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MinutiScientifica 181
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Farmacogenetica: come utilizzare il DNA
per ottimizzare la terapia farmacologica
DAVID E. LANFEAR, HOWARD L. MCLEOD, Henry Ford Hospital, Detroit
La farmacogenetica è un campo di ricerca in espansione che si interessa delle interazioni tra genetica e terapia farmacologica. Rapporti tra variazioni genetiche ed effetti dei farmaci vengono descritti per un numero sempre maggiore di farmaci frequentemente utilizzati. Studi di convalida dovrebbero presto definire le possibilità di applicazione della farmacogenetica a livello di pratica clinica, con l’obiettivo finale di un’applicazione di routine di queste
metodiche. Sono attualmente disponibili solo alcuni test diagnostici basati sulla farmacogenetica. Mancano, inoltre, linee-guida per terapie adattate alla farmacogenetica. Nel corso dei prossimi anni dovrebbero diventare disponibili delle linee-guida riguardanti la definizione del “dosaggio farmacogenetico” di alcuni farmaci frequentemente utilizzati, come warfarin, codeina e beta-agonisti somministrati per via inalatoria.
U
no dei principali motivi per cui la farmacologia può essere considerata un’arte, perlomeno tanto quanto una scienza, risiede
nella straordinaria variabilità della risposta dei pazienti ai farmaci. È evidente che diversi fattori nongenetici (es. età, funzione di organi, interazioni tra
farmaci) influenzano gli effetti dei farmaci. La
variabilità genetica sembra tuttavia responsabile
di una percentuale pari al 95% della variabilità del
metabolismo e degli effetti dei farmaci.1 Esistono
numerosi esempi di differenze interindividuali
di risposta ai farmaci causate da alcune frequenti
variazioni genetiche (dette polimorfismi) riguardanti geni che codificano enzimi che metabolizzano i farmaci, molecole di trasporto dei farmaci,
o bersagli degli effetti dei farmaci.2-4
L’analisi dei determinanti genetici di risposta ai
farmaci può essere utilizzata per definire dei fattori predittivi della risposta al trattamento farmacologico. Questi fattori presentano il vantaggio di
rimanere stabili per tutta la durata della vita del
paziente; ciò li rende interessanti dal punto di vista dell’impostazione di strategie razionali di prescrizione dei farmaci. La frequente presenza di
diversi farmaci che possono essere utilizzati nel
trattamento di una determinata condizione patologica, associata alla difficoltà di definire una
singola strategia terapeutica che possa essere definita con certezza migliore rispetto alle altre, rende
queste nuove possibilità di definizione razionale
del trattamento particolarmente interessanti.5
Differenze trasmesse per via ereditaria degli effetti
dei farmaci vennero descritte per la prima volta negli anni ‘50 del secolo scorso.6,7 Queste osservazioni
fecero nascere un nuovo campo di ricerca, riguardante le interazioni tra terapia farmacologica e variazioni genetiche (farmacogenetica). Dal momento
che la maggior parte degli effetti farmacologici ap-
pare determinata dall’interazione di prodotti genetici multipli, che possono intervenire lungo l’intera via metabolica del farmaco, il campo di interesse della farmacogenetica si è oggi esteso fino a
comprendere tutti gli aspetti riguardanti la farmacocinetica (cioè l’assorbimento, la distribuzione e
l’escrezione),8 i bersagli dell’azione dei farmaci, così
come gli effetti di mediatori localizzati ancora più
“a valle”. La farmacogenetica suscita oggi l’interesse di un ampio spettro di centri di ricerca accademici ed industriali, e l’evoluzione delle conoscenze in questo campo ha portato alla creazione
del termine “farmacogenomica”. Tale definizione
si applica quando per identificare variazioni genetiche che governano la risposta ai farmaci vengono
utilizzati approcci che riguardano l’intero genoma,
e non solo 1-2 geni di interesse.
Variazioni di interesse della sequenza genetica possono manifestarsi in molte forme: le più comuni
sono i polimorfismi di un singolo nucleotide; il
numero di questi polimorfismi, per l’intero genoma umano, è potenzialmente pari a 15 milioni. I polimorfismi di un singolo nucleotide sono
attribuibili ad una modificazione di una coppia di
basi nella sequenza del DNA. In base al tipo ed alla
localizzazione della modificazione nucleotidica tale
differenza può determinare o meno una modificazione della funzione o della quantità della proteina codificata da quella porzione del genoma.
I recenti avanzamenti delle tecnologie e delle conoscenze riguardanti il genoma hanno consentito
di espandere e di affinare le nostre conoscenze sulla
farmacogenetica. Sono stati ad esempio identificati i geni umani coinvolti in molti tratti farmacogenetici, ed i polimorfismi descritti a livello di
questi geni sono attualmente in stadi diversi lungo
il processo di diventare mezzi di diagnosi molecolare (Tabella 1).9-16
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Tabella 1. Esempi di tratti farmacogenetici
con possibili conseguenze cliniche
Gene
Farmaco(i)
Tiopurina
metiltransferasi (TPMT)*
Mercaptopurina o
azatioprina
CYP2D6*
Codeina
Vitamina
K epossidoreduttasi
(VKORC1)*
CYP2C9*
Warfarin
Warfarin
Conseguenze di un
genotipo variante
Necessari dosaggi
più bassi; aumento
del rischio di tossicità
midollare9,10
Mancata risposta o
sovradosaggio tossico,
in base all’allele11,12
Necessari dosaggi
più elevati13
Necessari dosaggi
più bassi; aumento
del rischio di livelli
sopraterapeutici di
Rapporto Internazionale Normalizzato
(INR)14
Non risponde alla
stimolazione cronica, potenzialmente
dannoso15,16
Recettore
Beta-agoadrenerginisti
co beta2
(ADRB2)§
CYP = citocromo P
*
Analisi del genotipo attualmente disponibile
§
Analisi del genotipo presumibilmente disponibile nel
prossimo futuro
Informazioni tratte dalle referenze bibliografiche da 9 a 16
Attualmente le possibilità di applicazione clinica
sono in larga misura limitate a farmaci con indici
terapeutici ristretti (es. farmaci anticancro, alcuni
antidepressivi, il warfarin). La scoperta di nuove
relazioni farmacogenetiche amplierà presumibilmente il range dei farmaci interessati.
Metabolismo dei farmaci
Quasi tutti i membri delle oltre 30 famiglie di enzimi che governano il metabolismo dei farmaci
sono polimorfi; molte delle varianti genetiche si
traducono in modificazioni funzionali delle proteine codificate.3 Uno dei migliori esempi di farmacogenetica applicata alla pratica clinica riguarda
l’enzima tiopurina metiltransferasi (TPMT).9,10,17
TPMT è responsabile della degradazione dell’azatioprina e della mercaptopurina, farmaci comunemente utilizzati nel trattamento delle leucemie
acute, di patologie infiammatorie intestinali, dell’artrite reumatoide, nonché per inibire le risposte
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immunitarie in pazienti sottoposti a trapianti. Il
medico di base prescrive raramente questi farmaci,
ma ha frequentemente a che fare con pazienti che
li assumono.6
I pazienti con deficit completo ereditario di TPMT
(cioè con due alleli non-funzionali) sono esposti ad
un rischio elevato (pari quasi al 100%) di sviluppare una grave e potenzialmente letale tossicità
ematologica all’azatioprina ed alla mercaptopurina,9,10,18,19 mentre i pazienti eterozigoti sono esposti ad un rischio intermedio (35%).10 L’analisi del
genotipo TPMT fa parte dei metodi di diagnosi
molecolare disponibili presso laboratori di riferimento. Sulla base dell’analisi del genotipo TPMT
sono state messe a punto delle linee-guida riguardanti i dosaggi dei farmaci in questione.10
CYP2D6 è probabilmente l’enzima di metabolizzazione dei farmaci caratterizzato da polimorfismo
maggiormente studiato nell’uomo.6 Più di 30 farmaci, comprendenti analgesici, antidepressivi ed
antiemetici, rappresentano dei substrati per questo enzima. Il polimorfismo genetico di CYP2D6
può determinare un’accentuazione o una diminuzione degli effetti dei farmaci in questione, in dipendenza dal fatto se il farmaco viene inattivato
(es. nortriptilina, fluoxetina, inibitori della 5-idrossitriptamina) o attivato (es. codeina) dall’enzima.20
Circa il 10% dei pazienti, ad esempio, non ottiene
alcun sollievo dal dolore in seguito alla somministrazione di codeina a causa dell’assenza dell’enzima CYP2D6 funzionante; in questo caso l’enzima è responsabile della sintesi del farmaco attivo
a partire dal profarmaco.11,12,20,21 Osservazioni di
questo tipo consentono di ipotizzare una prescrizione razionale dei farmaci basata sull’analisi del
genotipo del paziente: la somministrazione di un
farmaco, ad esempio, sarebbe sconsigliabile in pazienti che in conseguenza del polimorfismo di determinati geni lo metabolizzano poco oppure troppo
rapidamente.
Per la determinazione del genotipo di CYP2D6 è
disponibile in commercio un test (Amplichip) che
ha ricevuto l’autorizzazione della Food and Drug
Administration degli Stati Uniti. In quel paese il
test è già disponibile presso alcuni laboratori. Benché non siano state ancora pubblicate delle linee-guida specifiche al riguardo, i costi per l’esecuzione del test vengono rimborsati dal sistema
di assicurazione sanitaria pubblica Medicare, che
lo fa rientrare nella categoria dei test diagnostici
basati sull’analisi del DNA. Le compagnie private
di assicurazione sanitaria hanno invece assunto posizioni diverse: alcune autorizzano infatti il rimborso caso per caso, mentre altre in nessun caso
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autorizzano il rimborso.22,23
Mancano, peraltro, delle linee-guida diffusamente
accettate riguardanti la definizione del dosaggio
di un determinato farmaco in base ai risultati dell’analisi del genotipo, o più in generale la stessa
analisi del genotipo.
Polimorfismo genetico dei bersagli
dei farmaci
Anche il polimorfismo genetico dei bersagli dei
farmaci (ad esempio dei recettori) può influire in
maniera significativa sull’efficacia della terapia farmacologica.2,4,24 Un esempio di questo genere, che
si sta avvicinando all’ambito di utilizzazione clinica, riguarda il gene dei recettori adrenergici beta2
(ADRB2, o beta2-adrenoreceptor gene). ADRB2 interagisce con le catecolamine e con diversi altri farmaci, compresi i beta-agonisti somministrati per
via inalatoria. Per quanto riguarda ADRB2 sono
stati identificati numerosi polimorfismi di un singolo nucleotide, associati ad alterazioni del “traffico metabolico” e ad una regolazione verso il basso
del recettore.25-28
Studi clinici hanno dimostrato l’esistenza di effetti
diversi della terapia con beta-agonisti in conseguenza del polimorfismo 46 G>A (46 indica la localizzazione della variazione a livello del gene, mentre G>A indica i due nucleotidi presenti alternativamente a livello di quel sito).
In un paziente con genotipo 46 AA la somministrazione cronica per via inalatoria di farmaci betastimolanti determina una diminuzione progressiva del picco di flusso espiratorio determinato al
mattino; questi effetti non vengono invece descritti
in pazienti con genotipo 46 GG. 29 Nell’ambito
di un successivo studio randomizzato è stato confermato che le modificazioni del picco di flusso
espiratorio, in seguito a somministrazione cronica
di beta-agonisti per via inalatoria, dipendono dal
genotipo del paziente. Gli autori hanno concluso
che in pazienti con genotipo 46 AA potrebbe essere appropriata la decisione di non somministrare
albuterolo.15
Queste osservazioni suggeriscono che il genotipo
46 AA di ADRB2 possa identificare i pazienti a rischio di effetti deleteri o non benefici derivanti da
una terapia con beta-agonisti per via inalatoria. È
probabile che in un prossimo futuro saranno disponibili delle linee-guida riguardanti specificamente questo aspetto. Ulteriori studi clinici sono
necessari per definire delle strategie razionali riguardanti i pazienti eterozigoti a livello del locus
(ad esempio i pazienti con genotipo GA).
Valutazione complessiva
L’esempio del warfarin illustra la necessità, quando
si procede alla prescrizione, di valutare l’intera via
metabolica del farmaco, e di integrare nell’analisi
fattori genetici e non-genetici. Numerosi fattori
clinici e demografici, come età, genere, interazioni
farmacologiche e dieta influenzano il dosaggio del
warfarin.30 Esistono inoltre chiare evidenze che anche variazioni genetiche possano contribuire alla
variabilità interindividuale nel dosaggio del warfarin. CYP2C9 è il principale enzima di metabolizzazione dei farmaci in grado di inattivare il warfarin; il bersaglio primario dell’enzima è costituito
dal complesso epossido riduttasi - vitamina K
(VKORC1, vitamin K epoxide reductase complex).
CYP2C9 è stato associato allo sviluppo di tossicità
in seguito alla somministrazione di warfarin, nonché a modificazioni del dosaggio del farmaco necessari per ottenere l’effetto terapeutico. Ciò avviene anche se per il warfarin esiste la possibilità
di aggiustare il dosaggio in base ad un chiaro end
point (cioè lo International Normalized Ratio, INR
[Rapporto Internazionale Normalizzato, RIN]).
Rispetto a pazienti con genotipo wild type, pazienti
con genotipo CYP2C9 necessitano una variante di
95 giorni (valore mediano) in più per la definizione
di un dosaggio stabile del farmaco.31 Questi pazienti presentano anche un rischio più elevato di
complicanze emorragiche acute.30-32 Pazienti con le
due varianti alleliche più comuni necessitano di
dosaggi di mantenimento del 15-30% più bassi
per ottenere il valore di INR desiderato.14,30,32
Quando viene aggiunta ai fattori clinici che possono influenzare il dosaggio del warfarin, l’analisi del genotipo CYP2C9 migliora in maniera
significativa la capacità di stimare il dosaggio di
mantenimento del farmaco.33 È stato recentemente
dimostrato che VKORC1 rappresenta il bersaglio
terapeutico del warfarin.13 In uno studio successivo
la presenza di polimorfismi a livello di VKORC1è
stata associata a significative differenze nei dosaggi
di warfarin (6,2 mg versus 3,5 mg; P<0,001).34 L’importanza rivestita dalle varianti genetiche di VKORC1,
anche dopo aver preso in considerazione l’influenza
esercitata dal polimorfismo di CYP2C9, è stata recentemente confermata da un altro studio, condotto su di un numero più elevato di pazienti.32
Una valutazione complessiva di tutti questi fattori
dovrebbe consentire di definire un metodo clinicamente utile per migliorare la terapia con warfarin. Le variabili cliniche e demografiche sarebbero responsabili all’incirca del 20% della variabilità interindividuale del dosaggio del warfarin,
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Dep. presso il Min. Sal. in data 16/12/2004
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mentre il genotipo CYP2C9 sarebbe responsabile del 15-20% della variabilità,13,30,34,35 ed il genotipo VKORC1 di un altro 14%.14 In altre parole,
una valutazione complessiva di questi tre fattori
consentirebbe, ancor prima di iniziare la somministrazione del farmaco, di prevedere il 50-60%
della variabilità totale del dosaggio del warfarin.
È evidente l’utilità clinica di questo tipo di approccio. Diversi autori hanno già proposto delle formule per determinare il dosaggio iniziale del warfarin in base all’analisi del genotipo CYP2C9.36,37
Sono in corso studi di confronto tra terapie in cui
il dosaggio iniziale di warfarin viene determinato
sulla base dell’analisi del genotipo, rispetto a terapie in cui il dosaggio viene definito utilizzando criteri standard. Questi studi dovrebbero chiarire in
maniera definitiva se l’utilizzazione di un metodo
farmacogenetico consente o meno di raggiungere
più rapidamente e con minore tossicità gli obiettivi di INR. Gli studi dovrebbero consentire anche di definire delle linee-guida riguardanti la scelta
dei dosaggi e gli esami da eseguire.
Limitazioni attuali e sfide future
I recenti avanzamenti tecnologici hanno contribuito a rendere l’analisi del genotipo sempre più
rapida ed economicamente sostenibile.24 Le sfide
maggiori, in futuro, non riguarderanno tanto la
tecnologia per l’analisi del genotipo quanto piuttosto l’individuazione, mediante studi dotati di
una potenza adeguata, di fenotipi di risposta clinica ai farmaci. Occorrerà inoltre incorporare la terapia guidata dall’analisi genetica nella pratica clinica di routine. Esistono infine fattori sociali (es.
accettazione da parte dei pazienti di sottoporsi agli
esami, problemi di privacy) che non sono stati ancora completamente esplorati. La sicurezza delle
informazioni raccolte sul paziente rappresenta già
ora un aspetto importante e delicato, che diventerà
ancora più significativo una volta che verranno raccolte anche informazioni di tipo genetico. Prima
che le terapie basate sull’analisi genetica possano
diventare più diffuse occorrerà migliorare l’educazione e l’informazione dei pazienti, allo scopo di
favorire l’accettazione dei test genetici. Nell’era
della postgenomica occorrerà prendere in considerazione anche altri aspetti, come ad esempio le politiche di rimborso degli esami da parte delle compagnie di assicurazione sanitaria, nonché i problemi
riguardanti le responsabilità civili e penali. Tutti
questi problemi dovranno essere affrontati prima
che l’idea di una pratica medica adattata alla genetica possa diventare una realtà.
Gli Autori
Il Dr. Lanfear è Assistant Professor of Medicine presso
la Wayne State University, di Detroit, Michigan
(Stati Uniti), e lavora presso lo Heart and Vascular
Institute dello Henry Ford Hospital. Il Dr. McLeod
è Fred N. Eshelman Distinguished Professor e Direttore
dello Chapel Hill Institute of Pharmacogenomics
and Individualized Therapy, presso la University of
North Carolina, Chapel Hill, North Carolina (Stati
Uniti).
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