Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio

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Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio
TESTO PROVVISORIO
XIX CONVEGNO DI STUDI – FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO
MATRIMONIO E FAMIGLIA
LA “QUESTIONE ANTROPOLOGICA” E L’EVANGELIZZAZIONE DELLA FAMIGLIA
Giovedì 12 marzo 2015
Principi fondamentali del Magistero della Chiesa sul matrimonio
Prof.ssa Carla ROSSI-ESPAGNET
L’interesse del mondo intero si è concentrato sul matrimonio. Dopo decenni di rifiuto di questa
istituzione, soppiantata dal diffondersi dell’amore libero e delle unioni di fatto, ora l’ideologia del
gender ha fatto della conquista del “matrimonio per tutti” uno dei suoi cavalli di battaglia. Nelle
legislazioni civili le norme che regolano il matrimonio, che già avevano subito pesanti attacchi volti ad
indebolirne gli elementi portanti, sono ulteriormente messe sotto pressione nel tentativo di introdurre il
matrimonio à la carte, dove dell’istituto naturale restino i pezzi sparsi, che ognuno può assemblare a
suo piacimento.
Nel contempo, la Chiesa che vive in questo mondo trova tra le sue fila un sempre maggior numero di
cristiani che sono travolti da questi urti potenti, e i cui matrimoni sono colpiti e sfigurati dalla
mancanza di fedeltà, di fecondità, e dal ricorso sempre più frequente allo scioglimento degli effetti
civili del vincolo matrimoniale, con la conseguente costituzione di nuove unioni. In nome della libertà,
tutto questo sembra essere un’evoluzione positiva del costume, ma in realtà si tende a sottovalutare il
fatto che questi comportamenti disgregano la società e creano situazioni di solitudine e di povertà. La
Chiesa, come buona madre, è chiamata ad intervenire per soccorrere quanti si trovano in queste
situazioni disastrate. Per questo, il Papa ha convocato nel 2014 e nel 2015 due Assemblee del Sinodo
dei Vescovi allo scopo di trovare risposte efficaci a quella che la Chiesa stessa intende come una “sfida
pastorale”, anzi, potremmo dire, come LA sfida pastorale del momento.
Il primo servizio che la Chiesa può offrire al mondo è quello della chiarezza nell’esporre la verità, e
dell’incoraggiamento nell’indicare le vie da percorrere per affrontare bene i pericoli che la vita
matrimoniale deve affrontare. La parola del Magistero della Chiesa, soprattutto la Parola del Papa, è
attesa per portare la luce che viene da Dio ed è l’unica che può aiutare a considerare la realtà in modo
adeguato. Questo studio vuole contribuire a chiarire quali sono i principi fondamentali che su questo
tema il Magistero ha già individuato. Mi fermerò dunque innanzitutto a valutare quale sia l’importanza
del Magistero ordinario in materia morale, facendo particolare attenzione a quello del Papa e dei
Sinodi, per riflettere su quale sia la sua autorità e perché esso costituisca un’importante offerta
sapienziale per il nostro tempo. Poi entrerò nello specifico del Magistero di Papa Francesco, di cui
approfondirò due caratteristiche molto legate tra loro, una di contenuto e l’altra di metodo: il costante
richiamo alla misericordia e l’indole pastorale. Di entrambe cercherò di approfondire il significato.
Infine, mi occuperò del Magistero di Papa Francesco sul Matrimonio, Magistero che costituisce la parte
più importante dell’attuale offerta della Chiesa alle inquietudini del mondo su questo tema.
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1. Il Magistero ordinario del Papa in moribus
La riflessione sul matrimonio che interessa tutta la Chiesa in questi mesi suscita in genere due tipi di
reazione: da una parte si può osservare la preoccupazione nei confronti dell’operato del Papa
sudamericano che non asseconda il desiderio di quanti vorrebbero che riproponesse con insistenza,
forza e chiarezza la dottrina della Chiesa sui “valori non negoziabili”, come Benedetto XVI amava
chiamare, tra altri argomenti, anche il “vangelo della vita e della famiglia”; preoccupazione e una punta
di sospetto verso un Papa così poco curiale e a volte così poco attento alle parole che usa, da farlo
sembrare quasi in odore di eresia1; dall’altra parte, registriamo l’entusiasmo nei confronti dello stesso
Pontefice, un uomo comune e finalmente vicino ai bisogni reali delle persone, nella speranza che metta
la Chiesa al passo con i tempi, rispondendo positivamente alle richieste di innovazione sollecitate a
gran voce da molti battezzati e dalla maggior parte dei media. Entrambi gli schieramenti vorrebbero
insegnare al Papa che cosa deve fare il Papa, gli uni nel nome della fedeltà alla Tradizione, gli altri in
quello dell’apertura al mondo moderno: ognuno aspira a tirarlo dalla sua parte, e spera di ottenere da lui
la conferma della propria posizione. Il Santo Padre si trova così strattonato tra due esigenze opposte nei
contenuti, ma simili nell’impostazione, dato che entrambe nascono dalla convinzione di possedere la
vera verità della Chiesa oggi.
Se fino a qualche decennio fa la missione profetica del Magistero era messa in discussione da un clima
intellettuale che privilegiava il dubbio quale forma più alta di sapere (negare ogni certezza sembrava
essere la cosa più intelligente che si potesse fare, nel desiderio di mantenere un’apertura verso ulteriori
prospettive, e nella convinzione che questo atteggiamento fosse la base del dialogo, costruita però sul
nulla del rifiuto della verità e dell’accoglienza delle opinioni che, in quanto tali, si equivalgono)2, oggi
quella posizione in fondo scomoda per la sua instabilità ha dovuto lasciare il passo ad una certezza: la
certezza che la propria opinione o convinzione abbia la stessa dignità rispetto alle opinioni e
convinzioni altrui, e che non esista una verità comune e oggettiva, verso la quale dovrebbe tendere il
pensiero di tutti: oggi ognuno è depositario della sua verità, che beninteso non coincide con quella di
nessun altro, perché è la sua. Ognuno rispetta formalmente la verità degli altri ed esige rispetto per la
propria, ma è evidente che ogni forma di dialogo è chiusa. L’individualismo sempre più forte nella
nostra cultura ha portato a legittimare la privatizzazione delle convinzioni, e la chiusura di ognuno nella
propria visione delle cose. Il rifiuto di una verità al di là delle opinioni singole, ha condotto
all’incomunicabilità su tutti quegli aspetti che non si possono risolvere con la tecnica delle scelte
operative. Per questo, sul piano dei valori umani e delle credenze, non si cerca più il dialogo perché
questo è stato reso impossibile dall’assenza di punti di riferimento condivisi; l’unico punto di accordo
si trova sulle procedure, che diventano l’unica fonte di garanzia della validità delle decisioni e delle
azioni.
Per superare la contrapposizione sulla figura del Pontefice e su quali dovrebbero essere le sue scelte,
occorre uscire da una simile impostazione intellettuale, evitando di cercare forme di equilibrismo e
compromesso per armonizzare le due spinte opposte; la fede nello Spirito Santo che guida il Magistero
della Chiesa è anche fede nella Verità, che è Dio stesso, Creatore del cosmo e dell’essere umano, uomo
e donna.
1
Un noto opinionista ha recentemente paragonato Papa Francesco a Giovanni XXII, nel titolo dell’articolo bollato
come eretico, benché nel testo si precisi che non fu tale: http://www.corrispondenzaromana.it/un-papa-che-cadde-nelleresiagiovanni-xxii-e-la-visione-beatifica-dei-giusti-dopo-la-morte/ Cfr anche A. SOCCI, Non è Francesco, Mondadori, Milano
2014.
2
Cfr R. GARCIA DE HARO - C. ROSSI ESPAGNET, Matrimonio e famiglia nei documenti del Magistero, Ares,
Milano 2000, 13-44.
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1.a Il Magistero annuncia il Vangelo della famiglia
Tra i doni concessi da Cristo alla sua Chiesa vi è il carisma dell’insegnamento: «Andate dunque e fate
discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo» (Mt 28,19-20). La Chiesa ha sempre avuto la consapevolezza di avere il dovere di trasmettere
una verità donata e non prodotta dalla sua ricerca, e per questo la riflessione e lo studio hanno sempre
accompagnato la sua storia bimillenaria, non per elaborare nuove proposte evolutive del Vangelo, ma
per migliorare sempre la comprensione di quella verità donata. L’assistenza dello Spirito Santo e la
presenza di Cristo, unica Verità (Gv 14,6), fanno sì che l’insegnamento della Chiesa goda di un carisma
certo di verità il cui valore è stato meglio approfondito sia durante il Concilio Vaticano I, che ha
prodotto la definizione sull’infallibilità del Papa quando parla ex cathedra, sia durante il Concilio
Vaticano II, che ha dedicato ampio spazio al munus docendi di tutta la Chiesa e delle sue diverse
componenti3. Il dogma del 1870 sull’infallibilità del Papa, se da una parte rafforzava l’autorevolezza
del Magistero dei successori di san Pietro, concentrando nelle definizioni dogmatiche del Papa
l’infallibilità della Chiesa stessa, la Sposa fedele di Cristo, dall’altra parte lasciava aperta una domanda
sul valore del restante Magistero dei Papi, che da quel momento in poi cominciò ad essere chiamato “il
Magistero non infallibile del Papa”. Si tratta di quello che oggi siamo soliti chiamare Magistero
ordinario del Papa, ma il confronto con quello infallibile portò ad associare alla non infallibilità la
fallibilità, o almeno la opinabilità, per cui in modo fuorviante si iniziò a parlare di Magistero opinabile
del Papa4. Il Concilio Vaticano II chiarì, nella Lumen gentium, che l’«assenso religioso della volontà e
della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del Romano Pontefice,
anche quando non parla ex cathedra. Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con
riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e alla volontà
da lui manifestati, che si possono dedurre in particolare sia dal carattere dei documenti, sia
dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, sia dalla maniera di esprimersi» (LG 25).
Tuttavia, in seguito alla pubblicazione dell’Humanae vitae (1968), si riaccese il dibattito e furono
numerosi coloro che negarono che il Magistero ordinario del Papa avesse un valore ecclesiale e che si
dovesse aderire con animo religioso ai suoi insegnamenti. Il dissenso che allora si produsse ha prodotto
molto disorientamento e gravi danni nella Chiesa5.
Gli insegnamenti del Magistero sul matrimonio e la famiglia appartengono per la massima parte al
Magistero ordinario dei Papi. Dobbiamo invece al Magistero solenne del Concilio di Trento la più
ampia definizione dogmatica su questo tema, contro l’errore luterano che negava che il Matrimonio
fosse un sacramento e quindi un mezzo di salvezza6, e sosteneva invece che si trattasse di una semplice
istituzione umana.
3
LG 25 tratta del compito di insegnamento dei Vescovi, LG 35 di quello dei laici, LG 12 del senso della fede di
tutto il popolo di Dio.
4
Pio XII è stato il primo a prendere posizione contro questa interpretazione del valore del Magistero ordinario del
Papa, nell’enciclica Humani generis (1950).
5
Una sintesi di questo momento storico e un approfondimento delle implicazioni dottrinali in R. GARCIA DE
HARO – C. ROSSI ESPAGNET, Matrimonio e famiglia, cit., 22-26.
6
Cfr CONCILIO DI TRENTO, 24° sess., Denz-Sch. 1800. Non si tratta dell’unica definizione dogmatica sulla
sacramentalità del Matrimonio, che era già stata definita dal Concilio di Firenze (1439), ma senz’altro della più ampia e
importante.
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Dopo il Concilio di Trento, non ci sono stati più interventi dogmatici sul matrimonio, ma una serie di
insegnamenti che hanno recepito e sviluppato la dottrina che dai Padri della Chiesa attraverso
l’elaborazione medievale è giunta fino a noi. Diversi Pontefici hanno dedicato encicliche, lettere e
numerosi discorsi ai vari aspetti del matrimonio di cui sentivano più urgente il bisogno di parlare con
chiarezza e profondità, per il bene dei cristiani loro affidati7. Anche la elaborazione canonistica ha
contribuito ad approfondire i contenuti di fede relativi al sacramento del matrimonio, fondamentali per
discernere le relazioni di giustizia presenti nel patto matrimoniale.
Il Concilio Vaticano II ha parlato del matrimonio e della famiglia in vari documenti, ma l’esposizione
più ampia si trova nella costituzione pastorale Gaudium et spes, che è debitrice alla costituzione
dogmatica Lumen gentium della sua impostazione innovativa. Infatti nella Lumen gentium si trova
l’insegnamento sulla chiamata alla santità degli sposi cristiani, al pari di tutti gli altri battezzati e di
tutte le altre vocazioni nella Chiesa8. Per la prima volta il Magistero solenne della Chiesa ha affermato
che il Matrimonio non solo è santo di per sé, in quanto sacramento, ma costituisce una vocazione
divina per coloro che lo contraggono, e una vera via di santità nella Chiesa.
Si tratta di un insegnamento che San Giovanni Paolo II ha ripreso in molti modi, a partire dal suo primo
e fondamentale documento sulla famiglia, l’esortazione apostolica Familiaris consortio, che nacque dal
Sinodo sulla famiglia del 1980, l’evento ecclesiale con cui l’attuale Sinodo sullo stesso tema, si pone in
continuità. «Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è
il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificatrice del battesimo» (n. 56);
per questo ogni famiglia è chiamata a svolgere una missione nella storia: «Ogni famiglia scopre e trova
in se stessa l’appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità:
famiglia, “diventa” ciò che “sei”!» (n.17). Per questo, «anche i coniugi, nell’ambito della loro vita
morale, sono chiamati ad un incessante cammino» (n.34) per compiere la legge di Dio nel loro stato,
con l’aiuto della grazia divina. Il Papa della famiglia, come è stato definito da Francesco nella
cerimonia della sua canonizzazione9, ha promosso in vari modi la presenza attiva delle famiglie nella
Chiesa, e ha confermato la dottrina della chiamata alla santità nel Matrimonio anche promuovendo le
cause di beatificazione di alcuni sposi cristiani in coppia. La novità di questa misura non sta nel fatto di
aver beatificato dei cristiani coniugati, che erano già presenti nell’elenco dei santi (ricordiamo santa
Rita o san Tommaso Moro, o san Luigi re di Francia, tra gli altri), ma di aver impostato il processo
canonico della coppia in quanto tale; ciò non significa che la santità non sia personale, o che sia
trasferibile da uno sposo all’altro, ma esprime che proprio il Matrimonio è stato la via di santità per
questi santi coniugi: la prima coppia beatificata è composta da Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi (2110-2001), la seconda da Louis e Zélie Martin (19-10-2008).
1.b
Il Sinodo e il Papa
Il Sinodo in due tappe che è in corso, si inserisce nell’impegno per la nuova evangelizzazione che la
Chiesa ha intrapreso da alcuni anni. Dopo aver messo a punto alcuni strumenti di natura ecclesiale,
come il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (istituito nel 2010) e
7
Le encicliche più importanti sono di Leone XIII, Arcanum divinae sapientiae (1880), e di Pio XI, Casti connubii
(1930).
8
LG 11: «I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero
di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità
nella vita coniugale e nell’accettazione e nell’educazione della prole, ed hanno così, nel loro stato di vita e nel loro ordine, il
proprio dono in mezzo al Popolo di Dio».
9
FRANCESCO, Omelia, 27-4-2014.
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aver indetto un Anno della Fede che ha avuto inizio nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio
Vaticano II (11 ottobre 2012), la Chiesa si concentra ora su quella che a buon diritto può essere
considerata l’unica vera radice possibile della nuova evangelizzazione: la famiglia. Indebolita
all’interno della Chiesa dalla crisi della fede10, sul piano civile la famiglia subisce il fuoco incrociato
delle leggi e degli interventi di diversi Governi nazionali che la privano delle sue prerogative; questa
azione di natura legislativa e giudiziaria non potrebbe sostenersi senza una manovra culturale libertaria
promossa da varie Organizzazioni internazionali e appoggiata da buona parte dei mezzi di
comunicazione, che rende molto difficile non solo la vita concreta delle famiglie, ma la stessa
comprensione di che cosa sia la famiglia e di quale sia il suo compito nella società. Il prevalere dei
diritti individuali sul senso di responsabilità nei confronti delle persone coinvolte nelle scelte personali,
ha forgiato una società in cui i valori della giustizia e della solidarietà, caratteristici del vivere civile,
sono stati progressivamente svuotati di contenuto: la giustizia è ridotta a procedura, la solidarietà a
tutela degli interessi del proprio gruppo di riferimento.
Nei 35 anni che ci separano dalla Familiaris consortio, anche la famiglia è stata aggredita e svuotata
dei suoi elementi costitutivi, fino ad essere lasciata informe, quasi priva di identità: si fa fatica oggi a
dire che cosa sia la famiglia, perché non è stata protetta e tutelata nelle sue prerogative, e varie forme di
convivenza pretendono di esserle equiparate. Infatti, in molti luoghi si sostiene che occorra parlare di
“famiglie”. Papa Francesco ha denunciato il tentativo di «colonizzazione ideologica» promosso
dall’ideologia del gender: «Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia.
Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono
da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci
dà, la missione della famiglia»11.
Un secondo potente elemento distruttivo è costituito dall’indebolirsi dei legami familiari innanzitutto
ad opera della banalizzazione del divorzio, come anche per il diffondersi di tecniche mediche invasive
nel processo di fecondazione. La tecnologia permette il primato della libera scelta sull’opera della
natura, e questo, in un’ottica di contrapposizione tra natura e cultura, sembra favorire un processo di
umanizzazione del concepimento, perché permette il dominio dei processi naturali; in realtà, il tentativo
di sganciare il concepimento, la gestazione e la nascita dall’ambiente creato dall’amore e dal fedele
dono di sé, ossia dal matrimonio, ferisce il rapporto di filiazione e di paternità/maternità, perché
trasforma il desiderio aperto all’accoglienza del figlio, nel desiderio produttivo del figlio. Oltre ad altri
problemi, questa procedura non richiede l’unione matrimoniale delle persone, basta l’unione dei gameti
realizzata in laboratorio. La “disincarnazione” del concepimento favorisce il pensare al figlio come a
un bene non in sé ma per i genitori, e questo apre le porte a forme di rifiuto più o meno gravi, qualora
egli non soddisfi le attese per le quali è stato voluto; più difficile è cedere a questa tentazione quando il
figlio è percepito come figlio di Dio, che affida ai genitori la missione di amarlo e onorarlo, con
maggior cura quanto più grandi sono le sue deficienze.
La famiglia di cui non viene tutelata socialmente la solidità del legame coniugale e il bene della
generazione dei figli, tende a scomparire: infatti assistiamo alla progressiva diminuzione del numero di
matrimoni, anche tra i battezzati. Aumentano le unioni illegittime non solo dal punto di vista legale, ma
anche da quello umano, perché prive dell’impegno reciproco totale. La società e la politica tollerano
questi legami deboli e tendono a legalizzarli, e in questo modo privano la famiglia fondata sul
10
III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione, 18-10-2014, n.
5: «La crisi della fede che ha toccato tanti cattolici e che spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia».
11
FRANCESCO, Discorso alle famiglie a Manila, 16-1-2015.
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matrimonio del sostegno sociale di cui ha bisogno. Solo la Chiesa ha la medicina che può restituire vita
e forza alla famiglia, il Vangelo della famiglia.
Al Sinodo dei vescovi dell’autunno 2014 le Chiese dei Paesi occidentali, Europa e America, sono
dunque arrivate portando la famiglia come un malato grave, addirittura terminale, e inoltre incapace di
chiedere aiuto alla Chiesa, alla quale non si sente più di appartenere e dalla quale non si aspetta un
aiuto reale. Benché il Papa abbia paragonato la Chiesa a un ospedale da campo12, l’Instrumentum
laboris che ha costituito la traccia di lavoro di questa consultazione, segnala che tra le difficoltà della
famiglia oggi, c’è anche il fatto che «l’atteggiamento della Chiesa (è) percepito in molti casi come
escludente, e non come quello di una Chiesa che accompagna e sostiene»13. Dunque uno dei
cambiamenti che ci si aspetta dal Sinodo consiste nell’operare un’inversione di tendenza, per cui gli
sposi cristiani tornino ad avere fiducia nei pastori. Si rende necessario trovare il modo di far percepire
la Chiesa come un medico misericordioso, interessato alla salute del paziente e non semplicemente
attento a custodire un ordine formale. Per questo il Sinodo si colloca in una dimensione pastorale più
che dogmatica e antropologica, considerando che i fondamenti antropologici siano stati già ampiamente
elaborati dal Magistero di san Giovanni Paolo II.
A tale scopo, il Papa ha chiesto ai Padri sinodali di esprimere con franchezza il loro pensiero sulle cause di
questa situazione, e sulle terapie da adottare per restituire la vita, naturale e cristiana, alla famiglia. Ma allo
stesso tempo ha voluto anche chiarire la funzione propria del successore di Pietro all’interno del Sinodo, e lo ha
fatto ripetutamente, sia all’inizio, sia al termine dell’Assemblea straordinaria: «Vi domando, per favore, questi
atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà. E fatelo con tanta tranquillità e
pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e
custodia della fede»14. E ugualmente nel discorso finale, ha voluto sottolineare il ruolo del Papa, servus servorum
Dei, citando testualmente un ampio brano di un discorso di Benedetto XVI15. Osserviamo che se finora
Francesco aveva preferito parlare di sé come del vescovo di Roma, per sottolineare sia l’unità della Chiesa
locale, come ha fatto nel saluto ai fedeli subito dopo l’elezione,16, sia quella del collegio episcopale intorno al
vescovo di Roma, che presiede nella carità, il Sinodo straordinario è stato l’occasione perché Francesco
esplicitasse il ruolo primaziale che gli compete nella Chiesa in quanto successore di san Pietro.
2. Caratteristiche del Magistero di Papa Francesco sul matrimonio
Lo stile comunicativo di questo Papa è caratterizzato dalla semplicità: tutti lo capiscono, e per questo
volentieri lo ascoltano. La sua parola semplice è però anche forte, perché corroborata da uno stile di
vita coerente. Negli interventi di Papa Francesco sul matrimonio e la famiglia emergono in modo
particolare due caratteristiche del suo Magistero, una di contenuto e l’altra di metodo: la centralità della
misericordia divina, e l’approccio pastorale.
12
FRANCESCO, Omelia dell’1-4-2014.
13
III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Instrumentum laboris (246-2014), n. 75.
14
FRANCESCO, Saluto ai Padri sinodali, 6-10-2014.
15
FRANCESCO, Discorso a conclusione del Sinodo, 18-10-2014.
16
FRANCESCO, Primo saluto e benedizione, 13-3-2013: «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un
Vescovo a Roma. (…) E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di
Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra
noi. (…)prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del
popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo».
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2.a
La misericordia
Nel discorso pronunciato al termine del Sinodo straordinario, com’è noto, Papa Francesco ha segnalato
alcune tentazioni proprie del percorso sinodale, che non riguardano solo i Padri lì convenuti, ma anche i
cristiani che hanno seguito i lavori del Sinodo. Le cinque tentazioni elencate dal Santo Padre si possono
riassumere in due atteggiamenti contrapposti: da una parte la tentazione di chiudersi nella legge e di
irrigidirsi nella lettera, senza considerare le necessità della Chiesa e soprattutto lo Spirito di Dio che
sempre ci sorprende; dall’altra, la tentazione del buonismo che vorrebbe risolvere i problemi
dichiarando che tutto va bene così com’è, lasciando le persone con le loro ferite, senza riconoscere il
potere della Parola di Dio17. Il sentimento di quanti hanno seguito le discussioni del Sinodo attraverso i
mezzi di informazione, di fatto è stato orientato o verso il timore che la Chiesa stesse per eliminare o
almeno danneggiare in modo irreparabile il tesoro costituito dal matrimonio cristiano; oppure verso la
speranza di trovarsi a un passo da una Chiesa più tollerante e aperta a rivedere alcune sue leggi, ad
esempio quella dell’indissolubilità del matrimonio, per venire incontro agli sposi cristiani in difficoltà.
Il bene della fedeltà e quello della misericordia sono stati messi in contrapposizione, e molti pensano in
buona fede di trovarsi di fronte a un’alternativa: o custodire il patrimonio di sapienza che viene da Dio,
nonostante non venga più ben compreso né seguito dai nostri contemporanei, oppure evitare di caricarli
di pesi che non possono portare, eliminando gli aspetti della dottrina meno facili da capire e da vivere.
Nell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI ha offerto un’importante riflessione sulla necessità di
custodire la verità per amore, e viceversa di amare nella verità, mettendo in luce che non possiamo
eliminare nessuno dei due elementi senza falsare, e dunque perdere, anche l’altro. La verità libera la
carità dal pericolo di diventare sentimentalismo, e la carità fa sì che la verità sia amata, e non temuta o
considerata con indifferenza: «Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella
direzione, segnata da san Paolo, della veritas in caritate (Ef 4,15), ma anche in quella, inversa e
complementare, della caritas in veritate. La verità va cercata, trovata ed espressa nell' “economia” della
carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità»18.
Carità e verità, misericordia e fedeltà, sono i binomi che esprimono la tensione provocata nella Chiesa
dalla Parola di Dio sempre viva, che essa custodisce non allontanandola dal pericolo di contaminazione
con le culture, ma diffondendola in tutti gli ambienti e declinandola secondo le esigenze di tutte le
genti, senza per questo mai venir meno al suo reale messaggio di salvezza. Infatti, «il bene tende
sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua
espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti
alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa»19. Nel nostro tempo, incline
ad apprezzare la carità e la misericordia più che la verità e la fedeltà, e a confondere la misericordia con
la tolleranza e la compassione, occorre ricordare qual è il vero significato di questo attributo divino,
così come è stato rivelato. Nell’Antico Testamento il riconoscimento della misericordia di Dio è
costantemente presente nella preghiera di Israele, e l’invocazione «eterna è la sua misericordia» (Sal
136) è una supplica alla fedeltà di Dio affinché non venga meno all’Alleanza nonostante il peccato del
popolo. La misericordia è l’amore fedele di Dio più forte del peccato dell’uomo: il suo vertice è
raggiunto in Cristo, nella cui umanità la misericordia di Dio trova la sua espressione più alta, e ottiene
la vittoria definitiva contro il peccato20. In Cristo, Dio può instaurare la nuova e definitiva Alleanza,
17
Cfr FRANCESCO, Discorso per la conclusione della III Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18-102014.
18
BENEDETTO XVI, enc. Caritas in veritate, 2 (2009).
19
FRANCESCO, es. ap. Evangelii gaudium, (EG) 9.
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perché la Sua fedeltà trova in Cristo Uomo la risposta assolutamente fedele, che vince il peccato e la
morte. La misericordia di Dio si attua con la sua giustizia, perché la sua misericordia non è mai
ingiusta, e quanto mai lontana dalla tolleranza dell’ingiustizia che nasce dal peccato: «Pietoso e giusto
è il Signore, il nostro Dio è misericordioso» (Sal 116,5). Non è misericordia tollerare l’infedeltà come
se fosse poco importante, come se non costituisse una rottura dell’Alleanza. La misericordia divina
tende invece ad allontanare la persona umana dal male, indica la via della conversione che lo riporta
alla vita: « Com'è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio -, io non godo della morte del malvagio,
ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa!
Perché volete perire, o casa d'Israele?» (Ez 33,11).
Nel Magistero di Papa Francesco è particolarmente evidente che la missione evangelizzatrice che la
Chiesa è chiamata a svolgere nel nostro tempo è un’espressione della misericordia di Dio.
Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il santo Padre ricorda che san Tommaso d’Aquino
«afferma che, in quanto all’agire esteriore, la misericordia è la più grande di tutte le virtù: “La
misericordia è in se stessa la più grande delle virtù, infatti spetta ad essa donare ad altri e, quello che
più conta, sollevare le miserie altrui. Ora questo è compito specialmente di chi è superiore, ecco perché
si dice che è proprio di Dio usare misericordia, e in questo specialmente si manifesta la sua
onnipotenza” (STh II-II,q.30,a.4)»21. Il Papa sottolinea che il grande dono che viene da Dio e che la
Chiesa deve trasmettere, può essere accolto solo in un atteggiamento interiore di conversione. Per
questo, è abituale che egli parli insieme di misericordia - da parte di Dio - e di richiesta di perdono - da
parte dell’uomo -: «La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi
accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo»22; «Ai sacerdoti
ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del
Signore che ci stimola a fare il bene possibile»23; «Insisto: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo
noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia»24.
La misericordia di Dio solleva e allontana dal peccato, e così facendo opera la giustizia, quando è
accolta con spirito di conversione, dal desiderio di «fare il bene possibile» nella propria situazione,
secondo l’insegnamento della Chiesa.
2.b
L’indole pastorale
La seconda caratteristica del Magistero di Papa Francesco, è il forte orientamento pastorale che, pur
con modalità peculiari, lo accomuna a tutto il Magistero della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio
Vaticano II25. Infatti, com’è noto, san Giovanni XXIII indisse il Concilio proprio affinché la «dottrina
certa e immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo
quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della fede, cioè le verità che sono
contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunciate, sempre
però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è
Cfr J.J. PEREZ-SOBA, S. KAMPOWSKI, Il vangelo della famiglia nel dibattito sinodale oltre la proposta del
Cardinal Kasper, Cantagalli, Siena 2014, 57-75.
21
EG 37.
22
EG 114.
23
EG 44.
24
EG 3.
25
Cfr G. RICHI ALBERTI, Evangelii Gaudium y la indole pastoral del magisterio, in “Scripta teologica” 46,3
(2014) 611-634.
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TESTO PROVVISORIO
necessario, occorre applicarlo con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più
corrisponda al Magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale»26.
Molto si è discusso, nei decenni che hanno seguito il Concilio, per chiarire in che cosa consista questa
«indole pastorale» del Magistero. Questi studi hanno condotto a mettere in luce che tutta la vita della
Chiesa è orientata alla salvezza dell’umanità: «L’indole pastorale mostra che la Chiesa appare come
una realtà essenzialmente eccentrica, definibile solo in base a una duplice costitutiva relazione: a Cristo
e alla sua missione, da una parte, e al mondo verso cui è continuamente ed essenzialmente inviata,
dall’altra»27. L’ orientamento della Chiesa alla salvezza dell’umanità ha fatto crescere la comprensione
della rilevanza dei destinatari della Parola di salvezza, senza la cui decisione di fede, il progetto divino
non si potrebbe compiere.
In seguito alla pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae nel 1968, la discussione sull’indole
pastorale del Magistero si è concentrata sul valore del Magistero in moribus; il dibattito venne
alimentato da coloro che sostenevano che le norme morali sarebbero valide solo in via di principio ma
non nel concreto, e pertanto che il Magistero morale avrebbe un valore veritativo solo nelle
affermazioni generali, mentre nelle formulazioni specifiche bisognerebbe riconoscergli solo un valore
esortativo o, appunto, “pastorale”28. La dimensione storica degli insegnamenti specifici in materia di
morale veniva considerata una causa della loro mancanza di forza vincolante per i credenti, e il motivo
per cui dovrebbero essere considerati come delle semplici esortazioni ad assumere un determinato
comportamento il cui orizzonte di comprensione è il Vangelo, ma senza che vi sia un legame
necessario nelle diverse epoche storiche.
Con queste premesse, veniva ad essere discussa anche la causa dell’autorità del Magistero morale: se i
suoi insegnamenti potevano essere considerati semplicemente esortativi, ma non veri e pertanto
vincolanti per la vita dei fedeli, la sua autorità non aveva più fondamento nella Parola di Dio rivelata e
consegnata alla Chiesa per essere trasmessa a tutte le genti, ma nel confronto con le culture in cui la
Chiesa deve portare il suo messaggio. È nato e si è diffuso una sorta di consequenzialismo applicato
alla verità degli insegnamenti del Magistero: sarebbe vero quello che incontra l’approvazione dei
fedeli29. Ma allora la sua parola diventerebbe una tra le voci che compongono il dibattito etico in un
determinato luogo e periodo, e non la voce che adempie il compito profetico di rendere presente la
Parola divina nel qui ed ora della storia, con la missione di essere «come la luce del faro di un porto o
di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano
in mezzo alla tempesta»30.
L’opposizione tra il carattere pastorale e quello dottrinale del Magistero fu superata sottolineando che
proprio l’impegno per far sì che il Vangelo diventi vita vissuta, va a tutto vantaggio non solo della vita
di fede, ma anche della dottrina, che in questo modo viene meglio compresa e in un certo senso
arricchita, come del resto aveva già affermato lo stesso Concilio Vaticano II, nella costituzione
26
S. GIOVANNI XXIII, all. Gaudet Mater Ecclesia (11-10-1962).
27
A. SCOLA, Chi è la Chiesa? Una chiave antropologica e sacramentale per l’ecclesiologia, Queriniana, Brescia
2005,134.
28
Cfr la discussione tra B. SCHÜLLER, Christianity and the New Man: the Moral Dimension. Specificity of
Christian Ethics, in Theology and Discovery: Essays in Honor of Karl Rahner, S.J., Milwaukee 1980, 307-327 e G.
GRISEZ, The Way of the Lord Jesus, vol 1, Christian Moral Principles, Franciscan Herald Press, Chicago 1983, 864.
29
Cfr B. HÄRING, Chiedere l’opinione di vescovi e teologi, in “Il Regno/Attualità” 2(1989) 1-4.
30
III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIO DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione del Sinodo, n. 28,
18-10-2014.
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dogmatica sulla divina Rivelazione: «Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli, poi, comprende tutto quanto
contribuisce alla condotta santa e all’incremento della fede del popolo di Dio. Così la Chiesa, nella sua
dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è,
tutto ciò che essa crede»31.
3. I contenuti del Magistero di Papa Francesco sul Matrimonio
Papa Francesco ha l’abitudine di parlare chiaro, ma anche quella di non soffermarsi su quanto la Chiesa
ha già definito, per affrontare invece le questioni dibattute. Questo atteggiamento gli ha portato le
simpatie di quanti desiderano nuove risposte dalla Chiesa alle nuove questioni che agitano il mondo, e
ha causato le critiche di quanti vorrebbero sentire da lui “una parola autorevole” sui temi dibattuti, che
chiuda le discussioni una volta per tutte. Evidentemente non è questo l’obiettivo del santo Padre, che
ritiene che il Catechismo della Chiesa Cattolica sia sufficientemente chiaro e autorevole per aver
bisogno di ulteriori conferme. La sua parola mira piuttosto a mettere in luce i contenuti autenticamente
umani e cristiani che sono i presupposti del Vangelo della famiglia.
Mi limiterò a prendere in esame alcuni suoi insegnamenti sui beni essenziali del matrimonio, che la
dottrina cattolica considera tradizionalmente essere l’unità, l’indissolubilità, la fecondità, cercando di
evidenziare le cose antiche e nuove (Mt 13,52) che egli offre ai fedeli e al mondo.
3.a
Unità
Il primo bene del matrimonio consiste nell’essere il luogo dell’unione fedele tra un uomo e una donna
che si consegnano e si accolgono reciprocamente per amarsi in tutte le circostanze, facili e difficili, che
la vita presenta. La promessa di amarsi significa volere il bene reciproco e aiutarsi per raggiungere
questo scopo, in modo totale ed esclusivo, nella condivisione dell’intimità personale, sia fisica che
spirituale. Al nostro mondo ammalato di individualismo, il Santo Padre ha ricordato che questa unione
non è un limite per lo sviluppo personale, ma un vantaggio. Parlando ai fidanzati, l’anno scorso si
esprimeva così: «Il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare
più uomo il marito. Crescere anche in umanità, come uomo e come donna. E questo si fa tra voi.
Questo si chiama crescere insieme. Questo non viene dall’aria! Il Signore lo benedice, ma viene dalle
vostre mani, dai vostri atteggiamenti, dal modo di vivere, dal modo di amarvi. Farci crescere! Sempre
fare in modo che l’altro cresca. Lavorare per questo. E così, non so, penso a te che un giorno andrai per
la strada del tuo paese e la gente dirà: “Ma guarda quella che bella donna, che forte!…”. “Col marito
che ha, si capisce!”. E anche a te: “Guarda quello, com’è!…”. “Con la moglie che ha, si capisce!”. E’
questo, arrivare a questo: farci crescere insieme, l’uno l’altro»32. In questi brevi passaggi, il santo Padre
ha messo in luce degli aspetti importanti che correggono alcune deviazioni diffuse: ad esempio, quella
di considerare uno dei coniugi al servizio dell’altro, negando la loro effettiva parità; quella di non
opporsi alle situazioni che possono portare all’infedeltà coniugale, con la scusa che si tratta di episodi
isolati; quella di pensare che l’amore funzioni in modo spontaneo, che non richiede impegno; o di
considerare la propria felicità come una questione personale, che può essere messa in pericolo dal
coniuge. Ma soprattutto il Santo Padre ha sottolineato che l’uomo e la donna hanno bisogno l’uno
dell’altra per sviluppare la propria identità sessuata, per diventare “più uomo” e “più donna”. In una
recente occasione, a questo proposito diceva: «Da tempo ci siamo lasciati alle spalle, almeno nelle
società occidentali, il modello della subordinazione sociale della donna all’uomo, un modello secolare
che, però, non ha mai esaurito del tutto i suoi effetti negativi. Abbiamo superato anche un secondo
31
DV 8.
32
FRANCESCO, Discorso ai fidanzati, 14-2-2014.
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modello, quello della pura e semplice parità, applicata meccanicamente, e dell’uguaglianza assoluta. Si
è configurato così un nuovo paradigma, quello della reciprocità nell’equivalenza e nella differenza. La
relazione uomo-donna, dunque, dovrebbe riconoscere che entrambi sono necessari in quanto
posseggono, sì, un’identica natura, ma con modalità proprie. L’una è necessaria all’altro, e viceversa,
perché si compia veramente la pienezza della persona»33.
La differenza sessuale costituisce un motivo radicale di alterità tra le persone umane, che stabilisce un
richiamo ad autotrascendersi per ritrovarsi al di là di se stessi, in un terreno ignoto che è quello della
comunicazione con l’altro sesso, con le sue caratteristiche non solo biologiche, ma anche psicologiche
e spirituali. Questa novità che si apre nell’esperienza comune, mostra a ogni persona lati nuovi e inediti
di se stessa: in particolare, mostra all’uomo il suo essere uomo, e alla donna il suo essere donna. Mostra
ad entrambi che la loro capacità di relazione è trasformante, in un modo diverso da quello che viene
sperimentato nel rapporto con le persone dello stesso sesso. Com’è noto, tutto ciò viene negato
dall’ideologia del gender, secondo la quale la differenza sessuale è una realtà solo culturale e per di più
ha valenza negativa, dato che costituisce la premessa per la disuguaglianza e per la mancanza di libertà
delle persone, che sarebbero costrette dagli stereotipi culturali e sociali introiettati attraverso
l’educazione, ad impersonare un dato tipo di identità sessuale. La teoria del gender vorrebbe aprire
ogni persona a una molteplice modalità di relazioni sessuali, senza preclusioni causate dal contesto
sociale o da un’immagine introiettata di identità sessuale che si cristallizza in forme stereotipate; in
realtà, questa ideologia porta al progressivo isolamento delle persone, dato che nessuna delle molteplici
relazioni può mai essere considerata stabile e definitiva, per non negare la libertà di scelte future
diverse; le relazioni sono rese fragili, semplici proiezioni dell’io incapaci di far uscire ognuno da se
stesso, ostacoli più che aiuti per il raggiungimento di un effettivo sviluppo personale.
Solo la relazione forte costituita dal vincolo matrimoniale è capace, al contrario, di sostenere la crescita
di ognuno dei due coniugi: ognuno può uscire da sé e procedere nel terreno inesplorato dell’incontro,
senza perdersi, con l’aiuto che gli viene prestato dall’altro.
Nel matrimonio cristiano, l’amore degli sposi si arricchisce della partecipazione all’amore tra Cristo e
la Chiesa. Questa sua ulteriore dimensione racchiude in modo esplicito la prospettiva del sacrificio: « E
voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef
5,25). L’amore di Cristo fino alla morte è un aiuto imprescindibile per tutti, e in particolare «per gli
sposi che “non sopportano il cammino” e vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento,
dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono... Anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non
per condannarli, ma per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore misericordioso che sgorga
dalla sua Croce, con la forza di una grazia che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita
coniugale e familiare»34.
3.b
Indissolubilità
Il Magistero di Papa Francesco è molto chiaro sull’indissolubilità del vincolo matrimoniale: a questo
proposito, è utile riprendere il suo discorso ai fidanzati, che prende le mosse proprio da una domanda
sulla paura del “per sempre”. La riflessione del santo Padre tocca due punti fondamentali. Innanzitutto,
la necessità di superare la “cultura del provvisorio” nella quale siamo immersi, che nasce dal vedere
che tutto cambia molto rapidamente e si ha l’impressione che nulla possa durare a lungo, neanche le
decisioni più importanti: «E’ possibile amarsi “per sempre”? Oggi tante persone hanno paura di fare
scelte definitive. Un ragazzo diceva al suo vescovo: “Io voglio diventare sacerdote, ma soltanto per
33
FRANCESCO, Discorso alla plenaria del P. Consiglio della Cultura, 7-2-2015.
34
FRANCESCO, Omelia del 14-9-2014.
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dieci anni”. Aveva paura di una scelta definitiva»35. La cultura del provvisorio è alimentata da un’idea
di libertà intesa come possibilità di tornare sempre indietro, come se fosse possibile annullare le proprie
azioni, evadere dalle loro conseguenze, cancellare il segno che hanno lasciato dentro e intorno a noi. La
libertà come un giocattolo con cui l’io si nasconde dietro a scelte sempre diverse, in nessuna delle quali
è mai presente del tutto. La libertà come possibilità di agire senza un progetto, senza mai precludersi
una direzione, in fondo una libertà senza un orizzonte, una libertà dis-orientata.
«Dunque come si cura questa paura del “per sempre”? Si cura giorno per giorno affidandosi al Signore
Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi - passi piccoli, passi di
crescita comune - fatto di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede. Perché, cari fidanzati,
il “per sempre” non è solo una questione di durata! Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è
importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani»36.
Qui veramente il Papa ha centrato la questione della paura dell’indissolubilità: infatti, quel che fa paura
non è stare per sempre insieme alla persona amata, perché questo è un bene desiderabile, ed è il motivo
per cui si decide di sposarsi. La paura viene all’idea di dover stare insieme per sempre senza amarsi
più: un dovere senza amore non è per niente desiderabile, diventa un duro giogo. Per questo occorre
lavorare sulla consistenza dell’amore, superando l’idea che sia solo un sentimento, e intraprendere la
strada delle azioni che nascono dall’amore e lo fanno crescere: comprendersi, andarsi incontro,
imparare a trattarsi bene, ricominciare quando si è sbagliato e dare sempre all’altro una nuova
possibilità...37 Una strada sulla quale è necessario ricorrere all’aiuto di Dio, pregare l’uno per l’altro,
chiedere a Dio «il nostro amore quotidiano».
La realtà dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale viene messa a dura prova nel caso delle persone
che hanno divorziato e sono tornate a sposarsi col rito civile. Durante l’Assemblea straordinaria del
Sinodo dei Vescovi, la questione è stata ampiamente dibattuta, in relazione alla possibilità di
modificare la disciplina che regola l’accesso di queste persone ai sacramenti della Penitenza e
dell’Eucaristia. La Relazione finale del Sinodo testimonia che i Padri sinodali si sono divisi su questo
punto38. La questione di fondo riguarda proprio l’indissolubilità del vincolo: se il primo matrimonio è
valido, con quale diritto può essere riconosciuta legittima la seconda unione e quindi si può permettere
l’accesso ai sacramenti? La Chiesa ha lunga esperienza della delicatezza di tale questione, su cui il
potere civile ha sempre cercato di piegarla alle convenienze umane: nel XVI secolo la difesa
dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale ha causato addirittura la perdita della Chiesa d’Inghilterra;
in Oriente, la disciplina attuale è il frutto di un compromesso tra il potere civile e quello ecclesiale,
viziato dal cesaropapismo. Ancora una volta, non dobbiamo dimenticare che il Sinodo ha un intento
pastorale e non dogmatico, il che vuol dire che senza toccare il dogma dell’indissolubilità del
matrimonio, occorre fare in modo che coloro che vivono in una seconda unione non si considerino
automaticamente fuori della Chiesa, ma trovino delle vie di accesso per migliorare la loro situazione
umana e cristiana, che tenga presenti tutte le circostanze del caso.
3.c Fecondità
Su questo tema è frequente il richiamo di Papa Francesco all’enciclica Humanae vitae del beato Paolo
VI. Ad esempio, nell’incontro con le famiglie a Manila: « Penso al Beato Paolo VI. In un momento in
35
FRANCESCO, Discorso ai fidanzati, 14-2-2014.
36
Ibidem.
37
Cfr EG 66.
38
III ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, Relazione finale, n. 52.
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cui si poneva il problema della crescita demografica, ebbe il coraggio di difendere l’apertura alla vita
nella famiglia. Lui conosceva le difficoltà che c’erano in ogni famiglia, per questo nella sua Enciclica
era molto misericordioso verso i casi particolari, e chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi
e comprensivi con i casi particolari. Però lui guardò anche oltre: guardò i popoli della Terra, e vide
questa minaccia della distruzione della famiglia per la mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era
un buon pastore e mise in guardia le sue pecore dai lupi in arrivo. Che dal Cielo ci benedica questa
sera»39. L’Humanae vitae, segno del coraggio pastorale di un Papa, è tuttora valida nella Chiesa e nella
società perché mette al centro della fecondità della famiglia la libertà e la responsabilità dei coniugi, e
in questo modo guida a vivere in modo umano la procreazione. Sulla questione della responsabilità è
tornato più volte il Santo Padre, come anche su quella della generosità. Sulla paura della fecondità, che
limita a livelli preoccupanti la vita della famiglie e delle nazioni, soprattutto in Europa: «Se una
famiglia generosa di figli viene guardata come se fosse un peso, c’è qualcosa che non va! La
generazione dei figli dev’essere responsabile, come insegna anche l’Enciclica Humanae vitae del beato
Papa Paolo VI, ma avere più figli non può diventare automaticamente una scelta irresponsabile. Non
avere figli è una scelta egoistica. La vita ringiovanisce e acquista energie moltiplicandosi: si
arricchisce, non si impoverisce!» (dati bibliografici).
Infine, sfatando vecchi miti, Papa Francesco aiuta a capire che la fecondità non è causa di povertà né
familiare né sociale; che «Le famiglie sane sono essenziali alla vita della società. Dà consolazione e
speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno
che ogni figlio è una benedizione. Ho sentito dire da alcuni che le famiglie con molti figli e la nascita
di tanti bambini sono tra le cause della povertà. Mi pare un’opinione semplicistica. Posso dire,
possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona
dal centro e vi ha posto il dio denaro; un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i
bambini, gli anziani, i giovani, senza lavoro … - e che crea la cultura dello scarto che viviamo. Ci
siamo abituati a vedere persone scartate. Questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie
numerose. Rievocando la figura di san Giuseppe, che ha protetto la vita del “Santo Niño”, tanto
venerato in quel Paese, ho ricordato che occorre proteggere le famiglie, che affrontano diverse
minacce, affinché possano testimoniare la bellezza della famiglia nel progetto di Dio. Occorre anche
difendere le famiglie dalle nuove colonizzazioni ideologiche, che attentano alla sua identità e alla sua
missione»40.
Conclusioni
Da molti anni il Magistero della Chiesa sta offrendo riflessioni importanti sul matrimonio e sulla
famiglia valide per il nostro contesto culturale, soprattutto con san Giovanni Paolo II, e ora attraverso il
lavoro che Papa Francesco ha promosso e con il suo Magistero personale. La proposta della Chiesa al
mondo nasce dall’ascolto della divina Rivelazione, per cui è fonte di saggezza e di verità che non
vengono annullate dal cambiare dei modelli culturali. Tuttavia, è necessario che le parole della Chiesa
vengano percepite come significative nel dibattito attuale, che la Chiesa venga considerata un effettivo
interlocutore, e da questo riconoscimento molti potranno poi procedere a scoprirne l’origine divina.
L’atteggiamento contemporaneo è però piuttosto aggressivo e poco disponibile ad ascoltare chi non si
allinea con le convinzioni sostenute dall’ideologia del gender. Il “muro contro muro” non è mai stato
un metodo di dialogo, e non serve esasperare i toni in una sterile contrapposizione. La Chiesa mostra di
essere madre e maestra, non solo per la bontà dei contenuti che offre, ma anche perché cerca sempre
39
FRANCESCO, Discorso alle famiglie a Manila, 16-1-2015.
40
FRANCESCO, Udienza del 21-1-2015.
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nuovi modi per far giungere la sua Parola all’intelligenza e al cuore di molti che sono inquieti
sull’identità e sul futuro dei loro matrimoni e delle loro famiglie.
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