206 Voci di un dizionario parlamentare carattere sempre più

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206 Voci di un dizionario parlamentare carattere sempre più
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Voci di un dizionario parlamentare
carattere sempre più assorbente delle
relative attività, in conseguenza sia dell'estendersi dei settori presi in considerazione dalla Stato, sia del fenomeno più
volte discusso dell'elefantiasi legislativa
che sembra caratterizzare in particolare
il nostro Paese.
In proposito si ricorderà anche un'antica pronuncia della Corte costituzionale
tedesca, secondo cui l'indennità parlamentare corrisponderebbe sempre maggiormente ad una remunerazione per
i servizi prestati nel Parlamento e assumerebbe il carattere di una retribuzione o di uno stipendio {Entscheidungen
des Bundesverfassungsgerchts, Tubinga,
1956,4,151).
In conclusione: l'evoluzione normativa concernente il trattamento tributario
(con una crescente tendenza alla fiscalizzazione), il regime del sistema contributivo, la disciplina dell'aspettativa per i
pubblici dipendenti (senza assegni e
sempre più rigorosa) e la normativa sulla
ed. "previdenza dei parlamentari" sembra denotare la tendenza a caratterizzare
l'indennità parlamentare per la sua natura (esclusivamente ed integralmente) retributiva.
L.C.
nerali di un progetto di legge, eventualmente ampliata ai sensi del comma 2
dell'articolo 83 R.C. o articolata su ciascuna parte o ciascun titolo del progetto
ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, ovvero prima che essa si apra, nonché durante le repliche di relatore e Governo, al termine della discussione sulle
linee generali. Lo strumento serve a "impedire il passaggio all'esame degli articoli", come dispone espressamente il comma 1 dell'articolo 84 R.C. e come lascia
intendere la previsione di cui all'articolo
96, comma 1, R.S., infatti la sua approvazione determina la sostanziale reiezione del progetto.
Occorre infatti osservare che non è
possibile trovare un'autonoma giustificazione all'esistenza di questo istituto rispetto a quello della pregiudiziale al di
là del diverso regime procedurale, soprattutto (almeno alla Camera) per quanto riguarda la fase della discussione. Al
Senato è ormai estremamente difficile
differenziare i due strumenti, infatti sulle pregiudiziali si articola una discussione in cui possono parlare un deputato
per gruppo, per non più di dieci minuti,
ai sensi dell'articolo 93, comma 4, R.S.,
mentre sulle proposte di non passaggio
agli articoli, in via di prassi, è ammessa
una dichiarazione di voto per ciascun
Ordini del giorno di non passaggio gruppo, sempre per dieci minuti. L'unica differenza tra i due strumenti risiede
agli articoli
nel fatto che le proposte di non passagLa disciplina di tale strumento è es- gio possono essere votate sia per alzata
senzialmente contenuta nell'articolo 84 di mano sia con voto nominale elettroniR.C., che ne prevede le condizioni di co, mentre per le pregiudiziali l'articolo
ammissibilità e di procedibilità. Il com- 93, comma 5, R.S., prevede il solo voto
ma 1 dispone che gli ordini del giorno di per alzata di mano. A conferma di quannon passaggio possono essere presentati to appena esposto si ricorda il precedennel corso della discussione sulle linee ge- te dell'Assemblea del Senato del 1° ago-
Ordini del giorno di non passaggio agli articoli
sto 1995 (Resoc. sommario, p. 12), in cui
è stato presentato, a discussione generale ormai chiusa, uno strumento formalmente qualificato come "questione pregiudiziale ai sensi dell'articolo 93 R.S."
(che ne esclude però la presentabilità in
tale fase procedurale) ma che in sostanza
appare una proposta di non passaggio
agli articoli, soprattutto in virtù del fatto
che l'articolo 96, comma 1, R.S., ammette espressamente che essa è presentabile
"prima che abbia inizio l'esame degli articoli". Si ricorda ancora il precedente
dell'Assemblea del Senato del 4 aprile
1995 (Resoc. sommario, pp. 17-19), in
cui una pregiudiziale ed una proposta di
non passaggio sono state esaminate in
concorso tra loro, anche se votate separatamente (prima la pregiudiziale e poi
la proposta).
Con riferimento invece alla disposizione di cui all'articolo 84 R.C., si rileva
una certa contraddittorietà della formulazione del comma 1, che, anche alla luce di diversi precedenti, può essere così
chiarita:
- l a presentazione effettuata nei termini
legittima il proponente a svolgere l'ordine del giorno per non più di dieci
minuti;
-nell'ipotesi in cui sia deliberata la
^chiusura della discussione ai sensi del_ l'articolo 44 R.C., l'ultimo periodo del
comma 1 prevede che il presentatore
può solo illustrarlo, sempre per dieci
minuti, ma a condizione che sia intervenuto nella discussione generale, altrimenti può soltanto intervenire per
dichiarazione di voto nello stesso (Assemblea, 18 maggio 1982, p. 18);
- s e lo strumento è presentato dopo la
chiusura della discussione ma comun-
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que prima dell'esaurimento degli interventi del relatore e del Governo, non
può essere né svolto né illustrato (Assemblea, 23 ottobre 1986, p. 18; 30
novembre 1988, p. 22; 3 aprile 1990,
p. 9; 18 maggio 1990, p. 4; 11 luglio
1990, p. 7; 8 maggio 1991, p. 5; 24 ottobre 1991, p. 10), anche alla luce della considerazione per la quale svolgimento e illustrazione sono state sempre
considerate espressioni equivalenti
(Assemblea, 15 maggio 1980, p. 18).
Lo svolgimento è consentito anche se
il deputato sia già intervenuto in sede di
discussione generale (Assemblea, 16
gennaio 1977, pp. 11-12), a meno che
questi non abbia ammesso espressamente in quella sede di aver svolto anche
l'ordine del giorno (Assemblea, 30 luglio
1974, p. 4).
Per quanto riguarda poi la votazione
di più ordini del giorno, questa non potrà che avvenire in un'unica sede, attesa
la natura procedurale dell'istituto e la
funzione preclusiva dell'ulteriore corso
dell'iter che il Regolamento vi riconduce
(Assemblea, 18 gennaio 1977, p. 16; 11
aprile 1978, p. 12; 18 luglio 1978, p. 6;
18 maggio 1982, p. 18).
Comunque, la votazione degli ordini
del giorno avviene sempre dopo le repliche del relatore e del Governo anche se
siano stati svolti dopo la chiusura della
discussione generale (Assemblea, 17 luglio 1974, p. 4).
Alla luce delle considerazioni di cui
sopra e tenuto conto della natura dello
strumento, le condizioni di ammissibilità
al voto degli ordini del giorno di non
passaggio agli articoli possono essere così sintetizzate:
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a) l'assenza di espressioni o formule
sconvenienti e la pertinenza delle motivazioni all'oggetto della discussione,
ai sensi dell'articolo 89 R.C. che, essendo norma generale dettata con
riferimento agli emendamenti e a tutti
gli ordini del giorno, sembrerebbe
applicabile, in quanto compatibile,
anche allo strumento in esame;
b) l'avvenuta presentazione prima o nel
corso della discussione sulle linee generali, nel qual caso possono essere
svolti;
e) l'avvenuta presentazione dopo la chiusura della discussione sulle linee generali ma durante o dopo le repliche
del relatore e del Governo, nel qual
caso non possono essere né svolti né
illustrati ma solo ammessi al voto (Assemblea, 8 maggio 1991, p. 5). È comunque sempre possibile effettuare
dichiarazioni di voto, anche da parte
dello stesso proponente (Assemblea,
11 aprile 1978, p . 12; 22 febbraio
1984, p. 16; 13 marzo 1986, pp. 1819), che in talune occasioni sono state
limitate a cinque minuti (Assemblea,
23 ottobre 1986).
Determina invece l'inammissibilità al
voto l'avvenuta presentazione dopo la
posizione della questione di fiducia. Infatti la Presidenza (Assemblea, 23 gennaio 1980, p. 81), ha affermato che la
posizione della questione di fiducia (nel
caso di specie, sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625),
"anche in relazione alla fase procedurale
in cui interviene, produce, in base alle
norme regolamentari ed alla prassi, particolari effetti sull'ordinario iter di ap-
provazione del provvedimento. La posizione della questione di fiducia chiama
in causa in modo particolare l'applicazione dell'articolo 116 del Regolamento,
ed ha riflessi anche di ordine costituzionale su molti aspetti del procedimento
in corso"; in quell'occasione era stato infatti presentato un ordine del giorno di
non passaggio agli articoli mentre la fiducia era stata posta prima del passaggio
all'articolo unico e quindi prima dell'illustrazione degli emendamenti. Sulla
base di queste premesse la stessa Presidenza aveva ritenuto, dopo aver consultato la Giunta per il Regolamento, che
l'ordine del giorno non poteva essere né
svolto né posto in votazione perché
avrebbe precluso con un voto libero la
decisione della Camera sulla fiducia al
Governo, ai sensi dell'articolo 94 della
Costituzione e dell'articolo 116 R.C., e
che la questione di fiducia, modificando
appunto l'ordinario procedimento di discussione ed approvazione dei progetti
di legge, dava vita ad un iter autonomo e
speciale, come oltretutto appariva confermato dalla collocazione della citata
disposizione nella parte terza del Regolamento. Questo orientamento interpretativo è poi stato rispettato in tutte le occasioni successive.
Sono invece stati considerati ammissibili ordini del giorno di non passaggio
agli articoli motivati con rilievi di costituzionalità (Assemblea, 9 novembre
1971, p. 5; 18 gennaio 1977, pp. 8-9),
cosa che, tra l'altro, ne conferma la parentela con l'istituto della pregiudiziale,
ordini del giorno presentati con riferimento a disegni di legge inemendabili
(Assemblea, 27 marzo 1985, p. 4, in occasione della discussione del progetto di
Ordini del giorno di non passaggio agli articoli
legge recante "Disposizioni sugli enti e
beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio
nelle diocesi", e Assemblea, 10 ottobre
1985, pp. 24 ss., in occasione della discussione del progetto di legge recante
"Modifiche allo Statuto della Regione
Lombardia"), nonché ordini del giorno
presentati in concorso con la proposta
di deferimento del testo alla Commissione in sede redigente: quest'ultima
questione ha la priorità in sede di votazione sui primi, stante la previsione di
cui all'articolo 96, comma 1, R.C., per la
quale l'Assemblea, prima di passare all'esame degli articoli, può decidere di deferire alla competente Commissione la
definizione del testo degli articoli (Assemblea 19 ottobre 1982, pp. 9-10; in
quella occasione la Presidenza decideva di procedere in tal senso, ricordando
che, ai sensi dell'articolo 85 R.C., all'esame degli articoli si passa senza particolari formalità subito dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, a meno che sia presentato un ordine
del giorno di non passaggio, in quanto
l'eventuale approvazione dello strumento equivarrebbe ad una vera e propria
reiezione del progetto nel suo complesso
e lascerebbe così preclusa la possibilità
di applicare la previsione di cui all'articolo 96, comma 1, R.C.).
In caso di richiesta e qualora ricorrano le ipotesi di cui all'articolo 49, comma 1, R.C., è stato ammesso anche il voto a scrutinio segreto (Assemblea, 10
dicembre 1981, p. 17; 22 febbraio 1984,
p. 16), nonostante eccezioni sollevate
sotto il profilo per il quale, quand'anche
il progetto recasse norme che coinvolgessero taluni dei profili tutelati dall'ar-
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ticolo 49 R.C., con la presentazione di
un ordine del giorno quello che veniva
posto in questione non era tanto il contenuto del provvedimento quanto la sola
opportunità di provvedere legislativamente su quella materia, con ciò assimilando in sostanza lo strumento ad una
questione sospensiva. La Presidenza invece nella ricordata circostanza aveva rilevato che la differenza tra i due strumenti risiede proprio nel fatto che l'ordine del giorno, se approvato, "ha effetti
reiettivi del provvedimento cui si riferisce, con ciò comportando una decisione
definitiva sul merito", e per tale stretta
connessione potrebbe più che altro essere assimilato ad una questione pregiudiziale, in ordine alla quale sono state ammesse votazioni a scrutinio segreto, piuttosto che ad una sospensiva, per la quale
non si è mai fatto ricorso a questo tipo
di scrutinio (Assemblea, 3 aprile 1990,
p. 10).
Il voto su questi strumenti può anche
essere fatto slittare ad altra seduta, comprendendo le relative dichiarazioni di
voto (Assemblea, 28 luglio 1981, p. 5).
La disciplina sugli ordini del giorno
di non passaggio agli articoli di cui all'articolo 84 R.C. è genericamente applicabile in Commissione, per effetto del
rinvio alle disposizioni di cui al capo
XVII (in cui l'articolo 84 R.C. è compreso) contenuto nell'articolo 94, comma 1,
R.C., all'esame dei progetti di legge in
sede legislativa, nonché, per effetto del
rinvio recato dall'articolo 96, comma 4,
R.C. al citato articolo 94, comma 1,
R.C., anche all'esame dei progetti in sede redigente.
Il ricorso a tale strumento non è inve-
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ce ammissibile, oltre alle ipotesi sopra
ricordate:
a) nell'esame in sede referente, data l'assenza di effetti preclusivi tra i passaggi procedurali in cui si articola quella
sede;
b) in occasione dell'esame di disegni di
legge di conversione di decreti-legge,
per espressa disposizione dell'articolo
96-bis, comma 5, R.C.;
e) nell'esame, ai fini della seconda deliberazione, dei progetti di legge costituzionale, ai sensi dell'articolo 99,
comma 3, R.C.;
d) nell'esame dei provvedimenti finanziari durante la sessione di bilancio,
per la previsione di cui all'articolo
122, comma3,R.C;
e) nel corso del procedimento di esame
di modifiche al Regolamento (Assemblea, 30 settembre 1988, pp. 3 ss.).
R.D.
Dichiarazioni di voto
La dichiarazione di voto è uno dei
pochi istituti del diritto parlamentare
citati dalla Costituzione, il cui articolo
72, al terzo comma, la menziona, sia pure incidentalmente, con formula peraltro
ambigua e che ha consentito lo sviluppo
di diversi modelli nei due rami del Parlamento, in relazione alla sede redigente.
Mentre l'articolo 50 del Regolamento
della Camera prevede la facoltà per tutti
i deputati di intervenire "per una pura e
succinta spiegazione del proprio voto e
per non più di dieci minuti" ogni volta
che l'Assemblea o la Commissione stia
per procedere ad una votazione, salvo
nei casi in cui la discussione sia limitata
per espressa disposizione del Regolamento, l'articolo 109 del Regolamento del Senato distingue tra il semplice annuncio
del voto, consentito a ciascun senatore
prima di ogni votazione per alzata di
mano (comma 1), e la dichiarazione di
voto in nome del gruppo di appartenenza o in dissenso rispetto al proprio gruppo (purché il numero dei dissenzienti,
precisa il comma 2, "sia inferiore alla
metà di quello degli appartenenti al
gruppo stesso").
L'ottica ispiratrice della disposizione
contenuta nell'articolo 50 del Regolamento della Camera, attenta a non conculcare il diritto alla parola di ciascun
deputato, purché si attenga alla pura
spiegazione del voto (in qualche occasione, il Presidente di turno ha richiamato
il deputato all'oggetto della dichiarazione, rammentando la facoltà concessa
dall'articolo 39 del Regolamento di interdire la parola ad oratore che, richiamato
due volte alla questione, seguiti a discostarsene: seduta del 21 gennaio 1988) è
parzialmente contraddetta da tre ordini
di fattori: 1) altre disposizioni del Regolamento relative alle dichiarazioni di voto attribuiscono in diversi casi tale facoltà ad un deputato per gruppo (facendo
salvo, talora, il diritto dei dissenzienti);
2) la prassi applicativa della disposizione
in esame in merito alle dichiarazioni di
voto finale su progetti di legge; 3) le modifiche apportate al Regolamento per
fronteggiare pratiche ostruzionistiche,
con l'introduzione del contingentamento dei tempi.
1) Il Regolamento della Camera, oltre
che nell'articolo 50, fa riferimento alle