Caruso I., Greco S., Migrazioni e politiche di - Issm-Cnr

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Caruso I., Greco S., Migrazioni e politiche di - Issm-Cnr
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LA RIVISTA DELLE SCIENZE POLITICHE
Direttore scientifico
Prof.ssa Antonella ERCOLANI
Comitato scientifico
AUGENTI prof. Antonio ‑ LUSPIO ‑ Roma; BELLINO prof. Francesco ‑ Università di
Bari; BIAGINI prof. Antonello ‑ Sapienza Università di Roma; BUCCIANTI prof.ssa Cin‑
zia - Università di Siena; CAVIGLIA prof. Daniele ‑ LUSPIO ‑ Roma; CESARETTI prof.
Gian Paolo ‑ Università Parthenope ‑ Napoli; DAMMACCO prof. Gaetano ‑ Università
di Bari; DE NICOLA prof.ssa Giuseppina ‑ Università di Milano Bicocca; DI COMITE
prof. Luigi ‑ Università di Bari; FRAU prof. Aventino ‑ LUSPIO ‑ Roma; LIGUSTRO prof.
Aldo ‑ Università di Foggia; LO STORTO dott. Giovanni ‑ LUISS Guido Carli; MELAN‑
DRI Prof. Valerio ‑ Università di Bologna; PALAZZO dott. Mario ‑ Università di Foggia;
PEZZINI prof. Antonello ‑ Università di Bergamo; REGANATI Prof. Filippo ‑ Università
di Foggia; SANTELLI BECCEGATO Prof.ssa Luisa ‑ Università di Bari
Estero
ALBANIA: Dott.ssa Nevila NIKA, Direttore degli Archivi Centrali di Stato d’Albania; TUR‑
CHIA: Prof.ssa Nevin OZKAN, Università di Ankara; ROMANIA: Prof Toader NICOARA,
Pro‑rettore dell’Università «Babes‑Bolyai» di Cluj‑Napoca; Prof. Ion‑Aurel POP, Accademia
delle Scienze di Romania; Dr. Marian ZLOTEA, Europarlamentare; UNGHERIA: Prof.
Jozsef PAL, Università di Szeged; MACEDONIA: Prof Ljubomir FRCKOSKI, Università
«Ss. Cirillo e Metodio» di Skopje; GRAN BRETAGNA: Prof. Fabio SPAGNOLO ‑ Brunel
University, London ‑ Department of Economics & Finance.
Direttore editoriale
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Direttore responsabile
Duilio PAIANO
Redazione
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Segretaria di redazione
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Rubriche
Stefania PAIANO
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Anno 7, numero unico - 2010
e_learning edizioni - Via Fania, 8 - Foggia
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LA RIVISTA DELLE SCIENZE POLITICHE
5
L’editoriale
Duilio PAIANO
7
Sugli attuali divari della fecondità nelle regioni italiane:
il ruolo della presenza straniera
Gabriele DI COMITE - Valentina FERRI
21
Household Expenditure Polarization in Italy, 1997-2006
Francesco CHELLI - Chiara GIGLIARANO and Elvio MATTIOLI
33
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
Immacolata CARUSO - Sabrina GRECO
59
Le migrazioni Sud-Nord: aspetti sulla transitorietà migratoria
tra Africa ed Europa
Stefania GIRONE - Giuseppe LOLLO
91
Le migrazioni di transito nei Paesi dell’Africa sub-sahariana
Luigi DI COMITE - Alessandro ALBANO
109
Transizione demografica ed invecchiamento
della popolazione nel mondo arabo
Stefania GIRONE - Francesca GALIZIA
119
La influencia de los cambios econòmicos en las intensidades
de los flujos migratorios hacia España
Jesús Javier SANCHEZ BARRICARTE - Raquel MARTINEZ BUJAN
151
La mobilità territoriale delle popolazioni nella Comunidad Andina
de Naciones tra migrazioni interne e migrazioni internazionali
Luigi DI COMITE - Francesca DE PALMA
171
Hanno collaborato a questo numero
3
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo*
Immacolata CARUSO - Sabrina GRECO
1. Introduzione
A partire dal 1950 e fino agli inizi degli anni Novanta, dopo la
riscrittura della mappa politica dell’Europa centrale, il trend dei residenti
stranieri in Europa ha fatto registrare una sostanziale crescita degli im‑
migrati, nonostante casi di diminuzione delle presenze per alcuni Paesi
in determinati anni.
Successivamente, sebbene al termine della guerra fredda, i cam‑
biamenti politici in atto in Europa, abbiano determinato l’apertura delle
frontiere tra gli Stati membri dell’Unione Europea (UE), con il contem‑
poraneo inasprimento dei controlli per i cittadini di Stati extracomuni‑
tari, la consistenza delle migrazioni nel contesto euro-mediterraneo ha
tendenzialmente continuato a crescere, alimentata dai ricongiungimenti
familiari, dai richiedenti asilo e rifugiati, ma anche dai c.d. clandestini.
I flussi migratori, provenienti da più continenti, hanno avuto ori‑
gine per buona parte sulle sponde meridionali ed orientali del Bacino
mediterraneo, caratterizzato dal crescente divario demografico e dal
parallelo divario economico tra i Paesi di origine dei flussi e quelli di ac‑
coglienza. In particolare, nei dibattiti teorici ed accademici, le migrazioni
dai Paesi del Maghreb e dal Mashreq1 verso l’Europa, hanno assunto un
* Lavoro svolto nell’ambito del programma di ricerca dell’Istituto di Studi sul‑
le Società del Mediterraneo« Migrazioni mediterranee. Storia ed Economia«,
afferente al progetto « Migrazioni« del Dipartimento di Identità Culturale del
Consiglio Nazionale delle Ricerche. Benché frutto di una stretta collaborazio‑
ne tra i due Autori, la redazione del presente lavoro può intendersi così suddi‑
visa: i paragrafi 2 e 3 sono da attribuire a Caruso I., mentre i paragrafi 4 e 5 a
Greco S.; introduzione e conclusioni sono comuni.
1
Per Maghreb si potrebbero intendere sia il Piccolo, sia il Grande Maghreb; il
primo raggruppa: Algeria, Marocco, Tunisia; il secondo anche Libia e Maurita‑
nia. Per Mashreq si intende l’ambito territoriale formato da: Egitto, Giordania,
Libano, Siria e Palestina.
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Immacolata Caruso - Sabrina Greco
grande interesse, avendo queste delle forti ripercussioni economiche,
demografiche e politiche tanto nei Paesi di origine quanto nei Paesi di
accoglimento dei flussi. Riprendendo le linee dei rapporti delle Nazioni
Unite sulla popolazione e lo sviluppo2, infatti, le migrazioni dalle sud‑
dette aree verso l’Europa, rinviano alla problematica delle relazioni Sud/
Nord ovvero a quelle relative allo sviluppo e alle conseguenti politiche
di cooperazione nel Bacino del Mediterraneo.
A tal proposito, occorre rilevare come gli odierni flussi migra‑
tori internazionali, caratterizzati dal prevalere dei push-factors sui
pull-factors, sembrano destinati nel breve-medio periodo, non solo a
continuare lungo la direttrice Sud-Nord ma ad intensificarsi, a causa
principalmente sia di fattori demografici, sia e soprattutto della genera‑
lizzata crisi socio-economica. Nei Paesi europei di accoglimento, inoltre,
è generalmente previsto – in assenza di migrazioni – un decremento del
totale della popolazione, nonché della sua componente in età lavorativa.
Di conseguenza, appare fondamentale per i suddetti Paesi il ruolo della
cosiddetta migrazione «di sostituzione», ritenuta ormai necessaria anche
per far fronte al problema dell’invecchiamento della popolazione ed a
conferma di ciò, la Divisione della Popolazione delle Nazioni Unite ha
ritenuto che, nei prossimi anni, l’Europa potrebbe aver bisogno di una
«popolazione complementare» (UN, 2000).
In tale contesto, il fallimento della politica degli stop, accentuato
dalla persistenza del dualismo demografico ed economico fra i Paesi di
origine e quelli di accoglienza degli immigrati, ha portato l’UE all’at‑
tivazione di forme di cooperazione allo sviluppo, attraverso protocolli
finanziari e la cooperazione economica e tecnologica con i Paesi del
Maghreb e del Mashreq.
Nel complesso, tuttavia, sembra poco realistico pensare che nel
prossimo futuro la cooperazione allo sviluppo possa essere considerata
un’alternativa all’immigrazione. L’incremento delle migrazioni di transi‑
to, inoltre, – soprattutto di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana
– ha portato in particolare i Paesi dell’Africa mediterranea a rivedere le
politiche nazionali ed a intensificare le negoziazioni con l’UE in tema di
Nations Unies (2006), Migrations internationales et développement. Rapport
du Secrétaire général. Assemblée générale des Nations Unies, New York.
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Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
accordi bilaterali e di associazione che, in generale nell’ultimo decennio,
hanno consolidato il funzionamento della cooperazione finanziaria tra le
sponde del Bacino mediterraneo.
In tale scenario, per meglio comprendere le problematiche stret‑
tamente connesse alle realtà migratorie nel contesto euro-mediterraneo,
riveste un incontestabile interesse l’analisi dell’evoluzione dei flussi
migratori che hanno e continuano ad aver luogo in questa area nonché
delle politiche comunitarie di assistenza allo sviluppo nei Paesi di origine
dei migranti. Nel presente contributo, pertanto, indagando sul binomio
migrazioni/sviluppo, dopo aver sinteticamente analizzato i diversi fattori
che hanno caratterizzato l’evoluzione del sistema migratorio euro-me‑
diterraneo, si considereranno le asimmetrie dello sviluppo e le politiche
di partenariato esistenti tra i Paesi di origine e di accoglienza dei flussi.
Considerata la vastità del campo di indagine, insieme alle difficoltà
derivanti dalla reperibilità e comparabilità delle statistiche prodotte nei
vari Paesi e da differenti organismi, l’ambito territoriale di riferimento
è quello dei Paesi europei da un lato e delle due regioni del Maghreb e
del Mashreq dall’altro, «allargato» ad alcune realtà quali Turchia, Isra‑
ele, Sudan, Mali, Niger e Ciad, che possono rivestire un ruolo di rilievo
nell’analisi delle migrazioni mediterranee.
2. L’evoluzione delle migrazioni nel contesto euro-mediterraneo
L’Europa da area di emigrazione nel periodo 1880-1930, quando
i flussi migratori verso altri continenti interessarono circa 45 milioni di
europei3, a partire dal secondo dopoguerra si trasformò in una regione
di migrazioni interne. L’espansione delle economie industriali mitte‑
leuropee, infatti, richiese manodopera, agendo da forza di attrazione
per intensi flussi dai Paesi europei mediterranei quali Italia, Spagna,
Portogallo, Jugoslavia e Grecia che, afflitti da un’eccedenza di offerta
di lavoro, tra il 1950 ed il 1970, subirono un’emigrazione netta di circa
6 milioni di unità verso le aree forti dell’Europa centrale (Francia, Ger‑
mania, Svizzera, Belgio e Olanda).
Cfr. Caruso I., (2005) , I flussi migratori, in Malanima P. (a cura di), Rappor‑
to sulle economie del Mediterraneo, il Mulino.
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Immacolata Caruso - Sabrina Greco
In seguito, con la rapida espansione delle economie europee e
con l’ulteriore incremento della domanda di manodopera, all’attenuarsi
della spinta migratoria dai Paesi dell’Europa mediterranea corrispose
il rafforzarsi dell’emigrazione da Paesi meno sviluppati, in partico‑
lare quelli del Maghreb e la Turchia, rispettivamente verso Francia e
Germania. Tale contesto è rimasto pressoché immutato sino al 1973,
quando il verificarsi di un periodo di rallentamento della crescita e di
ristrutturazione industriale portò da un lato ad una caduta della forza di
attrazione, dall’altro alla determinazione da parte dei Paesi europei di
forti restrizioni agli ingressi con l’obiettivo di limitare l’immigrazione
per motivi di lavoro. Ciò nonostante, nei decenni successivi i flussi non
diminuirono, alimentati dai ricongiungimenti familiari, dai clandestini ma
anche dal fenomeno dei rifugiati. Se nel 1990 gli immigrati residenti in
Germania erano, infatti, pari a 5,3 milioni di unità , in prevalenza turchi e
iugoslavi, circa 3,6 milioni in Francia, di cui più di un terzo proveniente
dal Maghreb, circa 1 milione e mezzo in Belgio e Olanda, 1,6 in Svizzera
ed Austria, quasi 1, 2 milioni complessivamente in Spagna ed Italia, nel
’98, nonostante si registri una diminuzione dei movimenti migratori, gli
immigrati negli Stati della Comunità considerati superavano i 16 milioni
di unità, con un’incidenza degli extracomunitari pari al 70% del totale
(cfr. Tabella 1)
All’alba del nuovo millennio, gli irrisolti squilibri quantitativi,
qualitativi e territoriali esistenti tra i Paesi del Bacino mediterraneo hanno
Tabella 1: Residenti stranieri in alcuni Paesi europei.
Valori assoluti in migliaia e % sulla pop. tot. (1950-1998)
Fonti: EUROSTAT 1995, 1996, 2000, 2002; * SOPEMI 1991, 2001, 2002, 2003.
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
contribuito ad alimentare i flussi migratori. Nel 2001, infatti, gli stranieri
presenti nei principali Paesi mediterranei di accoglimento, ad esclusione
dell’Italia, erano pari a quasi tre milioni di persone ed i flussi, anche se
raccoglievano migrazioni provenienti da più continenti, avevano origine
essenzialmente sulle sponde africana ed asiatica del Bacino mediterra‑
neo4. In relazione alle specifiche provenienze, si confermava, poi, l’effetto
calamita esercitato dalla logica della prossimità geografica.
Tale trend evolutivo è proseguito negli anni successivi. Secondo
i dati più recenti la popolazione europea, infatti, sebbene in alcuni Paesi
sia diminuita, a livello aggregato dell’Ue e dell’Europa nel suo insieme,
ha continuato a crescere. La principale causa di tale crescita è stata la
migrazione che ha compensato la variazione naturale negativa verificatasi
di recente in più di un Paese. In Europa, ed in particolare nell’Ue 27,
un’area con circa mezzo miliardo di residenti, gli stranieri hanno rag‑
giunto, nel 2006, la soglia di 30 milioni di persone, con un incremento,
rispetto al 2000, pari al 33,2 %. Nel periodo compreso tra il 2000 e il
2006, la maggior parte di essi risiedeva in Francia, Germania, Regno
Unito, Italia e Spagna. In particolare, nel 2006, gli stranieri residenti
in questi cinque Paesi rappresentavano il 74% del totale degli stranieri
residenti nell’Ue 27 (cfr. Tabella 2)
Più dettagliatamente, a livello nazionale, nei Paesi di vecchia
immigrazione (Francia e Regno Unito) la presenza degli immigrati è,
nel periodo preso in esame, rimasta pressoché stabile, o leggermente
diminuita (Germania), mentre nei Paesi di nuova immigrazione (quelli
mediterranei) essa è andata progressivamente crescendo. Tale incremento
è stato particolarmente rilevante per la Spagna, dove gli stranieri sono
aumentati, tra il 2000 e il 2006, di oltre 3 milioni di persone.
Nel 2006, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva
dell’Ue 27 era del 6%. Notevoli differenze si registravano, invece, rispetto
al peso degli stranieri sulla popolazione nazionale all’interno dell’Ue: tra
lo 0,1% e lo 0,3% negli ultimi due (rispettivamente Romania e Bulgaria),
tra il 4,0% e il 10,0% negli stati dell’Unione a 15, fino a raggiungere il
19,1% in Lettonia e addirittura il 41,0% nel Lussemburgo.
4
Idem.
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Immacolata Caruso - Sabrina Greco
Tabella 2- Popolazione straniera nell’Unione Europea a 27 (2000-2006)
Paesi
38
Austria
Belgio
Bulgaria
Rep. Ceca
Cipro
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Malta
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Romania
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Ungheria
Totale
2000
766.055
861.682
25.634
180.261
61.600
258.630
(1) 274309
91.074
(2) 3263166
7.296.817
761.438
155.528
1.464.589
581.508
35.094
162.285
8.890
667.802
(1) 700329
207.607
2.459.934
6.582
(3) 29854
42.279
1.370.657
477.312
115.809
2005
814.065
900.500
26.000
258.360
98.000
270.051
242.000
113.852
3.510.000
7.289.149
884.000
314.100
2.670.514
456.758
32.862
181.800
12.000
691.357
700.000
276.000
3.425.000
25.993
25.563
48.968
4.002.509
479.899
156.160
2006
826.013
932.161
25.000
296.236
118.100
278.096
236.400
121.739
3.650.100
7.255.949
887.600
452.300
2.938.922
432.951
39.687
198.213
13.877
681.932
874.883
434.887
3.659.900
26.069
32.130
53.555
4.606.474
491.996
167.873
Var. 2000-06
v. a
59.958
70.479
134
115.975
56.500
19.466
37.909
30.665
386.934
40.868
126.162
296.772
1.474.333
148.557
4.593
35.928
4.987
14.130
174.554
227.280
1.199.966
19.487
2.276
11.276
3.235.817
14.684
52.064
Var.2000-06 Pop. 2006 Str.
%
%
7,8
8.331.030
9,9
8,2
10.666.866
8,7
-0,5
7.640.238
0,3
64,3
10.381.130
2,9
91,7
794.580 14,9
7,5
5.475.791
5,1
-13,8
1.340.935 17,6
33,7
5.300.484
2,3
11,9
63.753.140
5,7
-0,6
82.221.808
8,8
16,6
11.214.992
7,9
190,8
4.419.859 10,2
100,7
59.618.114
4,9
-25,5
2.270.894 19,1
13,1
3.366.357
1,2
22,1
483.799 41,0
56,1
410.584
3,4
2,1
16.404.282
4,2
24,9
38.115.641
2,3
109,5
10.617.575
4,1
48,8
61.185.981
6,0
296,1
21.528.627
0,1
7,6
5.400.998
0,6
26,7
2.025.866
2,6
236,1
45.283.259 10,2
3,1
9.182.927
5,4
45,0
10.045.000
1,7
22.326.725 27.905.460 29.733.543 7.406.818 33,2
497.481.657
6,0
(1) Dati al 2000; (2) Dati al 1999, Dati al 2003.
Fonte: Elaborazioni proprie da Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes 2008
Per quanto concerne, invece, la provenienza, i due terzi della
popolazione immigrata in Europa erano costituiti da non comunitari, in
prevalenza russi, turchi e cittadini balcanici. Ad essi si aggiungevano
rispettivamente gli africani, in gran parte originari dell’Africa mediter‑
ranea, gli asiatici, e gli americani, provenienti soprattutto dall’America
latina e dai Caraibi (cfr. fig.1).
A questo proposito, tuttavia, è importante sottolineare come, nella
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
Figura 1 – Origini dei principali flussi migratori permanenti nell’Ue
39
Origini dei principali migranti permanenti nell’Unione Europea.
Fonte: Questions internationales n° 31, maggio-giugno 2008
maggior parte dei casi, la scelta finale del Paese di destinazione sia stata
determinata dalla prossimità geografica, da legami socio-economici tra
Paesi di origine e di accoglienza o da altri fattori connessi alla storia,
nonché dall’esistenza di catene familiari. Nel considerare le singole realtà
nazionali, infatti, al fine di identificare possibili caratteristiche dell’area
nike
40
Immacolata Caruso - Sabrina Greco
nel suo complesso e, di conseguenza, acquisire una comprensione miglio‑
re delle politiche attuate, appare importante indagare, oltre che sul mero
dato numerico relativo ai flussi migratori, anche sulle logiche migratorie
che ne sono alla base.
3. Le logiche migratorie nei Paesi di origine: i casi del Maghreb
e del Mashreq
Se ci soffermiamo sulle singole aree di provenienza dei migranti,
limitando la nostra analisi, come precedentemente accennato, ai Paesi
compresi al Maghreb ed al Mashreq, è importante sottolineare come di‑
verse siano le logiche migratorie alla base dei flussi nei Paesi di origine,
ossia quanto complessa sia la natura delle migrazioni. Mentre in alcuni
Paesi i flussi, infatti, sono causati quasi esclusivamente da motivi socioeconomici legati ai differenziali di reddito e/o alla ricerca di lavoro, in
altri, si affiancano ad essi cause strettamente collegate a situazioni locali
ambientali nonché di instabilità e/o conflitti.
È il caso, ad esempio, dei Territori palestinesi, West Bank e Gaza,
le cui migrazioni nell’ambito di un periodo lungo quasi sessanta anni
sono state fortemente influenzate dalla storia della regione. In particolare,
alla fine degli anni ’90, si registrava un’alta percentuale di emigrati in
Giordania (72,0%) e, in misura minore, negli Usa, Canada e nei Paesi del
Golfo. In seguito, la situazione è drammaticamente peggiorata a causa
di un costante aumento dei livelli di povertà5 e un analogo incremento
nei tassi di disoccupazione. Secondo i registri israeliani ciò ha indotto
circa 10.000 arabi a lasciare i territori nel periodo 2000-2004. In ogni
caso gli emigrati recenti sono molti meno dei rifugiati di seconda e ter‑
za generazione, che costituiscono la maggioranza dei circa 4,7 milioni
di Palestinesi al di fuori dei Territori. Un discorso a parte meriterebbe,
invece, il caso di Israele, dove, anche se meno che nel passato, l’im‑
Secondo i dati del Palestinian Central Bureau of Statistics, nel periodo 20012004 le famiglie al di sotto della soglia di povertà sono pari al 60,8 per cento,
66,6 per cento,71,9 per cento e 60,6 per cento rispettivamente cfr. Caruso I.,
Sciaudone A., (2006), I flussi migratori. Le migrazioni nell’area mediterranea,
in Malanima P., Rapporto sulle economie del Mediterraneo, il Mulino.
5
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
migrazione rimane un pilastro chiave del progetto di costruzione dello
Stato e i flussi migratori in uscita tendono ad essere controbilanciati da
un’ulteriore migrazione di ritorno. In generale, nel periodo 1949-2004 il
numero annuale di emigranti da Israele non è mai sceso al di sotto delle
5000 unità e non ha mai superato le 28.000, rimanendo costantemente
minore rispetto al numero dei nuovi immigrati, con l’eccezione di alcuni
anni (1953, 1981, 1985, 1986 e 1988), in cui l’economia israeliana è stata
caratterizzata da un andamento negativo.
Anche il Libano, teatro di guerre successive dal 1975 al 1990, può
essere incluso tra i Paesi caratterizzati da flussi migratori fortemente ali‑
mentati dai conflitti. In seguito, nonostante il ritorno della pace, la cattiva
situazione economica ha contribuito a mantenere alto il numero degli
emigrati. Le immigrazioni nel Paese hanno, invece, ad eccezione del caso
dei rifugiati palestinesi, un carattere quasi esclusivamente temporaneo
legato alla ricerca di migliori opportunità lavorative. Gli immigrati in
Libano sono principalmente di nazionalità asiatica (Sri Lankesi, Filippini
e Indiani) e, in anni recenti, egiziana. È importante segnalare, inoltre,
il caso dei lavoratori siriani presenti in gran numero in Libano, ma per
la maggior parte privi del permesso di lavoro in quanto, di fatto, non
considerati come residenti.
Quanto detto finora conferma come le migrazioni, oltre ad essere
un fattore chiave nelle relazioni tra l’Ue e i Paesi delle rive africana ed
asiatica del Mediterraneo, abbiano acquisito ampia importanza nei rap‑
porti bilaterali regionali. È il caso, ad esempio della Siria che, caratteriz‑
zata nel periodo 2000-05 da un elevato tasso di incremento naturale della
popolazione e da un altrettanto alto tasso di disoccupazione, ha subito
costanti migrazioni di manodopera, principalmente verso i Paesi vicini
e gli Stati del Golfo. La sua posizione di crocevia tra l’Asia e l’Europa,
inoltre, ne ha fatto recentemente anche un Paese di transito, aumentando
in tal modo la dimensione tradizionalmente limitata degli immigrati nel
Paese. A questo tipo di flussi si sono aggiunte, nel corso degli anni, le
partenze di alcuni gruppi familiari appartenenti alle minoranze cristiane o
curde e un numero crescente di giovani, soprattutto studenti, alla ricerca
di condizioni migliori di vita nei Paesi europei.
Anche la Giordania, in quanto geograficamente centrale nell’area
mediorientale tra Palestina, Siria, Iraq, Arabia Saudita ed Egitto, è in‑
fluenzata nelle forme e nelle dimensioni delle migrazioni sul suo territorio
41
nike
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Immacolata Caruso - Sabrina Greco
dagli sviluppi politici ed economici sia internazionali che regionali. In
particolare, a livello regionale, gli eventi politici hanno forzato centinaia
di migliaia di Palestinesi a trasferirsi in Giordania mentre, più recen‑
temente, nel 1991 e nel 2003, le guerre del Golfo hanno costretto un
gran numero di iracheni a cercarvi rifugio. Al contempo, l’incremento
della richiesta di manodopera specializzata negli stati del Golfo, seguita
all’innalzamento dei prezzi del petrolio e un surplus significativo di
lavoratori giordani qualificati, hanno agito da fattori «di attrazione e di
spinta» sulla forza lavoro giordana, facendo della Giordania un Paese,
oltre che di immigrazione, anche di emigrazione.
Per quanto concerne gli altri Paesi dell’area considerata, la maggior
parte di essi è caratterizzata da flussi migratori continui, determinati, in
prevalenza, da motivazioni socio-economiche.
In particolare, tra i Paesi che registrano, nel corso dell’ultimo de‑
cennio, una accentuazione delle emigrazioni è da segnalare l’Egitto dove,
però, i due terzi dei flussi migratori hanno carattere temporaneo. Tale
situazione è causata essenzialmente dalle leggi locali sulla migrazione,
molto restrittive fino al 1971. Inoltre, hanno contribuito a determinarla
una serie di accordi bilaterali fatti dal governo egiziano con la Lega
degli Stati Arabi. Per quanto concerne le principali destinazioni dei
flussi, infatti, nel 2000 circa il 70% dei migranti egiziani è concentrato
prevalentemente in Arabia Saudita, grazie alle opportunità di lavoro de‑
rivate dal petrolio. Molto attrattive per i lavoratori egiziani nel contesto
regionale Sud-Sud sono, inoltre, la Libia e la Giordania.
Nel caso della Turchia, invece, l’emigrazione attuale presenta un
ritmo più lento che negli anni ’60 e ’70, dovuto probabilmente alle mutate
condizioni sia del mercato del lavoro che delle politiche in materia di
immigrazione dei Paesi di destinazione. L’emigrazione turca ha come
destinazione principale i Paesi del Nord Europa, in particolare la Ger‑
mania. Sui 2 milioni di Turchi ivi residenti, tuttavia, solo la metà sono
migranti di prima generazione, mentre i rimanenti sono nati in Germania.
Per quanto concerne le forme principali dell’ emigrazione turca in Europa,
esse attualmente sono connesse soprattutto ai ricongiungimenti familiari,
anche se, negli ultimi anni, si registra un aumento delle richieste d’asilo.
La Turchia, inoltre, è stata, sin dalla sua nascita, un Paese d’immigrazione,
costituita esclusivamente da membri di etnie di origine turca di Paesi
vicini. Negli ultimi decenni, tuttavia, tale immigrazione è aumentata per i
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
flussi di rifugiati, migranti in transito e lavoratori clandestini, provenienti
per la maggior parte da Paesi balcanici.
A questo proposito è da rilevare come, in anni recenti, molti fra
i Paesi dell’area siano diventati, al pari della Turchia, Paesi di transito
verso l’Europa per migranti provenienti dai Paesi dell’ex Unione Sovie‑
tica, dall’Asia e dall’Africa sub-sahariana. È il caso, ad esempio, della
Tunisia o del Marocco che la prossimità con l’Europa, rende privilegiate
zone di transito per migranti, in larga parte irregolari, diretti nei Paesi
europei attraverso le vicine coste italiane e spagnole.
L’incremento di tale tipologia di migranti ha suscitato controversi
dibattiti in tutti Paesi del Maghreb così come in quelli del Mediterraneo
orientale, inducendo i governi sia ad intraprendere una revisione delle
politiche nazionali in materia di migrazioni e asilo politico, sia ad inten‑
sificare le relative negoziazioni con l’Unione Europea nell’ambito degli
accordi bilaterali e di associazione.
Per quanto riguarda, in particolare, i Paesi maghrebini, l’esten‑
sione dei flussi irregolari o clandestini si inserisce in un contesto nuovo
di mobilità migratoria che ne ha mutato profondamente nel corso degli
anni le modalità e le forme. I flussi in provenienza dall’area maghrebina,
infatti, sono composti in prevalenza da donne o comunque da gruppi
familiari piuttosto che da singoli. A parziale conferma di tale dato, nel
complesso si rileva la predominanza di un’emigrazione di tipo perma‑
nente, contraddistinta, tuttavia, dal perdurare di intense relazioni dei
migranti con il Paese di origine. In particolare, l’emigrazione marocchina
ha raggiunto recentemente un volume considerevole, concentrandosi,
fra i Paesi europei, soprattutto in Italia e Spagna. Nel caso dell’Algeria,
invece, l’emigrazione, molto intensa negli anni ’60, si è ridotta fortemente
nei due decenni successivi per poi riprendere negli anni ’90 a causa del
drammatico periodo di insicurezza civile vissuto dal Paese. A differenza
del Marocco, essa è presente soprattutto in Francia ed è caratterizzata
da una predominanza, tra i residenti all’estero, di migranti di seconda
generazione, la maggior parte dei quali, insieme alla nazionalità algerina,
hanno acquisito quella dei Paesi di accoglienza.
Anche in Tunisia, l’incremento di un nuovo tipo di migrazione
legale e illegale ha reso i flussi migratori in un certo senso strutturali nel
Paese. Nel corso degli anni, inoltre, diversi fattori hanno aggravato la
congiuntura economica e sociale del Paese, contribuendo a tenere alta la
43
nike
44
Immacolata Caruso - Sabrina Greco
mobilità migratoria. Tra di essi, in particolare, si segnalano le ricadute
negative sulla competitività delle imprese e sull’impiego conseguenti
all’adozione dei programmi di aggiustamento strutturale imposti dalla
Banca Mondiale nel 1985. Allo stesso modo le conseguenze dell’accordo
di associazione con l’Unione Europea nel 1995 e dello smantellamento
dell’accordo multifibre nel 2005 hanno inciso negativamente sul sistema
produttivo locale. Nel corso del 2004 l’emigrazione è proseguita, pertan‑
to, nel quadro di accordi bilaterali e, secondo i risultati del censimento,
si stima che nel periodo 1999-2004 circa 76.000 tunisini siano emigrati
con una media annuale di 13.200 individui diretti soprattutto in Europa
e Medio Oriente.
In tale contesto, infine, è da segnalare un’ulteriore tipologia di
migranti: persone dotate di un alto livello di formazione alla ricerca di
buone condizioni finanziarie ed adeguate opportunità di utilizzazione
delle loro competenze. In aumento in numerosi Paesi del Nord Africa e
del Mediterraneo Orientale, la cosiddetta «emigrazione internazionale
professionale» coinvolge soprattutto algerini, turchi, libanesi, siriani
ed egiziani esperti in prevalenza nelle aree delle scienze informatiche,
dell’economia, della finanza e della gestione. Diretta principalmente ver‑
so l’Australia, gli Stati Uniti ed il Canada, questa forma di emigrazione
contribuisce, attraverso lo stabilirsi di reti socio-professionali nei Paesi
di accoglienza, da un lato a valorizzare le competenze degli espatriati,
dall’altro ad alimentare i flussi di conoscenza e diffusione dell’innovazio‑
ne tra i Paesi di origine e quelli di approdo dei migranti. A tale proposito,
occorre, inoltre, sottolineare come la perdita di lavoratori con un alto
tasso di scolarizzazione e altamente specializzati sia in parte bilanciata
nei Paesi di provenienza dal ruolo fondamentale svolto dalle rimesse che
sostengono la bilancia dei pagamenti, il consumo e il risparmio locale
in vista della realizzazione di investimenti in attività produttive e del
ritorno nel Paese di origine.
4. Le asimmetrie dello sviluppo nel Mediterraneo
Quanto esposto nei precedenti paragrafi evidenzia non solo la
complessa natura delle migrazioni e delle relazioni fra i diversi Paesi
coinvolti dai fenomeni migratori ma anche i problemi di sviluppo che
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
hanno persistito nel corso degli anni nel contesto euro-mediterraneo
e sui quali vale la pena focalizzare una riflessione generale, in quanto
strettamente collegati al proseguimento dei flussi.
Uno tra gli indicatori che ben rappresentano le asimmetrie esistenti
tra gli ambiti territoriali trattati è costituito dall’Indice di sviluppo umano
(ISU), elaborato annualmente dalle Nazioni Unite6.
Le disuguaglianze tra i Paesi delle due sponde del Bacino mediter‑
raneo espresse attraverso i valori dell’ISU, appaiono, infatti, molto forti,
come si evince dall’osservazione della Tabella 3 che riporta i relativi dati,
per gli anni 1980-2007, sia dei Paesi dell’Unione Europea, che di quelli
del Maghreb e del Mashreq, oltre ad alcuni stati confinanti con essi7.
In particolare, le categorie di sviluppo umano ci consentono di
delineare due grandi aree geo-economiche. La prima include nazioni ad
alto reddito, oggi appartenenti all’UE: Francia, Italia, Spagna, Grecia
e Portogallo che, insieme con Malta e Cipro, hanno livelli di reddito
pro-capite superiori alla media delle economie mediterranee. La secon‑
da area include Paesi del Medio Oriente, del Nord Africa e balcanici
appartenenti all’ex-blocco sovietico, classificati come a medio reddito
dalla Banca Mondiale, con l’eccezione di Israele unico Paese compreso
tra quelli ad alto reddito.
L’ISU è calcolato sulla base di tre dimensioni essenziali dello sviluppo uma‑
no: la salute e la longevità, l’accesso all’educazione ed il livello di vita. Si
riconosce che un concetto così complesso ed articolato non può essere sintetiz‑
zato in un singolo indice e nel corso degli anni è stato soggetto a correzioni e
raffinamenti. Cfr. United Nations Development Programme (UNDP), (1995),
Rapport mondial sur le développement humain 1994, New York.
7
Gli ambiti territoriali di riferimento sono articolati nel seguente modo: gli
attuali 27 Paesi dell’UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia,
Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lus‑
semburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica
Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria); i 5 Paesi del
Maghreb (Algeria, Libia, Marocco, Mauritania, Tunisia); i 5 Paesi del Mashreq
(Egitto, Giordania, Libano, Palestina e Siria); inoltre Turchia, Israele, Sudan,
Mali, Niger e Ciad.
6
45
nike
Immacolata Caruso - Sabrina Greco
Tabella 3 - Tendenze dell’indice di sviluppo umano
per aree territoriali di riferimento, 1980-2007
Graduatoria
secondo l’ISU al 2007
46
5 Irlanda
6 Paesi Bassi
7 Svezia
8 Francia
11 Lussemburgo
12 Finlandia
14 Austria
15 Spagna
16 Danimarca
17 Belgio
18 Italia
21 Regno-Unito
22 Germania
25 Grecia
27 Israele
29 Slovenia
32 Cipro
34 Portogallo
36 Repubblica Ceca
38 Malta
40 Estonia
41 Polonia
42 Slovacchia
43 Ungheria
46 Lituania
48 Lettonia
55 Libia
61 Bulgaria
63 Romania
79 Turchia
83 Libano
96 Giordania
98 Tunisia
104 Algeria
107 Siria
110 Palestina
123 Egitto
130 Marocco
150 Sudan
154 Mauritania
175 Ciad
178 Mali
182 Niger
1980
1985
1990
1995
2000
SVILUPPO UMANO MOLTO ALTO
0,840 0,855
0,879
0,903
0,936
0,889 0,903
0,917
0,938
0,950
0,885 0,895
0,906
0,937
0,954
0,876 0,888
0,909
0,927
0,941
..
..
..
..
..
0,865 0,882
0,904
0,916
0,938
0,865 0,878
0,899
0,920
0,940
0,855 0,869
0,896
0,914
0,931
0,882 0,891
0,899
0,917
0,936
0,871 0,885
0,904
0,933
0,945
0,857 0,866
0,889
0,906
0,927
0,861 0,870
0,891
0,929
0,932
0,869 0,877
0,896
0,919
..
0,844 0,857
0,872
0,874
0,895
0,829 0,853
0,868
0,883
0,908
..
..
0,853
0,861
0,892
..
..
0,849
0,866
0,897
0,768 0,789
0,833
0,870
0,895
..
..
0,847
0,857
0,868
..
0,809
0,836
0,856
0,874
SVILUPPO UMANO ALTO
..
..
0,817
0,796
0,835
..
..
0,806
0,823
0,853
..
..
..
0,827
0,840
0,802 0,813
0,812
0,816
0,844
..
..
0,828
0,791
0,830
..
..
0,803
0,765
0,810
..
..
..
..
0,821
..
..
..
..
0,803
..
..
0,786
0,780
0,788
0,628 0,674
0,705
0,730
0,758
..
..
..
..
..
SVILUPPO UMANO MEDIO
0,631 0,638
0,666
0,656
0,691
..
0,605
0,627
0,654
0,678
..
0,628
0,647
0,653
0,713
0,603 0,625
0,626
0,649
0,715
..
..
..
..
..
0,496 0,552
0,580
0,631
0,665
0,473 0,499
0,518
0,562
0,583
..
..
..
..
0,491
..
..
..
..
0,495
SVILUPPO UMANO BASSO
..
..
..
0,324
0,350
0,245 0,239
0,254
0,267
0,316
..
..
..
..
0,258
2005
2006
2007
0,961
0,958
0,960
0,956
0,956
0,952
0,949
0,949
0,950
0,947
0,947
0,947
0,942
0,935
0,929
0,918
0,908
0,904
0,894
0,897
0,964
0,961
0,961
0,958
0,959
0,955
0,952
0,952
0,953
0,951
0,950
0,945
0,945
0,938
0,932
0,924
0,911
0,907
0,899
0,899
0,965
0,964
0,963
0,961
0,960
0,959
0,955
0,955
0,955
0,953
0,951
0,947
0,947
0,942
0,935
0,929
0,914
0,909
0,903
0,902
0,872
0,871
0,867
0,874
0,862
0,852
0,837
0,829
0,824
0,796
0,800
0,878
0,876
0,873
0,878
0,865
0,859
0,842
0,835
0,832
0,802
0,800
0,883
0,880
0,880
0,879
0,870
0,866
0,847
0,840
0,837
0,806
0,803
0,764
0,758
0,746
0,733
0,736
0,696
0,640
0,515
0,511
0,767
0,763
0,749
0,738
0,737
0,700
0,648
0,526
0,519
0,770
0,769
0,754
0,742
0,737
0,703
0,654
0,531
0,520
0,394
0,361
0,330
0,393
0,366
0,335
0,392
0,371
0,340
Fonte: Elaborazioni proprie su dati PNUD, Rapport mondial sur le développement humain 2009
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
La conferma di quanto detto ci viene data dall’Indice di sviluppo
umano per l’anno 2007 che, come si può osservare nella Tabella 4, ben
riassume i differenziali tra i due gruppi. Nel 2007, per esempio, esso
era pari a 0,961 in Francia (l’ottavo Paese nella graduatoria mondiale)
mentre, il Marocco, uno tra i principali Paesi di provenienza dei flussi
migratori verso l’Europa, si classifica solo al centotrentesimo posto, con
un indice pari a 0,654.
Tabella 4 – Le categorie di sviluppo umano al 2007
SVILUPPO UMANO
MOLTO ALTO
(ISU ≥ 0,900)
SVILUPPO
UMANO ALTO
(0,800 ≤ ISU ≤ 0,899)
SVILUPPO
UMANO MEDIO
(0,500 ≤ ISU ≤ 0,799)
Irlanda
Paesi Bassi
Svezia
Francia
Lussemburgo
Finlandia
Austria
Spagna
Danimarca
Belgio
Italia
Regno-Unito
Germania
Grecia
Israele
Slovenia
Cipro
Portogallo
Repubblica Ceca
Malta
Estonia
Polonia
Slovacchia
Ungheria
Lituania
Lettonia
Libia
Bulgaria
Romania
Turchia
Libano
Giordania
Tunisia
Algeria
Siria
Palestina
Egitto
Marocco
Sudan
Mauritania
SVILUPPO
UMANO BASSO
( ISU ˂ 0,500)
Ciad
Mali
Niger
Fonte: Elaborazioni proprie su dati PNUD, Rapport mondial sur le développement humain 2009
A tal proposito, se consideriamo, ad esempio, i soli valori del Pil
pro capite, vedremo, infatti, che ancora nel 2005 in Libia e Palestina il
Pil pro capite è inferiore di circa il 15,0 % di quello dell’Italia; in Libano,
Albania, Algeria, Egitto e Marocco è meno del 20,0% di quello italiano.
Valori compresi tra il 20% e il 40% si registrano negli altri Paesi medi‑
terranei a reddito medio.
Non c’è dubbio, inoltre, che il Bacino mediterraneo costituisca,
47
nike
48
Immacolata Caruso - Sabrina Greco
a causa del suo squilibrio tra popolazione e risorse, un’area di frattura,
nella quale i parametri demografici, attraverso le loro implicazioni sia
a livello sociale che a livello economico, possono comportare una ulte‑
riore lettura dei rapporti tra le due rive. Da un lato, infatti, si assiste ad
un progressivo invecchiamento della popolazione con tassi di crescita
naturale in declino e talvolta negativi in alcuni Paesi dell’UE, dall’altro,
nella riva sud ed est, la crescita demografica resta in prevalenza relativa‑
mente elevata e si traduce in un aumento dei bisogni primari globali che
investono soprattutto settori caratterizzati, ormai nella maggior parte dei
Paesi dell’Africa mediterranea, da deficit cronici.
Di conseguenza, i Paesi dell’Africa mediterranea sono zone di alta
pressione migratoria, ove la transizione demografica è tuttora in atto,
in linea con quanto affermato dallo Chesnais8 il quale, in merito alla
transizione demografica nel Sud del Bacino mediterraneo, riteneva che
l’allentamento della pressione demografica avrebbe richiesto decenni e
che, in particolare per le popolazioni dell’area maghrebina, la combina‑
zione di disequilibri demografici, economici e politici avrebbe causato
migrazioni a livelli mai osservati in precedenza.
L’influenza del fattore demografico sulla nostra «area di studio»
induce, dunque, alcune importanti considerazioni: innanzitutto il risultato
ormai consolidato nel tempo, di una crescita demografica contenuta nei Pa‑
esi europei e cospicua nei Paesi a Sud del Bacino mediterraneo (Fig. 2).
Figura 2 - Popolazione dei Paesi mediterranei (1970-2025)
Chesnais J.C., (1995), Le crépuscule de l’Occident. Démographie et politi‑
que, Laffont, Paris.
8
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
La quasi stagnazione della popolazione che caratterizza i Paesi del‑
la riva Nord che si contrappone all’intenso aumento, ancora per anni, della
popolazione nei Paesi a Sud, riflette soprattutto le differenti evoluzioni
del tasso di fecondità. A questo riguardo, giova osservare come, a partire
dagli anni Ottanta, la soglia di sostituzione delle generazioni, stimata in
2,1 figli per donna, non è più raggiunta nei Paesi europei, mentre è molto
probabile che tale evento si verifichi nei Paesi dell’Africa mediterranea
– salvo la Tunisia – non prima degli anni 2020-2024 (Fig. 3).
Figura 3 - Indici sintetici di fecondità (1950-2024)
In altri termini, a partire dal secondo decennio di questo seco‑
lo, la crescita demografica nei Paesi europei, si arresterebbe, con una
maggior decremento proprio nei Paesi mediterranei, per la persistenza
di bassissimi livelli di fecondità. Al contrario, nel corso dei prossimi
anni aumenterebbe l’ammontare della popolazione dei Paesi africani ed
asiatici del Bacino mediterraneo, e una accentuata crescita demografica
si dovrebbe altresì registrare nell’Africa sub-sahariana.
49
nike
50
Immacolata Caruso - Sabrina Greco
5. Politiche di cooperazione
Nel contesto euro-mediterraneo, dati i divari demografici ed eco‑
nomici che non saranno destinati a ridursi, almeno nel breve periodo,
sarà fortemente probabile che nei prossimi anni i flussi migratori, in
particolare quelli dall’Africa mediterranea verso l’Europa continue‑
ranno, confermando, altresì, l’effetto attrattivo delle aree di prossimità
geografica. In tale scenario, la politica della «fortezza europea» appare
oggi una risposta irreale per l’allentamento della pressione migratoria9.
Ormai, quindi, si è giunti ad un largo consensus nel riconoscere che i
fenomeni migratori vadano integrati nelle politiche di sviluppo dei sin‑
goli Paesi da essi coinvolti, ribadendo, altresì, come le migrazioni siano
potenzialmente un motore di crescita per i Paesi di accoglimento, per i
Paesi di origine, oltre che per gli stessi migranti.
In quest’ottica, già a partire dagli inizi degli anni Novanta, l’in‑
teresse delle relazioni politiche economiche e sociali tra l’UE ed i Paesi
Terzi Mediterranei (PTM) che com’è ben noto, sono delle aree di im‑
portanza strategica, ha condotto l’UE a ridefinire le precedenti politiche
di cooperazione attraverso un nuovo approccio fondato sugli accordi di
partenariato euro-mediterraneo (Conferenza di Barcellona, 1995).
Gli obiettivi assegnati al partenariato euro-mediterraneo ambivano
a fare dell’ambito territoriale di riferimento, secondo i termini della Di‑
chiarazione di Barcellona, una «zona di pace e di prosperità condivisa».
Non c’è dubbio, tuttavia, che il tutto ha peccato di ottimismo, in quanto i
risultati raggiunti, rispetto agli obiettivi definiti nel 1995, sono ben lontani
dagli obiettivi di partenza poiché le tre fratture (politiche, economiche
e culturali) che dividono le due sponde del Bacino mediterraneo e che
riflettono i tre principali obiettivi del processo di Barcellona, continuano
a persistere.
Non bisogna, poi, dimenticare come le politiche dell’UE in ma‑
teria di migrazioni necessitino oggi di una rilettura nelle forme e nei
contenuti, in seguito all’allargamento ad Est dell’Ue ed alla sempre mag‑
gior esigenza di cooperazione con i Paesi della sponda Sud del Bacino
mediterraneo. In questa direzione, il Consiglio europeo di Copenaghen
9
Chesnais J. C., (1995), Op. cit.
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
nel 2002 esprimeva la volontà di evitare la creazione di nuove linee di
demarcazione in Europa e di avviare con i Paesi vicini relazioni basate
su valori economici e politici condivisi.
Ciò nonostante, la stessa Politica Europea di Vicinato (PEV), messa
in atto a partire dal 2004, solleva attualmente non pochi interrogativi
sulla sua coerenza ed attendibilità.. La PEV investe un’area notevolmente
vasta: dall’Est europeo, fino al Maghreb, passando per il Vicino-Oriente
(cfr. fig. 4) e, come è ben evidente, trattasi di territori caratterizzati da
sistemi economici e politici molto diversi.
In ogni caso, al di là della prossimità geografica e delle diversità
accertate, l’accento dell’UE è posto sulla nozione di «interessi comuni»;
la PEV, infatti, ricopre un largo ventaglio di politiche incentrate attorno
ad alcune priorità così sintetizzate: la promozione della democrazia,
dei diritti dell’uomo e della pace, l’integrazione economica e sociale,
la cooperazione nella gestione delle migrazioni ed il rafforzamento dei
legami tra le comunità.
Accanto alla PEV, sono stati attuati altri quadri di cooperazione,
in primo luogo dal partenariato euro-mediterraneo; ciò nonostante, se
nella Dichiarazione di Barcellona si affermava che «i nuovi giochi po‑
litici, economici e sociali da un lato e dall’altro del Mediterraneo costi‑
tuiscono delle sfide comuni che, richiamano un approccio coordinato e
global» di fatto ciò non accade, essendo il processo euro-mediterraneo,
un «processus in vitro»10 lasciato prevalentemente alla discrezione dei
decisori europei.
In definitiva, a distanza di anni, la realtà dimostra ancora una volta
la profonda frattura esistente tra le rive del Bacino mediterraneo, la di‑
vergenza degli interessi e degli obiettivi. A livello politico e di sicurezza,
è meno che mai uno spazio di pace, sul piano economico e finanziario
permangono tuttora profonde disparità in termini di PIL pro-capite ed
infine dal punto di vista sociale e culturale, povertà e pauperizzazione,
alimentano la logica dell’ostracismo.
Recentemente, una nuova presa di coscienza ha dato vita all’Unio‑
ne per il Mediterraneo (UPM), riprendendo gli obiettivi del processo di
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El Malki H., (1999), Annuaire de la Méditerranée, GERM-Publisud.
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Barcellona. Resta indubbio però che tra gli interessi imminenti a breve
termine e quelli strategici a lungo termine, prevalgano i secondi.
Figura 4 – Politica Europea di Vicinato e Partenariato Euro-Mediterraneo
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6. Conclusioni
A partire dal secondo dopoguerra e fino al 1970, i flussi migratori
hanno soprattutto rappresentato una migrazione temporanea di forza la‑
voro. Successivamente, con l’avvento della politica migratoria restrittiva
nel Vecchio Continente, è stato frenato l’ingresso di lavoratori stranieri
Migrazioni e politiche di cooperazione
allo sviluppo nel contesto euro-mediterraneo
nei Paesi europei e contemporaneamente favorito il loro rientro in patria.
Occorre tener presente, inoltre, che nei Paesi europei, ed in particolare
in quelli mediterranei, le politiche restrittive hanno anche alimentato i
flussi irregolari e/o clandestini. L’incremento delle migrazioni di transito
ha portato i Paesi del Maghreb così come quelli del Mashreq orientale,
ad intraprendere una revisione delle politiche nazionali ed intensificare
le negoziazioni con l’Ue nell’ambito degli accordi bilaterali e di associa‑
zione. D’altra parte é prevalsa a livello della maggior parte dei governi
europei una politica centrata sulle questioni di sicurezza, sulla lotta ai
clandestini e sui problemi interni all’Ue. Il fallimento delle politiche
di chiusura delle frontiere, accentuato dalla persistenza di un dualismo
demografico ed economico, ha condotto al perseguimento di strategie fi‑
nalizzate a ridurre la propensione a migrare nei Paesi di origine, attivando
forme di cooperazione allo sviluppo direttamente in loco e rilanciando
il binomio integrazione/sviluppo. Nel nuovo millennio, tuttavia, tali
politiche si stanno rivelando inefficaci rispetto alle diverse velocità dei
fenomeni sociali economici e politici del Mediterraneo che contrastano
con la tesi di fondo del partenariato euro-mediterraneo.
Attraverso l’osservazione dei dati e delle tendenze, infatti, si è de‑
lineato uno scenario divergente, caratterizzato da una sempre più tenden‑
zialmente stagnante popolazione nei Paesi della sponda Nord del Bacino
mediterraneo, rispetto ad una crescente popolazione della riva Sud, oltre
ai diversi livelli di sviluppo economico. In tale contesto, la strategia più
auspicabile resta quella di una stretta cooperazione euro-mediterranea
che non potrebbe che giovare ai Paesi europei in quanto lo sviluppo dei
Paesi della riva Sud permetterebbe una piena integrazione economica
dell’Europa con tutti i Paesi delle sponde africana ed asiatica del Bacino
mediterraneo. Affinché, tuttavia, gli orientamenti politici e giuridici già
in atto abbiano una maggiore efficacia occorrerebbe consolidare la co‑
operazione allo sviluppo accrescendo la partecipazione dei governi dei
Paesi di origine dei flussi non solo nella gestione degli stessi ma anche
nelle decisioni e nell’attuazione delle politiche di sviluppo, focalizzando,
altresì, l’attenzione sull’esigenza di un maggiore coordinamento tra gli
interventi degli stakeholders coinvolti a diversi livelli: internazionale,
nazionale, regionale e locale.
Occorre sottolineare, inoltre, come le migrazioni contemporanee
nel Mediterraneo si verifichino in un periodo di straordinario sviluppo
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di mezzi di comunicazione e flussi economici e di intensificazione di
processi sociali e culturali transnazionali. I mercati, gli individui e i
gruppi sono sempre meno contenuti dalle frontiere territoriali e giuridiche
degli stati. Al contempo, si moltiplicano le relazioni transnazionali che
possono sfuggire, almeno parzialmente, al controllo o alla mediazione
dei governi. In tale contesto i migranti partono e tornano, mantenendo
i contatti con il Paese d’origine e con i membri della loro «comunità«
residenti anche in altri Paesi. Di conseguenza, l’emigrazione, anche a
seguito del cambiamento del modo di produrre e quindi del mondo del
lavoro, può diventare sempre meno uno spostamento definitivo e tra‑
sformarsi in una serie di soggiorni intermittenti, soprattutto nel caso di
prossimità geografica tra i Paesi d’origine e di insediamento. In questo
quadro, il rapporto tra migranti e sviluppo dei Paesi di origine, a partire
dallo strumento finanziario costituito dalle rimesse, può essere un ele‑
mento particolarmente promettente nella costruzione da parte dell’Unione
Europea di una politica di prossimità verso i suoi nuovi confini. In que‑
sta direzione, i recenti orientamenti prevalenti di articolare tale politica
attraverso la promozione di Partenariati Interregionali che colleghino
l’UE con i nuovi vicini si accordano pienamente con i caratteri e la logica
riscontrata nelle migrazioni contemporanee.
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Hanno collaborato a questo numero…
Caruso Immacolata
Ricercatrice dal 1986 presso l’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo
(ISSM) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli è attualmente
responsabile scientifico del programma di ricerca «Migrazioni mediterranee.
Storia ed Economia», afferente al progetto «Migrazioni» del Dipartimento di
Identità Culturale del CNR. Membro sin dal 2005 del Comitato di redazione del
Rapporto annuale dell’ISSM sulle Economie del Mediterraneo, edito da «il
Mulino», si occupa, in particolare, della stesura di articoli sui flussi migratori nel
Mediterraneo. Pur in un’ottica multidisciplinare, i suoi interessi di ricerca
rientrano nei settori di competenza delle scienze politiche, delle scienze regionali,
dell’economia dello sviluppo.
Greco Sabrina
Assegnista di ricerca presso l’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo
(ISSM) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli. È stata borsista
del dottorato di ricerca in «Demografia ed economia delle grandi aree
geografiche» all’Università di Bari, svolgendo numerosi soggiorni di studio e/o
ricerca all’estero presso: l’INED e l’Université Paris 11 di Parigi, il CERED e
l’Université Mohammed V di Rabat. Le principali tematiche di ricerca riguardano
le migrazioni, la globalizzazione e l’urbanizzazione relativamente all’area euromediterranea, la popolazione e le politiche di sviluppo per quel che concerne il
Maghreb ed il Mashreq.