n° 39 Gennaio Maggio 2014 - Teatro Stabile di Genova
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n° 39 Gennaio Maggio 2014 - Teatro Stabile di Genova
TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:30 Pagina 1 ANNO XV | N° 39 | GENNAIO/MAGGIO 2014 POSTE ITALIANE S.P.A. / SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE / -70% NO/GENOVA N.39 ANNO 2014 Il Tartufo Valerio Magrelli Tradurre Molière 2 Il Tartufo Marco Sciaccaluga Tournée 3 L’invenzione della solitudine Sueña Quijano 4 Sogno di una notte di mezza estate Le Baccanti 5 “Mises en espace” XIX edizione Hellzapoppin 6 Grandi Parole Quattro incontri con l’Iliade 7 Ospitalità Gli spettacoli in cartellone 8 CLASSICI D’OGGI VERSO UN TEATRO NAZIONALE Il Tartufo, classico di rara forza rivisitato con gli occhi di oggi e portato in scena da due grandi interpreti; il Sogno di Shakespeare e Le Baccanti di Euripide, due pietre miliari della cultura occidentale proposte dai nuovi talenti fra i giovani attori formati dal Teatro Stabile; uno degli attori più seguiti dal pubblico in questi anni, di fronte alla pagina di Paul Auster, maestro del romanzo americano; tre testi di teatro europeo contemporaneo a raccontare la passione e il disagio di essere giovani oggi; infine il XIX ciclo delle Grandi Parole dedicato al primo, ineguagliabile “romanzo” della letteratura, l’ Iliade di Omero. Mi fa sinceramente piacere che tutto questo sforzo produttivo del nostro Teatro Stabile (orgoglio spero non solo nostro ma della città tutta) si svolga, in poco più di tre mesi, proprio in questo momento della vita del Paese. Perché questo è, per il teatro italiano, un momento particolarmente importante: è il momento in cui, dopo più di sessant’anni dalla fondazione dei primi Teatri Stabili (e Genova fu il secondo dopo Milano) il ministro Bray, il direttore generale Salvo Nastasi e i funzionari del Mibac hanno deciso di tracciare nuove rotte su cui navigare, riformando il sistema dello spettacolo e ponendo al vertice della scena la categoria dei Teatri Nazionali, ai quali affidare, soprattutto nel campo della produzione di spettacoli e della formazione dei giovani, compiti ancora più importanti degli attuali. Bene, a questa nuova categoria di Teatri Nazionali il Teatro Stabile di Genova, per la sua storia passata e recente e per la qualità attuale del suo lavoro, appartiene di diritto e fra i primi. È convinzione di tutti, è convinzione anche nostra. Per questo i mesi teatrali che ci aspettano sono così importanti: e poiché in teatro lo spettacolo lo costruiscono non solo gli attori in scena ma anche gli spettatori seduti in sala, è al nostro pubblico che chiediamo di percorrere con noi, in modo partecipato e felice, quest’ultima tappa prima di diventare Teatro Nazionale. Carlo Repetti “Il Tartufo” di Pagni e Solenghi alla Corte 14 gennaio >2 febbraio Eros Pagni nel ruolo di Orgon e Tullio Solenghi in quello di Tartufo sono i protagonisti della commedia di Molière in scena alla Corte dal 14 gennaio al 2 febbraio. Scritta nel 1664, Le Tartuffe ou l’imposteur diventò subito bersaglio di una violenta campagna censoria da parte della congregazione dei “devoti”, perché, come scrisse Molière cinque anni dopo il divieto reale di rappresentare la sua Il “Sogno” nel bosco dell’amore al Duse Nato nella scorsa stagione in forma di “esercitazione” della Scuola di Recitazione dello Stabile, per la regia di Massimo Mesciulam, Sogno di una notte di mezza estate diventa ora uno spettacolo “finito” (in cartellone al Duse dal 12 al 23 marzo), che ben testimonia della serietà e della competenza con cui si lavora in questo genovese laboratorio per attori. Un classico di William Shakespeare messo in scena con la freschezza della gioventù e con piena adesione generazionale alle variazioni oniriche dell’amore. Uno spettacolo ricco di fantasia, pieno di “magia” e di gioia di fare teatro, per l’interpretazione di dieci giovani attori. C A R LO Q UA RT U CC I A L D U S E Sueña Quijano Da gennaio a maggio 2014 si svolgerà a Genova un articolato progetto dedicato al mito di Don Chisciotte da Cervantes a Borges. Ideato da Carlo Quartucci e Carla Tatò, in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova, il progetto Sueña Quijano - Un doppio sogno nella città ha come suo punto d’arrivo la rappresentazione sul palcoscenico del Duse di Cariatide canzone (15, 16 e 17 maggio). Lo spettacolo sarà preceduto da tre appuntamenti (vedi programma a pag. 4 e 5) organizzati con la collaborazione del Conservatorio, dell’Università e del Museo di Villa Croce. Drammaturgia contemporanea 12 >23 marzo alla Piccola Corte 13 >31 maggio Tre autori europei per la Rassegna delle “Mises en espace” Giunta alla XIX edizione, l’annuale Rassegna di drammaturgia contemporanea dello Stabile di Genova propone sul palcoscenico della Piccola Corte (dal 13 al 31 maggio) tre nuovi testi provenienti dalla Germania (Detto Gospodin), dalla Gran Bretagna (Vera, Vera, Vera) e dalla Polonia (Una coppia di poveri romeni che parlano polacco). Un trittico dedicato a una generazione sempre alla ricerca di se stessa, anche di un senso etico e sociale dell’esistenza. Un drammaturgo che sta salendo sulla cresta dell’onda (Löhle) e la prima esperienza teatrale di due autrici (Squires e Masłowska) che si sono fatte conoscere giovanissime. Tre modi freschi e sempre stimolanti di fare la conoscenza dei fermenti del nuovo teatro internazionale. commedia: «Gli ipocriti non hanno proprio voluto saperne del ridicolo e se ne sono subito irritati, trovando insopportabile che io avessi avuto l’ardire di prendere in giro i loro difetti». Irresistibile classico del repertorio comico di tutti i tempi, Il Tartufo viene ora messo in scena dal Teatro Stabile di Genova nella nuova traduzione di Valerio Magrelli e con la regia di Marco Sciaccaluga, per l’interpretazione della propria Compagnia stabile che comprende anche Marco Avogadro (un ufficiale di polizia), Massimo Cagnina (Madame Pernelle), Alberto Giusta (M. Loyal), Barbara Moselli (Dorine), Pier Luigi Pasino (Valère), Mariangeles Torres (Elmire), Antonio Zavatteri (Cléante), Gennaro Apicella (Damis), Elisabetta Mazzullo (Mariane) e Desirée Tesoro (Flipote). Scenografia e costumi di Catherine Rankl, musiche di Andrea Nicolini e luci di Sandro Sussi. “L’invenzione della solitudine” al Duse 5 > 9 febbraio Giuseppe Battiston, diretto da Giorgio Gallione del Teatro dell’Archivolto, con la coproduzione dello Stabile di Genova, è il protagonista di una storia dalle forti venature autobiografiche che lo statunitense Paul Auster ha reso universali nel romanzo in due parti L’invenzione della solitudine: la prima, Ritratto di un uomo invisibile, dedicata alla scoperta “post mortem” di un padre troppo a lungo sconosciuto; la seconda, Il libro della memoria, intesa a concentrare l’attenzione sulla sua identità di genitore dell’amatissimo Daniel. Raccolto sotto l’epigrafe «Un giorno c’è la vita... poi, d’improvviso, capita la morte», lo spettacolo (in scena al Duse dal 5 al 9 febbraio) si propone, in forma di monologo, come una sofferta e personalissima riflessione sulla difficoltà dei legami di sangue più diretti e sfocia verso la constatazione che è sempre il caso che governa, impercettibilmente, le nostre esistenze. Con le luci di Aldo Mantovani e le musiche di Stefano Bollani, le scene e i costumi sono firmati da Guido Fiorato. Da gennaio a febbraio quattro appuntamenti al Teatro della Corte Iliade, le Grandi Parole Dopo i due anni di Grandi Parole trascorsi in compagnia dei Dialoghi di Platone, con nove incontri caratterizzati da una numerosa e costante presenza di pubblico, il Teatro Stabile di Genova ha scelto di proseguire nell’indagine del mondo classico greco, proponendo la lettura in quattro appuntamenti di quello che può essere considerato il primo romanzo della letteratura occidentale: Iliade, poema in versi attribuito a Omero. S’inizia lunedì 20 gennaio (ore 20,30) con l’introduzione del traduttore Guido Paduano (leggono Omero Antonutti e Orietta Notari) per proseguire sabato 25 (ore 17) con Ernesto Franco (leggono Eros Pagni e Barbara Moselli), lunedì 27 con Nicla Vassallo (leggono Massimo Popolizio e Alice Arcuri), per finire sabato 1° febbraio (ore 17) con Maurizio Maggiani e la lettura di Tullio Solenghi e Massimo Mesciulam. L’ingresso è libero. TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:31 Pagina 2 2 I Il Tartufo ‘‘Castigat ridendo mores’’ Censure e applausi per Il Tartufo, ovvero la”dissimulazione onesta” di Molière alla Corte del Re Sole Tartuffe ou l’Imposteur di Molière è una satira sulla figura di un “falso devoto” che sollevò violentissime reazioni. Rappresentato per la prima volta a Versailles il 12 maggio 1664, poi, in una nuova veste a Palais-Royal il 5 agosto 1667, vide la luce nella versione definitiva il 5 febbraio 1669, sempre a Palais-Royal. Gli ambienti conservatori e religiosi della monarchia risposero alle prime due versioni dell’opera organizzando la “cabala dei devoti”, e ottenendo che ne fosse proibita ogni rappresentazione pubblica. Malgrado l’appoggio di Luigi XIV (che fu addirittura il padrino di un figlio del drammaturgo), Molière dovette attendere cinque anni perché, acquietate le acque con lo Stato Pontificio, la questione si risolvesse a suo favore. I motivi di tanto astio, bisogna ammetterlo, non mancavano. Ispirato a una lunga tradizione (dalla letteratura di impronta anticlericale del Medioevo, all’Ipocrito dell’Aretino, su su fino a Les Hypocrites di Scarron), Tartufo, l’anti-eroe, rappresenta infatti l’emblema del baciapile bugiardo, che sotto l’apparenza della devozione conquista l’amicizia di un ingenuo per spogliarlo dei beni e tradirlo con la moglie. Castigat ridendo mores, sosteneva l’autore, e insomma ecco la storia di un sepolcro imbiancato, oggi forse passibile di una qualche sanzione per il reato di “circonvenzione di incapace”. Questo però non riguarda che un primo livello di lettura. Tartufo è anche e soprattutto il frutto avvelenato di una pianta velenosa nata vent’anni prima. Altrimenti detto, oggi risulta impossibile cogliere le sue implicazioni politiche, teologiche, sociali, senza tenere presente le urticanti Lettere provinciali. Pubblicandole sotto pseudonimo tra il 1656 e il 1657, il grande filosofo e matematico Blaise Pascal intendeva difendere i giansenisti dai virulenti attacchi dei loro nemici giurati: i gesuiti. Il risultato fu un testo talmente intelligente e esilarante, talmente spietato e accorato, da garantire, almeno per qualche tempo, la sopravvivenza del movimento eterodosso, guidato dagli autorevoli solitaires. Alla lunga, però, l’insuperata spregiudicatezza dei “soldati di Dio” finì per avere la meglio. Machiavellici al punto di perdonare ai fedeli qualsiasi peccato pur di ingrossare il gregge della Chiesa, gli appartenenti all’ordine fondato da Ignazio di Loyola non potevano certo tollerare una fede pura, interiorizzata, personale e lontana dal mondo come quella dei rivali. Così, nel 1710 il re finì per cedere, e rase al suolo il caposaldo giansenista, ovverosia il convento di Port-Royal. E Molière? Lo scrittore non si professava affatto giansenista (dal nome del fondatore olandese, Giansenio), anzi, secondo alcuni non sarebbe stato neanche credente, bensì decisamente libertino. Ciò significa che la sua propensione andava piuttosto alla libertà di pensiero e di costumi, alla tolleranza religiosa, chissà, magari anche all’ateismo... Il suo cuore batteva per Epicuro e gli stoici, tanto che si diceva avesse steso in gioventù una traduzione di Lucrezio, autore maledetto per eccellenza. Per molto meno si finiva al rogo, dopo adeguate sevizie beninteso, e tale prospettiva non doveva attrarre molto il nostro drammaturgo. Perciò, come Cartesio e il suo allievo Gassendi (insegnante a sua volta di Molière), egli imboccò la strada della cosiddetta “dissimulazione onesta”, pensò di mascherarsi, quasi appropriandosi del motto scelto appunto dall’autore del Discorso sul metodo: larvatus prodeo (“avanzo mascherato”). Mascherato sì, ma non completamente. La sua penna doveva raccontare, e lo fece con una vertiginosa trilogia che metteva alla berlina le figure centrali del panorama ideologico francese: Tartufo, 1664 (il gesuita), Don Giovanni, 1665 (il libertino), Il misantropo, 1666 (il giansenista). Sulla base di tali premesse, la nostra opera acquista un senso assai più ricco, come dimostra la genesi del testo. Se in origine essa contava tre atti, probabilmente culminanti nel trionfo del perverso protagonista, la versione del 1669, l’ultima e l’unica che si conosca per via diretta, termina con la sconfitta del malvagio grazie al benigno intervento del sovrano – cioè, si suppone, Re Sole. Accontentiamoci dunque del lavoro che ebbe la meglio sulla congiura censoria. Di certo nasce da un Molière forzatamente larvatus, ma acre, comico e nero come non mai. Valerio Magrelli Tradurre Molière Premessa: sono felice di redigere questa nota, perché ritengo che, in un futuro prossimo, ogni traduzione degna di questo nome dovrà contenerne una. Si è mai visto un elettrodomestico privo delle sue “istruzioni per l’uso”? Ciò detto, passo a qualche considerazione sul presente lavoro di travaso linguistico. Affrontando un testo in alessandrini (versi francesi di dodici sillabe) a rime baciate, ho subito rinunciato a ogni tentativo di rendere la rima, scegliendo viceversa di attenermi all’omogeneità del metro. In breve, ho optato per il doppio settenario, parola che in italiano, a differenza del francese, non indica affatto un verso di sette sillabe, bensì un verso in cui l’ultimo accento cada sulla sesta. Però non divaghiamo, / non facciamolo più, / non perdiamoci in favole: ecco qua tre perfetti settenari, perfetti malgrado contino rispettivamente sette, sei e otto sillabe. Tenevo a che questo punto fosse chiaro, perché ho dedicato diversi anni di insegnamento universitario alla traduzione metrica, un esercizio che, malgrado l’apparenza, può risultare davvero appassionante. Ad ogni modo, non starò certo a dire di come ho intrecciato il tessuto versificatorio del Tartufo, tra passaggi immediati e cristallini, e zone, anche se rare, complesse, all’apparenza intraducibili. Aggiungo soltanto qualcosa sull’incertezza cronica che caratterizza questa professione. In un recente saggio, Franco Nasi ha parlato della Malinconia del traduttore. A me piacerebbe discutere piuttosto della sua “titubanza”. Quanta fatica prima di rassegnarmi a sciogliere certi nodi residui, troncando il pullulare di tante potenziali alternative! E quante volte ho tolto e ripreso la medesima formula, alla ricerca di quella parola magica che uno scrittore francese, Pascal Quignard, ha inseguito con tale tenacia da scoprirne la sorgente, localizzandola Sulla punta della lingua... Ma basta. Più interessante parlare invece della fase finale. Infatti, per una radicata convinzione, ho sempre terminato il mio compito ricorrendo a un serrato confronto con chi mi aveva preceduto sul medesimo terreno testuale. Ho infiniti difetti, ma non quello di essere il tipo di “traduttore bassamente geloso” di cui parla Beaumarchais nella prefazione alle Nozze di Figaro. Ritengo cioè necessario, se non indispensabile, sfruttare le indicazioni lasciate da chi ha già compiuto il tragitto che noi, ultimi arrivati, abbiamo appena concluso. Insomma, a versione conclusa, trascorro molto tempo a confrontare le mie soluzioni testuali con quelle proposte dalle traduzioni preesistenti. In questo caso, limitando le indagini bibliografiche (i Tartufi italiani sono innumerevoli, naturalmente nei due sensi del termine), ho voluto ripercorrere almeno le interpretazioni avanzate da Sandro Bajini (Garzanti 1984) e da Flavia Mariotti (Bompiani 2013), autori, neanche a dirlo, di due eccellenti versioni in doppi settenari non rimati. Ebbene, in più di un caso, ho dovuto arrendermi all’evidenza, e di fronte a una proposta migliore della mia, mi sono deciso semplicemente ad adottarla tout court. Pertanto colgo adesso l’occasione per ringraziare le due preziose guide e augurare al pubblico un buon ascolto. v.m. in alto, Eros Pagni e Antonio Zavatteri (foto Gianni Ansaldi) al centro, Tullio Solenghi e Mariangeles Torres (foto Giuseppe Maritati) in basso, Pier Luigi Pasino, Barbara Moselli, Elisabetta Mazzullo (foto Giuseppe Maritati) A pagina 1 foto di Gianni Ansaldi In occasione della messa in scena di Il Tartufo, mercoledì 22 gennaio, alle ore 17.30, lo Stabile ha organizzato nel foyer della Corte, nell’ambito del ciclo “Conversazioni con i protagonisti” un incontro con il regista e gli interpreti dello spettacolo. Conduce Umberto Basevi, dell’Associazione per il Teatro Stabile di Genova L’INGRESSO È LIBERO. Genova 1947 una storia di doni www.pestogenovese.com gennaio I maggio 2014 via Assarotti Cesarea Galata - via - via www.palatifini.it TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:33 Pagina 3 Il Tartufo I 3 Il regista Marco Sciaccaluga parla dello spettacolo in scena al Teatro della Corte sino al 2 febbraio L’impostore devoto Il Tartufo Molière e la paura del Giudizio di PERSONAGGI E INTERPRETI Il paradosso di Tartufo Prima ancora che Tartufo entri in scena, anche lo spettatore non ha alcun dubbio: la ragione sta tutta dalla parte di coloro che lo giudicano un impostore e un ipocrita. Lo spettatore sa chi è obnubilato (Orgon e sua madre) e chi invece vede (tutti gli altri). Molière non mette lo spettatore davanti a un caso morale e alla responsabilità di decidere chi ha torto e chi ha ragione. La verità sta con evidenza tutta da una parte, ma l’arte di Molière ci costringe a ridere del fatto che non basta vedere per non essere ciechi, costruendo il ridicolo proprio sullo scarto tra il pensiero e l’azione, che è presente anche nel “raisonneur” Cléante, al quale Molière affida evidentemente qualcosa di autobiografico. Suspense e stupidità Il Tartufo è una commedia strutturata a “suspense”: il pubblico, come quasi tutti i personaggi, sa chi è l’assassino; ma, attraverso il comico, siamo tutti costretti a vivere nell’angoscia perché proprio colui che ha il potere in quella casa non se ne accorge, portando così la famiglia alla rovina. Nel Tartufo, il problema non è quello di distinguere il bene dal male, il vero dal falso; ma solo di sapere come andranno le cose, dopo che Orgon ha scelto di guarire dai suoi sensi di colpa, portandosi a casa un pericoloso avventuriero. Non c’è dialettica interna in questa commedia: c’è solo ciò che vi accade, la determinazione con cui Molière porta una situazione sino alle estreme conseguenze. Ma è proprio questo che insieme ci fa ridere e ci fa paura. Non c’è alcuna catarsi razionale in Orgon. Anche in Il Tartufo (come in L’avaro o in Il malato immaginario), a Molière riesce l’impresa di rendere comica e interessante la stupidità umana. Comicità e tragedia Quando Elmire smaschera finalmente l’impostore, con l’atto “criminale” di mettergli una microspia (il marito) sotto il tavolo, è però ormai troppo tardi. Tartufo ha conquistato il potere, ha messo le Madame Pernelle, madre di Orgon Orgon Elmire, moglie di Orgon Damis, figlio di Orgon Mariane, figlia di Orgon Valère, innamorato di Mariane Cléante, cognato di Orgon Tartufo Dorine, dama di compagnia di Mariane Monsieur Loyal Un ufficiale di polizia Flipote, domestica di Madame Pernelle produzione regia scena e costumi musiche luci versione italiana Massimo Cagnina Eros Pagni Mariangeles Torres Gennaro Apicella Elisabetta Mazzullo Pier Luigi Pasino Antonio Zavatteri Tullio Solenghi Barbara Moselli Alberto Giusta Marco Avogadro Desirée Tesoro Teatro Stabile di Genova Marco Sciaccaluga Catherine Rankl Andrea Nicolini Sandro Sussi Valerio Magrelli Teatro della Corte 14 gennaio > 2 febbraio sostenitore mani sui soldi e possiede anche una micidiale arma del ricatto (la cassetta con i documenti politicamente compromettenti). La tragedia sembra essere alle porte. Il male ha trionfato a causa della dabbenaggine di alcuni e dell’incapacità di agire degli altri. Ma, ciò nonostante, Il Tartufo resta sino in fondo una commedia, scritta e rappresentata soprattutto per far ridere. Da qui la difficoltà di fondo della sua messa in scena. Avevano ragione i Gesuiti nel dire che Tartufo è un personaggio inverosimile, perché gli ipocriti sono ben altro, più furbi e più mascherati; ma il fatto è che – come ha scritto Auerbach – al centro della commedia non sta tanto la paura che può suscitare Tartufo, quanto lo sgomento per il fatto che Orgon si sia potuto innamorare così perdutamente di un personaggio simile. Tartufo e Orgon Tartufo è un avventuriero, che si serve della religione nello stesso modo in cui oggi si può fare della politica o della finanza. È un uomo primordiale, cui interessano solo il denaro, il mangiare e il sesso. Un miserabile che ha la fortuna di incontrare un povero pazzo, travolto dai sensi di colpa e dai complessi di inferiorità davanti a una società che sta cambiando. Tartufo diventa così l’angelo sterminatore di Orgon, colui che può salvarlo dall’ossessione incombente del Giudizio Universale e ridargli il potere perduto, anche in famiglia. Il ruolo della donna La profonda modificazione della società, che tanto fa paura a Orgon, passa anche qui, come in tutto il teatro di Molière, attraverso la capacità della donna di incarnare il in alto, scena d’insieme in basso, Barbara Moselli, Elisabetta Mazzullo, Mariangeles Torres, Massimo Cagnina, Desirée Tesoro, Gennaro Apicella, Antonio Zavatteri (foto Giuseppe Maritati) nuovo attraverso la saggezza, la malizia e la furbizia. Molière ammira e adora i suoi personaggi femminili: dalla fragile Mariane alla sfacciata Dorine dall’impeto prefemminista, passando per la concreta saggezza di Elmire. Solo Madame Pernelle è donna che appartiene al passato. D’altra parte, sul piano narrativo nella commedia tutto ruota intorno a un matrimonio che non si ha da fare e alla rivoluzionaria idea che una giovane donna possa e debba scoprire il proprio destino amoroso anche contro la volontà paterna. Tutto è bene quel che finisce bene Accade che quando Elmire si decide a passare all’azione sia però ormai troppo tardi. Allora ci vuole un deus ex machina. L’happy end diventa così il grande sogno di salvezza; la dichiarazione (non importa se illusoria) che la vita sulla terra può essere bella. Il lieto fine nell’arte è sempre un sogno di catarsi al bene. In una commedia, poi, è anche un dovere: Il Tartufo, come del resto ogni commedia, deve finire bene, altrimenti sarebbe un inganno drammaturgico. Molière lo sa benissimo e per questo con quel suo “sorprendente” finale ci invita, con esito tanto clamoroso, a passare dall’etica dell’ideologia all’etica dell’estetica. Insomma, per dirla con Dostoevskij, «è la bellezza che salverà il mondo». sostenitore partner della stagione Il Teatro Stabile in tournée Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée nel 2014 con la ripresa di I ragazzi irresistibili interpretato da Eros Pagni e Tullio Solenghi e con La bisbetica domata nella messa in scena di Andrej Konchalovskij, mentre nel mese di giugno sarà a Milano con tre spettacoli già sperimentati nell’annuale Rassegna di drammaturgia contemporanea. Il primo spettacolo a partire è La bisbetica domata che sarà a Prato (Teatro Metastasio) 23 > 26 gennaio; Napoli (Teatro Mercadante) 29 gennaio > 9 febbraio; Roma (Teatro Argentina) 11 febbraio > 2 marzo. Mentre quasi contemporaneamente I ragazzi irresistibili di Neil Simon saranno a Verona (Teatro Nuovo) 4 > 9 febbraio; Bergamo (Teatro Donizetti) 11 > 16 febbraio; Prato (Teatro Metastasio) 18 > 23 febbraio; Napoli (Teatro Mercadante) 26 febbraio > 9 marzo; Bolzano (Teatro Comunale) 13 > 16 marzo; Merano (Teatro Puccini) 17 > 18 marzo, Cesena (Teatro Bonci) 20 > 23 marzo, Firenze (Teatro della Pergola) 25 > 30 marzo; Bologna (Arena del Sole) 1 > 6 aprile. Nel giugno 2014, infine, il Teatro dell’Elfo di Milano ospiterà al Puccini, dal 3 al 7, Fratelli di sangue del norvegese Axel Hellstenius; dal 10 al 14, Sempre insieme della romena Anca Visdei; e, dal 17 al 21, La lotta nella stalla dell’uruguayano Mauricio Rosencof, permettendo così di far conoscere anche fuori Genova il lavoro che da vent’anni lo Stabile svolge per valorizzare la drammaturgia contemporanea internazionale. a cura di a.v. gennaio I maggio 2014 TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:33 Pagina 4 4I PADRI E FIGLI ALLO SPECCHIO Giorgio G allione parla dell ’Invenzione della solitudine tratto dal romanzo di Paul Auster, con Giuseppe Battiston protagonista Un testo narrativo contemporaneo che diventa teatro, per raccontare del legame, profondo e inafferrabile, che unisce padre e figlio. È L’invenzione della solitudine di Paul Auster, lo spettacolo co-prodotto da Teatro Stabile di Genova e Teatro dell’Archivolto, con la regia di Giorgio Gallione e l’interpretazione di Giuseppe Battiston, che sarà in scena al Duse dal 5 al 9 febbraio. Per Gallione si tratta di un’altra prova di trasposizione teatrale di un testo narrativo, quale è appunto L’invenzione della solitudine, il romanzo di Auster, marcatamente autobiografico, diviso in due parti – Ritratto di un uomo invisibile e Il libro della memoria – nelle quali l’autore indaga prima sulla sua identità di figlio che, attraverso oggetti e documenti, scopre fatti e aspetti sconosciuti della vita e della personalità del padre morto improvvisamente, e poi su quella di padre a sua volta, e di scrittore. «Il mio primo adattamento teatrale di questo testo risale al 20072008» racconta Gallione. «Lo avevo proposto fin dall’inizio regista – che nel testo suoni quel tipo di parola e di linguaggio. Non si tratta di un linguaggio alto ma di un linguaggio pensato». L’interprete dello spettacolo, invece, è solo uno: io narrante, figlio e padre nello stesso tempo. «La prima parte de L’invenzione della solitudine è già potenzialmente teatrale, perché c’è un io narrante che si rivolge direttamente al lettore» osserva Gallione. «Nello spettacolo c’è un urlo, ma a bassa voce, una commozione intima, ma non è un monologo: è un dialogo con un interlocutore muto, a Giuseppe Battiston, perché è un attore che stimavo e stimo molto e perché mi è sempre piaciuto portare gli attori in territori a loro non familiari. Ho aspettato, quindi, Giuseppe finché non è stato libero e, nel frattempo, ho fatto decantare la lettura de L’invenzione della solitudine che mi aveva portato a quel primo adattamento teatrale e ho approfondito tutta l’opera di Auster, fino ai testi che ha scritto negli ultimi anni. Auster – spiega – dissemina in più opere molti riferimenti alla sua vita e al tema del rapporto padre-figlio, rivelando di volta in volta particolari diversi. Si può dire, quindi, che anche noi, per questo spettacolo, abbiamo usufruito di quella “musica del caso” che, secondo Auster, dirige gli eventi. Il copione definitivo dello spettacolo è L’invenzione della solitudine ma è anche l’insieme di 6-7 libri dello stesso autore, e ci sono pure riferimenti alla sua poesia e alle sue esperienze cinematografiche». Il tutto, però, con una fedeltà assoluta al testo: «Per me è fondamentale – sottolinea il perché c’è sempre piena coscienza della presenza del pubblico». E il testo è «l’interrogarsi su un’assenza, tentare di afferrare – spiega il regista – ciò che ha sempre voluto essere inafferrabile, il rapporto e la distanza fra due persone: prima il figlio abbandonato dal padre e poi il padre che sta abbandonando il figlio amatissimo. Ho evidenziato la struttura schizofrenica del racconto, con il ribaltamento di situazioni e di punti di vista. E Giuseppe riesce a essere concreto e poetico insieme, in lui – sottolinea – ci sono L’invenzione della solitudine di Paul Auster produzione regia scene e costumi musiche luci Teatro dell’Archivolto Teatro Stabile di Genova Giorgio Gallione Guido Fiorato Stefano Bollani Aldo Mantovani con Giuseppe Battiston Teatro Duse 5 > 9 febbraio forma e concretezza nello stesso tempo». A fare da sfondo alla vicenda interiore, la scenografia è costituita da «un mare di cappotti che “galleggiano” sul palcoscenico, mentre il protagonista cammina sui suoi ricordi e tutto – racconta il regista – è riflesso da uno specchio, con un gioco di doppi, sdoppiamenti e prolungamenti: il figlio che è “prolungamento” del padre e che, in quanto padre, è a sua volta “prolungamento” del figlio». Nonostante le inquietudini e le angosce che lo attraversano, però, lo spettacolo non chiude alla speranza: «Quando il protagonista si sveglia – racconta Gallione – dopo un sogno-incubo nel quale ha sognato di morire, il filo malefico che fa sì che un padre generi un figlio incapace di essere padre si è interrotto, perché suo figlio è salvo e, quindi, lui ha spezzato il maleficio, quell’incubo senza fine». Ma la speranza e la salvezza passano, in questo caso, anche attraverso lo scrivere e il fare teatro, perché «la scrittura e il raccontare possono essere terapeutici e salvare». Annamaria Coluccia Paul Auster, un autore postmoderno Scrittore, saggista, poeta, sceneggiatore, regista, attore e produttore cinematografico, lo statunitense Paul Benjamin Auster nasce a Newark il 3 febbraio 1947, da una famiglia benestante di ebrei di origine polacca. Dopo l’ultimo anno di liceo, che coincide con la separazione dei suoi genitori, trascorre un lungo periodo in Europa (Parigi, Italia, Spagna, Irlanda). Tornato in America, frequenta la Columbia University, dove si laurea nel 1970. Nel 1974 si sposa con la ex compagna di Università Lydia Davis e si stabilisce a New York, dove collabora con diversi giornali e riviste, e inizia a pubblicare racconti e poesie. Dopo la nascita del figlio Daniel nel 1977 si trasferisce con la famiglia in campagna. L’anno seguente avvengono gli episodi che stanno al centro di L’invenzione della solitudine (scritto nel 1982): la morte del padre e il divorzio dalla moglie. Il successo arriva finalmente nel 1987 con la pubblicazione del romanzo Trilogia di New York – composto da Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa – e da allora a oggi la sua produzione letteraria non ha più sosta: da Nel paese delle ultime cose (1987) a La musica del caso (1990), da Leviatano (1992) a Il libro delle illusioni (2002), da Uomo nel buio (2008) a Sunset Park (2010). Il suo ultimo romanzo Diario d’inverno è stato pubblicato nel 2013. Contemporaneamente, Auster pubblica raccolte di poesia e numerosi saggi; scrive sceneggiature di film che egli stesso dirige insieme con Wayne Wang (Smoke e Blue in the Face) o da solo (Lulu on the Bridge e La vita interiore di Martin Frost). Protagonista della letteratura americana contemporanea, Auster viene sovente inserito dalla critica nel panorama del postmodernismo, ma le sue opere migliori trascendono per originalità e personalità di scrittura ogni facile incasellamento, sfociando sovente nell’impegno civile e politico di chi s'interroga sul futuro del proprio Paese. CARLO QUARTUCCI E CARLA TATÒ: SUEÑA QUIJANO, UN DOPPIO SOGNO NELLA CITTÀ Il progetto in tre Atti, un Prologo e un Epilogo – articolato in laboratori al Conservatorio “Paganini”, all’Università e a Villa Croce – si conclude al Duse con improvvisazioni sceniche, video e con lo spettacolo “Cariatide canzone” Da gennaio a maggio 2014 si svolgerà a Genova un articolato progetto dedicato al mito di Don Chisciotte da Cervantes a Borges. Ideato da Carlo Quartucci e Carla Tatò, in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova, il progetto Sueña Quijano - Un doppio sogno nella città ha come suo punto d’arrivo la rappresentazione di uno spettacolo sul palcoscenico del Duse, il quale sarà però preceduto da tre altri appuntamenti organizzati con la collaborazione del Conservatorio, dell’Università e diVilla Croce. Il programma del “work in progress” Sueña Quijano è a ingresso libero e così articolato: 2) Conservatorio Niccolò Paganini MARTEDÌ 4 FEBBRAIO DALLE ORE 14 La drammaturgia delle arti: pagine di musica, pagine di teatro. Laboratorio Paesaggio drammaturgico con violoncello. Performance con Carla Tatò (La Cantora), Giovanna Famulari (il Violoncello); regia: Carlo Quartucci; assistente alla regia: Gianmarco Mecozzi. 1) Foyer della Corte LUNEDÌ 3 FEBBRAIO ORE 16 Presentazione del progetto Sueña Quijano tra scena e conferenza stampa, tra parola e immagine scenica. gennaio I maggio 2014 3) Università degli Studi di Genova Via Balbi 5, Aula M Insegnamento di Storia del Teatro e dello spettacolo (prof. Livia Cavaglieri) MERCOLEDÌ 26 MARZO ORE 15-17: La docenza del personaggio laboratorio verso Blow Up Pentesilea: Carlo Quartucci Macbeth/docente e Carla Tatò Pentesilea /docente, con gli studenti dell’Università. GIOVEDÌ 27 MARZO ORE 15-17: Carla Tatò e Carlo Quartucci come “I Macbeth Docenti” Alla performance sono invitati a partecipare i docenti e gli studenti dell’Università di Genova, dell’Accademia di Belle Arti, del Conservatorio Niccolò Paganini. (segue a pagina 5) TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:34 Pagina 5 I5 Due spettacoli classici interpretati dai giovani attori della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato” Il gioco dell’amore Le Baccanti di Euripide nel bosco di Shakespeare Esercitazione al Duse INGRESSO LIBERO Un sogno che appartiene a tutti, con l’eterno gioco dell’amore e delle coppie, portato sulla scena con la forza drammatica dell’arte di Shakespeare e l’energia di un gruppo di giovani attori. È Sogno di una notte di mezza estate, la commedia di William Shakespeare prodotta dal Teatro Stabile di Genova, con la regia di Massimo Mesciulam, che sarà in scena al Duse dal 12 al 23 marzo. Dopo il successo ottenuto nella scorsa stagione, quando fu rappresentata in forma di Esercitazione, sempre con la regia di Mesciulam e con l’interpretazione degli allievi trasmettere anche agli attori questa volontà di non farsi “ricattare” dal teatro. Sfuggire alle convenzioni non vuol dire fare qualcosa di nuovo, ma cercare di capire che tipo di esperienza si vive, che emozioni prova, lì, quel personaggio». «È importante – spiega ancora il regista – prendere alla lettera i sentimenti dei personaggi, per renderli concreti e perché, se si guardano non dal nostro punto di vista, ma dal loro, ci si rende conto che anche in questa commedia ci sono sentimenti molto densi, profondi». E la prova, nella quale il regista ha Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare produzione regia luci Teatro Stabile di Genova Massimo Mesciulam Sandro Sussi con Gennaro Apicella, Valentina Badaracco, Silvia Biancalana, Daniela Camera, Andrea Cioffi, Nicolò Giacalone, Filippo Giusti, Elisabetta Mazzullo, Alessio Praticò, Valerio Puppo Teatro Duse 12 > 23 marzo dell’ultimo anno della Scuola di recitazione dello Stabile, questa messa in scena del Sogno shakespeariano è diventata adesso un vero e proprio spettacolo in cartellone, con gli stessi attori e lo stesso regista dell’Esercitazione. E con la stessa volontà di prendere sul serio questa commedia di cinque secoli fa, per sentirla anche nostra, e degli uomini e delle donne di tutti i tempi. «Ho cercato di guardare questo testo classico con occhio innocente, senza farmi “ricattare” dalla sua reputazione» racconta Massimo Mesciulam: «È quello che faccio sempre quando mi trovo davanti a testi che hanno, appunto, una reputazione, e cerco di coinvolto i giovani attori, è riuscita, a giudicare dai giudizi con i quali l’Esercitazione era stata accolta dalla critica. «È una gioia vedere Shakespeare rappresentato con freschezza, senza grandi impianti scenici ma con straordinaria efficacia (...). Ci troviamo davanti a una recitazione matura, impegnata, divertita, senza cadute di tono. Mesciulam ha una grande passione per il nudo teatro, per il dialogo che l’interprete conduce col pubblico complice, ma mai chiamato in causa direttamente (...). Shakespeare fa il resto, mescolando romanzo, foresta, fate bizzarre, amori divini e principeschi» (“Mentelocale”). «Mai Scritta nel 408-406 a.C. e rappresentata postuma, Le Baccanti è la grande tragedia della debolezza umana, soprattutto quando si trova alle prese con una divinità crudele e misteriosa. Deciso a imporre a Tebe il proprio culto orgiastico, il dio Dioniso si presenta in città con il seguito delle sue Baccanti. Come primo passo, conquista il vecchio re Cadmo; poi, fa sua seguace la regina madre Agave e, infine, sconfigge il giovane sovrano Penteo che invano cerca di resistergli. Considerata da Goethe la più bella delle tragedie di Euripide, Le Baccanti racconta una storia terribile, che affonda le proprie radici nell’essenza stessa della natura umana. Una storia attraversata dall’orrore (la madre che uccide e sbrana la prole), ma anche dalla pietà (il pianto di Agave alla scoperta di essere lei la causa della morte del figlio Penteo). Una tragedia insieme religiosa e umanissima, con la quale, guidati dal loro insegnante Massimo Mesciulam, si cimentano ora i giovani attori che frequentano il Master della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova, proponendo a tutti gli spettatori, e in particolare agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, la possibilità di venire a contatto con una delle opere più significative di tutta la cultura occidentale, qui proposta nella versione italiana che Edoardo Sanguineti approntò per la regia di Luigi Squarzina. sopra, Filippo Giusti, Elisabetta Mazzullo, Alessio Praticò, Nicolò Giacalone in basso, Daniela Camera e Valerio Puppo come a questa prima con gli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova prossimi al diploma, si è respirato un clima così europeo per la spontaneità nel fruire il teatro (...). La formula vincente? È quella del rigore classico che diventa un’arma anche per il comico» (“Il Secolo XIX”). «Poco meno di due ore, dense di ritmo, di colore, per un allestimento di Sogno di una notte di mezza estate reso completamente» (“la Repubblica”). Nel portare sulla scena questa favola, dove magia e realtà si mescolano, divertono e danno spazio alla fantasia e ai sentimenti, Mesciulam si è concesso, però, la libertà di aggiungere ai personaggi shakespeariani anche un “suo” personaggio, «il sognatore, un uomo anziano che, all’inizio dello spettacolo, è in una sorta di luna park dove a un certo punto si addormenta e sogna le persone che ha visto nella realtà in situazioni che non sono più quelle reali. Proprio come succede nei sogni...». Sempre reali sono, invece, i sentimenti e i corpi dei personaggi, che gli attori fanno vivere e muovere sulla scena. «Spingo gli attori a prendere molto sul serio i sentimenti e le situazioni che vivono i personaggi» spiega il regista. «Mi interessa riuscire a comunicare una pienezza, far sì che gli esseri umani protagonisti di questa commedia siano capiti». E ancora: «Quello rappresentato in Sogno di una notte di mezza estate è un mondo dove i corpi non sono costretti dalle convenzioni borghesi ma dove il corpo palpita, si agita, batte la testa per terra». E fa emozionare e vivere anche il pubblico. a.c. Versione italiana: Edoardo Sanguineti Regia: Massimo Mesciulam Con: Gli allievi del Master della Scuola di Recitazione dello Stabile Mariangela Melato al DUSE lunedì 28 aprile > domenica 4 maggio Rappresentazioni di mattina (ore 11) per le Scuole di ogni ordine e grado su richiesta e previ accordi con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico. Rappresentazioni serali ore 20,30, domenica ore 16. Primo maggio riposo. SUEÑA QUIJANO continua da pagina 4 4) Museo d’arte contemporanea Villa Croce VENERDÌ 11 APRILE ORE 10-18 Esposizione scenica: Pezzi&Figure&Opere Scene di Conversazione, P.L.A.T.E.A. di Giulio Paolini, Immagini/Pezzi da Verso Temiscira, Sueña Quijano a “Quijote” nel libro d’artista di Mimmo Paladino. ORE 18 Performance tra Pezzi&Figure con Carla Tatò (la Cantora) e Giovanna Famulari (il Violoncello); Orchestrazione scenica: Carlo Quartucci, assistente: Gianmarco Mecozzi. 5) Teatro Duse DA GIOVEDÌ 15 A SABATO 17 MAGGIO ORE 6 AL PORTO ANTICO: Alba. Improvvisazioni sceniche, video, fotografiche con la Classe di Arti Sceniche Contemporanee: Fuvio Barigelli, Alex Bracci, Giordano Gianfaglione, Monica Maffei, Elisa Strabioli, Simona Verrusio. ORE 10-18 A TEATRO: Vai e vieni in continuum drammaturgico Proiezioni, video, installazioni con la Classe di Arti Sceniche Contemporanee, i docenti e gli studenti dell’Università di Genova, dell’Accademia di Belle Arti, del Conservatorio Niccolò Paganini e con il pubblico dello Stabile di Genova testimone dal vivo del viaggio di Sueña Quijano. ORE 20.30 SUL PALCOSCENICO: Cariatide Canzone Testi di Kounellis, Beckett, Paolini, Borges, Fuchs, Buren, Christiansen, Paladino, Conte, Cotrone, Pirandello, Buonaccorsi, Brecht, Gazzano, Euripide, Sanguineti, Botta, Collo, Strangis, Shakespeare, Tamerlano, Müller, Kleist, Pentesilea e altri. Con Carla Tatò, Giovanna Famulari (il Violoncello) e la Classe di Arti Sceniche Contemporanee; assistente: Gianmarco Mecozzi; regia: Carlo Quartucci. gennaio I maggio 2014 TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:34 Pagina 6 6I XIX Rassegna di drammaturgia contemporanea sul palcoscenico della Piccola Corte dal 13 al 31 maggio “HELLZAPOPPIN” LA PASSIONE E LA FATICA DI ESSERE GIOVANI FOYER DELLA CORTE // PROGRAMMA GENNAIO > APRILE // INGRESSO LIBERO Prodotta dallo Stabile di Genova, la Rassegna di Drammaturgia Contemporanea giunge quest’anno alla XIX edizione e ribadisce il tradizionale interesse dello Stabile per i nuovi autori del teatro internazionale. Ideata nel 1996 da Carlo Repetti, la Rassegna ha già sperimentati sessanta nuovi testi, numerosi dei quali sono poi diventati dei veri e propri spettacoli di produzione. Realizzata anche con la collaborazione degli istituti di cultura stranieri operanti in Liguria, la Rassegna propone quest’anno sul palcoscenico della Piccola Corte tre nuovi testi provenienti dalla Germania, dalla Gran Bretagna e dalla Polonia. Ciascuno spettacolo sarà rappresentato a Genova per cinque sere consecutive, da martedì a sabato (ore 20.30). GERMANIA GRAN BRETAGNA POLONIA MERCOLEDÌ 22 GENNAIO – ORE 17.30 conversazione con Eros Pagni e Tullio Solenghi a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) MERCOLEDÌ 29 GENNAIO – ORE 17.30 conversazione con Adriana Asti a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) GIOVEDÌ 30 GENNAIO – ORE 17.30 Quanto è difficile essere uomini di pace Lettura da L’umiltà del male di Franco Cassano introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”) MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO – ORE 17.30 conversazione con Pierfrancesco Favino e Ugo Dighero a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO, ORE 17.30 conversazione con Stefano Accorsi e Marco Baliani (COOP) conduce Laura Guglielmi GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO, ORE 17.30 Eros e cambiamento Alla scoperta di se stessi, psicologia e mistica Lettura da Simposio di Platone introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”) PICCOLA CORTE PICCOLA CORTE PICCOLA CORTE da martedì 13 a sabato 17 maggio (ore 20.30) da martedì 20 a sabato 24 maggio (ore 20.30) da martedì 27 a sabato 31 maggio (ore 20.30) Detto Gospodin Vera Vera Vera Una coppia di poveri romeni che parlano polacco (Genannt Gospodin) (Vera, Vera, Vera) di Philipp Löhle di Hayley Squires (Dwoje biednych Rumunów mówiących po polsku) versione italiana di Umberto Gandini regia di Mario Jorio con gli allievi del Master della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova “Mariangela Melato” versione italiana di Giuliana Manganelli regia di Tommaso Benvenuti con gli allievi del Master della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova “Mariangela Melato” di Dorota Masłowska versione italiana di Marco Valenti regia di Marco Taddei con gli allievi del Master della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova “Mariangela Melato” L’odissea di un uomo che ha dichiarato guerra al sistema di vita nella società capitalista. Ha scelto di vivere solo con un lama, ma se lo vede sequestrare da Greenpeace. La moglie l’abbandona. Gli amici e i parenti lo sfruttano, approfittando del suo disinteresse ai soldi e alle cose. Prima di essere ucciso, un amico pusher gli affida una borsa piena di banconote, intorno alla quale si aggirano amici e parenti. Gospodin cerca di farsi rapinare, ma inutilmente. Alla fine, la polizia lo arresta e finalmente in carcere ritrova la sua serenità. Una vicenda surreale e grottesca raccontata in modo fresco e con deciso piglio anticapitalista. Ritratto curioso di una generazione che affronta il futuro senza aspettative. Philipp Löhle (Ravensburg, 1978) è uno degli autori di punta della nuova drammaturgia tedesca e, scritto nel 2007, Genannt Gospodin è il testo che lo ha imposto all’attenzione del pubblico e della critica per il suo stile agile ed efficace, caratterizzato da scene brevi e sincopate, con bruschi passaggi dal dialogo alla narrazione. Il titolo è l’iterazione del nome di battesimo di Vera Lynn (1917-1996): la più celebre cantante inglese nel corso della seconda guerra mondiale, le cui liriche aprono le cinque scene di cui il testo si compone. Sullo sfondo della vicenda c’è il funerale di un ragazzo inglese morto nella guerra in Afghanistan. Lo piangono la sorella Emily, il fratello Danny e il suo migliore amico Lee. Tra Danny e Lee c’è un rapporto conflittuale alimentato anche dal fatto che Lee è da alcuni mesi il segreto amante di Emily. La morte di quel soldato in Afghanistan è motivo di lutto anche per la cugina Charlie e per Sammy, il quale è però distratto soprattutto dalla sfida da lui lanciata a un coetaneo, reo a suo dire di un insulto sportivo. Hayley Squires (1989) è una giovane attrice inglese della quale Vera, Vera, Vera segna l’esordio come drammaturga. Rappresentato per la prima volta al Royal Court di Londra nel 2012, il testo traccia, con linguaggio sciolto e vivace, il ritratto di una generazione alla disperata ricerca di se stessa. Sulle strade della Polonia post-comunista, s’incontrano un attore che recita una piccola parte in un serial televisivo e una ragazza madre senza lavoro. Insieme viaggiano facendo l’autostop. Presentandosi come “poveri romeni che parlano polacco”, impongono la loro presenza a un automobilista padre di famiglia che vede in loro soprattutto due potenziali delinquenti; entrano in un bar che assomiglia molto a un bordello; hanno un incidente a bordo dell’auto condotta da una ricca borghese che annega nell’alcool il male di vivere; incontrano un vecchio clochard teledipendente. Quello di questi due giovani è un viaggio senza speranza, sospeso tra realismo e incubo esistenziale: inesorabilmente votato alla tragedia. Dorota Masłowska (1983) aveva 19 anni quando, nel 2002, scrisse questa commedia nella quale riprende alcuni temi del romanzo, edito anche in Italia con il titolo di Prendi tutto, che si era imposto all’attenzione del pubblico e della critica internazionale, per la sua capacità di riflettere sullo stato della nuova generazione polacca. gennaio I maggio 2014 VENERDÌ 14 FEBBRAIO, ORE 17 Donne in cammino Letture da Nettare in un setaccio di Kamala Markandaya (Associazione “L’incantevole aprile”) GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO, ORE 17.30 I pensieri delle parole intervengono Maddalena Crippa, Ivano Fossati e Marino Bartoletti MERCOLEDÌ 26 FEBBRAIO, ORE 17.30 I pensieri delle parole intervengono Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, Lucia Annunziata e Antonio Ferrari GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO, ORE 17.30 Empatia, neuroscienze e futuro Lettura da La civiltà dell’empatia di Jeremy Rifkin introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”) MERCOLEDÌ 5 MARZO, ORE 17.30 conversazione con Gabriele Lavia a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) GIOVEDÌ 6 MARZO, ORE 17 Dino Campana e i Canti orfici: un centenario Conferenza di Andrea Aveto (Fondazione M. Novaro) MERCOLEDÌ 12 MARZO, ORE 17.30 conversazione con Toni Servillo a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) GIOVEDÌ 13 MARZO, ORE 17 Dino Campana e i Canti orfici: un centenario Faust era giovane e bello Conferenza di Isabella Tedesco Vergano (Fondazione M. Novaro) MERCOLEDÌ 19 MARZO, ORE 17.30 conversazione con Luca Lazzareschi e Gaia Aprea a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) GIOVEDÌ 20 MARZO, ORE 17 Dino Campana e i Canti orfici: un centenario Campana e la Liguria Conferenza di Francesco De Nicola (Fondazione M. Novaro) GIOVEDÌ 27 MARZO, ORE 17 Dino Campana e i Canti orfici: un centenario Tempesta emotiva, conferenza di Maria Teresa Morasso e Marco Ercolani (Fondazione M. Novaro) MERCOLEDÌ 2 APRILE, ORE 17.30 conversazione con Sebastiano Lo Monaco a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova) MERCOLEDÌ 9 APRILE, ORE 17.30 I pensieri delle parole intervengono Giulio Scarpati e Don Ciotti VENERDÌ 11 APRILE, ORE 17 Donne in cammino Letture da Strappami la vita di Angeles Mastretta (Ass. “L’incantevole aprile”) TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:35 Pagina 7 I7 Le Grandi Parole alla Corte quattro appuntamenti per leggere e raccontare l’Iliade di Omero Per la diciannovesima edizione del ciclo dedicato alle Grandi Parole dell’Umanità, il Teatro Stabile di Genova propone quattro appuntamenti con la grande epica classica, cui darà voce ogni volta (due lunedì sera e due sabato pomeriggio: dal 20 gennaio al 1° febbraio) una coppia di attori del teatro italiano, i quali – alternandosi al leggio – faranno rivivere in ordine cronologico, attraverso un’ampia scelta antologica tra i versi dei ventiquattro libri che compongono l’Iliade, tutta la vicenda raccontata nel corso di quelle poche settimane dell’ultimo anno della guerra di Troia che si aprono con l’ira di Achille e si concludono con il funerale di Ettore. L’ Iliade è un romanzo insieme storico (l’impresa panellenica sulle coste della Troade intesa come guerra di conquista coloniale) e mitico (il rapimento di Elena da parte di Paride assunto come causa del conflitto e la personale partecipazione degli dèi a favore di uno o dell’altro contendente), ma è anche un romanzo attraversato dalle grandi passioni e dai grandi sentimenti umani: dall’ira di Achille all’amore coniugale e paterno di Ettore, dai forti legami di amicizia (quella tra Achille e Patroclo, soprattutto) all’arroganza del potere di Agamennone o all’astuzia di Ulisse, dalla realistica rappresentazione dei duelli tra eroi al lutto per i morti, con infine la supplica di Priamo per poter dare gli onori funebri a Ettore, il suo figlio prediletto. Quattro incontri concentrati sul palcoscenico nella seconda metà di gennaio e affidati alla conduzione di altrettanti esponenti di primo piano della cultura italiana: il grecista Guido Paduano, autore della traduzione edita da Einaudi-Gallimard, alla modernità della quale si è scelto di fare riferimento per le letture; il responsabile editoriale dell’Einaudi, Ernesto Franco, che è anche scrittore e competente conferenziere; la filosofa Nicla Vassallo dal recente esordio nel campo della poesia; e il romanziere Maurizio Maggiani, che dell’ Iliade è da sempre un attento estimatore. Al Teatro della Corte l’ingresso è libero sino a esaurimento dei posti. A richiesta, saranno rilasciati attestati di frequenza agli insegnanti e agli studenti. Si ringraziano per la collaborazione e Canta l’ira di Achille LUNEDÌ 20 GENNAIO, ORE 20.30 Uomini e dèi: l’ira di Achille LIBRI: I - II conduce Guido Paduano leggono Omero Antonutti e Orietta Notari SABATO 25 GENNAIO, ORE 17 Uomini e dèi: duelli, amori e sfide LIBRI: III - IV - V - VI - VIII - XIV - XV conduce Ernesto Franco leggono Eros Pagni e Barbara Moselli LUNEDÌ 27 GENNAIO, ORE 20.30 Patroclo e Achille: amicizia e morte LIBRI: XVI - XVII - XVIII conduce Nicla Vassallo leggono Massimo Popolizio e Alice Arcuri SABATO 1 FEBBRAIO, ORE 17 Achille e Ettore: la supplica di Priamo LIBRI: XIX - XX - XXI - XXII - XXIV conduce Maurizio Maggiani leggono Tullio Solenghi e Massimo Mesciulam Guido Paduano nato a Venezia nel 1944, è professore ordinario di Filologia Classica presso l’Università di Pisa. I suoi maggiori interessi di ricerca sono l’epica, il teatro antico, la teoria della letteratura, la drammaturgia musicale dell’Ottocento. Ha tradotto molti dei maggiori classici dell’antichità, tra i quali l’ Iliade edita da Einaudi-Gallimard che viene utilizzata dallo Stabile nei quattro incontri in programma. Ha collaborato come traduttore a mises en scène di Mario Martone (Edipo Re, Edipo a Colono, Filottete, ecc.), Walter Pagliaro (Antigone, Elettra), Daniele Salvo (Aiace). Ernesto Franco nato a Genova nel 1956, è scrittore e direttore editoriale dell’Einaudi. Studioso della cultura ispano-americana, ha tradotto opere di Jorge Luis Borges, Julio Cortazar, Alvaro Mutis, Octavio Paz, Ernesto Sabato e Mario Vargas Llosa. È autore di alcune opere narrative, tra le quali Isolario (1994), Vite senza fine (Premio Viareggio, 1999), Nostro mostro Moby Dick (2003) e Usodimare: un racconto per voce sola (2007). È stato più volte tra i relatori delle serate dedicate dallo Stabile alle “Grandi Parole”: da Le ragioni del mito (2002) ai tre cicli di Fare gli italiani (2009-11). Nicla Vassallo nata a Imperia nel 1963, è professoressa ordinaria di Filosofia teoretica presso l’Università di Genova. La sua formazione culturale si è svolta soprattutto nel campo degli studi di epistemologia, ma da filosofa non dogmatica e aperta alla discussione pubblica ha rivolto i suoi impegni più recenti ai temi degli amori non eterosessuali, compreso quello tra Patroclo e Achille. Tra le ultime opere da lei pubblicate, sono Filosofia delle conoscenze (2006), Filosofia delle donne (2007), Per sentito dire (2011), Conversazioni (2012) e la raccolta di poesie (1983-2013) Orlando in ordine sparso. Maurizio Maggiani nato a Castelnuovo Magra nel 1951, è romanziere e giornalista. È stato conduttore della trasmissione televisiva La storia siamo noi. Tra le sue opere, vincitrici di numerosi premi nazionali, si possono ricordare Màuri, màuri (1989), Vi ho già tutti sognati una volta (1990), Felice alla guerra (1992), Il coraggio del pettirosso (1995), La regina disadorna (1998), È stata una vertigine (2003), Il viaggiatore notturno (2005), Mi sono perso a Genova (2007), Meccanica celeste (2010). Nel 2008 ha pubblicato il CD Storia della meraviglia, tratto dallo spettacolo teatrale scritto e interpretato con Gian Piero Alloisio. gennaio I maggio 2014 TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:36 Pagina 8 8I Spettacoli ospiti dal 15 gennaio all’ 11 maggio PICCOLI UOMINI FEROCI L’INCONTRO POSSIBILE da Luigi Pirandello di Anna Solaro Corte, 23 aprile fuori programma Regia: Anna Solaro Due mondi a confronto (il carcere e il “fuori”, gli adulti e i bambini), per celebrare il rito dell’incontro, dell’ascolto e della scoperta dell’altro. Duse, 24 marzo GIOCANDO CON ORLANDO CLÔTURE DE L’AMOUR di Marco Baliani da Ariosto IL DIVORZIO di Pascal Rambert Corte, 11-16 febbraio di Vittorio Alfieri Duse, 15-19 gennaio Regia: Marco Baliani Amore braccato, tradito. Baliani e Stefano Accorsi rileggono il capolavoro di Ariosto in un girotondo dei sentimenti, della guerra e della vita. Regia: Pascal Rambert Due sguardi, due parole, due corpi e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore. Regia di Pascal Rambert, con Luca Lazzareschi e Tamara Balducci. Duse, 26 febbraio - 2 marzo Regia: Beppe Navello La vena sarcastica di un classico che tutti travolge: donne e uomini, giovani e vecchi, genitori e figli, innamorati e cicisbei. Soprattutto “il fetor dei costumi italicheschi”. LA MISTERIOSA SCOMPARSA DI W L’AFFAIRE PICPUS OH DIO MIO! di Stefano Benni di Enrico Bonavera e di Anat Gov Duse, 12-16 febbraio Duse, 21-26 gennaio Regia: Giorgio Gallione Ambra Angiolini vive con dolorosa allegria il dramma surreale di possedere un nome (V.) che è solo la metà di un altro (W.) Christian Zecca Duse, 3-6 marzo Regia: Nicola Pistoia Dopo secoli di delusioni da parte dell’umanità, anche Dio ha bisogno dello psicanalista. Tragicomico apologo con Viviana Toniolo e Vittorio Viviani. LA LOCANDIERA Regia: Christian Zecca Da un racconto di Gogol’: viaggio surreale nell’arte di far ridere a causa di un naso improvvisamente perduto. Con Enrico Bonavera mattatore. di Carlo Goldoni Corte, 18-23 febbraio LA VOCE UMANA / IL BELL’INDIFFERENTE di Jean Cocteau Duse, 28 gennaio - 2 febbraio Regia: Benoît Jacquot Dittico d’autore, per raccontare il dolore e la passione di una donna rimasta sola. Con Adriana Asti protagonista assoluta. SERVO PER DUE di Richard Bean da Goldoni Regia: Giuseppe Marini La modernità di un classico del Settecento, con Nancy Brilli nel ruolo di Mirandolina: una donna moderna, forte e volitiva. ITALIA MIA ITALIA I PILASTRI DELLA SOCIETÀ di Henrik Ibsen Corte, 4-9 marzo Regia: Gabriele Lavia Il malessere e le debolezze della borghesia, in un dramma classico che affronta temi di scottante attualità come la menzogna sociale e la mancanza di moralità individuale e collettiva. Con Lavia regista e protagonista. Corte, 25-30 marzo Regia: Alfredo Arias Il mondo del circo come sintesi tra l’arte di far ridere e l’arte di far piangere. Un classico del teatro partenopeo rivisitato dall’ estroso regista argentino. Regia: Alessandro Gassmann Giustizia e vendetta, perdono e pena, per uno spettacolo che ha l’andamento coinvolgente di un “giallo”. Con Giulio Scarpati (la vittima) e Claudio Casadio (il colpevole). ADESSO ODESSA di Moni Ovadia e Pavel Vernikov Corte, 28, 29, 30 aprile IL GIORNO DELLA CIVETTA Regia: Moni Ovadia Un viaggio fra musica e parole nelle viscere della perla del Mar Nero, protagonista dei racconti di Isaak Babel. Con Ovadia e tre musicisti “dal vivo”. da Leonardo Sciascia Duse, 9-13 aprile LO STRANIERO Duse, 26-30 marzo Regia: Franco Però Un classico della letteratura moderna, per raccontare sulla scena lo spaesamento e la definitiva mancanza di riferimenti che caratterizzano la nostra epoca. Semplice ed esemplare. Regia: Daniela Ardini Dal romanzo di Sciascia, una storia di mafia che conserva ancora oggi intatta tutta la sua attualità e la sua forza di denuncia. TUTTO MATTO LA MAMMA PIÙ FORTE DEL MONDO di Daniele Vecchiotti di Barbara Moselli Duse, 14-17 aprile Duse, 6-11 maggio fuori abbonamento Regia: Marco Pasquinucci Due ex allievi dello Stabile (Ilaria Pardini e Marco Pasquinucci) per uno spettacolo che racconta gli anni ‘80: recitazione, canto e coreografia. Regia: Matteo Alfonso e Tommaso Benvenuti Uno spaccato quotidiano di vita domestica. Una famiglia “atipica” che si rivela, attraverso le proprie vicissitudini, portatrice di voci comuni. Con Orietta Notari, Vito Saccinto e Barbara Moselli. Duse, 19-23 febbraio LE VOCI DI DENTRO Regia: Peter Stein Parole e musica di autori classici e contemporanei per il viaggio di un’attrice-cantante (Maddalena Crippa) che ama coniugare il vitalismo scenico con l’impegno civile. di Eduardo De Filippo NON È VERO MA CI CREDO Corte, 11-16 marzo di Peppino De Filippo VOGLIO TORNARE A CASA Regia: Toni Servillo Quando il sogno produce la realtà, grazie a un grande autore del Novecento e a un attore-regista in un momento felice della sua carriera. Con Toni e Peppe Servillo. Corte, 1-6 aprile di Davide Ferrari ACOUSTIC NIGHT 14 Regia: Michele Mirabella Sguardo scanzonato sulla proverbiale superstizione dei napoletani. I siparietti di Carosello e casalinghe feste anni Cinquanta per una comicità travolgente e paradossale. Con Sebastiano Lo Monaco mattatore. Corte, 15, 16, 17 aprile di Beppe Gambetta fuori abbonamento Regia: Davide Ferrari Tra realtà e rielaborazione fantastica: narrazioni, sogni, condizioni e origini del popolo migrante. La musica come via di fuga da un quotidiano surreale. Regia: Beppe Gambetta e Federica Calvino Prina La nuova edizione di Acoustic Night di Beppe Gambetta è dedicata al confronto con Le nuove generazioni. Corte, 8, 9, 10 maggio FROST / NIXON di Peter Morgan ANTONIO E CLEOPATRA Ministero Beni e Attività Culturali Corte, 25 febbraio - 2 marzo di William Shakespeare soci fondatori Corte, 18-23 marzo COMUNE DI GENOVA Regia: Luca De Fusco Shakespeare tra teatro, video e musica. Uno spettacolo che mescola i linguaggi e le diverse tonalità audiovisive per raccontare gli amori e la morte di due protagonisti della Storia. Con Luca Lazzareschi e Gaia Aprea. GRANDI INCONTRI gennaio I maggio 2014 di Raffaele Viviani di Maddalena Crippa Regia: Ferdinando Bruni e Elio De Capitani Duello tra potere politico e potere dell’informazione per l’ex Presidente Richard Nixon e il giornalista David Frost. Da un fatto vero, con i due registi divertiti e divertenti protagonisti. a Palazzo Ducale OSCURA IMMENSITÀ da Massimo Carlotto Corte, 8-13 aprile CIRCO EQUESTRE SGUEGLIA di Albert Camus Corte, 4-9 febbraio Regia: Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli Il Goldoni di Arlecchino servitore di due padroni riletto con comicità anglosassone e trasferito sul litorale di Rimini. Con Pierfrancesco Favino c’è anche Ugo Dighero. fuori programma Regia: Saverio Soldani Dittico pirandelliano – L’imbecille e La giara – per una umanità sempre sospesa tra dramma e umorismo, tra la “maschera” e il personaggio in cerca d’identità. Università dei genitori 16 gennaio_6 aprile Le religioni e il male 20 gennaio_24 febbraio Com’è fatto il mondo? 21 gennaio_25 febbraio La coscienza e il cervello 22 gennaio_12 marzo I capolavori raccontati 23 gennaio_13 marzo Crisi della politica e “Terza Repubblica” 24 gennaio_28 febbraio Primavere e inverni arabi 7 marzo_28 marzo L’invenzione dell’eterosessualità 14 marzo_2 aprile Psico_pato_logie maggio 2014 1914_1918: una guerra grande maggio_giugno 2014 IL PRINCIPE PROVINCIA DI GENOVA di Stefano Massini da Niccolò Machiavelli REGIONE LIGURIA Duse, 2-6 aprile sostenitore Regia: Stefano Massini L’arte di “fare un Principe all’Italia” trasferita in cucina, facendosi suggerire dallo stesso Machiavelli gli ingredienti e i condimenti più adatti. sostenitore partner della stagione numero 39 • gennaio | maggio 2014 Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Prof. Eugenio Pallestrini Direttore artistico e organizzativo Carlo Repetti Condirettore Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione Trib. di Genova n° 34 del 17/11/2000 Progetto grafico: art: Bruna Arena, Genova (18113) Stampa: Litoprint Genova LA STORIA IN PIAZZA 10_13 aprile 2014 I tempi del cibo a cura di Donald Sassoon, con Luca Borzani e Antonio Gibelli Il tema della quinta edizione verrà declinato secondo diverse chiavi di lettura – storica, sociologica, geopolitica, culturale, artistica – con un’attenzione particolare ai temi della sostenibilità ambientale, in linea con l’impostazione dell’Expo 2015. Tra gli altri: Marco Aime, Maurice Aymard, Eva Cantarella, Francesco Cavalli Sforza, Lucio Caracciolo, Mireille Corbier, Marc de Ferrière Le Vayer, Antonio Guerci, Vito Mancuso, Lauro Martines, Salvatore Natoli, Geoff Nowell Smith, Cormac O’Grada, Massimo Quaini, Osvaldo Raggio, Claudia Roden, Stefano Rodotà, Roel Sterckx, Sami Zubaida ANTICIPAZIONE 4 marzo 2014_ore 17.45 Serge Latouche Il cibo e l’abbondanza frugale