CAMPAGNA ABBONAMENTI CINEFORUM ALCIONE 2014/15:

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CAMPAGNA ABBONAMENTI CINEFORUM ALCIONE 2014/15:
2014
CAMPAGNA ABBONAMENTI
CINEFORUM ALCIONE 2014/15:
Per coloro che decidono di rinnovare o di sottoscrivere un nuovo abbonamento
al Cineforum Alcione per la stagione 2014-15
i prezzi saranno ridotti sino al 30 GIUGNO.
Tessera
“Gentile spettatore, la direzione ricorda che è vietato riservare posti per persone non ancora entrate in sala e che
durante le proiezioni, nel rispetto degli altri, vanno spenti i telefoni cellulari e va mantenuto il massimo silenzio.”
BIANCA
Intera
82,00 E
RIDUZIONE*
76,00 E
RIDUZIONE GRUPPI*
68,00 E a tessera
VERDE o AZZURRA
76,00 E
68,00 E
61,00 E a tessera
ROSA
66,00 E
60,00 E
54,00 E a tessera
*per iscrizioni entro il 30/06/2014
o per anziani, giovani in età
compresa tra i 14 e i 25 anni e CRAL
convenzionati dal 01/09/2014
*per l’acquisto di n. 5 tessere dello
stesso tipo contemporaneamente
entro il 30/06/2014
Speciale ANZIANI
se acquistate 2 tessere ROSA contemporaneamente entro il 30/06/2014
le pagherete 54 E l’una.
Anche nella stagione 2014/2015
i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni accompagnati (*),
potranno iscriversi al Cineforum od acquistare il singolo biglietto.
(*l’accesso in sala sarà consentito solo se accompagnati da un adulto. L’acquisto della tessera dovrà essere contestuale
e dello stesso tipo di quella dell’accompagnatore pagante.)
I FILM SARANNO 26, DA OTTOBRE A MAGGIO.
ORARI PROIEZIONI: (*orari pomeridiani)
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì ore 16.00* – 18.30* – 21.00
ore 15.30* – 17.45* – 20.30
ore 16.00* – 18.30* – 21.00
ore 16.30* – 19.00* – 21.30
LE TESSERE:
BIANCA valida per tutte le proiezioni
VERDE valida per il serale del lunedì e del martedì e per tutti gli orari pomeridiani
AZZURRA valida per il serale del mercoledì e del giovedì e per tutti gli orari pomeridiani
ROSA Valida per tutti gli spettacoli pomeridiani
Lunedì 31 marzo Martedì 1 aprile Mercoledì 2 aprile Giovedì 3 aprile 21
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 15.30 - 17.45 - 20.30
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 16.30 - 19.00 - 21.30
Anita B.
Regia: Roberto Faenza
Con: Eline Powell, Robert Sheehan, Andrea Osvart, Antonio Cupo, Nico Mirallegro.
Durata: 1h 28’ - Italia, Ungheria, USA 2014 - Drammatico
Si dice che la memoria sia ciò che di più grande ci portiamo dentro.
Le situazioni trascorse formano negli anni la nostra personalità, ci spingono ad avere
atteggiamenti e opinioni in base proprio a quel che ne è stato di noi in passato. Non bisogna
cancellare i ricordi, le azioni, e neanche le esperienze che ci recano molta sofferenza perché
è proprio da quelle che troviamo la forza di reagire e la determinazione del non farle più
accadere. L’esistenza di ognuno di noi è caratterizzata da bei momenti e periodi bui ma
un modo per andare avanti, se si ha la volontà, lo si trova comunque. Questa è la storia di
“Anita B.”, ma potrebbe essere anche quella di tutti noi.
La protagonista del nuovo film di Roberto Faenza, è una giovane ragazza scampata allo
sterminio dei campi di concentramento, dove ha visto morire i suoi genitori. Nella speranza
di un futuro sereno, va a vivere con i suoi zii a Praga, dove inizia una storia d’amore e dolore
con Eli, il fratello dello zio. La lieve ostilità della sua nuova famiglia e la consapevolezza
della superficialità del suo rapporto con Eli, fanno fare nuovamente le valigie ad Anita, che
parte alla volta della Terra Promessa con un bambino in grembo e un futuro incerto ma
piacevolmente accolto.
Il regista torinese si muove abilmente anche in un tema così difficile, che aveva già trattato
con maestria anche in “Jona che visse nella balena” e in “Prendimi l’anima”. In Anita B. però
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Viale Venezia 123 - 37131 Verona
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI: Sino al 15 maggio in orario di spettacolo dal 19 maggio al 30 giugno dal lunedì al venerdì dalle ore 17 alle ore
19 oppure in orario di spettacolo. Dal 1 settembre ad inizio proiezioni dal lunedì al venerdì dalle ore 17 alle ore 19 oppure in orario di spettacolo.
Cinema Teatro Alcione - via Verdi, 20 - 37131 Verona - tel.045/8400848 - www.teatrostabileverona.it
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il fulcro è proprio quello della memoria, del ricordo vivo che non può essere cancellato ma che anzi va condiviso
specialmente con le nuove generazione affinché non sia dimenticato. La tenacia della stessa protagonista nel rifarsi
una vita convive con la consapevolezza di portare la traccia indelebile nel cuore. La giovane Eline Powell regala
un’interpretazione convincente di una ragazza innocente che altro non chiede se non tranquillità.
La regia grigia di Faenza racconta l’orrore della Shoah attraverso i suoi occhi, colorando il film di sentimenti ed
emozioni provate da Anita. Tutto è studiato a tavolino: Faenza fa attenzione anche ai costumi e alle musiche che
travolgono lo spettatore nella drammaticità dell’evento cui sta assistendo. Ispirato al romanzo “Quanta stella c’è
nel cielo” di Edith Bruck, il film arriva puntuale nell’anniversario del giorno della memoria: un incentivo per
conoscere la storia, per vivere momenti del passato che fa parte della memoria collettiva, la cui empatia non si
trova nei libri di storia ma solo nei racconti di vita vera.
Lunedì 7 aprile
Martedì 8 aprile Mercoledì 9 aprile Giovedì 10 aprile
22
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 15.30 - 17.45 - 20.30
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 16.30 - 19.00 - 21.30
I segreti di
Osage County
(August: Osage County)
Regia: John Wells [I].
Con: Meryl Streep, Julia Roberts, Ewan McGregor, Chris Cooper, Abigail Breslin.
Durata: : 1h59’ - USA 2013 - Drammatico
In una casa nelle campagne dell’Oklahoma l’anziano poeta Beverly descrive alla neoassunta
Johnna la situazione familiare: lui è un forte bevitore ma questo suo vizio è tollerato dalla
moglie Violet che fa un uso smodato di pillole. Un evento inatteso farà sì che Violet,
ammalata di cancro alla lingua, debba rincontrare tutte insieme le proprie figlie con i loro
compagni. Non sarà una pacifica riunione di famiglia.
Non è un caso se due dei più interessanti film recenti di William Friedkin (Bug - La paranoia
è contagiosa e Killer Joe) avevano alla base una sceneggiatura scritta da Tracy Letts il quale
in questo caso trasferisce sullo schermo una propria opera teatrale. Il rischio era quello,
rispetto alle sceneggiature citate, di fare del teatro al cinema con tutte le trappole da evitare.
È stato lo stesso scrittore a dichiarare: “So che c’è un’altra dimensione nel film che non
poteva esserci nel testo teatrale ed è Osage County. Vorrei portare il regista e la produzione
a casa mia e mostrare loro il paesaggio che ha un valore profondo per me come persona
che non ha solo scritto un testo ma ha scritto una sceneggiatura che è in qualche misura
autobiografica. Il paesaggio stesso diviene un personaggio”.
Il desiderio è stato soddisfatto perché tutti gli esterni sono stati girati in Oklahoma, che con
la sua calura e i suoi ampi spazi deserti permea questo dramma familiare in cui l’aridità dei
comportamenti umani tenta costantemente di prendere il sopravvento. I segreti di Osage
County ruota attorno al complesso personaggio di Violet che solo un’attrice come Meryl
Streep poteva accettare di interpretare sullo schermo. Violet ha una personalità magmatica
che è arduo tentare di definire. Da vittima può trasformarsi in carnefice con un battito di
ciglia, da donna tenera e arguta può divenire la più verbalmente violenta commensale ad
un pranzo di famiglia. A farle, anche suo malgrado, da specchio è la figlia Barbara, una
Julia Roberts tesa come una corda di violino sul punto di spezzarsi.
I colpi di scena non mancano e continueranno a proporsi fin quasi alla fine del film ma non
c’è nulla di teatrale (nell’accezione negativa del termine) in essi. C’è la minuziosa ma mai
didascalica descrizione di persone a cui il destino o le scelte di vita hanno conferito il ruolo
di parenti.
Quei Parenti serpenti che Monicelli aveva saputo magistralmente descrivere in una delle
sue commedie più nere e che qui si confrontano e si scontrano nella calura agostana del
sud degli Stati Uniti.
Lunedì 14 aprile
Martedì 15 aprile Mercoledì 16 aprile Giovedì 17 aprile
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 15.30 - 18.00* - 20.30
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 16.30 - 19.00 - 21.30
*Attenzione variazione di orario
23
12 Anni Schiavo
(12 Years a Slave)
Regia: Steve McQueen.
Con: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch,
Paul Dano, Paul Giamatti.
Durata: : 2h 14’ - USA 2013 - Biografico
Stati Uniti, 1841. Solomon Northup è un musicista nero e un uomo libero nello stato di
New York. Ingannato da chi credeva amico, viene drogato e venduto come schiavo
a un ricco proprietario del Sud agrario e schiavista. Strappato alla sua vita, alla moglie
e ai suoi bambini, Solomon infila un incubo lungo dodici anni provando sulla propria
pelle la crudeltà degli uomini e la tragedia della sua gente. A colpi di frusta e di padroni
vigliaccamente deboli o dannatamente degeneri, Solomon avanzerà nel cuore oscuro della
storia americana provando a restare vivo e a riprendersi il suo nome. In suo soccorso arriva
Bass, abolizionista canadese, che metterà fine al suo incubo. Per il suo popolo ci vorranno ancora quattro anni, una
guerra civile e il proclama di emancipazione di un presidente illuminato. Da più di un anno il cinema americano
prova a fare (veramente) i conti con la mostruosità della schiavitù, peccato originale della nazione che fa il paio col
genocidio indiano. Lincoln, Django Unchained e 12 anni schiavo sono opere diverse e discordanti, la cui prossimità
sortisce letture maggiori ed è qualcosa di più di una coincidenza. Il soggetto, affrontato, aggredito, sfidato e
condiviso, sottolinea la delicatezza di una vicenda storica lontana dall’essere assorbita nel Paese di Barack Obama.
Se nel film di Steven Spielberg la figura e la condizione dello schiavo è nascosta tra discorsi, proroghe e mediazioni,
in quelli di Quentin Tarantino e di Steve McQueen è un visione eversiva che sfida l’impero o lo subisce per dodici
anni. Distinti nelle maniere, Django è loquace e carnevalesco, Solomon è greve e silente, l’uno abbraccia l’eroismo
sonante, l’altro in sordina, uno castiga, l’altro attende, i protagonisti di Jamie Foxx e Chiwetel Ejiofor condividono
nondimeno un’espressione decisiva e ambigua, un’eccezionalità. Django e Solomon sono nigger speciali, schiavi
fuori dal comune che finiscono proprio per questa ragione per sfuggire al destino del loro popolo. Se Tarantino
riscrive il passato e libera l’invenzione concretizzando un sogno che intercetta gli avvenimenti storici attraverso il
piacere soggettivo, McQueen decide per la denuncia attraverso una rappresentazione esplicita, esibita, oscena, che
mira evidentemente a risvegliare la coscienza intorpidita dello spettatore.
Adattamento del romanzo omonimo e biografico di Solomon Northup, di cui il regista britannico contempla i
dodici anni del titolo e affida alle didascalie conclusive la battaglia legale sostenuta e persa dall’autore contro
gli uomini che lo hanno rapito e venduto, 12 anni schiavo corrisponde perfettamente l’ossessione di McQueen:
lo svilimento progressivo del corpo sottomesso alla violenza del mondo. Dentro un affresco romanzesco e un
infernale meccanismo kafkiano, un uomo dispera di ritrovare la propria libertà, rassegnandosi giorno dopo giorno
alla schiavitù, sopportando torture fisiche e psicologiche sulla carne e nell’anima, che il padrone di turno vuole
annullare. Come in Hunger e poi in Shame, che descrivono l’oppressione e l’isolamento, l’universo carcerario
il primo, la dipendenza sessuale il secondo, in 12 anni schiavo la messa in scena si rivela virtuosa e discutibile,
ostinata ad avanzare, a vedere e a sentire tutto. Indifferente al fuori campo e alla rinuncia ma fedele ai suoi ‘motivi’
(supplizio, assoggettamento, alienazione, agonia), McQueen ci (ri)propone percosse, fustigazioni, violazioni,
torture che trovano in un piano sequenza infinito un compiacimento sadico ed estremo, appendendo il protagonista
ad una corda e lasciandolo in equilibrio sulla punta dei piedi, disperatamente puntati per evitare il soffocamento.
E nella ‘durata’ il regista ottiene il malessere dello spettatore a cui sbatte letteralmente in faccia la responsabilità
di questa Storia. Senza cedere alla pietas e preferendo l’intimidazione. Il sovraccarico drammatico, l’addizione di
orrori, la pesantezza dei corpi martirizzati dalla violenza e dai frequenti colpi di scena, che si appagano soltanto
nei (malickiani) piani notturni e nelle stasi irreali della Louisiana, finiscono per essere l’argomento privilegiato
della sua requisitoria e per trascurarne la dimensione sostanziale. Radicata nel fervore positivista, che forniva
spiegazioni scientifiche allo schiavismo e produceva una classificazione barbara degli esseri umani, la schiavitù
aveva un carattere istituzionale e rispondeva a bisogni economici precisi. Disporre di altri uomini per arricchirsi o
per soddisfare perversioni e pulsioni era la deplorevole conseguenza.