Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio
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Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio
TESTO PROVVISORIO XIX CONVEGNO DI STUDI – FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO MATRIMONIO E FAMIGLIA LA “QUESTIONE ANTROPOLOGICA” E L’EVANGELIZZAZIONE DELLA FAMIGLIA Giovedì 12 marzo 2015 Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio Prof.ssa Carla ROSSI-ESPAGNET L’interesse del mondo intero si è concentrato sul matrimonio. Dopo decenni di rifiuto di questa istituzione, soppiantata dal diffondersi dell’amore libero e delle unioni di fatto, ora l’ideologia del gender ha fatto della conquista del “matrimonio per tutti” uno dei suoi cavalli di battaglia. Nelle legislazioni civili le norme che regolano il matrimonio, che già avevano subito pesanti attacchi volti ad indebolirne gli elementi portanti, sono ulteriormente messe sotto pressione nel tentativo di introdurre il matrimonio à la carte, dove dell’istituto naturale restino i pezzi sparsi, che ognuno può assemblare a suo piacimento. Nel contempo, la Chiesa che vive in questo mondo trova tra le sue fila un sempre maggior numero di cristiani che sono travolti da questi urti potenti, e i cui matrimoni sono colpiti e sfigurati dalla mancanza di fedeltà, di fecondità, e dal ricorso sempre più frequente allo scioglimento degli effetti civili del vincolo matrimoniale, con la conseguente costituzione di nuove unioni. In nome della libertà, tutto questo sembra essere un’evoluzione positiva del costume, ma in realtà si tende a sottovalutare il fatto che questi comportamenti disgregano la società e creano situazioni di solitudine e di povertà. La Chiesa, come buona madre, è chiamata ad intervenire per soccorrere quanti si trovano in queste situazioni disastrate. Per questo, il Papa ha convocato nel 2014 e nel 2015 due Assemblee del Sinodo dei Vescovi allo scopo di trovare risposte efficaci a quella che la Chiesa stessa intende come una “sfida pastorale”, anzi, potremmo dire, come LA sfida pastorale del momento. Il primo servizio che la Chiesa può offrire al mondo è quello della chiarezza nell’esporre la verità, e dell’incoraggiamento nell’indicare le vie da percorrere per affrontare bene i pericoli che la vita matrimoniale deve affrontare. La parola del Magistero della Chiesa, soprattutto la Parola del Papa, è attesa per portare la luce che viene da Dio ed è l’unica che può aiutare a considerare la realtà in modo adeguato. Questo studio vuole contribuire a chiarire quali sono i principi fondamentali che su questo tema il Magistero ha già individuato. Mi fermerò dunque innanzitutto a valutare quale sia l’importanza del Magistero ordinario in materia morale, facendo particolare attenzione a quello del Papa e dei Sinodi, per riflettere su quale sia la sua autorità e perché esso costituisca un’importante offerta sapienziale per il nostro tempo. Poi entrerò nello specifico del Magistero di Papa Francesco, di cui approfondirò due caratteristiche molto legate tra loro, una di contenuto e l’altra di metodo: il costante richiamo alla misericordia e l’indole pastorale. Di entrambe cercherò di approfondire il significato. Infine, mi occuperò del Magistero di Papa Francesco sul Matrimonio, Magistero che costituisce la parte più importante dell’attuale offerta della Chiesa alle inquietudini del mondo su questo tema. 1/14 TESTO PROVVISORIO 1. Il Magistero ordinario del Papa in moribus La riflessione sul matrimonio che interessa tutta la Chiesa in questi mesi suscita in genere due tipi di reazione: da una parte si può osservare la preoccupazione nei confronti dell’operato del Papa sudamericano che non asseconda il desiderio di quanti vorrebbero che riproponesse con insistenza, forza e chiarezza la dottrina della Chiesa sui “valori non negoziabili”, come Benedetto XVI amava chiamare, tra altri argomenti, anche il “vangelo della vita e della famiglia”; preoccupazione e una punta di sospetto verso un Papa così poco curiale e a volte così poco attento alle parole che usa, da farlo sembrare quasi in odore di eresia1; dall’altra parte, registriamo l’entusiasmo nei confronti dello stesso Pontefice, un uomo comune e finalmente vicino ai bisogni reali delle persone, nella speranza che metta la Chiesa al passo con i tempi, rispondendo positivamente alle richieste di innovazione sollecitate a gran voce da molti battezzati e dalla maggior parte dei media. Entrambi gli schieramenti vorrebbero insegnare al Papa che cosa deve fare il Papa, gli uni nel nome della fedeltà alla Tradizione, gli altri in quello dell’apertura al mondo moderno: ognuno aspira a tirarlo dalla sua parte, e spera di ottenere da lui la conferma della propria posizione. Il Santo Padre si trova così strattonato tra due esigenze opposte nei contenuti, ma simili nell’impostazione, dato che entrambe nascono dalla convinzione di possedere la vera verità della Chiesa oggi. Se fino a qualche decennio fa la missione profetica del Magistero era messa in discussione da un clima intellettuale che privilegiava il dubbio quale forma più alta di sapere (negare ogni certezza sembrava essere la cosa più intelligente che si potesse fare, nel desiderio di mantenere un’apertura verso ulteriori prospettive, e nella convinzione che questo atteggiamento fosse la base del dialogo, costruita però sul nulla del rifiuto della verità e dell’accoglienza delle opinioni che, in quanto tali, si equivalgono)2, oggi quella posizione in fondo scomoda per la sua instabilità ha dovuto lasciare il passo ad una certezza: la certezza che la propria opinione o convinzione abbia la stessa dignità rispetto alle opinioni e convinzioni altrui, e che non esista una verità comune e oggettiva, verso la quale dovrebbe tendere il pensiero di tutti: oggi ognuno è depositario della sua verità, che beninteso non coincide con quella di nessun altro, perché è la sua. Ognuno rispetta formalmente la verità degli altri ed esige rispetto per la propria, ma è evidente che ogni forma di dialogo è chiusa. L’individualismo sempre più forte nella nostra cultura ha portato a legittimare la privatizzazione delle convinzioni, e la chiusura di ognuno nella propria visione delle cose. Il rifiuto di una verità al di là delle opinioni singole, ha condotto all’incomunicabilità su tutti quegli aspetti che non si possono risolvere con la tecnica delle scelte operative. Per questo, sul piano dei valori umani e delle credenze, non si cerca più il dialogo perché questo è stato reso impossibile dall’assenza di punti di riferimento condivisi; l’unico punto di accordo si trova sulle procedure, che diventano l’unica fonte di garanzia della validità delle decisioni e delle azioni. Per superare la contrapposizione sulla figura del Pontefice e su quali dovrebbero essere le sue scelte, occorre uscire da una simile impostazione intellettuale, evitando di cercare forme di equilibrismo e compromesso per armonizzare le due spinte opposte; la fede nello Spirito Santo che guida il Magistero della Chiesa è anche fede nella Verità, che è Dio stesso, Creatore del cosmo e dell’essere umano, uomo e donna. 1 Un noto opinionista ha recentemente paragonato Papa Francesco a Giovanni XXII, nel titolo dell’articolo bollato come eretico, benché nel testo si precisi che non fu tale: http://www.corrispondenzaromana.it/un-papa-che-cadde-nelleresiagiovanni-xxii-e-la-visione-beatifica-dei-giusti-dopo-la-morte/ Cfr anche A. SOCCI, Non è Francesco, Mondadori, Milano 2014. 2 Cfr R. GARCIA DE HARO - C. ROSSI ESPAGNET, Matrimonio e famiglia nei documenti del Magistero, Ares, Milano 2000, 13-44. 2/14 TESTO PROVVISORIO 1.a Il Magistero annuncia il Vangelo della famiglia Tra i doni concessi da Cristo alla sua Chiesa vi è il carisma dell’insegnamento: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). La Chiesa ha sempre avuto la consapevolezza di avere il dovere di trasmettere una verità donata e non prodotta dalla sua ricerca, e per questo la riflessione e lo studio hanno sempre accompagnato la sua storia bimillenaria, non per elaborare nuove proposte evolutive del Vangelo, ma per migliorare sempre la comprensione di quella verità donata. L’assistenza dello Spirito Santo e la presenza di Cristo, unica Verità (Gv 14,6), fanno sì che l’insegnamento della Chiesa goda di un carisma certo di verità il cui valore è stato meglio approfondito sia durante il Concilio Vaticano I, che ha prodotto la definizione sull’infallibilità del Papa quando parla ex cathedra, sia durante il Concilio Vaticano II, che ha dedicato ampio spazio al munus docendi di tutta la Chiesa e delle sue diverse componenti3. Il dogma del 1870 sull’infallibilità del Papa, se da una parte rafforzava l’autorevolezza del Magistero dei successori di san Pietro, concentrando nelle definizioni dogmatiche del Papa l’infallibilità della Chiesa stessa, la Sposa fedele di Cristo, dall’altra parte lasciava aperta una domanda sul valore del restante Magistero dei Papi, che da quel momento in poi cominciò ad essere chiamato “il Magistero non infallibile del Papa”. Si tratta di quello che oggi siamo soliti chiamare Magistero ordinario del Papa, ma il confronto con quello infallibile portò ad associare alla non infallibilità la fallibilità, o almeno la opinabilità, per cui in modo fuorviante si iniziò a parlare di Magistero opinabile del Papa4. Il Concilio Vaticano II chiarì, nella Lumen gentium, che l’«assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del Romano Pontefice, anche quando non parla ex cathedra. Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e alla volontà da lui manifestati, che si possono dedurre in particolare sia dal carattere dei documenti, sia dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, sia dalla maniera di esprimersi» (LG 25). Tuttavia, in seguito alla pubblicazione dell’Humanae vitae (1968), si riaccese il dibattito e furono numerosi coloro che negarono che il Magistero ordinario del Papa avesse un valore ecclesiale e che si dovesse aderire con animo religioso ai suoi insegnamenti. Il dissenso che allora si produsse ha prodotto molto disorientamento e gravi danni nella Chiesa5. Gli insegnamenti del Magistero sul matrimonio e la famiglia appartengono per la massima parte al Magistero ordinario dei Papi. Dobbiamo invece al Magistero solenne del Concilio di Trento la più ampia definizione dogmatica su questo tema, contro l’errore luterano che negava che il Matrimonio fosse un sacramento e quindi un mezzo di salvezza6, e sosteneva invece che si trattasse di una semplice istituzione umana. 3 LG 25 tratta del compito di insegnamento dei Vescovi, LG 35 di quello dei laici, LG 12 del senso della fede di tutto il popolo di Dio. 4 Pio XII è stato il primo a prendere posizione contro questa interpretazione del valore del Magistero ordinario del Papa, nell’enciclica Humani generis (1950). 5 Una sintesi di questo momento storico e un approfondimento delle implicazioni dottrinali in R. GARCIA DE HARO – C. ROSSI ESPAGNET, Matrimonio e famiglia, cit., 22-26. 6 Cfr CONCILIO DI TRENTO, 24° sess., Denz-Sch. 1800. Non si tratta dell’unica definizione dogmatica sulla sacramentalità del Matrimonio, che era già stata definita dal Concilio di Firenze (1439), ma senz’altro della più ampia e importante. 3/14 TESTO PROVVISORIO Dopo il Concilio di Trento, non ci sono stati più interventi dogmatici sul matrimonio, ma una serie di insegnamenti che hanno recepito e sviluppato la dottrina che dai Padri della Chiesa attraverso l’elaborazione medievale è giunta fino a noi. Diversi Pontefici hanno dedicato encicliche, lettere e numerosi discorsi ai vari aspetti del matrimonio di cui sentivano più urgente il bisogno di parlare con chiarezza e profondità, per il bene dei cristiani loro affidati7. Anche la elaborazione canonistica ha contribuito ad approfondire i contenuti di fede relativi al sacramento del matrimonio, fondamentali per discernere le relazioni di giustizia presenti nel patto matrimoniale. Il Concilio Vaticano II ha parlato del matrimonio e della famiglia in vari documenti, ma l’esposizione più ampia si trova nella costituzione pastorale Gaudium et spes, che è debitrice alla costituzione dogmatica Lumen gentium della sua impostazione innovativa. Infatti nella Lumen gentium si trova l’insegnamento sulla chiamata alla santità degli sposi cristiani, al pari di tutti gli altri battezzati e di tutte le altre vocazioni nella Chiesa8. Per la prima volta il Magistero solenne della Chiesa ha affermato che il Matrimonio non solo è santo di per sé, in quanto sacramento, ma costituisce una vocazione divina per coloro che lo contraggono, e una vera via di santità nella Chiesa. Si tratta di un insegnamento che San Giovanni Paolo II ha ripreso in molti modi, a partire dal suo primo e fondamentale documento sulla famiglia, l’esortazione apostolica Familiaris consortio, che nacque dal Sinodo sulla famiglia del 1980, l’evento ecclesiale con cui l’attuale Sinodo sullo stesso tema, si pone in continuità. «Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificatrice del battesimo» (n. 56); per questo ogni famiglia è chiamata a svolgere una missione nella storia: «Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l’appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità: famiglia, “diventa” ciò che “sei”!» (n.17). Per questo, «anche i coniugi, nell’ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un incessante cammino» (n.34) per compiere la legge di Dio nel loro stato, con l’aiuto della grazia divina. Il Papa della famiglia, come è stato definito da Francesco nella cerimonia della sua canonizzazione9, ha promosso in vari modi la presenza attiva delle famiglie nella Chiesa, e ha confermato la dottrina della chiamata alla santità nel Matrimonio anche promuovendo le cause di beatificazione di alcuni sposi cristiani in coppia. La novità di questa misura non sta nel fatto di aver beatificato dei cristiani coniugati, che erano già presenti nell’elenco dei santi (ricordiamo santa Rita o san Tommaso Moro, o san Luigi re di Francia, tra gli altri), ma di aver impostato il processo canonico della coppia in quanto tale; ciò non significa che la santità non sia personale, o che sia trasferibile da uno sposo all’altro, ma esprime che proprio il Matrimonio è stato la via di santità per questi santi coniugi: la prima coppia beatificata è composta da Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi (2110-2001), la seconda da Louis e Zélie Martin (19-10-2008). 1.b Il Sinodo e il Papa Il Sinodo in due tappe che è in corso, si inserisce nell’impegno per la nuova evangelizzazione che la Chiesa ha intrapreso da alcuni anni. Dopo aver messo a punto alcuni strumenti di natura ecclesiale, come il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (istituito nel 2010) e 7 Le encicliche più importanti sono di Leone XIII, Arcanum divinae sapientiae (1880), e di Pio XI, Casti connubii (1930). 8 LG 11: «I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale e nell’accettazione e nell’educazione della prole, ed hanno così, nel loro stato di vita e nel loro ordine, il proprio dono in mezzo al Popolo di Dio». 9 FRANCESCO, Omelia, 27-4-2014. 4/14 TESTO PROVVISORIO aver indetto un Anno della Fede che ha avuto inizio nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II (11 ottobre 2012), la Chiesa si concentra ora su quella che a buon diritto può essere considerata l’unica vera radice possibile della nuova evangelizzazione: la famiglia. Indebolita all’interno della Chiesa dalla crisi della fede10, sul piano civile la famiglia subisce il fuoco incrociato delle leggi e degli interventi di diversi Governi nazionali che la privano delle sue prerogative; questa azione di natura legislativa e giudiziaria non potrebbe sostenersi senza una manovra culturale libertaria promossa da varie Organizzazioni internazionali e appoggiata da buona parte dei mezzi di comunicazione, che rende molto difficile non solo la vita concreta delle famiglie, ma la stessa comprensione di che cosa sia la famiglia e di quale sia il suo compito nella società. Il prevalere dei diritti individuali sul senso di responsabilità nei confronti delle persone coinvolte nelle scelte personali, ha forgiato una società in cui i valori della giustizia e della solidarietà, caratteristici del vivere civile, sono stati progressivamente svuotati di contenuto: la giustizia è ridotta a procedura, la solidarietà a tutela degli interessi del proprio gruppo di riferimento. Nei 35 anni che ci separano dalla Familiaris consortio, anche la famiglia è stata aggredita e svuotata dei suoi elementi costitutivi, fino ad essere lasciata informe, quasi priva di identità: si fa fatica oggi a dire che cosa sia la famiglia, perché non è stata protetta e tutelata nelle sue prerogative, e varie forme di convivenza pretendono di esserle equiparate. Infatti, in molti luoghi si sostiene che occorra parlare di “famiglie”. Papa Francesco ha denunciato il tentativo di «colonizzazione ideologica» promosso dall’ideologia del gender: «Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia. Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà, la missione della famiglia»11. Un secondo potente elemento distruttivo è costituito dall’indebolirsi dei legami familiari innanzitutto ad opera della banalizzazione del divorzio, come anche per il diffondersi di tecniche mediche invasive nel processo di fecondazione. La tecnologia permette il primato della libera scelta sull’opera della natura, e questo, in un’ottica di contrapposizione tra natura e cultura, sembra favorire un processo di umanizzazione del concepimento, perché permette il dominio dei processi naturali; in realtà, il tentativo di sganciare il concepimento, la gestazione e la nascita dall’ambiente creato dall’amore e dal fedele dono di sé, ossia dal matrimonio, ferisce il rapporto di filiazione e di paternità/maternità, perché trasforma il desiderio aperto all’accoglienza del figlio, nel desiderio produttivo del figlio. Oltre ad altri problemi, questa procedura non richiede l’unione matrimoniale delle persone, basta l’unione dei gameti realizzata in laboratorio. La “disincarnazione” del concepimento favorisce il pensare al figlio come a un bene non in sé ma per i genitori, e questo apre le porte a forme di rifiuto più o meno gravi, qualora egli non soddisfi le attese per le quali è stato voluto; più difficile è cedere a questa tentazione quando il figlio è percepito come figlio di Dio, che affida ai genitori la missione di amarlo e onorarlo, con maggior cura quanto più grandi sono le sue deficienze. La famiglia di cui non viene tutelata socialmente la solidità del legame coniugale e il bene della generazione dei figli, tende a scomparire: infatti assistiamo alla progressiva diminuzione del numero di matrimoni, anche tra i battezzati. Aumentano le unioni illegittime non solo dal punto di vista legale, ma anche da quello umano, perché prive dell’impegno reciproco totale. La società e la politica tollerano questi legami deboli e tendono a legalizzarli, e in questo modo privano la famiglia fondata sul 10 III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione, 18-10-2014, n. 5: «La crisi della fede che ha toccato tanti cattolici e che spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia». 11 FRANCESCO, Discorso alle famiglie a Manila, 16-1-2015. 5/14 TESTO PROVVISORIO matrimonio del sostegno sociale di cui ha bisogno. Solo la Chiesa ha la medicina che può restituire vita e forza alla famiglia, il Vangelo della famiglia. Al Sinodo dei vescovi dell’autunno 2014 le Chiese dei Paesi occidentali, Europa e America, sono dunque arrivate portando la famiglia come un malato grave, addirittura terminale, e inoltre incapace di chiedere aiuto alla Chiesa, alla quale non si sente più di appartenere e dalla quale non si aspetta un aiuto reale. Benché il Papa abbia paragonato la Chiesa a un ospedale da campo12, l’Instrumentum laboris che ha costituito la traccia di lavoro di questa consultazione, segnala che tra le difficoltà della famiglia oggi, c’è anche il fatto che «l’atteggiamento della Chiesa (è) percepito in molti casi come escludente, e non come quello di una Chiesa che accompagna e sostiene»13. Dunque uno dei cambiamenti che ci si aspetta dal Sinodo consiste nell’operare un’inversione di tendenza, per cui gli sposi cristiani tornino ad avere fiducia nei pastori. Si rende necessario trovare il modo di far percepire la Chiesa come un medico misericordioso, interessato alla salute del paziente e non semplicemente attento a custodire un ordine formale. Per questo il Sinodo si colloca in una dimensione pastorale più che dogmatica e antropologica, considerando che i fondamenti antropologici siano stati già ampiamente elaborati dal Magistero di san Giovanni Paolo II. A tale scopo, il Papa ha chiesto ai Padri sinodali di esprimere con franchezza il loro pensiero sulle cause di questa situazione, e sulle terapie da adottare per restituire la vita, naturale e cristiana, alla famiglia. Ma allo stesso tempo ha voluto anche chiarire la funzione propria del successore di Pietro all’interno del Sinodo, e lo ha fatto ripetutamente, sia all’inizio, sia al termine dell’Assemblea straordinaria: «Vi domando, per favore, questi atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà. E fatelo con tanta tranquillità e pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede»14. E ugualmente nel discorso finale, ha voluto sottolineare il ruolo del Papa, servus servorum Dei, citando testualmente un ampio brano di un discorso di Benedetto XVI15. Osserviamo che se finora Francesco aveva preferito parlare di sé come del vescovo di Roma, per sottolineare sia l’unità della Chiesa locale, come ha fatto nel saluto ai fedeli subito dopo l’elezione,16, sia quella del collegio episcopale intorno al vescovo di Roma, che presiede nella carità, il Sinodo straordinario è stato l’occasione perché Francesco esplicitasse il ruolo primaziale che gli compete nella Chiesa in quanto successore di san Pietro. 2. Caratteristiche del Magistero di Papa Francesco sul matrimonio Lo stile comunicativo di questo Papa è caratterizzato dalla semplicità: tutti lo capiscono, e per questo volentieri lo ascoltano. La sua parola semplice è però anche forte, perché corroborata da uno stile di vita coerente. Negli interventi di Papa Francesco sul matrimonio e la famiglia emergono in modo particolare due caratteristiche del suo Magistero, una di contenuto e l’altra di metodo: la centralità della misericordia divina, e l’approccio pastorale. 12 FRANCESCO, Omelia dell’1-4-2014. 13 III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Instrumentum laboris (246-2014), n. 75. 14 FRANCESCO, Saluto ai Padri sinodali, 6-10-2014. 15 FRANCESCO, Discorso a conclusione del Sinodo, 18-10-2014. 16 FRANCESCO, Primo saluto e benedizione, 13-3-2013: «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. (…) E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. (…)prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo». 6/14 TESTO PROVVISORIO 2.a La misericordia Nel discorso pronunciato al termine del Sinodo straordinario, com’è noto, Papa Francesco ha segnalato alcune tentazioni proprie del percorso sinodale, che non riguardano solo i Padri lì convenuti, ma anche i cristiani che hanno seguito i lavori del Sinodo. Le cinque tentazioni elencate dal Santo Padre si possono riassumere in due atteggiamenti contrapposti: da una parte la tentazione di chiudersi nella legge e di irrigidirsi nella lettera, senza considerare le necessità della Chiesa e soprattutto lo Spirito di Dio che sempre ci sorprende; dall’altra, la tentazione del buonismo che vorrebbe risolvere i problemi dichiarando che tutto va bene così com’è, lasciando le persone con le loro ferite, senza riconoscere il potere della Parola di Dio17. Il sentimento di quanti hanno seguito le discussioni del Sinodo attraverso i mezzi di informazione, di fatto è stato orientato o verso il timore che la Chiesa stesse per eliminare o almeno danneggiare in modo irreparabile il tesoro costituito dal matrimonio cristiano; oppure verso la speranza di trovarsi a un passo da una Chiesa più tollerante e aperta a rivedere alcune sue leggi, ad esempio quella dell’indissolubilità del matrimonio, per venire incontro agli sposi cristiani in difficoltà. Il bene della fedeltà e quello della misericordia sono stati messi in contrapposizione, e molti pensano in buona fede di trovarsi di fronte a un’alternativa: o custodire il patrimonio di sapienza che viene da Dio, nonostante non venga più ben compreso né seguito dai nostri contemporanei, oppure evitare di caricarli di pesi che non possono portare, eliminando gli aspetti della dottrina meno facili da capire e da vivere. Nell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI ha offerto un’importante riflessione sulla necessità di custodire la verità per amore, e viceversa di amare nella verità, mettendo in luce che non possiamo eliminare nessuno dei due elementi senza falsare, e dunque perdere, anche l’altro. La verità libera la carità dal pericolo di diventare sentimentalismo, e la carità fa sì che la verità sia amata, e non temuta o considerata con indifferenza: «Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione, segnata da san Paolo, della veritas in caritate (Ef 4,15), ma anche in quella, inversa e complementare, della caritas in veritate. La verità va cercata, trovata ed espressa nell' “economia” della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità»18. Carità e verità, misericordia e fedeltà, sono i binomi che esprimono la tensione provocata nella Chiesa dalla Parola di Dio sempre viva, che essa custodisce non allontanandola dal pericolo di contaminazione con le culture, ma diffondendola in tutti gli ambienti e declinandola secondo le esigenze di tutte le genti, senza per questo mai venir meno al suo reale messaggio di salvezza. Infatti, «il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa»19. Nel nostro tempo, incline ad apprezzare la carità e la misericordia più che la verità e la fedeltà, e a confondere la misericordia con la tolleranza e la compassione, occorre ricordare qual è il vero significato di questo attributo divino, così come è stato rivelato. Nell’Antico Testamento il riconoscimento della misericordia di Dio è costantemente presente nella preghiera di Israele, e l’invocazione «eterna è la sua misericordia» (Sal 136) è una supplica alla fedeltà di Dio affinché non venga meno all’Alleanza nonostante il peccato del popolo. La misericordia è l’amore fedele di Dio più forte del peccato dell’uomo: il suo vertice è raggiunto in Cristo, nella cui umanità la misericordia di Dio trova la sua espressione più alta, e ottiene la vittoria definitiva contro il peccato20. In Cristo, Dio può instaurare la nuova e definitiva Alleanza, 17 Cfr FRANCESCO, Discorso per la conclusione della III Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18-102014. 18 BENEDETTO XVI, enc. Caritas in veritate, 2 (2009). 19 FRANCESCO, es. ap. Evangelii gaudium, (EG) 9. 20 7/14 TESTO PROVVISORIO perché la Sua fedeltà trova in Cristo Uomo la risposta assolutamente fedele, che vince il peccato e la morte. La misericordia di Dio si attua con la sua giustizia, perché la sua misericordia non è mai ingiusta, e quanto mai lontana dalla tolleranza dell’ingiustizia che nasce dal peccato: «Pietoso e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso» (Sal 116,5). Non è misericordia tollerare l’infedeltà come se fosse poco importante, come se non costituisse una rottura dell’Alleanza. La misericordia divina tende invece ad allontanare la persona umana dal male, indica la via della conversione che lo riporta alla vita: « Com'è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio -, io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o casa d'Israele?» (Ez 33,11). Nel Magistero di Papa Francesco è particolarmente evidente che la missione evangelizzatrice che la Chiesa è chiamata a svolgere nel nostro tempo è un’espressione della misericordia di Dio. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il santo Padre ricorda che san Tommaso d’Aquino «afferma che, in quanto all’agire esteriore, la misericordia è la più grande di tutte le virtù: “La misericordia è in se stessa la più grande delle virtù, infatti spetta ad essa donare ad altri e, quello che più conta, sollevare le miserie altrui. Ora questo è compito specialmente di chi è superiore, ecco perché si dice che è proprio di Dio usare misericordia, e in questo specialmente si manifesta la sua onnipotenza” (STh II-II,q.30,a.4)»21. Il Papa sottolinea che il grande dono che viene da Dio e che la Chiesa deve trasmettere, può essere accolto solo in un atteggiamento interiore di conversione. Per questo, è abituale che egli parli insieme di misericordia - da parte di Dio - e di richiesta di perdono - da parte dell’uomo -: «La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo»22; «Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile»23; «Insisto: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia»24. La misericordia di Dio solleva e allontana dal peccato, e così facendo opera la giustizia, quando è accolta con spirito di conversione, dal desiderio di «fare il bene possibile» nella propria situazione, secondo l’insegnamento della Chiesa. 2.b L’indole pastorale La seconda caratteristica del Magistero di Papa Francesco, è il forte orientamento pastorale che, pur con modalità peculiari, lo accomuna a tutto il Magistero della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II25. Infatti, com’è noto, san Giovanni XXIII indisse il Concilio proprio affinché la «dottrina certa e immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunciate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è Cfr J.J. PEREZ-SOBA, S. KAMPOWSKI, Il vangelo della famiglia nel dibattito sinodale oltre la proposta del Cardinal Kasper, Cantagalli, Siena 2014, 57-75. 21 EG 37. 22 EG 114. 23 EG 44. 24 EG 3. 25 Cfr G. RICHI ALBERTI, Evangelii Gaudium y la indole pastoral del magisterio, in “Scripta teologica” 46,3 (2014) 611-634. 8/14 TESTO PROVVISORIO necessario, occorre applicarlo con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al Magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale»26. Molto si è discusso, nei decenni che hanno seguito il Concilio, per chiarire in che cosa consista questa «indole pastorale» del Magistero. Questi studi hanno condotto a mettere in luce che tutta la vita della Chiesa è orientata alla salvezza dell’umanità: «L’indole pastorale mostra che la Chiesa appare come una realtà essenzialmente eccentrica, definibile solo in base a una duplice costitutiva relazione: a Cristo e alla sua missione, da una parte, e al mondo verso cui è continuamente ed essenzialmente inviata, dall’altra»27. L’ orientamento della Chiesa alla salvezza dell’umanità ha fatto crescere la comprensione della rilevanza dei destinatari della Parola di salvezza, senza la cui decisione di fede, il progetto divino non si potrebbe compiere. In seguito alla pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae nel 1968, la discussione sull’indole pastorale del Magistero si è concentrata sul valore del Magistero in moribus; il dibattito venne alimentato da coloro che sostenevano che le norme morali sarebbero valide solo in via di principio ma non nel concreto, e pertanto che il Magistero morale avrebbe un valore veritativo solo nelle affermazioni generali, mentre nelle formulazioni specifiche bisognerebbe riconoscergli solo un valore esortativo o, appunto, “pastorale”28. La dimensione storica degli insegnamenti specifici in materia di morale veniva considerata una causa della loro mancanza di forza vincolante per i credenti, e il motivo per cui dovrebbero essere considerati come delle semplici esortazioni ad assumere un determinato comportamento il cui orizzonte di comprensione è il Vangelo, ma senza che vi sia un legame necessario nelle diverse epoche storiche. Con queste premesse, veniva ad essere discussa anche la causa dell’autorità del Magistero morale: se i suoi insegnamenti potevano essere considerati semplicemente esortativi, ma non veri e pertanto vincolanti per la vita dei fedeli, la sua autorità non aveva più fondamento nella Parola di Dio rivelata e consegnata alla Chiesa per essere trasmessa a tutte le genti, ma nel confronto con le culture in cui la Chiesa deve portare il suo messaggio. È nato e si è diffuso una sorta di consequenzialismo applicato alla verità degli insegnamenti del Magistero: sarebbe vero quello che incontra l’approvazione dei fedeli29. Ma allora la sua parola diventerebbe una tra le voci che compongono il dibattito etico in un determinato luogo e periodo, e non la voce che adempie il compito profetico di rendere presente la Parola divina nel qui ed ora della storia, con la missione di essere «come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta»30. L’opposizione tra il carattere pastorale e quello dottrinale del Magistero fu superata sottolineando che proprio l’impegno per far sì che il Vangelo diventi vita vissuta, va a tutto vantaggio non solo della vita di fede, ma anche della dottrina, che in questo modo viene meglio compresa e in un certo senso arricchita, come del resto aveva già affermato lo stesso Concilio Vaticano II, nella costituzione 26 S. GIOVANNI XXIII, all. Gaudet Mater Ecclesia (11-10-1962). 27 A. SCOLA, Chi è la Chiesa? Una chiave antropologica e sacramentale per l’ecclesiologia, Queriniana, Brescia 2005,134. 28 Cfr la discussione tra B. SCHÜLLER, Christianity and the New Man: the Moral Dimension. Specificity of Christian Ethics, in Theology and Discovery: Essays in Honor of Karl Rahner, S.J., Milwaukee 1980, 307-327 e G. GRISEZ, The Way of the Lord Jesus, vol 1, Christian Moral Principles, Franciscan Herald Press, Chicago 1983, 864. 29 Cfr B. HÄRING, Chiedere l’opinione di vescovi e teologi, in “Il Regno/Attualità” 2(1989) 1-4. 30 III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIO DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione del Sinodo, n. 28, 18-10-2014. 9/14 TESTO PROVVISORIO dogmatica sulla divina Rivelazione: «Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all’incremento della fede del popolo di Dio. Così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede»31. 3. I contenuti del Magistero di Papa Francesco sul Matrimonio Papa Francesco ha l’abitudine di parlare chiaro, ma anche quella di non soffermarsi su quanto la Chiesa ha già definito, per affrontare invece le questioni dibattute. Questo atteggiamento gli ha portato le simpatie di quanti desiderano nuove risposte dalla Chiesa alle nuove questioni che agitano il mondo, e ha causato le critiche di quanti vorrebbero sentire da lui “una parola autorevole” sui temi dibattuti, che chiuda le discussioni una volta per tutte. Evidentemente non è questo l’obiettivo del santo Padre, che ritiene che il Catechismo della Chiesa Cattolica sia sufficientemente chiaro e autorevole per aver bisogno di ulteriori conferme. La sua parola mira piuttosto a mettere in luce i contenuti autenticamente umani e cristiani che sono i presupposti del Vangelo della famiglia. Mi limiterò a prendere in esame alcuni suoi insegnamenti sui beni essenziali del matrimonio, che la dottrina cattolica considera tradizionalmente essere l’unità, l’indissolubilità, la fecondità, cercando di evidenziare le cose antiche e nuove (Mt 13,52) che egli offre ai fedeli e al mondo. 3.a Unità Il primo bene del matrimonio consiste nell’essere il luogo dell’unione fedele tra un uomo e una donna che si consegnano e si accolgono reciprocamente per amarsi in tutte le circostanze, facili e difficili, che la vita presenta. La promessa di amarsi significa volere il bene reciproco e aiutarsi per raggiungere questo scopo, in modo totale ed esclusivo, nella condivisione dell’intimità personale, sia fisica che spirituale. Al nostro mondo ammalato di individualismo, il Santo Padre ha ricordato che questa unione non è un limite per lo sviluppo personale, ma un vantaggio. Parlando ai fidanzati, l’anno scorso si esprimeva così: «Il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito. Crescere anche in umanità, come uomo e come donna. E questo si fa tra voi. Questo si chiama crescere insieme. Questo non viene dall’aria! Il Signore lo benedice, ma viene dalle vostre mani, dai vostri atteggiamenti, dal modo di vivere, dal modo di amarvi. Farci crescere! Sempre fare in modo che l’altro cresca. Lavorare per questo. E così, non so, penso a te che un giorno andrai per la strada del tuo paese e la gente dirà: “Ma guarda quella che bella donna, che forte!…”. “Col marito che ha, si capisce!”. E anche a te: “Guarda quello, com’è!…”. “Con la moglie che ha, si capisce!”. E’ questo, arrivare a questo: farci crescere insieme, l’uno l’altro»32. In questi brevi passaggi, il santo Padre ha messo in luce degli aspetti importanti che correggono alcune deviazioni diffuse: ad esempio, quella di considerare uno dei coniugi al servizio dell’altro, negando la loro effettiva parità; quella di non opporsi alle situazioni che possono portare all’infedeltà coniugale, con la scusa che si tratta di episodi isolati; quella di pensare che l’amore funzioni in modo spontaneo, che non richiede impegno; o di considerare la propria felicità come una questione personale, che può essere messa in pericolo dal coniuge. Ma soprattutto il Santo Padre ha sottolineato che l’uomo e la donna hanno bisogno l’uno dell’altra per sviluppare la propria identità sessuata, per diventare “più uomo” e “più donna”. In una recente occasione, a questo proposito diceva: «Da tempo ci siamo lasciati alle spalle, almeno nelle società occidentali, il modello della subordinazione sociale della donna all’uomo, un modello secolare che, però, non ha mai esaurito del tutto i suoi effetti negativi. Abbiamo superato anche un secondo 31 DV 8. 32 FRANCESCO, Discorso ai fidanzati, 14-2-2014. 10/14 TESTO PROVVISORIO modello, quello della pura e semplice parità, applicata meccanicamente, e dell’uguaglianza assoluta. Si è configurato così un nuovo paradigma, quello della reciprocità nell’equivalenza e nella differenza. La relazione uomo-donna, dunque, dovrebbe riconoscere che entrambi sono necessari in quanto posseggono, sì, un’identica natura, ma con modalità proprie. L’una è necessaria all’altro, e viceversa, perché si compia veramente la pienezza della persona»33. La differenza sessuale costituisce un motivo radicale di alterità tra le persone umane, che stabilisce un richiamo ad autotrascendersi per ritrovarsi al di là di se stessi, in un terreno ignoto che è quello della comunicazione con l’altro sesso, con le sue caratteristiche non solo biologiche, ma anche psicologiche e spirituali. Questa novità che si apre nell’esperienza comune, mostra a ogni persona lati nuovi e inediti di se stessa: in particolare, mostra all’uomo il suo essere uomo, e alla donna il suo essere donna. Mostra ad entrambi che la loro capacità di relazione è trasformante, in un modo diverso da quello che viene sperimentato nel rapporto con le persone dello stesso sesso. Com’è noto, tutto ciò viene negato dall’ideologia del gender, secondo la quale la differenza sessuale è una realtà solo culturale e per di più ha valenza negativa, dato che costituisce la premessa per la disuguaglianza e per la mancanza di libertà delle persone, che sarebbero costrette dagli stereotipi culturali e sociali introiettati attraverso l’educazione, ad impersonare un dato tipo di identità sessuale. La teoria del gender vorrebbe aprire ogni persona a una molteplice modalità di relazioni sessuali, senza preclusioni causate dal contesto sociale o da un’immagine introiettata di identità sessuale che si cristallizza in forme stereotipate; in realtà, questa ideologia porta al progressivo isolamento delle persone, dato che nessuna delle molteplici relazioni può mai essere considerata stabile e definitiva, per non negare la libertà di scelte future diverse; le relazioni sono rese fragili, semplici proiezioni dell’io incapaci di far uscire ognuno da se stesso, ostacoli più che aiuti per il raggiungimento di un effettivo sviluppo personale. Solo la relazione forte costituita dal vincolo matrimoniale è capace, al contrario, di sostenere la crescita di ognuno dei due coniugi: ognuno può uscire da sé e procedere nel terreno inesplorato dell’incontro, senza perdersi, con l’aiuto che gli viene prestato dall’altro. Nel matrimonio cristiano, l’amore degli sposi si arricchisce della partecipazione all’amore tra Cristo e la Chiesa. Questa sua ulteriore dimensione racchiude in modo esplicito la prospettiva del sacrificio: « E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef 5,25). L’amore di Cristo fino alla morte è un aiuto imprescindibile per tutti, e in particolare «per gli sposi che “non sopportano il cammino” e vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono... Anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non per condannarli, ma per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore misericordioso che sgorga dalla sua Croce, con la forza di una grazia che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita coniugale e familiare»34. 3.b Indissolubilità Il Magistero di Papa Francesco è molto chiaro sull’indissolubilità del vincolo matrimoniale: a questo proposito, è utile riprendere il suo discorso ai fidanzati, che prende le mosse proprio da una domanda sulla paura del “per sempre”. La riflessione del santo Padre tocca due punti fondamentali. Innanzitutto, la necessità di superare la “cultura del provvisorio” nella quale siamo immersi, che nasce dal vedere che tutto cambia molto rapidamente e si ha l’impressione che nulla possa durare a lungo, neanche le decisioni più importanti: «E’ possibile amarsi “per sempre”? Oggi tante persone hanno paura di fare scelte definitive. Un ragazzo diceva al suo vescovo: “Io voglio diventare sacerdote, ma soltanto per 33 FRANCESCO, Discorso alla plenaria del P. Consiglio della Cultura, 7-2-2015. 34 FRANCESCO, Omelia del 14-9-2014. 11/14 TESTO PROVVISORIO dieci anni”. Aveva paura di una scelta definitiva»35. La cultura del provvisorio è alimentata da un’idea di libertà intesa come possibilità di tornare sempre indietro, come se fosse possibile annullare le proprie azioni, evadere dalle loro conseguenze, cancellare il segno che hanno lasciato dentro e intorno a noi. La libertà come un giocattolo con cui l’io si nasconde dietro a scelte sempre diverse, in nessuna delle quali è mai presente del tutto. La libertà come possibilità di agire senza un progetto, senza mai precludersi una direzione, in fondo una libertà senza un orizzonte, una libertà dis-orientata. «Dunque come si cura questa paura del “per sempre”? Si cura giorno per giorno affidandosi al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi - passi piccoli, passi di crescita comune - fatto di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede. Perché, cari fidanzati, il “per sempre” non è solo una questione di durata! Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani»36. Qui veramente il Papa ha centrato la questione della paura dell’indissolubilità: infatti, quel che fa paura non è stare per sempre insieme alla persona amata, perché questo è un bene desiderabile, ed è il motivo per cui si decide di sposarsi. La paura viene all’idea di dover stare insieme per sempre senza amarsi più: un dovere senza amore non è per niente desiderabile, diventa un duro giogo. Per questo occorre lavorare sulla consistenza dell’amore, superando l’idea che sia solo un sentimento, e intraprendere la strada delle azioni che nascono dall’amore e lo fanno crescere: comprendersi, andarsi incontro, imparare a trattarsi bene, ricominciare quando si è sbagliato e dare sempre all’altro una nuova possibilità...37 Una strada sulla quale è necessario ricorrere all’aiuto di Dio, pregare l’uno per l’altro, chiedere a Dio «il nostro amore quotidiano». La realtà dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale viene messa a dura prova nel caso delle persone che hanno divorziato e sono tornate a sposarsi col rito civile. Durante l’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, la questione è stata ampiamente dibattuta, in relazione alla possibilità di modificare la disciplina che regola l’accesso di queste persone ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. La Relazione finale del Sinodo testimonia che i Padri sinodali si sono divisi su questo punto38. La questione di fondo riguarda proprio l’indissolubilità del vincolo: se il primo matrimonio è valido, con quale diritto può essere riconosciuta legittima la seconda unione e quindi si può permettere l’accesso ai sacramenti? La Chiesa ha lunga esperienza della delicatezza di tale questione, su cui il potere civile ha sempre cercato di piegarla alle convenienze umane: nel XVI secolo la difesa dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale ha causato addirittura la perdita della Chiesa d’Inghilterra; in Oriente, la disciplina attuale è il frutto di un compromesso tra il potere civile e quello ecclesiale, viziato dal cesaropapismo. Ancora una volta, non dobbiamo dimenticare che il Sinodo ha un intento pastorale e non dogmatico, il che vuol dire che senza toccare il dogma dell’indissolubilità del matrimonio, occorre fare in modo che coloro che vivono in una seconda unione non si considerino automaticamente fuori della Chiesa, ma trovino delle vie di accesso per migliorare la loro situazione umana e cristiana, che tenga presenti tutte le circostanze del caso. 3.c Fecondità Su questo tema è frequente il richiamo di Papa Francesco all’enciclica Humanae vitae del beato Paolo VI. Ad esempio, nell’incontro con le famiglie a Manila: « Penso al Beato Paolo VI. In un momento in 35 FRANCESCO, Discorso ai fidanzati, 14-2-2014. 36 Ibidem. 37 Cfr EG 66. 38 III ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione finale, n. 52. 12/14 TESTO PROVVISORIO cui si poneva il problema della crescita demografica, ebbe il coraggio di difendere l’apertura alla vita nella famiglia. Lui conosceva le difficoltà che c’erano in ogni famiglia, per questo nella sua Enciclica era molto misericordioso verso i casi particolari, e chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari. Però lui guardò anche oltre: guardò i popoli della Terra, e vide questa minaccia della distruzione della famiglia per la mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore e mise in guardia le sue pecore dai lupi in arrivo. Che dal Cielo ci benedica questa sera»39. L’Humanae vitae, segno del coraggio pastorale di un Papa, è tuttora valida nella Chiesa e nella società perché mette al centro della fecondità della famiglia la libertà e la responsabilità dei coniugi, e in questo modo guida a vivere in modo umano la procreazione. Sulla questione della responsabilità è tornato più volte il Santo Padre, come anche su quella della generosità. Sulla paura della fecondità, che limita a livelli preoccupanti la vita della famiglie e delle nazioni, soprattutto in Europa: «Se una famiglia generosa di figli viene guardata come se fosse un peso, c’è qualcosa che non va! La generazione dei figli dev’essere responsabile, come insegna anche l’Enciclica Humanae vitae del beato Papa Paolo VI, ma avere più figli non può diventare automaticamente una scelta irresponsabile. Non avere figli è una scelta egoistica. La vita ringiovanisce e acquista energie moltiplicandosi: si arricchisce, non si impoverisce!» (dati bibliografici). Infine, sfatando vecchi miti, Papa Francesco aiuta a capire che la fecondità non è causa di povertà né familiare né sociale; che «Le famiglie sane sono essenziali alla vita della società. Dà consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione. Ho sentito dire da alcuni che le famiglie con molti figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà. Mi pare un’opinione semplicistica. Posso dire, possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e vi ha posto il dio denaro; un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i bambini, gli anziani, i giovani, senza lavoro … - e che crea la cultura dello scarto che viviamo. Ci siamo abituati a vedere persone scartate. Questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie numerose. Rievocando la figura di san Giuseppe, che ha protetto la vita del “Santo Niño”, tanto venerato in quel Paese, ho ricordato che occorre proteggere le famiglie, che affrontano diverse minacce, affinché possano testimoniare la bellezza della famiglia nel progetto di Dio. Occorre anche difendere le famiglie dalle nuove colonizzazioni ideologiche, che attentano alla sua identità e alla sua missione»40. Conclusioni Da molti anni il Magistero della Chiesa sta offrendo riflessioni importanti sul matrimonio e sulla famiglia valide per il nostro contesto culturale, soprattutto con san Giovanni Paolo II, e ora attraverso il lavoro che Papa Francesco ha promosso e con il suo Magistero personale. La proposta della Chiesa al mondo nasce dall’ascolto della divina Rivelazione, per cui è fonte di saggezza e di verità che non vengono annullate dal cambiare dei modelli culturali. Tuttavia, è necessario che le parole della Chiesa vengano percepite come significative nel dibattito attuale, che la Chiesa venga considerata un effettivo interlocutore, e da questo riconoscimento molti potranno poi procedere a scoprirne l’origine divina. L’atteggiamento contemporaneo è però piuttosto aggressivo e poco disponibile ad ascoltare chi non si allinea con le convinzioni sostenute dall’ideologia del gender. Il “muro contro muro” non è mai stato un metodo di dialogo, e non serve esasperare i toni in una sterile contrapposizione. La Chiesa mostra di essere madre e maestra, non solo per la bontà dei contenuti che offre, ma anche perché cerca sempre 39 FRANCESCO, Discorso alle famiglie a Manila, 16-1-2015. 40 FRANCESCO, Udienza del 21-1-2015. 13/14 TESTO PROVVISORIO nuovi modi per far giungere la sua Parola all’intelligenza e al cuore di molti che sono inquieti sull’identità e sul futuro dei loro matrimoni e delle loro famiglie. 14/14