NELL`ERA DEI MESSAGGINI L`HAIKU È LA POESIA DEL

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NELL`ERA DEI MESSAGGINI L`HAIKU È LA POESIA DEL
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Haiku Poesia del Futuro - Seconda Conferenza Italiana Haiku
domenica 28 giugno 2009, Circolo dei Lettori, Torino - Italy
NELL'ERA DEI MESSAGGINI
L'HAIKU È LA POESIA DEL PRESENTE
di Çlirim Muça
Sono dell'idea che ogni buon poeta può scrivere dei buoni haiku e ogni haijin può scrivere della
bella poesia. Solo che è più difficile per un poeta, se non accoglie l'haiku con lo stupore e la
semplicità di un bimbo, poiché in apparenza il poeta "di stampo europeo" scansa questo genere di
componimento poetico. La semplicità molte volte è caratteristica del genio. Era un genio Basho che
continua a stupirci tutt'ora, come lo è in genere lo spirito, il genio popolare
che ci ha tramandato le perle del folclore, in tutte le popolazioni e in tutte le lingue. Stupore, di
fronte alla natura, semplicità d'espressione, sono due fondamentali requisiti richiesti al poeta di
haiku.
L'incontro con l'haiku per il poeta occidentale può avvenire in due modi. Il primo è rimanerne
folgorati e cercare di scoprire di più di esso, leggendo tutto ciò che si trova sul mercato
sull'argomento - traduzioni dell'opera di grandi poeti giapponesi e non. Avviene tutto molto
naturalmente, il poeta non si sforza neanche di contare le sillabe, gli haiku gli sgorgano come acqua
melodiosa da una fontana.
Un altro requisito per scrivere dei buoni haiku è il ritmo poetico. Per quanto sia breve, l'haiku ha un
suo ritmo interno che lo rende melodioso. Nella scoperta per capire meglio l'haiku, il nostro poeta
haiku si imbatte nelle varie scuole di pensiero su come contare le sillabe, sull'haiku perfetto o
imperfetto etc. Molte volte la magia dell'ispirazione fa da sola e nella semplicità sceglie il metodo
più idoneo, quello grammaticale. Ma poiché l'italiano e molte altre lingue hanno una lunga storia di
poesia, che nel verso conta le sillabe, il nostro poeta può benissimo scrivere l'haiku seguendo la
metrica, senza tante forzature. Il secondo incontro è dettato .... dalla moda. Si comincia a scrivere
haiku perché va di moda, perché Tizio o Caio ne scrivono. E allora si va alla ricerca disperata di
manuali haiku e ogni settimana si cambia scuola di pensiero. Le diciassette sillabe non sono un
obbligo. Perché questo limite, se i versi riescono così belli con 19 oppure 21 sillabe.....? Perché
non chiamare haiku anche quelli....? Quelli che la pensano così sono in tanti e non hanno capito
niente degli haiku. Vanno in giro con il sillabario, alla ricerca dell'ispirazione che non arriva.
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LE DICIASSETTE SILLABE - IL DISTACCO - IL KIGO
Una conferenza nazionale di haiku secondo me serve a mettere dei paletti. Pochi, ma precisi.
Il primo paletto per me è quello delle 17 sillabe. Un bell'haiku di 18 o 19 sillabe è una breve poesia.
Per fortuna noi occidentali abbiamo la poesia in versi liberi e Ungaretti ci insegna. In un suo
racconto Borges narra come dopo l'invenzione della bomba atomica le divinità del Giappone
volevano distruggere l'umanità. "E' vero disse una delle divinità. Hanno immaginato quella cosa
atroce, ma anche questa, che sta nello spazio che abbracciano le sue 17 sillabe!" Le scandì. Erano in
un idioma sconosciuto e non potè intenderle. La divinità maggiore sentenziò: "Che gli uomini
vivano ancora!". Così, per opera di un haiku, la specie umana si salvò. Borges, Atlante, 1985.
Il secondo paletto è il distacco tra il primo verso e gli altri due; o tra i primi due e il terzo. In
apparenza distaccati, sono invece collegati con fili invisibili. E' lì che sta il guizzo. Altrimenti
l'haiku è piatto. Una lunga distesa di sillabe interminabili, che hanno solo la pretesa di dirti tanto.
Noiose descrizioni. Nella nostra poesia è esistita ed esiste la descrizione poetica, ma l'haiku non
l'accetta. Stiamo alla larga dalla descrizione poetica nell'haiku!
Il terzo paletto è il kigo, cioè il riferimento alla natura. Fonte primaria di ispirazione nell'haiku è la
natura. Le stagioni ci parlano molto di più di quello che noi riusciamo a captare. Una foglia che
cade o un fiocco di neve mi dicono di più delle parole, tristezza o solitudine. Il suono dell'autoradio
e il canto dell'usignolo non hanno la stessa valenza. Il kigo dev'essere sempre presente. Il kigo
potrebbe essere anche le stagioni interne dell'uomo. Nella lunga strada dell'haiku, con questi pochi
paletti abbiamo la striscia continua e discontinua delle carreggiate e le strisce pedonali.
Nessun ente o associazione si deve permettere di distribuire "patenti haijin". Quello si guadagna
scrivendo haiku, sempre e ovunque. Possiamo noi occidentali scrivere dei buoni haiku o dei
capolavori? Chi deciderà del valore di quei lavori? I Giapponesi saranno i nostri arbitri? Con tanto
di cartellino giallo, rosso, verde... Fino a ieri i Giapponesi erano gli unici depositari degli haiku.
Con l'avvento della globalizzazione il fenomeno haiku è diventato planetario.
Si può scrivere buoni haiku senza cambiare religione o senza incontrare per forza un guru o uno
sciamano.
Noi occidentali oggi siamo come i romani di fronte alla poesia greca, venerata, copiata, sviluppata;
portata poi all'apice con Dante, senza oscurare Omero o altri grandi. Noi occidentali, se metteremo
ai piedi dei sandali e prenderemo un bastone per percorrere le strade abbandonate delle nostre
campagne, scriveremo dei grandi capolavori! Se cercheremo la strada più facile, più breve o il solo
successo immediato, certo falliremo... Sta a noi scegliere la strada da seguire!
Haiku Poesia del Futuro - Seconda Conferenza Italiana Haiku
domenica 28 giugno 2009, Circolo dei Lettori, Torino - Italy
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