice: dalla parte degli scienziati per i contenuti, dalla parte del pubblico per il linguaggio. Il primo aspetto è molto importante per avere credibilità, da parte del pubblico ma anche della comunità scientifica, e per fortuna abbiamo questa buona fama, anche perché siamo molto pignoli [...] Poi per il linguaggio dobbiamo parlare noi:, magari in modo creativo: la divulgazione, si sa, deve passare per delle gimcane, essere più creativa, ma sempre con la correttezza scientifica dietro. Penso che in questo modo si riesca a spiegare quasi tutto in modo abbastanza comprensibile, se si fa uno sforzo di creatività.” “Bookcity, questo evento molto particolare, che si ripete a Milano da ormai qualche anno: che importanza può avere come veicolo di diffusione di libri e di cultura? Andrebbe riportato anche in altre città?” “Ognuna di queste manifestazioni -ce ne sono tante e di vario tipo in Italia- sono importanti perché richiamano pubblico a leggere libri, ma poi perché è un’occasione per scambiare con gli autori un colloquio; il suo compito è riuscire a seminare alcuni di questi concetti. Poi uno va a casa, ci riflette, e decide di comprare il libro. Serve quindi per allargare una cerchia di lettori, ai quali mandare le proprie idee. Agli autori non interessa guadagnare, lo fanno per il piacere di seminare idee: è importante invitare il pubblico a leggere ma anche a discutere con gli autori”. IL DIARIO:DOMENICA L’intervista ROBERTO VECCHIONI Io, nel tempo che abbiamo, ti voglio passare la bellezza di Alexa Pallante, Francesca Rubino, Stefano Grassi I Nel tondo Roberto Vecchioni, sotto il suo nuovo libro «Il Mercante di luce», Einaudi l 16 novembre si è tenuto presso la sala viscontea del Castello Sforzesco l’incontro con il professore e cantautore Roberto Vecchioni, il quale ha presentato il suo nuovo libro “Il mercante di Luce”. L’autore, durante la conferenza, ha sottolineato come tutte le scoperte, da quelle matematiche, a quelle scientifiche, agli ideali di uguaglianza e di dialogo tra i diversi ceti sociali, non ci sarebbero potute essere senza la cultura greca: questo perché la Grecia, dice l’autore, è il punto, dal quale tutto ebbe inizio. Questo patrimonio viene trasmesso direttamente nel suo libro, dove un ragazzo malato in stadio terminale dovrà scoprire se stesso e l’umanità intera in un viaggio condotto dal padre, professore di letteratura greca, il quale vuole lasciare al figlio il dono più grande che ha, che non è altro che quello che più ama nella sua vita: la tragedia e la lirica greca. Quello che si percepisce dalla conferenza è un grande amore da parte di Vecchioni non solo per la cultura greca in generale, ma per ogni singola parola, caratterizzata da suoni e armonie, di un popolo che avrebbe influenzato tutto il mondo a venire. Prima dell’incontro, si è reso disponibile a rispondere a qualche nostra domanda: Lei è stato cantautore e professore: c’è un punto d’incontro e le è mai successo che una professione attingesse dall’altra? No, questo è abbastanza difficile, però il punto d’incontro è la comunicazione. Non importa la forma in cui si tenta di comunicare, importa la comunicazione. Cosa comunicare? La cultura, che non ci si deve perdere nei particolari, che ci sono delle persone che hanno lottato per la vita .. E questo lo si può fare sia insegnando sia scrivendo canzoni. È molto diverso cantare una canzone e scrivere un romanzo, ma l’obiettivo è sempre quello, comunicare. Quanta parte del suo io è presente nel libro? Beh molta, moltissima, anche se i personaggi non rappresentano me. Io sono un professore di letteratura, come il personaggio del libro, anche se non mi assomiglia moltissimo, io non sono cosi antipatico, come lui, e poi non ho i difetti che ha lui, ma lo stesso amore incondizionato per quello che è la letteratura classica e per quello che è la sua modernità. Poi io ho messo qualcosa della malattia di mio 20 figlio, il quale anche lui ha dei problemi, anche se non di quel tipo, e quindi mi era molto vicina come storia. Ma quasi sempre io metto qualcosa di me anche fisicamente, ma soprattutto spiritualmente. Frequentando il liceo classico, ci siamo accorti che alcuni valori dell’età antica greco-latina, come il valore di Humanitas, sono applicabili ai giorni nostri. Lei è d’accordo e in che modo? Credo che possano salvare, devono salvare. Non solo i valori positivi ma anche i valori negativi sono interessanti, cioè tutta la dubbiosità della vita, l’incertezza, l’insicurezza, lo scontro tra ceti, la libertà: tutte queste cose loro ce le hanno passate e il dibattito è cominciato lì e ciò che è importante è che prima non c’era nulla, prima c’erano dei magnifici re che facevano quello che volevano. Quando sono arrivati i greci, si è cominciato a parlare di democrazia, di idee degli altri, di pensiero comune o non comune ed è questa la trasmissione ereditaria che ha avuto la civiltà occidentale dalla Grecia. Lezione davvero indimenticabile di uno scrittore, poeta, musicista, professore, ma, prima di tutto, di un uomo, quale è Roberto Vecchioni, il quale attraverso il suo libro ha voluto trasmettere un messaggio molto intenso: “Non importa quanto a lungo si vive, fondamentale è con quanta intensità, con quanta luce dentro”. “Non importa quanto a lungo si vive, fondamentale è con quanta intensità, con quanta luce dentro”. IL DIARIO:DOMENICA IL FENOMENO CULTURALE STORIA DEL DEGLI HIPPIE Amore e Rivolta a tempo di Rock IL BAMbiNO VESTE Di Isabella Catapano, Marta Pastori Domenica 16 novembre, presso il teatro Dal Verme, si è svolto un incontro che verteva sulla storia degli hippie, una generazione visionaria, fondata su valori quali pace e amore, e che, tramite questi, cercò di contrastare la società del tempo. Il corso degli eventi che si succedettero in California dal 1964 al 1969 è stato trattato con attenzione e raccontato nel libro di uno dei relatori, Luca Pollini, il quale, con l’aiuto dell’attrice Lucia Vasini e degli altri personaggi che con loro tenevano la conferenza (Matteo Guarnaccia, Enrico Maria Papes, Stefano Laffi e Giorgo Maimone), ha esposto gli episodi salienti della storia degli hippie, delineandone anche le principali caratteristiche. Il movimento hippie nacque nell’università di Berkeley (California) nel 1964, in un periodo che vedeva gli Stati Uniti in una situazione assai complicata: incombevano infatti i pericoli della guerra fredda e, inoltre, la maggior parte dei soldati americani era impegnata della sanguinosa guerra del Vietnam. A tutto questo, i giovani hippie si ribellarono, ma lo fecero in un modo che non aveva mai avuto precedenti, lo fecero tramite l’amore. Ciò che più particolarmente li caratterizzò e che distinse la loro ribellione da ogni altra è il completo distaccamento dalla politica: essi, in realtà, non si riconobbero mai come un movimento vero e proprio, ma sostennero che il loro unico portavoce fosse l’arte, più precisamente la musica. I loro valori risultarono subito manifesti: pace, amore, ecologia, niente violenza, niente consumismo e niente marchi commerciali. Nel loro modo di vestire l’unica regola era non avere regole; “il vestito doveva partire dalla necessità” ha espresso con chiarezza l’autore del libro “e doveva essere inventato anziché subito”. La moda hippie, di cui possiamo vedere espressioni anche al giorno d’oggi, era caratterizzata dall’accostamento di vari stili, con la predilezione per colori, frange, fiori e blue jeans. Secondo i relatori della conferenza, questo fu un movimento fondamentale nella storia del Novecento, in quanto portò alla formazione di una nuova categoria sociale, ben distinta da tutte le altre: la categoria dei giovani. Il picco del movimento hippie si ebbe nel 1967, l’anno della cosiddetta Summer of love, durante la quale centinaia di giovani americani, avendo sentito parlare di quello che vi stava accadendo, si recarono a San Francisco, ansiosi ed entusiasti di prendere parte a questa sommossa radicale e pacifica, che raccoglieva sempre più seguaci, ma allo stesso tempo cominciava ad essere malvista dai vertici del governo. Quello che possiamo definire “flower power” (letteralmente, il potere del fiore), non andò a buon fine, dal momento che tutto il movimento hippie ben presto cominciò ad essere commercializzato dai media, spinti dai politici con l’obiettivo di stroncare questi giovani, che erano considerati soltanto dei nullafacenti privi di prospettive. L’ultimo evento, e forse anche il più importante e memorabile, che segnò la storia degli hippie fu il concerto tenutosi a Woodstock nel 1969: questo sancì lo scioglimento definitivo del movimento, ma, al tempo stesso, rappresentò (e continua tuttora a rappresentare) l’emblema di tutti quei valori che gli hippie cercarono di portare avanti nel corso di sei anni di storia. Anche questo è stato per noi Bookcity: conoscere i giovani ai tempi dei nostri nonni. Il bambino veste Prada Di Anna Colnago, Elena Caselli, Giulia De Cesare Piazza Castello 21. Questa è la celebre sede della redazione di Vogue bambini e Vogue spose. Giunte al quarto piano, veniamo ricevute da giovani redattrici disponibili e sorridenti indaffarate ad accogliere i piccoli ospiti, protagonisti dell'evento, e i loro genitori.Inizialmente poniamo domande proprio a quest’ultimi, che ci spiegano di essere giunti a conoscenza dell'evento mediante la mail list di Vogue e il programma di Bookcity. L'evento, dedicato a 'fantasia e riciclo', viene presentato dalla direttrice delle riviste Giuliana Parabiago e dall'illustratrice Silvia Bonanni che spiegano i passaggi che portano dall'ideazione di un abito alla sua pubblicazione su una rivista. I bambini, impazienti di incominciare e pieni di domande, invitati a ritagliare immagini da riviste, vengono incoraggiati a creare un abito con la fantasia. Una 20 delle redattrici ci spiega le motivazioni per le quali si è voluto creare un evento capace di conciliare il mondo della moda con quello dei bambini. Ci accoglie nel suo studio anche la direttrice, ben disposta a rispondere alle nostre domande: per prima cosa ci racconta come, fin da bambina, abbia sempre amato e seguito la moda, passione che l'ha portata a ricoprire il ruolo di capo redattrice. La scelta di dedicarsi della sezione infantile e nuziale della rivista, ci dice, è stata il frutto di una decisione non casuale ma voluta: conciliare moda ed emozioni.Questa esperienza ci ha permesso di conoscere ancora meglio un mondo del quale spesso si sottovalutano lo sforzo e il lavoro. Non solo immagini. IL DIARIO:DOMENICA FANTASY L’impatto di Harry Potter sul mercato della letteratura per ragazzi ATTUALITA’ Di Giulia Veschi Oggi 16 novembre 2014 presso la biblioteca rionale “Chiesa Rossa” Marina Lenti,in assoluto la più autorevole esperta italiana della saga fantasy di Harry Potter, ha evidenziato i momenti salienti della storia della pubblicazione e della diffusione dei libri di J.K.Rowling. La relatrice ha subito mostrato come le avventure di Harry Potter abbiano portato un grande e positivo cambiamento: ”la Rowling utilizza circa 90 000 vocaboli nella stesura del primo episodio della saga in un periodo in cui un libro per ragazzi ne possedeva circa 40 000”. E come non parlare poi delle circostanze grazie alle quali l'autrice riuscì a inviare il suo manoscritto agli editori? Percorso fortunoso, certo, ma sicuramente fruttuoso se si pensa al successo planetario che hanno acquisito i libri di Harry Potter. Successo cha ha portato anche grattacapi: il brand del famoso maghetto con gli occhiali ha dovuto infatti affrontare innumerevoli battaglie legali e editoriali che hanno visto la “povera” J.K. Rowling essere citata o citare in giudizio, quasi sempre per plagio. A questo propositi viene ricordato in particolare uno dei casi più eclatanti in cui la scrittrice scozzese accusava il russo Dmitri Yemets, autore di “Tanya Grotter and the Magical Double Bass”, che, per la stesura del suo libro aveva largamente e esageratamente preso ispirazione dalla saga di Harry Potter. Nonostante i numerosi processi che furono indetti tra USA e Gran Bretagna, i libri della Rowling hanno raggiunto la vetta delle classifiche dei bestseller, rappresentando una vera e propria novità editoriale. La “madre” di Harry Potter è stata infatti, come spiega l'esperta, la prima scrittrice a diventare miliardaria e a rendere accessibile a tutti un genere che prima vantava di un pubblico di nicchia. L'intervento di Marina Lenti ha sicuramente centrato i punti fondamentali della storia editoriale della saga e, infine, ha ricordato un altro lato della positività di questo fenomeno: J.K. Rowling è stata infatti una delle poche persone in grado di distogliere parzialmente l'attenzione dei giovani dai giochi elettronici e dalla TV e riportarli finalmente a leggere. L’Ucraina e le mire espansionistiche della Russia Di Francesco Assi E' il 16 novembre 2014, al Castello Sforzesco di Milano si svolge una conferenza sulla delicata situazione in Ucraina; a parlarne sono Marco Buttino, professore di storia contemporanea all'Università di Torino, Alberto Masoero, ricercatore presso l'Università Ca' Foscari, esperto di storia russa, Anna Zafesova, giornalista russa e Simone Bellezza autore del libro “ Ucraina: insorgere per la democrazia”. Si parte con un'analisi della situazione attuale e del recente passato dello Stato ucraino: l'Ucraina, parte del URSS dal 1922 fino all'indipendenza, ottenuta nel 1990, ad oggi conserva una struttura politica del territorio simile a quello russo con la divisione in regioni (oblast'). La politica del Paese dall'indipendenza in avanti è stata quella di puntare sullo sviluppo di soli alcuni Oblast, e su tutti uno in particolare, quello di Kiev, la capitale, mentre gli altri, quelli di confine, furono “abbandonati”: da ciò ne è derivato, ovviamente, povertà e arretratezza. Per queste ragioni la popolazione di confine ha chiesto aiuto ai Paesi vicini e di questa situazione ha approfittato la Russia con le sue mire espansionistiche e il suo obbiettivo di formare un nuovo grande continente, l'Eurasia. Aiutata anche dal fatto che quelle regioni sono russofone e con l'obiettivo dichiarato di portare loro aiuto, la Russia ha però invaso nel vero senso della parola il territorio Ucraino e imposto al governo uomini russi di Mosca. 21 L'analisi è interessante e accende un dibattito fra i giornalisti presenti. Alla domanda su come si possa risolvere questa intricata situazione Marco Buttino risponde che l'unico modo è lasciare che se ne occupi l'Ucraina stessa, senza, come invece sta avvenendo, l'intervento di Nato e Russia. E' a questo punto che si accendono i toni e qualcuno arriva addirittura a sostenere che la guerra sia tutta una montatura: la replica arriva da una ragazza ucraina che racconta che alcuni poliziotti di nazionalità ucraina ma filorussi, nell'oblast di Donetsk, hanno fermato lei e i suoi parenti, hanno sequestrato e bruciato la bandiera ucraina che portavano con loro e li hanno arrestati. Lo scontro sembra essere quindi reale e purtroppo molto doloroso. Anche questo insegna e offre Bookcity: un'occasione importante per sentire vive testimonianze e, insieme, un momento per scambiarsi idee e cercare un modo comune per uscire da un incubo che coinvolge anche noi europei. Rubriche COSA CI PIACE DI… Sophie Kinsella: elegante, gentile, disponibile, una donna di classe. Scoprire Milano con i libri Carlo Cracco: lo chef dei libri, un vero personaggio. MILANO BY BOOK: 10 LUOGHI SCOPERtI ATTRAVERSO I LIBRI Giuliana Parabiago: scorza dura, poi dolce come il miele. 1. Roberto Vecchioni: affabulatore, professore "di luce“. La nostra redazione: le Sale Panoramiche del Castello Sforzesco 2. Il Palazzo del Senato. 3. Il Palazzo della Triennale. Piero Angela: brillante, disponibile. In una parola: #evergreen. 4. Il Salone degli Affreschi della Società Umanitaria. 5. Palazzo Cusani. Filippo Del Corno: disponibile, aperto, interessato a noi: siamo sicuri che sia un politico? 6. L'Istituto dei Ciechi. 7. Le Termemilano. 8. Sala Balla e Sala Viscontea del Castello Sforzesco. Licia Troisi: sorprendente, capace di rendere il fantasy...reale. 9. La Società di Incoraggiamento d'Arti e Mestieri. 10. libreria Libet. Giovanni Storti: simpatico (non è certo una sorpresa) ma anche sorprendentemente acuto. Valerio Massimo Manfredi: fascino greco ed eloquenza ciceroniana. 22 Rubriche Gli Imperdibili Grazie a Bookcity abbiamo imparato a… Migliorarci nel lavoro di squadra Conoscere il mondo del giornalismo Organizzare meglio il lavoro Capire il mondo del lavoro Scrivere meglio Muoverci nel territorio milanese Conoscere nuovi luoghi di Milano Essere più responsabili Ottimizzare tempi e risorse Essere pazienti e discreti 23 RINGRAZIAMENTI un grazie speciale a … « » UN « » ’ ’ Infine, a tutti voi che avete dedicato il vostro tempo alla lettura di questo Giornale