n° 39 Gennaio Maggio 2014 - Teatro Stabile di Genova

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n° 39 Gennaio Maggio 2014 - Teatro Stabile di Genova
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ANNO XV | N° 39 | GENNAIO/MAGGIO 2014
POSTE ITALIANE S.P.A. / SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE / -70% NO/GENOVA N.39 ANNO 2014
Il Tartufo
Valerio Magrelli
Tradurre Molière
2
Il Tartufo
Marco Sciaccaluga
Tournée
3
L’invenzione
della solitudine
Sueña Quijano
4
Sogno di una notte
di mezza estate
Le Baccanti
5
“Mises en espace”
XIX edizione
Hellzapoppin
6
Grandi Parole
Quattro incontri
con l’Iliade
7
Ospitalità
Gli spettacoli
in cartellone
8
CLASSICI D’OGGI
VERSO UN TEATRO NAZIONALE
Il Tartufo, classico di rara forza
rivisitato con gli occhi di oggi e
portato in scena da due grandi
interpreti; il Sogno di Shakespeare e
Le Baccanti di Euripide, due pietre
miliari della cultura occidentale
proposte dai nuovi talenti fra i
giovani attori formati dal Teatro
Stabile; uno degli attori più seguiti
dal pubblico in questi anni, di fronte
alla pagina di Paul Auster, maestro
del romanzo americano; tre testi di
teatro europeo contemporaneo a
raccontare la passione e il disagio di
essere giovani oggi; infine il XIX ciclo
delle Grandi Parole dedicato al
primo, ineguagliabile “romanzo”
della letteratura, l’ Iliade di Omero.
Mi fa sinceramente piacere che tutto
questo sforzo produttivo del nostro
Teatro Stabile (orgoglio spero non
solo nostro ma della città tutta) si
svolga, in poco più di tre mesi,
proprio in questo momento della
vita del Paese. Perché questo è, per il
teatro italiano, un momento
particolarmente importante: è il
momento in cui, dopo più di
sessant’anni dalla fondazione dei
primi Teatri Stabili (e Genova fu il
secondo dopo Milano) il ministro
Bray, il direttore generale Salvo
Nastasi e i funzionari del Mibac
hanno deciso di tracciare nuove rotte
su cui navigare, riformando il
sistema dello spettacolo e ponendo
al vertice della scena la categoria dei
Teatri Nazionali, ai quali affidare,
soprattutto nel campo della
produzione di spettacoli e della
formazione dei giovani, compiti
ancora più importanti degli attuali.
Bene, a questa nuova categoria di
Teatri Nazionali il Teatro Stabile di
Genova, per la sua storia passata e
recente e per la qualità attuale del
suo lavoro, appartiene di diritto e fra
i primi. È convinzione di tutti, è
convinzione anche nostra.
Per questo i mesi teatrali che ci
aspettano sono così importanti:
e poiché in teatro lo spettacolo lo
costruiscono non solo gli attori in
scena ma anche gli spettatori seduti
in sala, è al nostro pubblico che
chiediamo di percorrere con noi, in
modo partecipato e felice,
quest’ultima tappa prima di
diventare Teatro Nazionale.
Carlo Repetti
“Il Tartufo” di Pagni e Solenghi
alla Corte
14 gennaio >2 febbraio
Eros Pagni nel ruolo di
Orgon e Tullio Solenghi in
quello di Tartufo sono
i protagonisti della
commedia di Molière in
scena alla Corte dal 14
gennaio al 2 febbraio.
Scritta nel 1664, Le
Tartuffe ou l’imposteur
diventò subito bersaglio
di una violenta campagna
censoria da parte della
congregazione dei “devoti”,
perché, come scrisse
Molière cinque anni dopo
il divieto reale di
rappresentare la sua
Il “Sogno” nel bosco dell’amore al Duse
Nato nella scorsa stagione in forma di “esercitazione” della
Scuola di Recitazione dello Stabile, per la regia di Massimo
Mesciulam, Sogno di una notte di mezza estate diventa
ora uno spettacolo “finito” (in cartellone al Duse
dal 12 al 23 marzo), che ben testimonia
della serietà e della competenza con cui si
lavora in questo genovese laboratorio per attori.
Un classico di William Shakespeare messo in scena con la
freschezza della gioventù e con piena adesione generazionale
alle variazioni oniriche dell’amore. Uno spettacolo
ricco di fantasia, pieno di “magia” e di gioia di fare teatro,
per l’interpretazione di dieci giovani attori.
C A R LO Q UA RT U CC I A L D U S E
Sueña
Quijano
Da gennaio a maggio 2014 si svolgerà
a Genova un articolato progetto dedicato
al mito di Don Chisciotte da Cervantes
a Borges. Ideato da Carlo Quartucci e
Carla Tatò, in collaborazione con il
Teatro Stabile di Genova, il progetto
Sueña Quijano - Un doppio sogno nella
città ha come suo punto d’arrivo la
rappresentazione sul palcoscenico del
Duse di Cariatide canzone (15, 16 e 17
maggio). Lo spettacolo sarà preceduto
da tre appuntamenti (vedi programma
a pag. 4 e 5) organizzati con la collaborazione del Conservatorio, dell’Università e del Museo di Villa Croce.
Drammaturgia
contemporanea
12 >23 marzo
alla Piccola Corte
13 >31 maggio
Tre autori europei per la Rassegna delle “Mises en espace”
Giunta alla XIX edizione, l’annuale Rassegna di
drammaturgia contemporanea dello Stabile di
Genova propone sul palcoscenico della Piccola
Corte (dal 13 al 31 maggio) tre nuovi testi
provenienti dalla Germania (Detto Gospodin),
dalla Gran Bretagna (Vera, Vera, Vera) e dalla
Polonia (Una coppia di poveri romeni che parlano
polacco). Un trittico dedicato a una generazione
sempre alla ricerca di se stessa, anche di un senso
etico e sociale dell’esistenza. Un drammaturgo
che sta salendo sulla cresta dell’onda (Löhle) e la
prima esperienza teatrale di due autrici (Squires
e Masłowska) che si sono fatte conoscere giovanissime. Tre modi freschi e sempre
stimolanti di fare la conoscenza dei fermenti del nuovo teatro internazionale.
commedia: «Gli ipocriti non
hanno proprio voluto
saperne del ridicolo e se ne
sono subito irritati, trovando
insopportabile che io avessi
avuto l’ardire di prendere
in giro i loro difetti».
Irresistibile classico del
repertorio comico di tutti
i tempi, Il Tartufo viene ora
messo in scena dal Teatro
Stabile di Genova nella
nuova traduzione di Valerio
Magrelli e con la regia di
Marco Sciaccaluga, per
l’interpretazione della
propria Compagnia stabile
che comprende anche
Marco Avogadro (un
ufficiale di polizia),
Massimo Cagnina (Madame
Pernelle), Alberto Giusta
(M. Loyal), Barbara Moselli
(Dorine), Pier Luigi Pasino
(Valère), Mariangeles
Torres (Elmire), Antonio
Zavatteri (Cléante),
Gennaro Apicella (Damis),
Elisabetta Mazzullo
(Mariane) e Desirée Tesoro
(Flipote). Scenografia e
costumi di Catherine Rankl,
musiche di Andrea Nicolini
e luci di Sandro Sussi.
“L’invenzione
della solitudine”
al Duse
5 > 9 febbraio
Giuseppe Battiston, diretto da Giorgio
Gallione del Teatro dell’Archivolto,
con la coproduzione dello Stabile di
Genova, è il protagonista di una storia
dalle forti venature autobiografiche
che lo statunitense Paul Auster ha reso
universali nel romanzo in due parti
L’invenzione della solitudine: la prima,
Ritratto di un uomo invisibile, dedicata
alla scoperta “post mortem” di un
padre troppo a lungo sconosciuto; la
seconda, Il libro della memoria, intesa a
concentrare l’attenzione sulla sua
identità di genitore dell’amatissimo
Daniel. Raccolto sotto l’epigrafe «Un
giorno c’è la vita... poi, d’improvviso,
capita la morte», lo spettacolo
(in scena al Duse dal 5 al 9 febbraio)
si propone, in forma di monologo,
come una sofferta e personalissima
riflessione sulla difficoltà dei legami
di sangue più diretti e sfocia verso
la constatazione che è sempre il caso
che governa, impercettibilmente,
le nostre esistenze. Con le luci
di Aldo Mantovani e le musiche di
Stefano Bollani, le scene e i costumi
sono firmati da Guido Fiorato.
Da gennaio a febbraio quattro appuntamenti al Teatro della Corte
Iliade, le Grandi Parole
Dopo i due anni di Grandi Parole trascorsi in compagnia dei
Dialoghi di Platone, con nove incontri caratterizzati da una
numerosa e costante presenza di pubblico, il Teatro Stabile di
Genova ha scelto di proseguire nell’indagine del mondo classico
greco, proponendo la lettura in quattro appuntamenti di quello che
può essere considerato il primo romanzo della letteratura
occidentale: Iliade, poema in versi attribuito a Omero. S’inizia
lunedì 20 gennaio (ore 20,30) con l’introduzione
del traduttore Guido Paduano (leggono
Omero Antonutti e Orietta Notari) per
proseguire sabato 25 (ore 17) con Ernesto
Franco (leggono Eros Pagni e Barbara
Moselli), lunedì 27 con Nicla Vassallo
(leggono Massimo Popolizio e Alice Arcuri),
per finire sabato 1° febbraio (ore 17) con
Maurizio Maggiani e la lettura di Tullio
Solenghi e Massimo Mesciulam. L’ingresso è libero.
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2 I Il Tartufo
‘‘Castigat ridendo mores’’
Censure e applausi per Il Tartufo, ovvero la”dissimulazione onesta” di Molière alla Corte del Re Sole
Tartuffe ou l’Imposteur di Molière è una satira sulla figura di
un “falso devoto” che sollevò violentissime reazioni.
Rappresentato per la prima volta a Versailles il 12 maggio
1664, poi, in una nuova veste a Palais-Royal il 5 agosto 1667,
vide la luce nella versione definitiva il 5 febbraio 1669,
sempre a Palais-Royal. Gli ambienti conservatori e religiosi
della monarchia risposero alle prime due versioni dell’opera
organizzando la “cabala dei devoti”, e ottenendo che ne fosse
proibita ogni rappresentazione pubblica. Malgrado l’appoggio
di Luigi XIV (che fu addirittura il padrino di un figlio del
drammaturgo), Molière dovette attendere cinque anni
perché, acquietate le acque con lo Stato Pontificio, la
questione si risolvesse a suo favore.
I motivi di tanto astio, bisogna ammetterlo, non mancavano.
Ispirato a una lunga tradizione (dalla letteratura di impronta
anticlericale del Medioevo, all’Ipocrito dell’Aretino, su su fino
a Les Hypocrites di Scarron), Tartufo, l’anti-eroe,
rappresenta infatti l’emblema del baciapile bugiardo, che
sotto l’apparenza della devozione conquista l’amicizia di un
ingenuo per spogliarlo dei beni e tradirlo con la moglie.
Castigat ridendo mores, sosteneva l’autore, e insomma ecco
la storia di un sepolcro imbiancato, oggi forse passibile di
una qualche sanzione per il reato di “circonvenzione di
incapace”. Questo però non riguarda che un primo livello di
lettura. Tartufo è anche e soprattutto il frutto avvelenato di
una pianta velenosa nata vent’anni prima. Altrimenti detto,
oggi risulta impossibile cogliere le sue implicazioni politiche,
teologiche, sociali, senza tenere presente le urticanti Lettere
provinciali. Pubblicandole sotto pseudonimo tra il 1656 e il
1657, il grande filosofo e matematico Blaise Pascal intendeva
difendere i giansenisti dai virulenti attacchi dei loro nemici
giurati: i gesuiti. Il risultato fu un testo talmente intelligente
e esilarante, talmente spietato e accorato, da garantire,
almeno per qualche tempo, la sopravvivenza del movimento
eterodosso, guidato dagli autorevoli solitaires. Alla lunga,
però, l’insuperata spregiudicatezza dei “soldati di Dio” finì
per avere la meglio. Machiavellici al punto di perdonare ai
fedeli qualsiasi peccato pur di ingrossare il gregge della
Chiesa, gli appartenenti all’ordine fondato da Ignazio di
Loyola non potevano certo tollerare una fede pura,
interiorizzata, personale e lontana dal mondo come quella
dei rivali. Così, nel 1710 il re finì per cedere, e rase al suolo il
caposaldo giansenista, ovverosia il convento di Port-Royal.
E Molière? Lo scrittore non si professava affatto giansenista
(dal nome del fondatore olandese, Giansenio), anzi, secondo
alcuni non sarebbe stato neanche credente, bensì
decisamente libertino. Ciò significa che la sua propensione
andava piuttosto alla libertà di pensiero e di costumi, alla
tolleranza religiosa, chissà, magari anche all’ateismo... Il suo
cuore batteva per Epicuro e gli stoici, tanto che si diceva
avesse steso in gioventù una traduzione di Lucrezio, autore
maledetto per eccellenza. Per molto meno si finiva al rogo,
dopo adeguate sevizie beninteso, e tale prospettiva non
doveva attrarre molto il nostro drammaturgo. Perciò, come
Cartesio e il suo allievo Gassendi (insegnante a sua volta di
Molière), egli imboccò la strada della cosiddetta
“dissimulazione onesta”, pensò di mascherarsi, quasi
appropriandosi del motto scelto appunto dall’autore del
Discorso sul metodo: larvatus prodeo (“avanzo mascherato”).
Mascherato sì, ma non completamente. La sua penna doveva
raccontare, e lo fece con una vertiginosa trilogia che metteva
alla berlina le figure centrali del panorama ideologico
francese: Tartufo, 1664 (il gesuita), Don Giovanni, 1665
(il libertino), Il misantropo, 1666 (il giansenista).
Sulla base di tali premesse, la nostra opera acquista un senso
assai più ricco, come dimostra la genesi del testo. Se in
origine essa contava tre atti, probabilmente culminanti nel
trionfo del perverso protagonista, la versione del 1669,
l’ultima e l’unica che si conosca per via diretta, termina con
la sconfitta del malvagio grazie al benigno intervento del
sovrano – cioè, si suppone, Re Sole. Accontentiamoci dunque
del lavoro che ebbe la meglio sulla congiura censoria. Di
certo nasce da un Molière forzatamente larvatus, ma acre,
comico e nero come non mai.
Valerio Magrelli
Tradurre Molière
Premessa: sono felice di redigere questa nota, perché ritengo che, in un futuro prossimo, ogni traduzione degna di questo nome
dovrà contenerne una. Si è mai visto un elettrodomestico privo delle sue “istruzioni per l’uso”? Ciò detto, passo a qualche
considerazione sul presente lavoro di travaso linguistico. Affrontando un testo in alessandrini (versi francesi di dodici sillabe) a
rime baciate, ho subito rinunciato a ogni tentativo di rendere la rima, scegliendo viceversa di attenermi all’omogeneità del metro.
In breve, ho optato per il doppio settenario, parola che in italiano, a differenza del francese, non indica affatto un verso di sette sillabe,
bensì un verso in cui l’ultimo accento cada sulla sesta. Però non divaghiamo, / non facciamolo più, / non perdiamoci in favole: ecco
qua tre perfetti settenari, perfetti malgrado contino rispettivamente sette, sei e otto sillabe. Tenevo a che questo punto fosse chiaro, perché ho dedicato diversi anni di
insegnamento universitario alla traduzione metrica, un esercizio che, malgrado l’apparenza, può risultare davvero appassionante. Ad ogni modo, non starò certo a dire di
come ho intrecciato il tessuto versificatorio del Tartufo, tra passaggi immediati e cristallini, e zone, anche se rare, complesse, all’apparenza intraducibili. Aggiungo soltanto
qualcosa sull’incertezza cronica che caratterizza questa professione. In un recente saggio, Franco Nasi ha parlato della Malinconia del traduttore. A me piacerebbe discutere
piuttosto della sua “titubanza”. Quanta fatica prima di rassegnarmi a sciogliere certi nodi residui, troncando il pullulare di tante potenziali alternative! E quante volte ho
tolto e ripreso la medesima formula, alla ricerca di quella parola magica che uno scrittore francese, Pascal Quignard, ha inseguito con tale tenacia da scoprirne la sorgente,
localizzandola Sulla punta della lingua... Ma basta. Più interessante parlare invece della fase finale. Infatti, per una radicata convinzione, ho sempre terminato il mio compito
ricorrendo a un serrato confronto con chi mi aveva preceduto sul medesimo terreno testuale. Ho infiniti difetti, ma non quello di essere il tipo di “traduttore bassamente
geloso” di cui parla Beaumarchais nella prefazione alle Nozze di Figaro. Ritengo cioè necessario, se non indispensabile, sfruttare le indicazioni lasciate da chi ha già compiuto
il tragitto che noi, ultimi arrivati, abbiamo appena concluso. Insomma, a versione conclusa, trascorro molto tempo a confrontare le mie soluzioni testuali con quelle proposte
dalle traduzioni preesistenti. In questo caso, limitando le indagini bibliografiche (i Tartufi italiani sono innumerevoli, naturalmente nei due sensi del termine), ho voluto
ripercorrere almeno le interpretazioni avanzate da Sandro Bajini (Garzanti 1984) e da Flavia Mariotti (Bompiani 2013), autori, neanche a dirlo, di due eccellenti versioni in
doppi settenari non rimati. Ebbene, in più di un caso, ho dovuto arrendermi all’evidenza, e di fronte a una proposta migliore della mia, mi sono deciso semplicemente ad
adottarla tout court. Pertanto colgo adesso l’occasione per ringraziare le due preziose guide e augurare al pubblico un buon ascolto.
v.m.
in alto, Eros Pagni e Antonio Zavatteri (foto Gianni Ansaldi)
al centro, Tullio Solenghi e Mariangeles Torres (foto Giuseppe Maritati)
in basso, Pier Luigi Pasino, Barbara Moselli, Elisabetta Mazzullo (foto Giuseppe Maritati)
A pagina 1 foto di Gianni Ansaldi
In occasione della messa in scena di Il Tartufo, mercoledì 22
gennaio, alle ore 17.30, lo Stabile ha organizzato nel foyer della
Corte, nell’ambito del ciclo “Conversazioni con i protagonisti” un
incontro con il regista e gli interpreti dello spettacolo. Conduce
Umberto Basevi, dell’Associazione per il Teatro Stabile di Genova
L’INGRESSO È LIBERO.
Genova 1947
una storia di doni
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gennaio I maggio 2014
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Il Tartufo I 3
Il regista Marco Sciaccaluga parla dello spettacolo in scena al Teatro della Corte sino al 2 febbraio
L’impostore devoto
Il
Tartufo
Molière
e la paura del Giudizio
di
PERSONAGGI E INTERPRETI
Il paradosso di Tartufo
Prima ancora che Tartufo entri in
scena, anche lo spettatore non ha
alcun dubbio: la ragione sta tutta
dalla parte di coloro che lo
giudicano un impostore e un
ipocrita. Lo spettatore sa chi è
obnubilato (Orgon e sua madre) e
chi invece vede (tutti gli altri).
Molière non mette lo spettatore
davanti a un caso morale e alla
responsabilità di decidere chi ha
torto e chi ha ragione.
La verità sta con evidenza tutta da
una parte, ma l’arte di Molière ci
costringe a ridere del fatto che non
basta vedere per non essere ciechi,
costruendo il ridicolo proprio sullo
scarto tra il pensiero e l’azione, che è
presente anche nel “raisonneur”
Cléante, al quale Molière affida
evidentemente qualcosa di
autobiografico.
Suspense e stupidità
Il Tartufo è una commedia
strutturata a “suspense”:
il pubblico, come quasi tutti i
personaggi, sa chi è l’assassino; ma,
attraverso il comico, siamo tutti
costretti a vivere nell’angoscia
perché proprio colui che ha il potere
in quella casa non se ne accorge,
portando così la famiglia alla rovina.
Nel Tartufo, il problema non è quello
di distinguere il bene dal male, il
vero dal falso; ma solo di sapere
come andranno le cose, dopo che
Orgon ha scelto di guarire dai suoi
sensi di colpa, portandosi a casa un
pericoloso avventuriero. Non c’è
dialettica interna in questa
commedia: c’è solo ciò che vi accade,
la determinazione con cui Molière
porta una situazione sino alle
estreme conseguenze. Ma è proprio
questo che insieme ci fa ridere e ci fa
paura. Non c’è alcuna catarsi
razionale in Orgon. Anche in
Il Tartufo (come in L’avaro o in
Il malato immaginario), a Molière
riesce l’impresa di rendere comica e
interessante la stupidità umana.
Comicità e tragedia
Quando Elmire smaschera
finalmente l’impostore, con l’atto
“criminale” di mettergli una
microspia (il marito) sotto il tavolo, è
però ormai troppo tardi. Tartufo ha
conquistato il potere, ha messo le
Madame Pernelle, madre di Orgon
Orgon
Elmire, moglie di Orgon
Damis, figlio di Orgon
Mariane, figlia di Orgon
Valère, innamorato di Mariane
Cléante, cognato di Orgon
Tartufo
Dorine, dama di compagnia di Mariane
Monsieur Loyal
Un ufficiale di polizia
Flipote, domestica di Madame Pernelle
produzione
regia
scena e costumi
musiche
luci
versione italiana
Massimo Cagnina
Eros Pagni
Mariangeles Torres
Gennaro Apicella
Elisabetta Mazzullo
Pier Luigi Pasino
Antonio Zavatteri
Tullio Solenghi
Barbara Moselli
Alberto Giusta
Marco Avogadro
Desirée Tesoro
Teatro Stabile di Genova
Marco Sciaccaluga
Catherine Rankl
Andrea Nicolini
Sandro Sussi
Valerio Magrelli
Teatro della Corte
14 gennaio > 2 febbraio
sostenitore
mani sui soldi e possiede anche una
micidiale arma del ricatto
(la cassetta con i documenti
politicamente compromettenti). La
tragedia sembra essere alle porte.
Il male ha trionfato a causa della
dabbenaggine di alcuni e
dell’incapacità di agire degli altri.
Ma, ciò nonostante, Il Tartufo resta
sino in fondo una commedia, scritta
e rappresentata soprattutto per far
ridere. Da qui la difficoltà di fondo
della sua messa in scena. Avevano
ragione i Gesuiti nel dire che Tartufo
è un personaggio inverosimile,
perché gli ipocriti sono ben altro, più
furbi e più mascherati; ma il fatto è
che – come ha scritto Auerbach – al
centro della commedia non sta
tanto la paura che può suscitare
Tartufo, quanto lo sgomento per il
fatto che Orgon si sia potuto
innamorare così perdutamente di un
personaggio simile.
Tartufo e Orgon
Tartufo è un avventuriero, che si
serve della religione nello stesso
modo in cui oggi si può fare della
politica o della finanza. È un uomo
primordiale, cui interessano solo il
denaro, il mangiare e il sesso. Un
miserabile che ha la fortuna di
incontrare un povero pazzo, travolto
dai sensi di colpa e dai complessi di
inferiorità davanti a una società che
sta cambiando. Tartufo diventa così
l’angelo sterminatore di Orgon, colui
che può salvarlo dall’ossessione
incombente del Giudizio Universale
e ridargli il potere perduto, anche in
famiglia.
Il ruolo della donna
La profonda modificazione della
società, che tanto fa paura a Orgon,
passa anche qui, come in tutto il
teatro di Molière, attraverso la
capacità della donna di incarnare il
in alto, scena d’insieme
in basso, Barbara Moselli, Elisabetta Mazzullo, Mariangeles Torres, Massimo Cagnina, Desirée
Tesoro, Gennaro Apicella, Antonio Zavatteri (foto Giuseppe Maritati)
nuovo attraverso la saggezza, la
malizia e la furbizia. Molière ammira
e adora i suoi personaggi femminili:
dalla fragile Mariane alla sfacciata
Dorine dall’impeto prefemminista,
passando per la concreta saggezza
di Elmire. Solo Madame Pernelle è
donna che appartiene al passato.
D’altra parte, sul piano narrativo
nella commedia tutto ruota intorno
a un matrimonio che non si ha da
fare e alla rivoluzionaria idea che
una giovane donna possa e debba
scoprire il proprio destino amoroso
anche contro la volontà paterna.
Tutto è bene
quel che finisce bene
Accade che quando Elmire si decide
a passare all’azione sia però ormai
troppo tardi. Allora ci vuole un deus
ex machina. L’happy end diventa così
il grande sogno di salvezza; la
dichiarazione (non importa se
illusoria) che la vita sulla terra può
essere bella. Il lieto fine nell’arte è
sempre un sogno di catarsi al bene.
In una commedia, poi, è anche un
dovere: Il Tartufo, come del resto
ogni commedia, deve finire bene,
altrimenti sarebbe un inganno
drammaturgico. Molière lo sa
benissimo e per questo con quel suo
“sorprendente” finale ci invita, con
esito tanto clamoroso, a passare
dall’etica dell’ideologia all’etica
dell’estetica. Insomma, per dirla con
Dostoevskij, «è la bellezza che
salverà il mondo».
sostenitore
partner della stagione
Il Teatro
Stabile
in tournée
Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée nel 2014 con la ripresa di I ragazzi
irresistibili interpretato da Eros Pagni e Tullio Solenghi e con La bisbetica domata
nella messa in scena di Andrej Konchalovskij, mentre nel mese di giugno sarà a
Milano con tre spettacoli già sperimentati nell’annuale Rassegna di drammaturgia
contemporanea.
Il primo spettacolo a partire è La
bisbetica domata che sarà a Prato
(Teatro Metastasio) 23 > 26 gennaio;
Napoli (Teatro Mercadante) 29
gennaio > 9 febbraio; Roma (Teatro
Argentina) 11 febbraio > 2 marzo.
Mentre quasi contemporaneamente
I ragazzi irresistibili di Neil Simon
saranno a Verona (Teatro Nuovo) 4
> 9 febbraio; Bergamo (Teatro
Donizetti) 11 > 16 febbraio; Prato (Teatro
Metastasio) 18 > 23 febbraio; Napoli (Teatro
Mercadante) 26 febbraio > 9 marzo; Bolzano
(Teatro Comunale) 13 > 16 marzo; Merano
(Teatro Puccini) 17 > 18 marzo, Cesena
(Teatro Bonci) 20 > 23 marzo, Firenze (Teatro
della Pergola) 25 > 30 marzo; Bologna
(Arena del Sole) 1 > 6 aprile.
Nel giugno 2014, infine, il Teatro dell’Elfo di
Milano ospiterà al Puccini, dal 3 al 7, Fratelli
di sangue del norvegese Axel Hellstenius; dal
10 al 14, Sempre insieme della romena Anca
Visdei; e, dal 17 al 21, La lotta nella stalla dell’uruguayano Mauricio Rosencof,
permettendo così di far conoscere anche fuori Genova il lavoro che da vent’anni lo
Stabile svolge per valorizzare la drammaturgia contemporanea internazionale.
a cura di a.v.
gennaio I maggio 2014
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4I
PADRI E FIGLI ALLO SPECCHIO
Giorgio G allione parla dell ’Invenzione della solitudine tratto dal romanzo di Paul Auster, con Giuseppe Battiston protagonista
Un testo narrativo
contemporaneo che diventa
teatro, per raccontare del
legame, profondo e
inafferrabile, che unisce
padre e figlio. È L’invenzione
della solitudine di Paul Auster,
lo spettacolo co-prodotto da
Teatro Stabile di Genova e
Teatro dell’Archivolto, con la
regia di Giorgio Gallione e
l’interpretazione di Giuseppe
Battiston, che sarà in scena
al Duse dal 5 al 9 febbraio.
Per Gallione si tratta di
un’altra prova di
trasposizione teatrale di un
testo narrativo, quale è
appunto L’invenzione della
solitudine, il romanzo di
Auster, marcatamente
autobiografico, diviso in due
parti – Ritratto di un uomo
invisibile e Il libro della
memoria – nelle quali
l’autore indaga prima sulla
sua identità di figlio che,
attraverso oggetti e
documenti, scopre fatti e
aspetti sconosciuti della vita
e della personalità del padre
morto improvvisamente, e poi
su quella di padre a sua volta,
e di scrittore. «Il mio primo
adattamento teatrale di
questo testo risale al 20072008» racconta Gallione. «Lo
avevo proposto fin dall’inizio
regista – che nel testo suoni
quel tipo di parola e di
linguaggio. Non si tratta di un
linguaggio alto ma di un
linguaggio pensato».
L’interprete dello spettacolo,
invece, è solo uno: io narrante,
figlio e padre nello stesso
tempo. «La prima parte de
L’invenzione della solitudine
è già potenzialmente teatrale,
perché c’è un io narrante che
si rivolge direttamente al
lettore» osserva Gallione.
«Nello spettacolo c’è un urlo,
ma a bassa voce, una
commozione intima, ma non
è un monologo: è un dialogo
con un interlocutore muto,
a Giuseppe Battiston, perché
è un attore che stimavo e
stimo molto e perché mi è
sempre piaciuto portare gli
attori in territori a loro non
familiari. Ho aspettato,
quindi, Giuseppe finché non è
stato libero e, nel frattempo,
ho fatto decantare la lettura
de L’invenzione della
solitudine che mi aveva
portato a quel primo
adattamento teatrale e ho
approfondito tutta l’opera di
Auster, fino ai testi che ha
scritto negli ultimi anni.
Auster – spiega – dissemina
in più opere molti riferimenti
alla sua vita e al tema del
rapporto padre-figlio,
rivelando di volta in volta
particolari diversi. Si può
dire, quindi, che anche noi,
per questo spettacolo,
abbiamo usufruito di quella
“musica del caso” che,
secondo Auster, dirige gli
eventi. Il copione definitivo
dello spettacolo è L’invenzione
della solitudine ma è anche
l’insieme di 6-7 libri dello
stesso autore, e ci sono pure
riferimenti alla sua poesia e
alle sue esperienze
cinematografiche». Il tutto,
però, con una fedeltà
assoluta al testo: «Per me è
fondamentale – sottolinea il
perché c’è sempre piena
coscienza della presenza del
pubblico». E il testo è
«l’interrogarsi su un’assenza,
tentare di afferrare – spiega il
regista – ciò che ha sempre
voluto essere inafferrabile, il
rapporto e la distanza fra due
persone: prima il figlio
abbandonato dal padre e poi
il padre che sta abbandonando
il figlio amatissimo. Ho
evidenziato la struttura
schizofrenica del racconto,
con il ribaltamento di
situazioni e di punti di vista.
E Giuseppe riesce a essere
concreto e poetico insieme,
in lui – sottolinea – ci sono
L’invenzione
della solitudine
di Paul Auster
produzione
regia
scene e costumi
musiche
luci
Teatro dell’Archivolto
Teatro Stabile di Genova
Giorgio Gallione
Guido Fiorato
Stefano Bollani
Aldo Mantovani
con
Giuseppe Battiston
Teatro Duse
5 > 9 febbraio
forma e concretezza nello
stesso tempo». A fare da
sfondo alla vicenda interiore,
la scenografia è costituita da
«un mare di cappotti che
“galleggiano” sul palcoscenico,
mentre il protagonista
cammina sui suoi ricordi e
tutto – racconta il regista – è
riflesso da uno specchio, con
un gioco di doppi, sdoppiamenti
e prolungamenti: il figlio che
è “prolungamento” del padre
e che, in quanto padre, è a
sua volta “prolungamento”
del figlio». Nonostante le
inquietudini e le angosce che
lo attraversano, però, lo
spettacolo non chiude alla
speranza: «Quando il
protagonista si sveglia –
racconta Gallione – dopo un
sogno-incubo nel quale ha
sognato di morire, il filo
malefico che fa sì che un
padre generi un figlio
incapace di essere padre si è
interrotto, perché suo figlio è
salvo e, quindi, lui ha spezzato
il maleficio, quell’incubo
senza fine». Ma la speranza e
la salvezza passano, in questo
caso, anche attraverso lo
scrivere e il fare teatro,
perché «la scrittura e il
raccontare possono essere
terapeutici e salvare».
Annamaria Coluccia
Paul Auster, un autore postmoderno
Scrittore, saggista, poeta, sceneggiatore, regista, attore e produttore cinematografico, lo statunitense Paul Benjamin Auster
nasce a Newark il 3 febbraio 1947, da una famiglia benestante di ebrei di origine polacca. Dopo l’ultimo anno di liceo, che
coincide con la separazione dei suoi genitori, trascorre un lungo periodo in Europa (Parigi, Italia, Spagna, Irlanda). Tornato in
America, frequenta la Columbia University, dove si laurea nel 1970. Nel 1974 si sposa con la ex compagna di Università Lydia
Davis e si stabilisce a New York, dove collabora con diversi giornali e riviste, e inizia a pubblicare racconti e poesie. Dopo la
nascita del figlio Daniel nel 1977 si trasferisce con la famiglia in campagna. L’anno seguente avvengono gli episodi che stanno
al centro di L’invenzione della solitudine (scritto nel 1982): la morte del padre e il divorzio dalla moglie. Il successo arriva finalmente
nel 1987 con la pubblicazione del romanzo Trilogia di New York – composto da Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa – e da
allora a oggi la sua produzione letteraria non ha più sosta: da Nel paese delle ultime cose (1987) a La musica del caso (1990), da
Leviatano (1992) a Il libro delle illusioni (2002), da Uomo nel buio (2008) a Sunset Park (2010). Il suo ultimo romanzo Diario
d’inverno è stato pubblicato nel 2013. Contemporaneamente, Auster pubblica raccolte di poesia e numerosi saggi; scrive
sceneggiature di film che egli stesso dirige insieme con Wayne Wang (Smoke e Blue in the Face) o da solo (Lulu on the Bridge e
La vita interiore di Martin Frost). Protagonista della letteratura americana contemporanea, Auster viene sovente inserito dalla
critica nel panorama del postmodernismo, ma le sue opere migliori trascendono per originalità e personalità di scrittura ogni
facile incasellamento, sfociando sovente nell’impegno civile e politico di chi s'interroga sul futuro del proprio Paese.
CARLO QUARTUCCI E CARLA TATÒ: SUEÑA QUIJANO, UN DOPPIO SOGNO NELLA CITTÀ
Il progetto in tre Atti, un Prologo e un Epilogo – articolato in laboratori al Conservatorio “Paganini”, all’Università e a Villa Croce – si conclude al Duse con improvvisazioni sceniche, video e con lo spettacolo “Cariatide canzone”
Da gennaio a maggio 2014 si svolgerà
a Genova un articolato progetto
dedicato al mito di Don Chisciotte da
Cervantes a Borges. Ideato da Carlo
Quartucci e Carla Tatò, in
collaborazione con il Teatro Stabile di
Genova, il progetto Sueña Quijano - Un
doppio sogno nella città ha come suo
punto d’arrivo la rappresentazione
di uno spettacolo sul palcoscenico
del Duse, il quale sarà però preceduto
da tre altri appuntamenti
organizzati con la collaborazione
del Conservatorio, dell’Università
e diVilla Croce.
Il programma del “work in progress”
Sueña Quijano è a ingresso libero
e così articolato:
2) Conservatorio Niccolò Paganini
MARTEDÌ 4 FEBBRAIO
DALLE ORE 14
La drammaturgia delle arti: pagine di
musica, pagine di teatro. Laboratorio
Paesaggio drammaturgico con
violoncello. Performance con Carla Tatò
(La Cantora), Giovanna Famulari
(il Violoncello); regia: Carlo Quartucci;
assistente alla regia: Gianmarco Mecozzi.
1) Foyer della Corte
LUNEDÌ 3 FEBBRAIO
ORE 16
Presentazione del progetto Sueña
Quijano tra scena e conferenza stampa,
tra parola e immagine scenica.
gennaio I maggio 2014
3) Università degli Studi di Genova
Via Balbi 5, Aula M
Insegnamento di Storia del Teatro e
dello spettacolo (prof. Livia Cavaglieri)
MERCOLEDÌ 26 MARZO
ORE 15-17:
La docenza del personaggio
laboratorio verso Blow Up Pentesilea:
Carlo Quartucci Macbeth/docente e
Carla Tatò Pentesilea /docente, con gli
studenti dell’Università.
GIOVEDÌ 27 MARZO
ORE 15-17:
Carla Tatò e Carlo Quartucci come
“I Macbeth Docenti”
Alla performance sono invitati a
partecipare i docenti e gli studenti
dell’Università di Genova,
dell’Accademia di Belle Arti,
del Conservatorio Niccolò Paganini.
(segue a pagina 5)
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I5
Due spettacoli classici interpretati dai giovani attori della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato”
Il gioco dell’amore
Le Baccanti di Euripide
nel bosco di Shakespeare
Esercitazione al Duse
INGRESSO LIBERO
Un sogno che appartiene a tutti, con
l’eterno gioco dell’amore e delle
coppie, portato sulla scena con la forza
drammatica dell’arte di Shakespeare e
l’energia di un gruppo di giovani attori.
È Sogno di una notte di mezza estate, la
commedia di William Shakespeare
prodotta dal Teatro Stabile di Genova,
con la regia di Massimo Mesciulam,
che sarà in scena al Duse dal 12 al 23
marzo. Dopo il successo ottenuto nella
scorsa stagione, quando fu
rappresentata in forma di Esercitazione,
sempre con la regia di Mesciulam e con
l’interpretazione degli allievi
trasmettere anche agli attori questa
volontà di non farsi “ricattare” dal
teatro. Sfuggire alle convenzioni non
vuol dire fare qualcosa di nuovo, ma
cercare di capire che tipo di esperienza
si vive, che emozioni prova, lì, quel
personaggio». «È importante – spiega
ancora il regista – prendere alla
lettera i sentimenti dei personaggi,
per renderli concreti e perché, se si
guardano non dal nostro punto di
vista, ma dal loro, ci si rende conto che
anche in questa commedia ci sono
sentimenti molto densi, profondi».
E la prova, nella quale il regista ha
Sogno di una notte
di mezza estate
di William Shakespeare
produzione
regia
luci
Teatro Stabile di Genova
Massimo Mesciulam
Sandro Sussi
con
Gennaro Apicella, Valentina Badaracco,
Silvia Biancalana, Daniela Camera,
Andrea Cioffi, Nicolò Giacalone, Filippo Giusti,
Elisabetta Mazzullo, Alessio Praticò, Valerio Puppo
Teatro Duse
12 > 23 marzo
dell’ultimo anno della Scuola di
recitazione dello Stabile, questa messa
in scena del Sogno shakespeariano è
diventata adesso un vero e proprio
spettacolo in cartellone, con gli stessi
attori e lo stesso regista
dell’Esercitazione. E con la stessa
volontà di prendere sul serio questa
commedia di cinque secoli fa, per
sentirla anche nostra, e degli uomini e
delle donne di tutti i tempi.
«Ho cercato di guardare questo testo
classico con occhio innocente, senza
farmi “ricattare” dalla sua reputazione»
racconta Massimo Mesciulam: «È
quello che faccio sempre quando mi
trovo davanti a testi che hanno,
appunto, una reputazione, e cerco di
coinvolto i giovani attori, è riuscita, a
giudicare dai giudizi con i quali
l’Esercitazione era stata accolta dalla
critica. «È una gioia vedere
Shakespeare rappresentato con
freschezza, senza grandi impianti
scenici ma con straordinaria efficacia
(...). Ci troviamo davanti a una
recitazione matura, impegnata,
divertita, senza cadute di tono.
Mesciulam ha una grande passione
per il nudo teatro, per il dialogo che
l’interprete conduce col pubblico
complice, ma mai chiamato in causa
direttamente (...). Shakespeare fa il
resto, mescolando romanzo, foresta,
fate bizzarre, amori divini e
principeschi» (“Mentelocale”). «Mai
Scritta nel 408-406 a.C. e rappresentata postuma, Le Baccanti è la grande
tragedia della debolezza umana, soprattutto quando si trova alle prese con una
divinità crudele e misteriosa. Deciso a imporre a Tebe il proprio culto orgiastico,
il dio Dioniso si presenta in città con il seguito delle sue Baccanti. Come primo
passo, conquista il vecchio re Cadmo; poi, fa sua seguace la regina madre Agave
e, infine, sconfigge il giovane sovrano Penteo che invano cerca di resistergli.
Considerata da Goethe la più bella delle tragedie di Euripide, Le Baccanti racconta
una storia terribile, che affonda le proprie radici nell’essenza stessa della natura
umana. Una storia attraversata dall’orrore (la madre che uccide e sbrana la prole),
ma anche dalla pietà (il pianto di Agave alla scoperta di essere lei la causa della
morte del figlio Penteo). Una tragedia insieme religiosa e umanissima, con la
quale, guidati dal loro insegnante Massimo Mesciulam, si cimentano ora i
giovani attori che frequentano il Master della Scuola di Recitazione dello Stabile
di Genova, proponendo a tutti gli spettatori, e in particolare agli studenti delle
scuole di ogni ordine e grado, la possibilità di venire a contatto con una delle
opere più significative di tutta la cultura occidentale, qui proposta nella versione
italiana che Edoardo Sanguineti approntò per la regia di Luigi Squarzina.
sopra, Filippo Giusti, Elisabetta Mazzullo, Alessio Praticò, Nicolò Giacalone
in basso, Daniela Camera e Valerio Puppo
come a questa prima con gli allievi
della Scuola di Recitazione dello
Stabile di Genova prossimi al diploma,
si è respirato un clima così europeo
per la spontaneità nel fruire il teatro
(...). La formula vincente? È quella del
rigore classico che diventa un’arma
anche per il comico» (“Il Secolo XIX”).
«Poco meno di due ore, dense di
ritmo, di colore, per un allestimento di
Sogno di una notte di mezza estate
reso completamente»
(“la Repubblica”). Nel portare sulla
scena questa favola, dove magia e
realtà si mescolano, divertono e danno
spazio alla fantasia e ai sentimenti,
Mesciulam si è concesso, però, la
libertà di aggiungere ai personaggi
shakespeariani anche un “suo”
personaggio, «il sognatore, un uomo
anziano che, all’inizio dello spettacolo,
è in una sorta di luna park dove a un
certo punto si addormenta e sogna le
persone che ha visto nella realtà in
situazioni che non sono più quelle
reali. Proprio come succede nei
sogni...». Sempre reali sono,
invece, i sentimenti e i corpi dei
personaggi, che gli attori fanno vivere
e muovere sulla scena. «Spingo gli
attori a prendere molto sul serio i
sentimenti e le situazioni che vivono i
personaggi» spiega il regista. «Mi
interessa riuscire a comunicare una
pienezza, far sì che gli esseri umani
protagonisti di questa commedia
siano capiti». E ancora: «Quello
rappresentato in Sogno di una notte di
mezza estate è un mondo dove i corpi
non sono costretti dalle convenzioni
borghesi ma dove il corpo palpita, si
agita, batte la testa per terra». E fa
emozionare e vivere anche il pubblico.
a.c.
Versione italiana: Edoardo Sanguineti
Regia: Massimo Mesciulam
Con: Gli allievi del Master della Scuola di Recitazione dello Stabile Mariangela Melato
al DUSE lunedì 28 aprile > domenica 4 maggio
Rappresentazioni di mattina (ore 11) per le Scuole di ogni ordine e grado su richiesta
e previ accordi con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico.
Rappresentazioni serali ore 20,30, domenica ore 16. Primo maggio riposo.
SUEÑA QUIJANO continua da pagina 4
4) Museo d’arte contemporanea
Villa Croce VENERDÌ 11 APRILE
ORE 10-18
Esposizione scenica:
Pezzi&Figure&Opere
Scene di Conversazione, P.L.A.T.E.A.
di Giulio Paolini, Immagini/Pezzi
da Verso Temiscira, Sueña Quijano
a “Quijote” nel libro d’artista
di Mimmo Paladino.
ORE 18
Performance tra Pezzi&Figure
con Carla Tatò (la Cantora) e Giovanna
Famulari (il Violoncello);
Orchestrazione scenica: Carlo Quartucci,
assistente: Gianmarco Mecozzi.
5) Teatro Duse
DA GIOVEDÌ 15 A SABATO 17 MAGGIO
ORE 6 AL PORTO ANTICO:
Alba. Improvvisazioni sceniche, video,
fotografiche con la Classe di Arti
Sceniche Contemporanee: Fuvio
Barigelli, Alex Bracci, Giordano
Gianfaglione, Monica Maffei, Elisa
Strabioli, Simona Verrusio.
ORE 10-18 A TEATRO:
Vai e vieni in continuum drammaturgico
Proiezioni, video, installazioni con la
Classe di Arti Sceniche Contemporanee,
i docenti e gli studenti dell’Università di
Genova, dell’Accademia di Belle Arti,
del Conservatorio Niccolò Paganini
e con il pubblico dello Stabile
di Genova testimone dal vivo del
viaggio di Sueña Quijano.
ORE 20.30 SUL PALCOSCENICO:
Cariatide Canzone Testi di Kounellis,
Beckett, Paolini, Borges, Fuchs,
Buren, Christiansen, Paladino, Conte,
Cotrone, Pirandello, Buonaccorsi,
Brecht, Gazzano, Euripide, Sanguineti,
Botta, Collo, Strangis, Shakespeare,
Tamerlano, Müller, Kleist, Pentesilea e
altri. Con Carla Tatò, Giovanna
Famulari (il Violoncello) e la Classe
di Arti Sceniche Contemporanee;
assistente: Gianmarco Mecozzi;
regia: Carlo Quartucci.
gennaio I maggio 2014
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6I
XIX Rassegna di drammaturgia contemporanea sul palcoscenico della Piccola Corte dal 13 al 31 maggio
“HELLZAPOPPIN”
LA PASSIONE E LA FATICA
DI ESSERE GIOVANI
FOYER DELLA CORTE // PROGRAMMA GENNAIO > APRILE // INGRESSO LIBERO
Prodotta dallo Stabile di Genova, la Rassegna di Drammaturgia Contemporanea giunge quest’anno alla XIX edizione e ribadisce il tradizionale interesse dello Stabile per i nuovi autori del teatro
internazionale. Ideata nel 1996 da Carlo Repetti, la Rassegna ha già sperimentati sessanta nuovi testi, numerosi dei quali sono poi diventati dei veri e propri spettacoli di produzione. Realizzata
anche con la collaborazione degli istituti di cultura stranieri operanti in Liguria, la Rassegna propone quest’anno sul palcoscenico della Piccola Corte tre nuovi testi provenienti dalla Germania,
dalla Gran Bretagna e dalla Polonia. Ciascuno spettacolo sarà rappresentato a Genova per cinque sere consecutive, da martedì a sabato (ore 20.30).
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
POLONIA
MERCOLEDÌ 22 GENNAIO – ORE 17.30
conversazione con Eros Pagni e Tullio Solenghi
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
MERCOLEDÌ 29 GENNAIO – ORE 17.30
conversazione con Adriana Asti
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
GIOVEDÌ 30 GENNAIO – ORE 17.30
Quanto è difficile essere uomini di pace
Lettura da L’umiltà del male di Franco Cassano
introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”)
MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO – ORE 17.30
conversazione con Pierfrancesco Favino e Ugo Dighero
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO, ORE 17.30
conversazione con Stefano Accorsi e Marco Baliani (COOP)
conduce Laura Guglielmi
GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO, ORE 17.30
Eros e cambiamento
Alla scoperta di se stessi, psicologia e mistica
Lettura da Simposio di Platone
introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”)
PICCOLA CORTE
PICCOLA CORTE
PICCOLA CORTE
da martedì 13 a sabato 17 maggio
(ore 20.30)
da martedì 20 a sabato 24 maggio
(ore 20.30)
da martedì 27 a sabato 31 maggio
(ore 20.30)
Detto
Gospodin
Vera
Vera
Vera
Una coppia
di poveri romeni
che parlano polacco
(Genannt Gospodin)
(Vera, Vera, Vera)
di Philipp Löhle
di Hayley Squires
(Dwoje biednych Rumunów
mówiących po polsku)
versione italiana di Umberto Gandini
regia di Mario Jorio
con gli allievi del Master
della Scuola di Recitazione
dello Stabile di Genova “Mariangela Melato”
versione italiana di Giuliana Manganelli
regia di Tommaso Benvenuti
con gli allievi del Master
della Scuola di Recitazione
dello Stabile di Genova “Mariangela Melato”
di Dorota Masłowska
versione italiana di Marco Valenti
regia di Marco Taddei
con gli allievi del Master della Scuola di Recitazione
dello Stabile di Genova “Mariangela Melato”
L’odissea di un uomo che ha dichiarato guerra
al sistema di vita nella società capitalista.
Ha scelto di vivere solo con un lama, ma se lo
vede sequestrare da Greenpeace. La moglie
l’abbandona. Gli amici e i parenti lo sfruttano,
approfittando del suo disinteresse ai soldi e alle
cose. Prima di essere ucciso, un amico pusher
gli affida una borsa piena di banconote, intorno
alla quale si aggirano amici e parenti. Gospodin
cerca di farsi rapinare, ma inutilmente. Alla
fine, la polizia lo arresta e finalmente in
carcere ritrova la sua serenità. Una vicenda
surreale e grottesca raccontata in modo fresco
e con deciso piglio anticapitalista. Ritratto
curioso di una generazione che affronta il
futuro senza aspettative.
Philipp Löhle (Ravensburg, 1978)
è uno degli autori di punta della nuova
drammaturgia tedesca e, scritto nel 2007,
Genannt Gospodin è il testo
che lo ha imposto all’attenzione del pubblico
e della critica per il suo stile agile ed efficace,
caratterizzato da scene brevi e sincopate,
con bruschi passaggi dal dialogo
alla narrazione.
Il titolo è l’iterazione del nome di battesimo di
Vera Lynn (1917-1996): la più celebre cantante
inglese nel corso della seconda guerra
mondiale, le cui liriche aprono le cinque scene
di cui il testo si compone. Sullo sfondo della
vicenda c’è il funerale di un ragazzo inglese
morto nella guerra in Afghanistan. Lo piangono
la sorella Emily, il fratello Danny e il suo
migliore amico Lee. Tra Danny e Lee c’è un
rapporto conflittuale alimentato anche dal fatto
che Lee è da alcuni mesi il segreto amante di
Emily. La morte di quel soldato in Afghanistan è
motivo di lutto anche per la cugina Charlie e
per Sammy, il quale è però distratto soprattutto
dalla sfida da lui lanciata a un coetaneo, reo a
suo dire di un insulto sportivo.
Hayley Squires (1989) è una giovane
attrice inglese della quale
Vera, Vera, Vera segna l’esordio
come drammaturga.
Rappresentato per la prima volta al Royal Court
di Londra nel 2012, il testo traccia,
con linguaggio sciolto e vivace,
il ritratto di una generazione alla disperata
ricerca di se stessa.
Sulle strade della Polonia post-comunista,
s’incontrano un attore che recita una piccola
parte in un serial televisivo e una ragazza
madre senza lavoro. Insieme viaggiano facendo
l’autostop. Presentandosi come “poveri romeni
che parlano polacco”, impongono la loro
presenza a un automobilista padre di famiglia
che vede in loro soprattutto due potenziali
delinquenti; entrano in un bar che assomiglia
molto a un bordello; hanno un incidente a
bordo dell’auto condotta da una ricca borghese
che annega nell’alcool il male di vivere;
incontrano un vecchio clochard
teledipendente. Quello di questi due giovani è
un viaggio senza speranza, sospeso tra realismo
e incubo esistenziale: inesorabilmente votato
alla tragedia.
Dorota Masłowska (1983) aveva 19 anni
quando, nel 2002, scrisse questa commedia
nella quale riprende alcuni temi del romanzo,
edito anche in Italia con il titolo di Prendi
tutto, che si era imposto all’attenzione
del pubblico e della critica internazionale, per
la sua capacità di riflettere sullo stato della
nuova generazione polacca.
gennaio I maggio 2014
VENERDÌ 14 FEBBRAIO, ORE 17
Donne in cammino Letture da
Nettare in un setaccio di Kamala Markandaya
(Associazione “L’incantevole aprile”)
GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO, ORE 17.30
I pensieri delle parole
intervengono Maddalena Crippa, Ivano Fossati e Marino Bartoletti
MERCOLEDÌ 26 FEBBRAIO, ORE 17.30
I pensieri delle parole
intervengono Elio De Capitani e Ferdinando Bruni,
Lucia Annunziata e Antonio Ferrari
GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO, ORE 17.30
Empatia, neuroscienze e futuro
Lettura da La civiltà dell’empatia di Jeremy Rifkin
introduce Marco Scardovelli (Associazione “Aleph”)
MERCOLEDÌ 5 MARZO, ORE 17.30
conversazione con Gabriele Lavia
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
GIOVEDÌ 6 MARZO, ORE 17
Dino Campana e i Canti orfici: un centenario
Conferenza di Andrea Aveto (Fondazione M. Novaro)
MERCOLEDÌ 12 MARZO, ORE 17.30
conversazione con Toni Servillo
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
GIOVEDÌ 13 MARZO, ORE 17
Dino Campana e i Canti orfici: un centenario
Faust era giovane e bello
Conferenza di Isabella Tedesco Vergano (Fondazione M. Novaro)
MERCOLEDÌ 19 MARZO, ORE 17.30
conversazione con Luca Lazzareschi e Gaia Aprea
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
GIOVEDÌ 20 MARZO, ORE 17
Dino Campana e i Canti orfici: un centenario
Campana e la Liguria
Conferenza di Francesco De Nicola (Fondazione M. Novaro)
GIOVEDÌ 27 MARZO, ORE 17
Dino Campana e i Canti orfici: un centenario
Tempesta emotiva, conferenza di Maria Teresa Morasso
e Marco Ercolani (Fondazione M. Novaro)
MERCOLEDÌ 2 APRILE, ORE 17.30
conversazione con Sebastiano Lo Monaco
a cura di Umberto Basevi (Ass. Teatro Stabile di Genova)
MERCOLEDÌ 9 APRILE, ORE 17.30
I pensieri delle parole
intervengono Giulio Scarpati e Don Ciotti
VENERDÌ 11 APRILE, ORE 17
Donne in cammino Letture da
Strappami la vita di Angeles Mastretta (Ass. “L’incantevole aprile”)
TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:35 Pagina 7
I7
Le Grandi Parole
alla Corte
quattro appuntamenti per leggere e raccontare l’Iliade di Omero
Per la diciannovesima edizione
del ciclo dedicato alle Grandi
Parole dell’Umanità, il Teatro
Stabile di Genova propone
quattro appuntamenti con la
grande epica classica, cui darà
voce ogni volta (due lunedì
sera e due sabato pomeriggio:
dal 20 gennaio al 1° febbraio)
una coppia di attori del teatro
italiano, i quali – alternandosi
al leggio – faranno rivivere in
ordine cronologico, attraverso un’ampia scelta antologica tra i versi dei
ventiquattro libri che compongono
l’Iliade, tutta la vicenda raccontata nel
corso di quelle poche settimane dell’ultimo
anno della guerra di Troia che si aprono
con l’ira di Achille e si concludono con il
funerale di Ettore. L’ Iliade è un romanzo insieme storico
(l’impresa panellenica sulle coste della Troade intesa come guerra di conquista
coloniale) e mitico (il rapimento di Elena da parte di Paride assunto come
causa del conflitto e la personale partecipazione degli dèi a favore di uno o
dell’altro contendente), ma è anche un romanzo attraversato dalle grandi
passioni e dai grandi sentimenti umani: dall’ira di Achille all’amore coniugale
e paterno di Ettore, dai forti legami di amicizia (quella tra Achille e Patroclo,
soprattutto) all’arroganza del potere di Agamennone o all’astuzia di Ulisse,
dalla realistica rappresentazione dei duelli tra eroi al lutto per i morti, con
infine la supplica di Priamo per poter dare gli onori funebri a Ettore, il suo
figlio prediletto. Quattro incontri concentrati sul palcoscenico nella seconda
metà di gennaio e affidati alla conduzione di altrettanti esponenti di primo
piano della cultura italiana: il grecista Guido Paduano, autore della
traduzione edita da Einaudi-Gallimard, alla modernità della quale si è scelto
di fare riferimento per le letture; il responsabile editoriale dell’Einaudi,
Ernesto Franco, che è anche scrittore e competente conferenziere; la filosofa
Nicla Vassallo dal recente esordio nel campo della poesia; e il romanziere
Maurizio Maggiani, che dell’ Iliade è da sempre un attento estimatore.
Al Teatro della Corte l’ingresso è libero sino a esaurimento dei posti.
A richiesta, saranno rilasciati attestati di frequenza agli insegnanti e agli studenti.
Si ringraziano per la collaborazione
e
Canta l’ira di Achille
LUNEDÌ 20 GENNAIO,
ORE 20.30
Uomini e dèi: l’ira di Achille
LIBRI: I - II
conduce Guido Paduano
leggono Omero Antonutti e Orietta Notari
SABATO 25 GENNAIO,
ORE 17
Uomini e dèi: duelli, amori e sfide
LIBRI: III - IV - V - VI - VIII - XIV - XV
conduce Ernesto Franco
leggono Eros Pagni e Barbara Moselli
LUNEDÌ 27 GENNAIO,
ORE 20.30
Patroclo e Achille: amicizia e morte
LIBRI: XVI - XVII - XVIII
conduce Nicla Vassallo
leggono Massimo Popolizio e Alice Arcuri
SABATO 1 FEBBRAIO,
ORE 17
Achille e Ettore: la supplica di Priamo
LIBRI: XIX - XX - XXI - XXII - XXIV
conduce Maurizio Maggiani
leggono Tullio Solenghi e Massimo Mesciulam
Guido Paduano nato a Venezia nel 1944, è professore ordinario di Filologia Classica
presso l’Università di Pisa. I suoi maggiori interessi di ricerca sono l’epica, il teatro antico,
la teoria della letteratura, la drammaturgia musicale dell’Ottocento.
Ha tradotto molti dei maggiori classici dell’antichità, tra i quali l’ Iliade edita
da Einaudi-Gallimard che viene utilizzata dallo Stabile nei quattro incontri
in programma. Ha collaborato come traduttore a mises en scène di Mario Martone
(Edipo Re, Edipo a Colono, Filottete, ecc.),
Walter Pagliaro (Antigone, Elettra), Daniele Salvo (Aiace).
Ernesto Franco nato a Genova nel 1956, è scrittore e direttore editoriale dell’Einaudi.
Studioso della cultura ispano-americana, ha tradotto opere di Jorge Luis Borges,
Julio Cortazar, Alvaro Mutis, Octavio Paz, Ernesto Sabato e Mario Vargas Llosa.
È autore di alcune opere narrative, tra le quali Isolario (1994), Vite senza fine
(Premio Viareggio, 1999), Nostro mostro Moby Dick (2003) e Usodimare:
un racconto per voce sola (2007). È stato più volte tra i relatori
delle serate dedicate dallo Stabile alle “Grandi Parole”: da Le ragioni del mito
(2002) ai tre cicli di Fare gli italiani (2009-11).
Nicla Vassallo nata a Imperia nel 1963, è professoressa ordinaria di Filosofia teoretica presso
l’Università di Genova. La sua formazione culturale si è svolta soprattutto nel campo
degli studi di epistemologia, ma da filosofa non dogmatica e aperta alla
discussione pubblica ha rivolto i suoi impegni più recenti ai temi degli amori
non eterosessuali, compreso quello tra Patroclo e Achille.
Tra le ultime opere da lei pubblicate, sono Filosofia delle conoscenze (2006),
Filosofia delle donne (2007), Per sentito dire (2011), Conversazioni (2012)
e la raccolta di poesie (1983-2013) Orlando in ordine sparso.
Maurizio Maggiani nato a Castelnuovo Magra nel 1951, è romanziere e giornalista.
È stato conduttore della trasmissione televisiva La storia siamo noi. Tra le sue opere,
vincitrici di numerosi premi nazionali, si possono ricordare Màuri, màuri (1989), Vi ho già
tutti sognati una volta (1990), Felice alla guerra (1992), Il coraggio del pettirosso
(1995), La regina disadorna (1998), È stata una vertigine (2003), Il
viaggiatore notturno (2005), Mi sono perso a Genova (2007), Meccanica
celeste (2010). Nel 2008 ha pubblicato il CD Storia della meraviglia, tratto
dallo spettacolo teatrale scritto e interpretato con Gian Piero Alloisio.
gennaio I maggio 2014
TGE18513_GiornaleWEB_Schema Giornale 2012 13/01/14 15:36 Pagina 8
8I
Spettacoli ospiti dal 15 gennaio all’ 11 maggio
PICCOLI UOMINI FEROCI
L’INCONTRO POSSIBILE
da Luigi Pirandello
di Anna Solaro
Corte, 23 aprile fuori programma
Regia: Anna Solaro
Due mondi a confronto (il carcere e il
“fuori”, gli adulti e i bambini), per
celebrare il rito dell’incontro, dell’ascolto e
della scoperta dell’altro.
Duse, 24 marzo
GIOCANDO CON ORLANDO
CLÔTURE DE L’AMOUR
di Marco Baliani da Ariosto
IL DIVORZIO
di Pascal Rambert
Corte, 11-16 febbraio
di Vittorio Alfieri
Duse, 15-19 gennaio
Regia: Marco Baliani
Amore braccato, tradito.
Baliani e Stefano Accorsi rileggono il
capolavoro di Ariosto in un girotondo
dei sentimenti, della guerra e della vita.
Regia: Pascal Rambert
Due sguardi, due parole, due corpi e due
silenzi per raccontare la violenza di un
amore che muore. Regia di Pascal
Rambert, con Luca Lazzareschi e Tamara
Balducci.
Duse, 26 febbraio - 2 marzo
Regia: Beppe Navello
La vena sarcastica di un classico che tutti
travolge: donne e uomini, giovani e
vecchi, genitori e figli, innamorati e
cicisbei. Soprattutto “il fetor dei costumi
italicheschi”.
LA MISTERIOSA
SCOMPARSA DI W
L’AFFAIRE PICPUS
OH DIO MIO!
di Stefano Benni
di Enrico Bonavera e
di Anat Gov
Duse, 12-16 febbraio
Duse, 21-26 gennaio
Regia: Giorgio Gallione
Ambra Angiolini vive con dolorosa
allegria il dramma surreale di possedere
un nome (V.) che è solo la metà
di un altro (W.)
Christian Zecca
Duse, 3-6 marzo
Regia: Nicola Pistoia
Dopo secoli di delusioni da parte
dell’umanità, anche Dio ha bisogno
dello psicanalista. Tragicomico
apologo con Viviana Toniolo
e Vittorio Viviani.
LA LOCANDIERA
Regia: Christian Zecca
Da un racconto di Gogol’:
viaggio surreale nell’arte di far ridere
a causa di un naso improvvisamente
perduto. Con Enrico Bonavera
mattatore.
di Carlo Goldoni
Corte, 18-23 febbraio
LA VOCE UMANA /
IL BELL’INDIFFERENTE
di Jean Cocteau
Duse, 28 gennaio - 2 febbraio
Regia: Benoît Jacquot
Dittico d’autore, per raccontare il dolore
e la passione di una donna rimasta sola.
Con Adriana Asti
protagonista
assoluta.
SERVO PER DUE
di Richard Bean da Goldoni
Regia:
Giuseppe Marini
La modernità di un classico
del Settecento, con
Nancy Brilli nel ruolo di
Mirandolina: una donna
moderna, forte e volitiva.
ITALIA MIA ITALIA
I PILASTRI DELLA
SOCIETÀ
di Henrik Ibsen
Corte, 4-9 marzo
Regia: Gabriele Lavia
Il malessere e le debolezze della
borghesia, in un dramma classico che
affronta temi di scottante attualità come
la menzogna sociale e la mancanza di
moralità individuale e collettiva.
Con Lavia regista e protagonista.
Corte, 25-30 marzo
Regia: Alfredo Arias
Il mondo del circo come sintesi
tra l’arte di far ridere e l’arte
di far piangere. Un classico del teatro
partenopeo rivisitato dall’ estroso
regista argentino.
Regia: Alessandro Gassmann
Giustizia e vendetta, perdono e pena, per
uno spettacolo che ha l’andamento
coinvolgente di un “giallo”.
Con Giulio Scarpati (la vittima) e Claudio
Casadio (il colpevole).
ADESSO ODESSA
di Moni Ovadia
e Pavel Vernikov
Corte, 28, 29, 30 aprile
IL GIORNO DELLA CIVETTA
Regia: Moni Ovadia
Un viaggio fra musica e parole nelle
viscere della perla del Mar Nero,
protagonista dei racconti di Isaak Babel.
Con Ovadia e tre musicisti “dal vivo”.
da Leonardo Sciascia
Duse, 9-13 aprile
LO STRANIERO
Duse, 26-30 marzo
Regia: Franco Però
Un classico della letteratura moderna, per
raccontare sulla scena lo spaesamento e la
definitiva mancanza di riferimenti che
caratterizzano la nostra epoca.
Semplice ed esemplare.
Regia: Daniela Ardini
Dal romanzo di Sciascia, una storia di
mafia che conserva ancora oggi intatta
tutta la sua attualità e la sua forza di
denuncia.
TUTTO MATTO
LA MAMMA PIÙ FORTE
DEL MONDO
di Daniele Vecchiotti
di Barbara Moselli
Duse, 14-17 aprile
Duse, 6-11 maggio
fuori abbonamento
Regia: Marco Pasquinucci
Due ex allievi dello Stabile (Ilaria Pardini e
Marco Pasquinucci) per uno spettacolo
che racconta gli anni ‘80: recitazione,
canto e coreografia.
Regia: Matteo Alfonso e Tommaso Benvenuti
Uno spaccato quotidiano di vita
domestica. Una famiglia “atipica” che si
rivela, attraverso le proprie vicissitudini,
portatrice di voci comuni. Con Orietta
Notari, Vito Saccinto e Barbara Moselli.
Duse, 19-23 febbraio
LE VOCI DI DENTRO
Regia: Peter Stein
Parole e musica di autori classici e
contemporanei per il viaggio di
un’attrice-cantante (Maddalena
Crippa) che ama coniugare
il vitalismo
scenico con
l’impegno civile.
di Eduardo De Filippo
NON È VERO MA CI CREDO
Corte, 11-16 marzo
di Peppino De Filippo
VOGLIO TORNARE A CASA
Regia: Toni Servillo
Quando il sogno produce la realtà, grazie
a un grande autore del Novecento e a un
attore-regista in un momento felice della
sua carriera. Con Toni e Peppe Servillo.
Corte, 1-6 aprile
di Davide Ferrari
ACOUSTIC NIGHT 14
Regia: Michele Mirabella
Sguardo scanzonato sulla proverbiale
superstizione dei napoletani.
I siparietti di Carosello e casalinghe feste
anni Cinquanta per una comicità
travolgente e paradossale.
Con Sebastiano Lo Monaco mattatore.
Corte, 15, 16, 17 aprile
di Beppe Gambetta
fuori abbonamento
Regia: Davide Ferrari
Tra realtà e rielaborazione fantastica:
narrazioni, sogni, condizioni e origini
del popolo migrante. La musica come via
di fuga da un quotidiano surreale.
Regia: Beppe Gambetta
e Federica Calvino Prina
La nuova edizione di Acoustic Night di
Beppe Gambetta è dedicata al confronto
con Le nuove generazioni.
Corte, 8, 9, 10 maggio
FROST / NIXON
di Peter Morgan
ANTONIO E CLEOPATRA
Ministero Beni e Attività Culturali
Corte, 25 febbraio - 2 marzo
di William Shakespeare
soci fondatori
Corte, 18-23 marzo
COMUNE DI GENOVA
Regia: Luca De Fusco
Shakespeare tra teatro, video e musica.
Uno spettacolo che mescola i linguaggi e
le diverse tonalità audiovisive per
raccontare gli amori e la morte
di due protagonisti della Storia.
Con Luca Lazzareschi
e Gaia Aprea.
GRANDI INCONTRI
gennaio I maggio 2014
di Raffaele Viviani
di Maddalena Crippa
Regia: Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
Duello tra potere politico e potere
dell’informazione per l’ex Presidente
Richard Nixon e il giornalista David Frost.
Da un fatto vero, con i due registi divertiti
e divertenti protagonisti.
a Palazzo Ducale
OSCURA IMMENSITÀ
da Massimo Carlotto
Corte, 8-13 aprile
CIRCO EQUESTRE
SGUEGLIA
di Albert Camus
Corte, 4-9 febbraio
Regia: Pierfrancesco Favino
e Paolo Sassanelli
Il Goldoni di Arlecchino servitore di due
padroni riletto con comicità anglosassone
e trasferito sul litorale di Rimini.
Con Pierfrancesco Favino
c’è anche Ugo Dighero.
fuori programma
Regia: Saverio Soldani
Dittico pirandelliano – L’imbecille e La
giara – per una umanità sempre sospesa
tra dramma e umorismo, tra la “maschera”
e il personaggio in cerca d’identità.
Università dei genitori 16 gennaio_6 aprile
Le religioni e il male 20 gennaio_24 febbraio
Com’è fatto il mondo? 21 gennaio_25 febbraio
La coscienza e il cervello 22 gennaio_12 marzo
I capolavori raccontati 23 gennaio_13 marzo
Crisi della politica e “Terza Repubblica” 24 gennaio_28 febbraio
Primavere e inverni arabi 7 marzo_28 marzo
L’invenzione dell’eterosessualità 14 marzo_2 aprile
Psico_pato_logie maggio 2014
1914_1918: una guerra grande maggio_giugno 2014
IL PRINCIPE
PROVINCIA DI GENOVA
di Stefano Massini
da Niccolò Machiavelli
REGIONE LIGURIA
Duse, 2-6 aprile
sostenitore
Regia: Stefano Massini
L’arte di “fare un Principe all’Italia”
trasferita in cucina, facendosi suggerire
dallo stesso Machiavelli gli ingredienti
e i condimenti più adatti.
sostenitore
partner della stagione
numero 39 • gennaio | maggio 2014
Edizioni Teatro Stabile di Genova
piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Prof. Eugenio Pallestrini
Direttore artistico e organizzativo Carlo Repetti
Condirettore Marco Sciaccaluga
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione Trib. di Genova n° 34 del 17/11/2000
Progetto grafico:
art: Bruna Arena, Genova (18113)
Stampa: Litoprint Genova
LA STORIA IN PIAZZA 10_13 aprile 2014 I tempi del cibo
a cura di Donald Sassoon, con Luca Borzani e Antonio Gibelli
Il tema della quinta edizione verrà declinato secondo diverse chiavi di lettura – storica, sociologica, geopolitica, culturale,
artistica – con un’attenzione particolare ai temi della sostenibilità ambientale, in linea con l’impostazione dell’Expo 2015.
Tra gli altri:
Marco Aime, Maurice Aymard, Eva Cantarella, Francesco Cavalli Sforza, Lucio Caracciolo, Mireille Corbier,
Marc de Ferrière Le Vayer, Antonio Guerci, Vito Mancuso, Lauro Martines, Salvatore Natoli, Geoff Nowell Smith,
Cormac O’Grada, Massimo Quaini, Osvaldo Raggio, Claudia Roden, Stefano Rodotà, Roel Sterckx, Sami Zubaida
ANTICIPAZIONE
4 marzo 2014_ore 17.45
Serge Latouche Il cibo e l’abbondanza frugale