biografia - Germanistica.it

Transcript

biografia - Germanistica.it
BIOGRAFIA
Peter Huchel nasce a Berlin-Lichterfeld il 3 aprile 1903, figlio di Friedrich Huchel,
funzionario ministeriale, e Marie Huchel, nata Zimmermann. A causa della malattia della
madre trascorre la sua infanzia nella fattoria del nonno materno, Friedrich Zimmermann, a
Alt-Langerwisch, nella marca del Brandeburgo.
1918: Primi tentativi poetici.
1920: Partecipa al "Kapp-Putsch" e in seguito ad una ferita viene ricoverato in ospedale a
Potsdam, dove stringe amicizia con alcuni operai.
Dopo il liceo a Potsdam studia letteratura e filosofia a Berlino (1923), Friburgo (1925) e
Vienna (1926). Successivamente soggiorna in
Francia (1926-28), nei Balcani ed in
Turchia (1929-31).
Nel 1930 sposa a Potsdam Dorothea Lassel, si stabilisce a Berlino e collabora alle riviste
"Die literarische Welt" e "Das innere Reich".
1932: Riceve il premio della rivista "Die Kolonne" per la raccolta Der Knabenteich, che
decide di non pubblicare.
1934-40: Risiede a Michendorf, nella marca brandeburghese.
Dal 1941 al 1945 è soldato in un'unità contraerea presso Berlino. Nell'aprile 1945 viene
fatto prigioniero dai sovietici ed internato a Rüdersdorf, ad est di Berlino, dove organizza
manifestazioni culturali. Tornato in libertà, lavora a Berlino, dapprima come consulente,
poi come direttore artistico e infine come direttore di redazione della radio di Berlino Est,
autorizzata dai sovietici.
9.11.1945: è co-fondatore dello Schutzverband deutscher Autoren.
1946: divorzia. Vive con Monica Nora Rosenthal, che sposerà nel 1953.
1948: pubblicazione presso la Aufbau-Verlag della sua prima raccolta poetica, Gedichte.
1
1949: membro del PEN-Club. Nello stesso anno diviene caporedattore della rivista
letteraria "Sinn und Form". Vive a Potsdam-Wilhelmshorst.
1950: Pubblicazione (su licenza) presso la Stahlberg Verlag di Karlsruhe della raccolta
Gedichte.
1951: gli viene conferito il Nationalpreis (III. Klasse) der DDR.
1952: diviene membro ordinario della Freie Akademie der Künste di Berlino.
1953: viaggia in Unione Sovietica come membro di una delegazione di scrittori. E' fatto
oggetto di un tentativo di licenziamento dalla redazione di "Sinn und Form"; conserva il
suo posto grazie all'intervento di Brecht.
1955: Theodor-Fontane-Preis der Mark Brandenburg.
1957: membro ordinario della Freie Akademie der Künste di Amburgo.
1958: membro della Societé Européenne de Culture di Venezia.
1959: Viene insignito della Plakette der Freien Akademie der Künste di Amburgo.
1961: Diviene membro della Comunità Europea degli Scrittori (COM.E.S) con sede a
Roma.
1962: giunge alla definitiva rottura con "Sinn und Form". Da allora e per nove anni Huchel
vive agli arresti domiciliari a Wilhelmshorst presso Potsdam. Non gli sono concesse visite,
né il permesso di espatrio.
1963: Theodor-Fontane-Preis (West-Berliner-Kunstpreis für Literatur); pubblicazione
presso la S.Fischer Verlag di Frankfurt a.M. della sua seconda raccolta poetica,
Chausseen Chausseen.
1965: La rivista "Die Welt" gli conferisce ad Amburgo il Preis der Jungen Generation.
1966: membro onorario della Akademie der Künste di Berlino-Ovest.
1967: Pubblicazione presso la Piper & Co. Verlag di München della raccolta Die
Sternenreuse.
1968: Viene insignito del premio Kunstpreis von Nordrhein-Westfalen.
1970: membro ordinario della Bayrische Akademie der Schönen Künste di Monaco.
2
1971: membro ordinario della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung di
Darmstadt; riceve il Johann-Heinrich-Merck-Preis für literarische Kritik ed una borsa di
studio del Berliner Kunstpreis für Literatur.
Nel maggio 1971 le autorità della RDT concedono ad Huchel e famiglia il visto d'uscita.
Dapprima è ospite della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung presso Villa
Massimo a Roma. Seguono viaggi in Belgio, Inghilterra, Olanda, Italia, Norvegia, Austria
e Svizzera.
Nel 1972 Huchel si trasferisce nella RFT, a Staufen presso Friburgo. Pubblicazione
presso la Suhrkamp Verlag di Frankfurt a.M. della raccolta Gezählte Tage. Sempre nel
1972 la Repubblica Austriaca lo insignisce dello Staatspreis für europäische Literatur.
1974: Literaturpreis Deutscher Freimaurer,
Lessing-Ring-Preis e
Andreas Gryphius-
Preis.
1976: stipendio onorario del Kulturkreis im Bundesverband der deutschen Industrie; nello
stesso anno la RFT lo insignisce dell' Orden pour le Mérite.
1977: Borsa di studio del Senato di Amburgo; Gran Premio Letterario Europalia di
Bruxelles.
1979: Jakob-Burckhardt-Preis di Basilea; Eichendorff-Preis della città di Monaco.
Pubblicazione presso la Suhrkamp Verlag dell'ultima raccolta poetica, Die neunte Stunde.
1980: Reinhold-Schneider-Preis der Stadt Freiburg.
Dal 1978 soffre di una polineuropatia che provoca la graduale perdita della parola.
Muore il 30 aprile 1981, all'età di settantotto anni.
3
LA POETICA : brevi cenni
Chi si occupa in dettaglio delle poesie di Huchel resta affascinato dalla loro struttura
ermetica ed apparentemente inaccessibile. Esse sono infatti edifici concettuali di grande
carattere immaginifico. Contro lo scoglio dell'ermetismo di Huchel sono talvolta naufragati
interpreti e critici, soprattutto quando il loro approccio partiva da considerazioni
preconcette che determinano un restringimento del campo visivo al punto di impedire di
cogliere l'opera d'arte come il risultato di molteplici fattori che interagiscono in mutevole
rapporto.
Quali siano, nel caso di Peter Huchel, questi fattori, verrà messo in luce nel corso della
presente trattazione. Ritengo tuttavia opportuno premettere che, come spesso
sottolineato in più occasioni da Huchel stesso, la memoria rappresenta il baricentro
dell'opera hucheliana, il magnete che attrae a se' residui di esperienze e li plasma
secondo canoni stilistici che si trasformano lungo l'asse del tempo.
Tenendo presente che il tempo scorre e gli avvenimenti che si lascia alle spalle possono
influire molto profondamente su di un essere umano, non può stupire che un poeta, il
quale nel corso della sua esistenza ha vissuto l'ingenuo entusiasmo dell'infanzia a
contatto con la natura e - al polo opposto - l'amara disillusione della maturità attraverso le
esperienze della guerra, della prigionia, dell'impegno artistico e politico, dell'isolamento e
dell'esilio, sia intollerante nei confronti di "etichette" che gli sono state imposte più o meno
arbitrariamente ai suoi esordi artistici.
Questa riflessione introduce quello che per molto tempo fu il tema di una sterile diatriba
tra quei critici che, per così dire "ad oltranza", consideravano Peter Huchel
esclusivamente un "Naturlyriker", ignorando l'evoluzione delineatasi nella sua poetica
soprattutto - come vedremo, a partire dagli anni Trenta, e quelli che, estremizzando in
senso opposto, vedevano in lui unicamente un poeta "politicamente impegnato". Né gli
uni, né gli altri erano in grado di rilevare i motivi di fondo che animano l'atto poetico,
l'evoluzione spirituale del poeta, i suoi punti di vista riguardo a temi esistenziali quali: la
natura, Dio e il creato, la vita e la morte. Né potevano cogliere l'originalità di Huchel
4
poeta, data tra l'altro dalla peculiarità del sostrato ritmico e fonico di cui vivono le sue
immagini poetiche.
La seconda parte del presente lavoro pertanto, secondo la periodizzazione proposta dallo
studioso californiano John Flores1, ordina la biografia artistica di Peter Huchel attorno ai
momenti di riflessione che rispettivamente dominano i vari periodi e che condizionano le
forme di espressione lirica (ad esempio l'abbandono graduale della rima).
Ritengo tuttavia utile accennare qui ad alcuni argomenti che verranno approfonditi nella
seconda parte.
La definizione di "Naturlyriker" ("lirico della natura"), che alcuni critici diedero a Huchel
poeta esordiente, è corretta se si considera che metafore "naturali" caratterizzano tutta
l'opera hucheliana. Lo stesso Huchel riflette retrospettivamente su questo aspetto
dominante, sottolineando contemporaneamente quanto esso sia legato a "fenomeni di
memoria":
"Ich habe versucht, von diesen Naturmetaphern loszukommen, und habe es auch
meinen Freunden versprochen; aber ich bin (...) wieder zu einem alten Wort von
Augustinus zurückgekehrt: "Haus meines Gedächtnisses, daselbst mir Himmel und
Erde gegenwärtig sind". Im Grunde genommen, wer weiß das, war vielleicht das
alte Haus, der Hof meines Großvaters in Langerwisch das Gedächtnis für mich. Ich
kann nicht dafür, diese Naturmetapher drängen sich immer wieder auf, selbst wenn
ich Stoffe wähle, die eine Konfrontation mit der Gesellschaft bedeuten. Für mich
sind sie legitim."2
1
J.Flores: Peter Huchel: The Disenchanted Idyll, in: Poetry in East Germany; Adjustments, Visions and
Provocations 1945-1970; New Haven e Londra, 1971, pag. 119-204.
2 "Ho cercato di staccarmi da queste metafore naturali e l'ho anche promesso ai miei amici; ma poi (...)
sono ritornato ad un'antica definizione di Agostino: "nella casa della mia memoria mi sono presenti cielo e
terra". Fondamentalmente, chi lo sa, forse la vecchia casa, la fattoria di mio nonno a Langerwisch era la
memoria, per me. Non ci posso fare nulla, queste metafore naturali si fanno avanti di continuo, anche
quando scelgo temi che implicano un confronto con la società. Per me sono legittime." (Dall'intervista con
Karl Corino Ich raune Verse vor mich hin. Keine gute Zeit für Lyrik - In G.W. Bd. II, pag. 392-393).
5
Anche nelle più tarde poesie di carattere politico emergono metafore naturali. La loro
presenza si spiega con il fatto che sono segni cifrati (v. la poesia Das Zeichen3) il cui
significato si cela dietro ciò che descrivono.
Altrove Huchel afferma: "Auch sind die Dinge nicht selbst in mir, sondern nur ihre Bilder"4
e nella sua interpretazione della poesia Winterpsalm5 parla appunto di "Bild als Gleichnis"
(immagine come metafora). Ad esempio l'ariete, che spesso compare nelle poesie di
Huchel6, è una figura che si riferisce al segno zodiacale sotto il quale il poeta nacque, il 3
aprile 1903.
In altre parole: l'oggetto naturale diviene "segno" (Zeichen) privato, con cui s'intende
qualcosa di ben diverso da quanto descritto.
Facciamo un ulteriore esempio: in una delle prime poesie, Unter Ahornbäumen7, figura il
verso "Ein Napf aus Laub und andere Zeichen". Ora, non si deve intendere il "Napf aus
Laub" come immagine di natura. Il suo significato può essere colto solo tenendo conto
che l'acero per Huchel è un albero funebre ed il fogliame un'allusione alla morte; quindi la
"ciotola di foglie", ossia l'urna, è presagio di morte.
Wilhelm Lehmann (1882-1968), considerato "Naturlyriker" per antonomasia, esercitò
un'accanita critica contro Huchel. Egli rimproverava a Huchel l'imprecisione di un
linguaggio metaforico che sottoponeva il paesaggio ai voleri del poeta, sottolineando per
contro come nella tradizione della "Naturlyrik" - il riferimento è alla Langgässer e a Krolow
- il paesaggio avesse carattere soprattutto mimetico. Si chiedeva Lehmann: "Wozu
Verwirrung unter Wesen und Dingen stiften, ihren Frieden zerbrechen, mit Unklarheit
stören, wo es um jenes Glück des anschauend Fühlens geht?"8
A Lehmann sfuggiva però che per Huchel non era importante la "felicità della sensibilità
contemplativa". Per Huchel era importante l'immagine in quanto potenziale metafora.
3
In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 113).
Discorso di ringraziamento per l'assegnazione dell'onorificenza "al merito"; Passau, 9 ottobre 1976).
5 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 154).
6 Cfr. Abschied von den Hirten; in Gezählte Tage (G.W. I, pag. 209).
7 Composta nei primi anni Trenta; in Gedichte (G.W. I, pag. 93).
8 Wilhelm Lehmann: Maß des Lobes; in "Deutsche Zeitung und Wirtschaftszeitung", 8 febbraio 1964, pag.
17: "Perché creare confusione tra esseri e cose, distruggere la loro pace, importunare con astrusità, ove si
tratta invece della felicità della sensibilità contemplativa?"
4
6
D'altro canto, come si può rilevare dall'esame dei testi citati nella bibliografia, i critici che
più approfonditamente si sono occupati della lirica hucheliana, ad esempio Flores9 ma
soprattutto, più recentemente, Axel Vieregg,10 hanno privilegiato soprattutto l'analisi dello
strato politico e simbolico delle poesie, costringendo talvolta il lettore, nel caso specifico
la sottoscritta, ad un vero e proprio sforzo per sottrarsi alla tentazione di stabilire costanti,
univoci rapporti tra parole (scritte) ed immagini (evocate).
Per citare un esempio: nel suo lungo saggio su Huchel Vieregg11 ha trattato aspetti del
messaggio apocalittico dell'io lirico nel capitolo "Privatmythologie": "Nun lassen sich in
Huchel vier Aspekte eines Mythenkomplexes erkennen, die sich aber durchdringen und
gegenseitig bedingen. Es sind dies die Vorstellungen von einer Vereisung der Welt, von
einer zunehmenden Verfinsterung, von einem uns umgebenden Reich der Toten, das
manchmal als drohend, manchmal aber als letzte Zuflucht der Wahrheit und des "Feuers"
geschildert wird, und letzlich die Vorstellung von einer Rauch-, Schatten- und Nebelwelt,
aus der das Numinose nach uns tastet.".
Se dunque, come Vieregg rileva, la neve in Huchel è negativamente connotata e, come la
nebbia, evoca l'immagine di un mondo in cui il posto lasciato vacante dalla divinità è stato
occupato da demoni, essa rimanda comunque, a mio avviso ad un fenomeno atmosferico,
cui sono connesse sensazioni visive (il colore bianco), tattili (la bassa temperatura),
acustiche (i suoni ovattati). "Schnee", poi, come vocabolo in sé, ha una struttura fonica
che, inserita in determinato contesto, crea associazioni di tipo allitterante, consonante e
assonante, il cui effetto complessivo va oltre a quello evocato da "Schnee" come
vocabolo isolato. Così ad esempio i seguenti versi tratti da Der Rückzug12:
durchklirrt von Schnee, am Straßenrand
lag eines Pferds Gerippe.
Nur eine Krähe scharrte dort im Schnee nach Aas
9
Op. cit.
A.Vieregg: Die Lyrik Peter Huchels. Zeichensprache und Privatmythologie; Berlino 1976.
11 Op.cit., pag. 53: "In Huchel sono riconoscibili quattro aspetti di un complesso mitico che si compenetrano
e condizionano vicendevolmente. Sono le rappresentazioni di un raggelarsi del mondo, di un'oscurità
crescente, di un regno di morti che ci circonda, che talvolta viene rappresentato come minaccioso, talvolta
però anche come ultimo rifugio della verità e del "fuoco", ed infine la rappresentazione di un mondo di
fumo, ombre e nebbia, dal quale il numinoso ci cerca a tentoni."
12 "stridente di neve, sul ciglio della strada / giaceva lo scheletro di un cavallo. / Solo una cornacchia
raspava là nella neve" (in Die Sternenreuse; G.W. I, pag. 100); si veda inoltre Im Kun Lun Gebirge, nella
sezione riservata all'analisi delle singole liriche.
10
7
Ad ogni buon grado, non sussistono dubbi che Huchel stesso stimasse l'opera di Vieregg,
come si evince dalla lettera a lui indirizzata e qui parzialmente riportata, interessante
anche per il riferimento a Lehmann ed alle sue accuse13:
"Sie wissen, lieber Herr Vieregg, wie sehr mich Ihre Interpretation, die dem Leser erst
Zugang zu schwierigen Stellen verschafft, gefreut hat. Endlich ein Interpret, der den
richtigen Schlüssel besaß, um verborgene Türen zu öffnen. Da Sie mich nun fragen, ob
ich Ihrer Einleitung zustimme, will ich Ihnen in aller Offenheit antworten: nicht in allen
Teilen [...] Selbst wenn es nicht in Ihr Konzept paßt, so gibt es doch eine erdrückende
Fülle positiver Besprechungen älterer und jüngerer Autoren und Kritiken, auf die Sie mit
Recht, Ihrer Konzeption entsprechend, nicht eingehen. Was den alten Lehmann betrifft,
so hege ich nach wie vor eine Art stiller Pietät für diesen erbitterten Querkopf, es wäre mir
ein leichtes, meine "korrekte Naturlyrik" anhand seiner nicht korrekten Vorwürfe zu
verteidigen. (...)" 14
Nel suo commento della poesia Winterpsalm Huchel afferma inoltre:
"Auch dieser Text15 will für sich selber stehen und sich nach Möglichkeit behaupten gegen
seine Interpreten, gegen etwaige Spekulationen, Erhellungen und Biographismen, womit
dem Interpreten keineswegs das Recht abgesprochen sei, mit legitimen Mitteln den Text
zu deuten und dessen einzelnen Schichten aufzudecken."16
13
V. nota 8
Lettera del 5 aprile 1974, in G.W., II, pag. 359:
"Lei sa, caro signor Vieregg, che piacere mi ha fatto la Sua interpretazione, che consente al lettore
l'accesso ad alcuni punti difficili. Finalmente un interprete in possesso della chiave giusta per aprire porte
nascoste. Dal momento che Lei mi chiede se concordo con la Sua introduzione, desidero risponderLe in
tutta sincerità: non in tutte le sue parti [...]. Per quanto non si adatti alle Sue concezioni, vi è un'enorme
quantità di positive discussioni di vecchi e giovani autori e critici, di cui Lei, giustamente - secondo il proprio
concetto - non tratta. Per quanto concerne il vecchio Lehmann, nutro tutt'ora una sorta di muta pietà per
questo testardo amareggiato; sarebbe per me cosa facile, sulla scorta delle sue accuse non corrette,
difendere la mia "Naturlyrik corretta (...)".
15 S'intende la poesia Winterpsalm.
16 "Anche questo testo rivendica la propria autonomia e vuole possibilmente affermarsi contro i suoi
interpreti, contro eventuali speculazioni, chiarificazioni e biografismi, senza che l'interprete venga per
questo privato del diritto di interpretare il testo con mezzi legittimi e di portarne alla luce i singoli strati." (Da:
Selbstinterpretation des Gedichtes "Winterpsalm", in G.W., I, pag. 309).
14
8
Huchel quindi invita l'interprete a fare emergere i singoli strati della poesia, evitando di
farne oggetto di contestazione politico-letteraria o di nebulose speculazioni. E' questo
l'intento con il quale, nella terza parte del presente lavoro, ho affrontato l'analisi di alcune
liriche contenute nella raccolta Die Neunte Stunde, analisi che mi auguro abbia posto in
luce, partendo dal testo, la complessità della sua struttura e colmato gli spazi
inevitabilmente lasciati aperti da un discorso sull'autore di carattere generale.
Per ogni poesia citata nel presente lavoro premetto di aver indicato il riferimento alla
raccolta nella quale è stata pubblicata e il volume e la pagina dei Gesammelte Werke
(abbreviazione: G.W.) nei quali compare. La versione italiana delle liriche è stata
effettuata personalmente da me, ad eccezione della traduzione delle poesie facenti parte
della raccolta Chausseen Chausseen17.
17
Strade Strade; traduzione di Franco Fortini e Ruth Leiser; Mondadori, Milano; 1970.
9
1.
1925-1933: LE ORIGINI IDILLIACHE: Herkunft
Per poter analizzare il primo periodo poetico di Huchel ed il suo punto di vista politico
Flores
suggerisce
la
lettura
di
un
breve
brano
autobiografico,
Europa
Neunzehnhunderttraurig, pubblicato nel 1931 sul "Literarische Welt" di Willy Haas18. Nel
brano dal curioso titolo (un calembour dal quale traspare l'anno di nascita del poeta, il
1903) Huchel, celatosi dietro il pronome "er", descrive la sua infanzia nella fattoria del
nonno, ad Alt-Langerwisch, la sua breve esperienza di sostenitore del Kapp-Putsch19, il
ricovero in ospedale in seguito ad una ferita riportata mentre si trovava casualmente tra la
folla di manifestanti (sulla quale i soldati spararono), la successiva amicizia con gli operai
e gli anni della Repubblica di Weimar:
"Zwei Monate liegt er dort, ausgelöscht in der weißgetünchten Melancholie des
Krankenzimmers. Erst spät kommt es zu Debatten von Bett zu Bett: Politik. Der Nachbar,
ein Metalldreher, macht ihm immer wieder die einfachsten Begriffe klar. (...) Ein Schuß hat
genügt, um in ein neues Leben zu humpeln. (...). Er wird jene Frau nicht vergessen, wie
sie aus dem Kugelregen in die Traufe des Todes rannte. Das Leben ist ohne Notausgang.
Als Student versucht er in die Zeit zu horchen. Er besucht Meetings, liest Broschüren,
debattiert. Die Inflation bricht aus. Und das Schicksal seiner Generation wird vollends
Lotterie. Im Kriege hatte dem einen der große Treffer den Ernährer genommen, den
anderen hatte er zum Kriegsgewinnlersohn gemacht. Jetzt sind seine Freunde
Banklehrlinge; sie haben vermögen aufzuweisen. Ihr Motorrad ist eine Sache, ihr
Likörlager, ihre Stoffballen. Heut sieht er sie meist gedrückt, arbeitslos, schlecht
angezogen. Es sind dieselben, die es sich nicht abgewöhnen werden zu spekulieren. Hier
und dort erkennt er sie wieder. Und meist setzen sie auf das Hakenkreuz.
18
19
Anno 7, nr. 1, pag. 3.
12 marzo 1920.
10
Europa Neunzehnhunderttraurig. Nach sechs Semestern Berlin, Freiburg, Wien, liegt es
näher, Reisen zu machen, als auf der Universität zu bleiben. Die Städte: Paris, Marseille,
Bordeaux, Prag, Budapest, Kronstadt, Konstanza, Konstantinopel kennt er. Seine
Hotelzimmer sind billig. Ob er in Balzik am Schwarzen Meer lebt oder in Bayonne am
Atlantischen, da gibt es wenig Unterschied. Denn das europäische Gesicht hat überall die
eine
Müdigkeit
für
den
der
zwischenzeitig
geboren
ist
und
im
Jahre
Neunzehnhunderttraurig. Er ist schon zu spät auf die Welt gekommen: er wird nie zur Zeit
kommen.
Ein Land, das er sich fast zu lieben erlaubt, ist Frankreich. (...) Nur, wer hält das auf die
Dauer aus - wenn er ein Deutscher ist? Er kommt ja doch zurück. Denn in Deutschland
hat er den Himmel zuerst gesehen, die Havel, die schilfige Nymphe, und das birkichte
Flachfeldland. Er liebt die deutsche Sprache; sie ist das einzige, was er geerbt hat. Er liebt
das Heimatland zum Trotz: wegen etlicher Bücher, einiger Freunde und Frauen, eines
Hundes, die alle dort zur Welt gekommen sind.
Nachwort. Dieses wird nicht das beste sein. Denn er hat sich nie an dem Start nach
Unterschlupf beteiligt. Seine Altersgenossen sitzen im Parteibüro, und manchmal geben
sie sogar zu, daß es aus ingendeiner Ecke her nicht gut riecht. Immerhin, sie haben ihr
Dach über dem Kopf. Aber da ihm selbst die marxistische Würde nicht zu Gesicht steht,
wird er sich unter aussichtslosen Himmel weiterhin einregnen lassen. Sie winken aus der
Arche der Partei, und er versteht ihren Zuruf. Der lautet: "Wir können dir an Hand des
Unterbaues nachweisen, daß du absacken wirst, ohne eine Lücke zu hinterlassen." Aber
dagegen hat er nicht viel einzuwenden, nichts zu erwidern. Sie müssen es wissen, denn
sie haben die Wissenschaft. Doch unterdessen schlägt sein Herz privat weiter. Und er lebt
ohne Entschuldigung."20
20
Vi giace due mesi, spento nella melancolia tinta di bianco della camera d'ospedale. Solo più tardi
nascono dibattiti, da un letto all'altro: politica. Il vicino, un tornitore di metalli, gli chiarisce continuamente i
concetti più semplici (...). E' bastato uno sparo per zoppicare in una nuova vita. (...) Non dimenticherà mai
quella donna, come correva dalla pioggia di pallottole nella gronda della morte. La vita è senza uscita di
sicurezza.
Da studente cerca di auscultare i tempi. Frequenta meetings, legge opuscoli, fa dibattiti. Esplode
l'inflazione. E il destino della sua generazione diviene una completa lotteria. In guerra il gran colpo di
fortuna aveva preso all'uno il sostentatore e aveva reso l'altro figlio di un profittatore. Adesso i suoi amici
fanno gli apprendisti in banca; hanno da vantare un patrimonio. La loro moto è un fatto, il loro deposito di
liquori, le loro balle di stoffa. Oggi li vede perlopiù abbattuti, disoccupati, malvestiti. Sono gli stessi che non
11
Huchel simpatizzava per i marxisti e condivideva le loro ansie, ma non divenne mai
membro del partito, né di istituzioni socialiste organizzate. Considerando le sue poesie di
questo periodo, i critici della RDT ne enfatizzavano l'aspetto socialisteggiante che i critici
della RFT ignoravano completamente, cercando di fare di Huchel uno di quei poeti della
natura asociali, spesso misticheggianti, sulle orme del citato Wilhelm Lehmann.
Come rileva Flores21, peculiare all'interpretazione diffusa nella RDT è il tentativo di
associare il primo Huchel alla letteratura proletaria dei tardi anni Venti. Tra i membri del
"Bund der deutschen proletarisch-revolutionären Schriftsteller" figuravano Johannes R.
Becher, Erich Weinert, Ludwig Renn, ecc. Il programma del Bund, (Unsere Front), era
stato delineato da Becher nel primo numero del suo organo, "Die Linkskurve"22 :
"Proletarisch-revolutionäre Literatur ist nicht Armeleutepoesie oder Mitleidsdichtung, sie
bewimmert nicht tränenbeflissen das Elend des Proletariats, sie blättert nicht beschaulich
in dem Krieg wie in einem Schaueralbum. Im Trommelfeuer und Straßenkämpfen ist sie
geboren, sie ist unter dem Druck der Zensur groß geworden. Die Antwort, die sie auf die
si disabitueranno a speculare. Di quando in quando li riconosce. E per la maggioranza stanno sotto la croce
uncinata.
Europa millenovecentotriste. Dopo sei semestri a Berlino, Friburgo, Vienna, è più ovvio fare viaggi che non
restare all'università. Le città: conosce Parigi, Marsiglia, Bordeaux, Praga, Budapest, Kronstadt, Costanza,
Costantinopoli. Le sue camere di hotel sono a buon mercato. Che viva a Balzik, sul Mar Nero, o a Bayonne
sull'Atlantico, fa poca differenza. Ché il volto europeo ha ovunque la medesima stanchezza, per colui che è
nato tra le epoche e nell'anno millenovecentotriste. E' venuto al mondo già troppo tardi: non giungerà mai in
tempo.
Un paese che egli si permette quasi di amare, è la Francia. (...) Ma chi riesce alla lunga a resistere, quando
è un tedesco? Ed ecco che dunque ritorna. Perché in Germania ha visto per la prima volta il cielo, la Havel,
la ninfa nel canneto, e la piatta pianura di betulle. Ama la lingua tedesca; è l'unica cosa che egli abbia
ereditato. Ama la patria nonostante tutto: per via di alcuni libri, di alcuni amici e alcune donne, di un cane,
che sono tutti venuti al mondo là.
Conclusione: Questo non sarà il meglio. Perché non ha partecipato alla gara a nascondersi. I suoi coetanei
siedono nell'ufficio del partito e talvolta ammettono persino che da qualche angolo proviene cattivo odore.
Purtuttavia hanno un tetto sulla testa. Ma poiché a lui non dona neppure la dignità marxista, continuerà a
farsi piovere addosso sotto un cielo senza speranze. Fanno cenni dall'arca del partito ed egli comprende il
loro richiamo che dice: "Possiamo dimostrarti, in base alle fondamenta, che tu sprofonderai senza lasciare
vuoto alcuno". Ma non ha molto da obiettare, nulla da ribattere. Devono saperlo, loro, perché possiedono la
scienza. Ma intanto il suo cuore continua a battere privatamente. Ed egli vive senza doversi giustificare". Gesammelte Werke, II, 213].
21 Op. cit.
22 Agosto 1929.
12
Ausbeutung und auf den Krieg gibt, ist eine aktive Lösung. Proletarisch-revolutionäre
Literatur singt Klassenliebe und Klassenhaß."23
Huchel era quindi dalla parte del proletariato. Come illustrano le sue poesie, si sentiva
legato alle povere serve ed ai braccianti della sua regione natìa - a tutti coloro che
dovevano lavorare la terra altrui. Girovaghi e lavoratori stagionali trovano posto nelle sue
poesie. Come Huchel affermò più tardi:
"Um was ging es mir damals? Ich wollte eine bewußt übersehene, unterdrückte Klasse im
Gedicht sichtbar machen, die Volksschicht, Mägde und Kutscher."24
Il critico occidentale Ingo Seidler esprime i suoi dubbi sulla sincerità di questa
affermazione, che ritiene una sorta di programma costruito retrospettivamente. Ma non
possono esservi dubbi, come d'altronde rileva lo stesso Seidler, sulle simpatie di Huchel
per le classi diseredate.25
Flores sostiene che il poeta, nella poesia Der polnische Schnitter26, attraverso la figura
del mietitore polacco espresse addirittura solidarietà al movimento internazionale dei
lavoratori:
Klag nicht, goldäugige Unke,
im algigen Wasser des Teichs.
Wie eine große Muschel
rauscht der Himmel nachts.
Sein Rauschen ruft mich heim.
Non lamentarti, tritone dagli occhi dorati,
nell'algosa acqua dello stagno.
Come una grande conchiglia
freme il cielo a notte.
Il suo fremito mi chiama a casa.
Geschultert die Sense
geh ich hinab die helle Chaussee,
La falce in spalla
discendo il luminoso stradale,
23
"La letteratura proletaria rivoluzionaria non è poesia di povera gente o poesia compassionevole, non
piagnucola tra rivoli di lacrime sulla miseria del proletariato, non sfoglia in contemplazione la guerra come
fosse un album di orrori. E' nata nel fuoco tambureggiante e nelle battaglie di strada, è cresciuta sotto la
pressione della censura. La risposta che dà allo sfruttamento ed alla guerra è una soluzione attiva. La
letteratura proletaria rivoluzionaria canta l'amore di classe e l'odio di classe."
24 "Che cosa mi premeva, allora? Volevo rendere visibile in poesia una classe intenzionalmente ignorata,
oppressa, lo strato popolare, serve e vetturini". (citato da Eduard Zak in Der Dichter Peter Huchel, Berlino
Est 1953, pag. 32).
25 I.Seidler: Peter Huchel und sein lyrisches Werk, in "Neue Deutsche Hefte", 15 -1968 - 11-32 ristampato
in Hommage für Peter Huchel zum 3. April 1968; Piper & Co.Verlag München, 1968 ed in Über Peter
Huchel, Frankfurt a.M. 1973, pag. 62 e segg.
26 La poesia venne composta tra gli anni Venti e Trenta e pubblicata per la prima volta nella raccolta
Gedichte (G.W. I, pag. 54); successivamente inclusa in Die Sternenreuse.
13
umheult von Hunden,
vorbei an rußiger Schmiede,
wo dunkel der Amboß schläft.
attorniato dal latrato di cani,
passando la fuligginosa fucina
ove oscura riposa l'incudine.
Draußen am Vorwerk
schwimmen die Pappeln
im milchigen Licht des Mondes.
Noch atmen die Felder heiß
im Schrei der Grillen.
Fuori, presso la grangia
fluttuano i pioppi
nella lattea luce lunare.
Ancor caldo è il respiro dei campi
nello stridìo dei grilli.
O Feuer der Erde,
mein Herz hält andere Glut.
Acker um Acker mähte ich,
kein Halm war mein eigen.
Oh fuoco della terra,
il mio cuore racchiude altra brace.
Campo dopo campo mietei,
senza possedere stelo alcuno.
Herbststürme, weht!
Auf leeren Böden
werden die hungrigen Schläfer wach.
Ich geh nicht allein
die helle Chaussee.
Tempeste autunnali, spirate !
Su terreni deserti
si destano famelici i dormienti.
Non solitario vado
per il luminoso stradale.
Am Rande der Nacht
schimmern die Sterne
wie Korn auf der Tenne,
kehre ich heim ins östliche Land,
in die Röte des Morgens.
Sull'orlo della notte
risplendono le stelle
come chicchi sull'aia,
se torno verso la terra dell'est,
nella porpora mattutina.
Questi versi testimonierebbero, secondo i critici della RDT, dello spirito di parte di Huchel,
del suo posto attivo accanto alla classe del proletariato rurale, e sono quindi correlati al
suo ciclo "socialista" dei primi anni Cinquanta, Das Gesetz, di cui si parlerà in seguito.
D'altra parte le ansie di Huchel nei confronti degli strati sociali più deboli non producono
necessariamente proposte concrete di soluzione della questione sociale.
La poesia Der polnische Schnitter ha poco in comune con i versi tendenziosi tipici dei
poeti della Lega, un esempio dei quali può essere il Lied der Arbeitslosen di Alexander
Roll, apparso nella "Linkskurve" del dicembre 1930: "(...) Die satten Bürger prassen. / Wir
hungern. Sie sind dick / Und haben volle Kassen. / Das sind die beiden Klassen / Der
deutschen Republik ! (...) Wir werden nicht mehr schweigen. / Hunger hat keine Zeit! /
Wir wollen nicht länger leiden. / Bald werden wir uns zeigen. / Wir sind zur Tat bereit !" 27
Mentre gli scrittori rivoluzionari erano guidati dall'esempio dello stile declamatorio di
Majakowskij, l'ammirazione di Huchel in quegli anni andava al più intimistico Sergej
27
"I sazi borghesucci gozzovigliano. / Noi facciamo la fame. Loro sono grassi / E hanno le casse piene. /
Ecco le due classi / Della Repubblica Tedesca ! (...) Non taceremo più. / La fame non ha tempo ! / Non
vogliamo soffrire oltre. / Presto ci mostreremo. / Siamo pronti all'azione !".
14
Esenin (1895-1925). Come abbiamo detto, molti critici della RFT, d'altro canto, tesero in
passato ad ignorare la simpatia di Huchel per le classi sfruttate, enfatizzando invece la
sua poesia della natura. Così si esprimeva ad esempio Werner Wilk28: "Wie Loerke und
Lehmann hat er seine Wurzeln im Eichendorffschen Grundwasser". Quasi invariabilmente
l'opera del primo Huchel viene dunque posta accanto a quella di Wilhelm Lehmann, Oda
Schaefer, Horst Lange, Theodor Kramer, il primo Günter Eich, Elisabeth Langgässer, e
innumerevoli rappresentanti della moderna "Naturlyrik".29
Non è errato definire Huchel "Naturlyriker". Come indicato nei cenni biografici, nel 1932 la
rivista "Die Kolonne", specializzata in "Naturlyrik", gli conferì un premio per la raccolta Der
Knabenteich, ritirata dalla pubblicazione nel 1933 perché non venisse associata al culto
della zolla promosso dal nazionalsocialismo. Tuttavia, come Huchel dichiara in una
lettera:
"... Ich kam aus einer ganz anderen Ecke her als alle drei30 (...). Zur "Kolonne" habe ich
niemals gehört, es war ein reiner Zufall, daß ich den Preis erhielt. Eich lernte ich erst 1934
kennen"31.
Helmut Mader32 sostiene che la peculiarità della "Naturlyrik" di Huchel consiste
essenzialmente nell'ambientazione degli scenari delle sue poesie nella marca del
Brandeburgo, particolare che tuttavia non implica un restringimento delle tematiche
poetiche all'ambito strettamente privato, anzi: come verrà chiarito più avanti, il poeta
accenna nelle sue "poesie d'infanzia" ad argomenti di carattere sociale. E se le poesie di
Lehmann, Krolow, Langgässer ed altri, dalle quali venivano possibilmente escluse
"miserie e felicità private", paiono spesso quasi compilazioni botaniche e certamente
pochi lettori possono comprendere alcuni versi di Lehmann senza l'ausilio di uno speciale
28
W.Wilk: Peter Huchel in "Neue Deutsche Hefte", 1962, nr. 90 pag. 82: "(Huchel), come Loerke e
Lehmann, ha le sue radici nelle acque sotterranee di Eichendorff".
29 Il termine si riferisce alla tendenza della poesia tedesca dagli anni Venti a rifuggire dal fervore retorico e
dall'astrattismo dell'espressionismo per rifugiarsi in un intimismo che cura i dettagli della natura in tutta la
loro abbondanza.
30 Il riferimento è a Lehmann, Bobrowski e Eich.
31 Lettera del 3.1.1974 ad A.Vieregg: "Venivo da tutt'altra parte che non loro tre. Non ho mai appartenuto a
"Die Kolonne", fu per puro caso che ricevetti il premio. Eich lo conobbi solo nel 1934".
32 H.Mader: Abschied von den Hirten; in Über Peter Huchel, Frankfurt a.M., 1973, pag.125 e segg.
15
dizionario, Huchel al contrario non fa mai sfoggio della sua erudizione in materia di
scienze naturali. Alcune delle sue poesie appartengono al repertorio della moderna
"Naturlyrik", come ad esempio Die schilfige Nymphe33, in cui flora e fauna sembrano
lussureggiare senza partecipazione umana:
Die schilfige Nymphe,
das Wasser welkt fort,
der Froschbauch der Sümpfe
verdorrt.
La ninfa del canneto
l'acqua fa avvizzire,
il ventre di rana delle paludi
si dissecca.
Am Mittagsgemäuer
der Schatten stürzt ein.
Der Hauch tanzt aus Feuer
am Eidechsenstein.
Lungo il muro meridiano
precipita l'ombra.
L'alito danza infuocato
sulla pietra delle lucertole.
Im Mittag der Kerzen,
im Röhricht, das schwieg,
ist traurig dem Herzen
Libellenmusik.
Nel meriggio delle candele,
nel tacito canneto
rattrista il cuore
musica di libellule.
Die dunkle Libelle
der Seen wird still.
Es tönt nur das grelle
herzböse Geschrill.
La scura libellula
dei laghi si tace.
Risuona solo l'acuto
strido pernicioso al cuore.
Es neigt sich die Leuchte
ins Röhricht hinein.
Der ödhin verscheuchte
Wind kichert allein.
Si china il lume
nel canneto.
Respinto nella desolazione
solitario il vento ride sommesso.
D'altronde sono evidenti anche affinità con la corrente europea dell'imagismo poetico.
L'atmosfera
è
talora
di
"Naturmagie",
magia
della
natura
che
implica
una
depersonalizzazione del paesaggio, come rivelano alcune brevi poesie che sembrano
quasi imagiste nella loro concentrazione descrittiva. Wintersee34 (Lago invernale) ne è un
esempio:
Ihr Fische, wo seid ihr
mit schimmernden Flossen?
Wer hat den Nebel,
das Eis beschossen ?
Dove siete, voi pesci
dalle scintillanti pinne ?
Chi ha crivellato
la nebbia, il ghiaccio ?
Ein Regen aus Pfeilen,
ins Eis gesplittert,
so steht das Schilf
und klirrt und zittert.
Una pioggia di frecce
scheggiate nel ghiaccio,
così sta il canneto
e tintinna e trema.
33
34
In Gedichte ( G.W. I, pag. 89).
In Gedichte ( G.W. I, pag. 90).
16
Flores ed altri critici ritengono che il massimo compimento di Huchel "Naturlyriker" sia la più volte
citata poesia Der Knabenteich35, in cui il poeta sfoggia ricchezza linguistica e un perfetto controllo
dei modelli ritmici e melodici. Poesie come Die schilfige Nymphe e Der Knabenteich rivelano
affinità con i versi di Annette von Droste-Hülshoff (1797-1848), grande precorritrice della moderna
"Naturlyrik".
Le prime poesie di Huchel sono di carattere melodico nettamente percepibile. Ambientate per la
maggior parte nella marca del Brandeburgo, ove Huchel crebbe, queste poesie rispecchiano la
relazione dell'uomo con l'ambiente naturale. Proprio la poesia Der Knabenteich descrive questa
quasi magica comunicazione tra l'uomo e la natura. Il fanciullo del titolo segnala la sua presenza
allo stagno soffiando in una canna e la natura risuona, evocando un senso di reciprocità tra il
ragazzo e il paesaggio:
Wenn heißer die Libellenblitze
im gelben Schilf des Mittags sprühn,
im Nixengrün der Entengrütze
die stillen Wasser seichter blühn,
hebt er den Halmen in die Höhe,
der Knabe, der auf Kalmus blies,
und fängt die Brut der Wasserflöhe,
die dunkel wölkt im Muschelkies.
Quando più ardenti i bagliori di libellule
si sprigionano nel giallo canneto del meriggio,
nel verde ninfale delle lenti palustri
fioriscono in superficie le chete acque,
solleva in alto lo stelo
il fanciullo che soffiò sul calamo,
ghermendo la nidiata di pulci d'acqua,
scuro nugolo tra conchiglie frante.
Rot blüht um ihn die Hexenheide,
fischäugig blinkt der Teich im Kraut.
Der graue Geist der Uferweide
wird über Sumpf und Binsen laut,
wo dünn der Ruf der scheuen Unken
tönt wie ein Mund der Zauberei...
Der Knabe horcht, ins Ohr gesunken
sind Wind und Teich und Krähenschrei.
Rossa gli fiorisce intorno la brughiera delle streghe,
splende nell'erba lo stagno dagli occhi di pesce.
Il grigio spirito del salice ripario
s'ode su palude e giunchi,
ove tenue il richiamo dello schivo tritone
risuona come bocca incantata...
Il fanciullo ascolta, discesi nell'orecchio
son vento e stagno e grido di corvi.
In assenza di un parlato, suoni umani e naturali sembrano fondersi. Nell'ultima strofa della poesia
il fanciullo ritorna allo stagno dopo qualche tempo e ristabilisce quel senso di comunione
ricreando nel ricordo il suono della canna e delle sue grida d'un tempo. Il suono, in questa poesia,
adempie quindi a due funzioni: rappresenta il mezzo di comunicazione tra il fanciullo ed il
paesaggio
35
e
fonda
il
nesso
In Gedichte ( G.W. I, pag. 59).
17
tra
passato
e
presente:
Und auch der Teich ist noch derselbe
wie einst, da dein Mund Kalmus blies,
dein Fuß hing ins Sumpfdottergelbe
und mit den Zehen griff den Kies.
Wenn dich im Traum das teichgrüntiefe
Gesicht voll Binsenhaar umfängt,
ist es als ob der Knabe riefe,
weil noch dein Netz am Wasser hängt.
E anche lo stagno è ancora lo stesso
di quando la tua bocca suonò il calamo,
il tuo piede sospeso nel giallo di calte palustri
con gli alluci afferrava la ghiaia.
Se in sogno il profondo volto verde stagno
con folta chioma di giunco ti avvolge,
è come se il fanciullo gridasse
ché la tua rete ancor pende sull'acqua.
Le "Naturlyriken" hucheliane appena citate sono di estrema importanza ai fini dell'analisi
dell'ultima produzione poetica dell'autore, poiché - come rileverà l'analisi di alcune liriche
- il poeta diverrà conscio che il recupero del passato non è più possibile neppure
attraverso la poesia. Nelle tarde poesie il lessico (ad esempio termini botanici), che
riflette il felice paesaggio infantile, viene inserito in un contesto radicalmente diverso da
quello originario, con conseguente effetto di straniamento.
Ritornando alle divergenze interpretative della poetica hucheliana nelle due Germanie,
Flores36 afferma che benché "arte proletaria" e "Naturlyrik" sembrino essere categorie che
si escludono a vicenda, si possono trarre esperienze molto diverse dalla stessa opera
d'arte, senza essere del tutto in errore. Categorizzazioni estreme non possono cogliere la
particolarità di un'opera d'arte. Solo così si spiega perché la critica occidentale spesso
non abbia registrato le inquietudini sociali che indubbiamente invece attraversano l'opera
di Huchel ed i critici orientali abbiano considerato del tutto assenti nelle poesie dei
membri della Lega degli Scrittori Proletari Rivoluzionari orientamenti personali e privati o
raffinatezze estetiche.
Flores ha individuato, quale punto di partenza per la sua analisi di ciò che egli definisce
"arte idillica" hucheliana, la poesia Herkunft37 (Origine). In questa poesia infatti le ansie
sociali del poeta si connettono ad immagini paesaggistiche, e ciò
rende l'idillio
hucheliano diverso da quello di altri "Naturlyriker".
In particolare due componenti costituiscono l'idillio hucheliano:
1) il senso di continuità, che domina i ricordi dell'io lirico e la consapevolezza del nesso
tra passato, presente e futuro;
36
37
Op. cit.
In Gedichte (G.W. I, pag. 49); anno di composizione: ca. 1926.
18
2) l'apparente magica armonia tra attività produttiva dell'essere umano e i processi
naturali.
L'idillio assume generalmente forme piuttosto convenzionali: strofe di quattro oppure otto
versi, con rima alternata maschile-femminile e quattro o tre battute.
Il suo lessico è
caratterizzato da termini quali "Kiepe", "Stake", ecc.38, che rivelano quanto profondo sia
sul poeta l'influsso del vernacolo della regione natìa. Ma, come si vedrà in seguito, con il
trascorrere degli anni l'idillio di Huchel s'infrangerà e regolarità stilistica ed espressioni
dialettali verranno gradatamente abbandonate:
Daß ich kam im Schattenwind,
weiß davon das Haus?
Birnen duften mürb im Spind
alten Sommer aus.
Wo der Flegel sausend drosch,
fliegt das Korn zuhauf.
Wo am Bett das Öl erlosch,
liegt das Laken auf
Che io giunsi nel vento d'ombra,
lo sa la casa?
Pere esalano frolle nello stipo
la vecchia estate.
S'ammucchia volando il grano
ove la trebbiatrice vorticosamente girava.
La coltre ricopre
il letto ove si spense il lume.
Als ich mit verharztem Haar
in die Kiefern kroch,
klangen laut vom Schwalbenjahr
Dach und Kammer noch.
Nachtgeläut umweht das Haus.
Und durchs kalte Tor
gehn die Freunde still hinaus,
die ich längst verlor.
Quando con la resina nei capelli
strisciavo tra i pini,
Und der Kesselflicker auch,
der am Feuer saß,
hämmernd und im Küchenrauch,
den ich lang vergaß,
vor mir hockt er krumm und alt
und zigeunerisch,
kam nachts aus dem Krähenwald,
suchte Herd und Tisch.
E anche il conciabrocche
che sedeva al fuoco,
martellando e nel fumo della cucina,
dimenticato da lungo tempo,
innanzi a me siede curvo e vecchio
e zingaresco,
venne a notte dal bosco dei corvi,
cercando focolare e desco.
Eh die Magd die Vesper bot
und vom Brotlaib schnitt,
ritzte sie das Kreuz ins Brot,
gab den Glauben mit.
Wenn es grün am Himmel tagt,
ob sie feldwärts eilt,
dienend noch, die graue Magd?
Weiß ich, wo sie weilt?
La fantesca, prima di ammannire la cena
e affettare il pane,
incideva la croce sulla pagnotta,
dispensando la fede.
Quando verde si fa giorno in cielo,
s'affretta forse verso i campi,
ancor servendo, la grigia fantesca?
So io dov'ella è?
Und der Knecht, der grübelnd sann,
war der Tag kaum hell,
forschend, was die Spinne spann,
lief im Netz sie schnell,
E il servo che lambiccandosi meditava,
non appena schiariva il giorno,
studiando ciò che il ragno tesseva,
se correva veloce nella tela
38
ancor risuonavano forte dell'anno delle rondini
tetto e solaio.
Campane notturne soffiano attorno alla casa.
E attraverso il freddo portone
escono silenti gli amici,
che da lungo tempo persi.
Gerla; pertica.
19
seilte sie die Fäden fest,
zog ein Sturm herauf,
Regen blieb lang im Geäst,
war sie träg im Lauf.
se fissava i fili,
s'avvicinava una bufera,
pioggia restava a lungo tra i rami,
se lento correva.
Alle leben noch im Haus:
Freunde, wer ist tot?
Euern Krug trink ich noch aus,
esse euer Brot.
Und durch Frost und Dunkelheit
geht ihr schützend mit.
Wenn es auf die Steine schneit,
hör ich euern Schritt.
Tutti vivono ancora nella casa:
amici, chi è morto?
La vostra brocca vuoto bevendo,
mangio il vostro pane.
E attraverso gelo e oscurità
accompagnate protettivi.
Quando nevica sulle pietre,
odo il vostro passo.
Nelle prime due delle sei strofe di Herkunft, l'io lirico viene a trovarsi in un ambiente
intimamente familiare, dal quale pare essere stato assente per parecchi anni e che
appare però non come qualcosa di perduto in un lontano passato, ma che anzi persiste
indisturbato nel suo ordine originale, nel presente. La persistenza del passato nel
presente è evidenziata grammaticalmente mediante l'alternanza del tempo dei verbi della
prima strofa, al preterito nelle frasi subordinate, al presente nelle principali.
La continua alternanza temporale viene contrastata nella seconda strofa, che termina in
tono elegiaco, con la chiara affermazione di una perdita (II, 6-8).
Questi ultimi versi conducono direttamente alla seconda parte della poesia (strofe III-V),
ove vengono ricordati alcuni degli amici "perduti": il ramaio, la fantesca, il servo. La strofa
conclusiva, attraverso l'uso del presente, ribadisce la permanenza del passato nel
presente.
Lo stesso senso di continuità tra epoche diverse e di identificazione di interessi tra l'io
lirico e i membri delle classi sfruttate si ritrova, come già accennato, in Der polnische
Schnitter, così come in poesie affini, quali Der Ziegelstreicher
39,
Alte Feuerstelle40 e
Letzte Fahrt41, tutte composte tra i tardi anni Venti e i primi anni Trenta.
E' loro comune
la figura di un vecchio lavoratore che vaga per la campagna, e tutte terminano con la
consapevolezza dell'io lirico dei proprî legami con ciò che da molto tempo non esiste più.
Solo Der polnische Schnitter nomina esplicitamente il malessere sociale ("kein Halm war
mein eigen") e suggerisce un richiamo al movimento proletario chiudendosi con l'immagine
39
In Gedichte (G.W. I; pag. 64).
In Gedichte (G.W. I; pag. 82).
41 In Gedichte (G.W. I; pag. 62).
40
20
di un fiducioso cammino verso la rosea aurora dell'est: "kehre ich heim ins östliche Land, /
in die Röte des Morgens".
Nella quarta strofa di Herkunft ricorre un'altra figura rievocata frequentemente nel primo
Huchel: quella della "Magd", che merita un discorso a parte, data la metamorfosi che
subirà col tempo e cui verrà accennato successivamente42. Essa compare fra l'altro nelle
poesie Damals43, Am Beifußhang44, Oktoberlicht45, Wilde Kastanie46 e Der glückliche
Garten47, ed in alcune tarde poesie del periodo bellico, ad esempio sotto le spoglie di
"eine Frau aus wendischem Wald", in Heimkehr48. La figura della fantesca è dunque
integrata nel paesaggio di Huchel. Come il ramaio e le sue varianti, è un personaggio
idillico. Il suo significato può essere analizzato nella poesia Die Magd49, in cui rivive
l'atmosfera della marca brandeburghese ed accenni del locale dialetto sono elevati a
poesia. La serva torna a casa con il figlioletto del padrone, dopo aver spaccato legna
nella foresta:
(...)
Klaubholz hat sie im Wald geknackt,
die Kiepe mit Kienzapf gepackt.
Sie hockt mich auf und schürzt sich kurz,
schwankt barfuß durch den Stoppelsturz.
Tronchetti ha tagliato nel bosco,
riempito la gerla di pigne resinose,
Mi prende in braccio e solleva veloce la gonna,
ondeggia a piedi nudi tra le stoppie.
La devozione ai suoi compiti è totale ed il bimbo è affascinato dalla sua presenza50. C'è
attorno a lei qualcosa di magico e di mitico:
(...)
Ich frier, nimm mich ins Schultertuch.
Warm schlaf ich da im Milchgeruch.
Die Magd ist mehr als Mutter noch.
Sie kocht mir Brei im Kachelloch.
(...)
Sie wärmt mein Hemd, küßt mein Gesicht
und strickt weiß im Petroleumlicht.
Ihr Strickzeug klirrt und blitzt dabei,
Ho freddo, prendimi nello scialle.
Caldo dormivo lì nell'odor di latte.
La fantesca è ancor più che madre.
Mi cuoce la pappa sul fornello di maiolica.
Scalda la mia camicia, bacia il mio volto
e bianca fa a maglia nella luce a petrolio.
I suoi ferri tintinnano e lampeggiano,
42
Cfr. anche l'analisi di Schottischer Sommer nel presente lavoro ("Excursus: Peter Huchel e
Shakespeare").
43 Pubblicata per la prima volta in Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 137).
44 In Gedichte (G.W. I, pag. 57).
45 In Gedichte (G.W. I, pag. 60).
46 In Gedichte (G.W. I, pag. 71).
47 In Gedichte (G.W. I, pag. 74).
48 In Gedichte (G.W. I, pag. 109).
49 Prima pubblicazione in "Die literarische Welt" 7(1931) n. 47, pag. 3; successivamente inclusa nella
raccolta Gedichte (G.W. I, pag. 52).
50 Huchel, nella casa del nonno materno, venne affidato alle cure della "Magd" Anna.
21
sie murmelt leis Wahrsagerei.
mormora silenziosa formule divinatorie.
Quale poeta di ambienti rurali, nei tardi anni Venti Huchel si sentì isolato. Più tardì notò
che altri poeti orientati come lui in senso sociale, con le loro preoccupazioni strettamente
rivolte al mondo urbano fatalmente avevano ignorato un'intera provincia che i "poeti"
hitleriani "Blut-und-Boden" più tardi occuparono con rulli di tamburo e fanfare di trombe".51
Tuttavia, nella sua poesia Die Magd, Huchel non suggerisce alcuna soluzione politica, né
ritiene che la serva debba rappresentare una classe socialmente sfruttata; infatti non
viene rappresentata come povera ragazza che soffre a causa della sua situazione
sociale, com'era il caso di una poesia, anch'essa intitolata Die Magd, scritta circa
ottant'anni prima da Moritz Hartmann (1821-72), poeta politicamente impegnato e
giornalista all'epoca della rivoluzione del 1848. Qui la serva, che segretamente ama il
figlio del padrone, s'accomiata da questi (che sta recandosi ad un ballo) con le parole:
"Such eine schöne Braut dir aus
Und nimm auch meinen Segen Ich bin ja nur die Magd vom Haus,
Ich will sie treulich pflegen".
"Trovati una bella sposa
e accogli anche la mia benedizione Sono solo la serva di casa,
la voglio servire con devozione.
La serva della poesia di Huchel non si tormenta per la sua posizione servile. Piuttosto, la
sua operosità ed identificazione con la natura sembrano rendere irrilevante la differenza
di classe.
Huchel non ignora l'ingiustizia della struttura sociale, ma né in questa, né in altre poesie
attacca direttamente la società classista per lo sfruttamento che opera.
Senza
idealizzazioni o sentimentalismi mostra il superamento di questo conflitto in un'armonia
creata dalla produttiva attività umana e dai processi naturali: la presenza della serva si
fonde con la natura per tutta la poesia.
Come suggerisce Flores, l'opera del primo Huchel potrebbe essere analizzata mediante il
confronto con quella tematicamente affine di Georg Trakl, il quale compose anche una
poesia sulla figura della "Magd", Die junge Magd. Questa poesia tuttavia differisce da Die
Magd in quanto quest'ultima presenta una visione positiva, affermativa, dell'operosità
51
E. Zak, op.cit.; pag. 32: "Die sich urban gebärenden Literaten liessen in den zwanziger Jahren eine
ganze Provinz unbesetzt, in die später Hitlers Blut-und-Boden-Poeten mit Pauken und Trompeten
einmarschierten."
22
della serva e del suo magico controllo sulla natura, mentre la protagonista trakliana va
incontro a morte violenta in un ambiente ostile.
Occorre inoltre tenere presente la seguente affermazione di Huchel, sulla scorta della
quale Vieregg decise di non trattare nel suo già citato studio il rapporto tra i due poeti52:
"Nebenbei: ich glaube kaum, daß es eine "Vielzahl" von Einflüssen Trakls gibt. Das müßte
man belegen, ich bin gespannt darauf."
Concludendo, nonostante occasionali attacchi diretti all'ingiustizia sociale (ad esempio in
Herbst der Bettler53, ove i raccoglitori non godono dei frutti autunnali, ma li colgono
velocemente e se ne vanno con i loro magri guadagni), il primo Huchel è soprattutto
interessato alla realizzazione di quell'armonia tra uomo e natura di cui le poesie Der
Knabenteich e Die Magd sono l'emblema.
52
Lettera (già cit.) del 5.4.1974 a A.Vieregg; "En passant: credo a stento che vi siano "molteplici" influssi di
Trakl. Lo si dovrebbe provare, la cosa mi incuriosisce."
53 In Gedichte (G.W. I, pag. 55).
23
1933-1945: LA GERMANIA DELLE DODICI NOTTI : Zwölf Nächte
"Eccettuati alcuni radiodrammi apolitici e poche poesie minori che apparvero nel periodico
"Das Innere Reich" (1935-36), durante gli anni 1933-45 Huchel non pubblicò nulla. La sua
risposta a quei dodici anni di terrore fu il silenzio e la non cooperazione, pur non
aderendo ad organizzazioni di resistenza attiva." Così sostengono alcuni studi ed articoli
che si occupano della produzione artistica di Huchel durante il nazismo54; tuttavia simili
affermazioni non riflettono gli avvenimenti reali. Si deve questa imprecisione ad Alfred
Kantorowicz, amico di Huchel, che nel 1948, alla Humboldt-Universität di Berlino (Est)
iniziò un ciclo di lezioni su Peter Huchel con le parole:
"Der Lyriker Peter Huchel hat während der zwölf Jahre der Barbarei in Deutschland
beharrlich geschwiegen."55
Anche Eduard Zak, nel 1953, si espresse allo stesso modo:
"Während er schwieg und es vorzog, vergessen zu werden, erschienen die lyrischen
Werke einer Reihe von Dichtern, die ... ihre vielbeachtete "Eigenart" von Peter Huchel
bezogen hatten."56
In realtà Huchel, tra il 1933 e il 1941, pubblicò non solo diciassette nuove poesie, ma
anche ristampe in giornali, riviste ed antologie. Inoltre la radio trasmise venti suoi
radiodrammi57 e sino al gennaio 1940, sempre alla radio, egli recitò alcune poesie di sua
composizione.
54
Così anche in Flores, op. cit.
A.Kantorowicz: Das beredte Schweigen des Dichters Peter Huchel, in "Das Einhorn".Jahrbuch Freie
Akademie der Künste in Hamburg 1968, pag. 156-182: "Il lirico Peter Huchel, durante i dodici anni di
barbarie in Germania, ha insistentemente taciuto".
56 E. Zak: Der Dichter Peter Huchel. Versuch einer Darstellung seines lyrischen Werkes. Berlin (Ost) 1953,
pag. 35: "Mentre egli taceva e preferiva essere dimenticato, apparivano le opere di una serie di poeti che
avevano tratto la propria ben stimata "originalità" da Peter Huchel."
57 Cfr. G.W. II, pag. 409 e segg.
55
24
Stephen Parker58 afferma che la critica hucheliana si è soprattutto rivolta alle raccolte
poetiche del dopoguerra, mentre il fatto che Huchel, iniziata la propria carriera letteraria
durante la Repubblica di Weimar, la proseguì anche durante il Terzo Reich, non è stato
considerato con la dovuta attenzione. Secondo Parker, solo con la pubblicazione, a metà
degli anni Settanta, dell'importante ricerca di Hans Dieter Schäfer59 sulle opere non
naziste pubblicate nel Terzo Reich, si è rilevata l'entità dell'impegno letterario di Huchel in
quel periodo. Schäfer sostiene che nei primi anni del dopoguerra alcuni scrittori che non
avevano aderito al nazismo, e tra questi Huchel, Lehmann e Eich, celarono dettagli sulla
propria precedente carriera, "probabilmente per un senso di colpa" , o per rendersi
politicamente credibili ed accettabili in un clima socialista e antifascista come quello che
regnava nella "Sowjetische Besatzungszone".
Come ricorda Alfred Kantorowicz60 Huchel scrisse molte poesie in quegli anni, ma la
maggior parte di queste andò distrutta durante i bombardamenti Solo poche si salvarono
o furono ricostruite a memoria dall'autore - circostanza, questa, che Parker nel suo già
citato articolo smentisce61 -.
Polemiche a parte, le liriche hucheliane che nacquero tra il 1933 e il 1945 riflettono non
solo la distruzione dell'idillica armonia tra uomo e natura, ma anche la sospensione del
tempo. Il silenzio regna su desolati paesaggi invernali disseminati di resti di utensili
agricoli come aratri o carri; è un silenzio solo occasionalmente interrotto da spari e dal
frastuono prodotto dall'uomo (Dezember 194262). I suoni della natura sono svaniti o
sembrano
congelati.
Queste
poesie
esprimono
una
protesta
contro
l'impatto
disumanizzante della guerra. Che i clangori rimangano inascoltati e solo il silenzio
risponda loro enfatizza la loro inutilità.
58
S.Parker: The Outsider as Insider: Peter Huchel in the SBZ, in: "Internationales Archiv für
Sozialgeschichte der deutschen Literatur"; Max Niemeyer Verlag Tuebingen, vol. XV, 1990 n.2; pag. 169192.
59 Hans Dietrich Schäfer: Das gespaltene Bewußtsein: Deutsche Kultur und Lebenswirklichkeit 1933-1945,
Monaco e Vienna, 1981, pag. 9.
60 Deutsche Schicksale, Berlino, 1949.
61 A tale proposito anche la postfazione di A. Vieregg ai Gesammelte Werke (cfr. G.W. II, pag. 403) pare
esitare; in ogni caso, alla morte dell'autore, il suo lascito rivelò ben più opere di quanto le sue affermazioni
lasciassero supporre.
62 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 144).
25
Le opere redatte tra il 1933 e il 1945 vennero pubblicate per la prima volta nel 1948 nel
primo volume di poesie dato alle stampe da Huchel con il titolo di Gedichte, che consiste
per la maggior parte delle sue prime opere e che venne ripubblicato, con alcune
variazioni, nel 1967 col titolo Die Sternenreuse.
I critici sono piuttosto unanimi nel
considerare la maggior parte delle opere di quegli anni (Späte Zeit63, Zwölf Nächte64, In
Memoriam Hans A.Joachim65, Deutschland66, Der Rückzug67, Der Vertriebene68,
Griechischer Morgen69 e Heimkehr70) una reazione piuttosto debole alla catastrofe storica
di quell'epoca. Confrontatosi con eventi di significato universale, Huchel venne costretto
ad abbandonare la sua provincia idilliaca, e come molti tra gli "innere Migranten", ricorse
ad un umanesimo moraleggiante e piuttosto vago, con i suoi vani richiami al "Geist"71.
Perduto è il dettaglio concreto, e con esso la ricchezza di colori locali del suo lessico.
Nella poesia Zwölf Nächte, scritta nel 1938 (la corrispondenza numerica con i dodici anni
di dominio nazionalsocialista è perciò una coincidenza), Huchel ammonisce contro la
tenebra che si sta diffondendo, ma il suo ottimismo finale, con il riferimento alla "der
Seele stilles Licht"72, non avrebbe potuto essere meno incoraggiante.
Solo più tardi, negli anni Cinquanta, Huchel compose poesie veramente incisive sul
periodo del nazionalsocialismo e soprattutto sulla guerra. In origine vennero incluse nella
cronaca Das Gesetz, di cui si tratterà più avanti.
Una breve trattazione delle poesie degli anni 1933-45 è comunque d'importanza cruciale
per la comprensione dell'evoluzione di Huchel dagli idilli a sfondo sociale degli anni Venti
alla sua breve infiammata per la riforma agraria nella RDT del dopoguerra.
63
In Gedichte (G.W. I, pag. 94).
In Gedichte (G.W. I, pag. 94).
65 In Gedichte (G.W. I, pag. 96).
66 In Gedichte (G.W. I, pag. 98).
67 In Gedichte (G.W. I, pag. 100).
68 In Gedichte (G.W. I, pag. 107).
69 In Gedichte (G.W. I, pag. 108).
70 In Gedichte (G.W. I, pag. 109).
71 Così nella prima strofa di Deutschland: "Späteste Söhne, rühmet euch nicht. / Einsame Söhne, hütet das
Licht. / Daß es von euch in Zeiten noch heißt, / daß nicht klirret die Kette, die gleißt, / leise umschmiedet,
Söhne, den Geist."
72 "Silente luce dell'anima".
64
26
Nella poesia Späte Zeit (Tarda stagione), è ancora presente la strofa di quattro versi con
schema a rima alternata, caratteristico dei primi paesaggi hucheliani, ma immediatamente
si dissolve in una forma a tre versi con rima AAB e termina con due coppie di versi rimati,
quasi l'io lirico non sia in grado di sostenere le impressioni che lo hanno investito con
violenza. Prevale il metro trocaico di quattro battute:
Still das Laub am Baum verklagt.
Einsam frieren Moos und Grund.
Über allen Jägern jagt
hoch im Wind ein Fremder Hund.
Tacita accusa la fronda sull'albero.
Solitari gelano muschio e suolo.
Su tutti i cacciatori caccia
alto nel vento un cane straniero.
Überall im nassen Sand
liegt des Waldes Pulverbrand,
Eicheln wie Patronen.
Ovunque nella fradicia sabbia
giace la polvere pirica del bosco,
ghiande come cartucce.
Herbst schoß sein Schüsse ab,
leise Schüsse übers Grab.
Autunno sparò i suoi colpi,
sommessi colpi sulla fossa.
Horch, es rascheln Totenkronen,
Nebel ziehen und Dämonen
Ascolta, fremono corone funebri,
aleggiano nebbie e demoni.
In Späte Zeit, la disintegrazione delle convenzioni poetiche è però solo all'esordio.
Diviene veramente manifesta solo nella produzione lirica degli anni Cinquanta, allorché la
natura, che - come precedentemente accennato - nel primo Huchel è il regno della
magica armonia tra uomo e ambiente circostante, una specie di "mondo intatto" ("heile
Welt"), mostra le proprie ferite, disseminata di immagini di distruzione e orrore. La
stagione è l'inverno, gli alberi sono spogli. Questo è lo scenario delle poesie composte
durante la guerra.
Una "breve relazione" su quanto Huchel soldato vide con i propri occhi è Der Rückzug73
(La ritirata), testo nello stile della lirica barocca tedesca. Apre il ciclo omonimo, come una
specie di motto. Al centro della natura - e della poesia - si erge la carcassa di un cavallo,
sul ciglio della strada coperta di neve. La "lode alla gloria della guerra" termina con
l'immagine di una natura che si ciba della propria morte (una cornacchia è intenta a
73
Come titolo della poesia viene talvolta indicato Des Krieges Ruhm (La gloria della guerra).
27
spolpare la carogna). Persino lo scheletro pare ferro arrugginito, le ossa l'elsa di una
sciabola:
Ich sah des Krieges Ruhm.
Als wärs des Todes Säbelkorb,
durchklirrt von Schnee, am Straßenrand
lag eines Pferds Gerippe.
Nur eine Krähe scharrte dort im Schnee nach Aas,
wo Wind die Knochen nagte, Rost das Eisen fraß.
Vidi la gloria della guerra.
Quasi fosse l'elsa d'una sciabola mortale,
stridente di neve, sul ciglio della strada
giaceva lo scheletro di un cavallo.
Solo una cornacchia raspava là nella neve cercando carogne,
mentre vento rodeva le ossa, ruggine divorava il ferro.
Lo stesso scenario della ritirata è presente nel terza poesia del ciclo suddetto, Am
Bahndamm74, e qui più che altrove stile e tono anticipano le poesie del volume
Chausseen Chausseen (1963):
Am Bahndamm rostet das Läutwerk.
Schienen und Schwellen starren zerrissen,
zerschossen die Güterwagen.
Sul terrapieno arrugginisce la soneria,
binari e traversine fissano divelti,
crivellati i carri merci.
Auf der Chaussee,
den Schotter als Kissen,
vom Sturz zersplitterter Pappeln erschlagen
liegt eine Frau im schwarzen Geäst.
Sulla strada,
pietrisco come cuscino,
abbattuta dal crollo di pioppi schiantati,
giace una donna tra i neri rami.
74
In Gedichte; G.W. I, pag. 100.
28
Noch klagt ihr Mund
hart an der Erde.
In offene Augen
fällt Regen und Schnee.
Ancor geme la sua bocca
pressata a terra.
Negli occhi aperti
cade pioggia e neve.
O Klage der Mütter,
nicht löschen die Tränen
die Feuer der Schlacht.
Oh lamento delle madri,
non placano le lacrime
i roghi della battaglia.
Hinter der Hürde des Nebels,
Schnee in den Mähnen,
weiden die toten Pferde,
die Schatten der Nacht.
Dietro il recinto di bruma,
neve nelle criniere,
pascolano morti destrieri,
le ombre notturne.
L'idillio del periodo prebellico è ormai distrutto dal terrore del nazionalsocialismo e dagli
orrori della guerra: la fede del poeta nelle convenzioni poetiche scema ed egli opera la
graduale frammentazione del verso in unità via via più brevi; il significato diviene più
oscuro, il linguaggio cifrato.
Nel ciclo Der Rückzug riappare l'emblematica figura delle prime liriche hucheliane, quella
della serva. La figura femminile, che aveva rappresentato la perfetta armonia con il
creato, è ora una vittima della natura, abbattuta dallo schianto di pioppi. La natura stessa,
gravemente provata dalla guerra, è divenuta ostile all'uomo.
L'ossessiva presenza di guerra e morte in un paesaggio un tempo idilliaco può essere
rilevata in Die Schattenchausseen (Le strade d'ombra), la quarta poesia del ciclo Der
Rückzug. Ma in questo esempio di "Trümmerlyrik" brilla però una tenue luce di speranza.
L'io lirico, lavandosi il gusto di sangue
riflettersi nell'acqua limacciosa.
e sabbia dalla bocca, vede il sole levarsi e
La grande ritirata, con le sue visioni di morte e
distruzione, conduce ad una redenzione finale: la luce del mattino erompe attraverso le
nubi:
Sie spürten mich auf. Der Wind war ihr Hund.
Sie schritten die Schattenchausseen.
Ich lag zwischen Weiden auf moorigem Grund
im Nebel verschilfter Seen.
Die Nacht nach Rohr und Kalmus roch,
des Zwielichts bittere Laugen
erglänzten fahl im Wasserloch.
Da sah ich vor meinen Augen
den Trupp von Toten, im Tod noch versprengt,
entkommen der Feuersbrunst,
von aschigem Stroh die Braue versengt,
geschwärzt vom Pulverdunst.
Mi stanarono. Il vento era il loro segugio.
Avanzavano su strade d'ombra.
Giacevo tra salici su terra paludosa
nella nebbia di laghi ingiuncati.
La notte sapeva di canna e calamo,
della penombra l'amara liscivia
riluceva fioca nella pozza d'acqua.
Allora vidi innanzi ai miei occhi
il drappello di defunti, sin nella morte dispersi,
scampati alla bramosia del fuoco,
le sopracciglia strinate da paglia incenerita,
anneriti dalla polverosa caligine.
Sie gingen durch Pfahl und Stacheldraht
Procedevano tra pali e filo spinato
29
vorbei am glosenden Tank
und über die ölig verbrannte Saat
hinunter den lehmigen Hang
und traten, gebeugt von modernder Last,
aus wehendem Nebelgebüsch.
Am Wasser suchten sie späte Rast,
ein Stein war ihr Hungertisch.
Kalt kam die Frühe im Krähenflug.
Sie starrten den Himmel an.
Da sah ich mich selber im grauen Zug,
der langsam im Nebel zerrann.
accanto al serbatoio incandescente
e sulla viscida semenza bruciata
giù per l'argilloso pendìo
ed emersero, curvi sotto il putrido fardello
da un ondeggiante cespuglio di nebbia.
Presso l'acqua cercarono tardiva sosta,
una pietra fu il loro desco di fame.
O schwebende Helle, du kündest den Tag
und auch die Schädelstätte.
Zerschossen die Straße, zerschossen der Hag,
zermalmt von des Panzers Kette.
Ich schmeckte am Gaumen Sand und Blut
und kroch zum See, die Lippen zu feuchten.
Und sah der Sonne steigende Glut
im nebligen Wasser leuchten.
Oh fluttuante chiarore, tu annunci il giorno
e il calvario.
Crivellata la strada, crivellato il bosco,
franto dai cingoli del panzer.
Con in gola il gusto di sabbia e sangue
strisciai verso il lago, a inumidire le labbra.
E vidi l'ascendente braciere del sole
risplendere nell'acqua brumosa.
Fredda giunse l'alba nel volo di cornacchie.
Fissavano il cielo.
Scorsi allora me stesso nel grigio corteo,
che lento si liquefaceva nella nebbia.
Alcune delle ultime poesie del volume Gedichte, incluse parti del ciclo Der Rückzug,
furono scritte immediatamente dopo la guerra ed in esse sono già presenti il tono e
l'atmosfera generale della cronaca Das Gesetz75.
Nell'ultima poesia del volume, Heimkehr76 (Ritorno a casa), è chiaramente evidente la
continuità dell'idillio del primo Huchel: attraverso la distruzione sino al senso di
riconquistata unità tra uomo e natura dopo la guerra. Nella prima strofa, l'io lirico ritorna
all'ambiente familiare:
Unter der schwindenden Sichel des Mondes
kehrte ich heim und sah das Dorf
im wäßrigen Dunst der Gräben und Wiesen.
Sotto la falce calante della luna
tornai a casa e scorsi il villaggio
nell'acquosa bruma di fossi e prati.
Soll ich wie Schatten zerrissener Mauern
hausen im Schutt, das Tote betrauern,
soll ich die schwarze Schote enthülsen,
die am Zaun der Sommer vergaß,
sammeln den Hafer rissig und falb,
den ein eisiger Regen zerfraß?
Fauliger Halm auf fauligem Felde niemand brachte die Ernte ein.
Nessel wuchert, Schierling und Melde,
Hungerblume umklammert den Stein.
Devo, qual ombra di mura dilaniate,
Aber am Morgen,
es dämmerte kalt,
als noch der Reif
die Quelle des Lichts überfror,
Ma al mattino,
fredda era l'alba,
quando la brina ancor
velava ghiaccia la fonte della luce,
75
76
dimorare tra macerie, pianger quel ch'è defunto,
devo sgranare il nero baccello
che l'estate scordò sul recinto,
raccogliere l'avena spaccata e falba,
che una gelida pioggia corrose ?
Putrido stelo su un putrido campo nessuno recò il raccolto ai granai.
Ortica lussureggia, cicuta e atreplice,
draba s'avvinghia alla pietra.
Prima pubblicazione su "Sinn und Form" 2 (1950), nr. 4, pag. 127-136; G.W. I, pag. 283.
Op. cit.
30
kam eine Frau aus wendischem Wald.
Suchend das Vieh, das dürre,
das sich im Dickicht verlor,
ging sie den rissigen Pfad.
Sah sie schon Schwalbe und Saat?
Hämmernd schlug sie den Rost vom Pflug.
giunse una donna dal bosco vendo.
Cercando lo scarno armento,
smarritosi nel folto,
incedeva per il sentiero sgretolato.
Vide già rondine e semenza ?
Martellando staccò la ruggine dall'aratro.
Da war es die Mutter der Frühe,
unter dem alten Himmel
die Mutter der Völker.
Sie ging durch Nebel und Wind.
Pflügend den steinigen Acker,
trieb sie das schwarzgefleckte
sichelhörnige Rind.
Era dunque la madre dell'alba,
sotto l'antico cielo
la madre dei popoli.
Avanzava tra nebbia e vento.
Dissodando il sassoso campo,
menava il bue pezzato di nero,
dalle corna a falce.
Le mura del villaggio sono cadenti e non c'è stato raccolto. Ma nel gelido mattino iniziano
ad apparire nuovi segni di vita allorché una figura femminile emerge dall'oscurità della
foresta per riprendere ad arare. Sa che ci sarà un raccolto e, avvolta in un alone mitico,
la donna viene vista come la madre del mattino nascente, la madre dei popoli.
Heimkehr è importante per lo studio dell'evoluzione di Huchel, in quanto anticipa quello
che sarà l'oggetto dei suoi interessi poetici negli anni Cinquanta. Dimostra che all'epoca
della riforma agraria del 1945 in quella che era allora la zona di occupazione sovietica, e
persino prima della collettivizzazione generale del 1952, il poeta nutriva sincere speranze
che si instaurasse una vera giustizia sociale nelle aree rurali della sua patria. Il ciclo Das
Gesetz è la conferma della sua antica simpatia per le classi non privilegiate che
popolavano la sua terra natìa.
Dunque riassumendo, l'esperienza del nazionalsocialismo e della guerra infrangono nel
poeta l'immagine di una natura nella quale è concepibile qualsiasi armonia. Le
convenzioni letterarie non possono più venire rispettate per esprimere il senso di orrore e
caos che penetra il suo mondo, e anche il senso di sicurezza offerto dalla regolarità
sintattica vacilla. Perciò, mentre Heimkehr e O Nacht der Trauer, Nacht April77 preludono
alla breve stagione di ottimismo dei primi anni Cinquanta, la poesia Am Bahndamm
preannuncia già stile e tono della gran parte di poesie della raccolta Chausseen
Chausseen. Ed è nel perdurante senso di pessimismo ed incertezza e nella tecnica
poetica che gradatamente frammenta il verso sino ad un solo elemento, carico di valenze
77
Dal ciclo Der Rückzug; in Gedichte; G.W. I, pag. 106.
31
simboliche, che Huchel continuò ad identificarsi sino all'ultima poesia da lui composta
prima della morte, dissociandosi coscientemente dai toni apologetici e dalle immagini di
speranza delle liriche del primo dopoguerra, oggetto del capitolo che segue.
32
1945-1953: L'OTTIMISMO POSTBELLICO: Das Gesetz
Il 3 settembre 1945 in Sassonia venne diffuso un piano di radicale riforma agraria.
L'annuncio, che in breve riecheggiò anche nelle altre provincie ad occupazione sovietica,
iniziava:
"Die demokratische Bodenreform ist eine unaufschiebbare nationale, wirtschaftliche und
soziale Notwendigkeit. Die Bodenreform muß die Liquidierung des feudaljunkerlichen
Großgrundbesitzes gewährleisten und der Herrschaft der Junker und Großgrundbesitzer
im Dorfe ein Ende bereiten, weil diese Herrschaft immer eine Bastion der Reaktion und
des Faschismus in unserem Lande darstellte und eine der Hauptquellen der Aggression
und der Eroberungskriege gegen andere Völker war. Durch die Bodenreform soll der
jahrhundertealte Traum der landlosen und landarmen Bauern von der Übergabe des
Großgrundbesitzes in ihre Hände erfüllt werden." 78
La riforma agraria - che fu presto seguita da analoghe misure nel settore industriale implicava l'esproprio senza indennizzo di tutte le proprietà di più di 250 acri, così come
delle terre di proprietà di ex ufficiali ed organizzazioni nazionalsocialiste.
Fattorie di
meno di 12,5 acri furono ampliate e la terra espropriata venne parcellizzata e data a
contadini senza terra, rifugiati, lavoratori agricoli e piccoli proprietari. Mediante la
"Vereinigung der gegenseitigen Bauernhilfe-VdgB"79 i nuovi proprietari ricevevano ausilio
e consulenza da operai, sindacati, agricoltori esperti e consiglieri vari.
L'obiettivo di collettivizzare la produzione agricola non venne dichiarato però sino al
Secondo Congresso del Partito, nel 1952, quando venne annunciata la creazione di
cooperative, le cosiddette "landwirtschaftliche Produktionsgenossenschaften - LPG". Ciò
78
"La riforma agraria democratica è un'urgente necessità nazionale, economica e sociale. La riforma
agraria deve assicurare la liquidazione delle proprietà feudali degli Junker e porre fine alla dominazione
degli Junker e grandi proprietari terrieri nel paese, perché questa classe ha sempre rappresentato un
bastione reazionario e fascista nel nostro paese e fu una delle fonti principali di aggressione e guerre di
conquista contro altri popoli. Attraverso la riforma agraria il sogno secolare di contadini senza terra o con
poca terra sta per compiersi con il trasferimento nelle loro mani della grande proprietà terriera." ("VolksZeitung", 8 settembre 1945).
79 Unione di Mutua Assistenza degli Agricoltori.
33
che accadde nel periodo intercorrente tra la riforma agraria del 1945 e la
collettivizzazione del 1952 venne illustrato da fonti ufficiali della RDT come fase
indispensabile del processo di trasformazione sociale rivoluzionaria. Solo ridistribuendo
dapprima la terra tra le classi che un tempo ne erano prive poteva venire spianata la
strada alle cooperative agricole.
La "legge" che ispirò a Huchel le speranze del dopoguerra era appunto la riforma agraria
di quegli anni di transizione in cui venne distribuita la terra, prima della fondazione di
cooperative ufficialmente controllate. Huchel compose Das Gesetz nei primi anni
Cinquanta. E' chiaro che il suo entusiasmo andò solo alla prima fase della trasformazione
agraria:
"Das Gesetz ist das Leben selbst. (...) Mit dem Gesetz hebt der wahre Tag an. Aus der
Gruft einer verfaulten Epoche fährt es als lebendiges Wort. Es meint nichts anderes als
den Menschen. Es nimmt Gestalt an in dem Geknechteten, der frei wird, in den
Landlosen, die Hof und Heimat finden. Es sät, erntet und legt uns das Brot auf den Tisch.
Es ist der tragende Grund für alles, was geschieht, indem es den Traum von
Jahrhunderten wirklich macht."80
La sezione che, con toni da inno, conclude la sua cronaca, inizia:
O Gesetz,
mit dem Pflug in den Acker geschrieben,
mit dem Beil in die Bäume gekerbt !
Gesetz, das das Siegel der Herren zerbrochen,
zerrissen ihr Testament !
Oh legge,
scritta con l'aratro sul campo,
incisa con l'ascia negli alberi !
Legge che ha infranto il sigillo dei signori,
strappato il loro testamento!
Qui per la prima ed ultima volta nell'ambito della poetica hucheliana il tono è interamente
entusiastico, una lode alla vita ed alla natura a piena voce, senza le suggestioni
elegiache che in precedenza avevano pervaso i suoi versi. Le esclamazioni sono
probabilmente sincere, ma linguaggio ed immagini sono divenuti - ritiene Flores -
80
E. Zak, op.cit., pag. 56-57: "La legge è la vita stessa. (...) Con la legge inizia il vero giorno. Dalla tomba
di un'epoca corrotta ascende come parola viva. Non si riferisce ad altro che all'uomo. Prende la forma dello
schiavo che si affranca, dei senza terra che trovano la loro fattoria e la loro patria. La legge semina e
raccoglie con il seme, matura e mette il pane sulle nostre tavole. E' il fondamento che sostiene tutto ciò che
accade, realizzando il sogno di secoli."
34
convenzionali e ovvie. Espressioni come "Tore der Finsternis" sono clichés diffusi tra i
poeti della cerchia di Johannes R.Becher e dominavano ad esempio le poesie di Hermlin
e Fühmann degli stessi anni.
E' interessante notare che Huchel, in Das Gesetz, non descrive i positivi risultati della
riforma agraria, ma è piuttosto interessato allo spirito dell'esecuzione della
legge.
L'entusiasmo dell'io lirico non deriva da un senso di realizzazione, bensì dall'ottimistica
speranza in una gloriosa realtà a venire.
Un altro ciclo hucheliano composto nel periodo post-bellico, Bericht aus Malaya81, si
protende programmaticamente verso un futuro più luminoso. La "relazione", concepita
come dialogo drammatico per sei voci, narra della lotta del popolo malese contro la
dominazione
giapponese.
Un
giovane
soldato
malese
sfiduciato,
riacquista
simbolicamente certezze e slancio allorché l'artista Wei Dun impara dagli antichi maestri
come dipingere "immagini di speranza".
Secondo Flores82, Huchel qui giunge
esteticamente al suo punto più basso, in parte perché l'ambientazione asiatica gli è poco
familiare. Tuttavia la poesia Wei Dun und die alten Meister venne successivamente
inclusa in Chausseen Chausseen. In una scena, il giovane pittore studia il lavoro dei
maestri e vi scopre solo scene di orrore. Merita una citazione la strofa83:
O alte Meister, ich schabte den Tuschstein.
Ich wusch die Pinsel aus Ziegenhaar.
Doch als ich streifte im Rücken des Feindes,
Sah ich die unbewässerten Felder,
Das Schöpfrad zerschossen, im harten Geschirr
Starr hängen den Ochsen am Göpel,
Die Tempelhalle, ausgeplündert,
Wo auf dem Schutt lasierter Kacheln
Im weißen Mittag die Schlange schlief.
O maestri antichi, ho limato la pietra da inchiostro.
Ho lavato i pennelli di pelo di capra.
Ma quando ho viaggiato alle spalle del nemico,
ho visto i campi inariditi
la ruota del pozzo mitragliata, nei finimenti
rigido pendere il bue,
saccheggiato l'atrio del tempio
dove sui detriti di cotto smaltato
dormiva nel bianco meriggio il serpente.
Seguendo il contesto originale, a questa sezione seguiva Die Bilder der Hoffnung. Il
richiamo tematico di questo passaggio a Das Gesetz è evidente:
"Nicht male den Bauern Deng Ling-ban,
"Non ritrarre il contadino Deng Ling-ban,
81
Prima pubblicazione in Neue Deutsche Literatur 4 (1956), nr. 1, pag. 65-74; G.W. I, pag. 300.
Op.cit.
83 Rammento che, come già precedentemente sottolineato, la traduzione delle poesie tratte dalla raccolta
Chausseen Chausseen è quella effettuata da Ruth Leiser e Franco Fortini per l'edizione italiana (Strade
Strade; Mondadori, 1970).
82
35
Wie du ihn siehst, im Dunst der kalten Straße,
Wenn er von Hütte zu Hütte schleicht
Und wässrigen Reis erbetteln muß.
come lo vedi, nella foschìa della fredda via,
quando striscia da capanna a capanna
a mendicare riso acquoso.
Male Deng auf eigenem Acker,
Den er doch bald bestellen wird.
(...)
Ritrailo su un campo suo,
che presto coltiverà
(...)
La poesia Chronik des Dorfes Wendisch-Luch84, che doveva essere integrata in Das
Gesetz, illustra la relazione esistente tra le speranze del poeta nella riforma agraria e
l'idillio delle sue prime poesie. Linguaggio e scenario sono inequivocabilmente hucheliani,
ma tecniche ed intenti rispondono ai dettami del realismo socialista.
All'inizio della poesia un'anziana donna ritorna al villaggio dopo un giorno di duro lavoro
nei campi, all'indomani della riforma agraria: "Sie kann dem Licht des Dorfs vertrauen";
"Sie findet ihre Milch im Krug". Ma poiché l'io lirico ricorda le condizioni di un tempo
("Denkt sie an das, was längst versank? / An Brand und Qual und Hungerwochen?"),
l'ambiente circostante sembra ancora desolato ed ostile. La sezione mediana è un flashback sulla miseria dei tempi andati. Quella finale è un inno di lode alla natura ed alla
produttività dell'uomo e la figura della contadina viene a rappresentare tutti i "pionieri" che
hanno vinto lo sfruttamento.
La riforma agraria significava per Huchel l'istituzionalizzazione dell'armonia tra uomo e
natura nella realtà sociale. In seguito egli si dissociò completamente dalla Chronik des
Dorfes Wendisch-Luch e da parti dei cicli Das Gesetz e Bericht aus Malaya, importanti
però per seguire il percorso di Huchel nell'evoluzione dell'idillio uomo-natura.
La poesia di Huchel del primo decennio dopo la guerra non è tuttavia interamente
ottimistica. In Bericht aus Malaya il pittore Wei Dun deve osservare scene d'orrore
("Bilder des Schreckens"), prima di imparare le "immagini della speranza". E' significativo
che Huchel, di quel ciclo, abbia mantenuto solo la poesia Wei Dun und die alten Meister,
e del ciclo Das Gesetz solo quelle sezioni che concernono il periodo precedente la
riforma agraria.
84
Prima pubblicazione: "Sinn und Form" 3 (1951), nr. 4, pag.137-139 (G.W. I, pag. 293).
36
Lo stile della poesia Chausseen85, che originariamente costituiva le strofe VII-VIII-IX di
Das Gesetz è rappresentativa della "Trümmerlyrik" di Huchel; entrò successivamente a
far parte della raccolta Chausseen Chausseen :
Erwürgte Abendröte
Stürzender Zeit!
Chausseen. Chausseen.
Kreuzwege der Flucht.
Wagenspuren über den Acker.
Der mit den Augen
Erschlagener Pferde
Den brennenden Himmel sah.
Sera strangolata, precipizi
del tempo.
Strade, strade, incroci
della fuga. Solchi
di carri sulle distese
che con gli occhi di cavalli uccisi
fissavano il cielo in fiamme.
Nächte mit Lungen voll Rauch,
Mit hartem Atem der Fliehenden,
Wenn Schüsse
Auf die dämmerung schlugen.
Aus zerbrochenem Tor
Trat lautlos Asche und Wind,
Ein Feuer,
Das mürrisch das Dunkel kaute.
Notti di fumo nei bronchi,
di duro fiato di gente in fuga,
quando spari colpivano il tramonto.
Da una porta spezzata
zitti uscivano cenere e vento,
un fuoco
che imbronciato masticava l'oscurità.
Tote,
Über die Gleise geschleudert,
Den erstickten Schrei
Wie einen Stein am Gaumen.
Ein schwarzes
Summendes Tuch aus Fliegen
Schloß ihre Wunden.
Morti,
scagliati oltre i binari,
il grido soffocato
come un sasso alla gola.
Un panno nero
ronzante di mosche
chiudeva le ferite.86
Le immagini, potenti ed evocative, sono rese con versi coordinati asindeticamente,
frequentemente composti da due soli elementi grammaticali, ad esempio articolo e
sostantivo o aggettivo, aggettivo e sostantivo; la loro veloce sequenza ed il ritmo staccato
a due-tre battute esprime perfettamente le sensazioni di un io lirico troppo atterrito per
contemplare lo scenario terrificante. Ogni strofa è calcolata perfettamente, così come lo è
la progressione delle strofe, dal paesaggio da incubo agli uomini atterriti in fuga senza un
attimo di respiro, alle vittime abbandonate alle mosche. Non vi è consolazione, in questa
poesia, né tono sentimentale.
Le ansie di Huchel si rivolgono sempre più alla perdurante miseria di tutti gli uomini,
senza riguardo per le strutture sociali. Il suo tono diviene sobrio e melanconico. Dopo
85
Pubblicata per la prima volta con il titolo di Chausseen.Chausseen in "Jahrbuch der Freien Akademie der
Künste in Hamburg", 1960. (G.W. I, pag. 141).
86 Traduzione di F.Fortini in Strade strade, Milano 1970, pag. 124.
37
aver entusiasticamente declamato per breve tempo la visione luminosa di un'imminente
giustizia, l'io lirico si chiude nel buio.
Due versi tratti da Bericht des Pfarrers vom Untergang seiner Gemeinde87 - poesia
anch'essa inserita nel volume Chausseen Chausseen - esprimono in modo pregnante la
disillusione del poeta, ormai consapevole che le istituzioni sociali nelle quali aveva
riposto le proprie speranze non rappresentano più la "legge":
Hier war kein Gesetz. Es schrieb das Leid
Mit aschiger Schrift: Wer kann bestehn?
Non c'era più legge. Il dolore scriveva
a lettere di cenere: chi può resistere?88
87
Prima pubblicazione in "Sinn und Form" 4 (1952), nr. 3, pag. 60 e segg., con l'aggiunta "aus <Das
Gesetz>"; successivamente raccolta in Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 142).
88 Traduzione di F.Fortini in Strade strade, Milano 1970, pag. 128.
38
1953-1963: IL DISINCANTO: Winterpsalm
Dopo il secondo congresso di partito della SED nel 1952, che decretò la collettivizzazione
della produzione agricola, e in particolare dopo le sollevazioni di massa del giugno del
1953, Huchel abbandonò dunque l'atteggiamento di approvazione nei confronti della
politica intrapresa dalle autorità della RDT. In quel periodo aveva cessato di comporre
poesie ottimistiche, e le ultime poesie scritte come parte integrante del ciclo Das Gesetz
(Dezember 194289 e Winterquartier90) trattano della guerra e dello stato di generale
mancanza di legalità, riallacciandosi perciò tematicamente e stilisticamente al ciclo Der
Rückzug.
Un profondo senso di rassegnazione ed isolamento domina le liriche del decennio 195363. Così si espresse retrospettivamente il poeta, in occasione del conferimento del premio
letterario "Europalia '77":
"Die Idylle war durchlöchert, ich sah die grausame Seite der Natur, das Fressen und
Gefressenwerden, die Welt der Knechte, Mägde, Holzfäller, polnischer Schnitter und
Zigeuner ..."91
La poesia hucheliana del disincanto è permeata di amare riflessioni, con la tendenza
sempre più marcata all'allusione, al linguaggio cifrato; dominano le immagini di un
paesaggio ghiacciato e statico. Proprio mentre si potevano udire i primi proclami di un
generale "disgelo", il poeta fu attratto dalle forme irrigidite92. Negli anni di "coesistenza
pacifica" e "dialogo critico" le sue trepidazioni si volsero alle possibilità di ulteriore
esistenza ed al problema della comunicazione tra gli individui. L'espressione poetica 89
Prima pubblicazione, con il titolo Chronik: Dezember 1942, in "Sinn und Form" 7 (1955), pag. 212. Il testo
reca l'aggiunta "da <Das Gesetz>", ma né nella versione poetica, né in quella radiofonica di Das Gesetz vi
è sua traccia.Successivamente pubblicata nella raccolta Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 144).
90 Prima pubblicazione in "Sinn und Form" 14 (1962), pag. 263, con l'aggiunta "da <Das Gesetz>", ma né
nella versione poetica, né in quella radiofonica di Das Gesetz vi è sua traccia. Successivamente pubblicata
nella raccolta Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 146).
91 "Attraverso la trama ormai logora dell'idillio vidi il lato crudele della natura, il divorare e venir divorato, il
mondo dei servi, delle serve, dei taglialegna, dei mietitori polacchi e degli zingari... " (G.W., II, 330).
92 Cfr. A. Vieregg, nota n. 11.
39
egli sentiva -
è gravemente minacciata dalla prolungata disumanità delle condizioni
sociali.
Ma quale forma assumono, ora, le liriche hucheliane? Di quali mezzi stilistici si avvale il
poeta per esprimere il proprio disagio esistenziale, il pessimismo delle sue visioni?
Innanzi tutto - come rileva Ingo Seidler93 - la raccolta Chausseen Chausseen, che
raccoglie le liriche composte in quegli anni e che venne pubblicata nella RFT94 nel 1963,
successivamente all'abbandono di "Sinn und Form", posa su un "basso continuo"
elegiaco. "Schatten", "Tote", "Herbst", "Winter", "Starre", "Stille", "Nebel", "Felsen" e
"Schnee" sono le parole-chiave delle liriche contenute in quella raccolta e nelle
successive. Il verso viene determinato dalla metafora, a scapito - sostiene Seidler - del
metro, della sintassi e spesso anche della comprensibilità. Predominano ritmi liberi che
frequentemente assumono la forma dell'elegiaco adonio, su cui si fondano ritmicamente
poesie come Winterpsalm: "Kälte des Himmels", "Stieß sich am Trugbild", "Alles
Verscharrte", "soll ich es heben", "zeigen dem Richter", "Kehle des Schilfrohrs", ecc.
Walter Jens95 rileva che, nella lirica hucheliana a partire da Chausseen Chausseen, si
evidenzia la tendenza alla concisione e condensazione, alla ricerca di formule che
fungano da cifra per complicati stati di cose. Confrontando, di varie poesie, la prima
redazione con quella definitiva, Jens osserva come a questo intento rispondano
soprattutto le eliminazioni di aggettivi. Ad esempio in una prima redazione di Das
Zeichen96 compare il verso:
"Im Schweigen des Schnees, / schlief [lauernd] blind / Das Kreuzotterndickicht";
l'aggettivo "lauernd" scompare nella versione definitiva.
Vengono inoltre tralasciati:
- gli elementi che veicolano maggiore informazione: "Es stand im Herdbuch, [in ihrem
Kalender];
93
Op. cit.
Presso la S.Fischer Verlag di Frankfurt a.M.
95 W.Jens: Wo die Dunkelheit endet; in Über Peter Huchel, Frankfurt a.M., 1973; pag. 22 e segg.
96 La versione definitiva è riportata a pag. 49; in parentesi quadra sono riportati i vocaboli omessi nella
redazione definitiva.
94
40
- le forme verbali finite: "Über den Bergen / die Marmorbrüche weißer Wolken, / vom Wind
behauen" in luogo di "Er blickt zum Himmel / und sieht die Marmorbrüche schimmernder
Wolken"97;
- soprattutto la congiunzione "wie" nelle similitudini, a favore di un'identificazione più
stretta: "nackt und blutig lag die Erde, (wie) der Leib des Herrn"98; "Und Nebel floß, / (wie)
Weiße Schafsmilch, / Über den Rand des Dachs."99
Mutazioni avvengono anche a livello sintattico: "Der Pflugbaum aus flimmernden Sternen"
in luogo del "pretenzioso" (così Jens) "der flimmernde Pflugbaum der Sterne"100
Non meraviglia, prosegue Jens, che la volontà di ricerca della formula, della sintesi e
della condensazione produca l'espunzione di elementi puramente narrativi ed epici da un
contesto lirico, sino al limite della comprensibilità del testo.
Due esempi tratti dalla poesia Hinter den weißen Netzen des Mittags, che descrive il
naufragio di Ulisse sulla terra dei Feaci e l'incontro con Nausica, meglio illustrano i
processi in questione. In primo luogo, il verso "Als ich erwachte, lag ich am Strand", che
compare nella prima redazione - viene sostituito, nella versione definitiva, da "Zwischen
Himmel und Klippe die Drift der schreienden Vögel. Ich lag am Strand". Qui l'io lirico
diviene consapevole della propria posizione in funzione dell'orientamento fornitogli dagli
elementi che compaiono nella prima parte del verso, prima della cesura costituita dal
punto fermo. Non si pone quindi in primo piano come nella redazione precedente, ove
risvegliandosi capisce senza esitazioni di trovarsi sulla spiaggia. Il verso definitivo riduce,
per così dire, l'io lirico a riflesso delle cose che lo attorniano.
Diversamente nel secondo caso: "Die Sterne verlöschen. / [Rief aus den zögernden
Schatten dein Fuß]. / Nicht zähle die Jahre, zähle die Stunden. / Du schrittest unter
Felsen den Weg.". Qui - rileva Jens - con l'omissione del verso in parentesi, non è più
determinabile a chi venga rivolto l'imperativo ed il carattere dialogico della strofa può solo
più venire intuito.
97
In Monterosso (G.W. I, pag. 117).
In Bericht des Pfarrers vom Untergang seiner Gemeinde (G.W. I, pag. 142).
99 In Momtschil (G.W. I, pag. 126).
100 In Südliche Insel (G.W. I, pag. 120).
98
41
Seidler ha constatato che, nella lirica hucheliana, l'impiego della rima passa da una
frequenza pari al 100 % circa nella raccolta Gedichte, a meno del 25 % in Chausseen
Chausseen. E mentre la densità del linguaggio metaforico aumenta costantemente,
diminuiscono le similitudini esplicite, introdotte dalle congiunzioni "als ob" e "wie". L'uso
del pronome "ich", e quindi la sua prospettiva, si riscontra in almeno la metà delle liriche
precedenti, ma in meno di un terzo di quelle della raccolta Chausseen Chausseen. In
queste, invece, si moltiplica l'impiego del "du": un "io" scisso intreccia dialoghi con se
stesso.
Diminuisce
il
numero
dei
neologismi.
Vocaboli
come
"mondhörnig",
"nebelsaugender Strauch", "distelsausende Nacht" o "Schattenwind", "Schwalbenjahr"
divengono sempre più rari. Aumenta invece la cosiddetta "Genitivmetapher", che Hans
Egon Holthusen sprezzantemente definisce "Kleingeld aus der surrealistischen
Ladenkasse"101. Ma - sostiene Seidler - osservazioni così sprezzanti non tengono conto
del fatto che questo tipo di metafora, che pone in connessione campi semantici molto
distanti tra loro, rappresenta una sorta di modello in miniatura di tutta l'attività artistica.
"Hürde des Nebels", "des Windes Webstuhl", "der trauer Hunde", "Schutt der Nacht",
"Rost des Sommers", sono solo alcuni esempi di impiego della "Genitivmetapher" in
raccolte precedenti a Chausseen Chausseen. Inoltre - rileva ancora Seidler - la
"Genitivmetapher" ricorre frequentemente anche nella lirica di altri poeti (Paul Celan e
Nelly Sachs, ad esempio). Per concludere - osserva Seidler - "dovrebbe essere chiaro
che non si possono confutare criticamente metafore isolate, perché tali organi strutturali
dispiegano le loro vere forze non in una condizione di "amputazione", ossia sotto
"anestesia locale", bensì solo laddove possono agire entro una forma plastica."102
Come rileva Flores,103 la prima poesia con cui Huchel espresse la sua rassegnazione,
Widmung104, venne dedicata al suo autore favorito, il filosofo marxista Ernst Bloch, per il
suo settantesimo compleanno.
101
"Spiccioli della cassa della bottega del surrealismo".
I. Seidler, op.cit. - pag. 77: "Und schließlich sollte es offensichtlich sein, daß isolierte Metaphern
überhaupt nicht kritisch "widerlegt" werden können, weil solche Strukturorgane ihre wahren Kräfte nicht im
Zustand der Amputation, also unter Lokalanästhesie, entfalten, sondern nur dort, wo sie innerhalb einer
geprägten Gestalt zu wirken vermögen."
103 Op. cit.
104 Prima pubblicazione: "Sinn und Form" 7 (1955); pag. 414; (G.W. I, pag. 134). Traduzione di F.Fortini in
Strade Strade, pag. 98-99.
102
42
Herbst und die dämmernden Sonnen im Nebel
Und Nachts am Himmel ein Feuerbild.
Es stürzt und weht. Du mußt es bewahren.
Am Hohlweg wechselt schneller das Wild.
Und wie ein Hall aus fernen Jahren
Dröhnt über Wälder weit ein Schuß.
Es schweifen wieder die Unsichtbaren
Und Laub und Wolken treibt der Fluß.
Autunno e soli che in nebbia tramontano
e a notte in cielo un segno di fuoco.
S'abbatte e va. Tu serbalo.
Dentro la viottola è sempre più rapida
la vece dei selvatici.
E come una eco d'anni lontani
rintrona sui boschi un colpo di fucile.
Ritornano a vagare gli invisibili
e fronde e nubi il fiume muove.
Il cacciatore ora strascica la preda,
rigidi i palchi come pino ramosi.
Cerca altre orme assorto.
Va zitto per la viottola
dove salì fumo d'oro dall'albero.
E ore spirano, savie di vento d'autunno,
pensieri come viaggi d'uccelli
e più d'una parola si muta in pane e sale.
Egli presente quel che la notte ancora tace
quando nella grande deriva del tutto
lenta la costellazione d'inverno sale.
Der Jäger schleppt nun heim die Beute,
Das kiefernästig starrend Geweih.
Der Sinnende sucht andre Spur.
Er geht am Hohlweg still vorbei,
Wo goldner Rauch vom Baume fuhr.
Und Stunden wehn, vom Herbswind weise,
Gedanken wie der Vögel Reise,
Und manches Wort wird Brot und Salz.
Er ahnt, was noch die Nacht verschweigt,
Wenn in der großen Drift des Alls
Des Winters Sternbild langsam steigt.
43
Seguiva la poesia un saggio di Hans Heinz Holz, Der Philosoph Ernst Bloch und sein
Werk "Das Prinzip Hoffnung". Molti dei punti ivi discussi, particolarmente la natura e
funzione di simboli ed immagini, sembrano rilevanti ai fini di una considerazione della
poetica hucheliana. In Widmung il verso "Der Sinnende sucht andre Spur" rimanda al
titolo dell'opera di Bloch Spuren105 - ovvero al metodo del filosofo di cercare "tracce" del
futuro nel passato e nel presente. Bloch distingue tra l'anziano della borghese società
capitalista, che s'affanna per ottenere acquisizioni materiali e soddisfazione ("Wein und
Beutel"), ed il socialista, che raggiunge l'età anziana
con un senso di realizzazione
spirituale e tranquillità riflessiva.
Del primo si può trovare riflesso nella figura del cacciatore e della sua preda cui si fa
menzione in Widmung, del secondo nell'uomo riflessivo ("der Sinnende"), i cui interessi
vanno in altre direzioni. Ci sono quindi alcuni elementi nella filosofia della speranza di
Bloch ai quali il poeta pare alludere, dedicando diciotto versi all'anziano pensatore.
Ancora più rilevanti, tuttavia, sono alcuni fatti politici. Nel 1955 Bloch, membro della SED,
non incontrava più i favori del partito. Il filosofo aveva iniziato a percepire che nella RDT
la "corrente fredda" del marxismo bloccava la "corrente calda". Divenne conscio del fatto
che la speranza deve includere in se' la possibilità della delusione. Non elaborò questo
pensiero mentre era ancora nella RDT, ma trasferitosi nella RFT, nella sua prima lezione
all'università di Tübingen nel 1961 trattò l'argomento "Kann die Hoffnung enttäuscht
werden?"106
Pur non rinunciando al suo ideale di umanesimo socialista, Bloch descrive con maggior
precisione di prima l'incertezza e la delusione, latente persino nella più ferma speranza.
La speranza resta come parametro della realizzazione, più o meno avvenuta, della
costante tensione umanista verso l'ideale di libertà, e per via della sua qualità
trascendente, può meglio determinare come alcuni sogni possano fatalmente venire
trasformati in incubi. Al termine del suo discorso Bloch attinge a ciò che è quasi un
dualismo manicheista, incorporando nel suo pensiero l'assoluta negazione quale entità
separata:
105
106
1930 (2ª edizione ampliata 1959).
"La speranza può venire delusa?".
44
"Nichts ist menschlicher als zu überschreiten, was ist. Daß Blütenträume fast selten
reiften, ist lang bekannt. Die geprüfte Hoffnung weiß das besser als irgendwer; auch
darin ist sie ja keine Zuversicht. Sie weiß vor allem auch, sozusagen per definitionem
ihrer, daß nicht nur, wo Gefahr, auch das Rettende, sondern wo das Rettende, auch
Gefahr wächst.
Sie weiß, daß das Vereitelnde als Funktion des Nichts in der Welt
umgeht, daß auch ein Umsonst in der objektiv-realen Möglichkeit latent ist, die Heil wie
Unheil unausgemacht in sich trägt"107.
L'immagine che deve venire conservata ("Du mußt es bewahren") nella poesia dedicata a
Bloch è il "regno della libertà", quell'obiettivo non estirpabile dall'ideale dell'umanesimo
socialista. Tuttavia l'ideale si scontra con la dura realtà della situazione politica e sociale
della RDT, ove ormai l'esistenza si svolge seguendo schemi "normati", irrigidendosi in
forme e rituali inderogabili imposti dalle autorità, all'interno di gruppi tra i quali non pare
possibile comunicare.
L'interesse di Huchel si volge sempre più all'ambiguità del linguaggio. Lo scetticismo che
egli aveva manifestato durante il periodo bellico sulla validità dei suoni (della natura, del
linguaggio umano) in quanto veicolo di comunicazione, scetticismo che - come
precedentemente rilevato - egli aveva espresso in liriche ove domina il silenzio,
s'intensifica di pari passo con la constatazione che le proprie speranze di un vero
rinnovamento politico e sociale sono state deluse.
In trame poetiche di grande intensità e complessità, divengono predominanti visioni di
irrevocabile perdita. La natura comunica ancora con l'uomo, ma attraverso segni desolati
e paradossali, che rispecchiano la frustrazione dell'uomo stesso.
107
"Nulla è più umano che trascendere le condizioni esistenti. Che sogni in fiore raramente abbiano dato
frutti è noto da lungo tempo. La speranza messa alla prova lo sa meglio di chiunque altro. Anche a tale
riguardo essa non costituisce certezza. Soprattutto - per sua stessa definizione - sa non solo che ove cresce
il pericolo c'è salvezza, ma anche che ove cresce la salvezza, cresce pure il pericolo. La speranza sa che
l'elemento vanificante vaga come funzione del nulla nel mondo, che la frustrazione è latente nella
possibilità oggettivamente reale che reca in se' indefiniti sia la salvezza che il disastro." - E.Bloch, Auswahl
aus seinen Schriften, ed. Hans Heinz Holz, Frankfurt a.M. 1967, pag. 181.
45
La concezione del linguaggio di Huchel s'impernia attorno a tre elementi-cardine, che
nella sua poesia matura appaiono in varie combinazioni
ma restano relativamente
costanti in funzione e significato: "Schweigen", "Schrift" e "Zeichen". Essi rivelano diversi
aspetti di un paradosso di fondo: la comunicazione è contemporaneamente inutile e
necessaria, è soggetta a equivoci ed al contempo esige un'interpretazione. Il motivo dello
"Schweigen" (silenzio) diviene cifra dell'incapacità o del rifiuto di comunicare qualcosa
che dovrebbe venire affermato. Le immagini di "Schrift" (scritta, scrittura) e "Zeichen"
(segno,
segnale),
talvolta
usate
intercambiabilmente,
sottintendono
la
funzione
comunicativa. Designando sia la parola scritta sia il linguaggio, spesso enigmatico, della
natura, "Schrift" e "Zeichen" posseggono, come significanti permanenti e concreti,
potenziale più duraturo per stabilire nessi comunicativi tra l'uomo, la natura e i posteri.
La poesia che forse meglio illustra la concezione hucheliana del linguaggio è
Das
Zeichen108, che apre la raccolta Chausseen Chausseen determinando il tono di tutto il
volume, le cui poesie - come già accennato - vennero composte per la maggior parte nel
decennio 1953-63.
I concreti dettagli con cui Huchel tratteggiava i suoi primi paesaggi naturali sono divenuti
cifre di idee e relazioni complesse; cifre che, impiegate in differenti combinazioni,
comunicano e creano ambiguità, domandano e resistono alle interpretazioni. Come
commenta Werner Brettschneider109:
"Das Fragende und Schwebende in Huchel's
Sprach-Zeichen ist kein Ausweichen und keine Undeutlichkeit der Sprache; vielmehr der
sprachliche Ausdruck eines tiefen Zweifels, durch Sprache die Welt erhellen zu können."
In Das Zeichen Huchel impiega e padroneggia una gran varietà di forme e toni: innico,
colloquiale, narrativo, epigrammatico, elegiaco e descrittivo. In molte delle poesie migliori
queste forme sono amalgamate. L'io lirico passa da uno stato d'animo all'altro, da
un'atmosfera all'altra110:
1. Baumkahler Hügel,
Collina spoglia di alberi,
108
G.W. I, pag. 113.
"La componente interrogativa ed esitante nei segni linguistici di Huchel non significa evasività o
vaghezza del linguaggio. E' piuttosto l'espressione linguistica di un profondo dubbio, quello di poter
illuminare il mondo mediante il linguaggio." - (W.Brettschneider: Zwischen literarischer Autonomie und
Staatsdienst. Die Literatur in der DDR - Berlin, 1972, pag. 192).
110 Traduzione di F.Fortini in op. cit., pag. 22 e segg.
109
46
2. Noch einmal flog
3. Am Abend die Wildentenkette
4. Durch wäßrige Herbstluft
volò ancora una volta
la catena d'anatre a sera
nell'aria molle d'autunno.
1.
2.
3.
4.
Era il segno?
Di pallide lance
trapassava il lago
la nebbia inquieta.
War es das Zeichen?
Mit falben Lanzen
Durchbohrte der See
Den ruhlosen Nebel.
1. Ich ging durchs Dorf
2. Und sah das Gewohnte.
3. Der Schäfer hielt den Widder
4. Gefesselt zwischen den Knien.
5. Er schnitt die Klaue,
6. Er teerte die Stoppelhinke.
7. Und Frauen zählten die Kannen,
8. Das Tagesgemelk.
9. Nichts war zu deuten.
10. Es stand im Herdbuch.
Attraversavo il borgo
e vedevo le cose di sempre.
Il pecoraio teneva il montone
impastoiato fra le ginocchia.
Mozzava lo zoccolo,
Incatramava il taglio
e le donne contavano i bidoni,
la mungitura della giornata.
Nulla c'era da interpretare.
Era scritto nel libro del gregge.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Solo i morti svaniti al tocco
della campana, al crescere dell'edera
vedono
ghiaccia l'ombra della terra
filare sulla luna.
Sanno che sarà questo a rimanere
dopo tutto quel che alita
in aria e in acqua.
Nur die Toten,
Entrückt dem stündlichen Hall
Der Glocke, dem Wachsen des Epheus,
Sie sehen
Den eisigen Schatten der Erde
Gleiten über den Mond.
Sie wissen, dieses wird bleiben.
Nach allem, was atmet
In Luft und Wasser.
47
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Wer schrieb
Die warnende Schrift,
Kaum zu entziffern?
Ich fand sie am Pfahl,
Dicht hinter dem See,
War es das Zeichen?
Chi ha scritto
la scritta ammonitrice
che si decifra appena?
L'ho trovata sul palo
subito dietro il lago.
Era il segno?
1.
2.
3.
4.
Erstarrt
Im Schweigen des Schnees,
Schlief blind
Das Kreuzotterndickicht.
Stecchito
nel silenzio della neve
dormiva cieco
il roveto delle vipere.
La poesia, di cui riporto l'interpretazione di Flores111, inizia con l'evocazione di una scena
autunnale, resa in una breve sequenza di immagini (I, versi 1-4). La strofa pare
presentare una specifica condizione della natura, l'io lirico la riflette senza interferire
personalmente, entrando in scena con l'avverbio "Noch einmal", che nella descrizione
strettamente spaziale, quasi statica, conferisce al tempo la dimensione di un'esperienza
personale. Pare che l'io lirico non sia certo che la scena osservata abbia un significato
("War es das Zeichen?"). Dopo la domanda, si rivolge nuovamente ad un'immagine, come
per accertarsi di quella precedente rinnovando la ricerca del suo significato (II, versi 2-4).
Data la posizione della domanda, il segno in questione ("das Zeichen") potrebbe riferirsi
ad entrambe le descrizioni: quella della prima strofa e quella della seconda. Ma quale
potrebbe essere il nesso tra uno stormo di uccelli che volano sulla collina e un lago che
trafigge la nebbia con "pallide lance"? La risposta è da ricercarsi nella preposizione
"durch" e nella qualità metallica delle metafore "Wildentenkette" (I, 3) e "mit falben
Lanzen" (II, 2). In entrambi i casi l'atmosfera è trafitta da un qualcosa di metallico. La
domanda "War es das Zeichen" comunque resta, per essere riproposta verso la fine
della poesia.
Nella terza strofa l'atmosfera muta. L'io lirico esordisce descrivendo uno scenario rurale
(III, 1-2); tutti sanno cosa stanno facendo, senza confusione od esitazione: è la routine
quotidiana della vita terrena. La strofa termina con due versi in cui il tono diviene da
narrativo a gnomico (III, 9-10). Non vi sono "segni", in questa routine. Nella sua armonia
non v'è nulla da interpretare.
111
J.Flores, op. cit.
48
La quarta strofa introduce una più profonda considerazione e il tono diviene dapprima
innico, e poi salmodico.
Peculiarità dei defunti è il loro trascendere i limiti temporali e le monotone categorie
dettate dall'attività terrena, dal "Gewohnte" (III, 2). Essendo "entrückt ... dem Wachsen
des Epheus" (IV, 2-3), si pongono al di fuori dei processi naturali. Hanno comunque
visione certa e conoscenza di ciò che resta. Il riferimento a "dieses" (IV, 7), l'oggetto delle
loro speciali conoscenze e visioni, non è del tutto chiaro - intenzionalmente, pensa
Flores. La citazione tratta da Agostino, che funge da epigrafe a Chausseen Chausseen e
che compare quindi nella pagina che precede Das Zeichen, dev'essere presa in
considerazione:
"...im großen Hof meines Gedächtnisses. Daselbst sind mir Himmel,
Erde und Meer gegenwärtig".112 Anche il ricordo umano, o coscienza poetica, abbraccia
tutto il cosmo e trascende cicli di temporalità e processi naturali. Sembra esservi una
potenziale identificazione tra la coscienza dei defunti e la funzione dei poeti. In questo
senso la poesia Das Zeichen definisce la tonalità principale della raccolta poetica.
La quinta strofa termina con la ripetizione della domanda "War es das Zeichen?" e inizia
con una domanda circa il misterioso segno (V, 1-3). L'io lirico sa solo dove l'ha rinvenuto,
allorché nel quarto e quinto verso riferisce: "Ich fand sie am Pfahl, / Dicht hinter dem
See".
Nell'ultima strofa si ripresenta l'immagine di una natura gelata (VI, 1-4) Per comprendere
questo complesso di associazioni può essere d'ausilio la strofa finale di un'altra poesia di
Huchel, Thrakien113:
112
"...nella reggia immensa della mia memoria. Ivi il cielo e la terra e il mare sono a mia disposizione..."
(traduzione di F.Fortini).
113 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 116); traduzione di F.Fortini in op.cit., pag. 32.
49
Ein Messer
Häutet den Nebel,
Den Widder der Berge.
Jenseits des Flusses
Leben die Toten.
Das Wort
Ist die Fähre.
Un coltello
scuoia la nebbia,
ariete dei monti.
Oltre il fiume
vivono i morti.
La parola
è il traghetto
La traccia viene qui offerta dall'altra sponda del fiume, ove "vivono i morti". Il fatto che la
parola traghetti l'io lirico ai morti (o viceversa) implica che l'espressione poetica viene
ispirata dal regno dei morti. Nello stesso passaggio di Thrakien ricorre l'immagine di una
sostanza metallica che penetra l'atmosfera: "Ein Messer / Häutet den Nebel". Quindi, sia
Das Zeichen che Thrakien suggeriscono una relazione tra questo particolare "segno" e la
situazione della "parola", la "scritta" tra i defunti. Il gelido muto paesaggio finale di Das
Zeichen e il roveto delle vipere addormentato costituiscono una variante più intensa delle
scene con cui inizia la poesia. La natura in se' è morta ("Kreuz" in "Kreuzotterndickicht"
può essere significativo in tal senso), silenziosa, cieca, gelida.
La poesia, ovvero la
"warnende Schrift", ancor vive nella natura, in comunanza con i defunti,
traendo
espressione dal silenzio della natura e dalle visioni della sua cecità e annunciando
pericolo a tutti coloro che vi si accostano.
Questa concezione della poesia e della natura, drasticamente alterata rispetto all'idillio
dei suoi esordi poetici, sono alla base del profondo senso di malinconia e rassegnazione
che domina i versi di Huchel a partire dai tardi anni Cinquanta.
Der Garten des Theophrast, Verona, Traum im Tellereisen, Winterpsalm, Hinter den
weißen Netzen des Mittags e Soldatenfriedhof114, raccolte in quel volume, erano
comparse nell'ultimo numero della rivista "Sinn und Form" diretta da Huchel;
rappresentano il suo addio alla vita letteraria nella RDT e l'affermazione della sua
"Gegenposition" a ciò che veniva definito "costruzione del socialismo".
Come Franz
Schonauer ha rilevato nel suo saggio Peter Huchels Gegenposition115, quelle poesie non
sono espressione di una diretta opposizione o protesta politica. Huchel non divenne
improvvisamente un arcinemico del socialismo. Sono piuttosto il risultato di un'evoluzione
114
115
In Chausseen Chausseen (G.W. I, rispettivamente pagg. 155, 117, 155, 152, 122, 147).
In: "Akzente" 12, 1965, pag. 404-14.
50
poetica, riflettono quella perdita di fiducia in una natura armoniosa che si era già
delineata nelle poesie del periodo bellico e che le crescenti pressioni politiche non
potevano che intensificare. Costituiscono un totale rifiuto dell'istanza d'impronta socialista
secondo cui la poesia deve adempiere a un chiaro compito sociale, e si contrappongono
all'ottimismo dei primi anni Cinquanta.
Data l'importanza che il periodico "Sinn und Form" aveva assunto nella vita culturale della
RDT e soprattutto considerato il significato che il licenziamento assume nella biografia di
Huchel - in quanto rappresenta la fine della sua attività di intellettuale "ufficiale" e l'inizio
del lungo periodo di isolamento ed "esilio interiore" che trascorse agli arresti domiciliari a
Wilhelmshorst; inoltre precede e determina la pubblicazione in Occidente della raccolta
Chausseen Chausseen - ritengo opportuno aprire qui una parentesi che meglio illustri gli
avvenimenti, che esporrò riportando le personali considerazioni del poeta.
"Im Sommer 1948... wurde ich als Chefredakteur der Zeitschrift "Sinn und Form" von
Johannes
R.
Becher
mit
der
Aufgabe
betraut,
dieser
Zeitschrift
"eine
hohe
wissenschaftliche und literarische Qualität zu sichern und sie als führendes literarisches
Organ auf dem Gebiet der Literaturkritik zu gestalten". Ob ich diesen Auftrag im Sinne der
hiesigen literarischen Prominenz erfüllte, ist kaum anzunehmen. Schon die ersten
Jahrgänge, die Essays von Benjamin, Adorno, Horkheimer, Lukács, Herbert Marcuse,
Bloch, Farner, Werner Krauss, Hans Mayer, Ernst Fischer enthielten, erregten Mißtrauen.
(...) Doch die Anerkennung der internationalen Presse, die "Sinn und Form" mit
Aufmerksamkeit verfolgte, bot mir - zumindest in den ersten Jahren - einen gewissen
Schutz.
Nach fünfjähriger redaktionellen Tätigkeit delegierte man mich im Mai 1953 nach Moskau,
um während meiner Abwesenheit F.C.Weiskopf als Chefredakteur einzusetzen. Auf
Betreiben maßgeblicher Kulturfunktionäre wurde zudem ein Text verfaßt, in dem ich mich
schwerer ideologischer Verfehlungen beschuldigte. Der Text, in Ich-Form geschrieben und
mit meinem Namen unterzeichnet, sollte in der nächsten Nummer von "Sinn und Form"
51
erscheinen. Brecht, der von diesen Manipulationen hörte, erhob Einspruch und erwirkte,
daß es nicht zu einer Umbesetzung der Redaktion kam. Nach meiner Rückkehr aus
Moskau sagte ich zu Brecht, ich wolle die Chefredaktion dennoch niederlegen und mich
anderen Aufgaben - auf Grund bestimmter Angebote aus dem Ausland - zuwenden. Aber
Brecht bestimmte mich, weiterhin Chefredakteur zu bleiben. Er sagte: Sie müssen Ihren
Laden verteidigen, genauso wie ich meinen Laden verteidige. Das Berliner Ensemble und
"Sinn und Form" sind die besten Visitenkarten der DDR. Hinzugefügt sei, daß es in der
Deutschen
Akademie
der
Künste
zwischen
Brecht
und
den
einschlägigen
Kulturfunktionären hinsichtlich der Weiterführung des von der Redaktion eingeschlagenen
Wegs zu schwersten Auseinandersetzungen kam.
In den folgenden Jahren, vor allem nach Brechts Tod, brachte die Parteigruppe der
Akademie ständig die gleichen unqualifizierten Angriffe gegen "Sinn und Form" vor, doch
namhafte Mitglieder der Akademie, unter ihnen Felsenstein und Ihering, traten für mich
ein. Und nicht zuletzt muß höhern Orts die Meinung vorgeherrscht haben, es sei opportun,
eine Zeitschrift von überregionaler Bedeutung vorläufig noch bestehen zu lassen.
Nach dem Bau der Mauer lag eine andere Situation vor. Die Parteikritik an "Sinn und
Form" wurde intensiver, und zu Beginn des Jahres 1962 erhielt ich Kenntnis von einem
Ministerratsbeschluß, der eine "Neuregelung der ideologischen und personellen Lage in
der Redaktion "Sinn und Form" anordnete. Ab Juli 1962 suchten mich der damalige
Präsident der Deutschen Akademie der Künste, Willi Bredel, und deren Direktor, Dr.
Hossinger, mehrfach auf, um mein Einverständnis für eine bloß nominelle Mitwirkung an
"Sinn und Form" - die eigentliche Chefredaktion sollte Bodo Uhse übernehmen - zu
erreichen. Einen solchen Kompromiß lehnte ich ab. Da sich Uhse jedoch eine längere
Einarbeitungsfrist ausbedungen hatte, bat mich der Präsident, den Jahrgang 1962 noch
zu Ende zu führen. Unter der Bedingung, daß man mich dann nach Ablauf des Jahres
nach Italien gehen lasse, sagte ich zu.
52
Meine Annahme, der Fall "Sinn und Form" sei nach Herausgabe des letzten Heftes
abgeschlossen, erwies sich als trügerisch. Das Kesseltreiben sollte erst beginnen. Bereits
im November 1962 berichtete mir Ludvík Kundera (tschechischer Essayist und BrechtÜbersetzer), man habe die ihm von der Akademie in Auftrag gegebene Huchel-Biographie
ohne Angabe von Gründen zurückgezogen. Auf dem VI. Parteitag der SED, Anfang
Januar 1963, wurde ich als bereits abgesetzter Chefredakteur öffentlich gemaßregelt und
in noch weit stärkerem Maße bei der Beratung des Politbüros mit Schriftstellern am 25.
März 1963 sowie auf der Delegiertenkonferenz des Deutschen Schriftstellerverbandes am
18.Mai 1963. Dieses Vorgehen veranlaßte
auch den Gemeinderat meines Wohnorts
umgehend zu persönlichen Schikanen. Nach solchen massiven Attacken war die
Deutsche Akademie der Künste nicht mehr gewillt, die mit mir schriftlich und mündlich
getroffenen Vereinbarungen (Altersversorgung auf Grund meines Einzelvertrages)
einzuhalten.
Überdies
betrieb
ausländischen Institutionen
sie
eine
offenkundig
falsche
Information
allen
und Freunden gegenüber, die sich nach meiner Situation
erkundigten.
Seit 1963 ist mir von zuständiger Seite jede berufliche Reise untersagt worden, obwohl
Einladungen zu Vorlesungen an Universitäten vieler Länder mir und dem Ministerium für
Kultur vorlagen. Selbst als ich das Alter erreicht hatte, in dem jedem hiesigen Bürger
einmal jährlich eine Reise nach Westdeutschland gestattet wird, lehnte die Potsdamer
Polizei meinen diesbezüglichen Antrag mit dem Hinweis auf einen Ministerratsbeschluß
des gleichen Jahres (1968) ab. Die Isolation war inzwischen perfekt: Konfiszierung meiner
gesamten Post; Verbot für Autoren und Übersetzer auch aus sozialistischen Ländern,
Kontakt mit mir aufzunehmen; Protest der DDR-Botschaften in Warschau und Sofia, wenn
dort Gedichte von mir publiziert wurden.
Am 3. September 1967 stellte ich erneut den Antrag, mit meiner Familie nach Italien
aussiedeln zu können. Trotz schriftlicher Nachfragen (1.August 1968; 23.September
1968) - keine Antwort. Die Akademie der Künste in Westberlin, die Freie Akademie der
53
Künste, Hamburg, und die Bayerische Akademie der Schönen Künste bemühten sich in
einem gemeinsamen Schreiben um eine Lösung meiner wirtschaftlich wie geistig
unhaltbaren Lage - keine Antwort. Heinrich Böll verwandte sich für mich brieflich beim
Sekretär des Staatsrates, er bekam von Gotsche lediglich einen detaillierten Bericht
darüber, inwiefern ich keinen Grund hätte, mich zu beklagen.
Soweit die Fakten. Ein Weiterexistieren unter diesen Bedingungen konnte nur als absurd
und erniedrigend empfunden werden. Ich habe der Partei niemals angehört und wünschte
daher auch nicht, nach ihrem Reglement abgeurteilt zu werden, sondern ich behielt mir da
Recht vor, das Maß an persönlicher Freiheit in Anspruch zu nehmen, das, wie ich glaube,
jedem Mensch zusteht".116
116 Le considerazioni di Huchel testé riportate vennero pubblicate per la prima volta con il titolo Der Fall von
"Sinn und Form" in "Europäische Ideen", 1975 n.12, pag. 5 e segg. (G.W. II, pag. 326 e segg.):
"Nell'estate del 1948 ... in qualità di caporedattore della rivista "Sinn und Form" mi venne affidato da
Johannes R.Becher il compito di "garantire al periodico <un'elevata qualità scientifica e letteraria e renderlo
un organo letterario guida nel campo della critica letteraria>. Si può difficilmente supporre che io abbia
adempiuto a questo incarico secondo gli intendimenti delle eminenze letterarie del luogo. Già le prime
annate, che contenevano saggi di Benjamin, Adorno, Horkheimer, Lukács, Herbert Marcuse, Bloch, Farner,
Werner Krauss, Hans Mayer, Ernst Fischer, suscitarono diffidenza. Poesie di Gertrud Kolmar ad esempio
o il saggio di Brecht su Barlach, che apparve durante una campagna organizzata contro Barlach, vennero
sottoposti a critica non oggettiva e malevola. Ma il riconoscimento della stampa internazionale che seguiva
con attenzione "Sinn und Form", mi offrì - almeno nei primi anni - una certa protezione.
Dopo un'attività redazionale quinquennale mi si delegò nel maggio 1953 a Mosca, per poter insediare in mia
assenza F.C.Weiskopf come caporedattore. Su iniziativa di autorevoli funzionari culturali venne inoltre
redatto un testo nel quale mi si incolpava di gravi mancanze ideologiche. Il testo, scritto in prima persona e
con la mia firma, avrebbe dovuto comparire nel successivo numero di "Sinn und Form". Brecht, che sentì di
queste manipolazioni, sollevò obiezioni e ottenne che presso la redazione non si giungesse ad una
riassegnazione degli incarichi. Dopo il mio rientro da Mosca dissi a Brecht che - in seguito a certe offerte
dall'estero - desideravo comunque abbandonare la direzione della redazione e rivolgermi ad altri compiti.
Ma Brecht mi determinò a restare ancora caporedattore. Disse: "Deve difendere i suoi affari così come io
difendo il miei. Il Berliner Ensemble e "Sinn und Form" sono i migliori biglietti da visita della RDT." - Si
aggiunga che nella Deutsche Akademie der Künste tra Brecht ed i relativi funzionari culturali si giunse a
gravi contrasti riguardo alla prosecuzione della via intrapresa dalla redazione.
Negli anni seguenti, soprattutto dopo la morte di Brecht, il gruppo del partito dell'Akademie si produsse
costantemente negli stessi inqualificabili attacchi contro "Sinn und Form", ma illustri membri
dell'Accademia, tra i quali Felsenstein e Ihering, difesero la mia causa. E non da ultimo nelle alte sfere
deve essere regnata l'opinione che fosse opportuno lasciar ancora temporaneamente esistere una rivista di
importanza sovraregionale.
Dopo la costruzione del Muro si presentò un'altra situazione. La critica del partito a "Sinn und Form"
s'intensificò e all'inizio dell'anno 1962 venni a conoscenza di una delibera del consiglio dei ministri che
disponeva una <nuova regolamentazione della posizione ideologica e personale presso la redazione di
"Sinn und Form>. Dal luglio 1962 Willi Bredel, l'allora presidente della Deutsche Akademie der Künste, e il
direttore di quest'ultima, il dottor Hossinger, mi fecero ripetutamente visita per ottenere il mio consenso ad
una collaborazione solo nominale a "Sinn und Form" - la direzione vera e propria sarebbe stata assunta da
54
Così si espresse Kurt Hager117 il 25 marzo del 1963 davanti al Politbüro:
"In dem Bestreben, eine gesamtdeutsche Zeitschrift zu sein, eine Zeitschrift, die auch in
Westdeutschland gefällt, eine "Brücke zwischen Ost und West", wich die Zeitschrift, der
man ein hohes literarisches Niveau zugestehen muß, jahrelang sorgfältig einer
entschiedenen Parteinahme für die sozialistische Entwicklung in der DDR aus - wenn man
von offiziellen Veröffentlichungen der Akademie der Künste absieht.... Die Zeitschrift ist
zwar eine Zeitschrift der Akademie. Aber der Chefredakteur entschied selbstständig und
Bodo Uhse. Rifiutai un simile compromesso. Poiché però Bodo Uhse si era riservato un lungo periodo di
inserimento, il presidente mi pregò di condurre a termine l'annata 1962. Alla condizione che mi si lasciasse
andare in Italia alla fine dell'anno, accettai.
La mia supposizione che il caso "Sinn und Form" sarebbe stato chiuso dopo l'uscita dell'ultimo numero si
rivelò illusoria. La campagna diffamatoria era appena all'inizio. Già nel novembre 1962 Ludvík Kundera
(saggista ceco e traduttore brechtiano) mi riferì che, senza espressa motivazione, era stata ritirata la
biografia di Huchel commissionatagli dall'Accademia. Al VI Congresso di Partito della SED, all'inizio del
gennaio 1963, venni pubblicamente condannato come caporedattore già destituito, e in misura ancor
maggiore durante la riunione consultiva del Politburo con gli scrittori del 25 marzo 1963 ed alla conferenza
dei delegati del Deutscher Schriftstellerverband del 28 maggio 1963. Questa condotta indusse anche il
consiglio comunale del mio luogo di residenza a passare senz'altro a vessazioni personali. Dopo tali
massicci attacchi la Deutsche Akademie der Künste non era più disposta a mantenere gli accordi scritti e
verbali presi con me (pensione secondo il mio contratto individuale). Inoltre attuò un'informazione
palesemente falsa nei confronti di tutte le istituzioni e gli amici stranieri che si informavano della mia
situazione.
Dal 1963 mi è stato vietato da chi di competenza ogni viaggio professionale, benché fossero pervenuti a me
ed al Ministero per la Cultura inviti per lezioni in università di molti Paesi. Anche quando raggiunsi l'età in
cui ad ogni cittadino del posto viene consentito annualmente un viaggio in Occidente, la polizia di Potsdam
respinse la mia richiesta rifacendosi ad una delibera del consiglio dei ministri dello stesso anno (1968).
L'isolamento nel frattempo era perfetto: confisca di tutta la mia corrispondenza; divieto ad autori e traduttori
- anche di paesi socialisti - di prendere contatto con me; protesta delle ambasciate della RDT a Varsavia e
Sofia quando là venivano pubblicate mie poesie.
Il 3 settembre 1967 presentai nuovamente domanda per potermi trasferire con la mia famiglia in Italia.
Nonostante richiesta di informazioni scritta (1.8.68; 23.9.68), nessuna risposta. La Akademie der Künste di
Berlino Ovest, la Freie Akademie der Künste di Amburgo e la Bayerische Akademie der Schönen Künste si
adoperarono, con una lettera comune, per risolvere la mia situazione, insostenibile sia finanziariamente che
mentalmente - nessuna risposta.
Heinrich Böll intervenne a mio favore con una lettera al Segretario del Consiglio di Stato, da Gotsche
ricevette unicamente una dettagliata relazione sul perché io non avessi alcun motivo per lamentarmi.
Questi i fatti. Proseguire l'esistenza a queste condizioni non poteva che essere percepito come assurdo e
umiliante. Non sono mai appartenuto al partito e quindi non desideravo neppure venire processato secondo
il suo regolamento, bensì mi ero riservato il diritto di esigere quel grado di libertà personale che, credo,
spetti ad ogni essere umano.
117 Membro del KPD e veterano della guerra di Spagna; dal 1946 al 1948 vicedirettore di "Vorwärts" e dal
1949 professore ordinario di filosofia all'università Humboldt. Dal 1955 al 1963 segretario del Comitato
Centrale della SED, successivamente membro del Politbüro della SED.
55
selbstherrlich Über den Inhalt der Zeitschrift. Die Sektion Dichtkunst und Sprachpflege der
Akademie nahm ihre Verantwortung gegenüber der Zeitschrift nicht wahr. Schließlich legte
Peter Huchel in der letzten von ihm redigierten Doppelnummer, die vor dem VI. Parteitag
erschien, mit seinen Gedichten sein Credo gegenüber der Arbeiter-und-Bauern-Macht
und ihrer Politik vor."118
Convinta che l'esposizione della vicenda per bocca di Huchel, che di essa fu vittima, non
abbia bisogno di ulteriori commenti, riprendo il discorso sulle liriche pubblicate sull'ultimo
numero di "Sinn und Form" diretto dal poeta.
Particolarmente significativa tra le poesie "d'addio" a "Sinn und Form" è Verona, che
evoca il senso di perdita, dapprima della comunicazione ed interazione con altri esseri,
poi del tempo e dell'esistenza in se'. L'ultima strofa rivela ciò che rimane: il ponte che
"preserva il giuramento":119
Zwei Tauben fliegen vom Fenstersims.
Die Brücke behütet den Schwur.
Dieser Stein,
Im Wasser der Etsch,
Lebt groß in seiner Stille.
Und in der Mitte der Dinge
Die Trauer.
Dal davanzale volano due colombe.
Il ponte vigila il giuramento.
Questa pietra
nell'acqua dell'Adige vive
grande nel suo silenzio.
E nel centro delle cose
il lutto.
Huchel concepiva il periodico "Sinn und Form" come ponte culturale tra est ed ovest, e fu
proprio questa concezione che da ultimo gli costò la direzione della rivista e provocò la
sua condanna da parte delle autorità e di altri intellettuali della RDT.
"Sinn und Form"
era dunque quel ponte che, nella poesia Verona, non tradisce il sacro giuramento di
apertura culturale. La pietra che vive nell'acqua "grande nel suo silenzio" (versi 3-5 della
seconda strofa) pare alludere nuovamente al ponte o al giuramento che esso serba. La
118
"Nel perseguire l'obiettivo di essere un periodico pantedesco, un periodico che piace anche nella RFT,
un "ponte tra est ed ovest", la rivista, alla quale si deve riconoscere un elevato livello letterario, per anni
accuratamente evitò una decisa presa di partito a favore dello sviluppo socialista della RDT - se si
eccettuano le pubblicazioni ufficiali della Akademie der Künste. La rivista è sì una rivista dell'Accademia, e
già nel 1953 furono prese decisioni sulla guida ideologica della rivista secondo gli intendimenti dello Statuto
dell'Accademia. Ma il redattore capo decideva autonomamente e autoritariamente dei contenuti della
rivista. La sezione "arte poetica e cura della lingua" dell'Accademia non colse la propria responsabilità nei
confronti della rivista. Infine, nell'ultimo doppio numero da lui redatto, che uscì prima del VI. congresso del
partito, Peter Huchel esibì il proprio credo nei confronti del potere dei lavoratori e dei contadini e della loro
politica."
119 Traduzione di F.Fortini, op. cit., pag. 36.
56
pietra, che nella lirica hucheliana ha un'elevata valenza simbolica, può assumere funzioni
diverse. In Thrakien, ad esempio, è la custode del "silenzio" e previene l'intrusione del
"tempo": "Hebe den Stein nicht auf, / Den Speicher der Stille. / Unter ihm / Verschläft der
Tausendfüßler / Die Zeit" ("Non alzare la pietra, / granaio del silenzio. / Là sotto il millepiedi / dorme
oltre il tempo."). Il silenzio nel quale vive la pietra è al di fuori del tempo, e in accordo con
due versi di Verona, "Die Erde schenkt uns keine Zeit / Über den Tod hinaus" ("La terra non
ci fa dono / di tempo oltre la morte"), vive aldilà dell'esistenza terrena, nella morte.
In un altro rappresentativo testo di quel periodo, Unter der Wurzel der Distel120 (Sotto la
radice del cardo), l'immagine di un terreno pietroso esplicitamente si riferisce al linguaggio,
che sopravvive al trascorrere del tempo, in un ambiente minaccioso ed ostile:121
Unter der Wurzel der Distel
Wohnt nun die Sprache,
Nicht abgewandt,
Im steinigen Grund.
Ein Riegel fürs Feuer
War sie immer.
Ora la lingua dimora,
e non si distoglie,
sotto la radice del cardo
nel fondo di pietra.
E' sempre stata
una chiave per il fuoco.
Leg deine Hand
Auf diesen Felsen.
Es zittert das starre
Geäst der Metalle.
Ausgeräumt ist aber
Der Sommer,
Verstrichen die Frist.
Posa la mano
su questa roccia.
Trema il rigido
rameggio dei metalli.
Ma hanno sgombrato l'estate,
oltrepassato il termine.
Es stellen
Die Schatten im Unterholz
Ihr Fangnetz auf.
Preparano
l'ombre nel sottobosco
la loro rete.
Ma la delusione di Huchel si riflette forse più intensamente nella poesia Traum im
Tellereisen122 (Sogno nella tagliola). La speranza di realizzazione umana - quel "sogno" che
aveva accompagnato Huchel sin dalle sue prime poesie e che era sembrato così
prossimo a compiersi un decennio prima - è ora fatalmente intrappolato nella morsa di
una tagliola:
120
Prima pubblicazione in Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 156). Traduzione di F.Fortini, op. cit., pag.
176-177.
121 Cfr., nell'apposita sezione, l'analisi di Rom.
122 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 155). Traduzione di F.Fortini, op. cit., pag. 174-175.
57
Gefangen bist du, Traum.
Dein Knöchel brennt,
Zerschlagen im Tellereisen.
Sei prigioniero, sogno.
L'osso ti brucia
franto nella tagliola.
Wind blättert
Ein Stück Rinde auf.
Eröffnet ist
Das Testament gestürzter Tannen,
Geschrieben
In regengrauer Geduld
Unauslöschlich
Ihr letztes Vermächtnis Das Schweigen.
Il vento sfoglia una scorza.
E' schiuso il testamento
di pini abbattuti
scritto nella pazienza grigio pioggia
incancellabile
il loro lascito ultimo...
Tacere.
Der Hagel meißelt
Die Grabschrift auf die schwarze Glätte
Der Wasserlache.
La grandine scalpella
l'epitaffio sul nero levigato
della pozza.
Una serie di immagini apparentemente sconnesse evocano un paesaggio desolato,
battuto dalla tempesta e dal vento, nel quale la natura pare essere mortalmente ferita.
L'ambiguità di "Rinde" - che nel contesto può riferirsi tanto alla pelle della caviglia del
sogno, fatalmente intrappolato nella morsa di ferro della tagliola, quanto alla corteccia
dell'albero caduto - stabilisce un nesso tra sogno e paesaggio, implicando forse la perdita
di speranza di una realizzazione dell'uomo nella natura. Il "du" rivolto al sogno suggerisce
la presenza di uno spettatore, probabilmente il poeta stesso, che osserva il vento agire
sul paesaggio. Tradizionale immagine di transitorietà, il vento ha diverse funzioni nella
poesia: dissuggella l'eredità delle piante (come sottinteso da "blättert ... auf" e "eröffnet"),
ma potrebbe aver anche sradicato le piante nel corso del tempo ("in regengrauer
Geduld") e scritto perciò il loro testamento. Occupando la posizione centrale nella poesia
e un intero verso, la parola "geschrieben" rimanda, nel contesto di "Testament" e
"Vermächtnis"123, sia all'impronta del tempo sulla natura, sia alla paziente azione del
poeta nel registrarla. Invero, l'eredità del tempo, che risulta dal suo distruttivo trascorrere
ed è un segno permanente di morte e sogni distrutti, rivive e "parla" nelle parole della
poesia, che diviene così "das letzte Vermächtnis". Il contrasto con la più transitoria
"Grabschrift" sull'acqua enfatizza la permanenza di questa eredità poetica, infatti
l'epitaffio scritto dalla natura sull'acqua svanirà non appena il vento l'incresperà. Tutta la
poesia è pervasa da una tensione tra permanenza e cambiamento, segni e loro effetti,
123
Testamento, eredità, legato.
58
sicché essa può essere intesa come espressione sia del silenzio della disillusione e della
morte, sia - più ottimisticamente e cripticamente - dell'affermazione della possibilità di
vincere questo silenzio attraverso l'atto poetico.
La poesia come forza che spezza il silenzio è anche il tema di Winterpsalm124 (Salmo
d'inverno):
Da ich ging bei träger Kälte des Himmels
Und ging hinab die Straße zum Fluß,
Sah ich die Mulde im Schnee,
Wo nachts der Wind
Mit flacher Schulter gelegen.
Seine gebrechliche Stimme,
In den erstarrten Ästen oben,
Stieß sich am Trugbild weißer Luft:
"Alles Verscharrte blickt mich an.
Soll ich es heben aus dem Staub
Und zeigen dem Richter? Ich schweige.
Ich will nicht Zeuge sein."
Sein Flüstern erlosch,
Von keiner Flamme genährt.
Poi che fui andato nel pigro freddo del cielo
e fui andato giù per la via verso il fiume
vidi nella neve il solco
dove di notte il vento
s'era disteso sul dorso.
La sua voce franta
su nei rami irrigiditi
al fantasma d'aria bianca:
"Tutto quel che è interrato mi guarda.
Devo levarlo dalla polvere
e mostrarlo al giudice? Io taccio.
Non voglio essere testimone."
Si spense il suo bisbiglio
che fiamma alcuna non alimentava.
Wohin du stürzt, o Seele,
Nicht weiß es die Nacht. Denn da ist nichts
Als vieler Wesen stumme Angst.
Der Zeuge tritt hervor. Es ist das Licht.
Dove tu, anima, precipiti
non lo sa la notte. Ché non c'è nulla
laggiù fuor della muta angoscia di molti esseri.
Avanza il testimone. Esso è la luce.
Ich stand auf der Brücke,
Allein vor der trägen Kälte des Himmels.
Atmet noch schwach,
Durch die Kehle des Schilfrohrs,
Der vereiste Fluß ?
Stavo sul ponte,
solo di fonte al pigro freddo del cielo.
Respira ancora debolmente
dalla gola della canna
il fiume gelato?
Le tre strofe, dedicate ad Hans Mayer, costituiscono un monologo interrotto dapprima da
un'esclamazione del vento, poi da un salmo (seconda strofa) e infine da una domanda
che chiude la poesia. Nei primi versi l'io lirico attraversa un paesaggio invernale. Il vento
ha una "fragile" voce che diviene udibile quando viene a contatto con la luce. Huchel
inverte l'ordine naturale delle cose, secondo cui è il vento ad alimentare la fiamma. Ma la
luce è solo un miraggio. Inconsapevole dell'illusione, il vento parla. Nota lo scenario che
lo circonda, ma ha paura di riferire ciò di cui è testimone (versi 9-13). Nel suo commento
alla poesia Huchel definisce l'atteggiamento del vento "kreatürliche Angst vor der Gewalt"
("Paura di una creatura di fronte alla violenza"). Il vento ammutolisce; non una vera fiamma
l'aveva acceso. Ma, come nota Huchel, la voce del vento provoca un commento in stile
124
In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 154). Traduzione di F.Fortini, op. cit., pag. 168-171.
59
salmodico nella controstrofa. Le due voci, nell'apostrofe e nel salmo, sono giustapposte a
suggerire un dialogo che spezza, a metà del testo, l'isolamento. Ma tutto il creato è muto
ed oppresso, impaurito, sicché, nella terza strofa, il monologo dell'io lirico ritorna al suo
inizio. La domanda finale dell'io lirico, nel suo monologo, rimane senza risposta.
L'ambientazione invernale è caratteristica di tutta la tarda poesia hucheliana. Huchel
stesso la definisce "estarrte, beklemmende Landschaft". Winterpsalm, con la descrizione
di un paesaggio paralizzato nel gelo, nel quale tutte le creature sono in condizione di
muta angoscia, diviene una poesia sul "beschädigtes Leben" (vita danneggiata).
Ma
Winterpsalm tratta anche della potente istanza della ragione e della cultura. Al termine
della seconda strofa si trova il verso "Der Zeuge tritt hervor. Es ist das Licht", che è
seguito da un ritorno alla forma monologica, la "posizione finale, invulnerabile". Chi è
questo testimone che osa farsi avanti? Che cos'è la "luce"?. Per Huchel, la luce quale
segno di vita è costantemente legata al Logos. Essa sottintende quindi la parola poetica.
Sia all'inizio che nella parte conclusiva della poesia l'io lirico nota nello scenario invernale
una specie di forma, vaso o contenitore. Dapprima è solo una "Mulde" (I-3), una conca
formatasi nella neve.
Nell'ultima strofa però questo oggetto cavo è "die Kehle des
Schilfrohrs" (III-IV), attraverso la quale il fiume gelato potrebbe ancora respirare. Per
comprendere questa metafora è importante l'affermazione di Huchel in occasione
dell'assegnazione a S.Hermlin del premio F.C.Weiskopf nel 1958. Le parole conclusive di
Huchel furono:
"Das Schöpferische, ja selbst das Eruptive in der Lyrik lebt nur selten ohne Regel, es
braucht ein Gefäß, eine Form, um nicht zu zerfliessen. Quellwasser, auf den Boden
geschüttet, hat nur geringen Glanz - in ein Glas gegossen, ist es voll Licht ".125
E' possibile che il contenitore visto dall'io lirico nel paesaggio gelato sia la forma poetica,
il coraggioso testimone la luce della poesia, e il monologo nel quale ricade l'io lirico
125 "L'elemento creativo, persino eruttivo, in una lirica, solo raramente esiste senza regole, ha bisogno di
un contenitore, una forma, per non disperdersi. L'acqua di fonte che cade sul terreno, ha limitato splendore versata in un bicchiere è piena di luce". (In "Sonntag" 27 aprile 1958, pag. 8; G.W. II, pag. 298).
60
potrebbe essere la "invulnerabile" forza di resistenza della forma poetica. La "forma" è
anche "la lucentezza metallica" delle poesie di Huchel, della quale egli parla quando
rimprovera i critici del partito:
"Sie versuchen gleichsam mit einem Büchsenöffner den metallenen Glanz eines
September-Gedichts aufzureißen, um den aktuellen Inhalt zu finden. Genau so könnte
man versuchen, mit einer Sense den Abendhimmel aufzureißen"126
Winterpsalm venne pubblicata nell'ultimo numero di "Sinn und Form" diretto da Huchel.
L'intero numero fu un atto di silenziosa, indiretta protesta e conteneva, fra l'altro due
discorsi, entrambi d'ausilio nel determinare più precisamente quale fosse lo stato di cose
cui Winterpsalm allude. Il primo, che apre il numero, è la parte iniziale del discorso di
Brecht, Rede über die Widerstandskraft der Vernunft. Utilizzando il riferimento alla
mancanza di democrazia in stati fascisti, Huchel allude all'analoga situazione creatasi
all'interno della RDT. "Angesichts der überaus strengen Maßnahmen, die in den
faschistischen Staaten gegenwärtig gegen die Vernunft ergriffen werden, dieser ebenso
methodischen wie gewalttätigen Maßnahmen, ist es erlaubt, zu fragen, ob die
menschliche Vernunft diesen gewaltigen Ansturm überhaupt wird widerstehen können. Mit
so allgemein gehaltenen optimistischen Beteuerungen wie <am Ende siegt immer die
Vernunft> oder <der Geist entfaltet sich nie freier als wenn ihm Gewalt angetan wird> ist
hier natürlich nichts getan. (...) Tatsächlich kann das menschliche Denkvermögen in
erstaunlicher Weise beschädigt werden. Dies gilt für die Vernunft des einzelnen wie der
ganzer Klassen und Völker. Die Geschichte des menschlichen Denkvermögens weist
große Perioden teilweiser oder völliger Unfruchtbarkeit, Beispiele erschreckender
Rückbildungen und Verkrümmungen auf".127
126
"Cercano, per così dire, di squarciare con un apriscatole la lucentezza metallica di una poesia
settembrina, per trovarne il contenuto attuale. Esattamente allo stesso modo si potrebbe cercare di lacerare
il cielo serale con una falce".
127 "Di fronte alle misure molto severe prese in questi giorni in paesi fascisti contro la ragione, misure tanto
metodiche quanto brutali, è lecito chiedere se l'umana ragione sarà capace di resistere a questo violento
assalto. Quelle generali, ottimistiche asserzioni secondo cui <la ragione alla fine vince sempre> o <la
mente non si sviluppa mai tanto liberamente che quando le si usa violenza> qui sono senza significato. (...)
La capacità umana di pensare può venire veramente danneggiata nella maniera più stupefacente. Questo
61
Il secondo discorso128 che venne pubblicato sull'ultimo numero di "Sinn und Form" diretto
da Huchel è quello sul "disarmo della cultura", tenuto da Sartre alla Conferenza
Internazionale per la Pace a Mosca e tradotto per "Sinn und Form" da Stefan Hermlin.
Degli intellettuali Sartre afferma: "Siamo costretti a nuotare contro una possente corrente:
la guerra fredda ha causato solo pochi morti, ma ha fatto irrigidire la cultura mondiale. Ma
se per la prima volta nella storia i creatori di cultura si unissero, potremmo, ne sono
convinto, entrare rapidamente in un periodo di disgelo. E con la sua stessa esistenza, ma
anche
grazie
ai
suoi
profondi
interessi,
questa
nuova
forza
contribuirebbe
significativamente al mantenimento della pace".
Entrambi i discorsi esprimono la situazione di pericolo nella quale si trova l'intelletto
umano, di cui è compromessa la forza di resistenza contro la violenza oppressiva di
un'epoca in cui ragione, cultura e vita sono state brutalmente danneggiate e costrette ad
una condizione di gelo e rigidità.
Hans Mayer ritiene complementare a Winterpsalm la poesia Der Garten des
Theophrast129 (Il giardino di Teofrasto), in cui viene esplicitamente tracciato un parallelismo
tra natura e poesia130:
Wenn mittags das weiße Feuer
Der Verse über den Urnen tanzt,
Gedenke, mein Sohn. Gedenke derer,
Die einst Gespräche wie Bäume gepflanzt.
Tot ist der Garten, mein Atem wird schwerer,
Bewahre die Stunde, hier ging Theophrast,
Mit Eichenlohe zu düngen den Boden,
Die wunde Rinde zu binden mit Bast.
Ein Ölbaum spaltet das mürbe Gemäuer
Und ist noch Stimme im heißen Staub.
Sie gaben Befehl, die Wurzel zu roden.
Es sinkt dein Licht, schutzloses Laub.
Quando a mezzogiorno il fuoco bianco
dei versi danza sulle urne,
ricorda, figlio mio. Ricorda
chi un giorno ha piantato dialoghi come alberi.
Morto è il giardino, il mio respiro si fa più greve.
Serba quest'ora, qui Teofrasto andò
a concimare il suolo con cenere di quercia,
a legare di rafia la scorza ferita.
Un olivo fende il muro friabile
e nella polvere calda ancora c'è voce.
Estirpare le radici, quest'ordine essi ci dettero.
Fronda indifesa, ora cala la tua luce.
è vero sia per la ragione individuale che per quella di un'intera classe e popolo. La storia dell'umana
capacità di pensare rivela lunghi periodi di parziale o completa sterilità, esempi di terrificante involuzione e
atrofia" (Da "Sinn und Form", 14, 1962, pag. 663).
128 Del discorso di Sartre venne pubblicata la parte conclusiva.
129 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 155). Traduzione di F.Fortini, op. cit., pag. 172-173.
130 Secondo l'interpretazione dello studioso Peter Hutchinson, con "Der Garten" Huchel intende alludere alla
RDT, mentre l' "Ölbaum" (verso 9: "Ein Ölbaum spaltet das mürbe Gemäuer") si riferisce a "Sinn und
Form", l'unico periodico venduto sia nella RDT che nella RFT, che viene così a configurarsi come qualcosa
che fra breccia nel muro che divide le due Germanie. (P.Hutchinson: Der Garten des Theophrast - Ein
Epitaph für Peter Huchel?, in Über Peter Huchel, op. cit., pag. 81 e segg.).
62
Con un'allusione ai versi di Brecht tratti da An die Nachgeborenen131, ma invertendo il loro
significato, la poesia di Huchel esorta: "... Gedenke derer, / Die einst Gespräche wie
Bäume gepflanzt, " ammonendo che "Gespräche" e "Bäume" devono venire difesi dalla
minaccia di distruzione e morte. Infatti anche in questa poesia la cultura è alla mercé di
una forza distruttiva e la natura è indifesa ("schutzloses Laub"), timorosa di resistere alle
autorità ("Sie gaben Befehl, die Wurzel zu roden"). Ma spiccano alcune differenze,
rispetto a Winterpsalm: la scena è più calda, più estiva; i versi sono rivolti ad un essere
umano - il figlio del poeta; affermano inoltre che la voce della poesia è ancora viva, l'
"olivo" si erge ancora tra le rovine.
Tuttavia la poesia non termina, come Winterpsalm, con l'interrogativo sulla sopravvivenza
della natura sotto il ghiaccio, ma con l'affermazione che è stato impartito un fatale
comando che ha come conseguenza il declino della "luce" della sopravvivenza.
Il tratto più importante di questa poesia però è che la "situazione poetica" è concepita
storicamente e la cultura è vista come tradizione. Vengono rispettate le convenzioni
poetiche - rima e ritmo regolare a quattro tempi - e l'immagine del giardino è associata
alla figura di Teofrasto (ca. 372-287 a.C.),
il più famoso allievo di Aristotele e suo
successore alla direzione della scuola peripatetica dal 322 alla morte. Teofrasto operò la
prima sistematizzazione della vita vegetale e fu autore di due fondamentali trattati di
botanica, Ricerche sulle piante e Cause delle piante, rispettivamente in nove e sei libri.
Le sue classificazioni ispirarono tutti i successivi ricercatori botanici. Di ancor maggiore
importanza è la sua opera nota come Caratteri, repertorio retorico di vizi e virtù destinato
ai poetici comici, che fondò la lunga tradizione europea di saggezza pratica, proseguita
da Bacone, La Bruyère, Lichtenberg, Goethe e i romantici tedeschi.
E proprio Der Garten des Theophrast presenta diversi "caratteri": quello dello stesso
Teofrasto, che cura la natura e ne lenisce le ferite; quello di coloro che decretano che la
natura debba essere distrutta alla radice. La circostanza che il verso "Mit Eichenlohe zu
131 "Was sind das für Zeiten, wo / Ein Gespräch über Bäume fast ein Verbrechen ist / Weil es ein
Schweigen über so viele Untaten einschließt !" ("Che tempi sono mai questi in cui / una conversazione su
alberi è quasi un delitto / perché implica il silenzio su così tanti misfatti !".
63
düngen den Boden" rimi con "Sie gaben Befehl, die Wurzel zu roden", pare enfatizzare
questo contrasto.
Ma il giardino tradizionale è "morto", sconfitto dall'ordine di estirparlo alla radice, ed il
genere poetico gnomico al quale la stessa poesia appartiene, è divenuto cosa del
passato. Una frattura storica separa i caratteri descritti. La saggezza della poesia non
pare più essere una massima generale, ma si rivolge ad un individuo ben preciso, ed in
tal senso è veramente un "legato", un lascito del padre al figlio.
Tutto ciò che resterà della tradizione è quanto verrà conservato
dalla memoria:
"Gedenke, mein Sohn"; "Bewahre die Stunde. ll giardino perduto, l'idilliaca vicinanza con
la
natura,
resta
"im
großen
64
Hof
meines
Gedächtnisses".
1963-1971: L'ESILIO INTERIORE: Gezählte Tage
"Ein Mensch, der auf sein spätes Alter zugeht, trägt einen großen Packen mit sich, seine
Erlebnisse, seine Erfahrungen, seine Niederlagen, und je älter er wird, desto mehr weiß
er, daß die Vergangenheit mit der Gegenwart und der Zukunft ein untrennbares Ganzes
bildet "
132
Con queste parole Huchel esordì nell'ottobre 1977 a Brüssel in occasione del
conferimento del Literaturpreis der Europäischen Gemeinschaft "Europalia". Aveva allora
settantacinque anni e certamente si riferiva alle proprie esperienze. Aveva assistito a
gran parte degli sconvolgimenti che il ventesimo secolo aveva riservato ai tedeschi della
sua generazione: la Repubblica di Weimar ed il nazionalsocialismo, la guerra, la divisione
della Germania ed i primi anni della ricostruzione con le sue speranze di giustizia sociale.
Effettivamente, la storia fornì ad Huchel una lunga serie di esperienze drammatiche. Egli
stesso accennava alla dimensione antropologica del ricordo, uno degli strumenti
fondamentali di conoscenza del mondo umano, senza il quale si vivrebbe solo l'istante.
Nel discorso menzionato Huchel pose in rilievo anche l'ulteriore significato del ricordo,
quello poetologico, citando le parole di Agostino che da sempre avevano costituito la
premessa delle sue opere e che, come già più volte sottolineato, fungono da epigrafe alla
raccolta Chausseen Chausseen.
Con riferimento a fatti biografici del poeta, la citazione agostiniana potrebbe venire
considerata la reazione di un uomo al quale si credeva di aver sottratto, licenziandolo
dalla redazione di "Sinn und Form" e ponendolo agli arresti domiciliari, le basi del suo
lavoro letterario. Essa tuttavia rappresenta la fondamentale massima poetologica del
lirico Peter Huchel. Egli si richiamerà ad essa ogniqualvolta verrà a parlare delle sue
poesie o della sua evoluzione poetica. La citazione comparve per la prima volta in una
Selbstanzeige, ovvero un "annuncio proprio" con il quale il poeta stesso, nel programma
132 "Un uomo che invecchia porta con se' un grande fardello, le cose vissute, le proprie esperienze, le sue
sconfitte, e più invecchia, più sa che il passato forma, con il presente ed il futuro, un tutto indivisibile" (G.W.
II, pag. 330).
65
radiofonico
Die Selbstanzeige,
trasmesso
dalla
Südwestdeutscher
Rundfunk
di
Francoforte il 28.12.1932, "reclamizzava" la pubblicazione, prevista per il 1932 e poi non
avvenuta per motivi politici133, del suo primo volume di poesie, Der Knabenteich. In
quell'occasione sottolineò che i propri versi traevano vita dal "paesaggio della marca, dal
paesaggio del bambino":
"(...) Denn es ist die Landschaft des Kindes, es ist die Landschaft der Mark, aus der diese
Verse ihr Leben ziehen. Es ist <der Große Hof des Gedächtnisses> (Augustinus), weit
und grenzenlos, und in ihm ist alles gegenwärtig: die Kindheit der Sterne, die schilfige
Nymphe, (...) die polnischen Schnitter (...)"
134
Qui Huchel allude metaforicamente all'infanzia come motivo della sua prima produzione
lirica, perciò vengono espressamente indicati i titoli di alcune poesie. Se si considera che
"die schilfige Nymphe" è il nome della Havel in alcune sue poesie, è evidente che la
geografia infantile di Huchel diventa paesaggio poetico.
Con il riferimento all'infanzia, Huchel accenna inoltre alla produttività del ricordo, che si
manifesta nella simultaneità delle strutture spaziali e temporali delle sue poesie. Huchel
deve aver conosciuto anche altre riflessioni agostiniane sulla contemporaneità di passato,
presente e futuro nella coscienza dell'io, allorché nel citato discorso di Brüssel li definì un
tutto indivisibile, rimandando espressamente alla "dimensione propria" della poesia135,
che riteneva consistere non da ultimo nella simultaneità di vicinanza e lontananza, di
passato e presente, di mitico e moderno.
Questo lungo excursus sulla memoria e la contemporaneità di epoche diverse, che ha
sfiorato nuovamente l'argomento del paesaggio infantile e del passato, introduce il tema
133
V. pag. 17.
Perché è il paesaggio del bambino, è il paesaggio della marca, da cui questi versi traggono la loro
vita. E' <la grande reggia della memoria> (Agostino), ampia e sconfinata, ed in essa tutto è presente:
l'infanzia delle stelle, la ninfa del canneto, (...) i mietitori polacchi (...)" (G.W., II, pag. 250).
135 G.W. II. pag. 332.
134 "(...)
66
del lungo esilio interiore del poeta: relegato agli arresti domiciliari a Wilhelmshorst136
Huchel fu escluso da tutti quei contatti che avevano rappresentato una parte essenziale
della sua vita spirituale. Fu così che per lungo tempo dovette fare ricorso al "großer Hof"
della sua "Gedächtnis", così come alla precisione delle sue percezioni. Non voleva
affondare nella passività e nel silenzio. Il mondo continuò ad esistere nella forza
immaginativa del ricordo. L' "accanito ordine del paese" nel quale viveva, cui allude in
una poesia tratta dalla raccolta Gezählte Tage, pubblicata nel 1972137, bastò a isolarlo,
ma non a distruggere la sua creatività.
Tuttavia la fede di Huchel nella facoltà della poesia di resistere al trascorrere del tempo fede che animava alcune delle poesie prese in considerazione nel precedente capitolo inizia a vacillare.
Una poesia illustra chiaramente questi nuovi dubbi: Keine Antwort
(Nessuna risposta138):
Aufs schwimmende Nebelhaupt
der Eiche
setzt sich die Krähe.
Der Katzenbalken ist leer.
Sul fluttuante capo nebbioso
della quercia
si posa la cornacchia.
La trave del gatto è vuota.
Schatten von dürrem
Weingerank
an der Zimmerdecke.
Zeichen,
von eines Mandarinen Hand
geschrieben.
Ombre di aridi
tralci d'uva
sul soffitto della stanza.
Caratteri
tracciati
dalla mano d'un mandarino.
Das Alphabet,
das du besitzt,
reicht nicht aus,
Antwort zu geben
der wehrlosen Schrift.
L'alfabeto
che possiedi
non basta
a dare risposta
alla scrittura inerme.
Keine Antwort è simile per struttura e tema a Das Zeichen, offrendo una serie di immagini
come segni enigmatici da interpretare.
Il mutamento della "warnende Schrift, / Kaum zu entziffern", di Das Zeichen in "wehrlose
Schrift" di Keine Antwort indica che i segni hanno perso la loro capacità di pronta risposta,
non evocando più né protesta né qualsiasi sforzo durevole per interpretarli. I simboli che
136
137
138
Nella marca del Brandeburgo, nei pressi del villaggio in cui aveva trascorso l'infanzia.
Die verbissene Ordnung der Gewitter (G.W. I, pag. 215).
In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 204).
67
la poesia contiene possono venire decifrati con l'aiuto di altre poesie. La cornacchia è
un'immagine cui Huchel spesso fa ricorso e che simboleggia desolazione139; i gatti
generalmente forniscono conforto140, sicché la trave priva del consueto gatto indica
solitudine;
la vite, simbolo di fertilità, si è disseccata. La misteriosa calligrafia del
mandarino può quindi venire letta come segnale di pessimismo e di morte. A segni tanto
negativi una replica pare impossibile: confrontata con essi, la "Schrift" è indifesa, e l'
"Alphabet", singole lettere di parole disintegrate, non può essere adeguato alla funzione
comunicativa. Sebbene il "du" dell'ultima strofa resti ambiguo, poiché può essere rivolto a
se stesso o al mandarino, l'incapacità di comunicazione tra uomo e segno sfocia
chiaramente nel silenzio.
La poesia quindi afferma la morte della comunicazione.
Cionondimeno, il fatto stesso che questo testo poetico esista può venire letto come
segnale di speranza.
Nella raccolta Gezählte Tage riappaiono figure umane, quasi completamente assenti in
Chausseen Chausseen; spesso però divengono simboli di oppressione politica, ad
esempio la figura del vicino in Hubertusweg :
Dort unten steht,
Là sotto,
armselig wie abgestandener Tabakrauch,
misero come fumo stantìo di tabacco,
mein Nachbar, mein Schatten
sta il mio vicino, la mia ombra
auf der Spur meiner Füße, verlaß ich das Haus. sull'orma dei miei piedi, quando esco di casa.
A quali attacchi Huchel si vedesse continuamente esposto e cosa significasse per lui la
vita alle condizioni impostegli dallo Stato, è espresso, in quella raccolta, soprattutto dalle
poesie composte tra il 1963 e il 1970. Un esempio è costituito dalla poesia Die Nachbarn
(I vicini141):
Die Ruhe des Stroms,
das Feuer der Erde,
die leere Finsternis des Himmels
sind meine gefährlichen Nachbarn.
La calma della corrente,
il fuoco della terra,
la vuota tenebra del cielo
sono miei pericolosi vicini.
139
Cfr. Der Treck (op.cit.) e Aristeas, in Gezählte Tage (G.W. I, pag. 207) e successivamente pubblicata in
Die neunte Stunde (G.W. I, pag. 233).
140 Cfr. Pe-Lo-Thien, in Gezählte Tage (G.W. I, pag. 219).
141 In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 203).
68
Der Reiher kann sich von vielen Seen
das seichte schilfige Wasser wählen,
wo er mit jähem Stoß
die Beute greift und tötet.
L'airone può scegliersi di molti laghi
l'acqua bassa coperta di canne,
ove con colpo repentino
ghermisce e uccide la preda.
Nicht kann das Wasser
den Reiher wählen.
Geduldig trägt es die Furcht der Fische,
den heiseren Schrei des hungrigen Vogels.
Non può, l'acqua,
scegliersi l'airone.
Paziente trasporta il terrore dei pesci,
il rauco grido dell'uccello affamato.
Wasser und Reiher,
beide sind Nachbarn
von hohen Erlen,
von Rohr und Fröschen.
Acqua ed airone,
entrambi sono i vicini
di alti ontani,
di canne e rane.
Geknetet in Gleichmut,
essen die Menschen, meine Nachbarn,
täglich ihr Brot.
Keiner will Asche sein.
Impastato nell'imperturbabilità
gli uomini, miei vicini, mangiano
quotidianamente il loro pane.
Nessuno vuol essere cenere.
Keinem gelingt es,
die Münze zu prägen,
die noch gilt
in eisiger Nacht.
Nessuno riesce
a coniare una moneta
valida anche
in gelide notti.
Come rileva Hubert Ohl142, le sei strofe di quattro versi ciascuna si suddividono in tre
gruppi, di cui il primo è formato dalla prima strofa, il secondo dalla seconda, terza e
quarta; il terzo dalla quinta e sesta. Nel primo gruppo vengono indicati i pericolosi vicini
dell'io lirico; nel secondo, con il ricorso a metafore, si sprigiona la tensione tra oppressori
e vittime, violenza e tolleranza. Nel terzo gruppo, infine, con "... meine Nachbarn" entrano
in scena i veri vicini dell'io lirico. Sono esseri umani, all'opposto degli altri che popolano il
regno naturale, ma il discorso s'incentra soprattutto sul loro comportamento poco umano
e sociale.
Tre volte (nella I, IV e V strofa) vengono nominati i vicini. Accennando a diversi tipi di
vicinanza, la poesia parla di forme di convivenza sociale e riflette la situazione dell'io
lirico in mezzo ai suoi vicini, pericolosi perché rappresentano la tentazione a reagire in
modo impulsivo.
Assumere la "Ruhe des Stroms"
significherebbe vivere in silenzio,
senza visibili reazioni. Ancor più pericoloso sarebbe divampare dalla terra come il fuoco.
Ma più pericoloso di tutti è il risucchio prodotto dalla "leere Finsternis des Himmels":
venendo a mancare la luce, ogni relazione a base sensoriale rischia di divenire
142 H.Ohl: "...Im grossen Hof meines Gedächtnisses" Aspekte der "memoria" in Peter Huchels Gedichtband
<Gezählte Tage>; in "Jahrbuch des Freien Deutschen Hochstifts", Max Niemeyer Verlag Tuebingen, 1993,
pag. 281-312.
69
impossibile.
Abbandonarsi al minaccioso vuoto del cielo significherebbe consegnarsi
all'oscurità ed alla disperazione.
Ad un'altra forma di vicinanza viene data voce nelle tre strofe centrali, che nella loro
violenza divengono per l'io lirico oggetto di riflessione, poiché in esse vede rispecchiata la
propria situazione.
L'accentuata concettualità della seconda e terza strofa, strettamente correlate, riflette una
condizione naturale così ovvia, che solo come paradosso può divenire oggetto della
riflessione. Cosa potrebbe essere "più naturale" della libertà dell'airone di predare nel
lago che si è scelto ? Al contrario, cosa può fare il lago, se non rassegnarsi a sopportare
il cacciare ed essere cacciato di airone e pesce? La possibilità di scelta data all'airone
resta per il lago puramente ipotetica: dà rifugio al pesce, ma non può proteggerlo dal
colpo mortale dell'airone.
Nella quarta strofa, che versi brevi chiaramente distinguono dalle due precedenti, la
riflessione dell'io lirico sfocia nella considerazione che la vicinanza antagonistica di lago e
airone, neutralizzata dalla vicinanza di entrambi con altri esseri viventi, piante e animali,
si colloca nell'ordine nella natura.
Questo atteggiamento non esprime però forse rassegnazione? La risposta a questa
domanda è contenuta nelle due strofe finali che, imperniate su rapporti di vicinanza tra
esseri umani, indicano quello che dev'essere il compito dell'io lirico. Si riallacciano a
immagini della prima strofa, intensificandole. La "Geduld" della corrente appare ora come
"Gleichmut" dei vicini, ma ciò che per il fiume è naturale, per i vicini è un atteggiamento
imposto dalla più elementare paura. Malleabili e cedevoli come pasta alla pressione che
proviene dall'esterno, mangiano quotidianamente il loro pane, "geknetet in Gleichmut".
Costretti nella forma dell'indifferenza, dettata dalle condizioni esterne, vivono senza
reagire neppure a ciò che accade davanti agli occhi di tutti. "Keiner will Asche sein" ha un
significato più profondo dell'espressione "nessuno vuole scottarsi": nessuno vuole
provocare quella violenza che potrebbe distruggerlo come "Feuer der Erde". "Denn da ist
nichts / Als vieler Wesen stumme Angst", questa è la lapidaria considerazione dell'io lirico
70
già in Winterpsalm, poesia che, come sottolineato in precedenza, pone la questione di
una possibile testimonianza. Il vento si rifiuta di testimoniare ("Ich will nicht Zeuge sein"):
lo farà la luce ("Der Zeuge tritt hervor. Es ist das Licht"). In Die Nachbarn, alla "leere
Finsternis des Himmels" si oppone la figura della moneta. Coniare una moneta che
resista alla pressione della "eisige Nacht" di paura e violenza significa, guardando
all'esistenza del poeta, assumersi il compito di testimoniare, di sottrarre, mediante la
parola in forma poetica, le proprie esperienze alla dimenticanza. E' in grado di fare ciò
solo colui per il quale, come per Huchel, la memoria è divenuta il momento centrale della
propria esistenza.
Anche la lirica Exil143 ritorna sul tema della funzione della parola poetica. Conferma inoltre
che la natura conserva aspetti positivi anche per chi soffre della propria reclusione:
Am Abend nahen die Freunde,
die Schatten der Hügel.
Sie treten langsam über die Schwelle,
verdunkeln das Salz,
verdunkeln das Brot
und führen Gespräche mit meinem Schweigen.
A sera si appressan gli amici,
le ombre delle colline.
Incedono lente oltre la soglia,
oscurano il sale,
oscurano il pane
e tengon discorsi col mio silenzio.
Draußen im Ahorn
regt sich der Wind:
Meine Schwester, das Regenwasser
in kalkiger Mulde,
gefangen
blickt sie den Wolken nach.
Fuori nell'acero
si muove il vento:
Mia sorella, l'acqua piovana
nella conca calcarea,
imprigionata
insegue con gli occhi le nuvole.
Geh mit dem Wind,
sagen die Schatten.
Der Sommer legt dir
die eiserne Sichel aufs Herz.
Geh fort, bevor im Ahornblatt
das Stigma des Herbstes brennt.
Va con il vento,
dicon le ombre.
L'estate ti punta
la falce di ferro sul cuore.
Va via, prima che nella foglia dell'acero
brucino le stimmate dell'autunno.
Sei getreu, sagt der Stein.
Die dämmernde Frühe
hebt an, wo Licht und Laub
ineinander wohnen
und das Gesicht
in einer Flamme vergeht.
Sii fedele, dice la pietra.
Il mattino albeggiante
si alza, dove luce e fogliame
abitano l'un dentro l'altro
ed il viso
svanisce in una fiamma.
143 In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 178); traduzione tratta da Poesia tedesca del Novecento, Torino 1990,
pag. 303.
71
La struttura della poesia è regolare: quattro strofe formate ognuna da sei versi, riflettono
aspetti simultanei di una sola situazione: il totale isolamento dell'io lirico, la cui solitudine
viene parzialmente interrotta dalle parole della natura. La tensione dell'aspettativa
destata dal primo verso si scarica nei seguenti: gli "amici" sono solo le ombre della
solitudine. E' vero che oscurano i doni di ospitalità, ma danno adito all'io lirico di riflettere
su di una delle questioni fondamentali: se valga la pena di rimanere o se non sia meglio
andar via. Naturalmente il vento consiglia di andarsene, sente "prigioniera" la "sorella",
l'acqua piovana di una conca. Le ombre non sono meno decise del vento. Per loro è
scontato che l'estate ventura rafforzerà ancora di più il desiderio di andarsene: "Der
Sommer legt dir / die eiserne Sichel aufs Herz144". La sua pienezza infatti renderà ancora
più intensa la sensazione di angustia della reclusione.
Nuovamente, come già nella
poesia Verona145 è la pietra, nel cui silenzio risplende la durata delle cose, ad ammonire a
rimanere.
Le sue ansie vanno alla vita dell'io. La "dämmernde Frühe" è più di
un'immagine speculare alle ombre serali; la metafora "wo Licht und Laub / ineinander
wohnen / und das Gesicht / in einer Flamme vergeht" allude all'ora di produttività poetica,
che trasforma il visto in parola. E' quell'ora cui si accenna anche nel Garten des
Theophrast ("Wenn mittags das weiße Feuer / Der Verse über den Urnen tanzt").
Lo stesso Huchel, in un commento epistolare, pose in rilievo il doppio significato di
"Gesicht" al verso 23, con il quale s'intende sia il volto, sia la visione146. Le ombre serali
oscurano, oltre ai doni di ospitalità del sale e del pane, anche l'aspetto protettivo della
casa. Nel monito della pietra alla fedeltà emerge però anche l'alternativa: opporre al buio
della solitudine il chiarore produttivo della propria parola poetica.
Come sottolinea Ohl147, l'esilio evocato dal titolo della poesia è da intendersi come esilio
interiore di colui al quale viene rifiutato il contatto con l'esterno. Questo "esilio" implica
però anche la concezione della poesia come "visione", come "memoria".
144
Nell'immagine della "eiserne Sichel" ricorre uno dei due simboli del partito comunista, la falce.
Da Chausseen Chausseen (G.W. II, pag. 117).
146 Lettera a Michael Hamburger del 18.12.72 (G.W. II, 357).
147 Op.cit.
145
72
Chi viene sottoposto per anni ad una stretta sorveglianza e privato della propria vita
privata non può sottrarsi a fasi di scoraggiamento, di disperazione. Quale sia stato, per
Peter Huchel, il significato di occasionali visite di amici, che di nascosto gli portavano libri
e notizie, viene descritto dalla poesia Hubertusweg148, (il suo indirizzo di Wilhelmshorst),
con l'allusione al "Konterbande, / verbotene Bücher, / Brosamen für die Eingeweide" (III,
11-14). Il significato esistenziale della letteratura non può essere descritto più
incisivamente che con questo riferimento ad un'esigenza fisiologica di sopravvivenza:
Märzmitternacht, sagte der Gärtner,
wir kamen vom Bahnhof
und sahen das Schlußlicht des späten Zuges
im Nebel erlöschen. Einer ging hinter uns,
wir sprachen vom Wetter.
Der Wind wirft Regen
aufs Eis der Teiche,
langsam dreht sich das Jahr ins Licht.
Mezzanotte di marzo, disse il giardiniere,
venivamo dalla stazione
e vedemmo il fanale di coda dell'ultimo treno
svanire nella nebbia. Qualcuno ci seguiva,
parlavamo del tempo.
Il vento vibra pioggia
sul ghiaccio degli stagni,
lentamente l'anno si volge in luce.
Und in der Nacht
das Sausen in den Schlüssellöchern.
Die Wut des Halms
zerreißt die Erde.
Und gegen Morgen wühlt
das Licht das Dunkel auf.
Die Kiefern harken Nebel von den Fenstern.
E nella notte
il sibilo nelle serrature.
L'ira dello stelo
squassa la terra.
E verso il mattino
la luce rivanga il buio.
I pini rastrellano nebbia dalle finestre.
Dort unten steht,
Là sotto,
armselig wie abgestandener Tabakrauch,
misero come fumo stantìo di tabacco,
mein Nachbar, mein Schatten
sta il mio vicino, la mia ombra
auf der Spur meiner Füße, verlaß ich das Haus. sull'orma dei miei piedi, quando esco di casa.
Mißmutig gähnend
Sbadigliando di malumore
im stäubenden Regen der kahlen Bäume
nella pioggia nebulizzata dagli alberi spogli
bastelt er heute am rostigen Maschendraht.
oggi armeggia alla rete arrugginita.
Was fällt für ihn ab, schreibt er die Fahndung Che gliene viene, se descrive le indagini
ins blaue Oktavheft, die Autonummern meiner Freunde,
nel taccuino blu in ottavo, le targhe delle auto dei miei amici,
die leicht verwundbare Straße belauernd,
die Konterbande,
verbotene Bücher,
Brosamen für die Eingeweide,
versteckt im Mantelfutter.
Ein schwaches Feuer nähre mit einem Ast.
spiando la via facilmente vulnerabile,
il contrabbando
di libri vietati,
briciole per le viscere,
nascoste nella fodera del cappotto.
Alimenta un debole fuoco con un ramo.
148
In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 222).
73
Ich bin nicht gekommen,
das Dunkel aufzuwühlen.
Nicht streuen will ich vor die Schwelle
die Asche meiner Verse,
den Eintritt böser Geister zu bannen.
Non sono venuto
a rivangare il buio.
Non voglio spargere davanti alla soglia
le ceneri dei miei versi,
per esorcizzare l'ingresso di spiriti maligni.
An diesem Morgen
mit nassem Nebel
auf sächsisch-preußischer Montur,
verlöschenden Lampen an der Grenze,
der Staat die Hacke,
das Volk die Distel,
steig ich wie immer
die altersschwache Treppe hinunter.
In questo mattino
d'umida bruma
sull'uniforme sassone-prussiana,
di luci smorzate alla frontiera,
lo stato il tallone,
il popolo il cardo,
discendo come sempre
la decrepita scala.
Vor der Keilschrift von Ras Schamra
seh ich im Zimmer meinen Sohn
den ugaritischen Text entziffern,
die Umklammerung
von Traum und Leben,
den friedlichen Feldzug des Königs Keret.
Davanti ai caratteri cuneiformi di Ras Shamra
vedo nella stanza mio figlio
decifrare il testo ugaritico,
l'abbraccio
di sogno e vita,
la pacifica campagna militare del re Keret.
Am siebenten Tag,
wie IL der Gott verkündet,
kam heiße Luft und trank die Brunnen aus,
die Hunde heulten,
die Esel schrien laut vor Durst.
Und ohne Sturmbock ergab sich eine Stadt.
Al settimo giorno,
come proclama il dio IL,
giunse aria calda e risucchiò le fonti,
i cani guaivano,
gli asini ragliavano forte per la sete.
E senza ariete una città si arrese.
Hubertusweg descrive un giorno della vita del poeta, scelto a rappresentare anni di
reclusione. All'atmosfera agitata di una notte di marzo (prima e seconda strofa) si
contrappone la tranquillità del poeta (quarta strofa). Huchel constata non quanto abbia
perso del mondo, ma quanto del mondo e della realtà gli sia rimasto: poco.
Tuttavia - osserva Karl Alfred Wolken149 - rivolgendosi a ciò che resta Huchel dimostra
che anche questo basta, se deve bastare. Vi è evidentemente differenza se ad un poeta
rimane la "torre d'avorio" come ultimo rifugio o se è forzatamente costretto a vivere entro
le quattro mura domestiche, mentre è "costituzionalmente" incline a comunicare con il
mondo.
In Hubertusweg, - prosegue Wolken - pare che, dopo i paradisi perduti
dell'infanzia a Alt-Langerwisch e le significative esperienze degli anni Quaranta e
Cinquanta, l'isolamento coatto venga percepito come possibilità di attingere nuove risorse
anche dallo spazio più stretto e di rimanere in esso un essere umano, impedendo
all'autorità di distruggere la vita privata.
149
K.A.Wolken: Zwiesprache mit der Wirklichkeit; in Über Peter Huchel, Frankfurt a.M.; pag. 183 e segg.
74
Huchel, che nelle prime liriche si era aperto con tutti i sensi ai fenomeni della vita, che si
era espresso in lamenti funebri sulle catastrofi della storia, che all'apice della sua fama
viene posto agli arresti domiciliari, reagisce in maniera non rassegnata. Le poesie
dell'isolamento vivono del senso della vista e delle sue capacità di attiva percezione.
Caratteristici dello sguardo di Huchel sono la spontaneità e l'ampio raggio d'azione.
L'occhio non fa differenze, si posa con la stessa attenzione su muli150, sul giudice che
sfoglia negli atti151, o su di una SIS con tendine bianche che si ferma davanti alla porta di
casa del poeta152.
La reclusione di Wilhelmshorst probabilmente spiega quella "ipertrofia del senso della
vista" rilevata da Seidler153, senso che in Huchel comunque non è mai stato quiescente.
Per caratterizzare l'opera del tardo Huchel - sostiene Seidler - si sarebbe tentati di
impiegare il concetto di "imagismo". Con questo concetto si potrebbe definire la tendenza
a conferire a singole immagini un peso ed una libertà sempre maggiori, sino a che queste
immagini divengono infine scopo a sé: la magnificenza di una metafora influisce sulla
sintassi tradizionale, che viene smontata in blocchi di brevi sintagmi. Questa libertà non
raramente compromette il nesso complessivo, tant'è che si ha l'impressione di immagini
singole messe a fuoco ma completamente indipendenti l'una dall'altra. Ciò che Krolow
sostiene di sé ("in un certo senso della poesia mi interessa soprattutto la metafora") può
valere anche per Huchel, soprattutto per la sua opera tarda. A tale proposito si potrebbe
citare l'affermazione di Hofmannsthal per il quale, come per Huchel, l'espressione
impropria, plastica, era "Keim und Wesen aller Poesie: Jede Dichtung ist durch und durch
ein Gebilde aus uneigentlichen Ausdrücken". ("germe ed essenza di tutta la poesia: ogni
poesia, dall'inizio alla fine, è un concrezione di espressioni improprie").
150
Cfr. Gezählte Tage (G.W. I, pag.184).
Cfr. Das Gericht (G.W. I, pag. 225).
152 Cfr. Waschtag (G.W. I, pag. 218).
153 I.Seidler, op. cit., pag. 77.
151
75
Che per Huchel la perdita del mondo e l'autoestraniamento non significassero solo
possibilità teoriche è espresso soprattutto dalla poesia dal titolo Gezählte Tage154, che
presenta il paradosso del ricordo da scordare, di cui parla la II strofa:
Gezählte Tage, Stimmen, Stimmen,
vorausgesandt durch Sonne und Wind
und im Gefolge rasselnder Blätter,
noch ehe der Fluß
den Nebel speichert im Schilf.
Giorni contati, voci, voci,
preannunciate attraverso sole e vento
e al seguito d'un clamore di foglie,
prima ancora che il fiume
accumuli nebbia nel canneto.
Vergiß die Stadt,
wo unter den Hibiskusbäumen
das Maultier morgens gesattelt wird,
der Gurt gezogen, die Tasche gepackt,
die Frauen stehn am Küchenfeuer,
wenn noch die Brunnen im Regen schlafen.
Vergiß den Weg,
betäubt vom Duft des Pfeifenstrauchs,
die schmale Tür,
wo unter der Matte der Schlüssel liegt.
Dimentica la città,
ove sotto gli alberi di ibisco
al mattino è sellato il mulo,
stretta la cinghia, riempita la borsa
le donne stanno al focolare,
quando ancor dormono le fontane nella pioggia.
Dimentica la strada,
assordata dal profumo del fiorangiolo,
lo stretto uscio,
ove sotto lo stuoino è la chiave.
Zwei Schatten,
Rücken an Rücken,
zwei Männer warten im frostigen Gras.
Stunde,
die nicht mehr deine Stunde ist,
Stimmen,
vorausgesandt durch Nebel und Wind.
Due ombre,
dorso a dorso,
due uomini attendono nell'erba gelata.
Ora
che non è più la tua ora,
voci
preannunciate attraverso nebbia e vento.
Se il mondo esiste solo "im Hof des Gedächtnisses", è, come ricordo, divenuto proprietà
interiore, che non può più venire completata o rinnovata da nuove esperienze. In questa
situazione - osserva Ohl155 - dimenticare il ricordo significa perdere la propria identità.
Ancor di più se ciò che deve venire dimenticato rappresenta l'immagine interiore di una
situazione di convivenza umana come quella evocata dalla seconda strofa di Gezählte
Tage.
E' l'immagine di una giornata in cui, nella partenza degli uomini, è già racchiuso il
momento del ritorno; la chiave sotto lo stuoino è il simbolo della possibilità di aprire in
ogni momento ciò che è chiuso. Qui non esistono reclusi o sorvegliati, ma solo figure
umane - uomini e donne - reciprocamente fiduciose.
154
155
G.W. I, pag. 184.
Op. cit.
76
Il paesaggio meridionale, più che scenario esotico, è anch'esso immagine di rapporti
umani genuini, in una natura che si apre all'uomo e lo accoglie in se'. Scordare questi
rapporti significherebbe perdere il parametro al quale rapportare anche le istanze di vita
autentica sotto il segno di un "socialismo evoluto".
Date le condizioni di vita di cui le sue poesie testimoniano, si può forse comprendere
quali fossero le sensazioni e reazioni di Huchel allorché poté finalmente lasciare la RDT
nella primavera del 1971 per trasferirsi a Villa Massimo a Roma, ovvero in quella terra
ove desiderava vivere da tempo. Ora che le immagini di vita meridionale si rinnovavano
quotidianamente, Huchel compone quella serie di poesie che sono tra le più belle:
Subiaco, Mittag in Succhivo, Ölbaum und Weide156.
Le poesie meridionali di Huchel, (anche quelle contenute nella raccolta Chausseen
Chausseen), s'innestano nella tradizione della poesia tedesca sull'Italia ("deutsche
Italiendichtung"), rispetto alla quale possiedono però un carattere proprio. L'Italia è anche
per Huchel il paese della bellezza e delle arti, ma certo non in primo luogo; il suo sguardo
non va solo al paesaggio italiano, riguardo al quale è meno "Naturlyriker" che rispetto alla
sua terra natìa. Ciò che dell'Italia lo interessa maggiormente sono soprattutto le forme e
condizioni di convivenza sociale. Le sue poesie meridionali hanno per titolo toponimi, e
questo non a caso. Inoltre il suo soggetto preferito è rappresentato da piccole comunità,
siano villaggi di pescatori che conventi. In questo senso l'Italia è anche per Peter Huchel
paesaggio culturale.
Non è l'apparente rilassatezza della vita meridionale, a trovare
espressione nella lirica di Huchel, ma la sua durezza sotto il sole impietoso, che minaccia
di inaridire ogni forma di vita e che la rende strettamente dipendente dal ritmo delle ore
del giorno e delle stagioni. Che Huchel, anche dopo il 1971, abbia mantenuto il proprio
sguardo incorrotto - e quindi anche la continuità del suo linguaggio figurato - depone in
ogni caso a suo favore più di quanto avrebbe fatto una tendenza alla trasfigurazione della
vita meridionale, comprensibile dopo anni di isolamento.
156
In Gezählte Tage (G.W. I, rispettivamente pagg. 183, 182, 187).
77
Nelle immagini "meridionali" di Huchel è inoltre rilevabile una parentela strutturale con
quelle delle sue poesie "settentrionali".
Questa relazione si coglie al meglio in Ölbaum und Weide (Olivo e salice), composta nel
1971, non da ultimo perché questa poesia rivela quell'unità di memoria
immaginativa presente sia dell'opera prima che dell'opera più tarda di Huchel:
Im schroffen Anstieg brüchiger Terrassen
dort oben der Ölbaum,
am Mauerrand
der Geist der Steine,
noch immer
die leichte Brandung
von grauem Silber in der Luft,
wenn Wind die blasse Unterseite
des Laubs nach oben kehrt.
Nell'erta salita di fragili terrazze
lassù l'olivo,
sull'orlo del muro
lo spirito delle pietre,
ancora
la lieve risacca
di cinereo argento nell'aria,
quando il vento rivela la pagina
pallida delle foglie.
Der Abend wirft sein Fangnetz ins Gezweig.
Die Urne aus Licht
versinkt im Meer.
Es ankern Schatten in der Bucht.
La sera getta la sua rete tra i rami.
L'urna di luce
s'inabissa nel mare.
Ombre calano l'àncora nella baia.
78
e forza
Sie kommen wieder, verschwimmend im Nebel,
durchtränkt
vom Schilfdunst märkischer Wiesen,
die wendischen Weidenmütter,
die warzigen Alten
mit klaffender Brust,
am Rand der Teiche,
der dunkeläugig verschlossenen Wasser,
die Füße in die Erde grabend,
die mein Gedächtnis ist.
Ritornano, evanescenti nella nebbia,
pregne
di vapori di canne di prati della marca,
le madri vende dei salici,
le verrucose vecchie
dal petto spalancato,
sul bordo degli stagni,
di appartate acque dagli occhi oscuri,
affondando i piedi nella terra
che è la mia memoria.
Le tre strofe non rimate sono articolate quasi simmetricamente. Evidentemente la poesia
è disposta secondo corrispondenze, circolarmente. Questa trasparenza della struttura
trova il suo pendant nella simmetria della sintassi. Entrambe le strofe I e III,
rispettivamente di nove e dieci versi, sono costituite da una frase ciascuna; la strofa
mediana, di solo quattro versi anch'essi a disposizione simmetrica, è costituita di tre
sequenze, di cui quella centrale rappresenta anche il cuore di tutta la poesia. La sua
posizione lascia presumere che il suo peso, nel processo lirico, sia particolare.
Due sono i campi di immagini che - secondo Ohl - si confrontano nelle strofe I e III e che
si caratterizzano, oltre che per la contrapposizione sud-nord, anche per la tensione di
chiaro e scuro, dinamicità e staticità. In considerazione di queste contrapposizioni alla
strofa mediana viene nuovamente conferito un significato particolare. Deve, se
non
proprio mediare tra le strofe I e III, almeno motivare il passaggio da una all'altra.
Pare che l'io lirico prenda parola solo attraverso l'uso del pronome possessivo dell'ultimo
verso ("mein"); in realtà, come osservatore e giudice, è presente già dall'inizio. Gli avverbi
di tempo a metà della prima strofa, "noch immer", sono comprensibili solo come giudizio
di un io lirico, come sguardo stupefatto a qualcosa di già osservato prima.
Questo "noch immer" è espressione di un incontro con qualcosa di quasi dimenticato ed
evidentemente non più vissuto per molto tempo, e la rinnovata esperienza sorprende e
rende felici. E' un paesaggio mediterraneo, chiaro e luminoso, quello nel quale l'io lirico si
vede trasposto. Nelle "brüchige Terrassen" vi è traccia del tempo che trascorre, ma non
solo: vi è la luce meridionale e l'olivo, definito due versi dopo "Geist der Steine" ("spirito
delle pietre"), una metafora che si ricollega al senso positivo, imperituro delle pietre,
mediante la quale l'io lirico implicitamente afferma di vedere nell'albero più di un semplice
79
elemento della natura del sud. La motilità delle foglie dell'olivo è comune a quella di molti
altri alberi, il suo aspetto quindi non giustifica ancora la sua definizione di "Geist der
Steine". La metafora coglie soprattutto la sua dimensione storico-culturale, essendo l'olivo
un'espressione della cultura meridionale ancora più esclusiva della vite, diffusasi anche
a nord. Oltre a simboleggiare, nell'iconografia cristiana, la pace, l'olivo, quale albero
sacro ad Atena, rappresenta un principio contrario a quello dionisiaco, simbolizzato dal
vino. E' decisamente più vicino del vino alle apollinee facoltà creatrici. Il paesaggio nelle
poesie italiane di Huchel è quindi paesaggio culturale.
La seconda strofa inizia con un'immagine completamente nuova. Si tratta di un paesaggio
costiero a sera, nell'ora del tramonto. L'oscurità erompe improvvisamente. La suggestione
che emana da questo scenario serotino nasce da un lato dalla lievità con cui viene visto
sopraggiungere il buio in una baia, dall'altro dal fatto che trascende la realtà osservata.
Chi sono le "ombre" che gettano l'ancora nella baia? Solo barche al ritorno? Non a caso
la metafora più complessa sta proprio al centro della poesia: "Die Urne aus Licht /
versinkt im Meer.": il sole, dispensatore di vita, nell'istante del suo tramonto. In questa
metafora si percepisce quanto luce ed oscurità, vita e morte siano strettamente legate.
Il quadro serale di questa strofa rappresenta forse un'anteprima della "sera" della propria
vita? Il
"noch immer" della prima strofa non vale nella stessa misura per l'io lirico. Nel
suo rinnovato incontro con il sud pare si mischi, non ricercata, l'esperienza del proprio
invecchiamento, sicché esso sente il giorno che si avvia al termine come segno del
declino del proprio giorno di vita. Anche le "ombre" appartengono ad un altra riva, ad
un'altra epoca.
Apparentemente senza un momento di transizione, la terza strofa si lancia in nuove
immagini che descrivono il ritorno di qualcosa che si credeva scomparso da tempo. Tra
olivo e salice esiste un tertium comparationis: anche le lievi e strette foglie del salice
possiedono una pagina inferiore più chiara, anch'esse tremano al vento e volgono la
parte più chiara all'esterno.
Non è difficile riconoscere in questi versi elementi del
paesaggio della marca brandeburghese. I salici sono profondamente impressi nella
memoria del poeta così come la "Erde" che l'io lirico chiama "mein Gedächtnis".
80
Tra le poesie pubblicate nel 1948 con il titolo Gedichte vi è Wendische Heide (Brughiera
venda), tradotta in ceco da Ludvík Kundera il quale, nel 1958, chiese a Huchel
delucidazioni sul significato della parola "wendisch". Il poeta gli fornì questa spiegazione:
"Wendische Heide" ... Keinesfalls "Lausitzer", eher schon "sorbisch", aber auch das
entspricht nicht ganz, weil es zu sehr lokalisiert.
"Wenden" war ursprünglich die
allgemeine Bezeichnung für Slawen, die vom 7. Jahrhundert an zwischen Oder, Havel,
Spree, Elbe, Saale und dem Erzgebirge wohnten."
157
"Wendisch", secondo il poeta, possiede quindi una dimensione storica e geografica
relativa a quell'area cui appartengono la marca del Brandeburgo e la regione della Havel.
Le "wendische Weidenmütter" sono elementi di un paesaggio lirico, come il "Schilfdunst
märkischer Wiesen" o le "dunkeläugige verschossene Wässer" - esistono solo nelle
poesie di Huchel. Ma come componenti della propria esistenza, entrate a far parte della
propria opera, le immagini delle "wendische Weidenmütter", trasformate in "warzige
Alten", non possono venire dimenticate. Insieme al presente "italiano", formano, con la
vita futura, un'unità indivisibile, della quale l'io non può disporre a propria scelta.
Che il riemergere dei ricordi abbia rilevanza ai fini dell'unità dell'opera di Huchel si può
rilevare anche da un altro elemento contenuto in Ölbaum und Weide,
ovvero l'uso
metaforico della luce che pone questa poesia in stretto rapporto con altre opere di
Huchel.
Der Garten des Theophrast, come precedentemente visto, inizia con i versi "Wenn
mittags das weiße Feuer / Der Verse über den Urnen tanzt". Alfred Kelletat158 afferma
che in quel contesto con "urna" sicuramente s'intende non un barocco "vaso funerario",
ma un "contenitore di tutto ciò che resta del passato e della caducità", significato cui si
perviene attraverso quello di "brocca, anfora". Su quegli antichissimi vasi danza il "bianco
157 "Brughiera venda, (...) in nessun caso "della Lusazia", piuttosto "soraba", ma anche questo termine non
corrisponde del tutto, perché localizza troppo. "Wenden" era in origine la denominazione generica per
quegli "slavi" che a partire dal VII secolo vissero tra Oder, Havel, Spree, Elba, Saale e i Monti Metalliferi".
(G.W., II, 341).
158 Alfred Kelletat: Peter Huchel: "Der Garten des Theophrast" (In Über Peter Huchel, op.cit.; pag. 96).
81
fuoco" dei versi, come se con esso guizzasse sino a spegnersi tutto ciò che è esistito,
avvenimenti, pensieri, vita vissuta.
Così anche l'oscurità della strofa mediana di Ölbaum und Weide perde molto del suo
minaccioso carattere perentorio. Non a caso l'immagine dell' "urna di luce" sta
esattamente al centro di questa poesia: è una metafora che pone in relazione non solo
Der Garten des Theofrast e Ölbaum und Weide, ma in senso più ampio l'opera prima e
l'opera tarda del poeta. L'immagine del "bianco fuoco dei versi" che "danza sulle urne"
può essere considerata una contaminazione tra nord e sud, presente e passato, nella
misura in cui collega la terra di provenienza del "bianco fuoco", ovvero la brughiera
settentrionale, con l'antico mondo meridionale delle urne. Nell'immagine dell'urna di luce
le due realtà si sovrappongono e divengono cifra dell'opera poetica hucheliana. L'urna è
immagine di una "memoria", che come memoria poetica è caratterizzata dalle sue facoltà
produttive e di associazione, il cui simbolo può solo essere la luce. La memoria creativa
del poeta intreccia presente e passato, settentrione e meridione, mitico-arcaico e forme e
contenuti moderni. Giustamente Huchel dirà retrospettivamente di essere continuamente
tornato all'antico motto agostiniano "Haus meines Gedächtnisses". Presenti sono nei suoi
versi gli elementi della provenienza nordica, le "wendische Weidenmütter", così come le
immagini meridionali di nuova acquisizione. Nei suoi testi il passato, il presente e il futuro
acquisiscono presenza propria e la natura per Huchel funge, riprendendo una definizione
di Ingo Seidler, da "matrice di possibili metafore".159
159
"Matrix möglicher Metaphern"; op. cit.
82
1971-1981: I presagi di morte: Die neunte Stunde
L'ultimo volume di poesie pubblicato da Huchel (il secondo dal suo trasferimento in
occidente) è Die neunte Stunde160, che raccoglie liriche composte negli anni 1972-1979.
Il poeta le dispose in un ordine particolare - che verrà rispettato in sede di analisi delle
stesse - ripartendole in sei capitoli contraddistinti da un numero romano. Solo in alcune
copie dattiloscritte si trovano le date di composizione delle varie liriche. Per il VI capitolo
la signora Monika Huchel fornì la seguente spiegazione:
"Die vier letzten Gedichte in Die neunte Stunde - König Lear ist das definitiv letzte - sind
zwischen Ende Oktober 1977 und Mitte November 1977 entstanden, denn Mitte
November schickte er (P.H.) sie mir, nach telefonischem Gespräch darüber, aus Hamburg
mit der Einwendung, es seien allererste Entwürfe. Ich schickte sie ihm getippt zurück, eine
weitere Bearbeitung hat es nicht gegeben."161
Huchel viene considerato un poeta poco prolifico: le poesie che diede alle stampe,
contenute complessivamente in quattro raccolte,
(Gedichte; Chausseen Chausseen;
Gezählte Tage; Die neunte Stunde) sono circa duecento.
Secondo il parere di molti
critici, pochi sono i poeti che possono permettersi un simile "ritegno", senza correre il
rischio di venire rapidamente dimenticati. 162
Come il titolo della raccolta Gezählte Tage, anche Die neunte Stunde rimanda ad una fine
imminente, ad un tempo che non pare più essere infinito, ma che viene anzi percepito nel
suo inesorabile scorrere sino all'attimo estremo. Ed ecco che lo stile di Huchel, già così
sobrio, diviene
ancor più lapidario. Dietro ogni parola si percepisce un riferimento,
un'allusione che però è difficile cogliere completamente ed esplicitare; il linguaggio si fa
160
Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M., 1979.
"Le quattro ultime poesie di Die neunte Stunde - König Lear è definitivamente l'ultima - nacquero tra fine
ottobre 1977 e metà novembre 1977, perché a metà novembre egli (Peter Huchel) me le spedì da Amburgo
dopo un nostro colloquio telefonico, obiettando che erano tutte primissime stesure. Io gliele rispedii
dattiloscritte, un'ulteriore elaborazione non ci fu." (G.W. I, 433).
162 V. Hans Mayer, Walter Jens, Rudolf Hartung, Karl Krolow e altri in Hommage für Peter Huchel, Monaco
1968.
161
83
più criptico e cifrato. Se a fare da sfondo ad alcune poesie di Chausseen Chausseen era
stata la mitologia greca, nelle ultime poesie gli scenari divengono talvolta biblici ed il tono
di Huchel si fa testamentario.
Già nella poesia intitolata Zwölf Nächte (1938) Huchel aveva inconsapevolmente indicato
la durata della tirannia nazista in Germania. Späte Zeit (1933) attira l'attenzione su di
un'incombente minaccia non specificata, e ciò ricorrendo solo a serie di immagini di
natura autunnali: "Horch, es rascheln Totenkronen, / Nebel ziehen und Dämonen". Nella
più tarda poesia hucheliana la prospettiva del profeta diviene una caratteristica
essenziale del tono ed atteggiamento dell'io lirico.
Le ultime poesie hucheliane si costituiscono come una deriva dell'esperienza, quasi che
le facoltà di percezione venissero totalmente annullate. Ove non c'è luce, la possibilità di
vedere è ridotta, se non addirittura nulla; ove non vi sono suoni, l'orecchio resta inerte.
Nel corso di un'intervista del 1974 con Karl Corino, Huchel affermò:
"Ich raune ja meist meine Verse vor mich hin. Ein paar Worte sind da, vielleicht eine
Metapher, ein paar Eisenspäne gleichsam. Sie kommen später in ein Magnetfeld hinein,
werden strukturiert, es kommt zum Bild, zum Gleichnis, und dann ist das Gedicht da."163
Wolfgang Heidenreich164 commenta così le affermazione del poeta: chi mormora165
insiste nella reiterazione di tracce di senso e suono, nella ricerca del non ancora
comprensibile; scandisce le parole, dispone in base al senso le immagini della storia,
della natura, della propria vita; evoca.
Se ad Huchel venne spesso rimproverato, soprattutto dalla critica letteraria della RFT, di
fare troppo frequente uso di metafore ed immagini oscure, vale la pena di riportare qui la
replica di Alfred Kantorowicz:
163
"Perlopiù mormoro i miei versi tra me e me. C'è qualche parola, forse una metafora, un po' di limatura
di ferro, per così dire. Più tardi entrano in un campo magnetico, vengono strutturati, si crea un'immagine,
una metafora, ed ecco la poesia." (Da Ich raune Verse vor mich hin; Keine gute Zeiten für Lyrik. Intervista
con Karl Corino - G.W. II, pag. 389).
164 W.Heidenreich: Deutzeichen: Begegnungen und Leseerfahrungen mit Peter Huchel (Da Bild und
Gedanke, Monaco 1980, pag. 434-446).
165 "der Raunende", dal gotico "giruni" = "bisbiglio, consiglio"; alemanno "run" = "accordo segreto".
84
"Ganz
unpolemisch,
nur
erklärend
weise
ich
darauf
hin,
daß
solche
Kritik
bemerkenswerterweise von denen kommt, die seit 1933 ungebrochen im Einverständnis
mit den jeweiligen Machthabern waren. Solche wahrhaft glücklich zu Preisenden, die nie
im geistigen Widerstand gestanden haben, also niemals verschlüsselt oder verschleiert
ihre Not, ihre Scham, ihren Widerspruch verständlich machen mußten, wissen weder vom
Lebensgefühl noch vom Intellekt her, wie man sich Mitleidenden kenntlich macht, daher
sie trotz ihres Scharfsinns oft für Metaphorik halten, was in Wahrheit Chiffre ist, die über
die Welle der Gleichgestimmtheit von denen empfangen und entschlüsselt wird, die
zugänglich sind."166
166
"Senza polemizzare, al solo scopo di chiarire, faccio notare che questa critica - e ciò è degno di nota proviene da coloro che dal 1933 hanno sempre dato il proprio consenso ai vari potenti. Queste persone, che
davvero possono essere considerate fortunate, mai sono state spiritualmente all'opposizione, e quindi mai
hanno dovuto rendere comprensibile in modo cifrato o velato il loro disagio, la loro vergogna, la loro
contraddizione. Esse non sanno né in base alle proprie sensazioni, né in base al proprio intelletto, come
farsi riconoscere da coloro che condividono la stessa sofferenza; perciò esse, nonostante la loro acutezza,
spesso considerano metafora ciò che in realtà è cifra che, per sintonizzazione, viene recepita e decifrata da
coloro che sono raggiungibili." (A.Kantorowicz, Das beredte Schweigen des Dichters Peter Huchels; in Das
Einhorn. Jahrbuch Freie Akademie der Künste in Hamburg, 1968; pag. 181).
85
2.
EXCURSUS:
HUCHEL E SHAKESPEARE
Peter Huchel aveva già pubblicato nella rivista "Die literarische Welt" alcune poesie ed il
già citato brano autobiografico, Europa neunzehnhunderttraurig, quando il suo editore,
Willy Haas, gli fornì lo spunto per scrivere il suo primo brano su un tema shakespeariano.
L'occasione, nel maggio 1931, fu una serie di brani raccolti sotto il titolo Shakespeares
Mädchen und Frauen, a cui faceva da prefazione la seguente nota editoriale:
"Unter diesem Titel schrieb Heinrich Heine 1838 eine Reihe brillanter kleiner Aufsätze. Wir wollte einmal sehen, was (jenseits aller selbstverständlicher Pietät vor Shakespeare)
ein junger Dichter oder Schriftsteller von heute mit diesen Frauenfiguren anfangen kann.
Um 1910 dichtete noch der geniale jungverstorbene Georg Heym sein Gedicht Ophelia.
Wir legen heute eine kleine Novelle, eine Reportage und ein Gedicht vor, die wir angeregt
haben..." 167
L'omaggio di Huchel alla "galleria shakespeariana" fu la novella breve Desdemona. Il
poeta rielaborò la tempestosa relazione di Otello e Desdemona, trasponendola nella
Parigi contemporanea, dove una studentessa bretone incontra un giovane studente
americano nero di buona famiglia
e se ne innamora. Ma nella ragazza nasce una
crescente ossessione per il colore della pelle del giovane. La loro relazione termina.
Questa breve novella, scritta all'età di ventotto anni, costituisce di fatto una delle poche
occasioni in cui Huchel si avventurò nel regno della prosa.
Nella prefazione editoriale Willy Haas si era riferito a Georg Heym ed alla sua poesia
Ophelia. Nel 1965 anche Huchel compose una Ophelia168, dedicandola a Nelly Sachs.
167 "Con questo titolo Heinrich Heine scrisse nel 1838 una serie di brillanti piccoli saggi. Volevamo vedere
che cosa (al di là di ogni ovvio rispetto per Shakespeare) sa fare un giovane poeta o scrittore di oggi di
queste figure femminili. Attorno al 1910 Georg Heym, il geniale poeta prematuramente scomparso,
compose la sua poesia Ophelia. Oggi presentiamo una novella breve, un reportage ed una poesia, di cui
abbiamo stimolato la composizione..." (Da "Die literarische Welt" 7, 1931 n. 18; G.W. II, pag. 421-422 ).
168 In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 175).
86
L'erezione del muro di Berlino pareva a quei tempi il simbolo dei problemi che la
Germania divisa si trovava a dover fronteggiare dalla fine della Seconda Guerra
Mondiale. Nel 1963 Huchel viveva già nell'isolamento di Wilhelmshorst. Attingendo a
Shakespeare Huchel trovò caratteri archetipici che l'avrebbero aiutato a riflettere la realtà
del presente. In Ophelia, che apre la raccolta Gezählte Tage, Huchel aggiorna un tema
letterario per ritrarre la situazione di chi vorrebbe fuggire attraverso il confine tra le due
Germanie.
Il terzo e quarto verso della poesia rievocano un'immagine simile tratta da una poesia di
molto antecedente, Kinder im Herbst: "gingen wir Kinder mit Schnur und Messer /
luchwärts watend durch seichtes Gewässer"169, ove erano presenti innocenti intenti
infantili, essendo lo scopo dei bambini quello di ricavare da ramoscelli di salice verghe
per bigonce e steccati: "um aus den jungen biegsamen Weiden / Ruten für Kiepen und
Zäune zu schneiden"170. L'attività dei non identificati "sie" della prima strofa di Ophelia
appare invece sempre più minacciosa, man mano che si aggiungono particolari: ("das
Waten von Stiefeln / im seichten Gewässer, / das Stoßen von Stangen, / ein rauher
Kommando"). E' l'immagine archetipica della caccia, del cacciatore con i suoi cani, della
morte in se'. Nell'infanzia era esistito un mondo magico, ma in Ophelia l'armonia con la
natura risulta distrutta per sempre. I sogni divengono incubi reali, la "Sternenreuse" che
aveva dato il titolo ad una delle poesie di Huchel, diviene una "Stacheldrahtreuse".
Il volume Gezählte Tage raccoglie altre poesie "shakespeariane": Middleham Castle171 e
Macbeth172
Come rileva Ian Hilton173, la genesi di Middleham Castle offre un particolare esempio del
procedimento poetico adottato da Huchel:
Vertraut mit den Gewohnheiten großer Wälder,
Esperto delle abitudini delle grandi foreste,
169
"andavamo noi fanciulli con laccio e coltello / verso la palude guadando nell'acqua bassa" (da Gedichte;
G.W. I; pag. 61).
170 "per tagliare da giovani flessibili salici / verghe per gerle e recinti".
171 G.W. I, pag. 195.
172 G.W. I, pag. 197.
173 Ian Hilton: Huchel and Shakespeare; in "German Life & Letters - A Quarterly Review" - vol. XXXIX
1985-1986; Oxford, pag. 220-228.
87
das Jahr streift in den Farben des Eichelhähers
die schmerzliche Helle erstarrter Äste,
das Winterhaar des Hirsches klebt an der Rinde,
die Kälber stehen abends dicht gedrängt,
sich wärmend an der Wolke des eigenen Atems,
zieh ich mit Stricken und Pferden die Stämme
den Ginsterhügel hinauf nach Middleham Castle.
l'anno sfiora nei colori della ghiandaia
il doloroso chiarore di rami irrigiditi,
il manto invernale del cervo s'incolla alla corteccia,
i vitelli a sera s'accalcano,
scaldandosi nella nube del proprio respiro,
trascino con funi e cavalli i tronchi
su per la collina di ginestre, verso Middleham Castle.
Dies will ich bezeugen, beim Herdfeuer hier.
Im Mond sah ich den hinkenden Schatten
des Königs, Gloster ging um, in Rot gekleidet,
den schmutzigen Zobel über dem Buckel,
das kurze Schwert am Gürtel. Er kroch
durch mächtige Wurzeln der Eiche in die Erde.
Dort lag ein Klumpen geronnenen Bluts,
aus dem er Ketten und Ringe zerrte.
Questo voglio testimoniare, qui presso il focolare.
Nella luna vidi l'ombra claudicante
del re, Gloster s'aggirava, vestito di rosso,
il sudicio zibellino sulla gobba,
la corta spada alla cintola. Striciando
tra possenti radici di quercia penetrò nella terra.
Lì era un grumo di sangue rappreso
dal quale strappò catene ed anelli.
In Nächten langer Helle
steht er im brüchigen Schatten
des Faulbaums an der Mauer,
die weißen Schwalben
nisten in seinem Zimmer.
In notti di prolungato chiarore
egli sta nella fragile ombra
della frangola accanto al muro,
le bianche rondini
nidificano nella sua stanza.
Er stieg aus seiner Grube,
gräserstill,
die Wolfsmilch ätzte seine Spur.
Riemerse dalla sua fossa,
tacito come erba,
l'euforbia corrose la sua orma.
Hornissen schwärmten,
der Überfall von Blüten
konnt ihn nicht ersticken.
Calabroni sciamavano,
l'assalto floreale
non poté soffocarlo.
Wurmstichig ist sein Fuß.
Die Steine schleifend,
geht Gloster zu den Ställen.
Die Doggen senken ihren Kopf
dem Peitschenhieb entgegen.
Tarlato è il suo piede.
Levigando le pietre,
Gloster va nelle scuderie.
Gli alani chinano il capo
in attesa della frustata.
Knechte sind wir
und fürchten sein Messer,
liegt auch sein Schädel,
von vielen Wintern kahlgepickt,
tief in der Erde.
Servi siamo
e temiamo il suo coltello,
pur giacendo il suo cranio,
spogliato dal becco di molti inverni
nel profondo della terra.
Negli anni Sessanta Huchel aveva scritto una poesia che avrebbe potuto essere una lirica
di natura, dal titolo Frühling174. La sua strofa iniziale narra di notti primaverili in cui la luna
illumina la stanza ove l'io lirico può osservare l'ombra spezzata di una frangola presso il
muro. Lo scenario serve per introdurre il tema della poesia, che è contenuto nella
seconda strofa. Qui l'idea del male e di intenzioni maligne s'insinua con il richiamo a
Riccardo III. Huchel ha chiarito altrove che introducendo la figura di Gloucester aveva in
mente Walter Ulbricht.175 La poesia assume perciò toni politici. Quando poté espatriare
(in virtù di un ritardato atto di clemenza di Ulbricht, prima del ritiro di questi dalla scena
174
175
Pubblicata per la prima volta nei Gesammelte Werke I, pag. 353.
G.W., I, 423.
88
politica), Huchel si recò in Gran Bretagna e nel corso del suo viaggio visitò Middleham
Castle. Quell'esperienza fruttò la rielaborazione di Frühling in una poesia più complessa,
Middleham Castle.
Situato a Wensleydale, Middleham Castle era il luogo dove Riccardo III venne inviato da
ragazzo per venire educato alle arti marziali e cortesi. Gli anni che vi trascorse furono
apparentemente felici. Il castello, noto a quell'epoca come "Windsor del Nord", anche
successivamente fu dimora di Riccardo, della moglie e di suo figlio. Riccardo si creò un
nutrito seguito ed un'esistenza ordinata. Huchel, tuttavia, vede Riccardo, duca di
Gloucester, nel modo in cui Shakespeare lo tratteggiò, ossìa come incarnazione del male.
L'imponente castello sulla collina è lo scenario della strofa d'apertura di Middleham
Castle, con il suo tono misurato e l'evocazione dell'atmosfera di una scena invernale. Dal
castello si passa alla descrizione del suo signore. La descrizione del re nella seconda
strofa si accorda con il ritratto tradizionalmente tramandato: zibellino, spada. Il suo
insinuarsi nella terra estraendo anelli e catene da un grumo di sangue rappreso allude
agli atti di violenza commessi in suo nome durante la lotta per il potere. Il lessico è vivido:
"hinkenden Schatten", "kroch", "Klumpen geronnenen Bluts", "zerrte". L'immagine è
sinistra.
Questo è il punto di inserzione delle due strofe di Frühling in forma lievemente variata,
ove l'io lirico, che è il soggetto della prima di queste strofe originarie, lascia il posto alla
figura di Gloucester (che come prima resta il soggetto della seconda strofa). Una terza
strofa viene aggiunta da Huchel per completare il ritratto del re. Viene enfatizzata la sua
andatura claudicante. I cani si piegano alla sua frusta. La bellezza della natura non ha
potere su di lui ("der Überfall von Blüten / konnt ihn nicht ersticken"). Nella strofa
conclusiva di Middleham Castle, Huchel supera il contesto personale di un "faccia a
faccia" con Gloucester-Ulbricht ed il suo commento abbraccia l'essere umano in generale,
ovvero chiunque sia impegnato nella lotta per la vita che implica oppressione e
soppressione. Ciò viene chiaramente espresso dall'uso della prima persona plurale, che
sostituisce la prima persona singolare. Sebbene Riccardo sia morto ("liegt auch sein
Schädel, / von vielen Wintern kahlgepickt, / tief in der Erde"), il suo fantasma sopravvive,
89
perseguitandoci attraverso le epoche sino ai giorni nostri, e - Huchel afferma - siamo
impauriti dalla memoria e dal terrore che sorsero e che ancora sorgono dalla sua tomba:
"Knechte sind wir / und fürchten sein Messer".
Macbeth è un'altra poesia che attinge a Shakespeare e nella quale il poeta assume la
maschera del protagonista della tragedia omonima:
Mit Hexen redete ich,
in welcher Sprache,
ich weiß es nicht mehr.
Con streghe discorrevo,
in quale lingua
non so più.
Aufgesprengt
die Tore des Himmels,
freigelassen der Geist,
in Windwirbeln
das Gelichter der Heide.
Forzati
i cancelli del cielo,
liberato lo spirito,
in ventosi vortici
la plebaglia della brughiera.
Am Meer
die schmutzigen Zehen des Schnees,
hier wartet einer
mit Händen ohne Haut.
Ich wollt, mein Mutter
hätt mit erstickt.
Sul mare
i sudici alluci della neve,
qui attende uno
dalle mani scorticate.
Vorrei che mia madre
mi avesse soffocato.
Aus den Ställen des Winds
wird er kommen,
wo die alten Frauen
das Futter häckseln.
Dalle scuderie del vento
egli giungerà
dove le vecchie
tritano il mangime.
Argwohn mein Helm,
ich häng ihn
ins Gebälk der Nacht.
Sospetto, il mio elmo,
lo appendo
alle travi della notte.
I versi d'apertura si riferiscono all'incontro delle streghe con Macbeth.176 Nella tragedia
shakespeariana le streghe personificano forze disintegratrici. Macbeth è ossessionato dai
sospetti. Per sfidare Macduff e altri, indossa la sua armatura. Il sospetto non lo lascerà
sino all'arrivo della morte.
Solo tolta l'armatura - perciò al momento della morte - il
tormento verrà placato. E dietro l'agonia spirituale di Macbeth, che trova riscontro
nell'affermazione contenuta nella surreale terza strofa, vi sono le ansie di Huchel. Nel
contesto della propria posizione negli anni Sessanta non è difficile scoprire la natura dei
tormentosi sospetti di Huchel, quando a Wilhelmshorst sentiva una rete stringerglisi
176
Atto IV, scena I.
90
inesorabilmente attorno. Anche
Huchel solo alla fine appenderà il proprio elmo (il
sospetto) alle travi della notte (la morte): "Argwohn, mein Helm, / ich häng ihn / ins Gebälk
der Nacht".
Huchel trovò in Shakespeare ispirazione per tre poesie della sua ultima raccolta, Die
neunte Stunde: Schottischer Sommer; lm Kalmusgeruch dänischer Wiesen177 e König
Lear178.
Schottischer Sommer venne pubblicata per la prima volta, senza epigrafe, nella
"Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 29.12.1975:
177
178
G.W. I, pag. 257.
G.W. I, pag. 257.
91
"What seemed corporal melted
as breath into the wind"
(Shakespeare, Macbeth)
Schottischer Sommer,
unter der Eiche
zopftrocken
sitzend die Weiber aus Cawdor,
manche verborgen im Licht der Wolken,
abgeblühte Nesseln im Sand.
Über die Felsen herab
Trompetenstöße, ein Klirren
wühlt die Brandung auf.
Estate scozzese,
sotto la quercia
sedendo con l'arida chioma
le comari di Cawdor,
talune celate nella luce delle nubi,
ortiche sfiorite nella sabbia.
Giù per le rocce
squilli di tromba, un tintinnio
agita la risacca.
Nebel, der sie erzeugte,
bald ist es Winter,
dünnes, nie ruhendes Holz,
der Schnee fegt hin und her
und stäubt die Öde an.
Nebbia che le generò,
presto sarà inverno,
rado bosco mai cheto,
la neve turbina qui e là
ricoprendo la desolazione.
Dürr und düster
vor der goldenen Naht des Abends
hocken sie auf zerrissenen Fellen.
Wenn der Mond
die Zeiger verrückt am Turm,
starren sie mit erloschenen Augen.
Unbewohnbar die Trauer,
die an den Klippen verebbt.
Affilate e afflitte
innanzi alla sutura dorata della sera
siedono su pelli lacere.
Quando la luna
muove le ore sulla torre,
fissano con occhi spenti.
Inabitabile il cordoglio
che scema lentamente sugli scogli.
L'aggettivo "schottisch" rimanda ai luoghi che fanno da cornice alla tragedia
shakespeariana. La seconda parola del titolo, "Sommer", non solo per la coincidenza del
titolo, richiama l'attenzione sulla poesia di Huchel Sommer, pubblicata nel 1948, in cui
l'inno all'estate si tramuta in un inno alla terra: "Dich will ich rühmen / Erde"179. Secondo
l'interpretazione di C. van Ryckeghem, questo verso è espressione della venerazione di
Huchel per la figura della grande Madre Terra, simbolo di una terra dalle connotazioni
divine, comune a tutte le più antiche mitologie. Huchel conosceva l'opera di Johann Jakob
Bachofen Das Mutterrecht180, che venne ristampata proprio all'epoca in cui
egli iniziò la
sua carriera poetica e che gli fornì interessanti spunti su quel tema.
Nelle sue prime poesie la Madre Terra compare dapprima sotto le spoglie di serva,
fantesca, dispensatrice di vita e figura protettrice della giovane vita. Essa è "mehr als
179
In Gedichte (G.W. I, pag. 64): "(...) Dich will ich rühmen, / Erde, / noch unter dem Stein, / dem
Schweigen der Welt / ohne Schlaf und Dauer."
180 J.J.Bachofen, Das Mutterrecht. Eine Untersuchung über die Gynaikokratie der alten Welt nach ihrer
religiösen und rechtlichen Natur. Basilea, 1861; 1948.
92
Mutter noch"181. Più tardi tuttavia la fresca servetta diviene una vecchia decrepita dai tratti
demoniaci, come in Schlucht bei Baltschik182:
Eine Greisin,
Die Stirn tätowiert,
Geht durch die Schlucht,
Una vecchia che ha
tatuata la fronte
attraversa la gola.
Si osservi inoltre che la grande Madre Terra, anche sotto le sembianze di vecchia, ricorre
nelle leggende della marca venda ove Huchel trascorse l'infanzia. La metamorfosi della
giovane fantesca d'altra parte rispecchia l'atteggiamento dell'anziano Huchel nei confronti
della propria opera, espresso anche dalla scelta dei titoli per le sue singole raccolte.
Infatti quella strada della vita che in Chausseen Chausseen viene intrapresa con la
sensazione di un futuro, si abbrevia in seguito con Gezählte Tage e scompare infine nel
definitivo senso di morte in Die neunte Stunde.
Huchel chiama le streghe "Die Weiber aus Cawdor", alludendo alla tragedia di
Shakespeare, in particolare al brano in cui Machbeth, poco prima della sua profezia,
diviene "thane of Cawdor". Le comari siedono "zopftrocken" (con la chioma disseccata)
sotto la quercia.
Perché "zopftrocken" - si chiede la Ryckeghem. La prima parte di questo neologismo
hucheliano, "Zopf", rimanda ai capelli, quella parte del corpo che Bachofen183 pone in
relazione all'erba ed alle canne. Canna ed erba, simboli della fertilità e della forza vitale,
appartengono alla "tellurica" vegetazione palustre e quindi sono in stretta relazione con la
Madre Terra. Tramite l'associazione con l'erba anche i capelli divengono simbolo di
fertilità, forza vitale e magica.
In Huchel l'associazione "Gras-Haar" è abbastanza
frequente. Nella poesia Mädchen im Mond ad esempio egli parla di "Gräserdünnen
Brauen"184 e nella tarda poesia Philipp185 compaiono "Die grashaarigen Kinder".
La seconda parte della parola composta, "trocken", si rivela paradossalmente simmetrica
alla prima. Sottintende che la forza vitale e magica dei capelli, e quindi in ultimo delle
181
"ancor più che madre": v. Die Magd (v. sopra: 1925-1933: Le origini idilliache: Herkunft).
Da Chausseen Chausseen; G.W. I - pag. 125.
183 Op. cit.
184 "Sopracciglia sottili come erba" (Da Der Knabenteich; G.W. I, pag. 17).
185 V. analisi specifica della poesia; in Die neunte Stunde; G.W. I, pag. 238.
182
93
streghe, è svanita. La chioma non è più simbolo di fertilità. Questa interpretazione viene
confermata dalla similitudine, presente nella poesia, tra le comari e l'ortica, che cresce su
terreni sterili e riarsi, al contrario dell'artemisia ("Beifuß" oppure "Mutterkraut"), che nelle
poesie giovanili accompagnava spesso la figura della serva, della giovane Madre Terra.
In Schottischer Sommer le ortiche sono "abgeblüht" (sfiorite)
nella sabbia: ancora
un'immagine che evoca la sterilità del terreno della brughiera dove Macbeth incontra le
streghe. Allo stesso tempo la sabbia ricorda il paesaggio della marca venda di Huchel,
che egli, in Der Knabenteich186, aveva definito "Hexenheide".
La quercia sotto la quale siedono le comari è un albero sacro anche a Zeus e rappresenta
vita e morte. Come la grande Madre Terra la quercia, in questa tarda poesia hucheliana,
del suo ambivalente simbolismo mostra solo il registro funebre legato alla morte.187
Nella costruzione al genitivo "Licht der Wolken" si trovano reminescenze della poesia
giovanile Du Name Gott188, in particolare dei versi: "Du schweigst bewölkt"; "O regne Licht
in uns!". Questi versi esprimono la rivolta di Huchel contro un dio lontano, celato tra le
nubi. Dio viene ora sostituito dalle streghe. Come rilevato da Vieregg, Huchel non era
alieno dal ritenere che il vuoto sorto dalla scomparsa della divinità fosse colmato dalle
forze del male. In questo mondo divenuto un inferno apocalittico, al posto di Dio vi sono
diavoli e streghe.
In Schottischer Sommer la seconda strofa non pare in esplicita connessione con la prima
e la terza: "Nebel, der sie erzeugte": il "sie" sottintende le streghe. La nebbia, con cui
inizia questa strofa, è qui (come spesso anche in altre poesie) un segno dell'assenza di
Dio189.
186
G.W. I, pag. 59.
Delle scure quercie rupestri si dice che fossero sacre ad Ecate, divinità che presiedeva alla magia e agli
incantesimi, legata al mondo delle ombre. Appariva ai maghi e alle streghe con una torcia in ogni mano, o
anche sotto forma di vari animali: giumenta, cagna, lupa, ecc. Come maga, sovrintendeva ai crocicchi,
luoghi di magia per antonomasia. Ecate viene spesso identificata con Persefone, la dea greca degli inferi,
nel cui bosco si annoverano anche querce.
188 G.W. I, pag. 265.
189 Cfr. i versi "Der Teufel sitzt nachts im Beichtstuhl des Nebels / Und spricht die Verzweifelten an", da
Wintermorgen in Irland (in Die neunte Stunde, G.W. I, 236); v. analisi specifica della poesia.
187
94
Il verso successivo, "Bald ist es Winter", suggerisce l'associazione "Winter des Lebens"
(inverno della vita), la stagione della morte. Questo è uno dei motivi per cui il verso
"dünnes, nie ruhendes Holz" può venire letto come metafora di Huchel stesso.
Huchel si paragonava spesso ad un bosco:
"Der Birkbusch wuchs, ich blieb nicht
jung"190. E nella già citata intervista con Karl Corino disse: "Jetzt, als alter Baum, bin ich
verpflanzt worden (...)"191.
"Öde": su un piano esistenziale la desolazione, il deserto, la solitudine è cifra di un
mondo privo di Dio. Come tutti gli altri simboli del suo mondo concettuale Huchel porta
all'estremo anche questa metafora: lascia che la desolazione venga ricoperta dalla neve,
altrove definita la "geisterhafte Asche"192.
Nulla rimane, perché la neve si scioglierà
anch'essa.
Ancora una volta Huchel ritorna alle streghe del Macbeth:
Dürr und düster
vor der goldenen Naht des Abends
hocken sie auf zerrissenen Fellen.
Dapprima "dürr und düster", collegati dall'alliterazione,
contrastano con il sole al
tramonto, tradotto nell'immagine della "goldene Naht des Abends". Sterilità e mancanza di
vitalità, espresse da "dürr", sono collegate alla tenebra, al rapporto delle streghe con il
male ("düster"). Il sole, generalmente topos di vita, luminosità, bellezza e bontà, è al
tramonto, simbolo della fine del giorno ma anche della fine della vita.
Non a caso nell'ultima raccolta poetica hucheliana non compare mai il levarsi del sole.
Una rinascita-resurrezione non rientra infatti nell'indice tematico di Huchel.
Innanzi alla dorata sutura della sera ("goldene Naht des Abends") siedono le streghe "auf
zerrissenen Fellen". Questo "hocken", che riprende il "sitzen" della prima strofa, è un
concetto che può essere posto in relazione alla grande Madre Terra. Così siede la
fantesca, la "schweigsam hockende Klettenmarie" di Damals193 e anche la vecchia "sitzt
190
Die dritte Nacht April, da Gedichte (Da G.W., I, pag. 70).
"Ed ora, vecchio albero, sono stato trapiantato ..."
192 Die zwölf Nächte (Da Die Sternenreuse, G.W. pag. 94).
193 In Chausseen Chausseen; G.W. I, pag. 137.
191
95
hockend am kalten Meilenstein".194 Vieregg interpreta infatti lo stare accovacciati come
atto di possesso ("be-sitzen") della terra.195
In Schottischer Sommer tuttavia le streghe non siedono sulla terra, ma "auf zerrissenen
Fellen". L'interpretazione di queste pelli richiede un breve accenno al rapporto tra luna,
pelle e streghe.
In molte poesie Huchel associa luna e pelle - per via della lucentezza, che funge da
tertium comparationis. L'associazione passa anche attraverso il rapporto con il simbolo
del gatto, il cui culto presso alcune civiltà sarebbe da attribuirsi alla bellezza dei suoi
occhi, che ricorderebbero la luna.196 Huchel impiega ripetutamente quest'immagine. Ad
esempio, nella poesia Mein Großvater, leggiamo "Mit rauher Zunge leckte der Mond / das
klemme Fell der Katze197 e nella poesia Mädchen im Mond198 Huchel scrive: "In deinen
schrägen Augen wohnt / die Katze mit dem Fell aus Mond". La relazione delle streghe con
la luna diviene chiara se si rammenta che Ecate, la dea protettrice delle streghe, è anche
dea della luna.
Il rapporto della luna con il tempo e quindi con la morte può ora essere trasferito alla
"pelle" ("Fell"): è quindi possibile che l'immagine delle streghe accovacciate simboleggi
letteralmente il possesso ("be-sitzen") del tempo. Tuttavia le pelli sono lacere: il tempo
non è più intatto, termina con la morte. Inoltre le streghe guardano fissamente "mit
erloschenen Augen": la luce dei loro occhi si è spenta.
Il mondo, il tempo, tutto termina. Questo pensiero viene espresso dall'epigrafe anteposta
alla poesia: "What seemed corporal, melted as breath into the wind". Ciò che resta è il
cordoglio ("die Trauer"), che è però così grande da essere inabitabile ("unbewohnbar").
Tuttavia anch'esso svanisce, scema lentamente sugli scogli ("verebbt an den Klippen").
Im Kalmusgeruch dänischer Wiesen e König Lear furono composte tra fine ottobre e metà
novembre del 1977 e sono le ultime poesie pubblicate durante la vita del poeta.
194
Das Gesetz (Da G.W. I, pag. 285).
A.Vieregg: op.cit.
196 Encyclopaedia of World Mythology, London 1975, pag. 209.
197 In Die neunte Stunde; G.W. I, pag. 244.
198 G.W.,I, pag. 17.
195
96
Come era stato per Macbeth, anche in questo caso Huchel venne attratto dai tragici
personaggi delle opere shakespeariane, ed assunse dunque la maschera di Amleto e Re
Lear.
Queste ultime poesie, pur non offrendo la ricchezza descrittiva di Middleham Castle o
l'amara forza di Ophelia, rappresentano il tentativo estremo di Huchel di afferrare il
significato dell'esistenza.
Im Kalmusgeruch dänischer Wiesen è una poesia di due strofe scritta in chiave minore:
Im Kalmusgeruch dänischer Wiesen
liegt immer noch Hamlet
und starrt in sein weißes Gesicht,
das im Wassergraben leuchtet.
Nell'odor di calamo di prati danesi
giace ancora Amleto
e guarda fisso il proprio viso bianco
che splende nel fossato.
97
Das letzte Wort
blieb ungesagt,
es schwamm auf dem Rücken der Biber fort.
Keiner weiß das Geheimnis.
L'ultima parola
restò inespressa,
portata via dalla corrente sul dorso dei castori.
Nessuno ne conosce il segreto.
Amleto giace fissando il proprio riflesso nell'acqua di un fosso, ("Wassergraben"), che con
l'inevitabile rimando alla morte ("Grab"), si distacca dal familiare stagno ("Teich") degli
anni giovanili. Scomparsi sono anche i segni di reciprocità tra uomo e natura, di cui il
fanciullo che soffia nel calamo era l'emblema in Der Knabenteich. Ora vi è solo un triste e
vuoto riflesso di quegli anni. La sensazione di morbidezza mediata dal primo verso ("Im
Kalmusgeruch dänischer Wiesen") è precaria perché immediatamente deve lasciare
strada ad un senso di rigidità e pallore ("starrt in sein weißes Gesicht, / das im
Wassergraben leuchtet."). Nella prima strofa l'attività umana assume forme inerti: "liegt",
"starrt". Egualmente passivo, nella seconda strofa, è "blieb ungesagt". La connotazione
positiva del verbo "weiß" viene negata dal pronome indefinito che lo precede, "keiner". In
realtà il solo verbo che esprima dinamismo nell'intera poesia è "schwamm ... fort", che
tuttavia si riferisce al nesso "Wort-Biber", così che solo la natura sembra restare
depositaria del logos. In breve, ciò che resta è un vuoto rispecchiarsi, mentre all'anziano
poeta - allora settantacinquenne - è preclusa la conoscenza del segreto ultimo della vita.
Nella versione originale della poesia il nome "Ophelia" costituiva il verso conclusivo.
Venne successivamente cancellato da Huchel e questa omissione enfatizza la solitudine
dell'individuo, la disintegrazione della comunione con gli altri esseri umani e con la
natura. Solo le incertezze della vita restano, per Amleto e per Huchel.
Secondo la testimonianza della moglie Monica, König Lear fu l'ultima poesia composta da
Huchel.
Unter dem Steinbruch
kommt er herauf,
den Jodlappen
um die rechte Hand gewickelt.
Risale da sotto
la cava di pietra,
la pezzuola iodata
avvolta attorno alla mano destra.
In elenden Dörfern
schlug er Knüppelholz
für seine Linsensuppe.
In miserabili villaggi
spaccava legna
per la sua zuppa di lenticchie.
Jetzt kehrt er
Ora
98
im dürren Schatten
zerrissener Wolken
zu seiner Krone
in die Schlucht zurück.
nell'arida ombra
di nuvole lacere
ritorna alla sua corona
giù nella gola.
Di tutte le varianti "shakespeariane" König Lear è certamente la più personale. Non che
sia lecito stabilire diretti riferimenti tra personaggi, azione della tragedia e biografia del
poeta. Ma la situazione esistenziale di Huchel pare trasfigurata poeticamente nella figura
e nel destino del re Lear.
King Lear è la tragedia del dominatore che per mancanza di conoscenza dell'essere
umano si fida delle lusinghe di due delle sue figlie e ripudia quella che invece veramente
lo ama; si dà completamente al potere e sperimenta tutta la violenza spietata della falsità.
Lear è la vittima di un'enorme ingratitudine. Se il re Lear shakespeariano è un umiliato
che vaga come un folle nella brughiera, in uno scenario irreale, Huchel fa cadere Lear
ancora più in basso, lo mostra nelle vesti di un emarginato, che vive al di fuori del
consorzio umano. Una cava, una gola sono i contrassegni dell'ambiente che lo ha
accolto: il luogo della nudità e della desolazione e il luogo di un rifugio cavernoso. Lear è
ferito - a ciò allude la pezzuola iodata - e ferito proprio a quella mano che più che mai gli
serve per potersi procurare il necessario, per proteggersi e quindi, insomma, per
sopravvivere. In termini biografici, la poesia evoca l'emergere di Huchel dalla desolazione
dell'esistenza cui era stato forzato ("Unter dem Steinbruch / kommt er herauf"). La mano
destra, quella con cui il poeta scrive, rivela la ferita riportata nella lunga lotta contro i
funzionari della RDT.
La strofa mediana parla, tramite il trittico di immagini ("elende Dörfer", "Knüppelholz" e
"Linsensuppe") della miseria dell'esistenza. Le immagini alludono a cose che ci si deve
procurare, forse mendicando, per potersi sfamare e rimandano all'esistenza spartana
condotta da Huchel in quegli anni (da notare l'uso del preterito).
Nella terza strofa, brandelli di nubi gettano su Lear la loro ombra. Non è un segno di
riconciliazione del cielo. Così re Lear torna al suo rifugio nel silenzio della "Schlucht",
ovvero al regno della morte, nel quale la corona, simbolo del potere e della dignità regale,
serve solo a indicare la contraddizione tra passato e presente.
99
La battaglia a favore
della vita e dell'espressione poetica è quasi finita. "Steinbruch", "elend", "Knüppelholz",
"dürr", "Schatten", "zerrissen", "Schlucht": in una poesia così breve gran parte del lessico
evoca un'atmosfera cupa e senza vita; presagi di morte occupano con sempre maggiore
frequenza la mente del poeta.
100
Traduzione ed analisi di alcune poesie tratte dalla raccolta "Die neunte Stunde"
(1979)
Nelle pagine seguenti viene riportata l'analisi ed interpretazione di liriche raccolte nel
volume Die neunte Stunde, la cui traduzione è stata effettuata personalmente da me. Per
alcune di esse mi sono avvalsa dell'interpretazione critica di studiosi dei quali citerò di
volta in volta il nome ed il titolo dell'opera in cui il relativo saggio è stato pubblicato.
Alle poesie analizzate seguono quelle tradotte ma non commentate. Per quanto attiene
alle liriche "shakespariane"199 contenute in Die neunte Stunde rimando a: "Excursus:
Huchel e Shakespeare".
199
Schottischer Sommer; König Lear e Im Kalmusgeruch dänischer Wiesen.
101
Der Holunder
Il sambuco
Der Holunder öffnet die Monde,
alles geht ins Schweigen hinüber,
die fließenden Lichter im Bach,
das durch Wasser getriebene
Planetarium des Archimedes,
astronomische Zeichen,
in den Anfängen babylonisch.
Il sambuco dischiude le lune,
tutto trapassa nel silenzio,
le fluide luci nel ruscello,
il planetario di Archimede
mosso dall'acqua,
simboli astronomici,
ai primordi di Babilonia.
Sohn,
kleiner Sohn Enkidu,
du verließest deine Mutter, die Gazelle,
deinen Vater, den Wildesel,
um mit der Hure nach Uruk zu gehen.
Die milchtragenden Ziegen flohen.
Es verdorrte die Steppe.
Figlio,
piccolo figlio Enkidu,
abbandonasti tua madre, la gazzella,
tuo padre, l'asino selvatico,
per andare ad Uruk con la meretrice.
Le capre da latte fuggirono.
La steppa inaridì.
Hinter dem Stadttor
mit den sieben Eisenriegeln
unterwies dich Gilgamesch,
der Grenzgänger zwischen Himmel und Erde,
die Stricke des Todes zu durchhauen.
Oltre la porta della città
dai sette chiavistelli di ferro
Gilgamesch, il frontaliere tra cielo e terra,
ti istruì
a recidere i lacci della morte.
Finster brannte der Mittag auf dem Ziegelwerk,
finster lag das Gold in der Kammer des Königs.
Kehre um, Enkidu.
Was schenkte dir Gilgamesch?
Das schöne Haupt der Gazelle versank.
Der Staub schlug deine Knochen.
Tenebroso ardeva il meriggio sulle mura,
Tenebroso era l'oro nel forziere del re.
Torna indietro, Enkidu.
Cosa ti donò Gilgamesch?
Cadde il bel capo della gazzella.
La polvere ti franse le ossa.
La lirica, di cui riporto qui l'interpretazione di W.Heidenreich200, venne pubblicata per la
prima volta nel "Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 24.12.1975 con il titolo Der Holunder.
Un facsimile del manoscritto201 reca il titolo Enkidu.
Der Holunder si compone di quattro strofe di rispettivamente sette, sette, cinque e sei
versi liberi.
Come precedentemente accennato Peter Huchel, durante il discorso di ringraziamento
per l'assegnazione del premio letterario Europalia 1977, menzionò le parole di Agostino
"(...) im großen Hof meines Gedächtnisses...". E nella prima poesia della raccolta Die
neunte Stunde Huchel esordisce evocando un mondo lontano nel tempo e nello spazio:
uno scenario evanescente di piante ed astri, un nome - Archimede - legato
all'individuazione di leggi naturali, l'immagine primordiale dell'acqua che scorre,
rispecchiando il mondo, spazi cosmici, geografici, storici, "in den Anfängen babylonisch".
200
Wolfgang Heidenreich: Deutzeichen - Begegnungen und Leseerfahrungen mit Peter Huchel; in:
Festschrift für Gerhart Baumann zum 60. Geburtstag; Wilhelm Fink Verlag, München 1980, pag. 434-446.
201 In Hans Mayer zu Ehren, Frankfurt a.M. 1977, pag. 46-51.
102
"Der Holunder öffnet die Monde": il sambuco è il profumato albero dell'incipit di Kindheit
in Alt-Langerwisch202. La stagione dei sambuchi rappresenta l'armonia degli esseri e dei
segni e può essere interpretata quale simbolo dell'iniziazione di Huchel alla vita, anche a
quella poetica. Il riferimento al sambuco e, nella stessa strofa, agli albori babilonesi, crea
un ponte spazio-temporale dall'immensa arcata.
La seconda strofa di Der Holunder constata, in tono sentenzioso, un processo di crescita
e distacco dalle origini.
Colmando l'estrema distanza spazio-temporale, Huchel si accosta alla prima grande
creazione poetica della storia dell'uomo evocando Eabani-Enkidu, che compare nell'epos
come figura minore rispetto a Gilgamesch203, l'uomo-dio, l'eroe fondatore di città, la figura
solare dal nome dall'armonico contrasto ("il giovane diviene vecchio"). "Sohn, / kleiner Sohn
Enkidu ...": l'invocazione è rivolta ad una creatura terrestre, ad un "uomo di natura" che
con la stessa grazia di un animale cresce con gli erbivori della steppa, un "uomo-animale"
che il destino conduce in città, allettato dalla prostituta di un tempio; imparerà a vivere
secondo i costumi cittadini, per poi morire con Gilgamesch.
Dell'epos di Gilgamesch Huchel non menziona la prima tavola, riferita ad una divinità
femminile che creò il primo uomo dall'argilla, ed attribuisce la maternità di Enkidu ad una
gazzella, scegliendo così una versione contenuta nella tavola VIII: "Enkidu, amico mio,
tua madre la gazzella, / tuo padre l'asino selvatico, / ti hanno generato...". Questa origine
zoologica rispecchia antichi segni zodiacali; alla figura di madre-animale indomabile e
selvaggia, la gazzella dal bel capo, si affianca la sacra figura di padre-asino selvatico
(un'immagine che ricorre nuovamente nel lamento funebre di Gilgamesch: "Enkidu, amico
mio (...) asino selvatico dei monti, pantera della steppa!"204. Per Enkidu risulterà fatale
202
"Kindheit, o blühende Zauch, / wo wir im nußweißen Tag, / klein im Holunderrauch / waren den
Hummeln nach." La poesia faceva parte della raccolta Der Knabenteich che non venne mai pubblicata e le
cui liriche vennero successivamente inserite nel volume Gedichte.
203 Antico re di Uruk (sec. XXIV a.C.), divenuto leggendario e divinizzato, protagonista di un ciclo di poemi
epici sumerici e di un grande poema babilonese. Il poema, nella forma definitiva, è diviso in dodici tavole o
canti, scritti in stile ritmico, per un totale presunto di circa 3500 versi. Poco più di un terzo ne è ricostruibile
sulla base di frammenti di varia estensione neo-assiri, neobabilonesi, antico-babilonesi e ittiti da Hattusas
(1500 a.C.ca.). La narrazione del diluvio (tav. IX) mostra affinità ma anche differenze con quella dell'Antico
Testamento. L'epopea di Gilgamesch è la più alta opera poetica dell'antico Vicino Oriente, e la più affine al
sentimento moderno: l'amicizia, il dolore, la morte, il pessimismo, la ricerca dell'immortalità, sono i temi di
questo poema in cui la materia mitologica è piegata a esprimere le segrete e perenni inquietudini umane.
204 Tavola VIII.
103
l'aver abbandonato le divinità naturali per andare dalla steppa piena di vita a Uruk, oltre il
portale di ferro chiuso da sette chiavistelli.
Nei versi "Das schöne Haupt der Gazelle versank / Der Staub schlug deine Knochen"
Huchel fa sua l'immagine di una ferrea divisione tra città e steppa, contenuta nella tavola
II; la tavola VII riporta che polvere è caduta "su porta e chiavistello di una casa in cui si
entra, ma da cui non si esce". Da questa dimora della morte l'oscurità ed il silenzio
gettano un'ombra sullo splendore della terrestrità. La decima tavola pone la domanda:
"Quando potrebbe un defunto vedere lo splendore del sole?". Una buia luce cade sugli
uomini, "i cui posteri vengono piegati come canne". Così versifica Peter Huchel: "Finster
brannte der Mittag auf dem Ziegelwerk, / finster lag das Gold in der Kammer des Königs. /
Kehre um, Enkidu...".
"Ziegelwerk": il vocabolo si riferisce alle mura di Uruk, sacre secondo l'epos di
Gilgamesch. Dalla città le direzioni si proiettano in tempo e spazio, con la fondazione
della città viene rinnovato l'inizio del mondo; e sulla città picchia il cocente dio-sole
mesopotamico. Il sole, ovvero l'oro: "di lapislazzuli sia il tuo petto, d'oro il tuo corpo!"205; il
metallo solare servirà all'inconsolabile Gilgamesch per creare un'effigie di Enkidu - L'oro
del sole richiama dunque la morte206, ma nell'ultimo verso della poesia è la polvere a
trionfare: "Der Staub schlug deine Knochen." L'allitterazione in sch- ("Staub-schlug") pare
amplificare la presenza della polvere e potenziarne l'azione distruttrice. E' un'immagine
che ricorre in altre liriche della raccolta Die neunte Stunde, rimando pertanto all'analisi di
Das
205
206
Grab
des
Tavola VIII.
Cfr. Wintermorgen in Irland, Aristeas I.
104
Odysseus.
Der Ammoniter
L'Ammonita207
1. Überdrüssig der Götter und ihrer Feuer
lebte ich ohne Gesetz
in der Senke des Tales Hinnom.
Mich verliessen die alten Begleiter,
5. das Gleichgewicht von Erde und Himmel,
nur der Widder, die Moderhinke
schleifend über die Sterne, blieb mir treu.
Unter seinem Gehörn aus Stein,
das rauchlos glänzte, schlief ich nachts,
10.brannte Urnen jeden Tag,
die ich abends vor der Sonne
am Felsen zerschlug.
Nicht sah ich in den Zedern
Stanco degli dèi e dei loro fuochi
vivevo senza legge
nella fossa della valle di Hinnom.
Mi abbandonarono i vecchi compagni,
l'equilibrio di terra e cielo,
solo l'ariete, trascinando lo zoccolo incancrenito
sulle stelle, mi rimase fedele.
Sotto le sue corna di pietra
che splendevano senza fumo, dormivo la notte,
ogni giorno cuocevo urne208
che a sera infrangevo
sulle rocce, innanzi al sole.
Non scorgevo nei cedri
die Katzendämmerung, den Aufflug des Vogels,
il crepuscolo dei gatti, il levarsi in volo degli uccelli,
15.die Herrlichkeit des Wassers,
la magnificenza dell'acqua
das über meine Arme rann,
che scorreva sulle mie braccia
wenn ich im Bottich schlämmte den Ton.
quando toglievo l'argilla nel tino.209
Der Geruch des Todes machte mich blind.
L'odore della morte mi rendeva cieco.
Nel corso di uno scambio epistolare Huchel, il 3 gennaio 1974, inviò ad Axel Vieregg
alcune poesie inedite. Tra di esse si trovava una copia con annotazioni della poesia Der
Ammoniter, dedicata a Vieregg, che apparve per la prima volta in "Jahresring 74-75" e più
tardi venne inclusa nell'ultima raccolta hucheliana, Die neunte Stunde.
Queste le annotazioni riportate da Huchel 210:
1. Moloch, Feueraltar im Tal Hinnom (Zu z. 1)
2. "alte Begleiter" = Sternbilder, Götter, Magier.
3. selbst der Widder ist vom Rauch der Geopferten krank, darum Moderhinke
(Stoppelhinke)211; nur das Gehörn, "das rauchlos glänzt", ist noch intakt.
4. Verzweiflung, Trauer, Sinnlosigkeit des Lebens. (Zu Z. 10)
5. "Der Geruch des Todes" - Auschwitz - macht die Herrlichkeit der Schöpfung zunichte.
(Zu Z. 13-16).
207
Interpretazione di Axel Vieregg: Ein Gedicht nach Auschwitz. Peter Huchels "Der Ammoniter"; in:
Festschrift for E.W.Herd; Dunedin (Nuova Zelanda) 1980, pag. 263-274.
208 Cfr. anche l'espressione "Ziegel brennen", ossìa "cuocere mattoni".
209 Il verbo "schlämmen" propriamente significa "sfangare; decantare".
210 1. Moloch, altare del fuoco nella valle di Hinnom; 2. "alte Begleiter" = segni zodiacali, divinità, maghi,
sacerdoti, ecc.; 3. Il fumo dei sacrificati rende malato persino l'ariete, da qui "Moderhinke" (Stoppelhinke);
solo le corna, che "splendono senza fumo", sono ancora intatte; 4. Disperazione, dolore, insensatezza della
vita; 5. "L'odore della morte" - Auschwitz - annienta lo splendore della creazione.(G.W. I, 434-435).
211 Come precisa Huchel in una lettera del 19.1.64 a Ludivík Kundera, suo traduttore ceco (G.W. II, pag.
351), con "Moderhinke" s'intende un'infiammazione, provocata da sporcizia ed umidità, che colpisce lo
zoccolo degli ovini e causa la paralisi dell'arto. Mi è parso opportuno tradurre il termine con "zoccolo
incancrenito".
105
Nella suddetta lettera Huchel scriveva: "Bloch war mein väterlicher Freund, und im
Berliner Goldberg-Kreis "Die Wirklichkeit der Hebräer" war ich ein Jahr lang der
Schabbesgoi."212
Soffermiamoci sull'ultimo punto. Il libro Die Wirklichkeit der Hebräer di Oskar Goldberg213
contiene un'interpretazione filosofico-teologica della storia del popolo ebraico. Huchel secondo la tesi di Vieregg - con l'immagine delle colpe e dei peccati dell' "Ammonita",
allude ad Auschwitz e proietta il proprio passato e quello tedesco in uno scenario da
Vecchio Testamento, in cui le relazioni tra Ammoniti ed Israeliti offrono l'occasione di una
riflessione sul rapporto tedeschi-ebrei.
Il mondo del Vecchio Testamento ed il mondo hucheliano entrano in relazione già nel
titolo della poesia: con "ammonita" s'intende sia l'appartenente al popolo degli Ammoniti,
strettamente imparentato con quello israelita ma a questo costantemente ostile, sia colui
che vive sotto il segno dell'ammonita, del corno di Ammone, quel fossile giurassico che a
causa del suo aspetto ricevette il nome dal dio egizio dalle corna d'ariete.
nur der Widder, die Moderhinke
schleifend über die Sterne, blieb mir treu.
Unter seinem Gehörn aus Stein,
das rauchlos glänzte, schlief ich nachts,
(...)
L'ariete è anche il segno zodiacale sotto il quale nacque Huchel il 3 aprile 1903. In un
colloquio con Vieregg Huchel infatti definì l'ariete, che spesso compare nelle sue poesie,
come il segno con il quale egli allude a se stesso.
La moltitudine delle allusioni e delle relazioni scaturite dalla scelta del titolo può essere
analizzata nei dettagli, tuttavia con la premessa di un'approfondita lettura del Vecchio
Testamento. In particolare risultano significativi alcuni dati, sui quali sarà opportuno
soffermarsi:
212
(Ernst) Bloch era mio amico paterno, e nel circolo berlinese "Die Wirklichkeit der Hebräer" ("La realtà
degli Ebrei") fui per un anno "Schabbesgoi" (ovvero il non-ebreo che il sabato esegue per l'ebreo ortodosso i
lavori a lui interdetti.)
213 Pubblicato nel 1925 presso la casa editrice ebraica "David Verlag" di Berlino.
106
Gli Ammoniti vengono menzionati per la prima volta
nella Genesi214, come frutto
dell'incestuosa unione delle figlie di Lot con il padre. Lot era nipote di Abramo, che lo
aveva salvato alla distruzione di Sodoma. I discendenti di Lot, gli Ammoniti, erano quindi
non solo strettamente imparentati con gli Israeliti, ma dovevano anche particolare
gratitudine al loro capostipite. La Bibbia quindi descrive i rapporti tra Ammoniti, Moabiti ed
Ebrei come inizialmente amichevoli.215 Presto dallo stretto legame nascono odio e
persecuzioni, dal favore di Dio ira e vendetta. L'esagesi biblica ebraica, particolarmente la
Midrasch Rabah, che lo "Schabbesgoi" Huchel deve aver conosciuto, elenca quattro atti
di ostilità degli Ammoniti, che causarono il deterioramento del loro rapporto con gli israeliti
e l'ira di Dio contro di loro:
1.
Tentarono, con l'aiuto del profeta Balaam, di maledire e traviare il popolo d'Israele216
2.
Combatterono contro Israele ai tempi del re Jefte217
3.
Tentarono di cacciare gli Israeliti al tempo del re Giosafat218
4.
Si distinsero nella distruzione del tempio di Gerusalemme dal quale sottrassero la
Torà, in cui volevano cancellare i proclami divini contro di loro.
In molti passaggi il Vecchio Testamento profetizza una punizione contro gli Ammoniti, ad
esempio in Ezechiele219.
I parallelismi del rapporto tra tedeschi ed ebrei sono evidenti: l'integrazione ebraica,
apparentemente riuscita, che aveva raggiunto la sua punta massima durante la
Repubblica di Weimar, nel 1933 si tramuta in odio e scherno ed infine in persecuzione
contro gli ebrei e sterminio. Allo stesso modo la punizione che era stata profetizzata agli
Ammoniti trova il suo pendant nel destino della Germania, ovvero nella sua distruzione e
divisione in due Stati.
214
Genesi 19, 37-38: "La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti che
esistono fino ad oggi. Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò "Figlio del mio popolo". Costui è il
padre degli Ammoniti che esistono fino ad oggi".
215 Cfr. Deuteronomio 2: 18,19.
216 Cfr. Neemia 13, 1-2.
217 Cfr. Giudici 11, 27-28.
218 Cfr. II Cr. 20, 10-11.
219 Cfr. Ezechiele, 25, 1-7: "Perché dice il Signore Dio: "Siccome hai battuto le mani, hai pestato i piedi in
terra e hai gioito in cuor tuo con pieno disprezzo per il paese d'Israele, per questo, eccomi: Io stendo la
mano su di te e ti darò in preda alle genti; ti sterminerò dai popoli e ti cancellerò dal numero delle nazioni. Ti
annienterò e allora saprai che io sono il Signore".
107
Dove si trova però l' "Ammonita", ossìa il tedesco, secondo il castigo divino che gli vietò
"di entrare anche dopo la decima generazione nella comunità del Signore"?220 Chi non
viene accolto nella "comunità del Signore", si trova all'inferno, nella greca "Gehenna"
(ebraico "Gehinnom"), "nella fossa della valle di Hinnom" (terzo verso della poesia).
L'Ammonita stesso si è preparato questo inferno, scegliendosi come dio Moloch, la
divinità che esige l'olocausto di bambini con il fuoco (cfr. Hitler e i forni crematori di
Auschwitz). Suo altare sacrificale è la valle di Hinnom. Al primo verso ("Überdrüssig der
Götter und ihrer Feuer") Huchel commenta: "Moloch, Feueraltar im Tal Hinnom".221
"Brannte Urnen jeden Tag, / die ich abends vor der Sonne / am Felsen zerschlug": i
tormenti che l'esiliato deve sopportare in questo inferno vengono commentati da Huchel
come "Verzweiflung, Trauer, Sinnlosigkeit des Lebens".
Secondo Vieregg si può scorgere un ulteriore parallelismo tra Der Ammoniter e l'allegoria
della Germania distrutta che Hermann Kasack tratteggiò nel romanzo Die Stadt hinter
dem Strom, scritto dal 1942 al 1946 a Potsdam, che culmina nella descrizione di due
"fabbriche
speculari"
("Gegenfabriken"):
in
quella
"sotterranea",
gestita
dall'amministrazione cittadina e che si trova nella periferia orientale della città, Robert,
l'archivista, trova botti d'acciaio contenenti una massa argillosa (anche l'Ammonita di
Huchel "schlämmt den Ton" in una botte - verso 17), con la quale vengono fabbricate
pietre artificiali cubiche. Nell'altra fabbrica, alla periferia occidentale della città ("abends
vor der Sonne" - verso 11), quelle pietre appena prodotte vengono infrante, come le urne
dell'Ammonita, immettendo così in un ciclo eterno nuovo materiale per pietre da
frantumare nuovamente. Nel romanzo il "presidente decano" della fabbrica illustra l'intero
processo:
220
Cfr. Deuteronomio 23, 4.
Cfr. II Re 23.10; Geremia 7.31, 32.35,ecc. La valle di Hinnom è una valle profonda, situata a sud di
Gerusalemme; si identifica con l'attuale Wadi el-Rababah e ai tempi biblici servì di confine tra le tribù di
Beniamino e di Giuda. Il Wadi-el Rababah si estende in direzione nord-sud ad ovest della città, prima di
deviare bruscamente verso oriente e di sboccare nel Cedron. Non molto prima della cattività, pare che
abbia ricevuto, per lo meno in parte, la denominazione di Tofet, da mettersi in relazione con il culto di
Moloch e di altri pagani, venerati durante i regni di Acaz e di Manasse. Il re Giosia la coprì di ossa umane
e vi compì altre cerimonie che la resero impura. Il profeta Geremia la condannò nei suoi oracoli per essere
stato il sito dove si compirono abominazioni pagane e per questo la chiamò semplicemente "la Valle" o la
"Valle dello Scannatoio". Nel tempo postesilico, la valle di Hinnom segnò il confine tra l'antico territorio di
Giuda e la tribù di Simeone. La memoria dei sacrifici umani e le maledizioni lanciate contro la località
dettero origine al concetto e al nome "Gehenna".
221
108
"Wieviele Städte", sagte er lebhaft, "sind im Lauf der Jahrtausende zerfallen, die so
mühsam aufgebaut wurden. Wieviele Kleider sind zerrissen und abgetragen, die so
sorgfältig einmal genäht worden sind (...). Die Dauer der Materie ist beschänkt. Unter
meiner Präsidentschaft wird der Prozeß des Zerfalls verkürzt. Es geht uns bei dem Spiel
der Fabriken darum, einen Symbolwert darzustellen, wie man einen Logarithmus darstellt".
<Es ist die Hölle>, sagte Robert"222
Alla maggioranza delle persone coinvolte in questo processo lavorativo Kasack tuttavia
ne nasconde l'insensatezza. L'Ammonita di Huchel invece partecipa consapevolmente al
compimento dell'inutile. Una cinica metafora dell'uomo del ventesimo secolo, con il suo
furore costruttivo e distruttivo? Per Kasack come per Huchel (i quali si conoscevano bene;
Huchel nel 1949 aprì il primo numero di "Sinn und Form" con due contributi di Kasack)
l'esperienza dell'insensatezza dell'esistenza deriva dall'assenza di Dio.
In Huchel il tema della lontananza divina, della trascendenza demonizzata e vuota, viene
rispecchiato nei versi "Mich verließen die alten Begleiter, / das Gleichgewicht von Erde
und Himmel".
Huchel commenta: "alte Begleiter" = Sternbilder, Götter, Magier. Ovvero: tutte quelle forze
che sostenevano l'uomo, proteggendolo e dando un senso alla sua esistenza - fossero
esse astrologia, mitologia, magia naturale o religione rivelata - lo hanno abbandonato.
Huchel non afferma mai, né qui né altrove, che esse non esistano. In Der Ammoniter
l'esodo di Dio è un fatto compiuto. L'Ammonita viveva "ohne Gesetz"; in questo contesto
viene esaltata l'importanza del significato della parola "überdrüssig" (stanco, annoiato,
stufo). L'uso dell'imperfetto implica che non è ancora detto che l'Ammonita rinunci a
quegli dèi o che per convinzione se ne sia staccato. Più che altro pare offuscato il fascino
che essi esercitavano su di lui. "Überdrüssig" indica che per un po' di tempo ne ha
222
"Quante citta", disse vivacemente, "faticosamente erette, sono cadute in rovina nel corso dei millenni.
Quanti abiti, cuciti un tempo così accuratamente, si sono lacerati e consunti (...). La durata della materia è
limitata. Sotto la mia presidenza il processo di corruzione viene abbreviato. Nel gioco delle fabbriche ci
preme rappresentare un valore simbolico, così come si rappresenta un logaritmo". <E' l'inferno>, disse
Robert." (Op. cit.; Frankfurt a.M., 1964; pag. 208).
109
abbastanza di loro. Ciò non significa che egli sia giunto ad una svolta decisiva.
L'Ammonita continua a vivere "ohne Gesetz" anche dopo essersi stancato dei suoi antichi
dèi, perché del "Gesetz" non vuole accettare la severità e giustizia. Occorre rilevare che
nel Vecchio Testamento "Gesetz" è il vocabolo tedesco corrispondente all'ebraico "Torà",
con il quale si designano i cinque libri di Mosè.
L'Ammonita si era ribellato contro il posto assegnatogli da Dio accanto agli Israeliti, si era
affidato a falsi dèi, nel nome dei quali aveva perseguitato gli Israeliti e ricusato la Torà.
Viene maledetto da Dio ed abbandonato. Così si legge anche in Huchel. Ciò implica che
in realtà l'esodo degli "alte Begleiter" è stato causato dall'uomo e che la responsabilità e
la colpa per quell'abbandono non è da ricercarsi in Dio, ma nell'uomo.
Quindi Der
Ammoniter può essere letta come stupefacente confessione del tardo Huchel: l'opera di
Dio è buona, "die Herrlichkeit der Schöpfung", come dice il poeta nel commento, è lo
sfondo contro il quale si staglia l'orrore causato dall'uomo. La magnificenza della
creazione continua ad esistere, ma si sottrae allo sguardo dell'io lirico, rivolto solo alla
distruzione, alla morte, alla colpa. Questa è la punizione più dura, nella Gehenna:
Nicht sah ich in den Zedern
die Katzendämmerung, den Aufflug des Vogels,
di Herrlichkeit des Wassers,
das über meine Arme rann,
wenn ich im Bottich schlämmte den Ton.
Der Geruch des Todes machte mich blind.
"Der Geruch des Todes" (Auschwitz) rende cieco l'Ammonita, ovvero il tedesco e poeta
Huchel, alla bellezza della creazione. Egli si trova in quel nero totale che secondo Adorno
è l'unico luogo ancora praticabile per un artista. Dopo Auschwitz - sostiene Adorno - ogni
poesia è barbarie - a meno che - come aggiunge nella Ästhetische Theorie, assuma in se'
l'esperienza di Auschwitz, il "nero come colore-base". Dopo aver attraversato l'orrore,
l'arte non può più legittimare la sua peculiare funzione di "glorificazione". Da ora in poi la
"Herrlichkeit der Schöpfung" le è preclusa. L'ultima attività artistica possibile è la
commemorazione dei defunti e la poesia è l' "urna" cineraria di coloro che furono
sacrificati al Moloch. Vista secondo l'ottica di Adorno la produzione di un'arte di "colore
nero" non è solo un'incessante costrizione per l'artista, ma anche un continuo fallimento.
110
Di fronte alla notte e alla morte, tradizionalmente simbolizzati dal punto cardinale ovest
("abends vor der Sonne"), l'artista, consapevole di questo fallimento, infrange le urne.
"Nur der Widder (...) blieb mir treu", dice Huchel, alludendo cripticamente alla propria
persona e intendendo con ciò di essere rimasto fedele a se stesso.
Il corno
dell'ammonita, però, è un fossile. L'Ammonita, come io lirico che si muove in un presente
indeterminato ed in un luogo non precisabile, è perciò un sopravvissuto che rispecchia il
proprio passato.
111
Melpomene
Melpomene
Bitterstachlig der Wald,
kein Küstenwind, kein Vorgebirge,
Das Gras verfilzt, der Tod wird kommen
mit Pferdehufen, endlos
über die Steppenhügel, wir gingen zurück,
am Himmel suchend das Kastell,
das nicht zu schleifen war.
Irto di spine il bosco,
nessun vento di costa, nessun promontorio,
l'erba infeltrisce, la morte verrà
con zoccoli di cavallo, incessante
oltre le colline della steppa, ripiegammo
cercando in cielo il castello
che non si poteva radere al suolo223.
Feindselig die Dörfer,
die Hütten hastig geräumt,
im Dachgebälk geräucherte Haut,
Fangnetze und Knochenamulette.
Überall im Land nur böse Verehrung,
Tierhäupter im Nebel, Wahrsagerei
aus geschnittenen Weidenruten.
Ostili i villaggi,
le capanne rassettate in fretta,
sulle travi del tetto pelle affumicata,
reti e amuleti d'osso.
Ovunque nel paese solo venerazione maligna,
teste animali nella nebbia, divinazione
con rami di salice recisi.
Später, im Norden,
hirschäugige Männer
jagten auf Pferden vorbei.
Wir begruben die Toten.
Mühsam war es,
die Axt ins Erdreich zu schlagen,
Feuer mußte den Boden auftauen.
In seguito, nel nord,
uomini dagli occhi di cervo
sfrecciarono cacciando a cavallo224.
Seppellimmo i morti.
Faticoso era
configgere l'ascia in terra,
fuoco dovette sgelare il suolo.
Das Blut geopferter Hähne
wurde nicht angenommen
Il sangue di galli sacrificali
non venne accolto.
Melpomene, dal nome della Musa della tragedia, venne composta il 28.1.1974 e
pubblicata per la prima volta in "Jahresring 74/75", pag. 9.
Mi avvalgo qui
dell'interpretazione di Ph.D.Sweet225.
Dal titolo di questa lirica si può risalire alla fonte di molte recondite allusioni in essa
contenute. Huchel si è infatti ispirato al quarto libro delle Storie di Erodoto (ca. 484-430
a.C.), intitolato Melpomene.
Scenario della poesia è la Scizia, l'antica regione nell'Europa
sud-orientale localizzata sulla costa settentrionale del Mar Nero, che venne invasa dal re
persiano Dario.
Nella prima strofa l'io lirico ha una visione profetica, espressa nei versi "der Tod wird
kommen / mit Pferdehufen, endlos / über die Steppenhügel". Successivamente vengono
223
"Schleifen" è un verbo dai molteplici significati: "levigare; affilare; trascinare, strascicare; scivolare".
"Jagen" significa "cacciare", ma anche, come verbo intransitivo, "correre sfrenatamente"; qui infatti il
verbo è preceduto dal prefisso "vorbei", che esprime il transitare (cfr. "vorbeigehen", "passare"). Ho tradotto
con "sfrecciarono cacciando", rendendo dunque l'idea sia del rapido passaggio dei cavalieri che della
caccia.
225 Philip D.Sweet: The Prophet in Peter Huchel's Poetry; in The Germanic Review, vol. 57, Columbia
University Press 1982; pag. 28-36.
224
112
elencati i mali che hanno assalito il paese: la brutalità, l'idolatria e i falsi profeti ("Überall
im Land nur böse Verehrung, / Tierhäupter im Nebel, Wahrsagerei"). Con un registro che
rimanda alla ballata, l'io lirico descrive l'ostilità dei villaggi ("Feindselig die Dörfer") che
ricorda l'estremo odio degli Sciti per tutti gli usi e costumi stranieri. Il nono verso, "Die
Hütten hastig geräumt", allude alla rapida ritirata ed alla tattica della terra bruciata
praticata dagli Sciti innanzi all'avanzata delle truppe persiane. I brutali barbari costumi
descritti nella seconda strofa riecheggiano la cronaca di Erodoto ("im Dachgebälk
geräucherte Haut"; "Knochenamulette").
Cavalieri apocalittici cavalcano anche in questa poesia: "Später, im Norden, /
hirschäugige Männer / jagten auf Pferden vorbei.".226 I versi 19-21 ("Mühsam war es, / die
Axt ins Erdreich zu schlagen, Feuer mußte den Boden auftauen") sono un riferimento
criptico al clima delle regioni scitiche descritto da Erodoto. L'allusione rappresenta una
variante all'immagine di "Vereisung der Welt" che Vieregg227 considera essere
componente essenziale della "mitologia privata" di Huchel. Secondo Sweet la voce del
profeta si fa sentire anche nei due versi "Das Blut geopferter Hähne / wurde nicht
angenommen", possibile riferimento a Geremia.228
Il rigetto di sacrifici da parte della divinità implica condanna e imminente distruzione. Il
fosco compito del futuro sarà quello di seppellire i morti: "Wir begruben die Toten".
226
Cfr. anche la poesia Der Ketzer aus Padua.
Op.cit.
228 "Perché mi offrite incenso portato da Saba e la preziosa cannella che giunge da un paese lontano? I
vostri olocausti non mi sono graditi e non mi piacciono i vostri sacrifici" (Geremia; 6:20).
227
113
Das Grab des Odysseus
La tomba di Ulisse
Niemand wird finden
das Grab des Odysseus,
kein Spatenstich
den krustigen Helm
im Dunst versteinerter Knochen.
Nessuno scoprirà
la tomba di Ulisse,
alcun colpo di vanga
l'elmo incrostato
nelle esalazioni di ossa pietrificate.
Such nicht die Höhle,
wo unter die Erde hinab
ein wehender Ruß, ein Schatten nur,
vom Pech der Fackel versehrt,
zu seinen toten Gefährten ging,
die Hände hebend waffenlos,
bespritzt mit dem Blut geschlachteter Schafe.
Non cercare la cavità
dove, scendendo sotterra,
un alito di fuliggine, solo un'ombra,
sfregiata dalla pece della fiaccola,
andò dai suoi compagni defunti,
sollevando le mani inermi
intrise del sangue di pecore macellate.
Mein ist alles, sagte der Staub,
das Grab der Sonne hinter der Wüste,
die Riffe voller Wassergetöse,
der endlose Mittag, der immer nocht warnt
den Seeräubersohn aus Ithaka,
das Steuerruder, schartig vom Salz,
die Karten und Schiffskataloge
des alten Homer.
Tutto possiedo, disse la polvere,
la tomba del sole dietro il deserto,
le scogliere colme del fragore dell'acqua,
il meriggio infinito che tuttora ammonisce
il figlio di pirati di Itaca,
il timone intaccato dal sale,
le carte ed i registri nautici
del vecchio Omero.
Das Grab des Odysseus venne pubblicata per la prima volta in "Jahresring 74-75", pag.
9. Una prima versione è datata 14.1.1974:
Die streifende Rotte
narbiger Blätter
fällte der Tag
mit Drähten über der Feuergrube
Il giorno irretiva
con lacci sulla fossa infuocata
la masnada vagante
di scabre foglie.
Niemand wird es finden,
das Grab des Odysseus,
kein Spatenstich
den beuligen Helm
im Dunst verbrannter Knochen.
Nessuno scoprirà
la tomba di Ulisse,
alcun colpo di vanga
l'ammaccato elmo
nelle esalazioni di ossa bruciate.
Mein ist alles, sagte der Staub,
die Riffe voller Wassergetöse,
die Fluß- und Schiffskataloge
des alten Homer.
Tutto possiedo, disse la polvere,
le scogliere colme del fragore dell'acqua,
i registri fluviali e nautici
del vecchio Omero.
L'incipit della prima versione divenne in seguito la prima strofa di Unterwegs.
La versione definitiva si compone di tre strofe di diversa lunghezza, rispettivamente di
cinque, sette ed otto versi e ritmi liberi. Si tratta di una lirica di tono elegiaco, come
conferma il suo incipit, un adonio la cui struttura ritmica viene ripresa all'inizio della
seconda strofa.
114
Nella negazione "Niemand wird finden / das Grab des Odysseus", ribadita dall'ulteriore
negazione "kein Spatestisch", pare riflettersi la visionarietà dell'io lirico pessimisticamente
rivolta al futuro ("wird finden"): il mito è destinato a rimanere tale, anzi tale deve restare,
come chiarisce l'imperativo dell'incipit della seconda strofa, "Such nicht die Höhle", in cui
l'io lirico ammonisce perentoriamente un non precisato destinatario, forse se stesso, a
non cercare il luogo in cui potrebbe celarsi la tomba di Ulisse.
Il terzo, quarto e quinto verso della prima strofa si pongono fonicamente in rilievo per il
susseguirsi di plastiche sequenze di fricative-occlusive (-sp, -st) e velari variamente
articolate: "Spatenstich", "krustigen", "Dunst", "versteinerter Knochen". Della vocale -u,
spicca la cupa valenza fonosimbolica nei sintagmi "krustiger Helm" e "Dunst versteinerter
Knochen".
Huchel si era ispirato all'eroe omerico anche in altre poesie: Hinter den weißen Netzen
des Mittags229 e Odysseus und die Circe230; in quest'ultima l'elmo, simbolo del guerriero,
perde la sua funzione precipua ed Ulisse, uno stanco soldato, se ne serve per attingere
acqua pura ad una fonte. In Das Grab des Odysseus è sotterrato in un luogo che nessuno
mai scoprirà. L'odissea dell'eroe è terminata, le sue ossa sono pietrificate, ma non il suo
spirito, come pare alludere il "Dunst versteinerter Knochen".
Come già accennato, l'incipit della seconda strofa - un adonio - è rappresentato da
un'esortazione. Numerose sono le liriche hucheliane che esordiscono con moniti, ad
esempio Thrakien231 ("Hebe den Stein nicht auf, / Den Speicher der Stille.") e, nella
raccolta Die neunte Stunde, Östlicher Fluß ("Such nicht die Steine / im Wasser über dem
Schlamm") e Im Kun-lun-Gebirge ("Steig nicht hinauf")232.
Molti sono i topoi sulla morte e l'aldilà che compaiono verso dopo verso nella prima e
seconda strofa; numerose le allitterazioni, rilevabili in alcuni dei versi più pregnanti. Della
prima strofa è già stato detto; nella seconda, di ritmo giambico-dattilico, si osservino:
229
In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 122).
In Gezählte Tage (G.W. I, pag. 198).
231 In Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 116).
232 V. analisi specifiche delle poesie.
230
115
II.1:
l'accentuata presenza di fricative velari: "Such nicht die Höhle"
II.4:
l'allitterazione in fricativa labiodentale: "vom Pech der Fackel versehrt"; la fiaccola,
un vocabolo dalla connotazione apparentemente positiva per il rimando alla luce, deturpa
l'ombra con le sue esalazioni, contribuendo a rendere ancora più buia l'atmosfera; è
inoltre uno degli attributi di Ecate, dea legata al mondo delle Ombre233
II.5:
la sequenza di vocaboli inizianti con rispettivamente affricata, fricativa e occlusiva,
di articolazione apico-dentale: "zu seinen toten"; l'allitterazione in occlusiva velare sonora;
"Gefährten ging"; la consonanza finale in -en/-ten;
II.6:
l'allitterazione in fricativa e l'assonanza in "Hände hebend"
II.7:
l'allitterazione in occlusiva bilabiale sonora e fricativa palatoalveolare: "bespritzt
mit dem Blut geschlachteter Schafe". Pecore formavano il patrimonio personale di
Ulisse234; sono animali sacrificali e, solitamente ritenute innocenti e sciocche, sono il
simbolo di chi è inerme di fronte al nemico. La loro ingenuità viene facilmente ingannata
dall'astuzia. Ed effettivamente si potrebbe vedere nelle pecore, del cui sangue sono
intrise le mani di Ulisse, le vittime dei suoi inganni grazie ai quali, nel corso delle delle
sue peregrinazioni, egli spesso si salvò a scapito dei suoi stessi compagni. Ora però le
sue mani sono disarmate: egli non è più un guerriero.
Dunque, ritornando al suo incipit, si potrebbe leggere la seconda strofa come invito a non
turbare il regno dei morti. Ritengo tuttavia che il tema centrale della poesia sia,
similmente a Thrakien e Östlicher Fluß, il passato e il tentativo di rintracciarlo, in questo
caso attraverso la sua dimensione mitica. Nel caso specifico di Das Grab des Odysseus
sarebbe forse più corretto parlare di negazione della possibilità di recupero del passato,
infatti l'io lirico con la negazione dell'incipit "Niemand wird finden" si mostra consapevole
della vanità della ricerca ed in un certo senso pare voler risparmiare al destinatario del
perentorio invito della seconda strofa la delusione di un esito negativo delle indagini.
Nulla infatti può opporsi al processo di "insabbiamento del passato" messo in opera dal
tempo che inesorabilmente scorre. Questo concetto è chiaramente espresso dalla terza
233
V. commento a Schottischer Sommer in "Excursus: Huchel e Shakespeare"
Ad Ulisse il padre Laerte trasmise, oltre al trono di Itaca, il patrimonio consistente anche in greggi di
pecore.
234
116
strofa, che con la veemenza dell'affermazione "Mein ist alles" contrasta con la doppia
negazione delle strofe precedenti, giustificandole. Proprio perché tutto appartiene alla
polvere esse acquistano maggior senso. Nella prosopopea parla quella stessa polvere
che inghiotte Enkidu in Der Holunder235 ("Der Staub schlug deine Knochen"). La polvere
cade, come la neve, a nascondere tutto, a sigillare il passato. Come cenere, neve e
ghiaccio, anch'essa, nelle liriche di Huchel, si pone frequentemente in relazione ai
defunti236. E' lei ad affermarsi definitivamente sul passato, sui suoi eroi, sul mito. "Mein ist
alles", sentenzia, e lo scarto tra tempo presente, con cui nel primo segmento del verso
viene riportato il discorso diretto, e passato ("sagte der Staub"), indica che essa è in
agguato, pronta a riversarsi sulla realtà di ogni istante trascorso senza nulla risparmiare,
estendendo il suo dominio oltre i confini epocali. Lo conferma la lunga enumerazione che
segue la sua esclamazione, suscettibile forse di ulteriori aggiunte, come indica anche un
confronto con la precedente redazione della poesia dal quale risulta che nella versione
definitiva la polvere ha esteso i suoi "possedimenti".
La struttura della terza strofa si caratterizza per la presenza, in alcuni suoi versi, di una
cesura che produce la frantumazione del ritmo in metri diversi. Ad esempio nel primo, che
come l'incipit delle due strofe precedenti pone in risalto, tramite il
trocheo, il forte
carattere affermativo dell'enunciato:

∪  ∪ /  ∪ ∪ 
Mein ist alles, sagte der Staub
oppure il secondo e terzo, ritmicamente paralleli:
∪

∪
 ∪
/  ∪
∪

∪
das Grab der Sonne hinter der Wüste
die
Riffe
voller
Wassergetöse
E' dunque l'ictus sulla prima sillaba - ovvero il ritmo di tipo trocaico - che rafforza il tono
degli incipit delle tre strofe; tutti i versi seguenti iniziano con tempi deboli.
235
V. analisi specifica della poesia.
Le figure di "Staub", "Schnee" e "Asche" vengono usate spesso intercambiabilmente. In relazione a
questi ultimi due vocaboli ricorre talvolta il verbo "stäuben", ad esempio in Schottischer Sommer, Aristeas I,
Schnee, Hubertus Weg.
236
117
Pur considerata la circostanza che Huchel compose altre liriche imperniate sulla
rivisitazione del passato, Das Grab des Odysseus non può essere intesa unicamente
come ulteriore "variazione" sul tema, bensì anche come riflessione del poeta sulla
sopravvivenza dell'opera artistica - quindi anche della propria - attraverso le epoche.
Huchel al solito si serve di riferimenti indiretti: la polvere non ricopre solo gli elementi di
uno scenario arcaico, bensì si posa, essa stessa metafora, su figure che rimandano
all'epos omerico: prendendo spunto da esso egli elabora le immagini dello "Steuerruder,
schartig vom Salz", dell' "endloser Mittag, der immer noch warnt / den Seeräubersohn aus
Ithaka", e nell'ultimo verso Huchel poeta
greco,
rende omaggio alla mitica figura del poeta
ma l'immagine che i versi offrono è desolata:
anche "die Karten und
Schiffskataloge / des alten Homer" sono seppelliti dalla polvere: il viaggio di ritorno al
passato non avverrà, sono scomparsi gli strumenti che permetterebbero di orientarsi
risalendo la corrente del tempo.
Mi pare opportuno proporre una riflessione di Huchel sul mito e la sua interpretazione in
chiave moderna:
"Vielleicht waren es diese Reisen durch Europa und meine Bekanntschaft mit
Schriftstellern vieler Länder, die micht inspirierten, Archaisch-Mythisches mit modernen
Formen und Inhalten zu verbinden, den Stoff also nicht mythologisch auf sich beruhen zu
lassen, sondern ihn dialektisch aufzuhellen.
Ich weiß, daß die Verwendung der Archetypen von Mythos, Natur und Religion oft nur als
Flucht, als das Sichherausstellen aus der gesellschaftlichen Wirklichkeit angesehen wird.
Es gibt zwei Gruppen von Schriftstellern, die eine sagt, jede Dichtung dränge zum Mythos,
der Mensch befreie sich aus dem engen Netz einer deformierten Realität und komme jetzt
erst mit dem Wesen der Welt in Einklang. Die andere Gruppe sagt, oft mit spöttischer
Überlegenheit, der altmodische Kram aus dem Arsenal der toten Mythologien, aus den
Katakomben verstaubter Religionen sei rückschrittlich, mit prähistorischen Vokabeln
untermaure man nur die Macht und verändere die Wirklichkeit nicht. Der Mensch als
118
gesellschaftliches Wesen habe den Vorrang, die Rückkehr zum Mythos könne nur als
Entgesellschaftlichung des Menschen verstanden werden, als die Mystifikation der
Wirklichkeit. Sie entwerfen eine weithin durchschaubare Welt, bestreiten jede Magie, jede
Metapher auch, da diese die Realität umgehe.
Und die Wirklichkeit? Können wir sie erkennen? Wir leben im Jahrhundert der
Wissenschaft und nicht mehr im vorangegangenen der Fortschrittsgläubigkeit, in dem die
Wissenschaftler noch annehmen konnten, die Welt mittels Instrumenten und Zahlen zu
erkennen. Die heutige Physik, die uns so große Erfolge brachte, ist bescheidener
geworden. Einzig der meßbare Teil der Welt, also ein verhältnismäßig kleiner Teil des
Ganzen, kann erforscht werden. Heisenberg hat darauf ausdrücklich hingewiesen.
Die Natur bleibt geheimnisvoll. Wir können in die Transzendenz, in jede visionäre Landschaft
vorstoßen. Und die Dichtung? Ist sie, gemessen an der Exaktheit der Forschung, nun nicht
mehr in der desperaten Lage, die zwar schöne, anmutige, doch etwas dümmliche Schwester
der Philosophie und der Wissenschaft zu sein?
Jeder, der schreibt, weiß, daß die Dichtung ihre eigene
Dimension hat. Aber jeder, der
schreibt, weiß auch, wie schwer es ist, dem Schweigen ein Wort abzubringen."237
237 Dal discorso tenuto da Huchel a Brüssel in occasione del conferimento del premio letterario "Europalia
77"; (G.W.I, pag. 330 e segg.).
"Forse furono questi viaggi per l'Europa e la conoscenza intrecciata con scrittori di molti paesi che mi
ispirarono ad unire il mitico-arcaico con forme e contenuti moderni, e quindi a chiarire dialetticamente
l'argomento mitologico, a non lasciarlo stare così.
So che l'uso degli archetipi di mito, natura e religione vengono spesso considerati solo una fuga, un porsi al
di fuori della realtà sociale. Vi sono due gruppi di scrittori, l'uno afferma che ogni opera poetica viene
attratta dal mito, che l'uomo si libera dalla stretta rete di una realtà deformata e solo così entra in armonia
con l'essenza del mondo. L'altro gruppo sostiene, spesso con beffarda superiorità, che la vecchia
cianfrusaglia dall'arsenale di morte mitologie, dalle catacombe di polverose religioni è retrograda, che con
vocaboli preistorici si consolida solo il potere e non si modifica la realtà. L'uomo, come essere sociale, ha la
priorità, il ritorno al mito può essere inteso solo come desocializzazione dell'uomo, come mistificazione
della realtà. Essi progettano un mondo scrutabile da lontano, contestano ogni magia, anche ogni metafora,
perché elude la realtà.
E la realtà? Possiamo discernerla? Viviamo nel secolo della scienza e non più nel precedente, della fiducia
nel progresso, nel quale gli scienziati potevano ancora presumere di procedere alla conoscenza del mondo
mediante strumenti e numeri. L'attuale fisica, che ci portò così tanti successi, è divenuta più modesta. Solo
la parte misurabile del mondo, e dunque una parte proporzionalmente piccola del tutto, può venire indagata.
Heisenberg ha espressamente accennato a questo.
La natura resta misteriosa. Possiamo imbatterci nella trascendenza, in qualsiasi paesaggio visionario. E la
poesia? Misurata secondo l'esattezza della ricerca, non è più nella disperata situazione di essere la certo
bella, leggiadra ma un po' sciocca sorella della filosofia e della scienza?
Chiunque scriva sa che la poesia possiede una propria dimensione. Chiunque scriva però sa anche come
sia difficile sottrarre una parola al silenzio."
119
Pfeilspitze des Ada
Punta di freccia dell'Ada
Bewohner der kahlen Berge,
Nachzügler, Zelte, flatternd und finster,
unduldsam der Tod,
als stürze er von der Sonne hinab
in gleißende Ziegelscherben.
Sandkauend, in Stößen
und Wirbeln der Wind,
der heiß durch die Disteln fegt.
Eselfarben die Mauer,
lehmrissig,
der Mann, der sich nähert,
geht ohne Schatten.
Abitanti dei monti spogli,
retroguardia, tende che sventolano tenebrose,
impaziente la morte,
come se precipitasse giù dal sole
in rutilanti frammenti di mattone238.
Masticando sabbia in raffiche
e vortici, il vento
che cocente turbina tra i cardi.
Color d'asino il muro
d'argilla screpolato,
l'uomo che s' appressa
cammina senz'ombra.
Einst fliege ich auf
zu den Gazellen des Lichts,
sagt eine Stimme.
Un giorno mi alzerò in volo
verso le gazzelle della luce,
dice una voce.
La poesia venne pubblicata per la prima volta in German Poetry 1910-1975. An Anthology
in German & English239.
Il titolo allude ad una punta di freccia di epoca pre-cristiana, con iscrizione in caratteri
semitici occidentali, rinvenuta in un luogo imprecisato240.
Due strofe di lunghezza diseguale compongono la poesia: la prima di dodici versi, la
seconda di tre. Sono completamente diverse anche nel tono e nel contenuto. Nella prima
l'io lirico resta celato dietro la voce che introduce, in sequenza asindetica, gli elementi di
un'azione che si svolge in uno scenario arido e surreale. Nella seconda strofa una voce
misteriosa assume un tono profetico.
La punta di freccia cui esplicitamente si riferisce il titolo è un simbolo di morte e
l'iscrizione che reca rimanda all'Ade, agli inferi. Il paesaggio descritto ha effettivamente
connotazioni infernali: se gli scenari hucheliani appaiono talvolta irrigiditi nel freddo, qui si
rilevano condizioni estreme in senso opposto: la natura è un insieme di elementi
incandescenti.
238
"der Ziegel": "mattone", ma anche "tegola". Dato il riferimento al "Mauer" del verso I,9 ho optato per la
prima soluzione.
239 Traduzione ed edizione a cura di Michael Hamburger, Manchester 1977, pag. 172. Huchel, nel gennaio
1974, aveva consegnato al curatore una copia dattiloscritta della poesia, specificando che si trattava di una
nuova composizione.
240 Informazione trasmessa dalla signora Monica Huchel ad Axel Vieregg, curatore dei Gesammelte Werke
di Peter Huchel.
120
La prima strofa è un veloce susseguirsi di scene brevemente tratteggiate in due-tre versi,
i cui "protagonisti" sono rispettivamente: gli abitanti dei monti calvi (versi 1-2); la morte
(versi 3-5); il vento (versi 6-8); il muro (versi 9-10), l'uomo senz'ombra (versi 11-12).
Variabile è la scansione ritmica dei versi, pur nella predominanza di anfibrachi e dattili.
Impressionante è la frequenza di vocaboli allitteranti, con coinvolgimento di varie
consonanti.
La poesia si apre su uno scenario spoglio, arcaico. Non è dato sapere chi siano
realmente i "Bewohner241 der kahlen Berge", ma certo è difficile sottrarsi al fascino di
un'interpretazione della scena come convegno satanico, secondo l'immagine evocata da
"Eine Nacht auf dem kahlen Berg" di M.Mussorgsky. Non si dimentichi tuttavia che il
"Monte Calvo" per eccellenza è il Golgota. In tal caso si potrebbe cogliere nell'incipit un
rimando al titolo della raccolta, Die neunte Stunde. Il termine "Nachzügler", ricorrente
anche in Jan-Felix Caerdal242, e l'immagine delle tende che sventolano tenebrose, sono
comunque associabili ad un accampamento militare. Elevata la densità di allitterazioni: in
occlusiva bilabiale sonora: "Bewohner der kahlen Berge"; in affricata apicoalveolare e in
fricativa labiodentale: "Nachzügler, Zelte, flatternd und finster", ove la congiunzione
acuisce l'intensità dell'evocazione acustica e visiva di tende che fluttuano come fantasmi.
L'accenno alla morte è esplicito in "unduldsam der Tod": cfr. Melpomene: "der Tod wird
kommen"; si tratta di un verso tutto intessuto di occlusive dentali, come dentale è anche la
fricativa apicoalveolare, mentre la doppia -u dell'aggettivo, fonosimbolicamente scura,
incupisce ulteriormente l'immagine.
Anche in questa poesia il sole è associato alla morte243: "als stürze er von der Sonne
hinab": Nella similitudine si potrebbe però anche cogliere un rimando a Lucifero, che
venne scagliato negli inferi.
Nel verso successivo, "in gleißende Ziegelscherben", l'accusativo che segue la
preposizione indica che la morte, precipitando, penetra misteriosamente in frammenti
incandescenti di mattoni; le sensazioni visive sono piuttosto intense: lo scintillio del sole
241
Il sostantivo "Bewohner", senza articolo, potrebbe essere tanto singolare quanto plurale; la stessa cosa
vale per "Nachzügler".
242 V. analisi specifica della poesia.
243 Cfr. Aristeas I; Aristeas II.
121
risulta frantumato e moltiplicato in infinite minute schegge, ma l'immagine complessiva è
di difficile interpretazione. Pregnante è la presenza - nei versi 4-5-6 - di consonanti
dentali di varia articolazione: fricative, affricate, occlusive.
"Sandkauend, in Stößen / und Wirbeln der Wind": da un punto di vista fonosimbolico,
questi sono forse i versi più significativi: a parte le allitterazioni, l'iterata sequenza di
nasale-dentale -nd amplifica lo stridere della sabbia tra gli invisibili denti di un vento
antropomorfizzato ("kauen", "fegen"). Il participio presente inoltre conferisce all'azione
una "perenne attualità", come se la sua durata fosse infinita. Si noti inoltre che
dall'enjambement nascono due versi ritmicamente sovrapponibili, formati da un doppio
anfibraco (catalettico in "der Wind"), i quali presentano una diversa distribuzione dei foni,
con prevalenza di fricative apicoalveolari in "Sandkauend, in Stößen", ed una spiccata
labialità in "und Wirbeln der Wind", contrastata dalla -i; la congiunzione forma non solo
sintatticamente ma anche fonicamente un ponte tra i due versi, presentando anch'essa la
sequenza -nd che conclude il verso in "Wind". L'enjambement spezza inoltre in due
sintagmi la figura iperbolica "in Stößen / und Wirbeln".
Nel verso "der heiß durch die Disteln fegt.", ipotatticamente coordinato al precedente di
cui segue l'andamento ritmico, risaltano le allitterazioni in occlusiva dentale; vi compare la
figura del cardo, con la quale, a partire dall'ormai più volte citata poesia Unter der Wurzel
der Distel Huchel allude cifratamente al linguaggio poetico, costretto a rivestirsi di spine, a
proteggersi per poter sopravvivere in un ambiente ostile. E quale scenario potrebbe
esserlo più di quello tratteggiato in Pfeilspitze des Ada ?
I versi successivi, "Eselfarben die Mauer / lehmrissig", introducono uno dei topoi più
importanti nella letteratura della RDT: il muro. Probabilmente l'oscuro quinto verso, "in
gleißende Ziegelscherben", menzionando i frammenti di mattone, anticipa la figura del
muro. Il colore del muro, "Eselfarben", produce un effetto di straniamento. L'asino è un
animale che Huchel, nella raccolta Die neunte Stunde, cita anche altrove244. Ha tratti
arcaici e si integra perfettamente in un ambiente così essenziale, primordiale come quello
di Pfeilspitze des Ada.
244
Cfr. Wintermorgen in Irland: "Der erste Eselschrei".
122
Il muro è inoltre "lehmrissig", screpolato, così come frantumati sono i mattoni del quinto
verso , presumibilmente d'argilla anch'essi.
L'uomo cui si accenna nell'undicesimo verso ("der Mann, der sich nähert")
potrebbe
essere una figura rassicurante: infine un essere umano in carne ed ossa, in questo
scenario surreale. Ma anch'egli diviene immediatamente una presenza inquietante, infatti
"geht ohne Schatten", offrendo dunque l'immagine di un'identità dispersa che ricorda
quella di Schlemihl, protagonista di Peter Schlemihls wundersame Geschichte di
Chamisso.
La seconda strofa sorprende per la repentina variazione di tono e situazione. Una voce
indefinita sentenzia in tono profetico ("einst", avverbio che lascia indeterminato il
momento in cui il volo si realizzerà), esprimendo il desiderio di altri orizzonti (la gazzella,
simbolo di una vita libera in equilibrio con la natura), di luce che evidentemente non è
quella solare, dalle connotazioni funebri. Nel silenzio dello scenario, interrotto dal cupo
"flattern" delle tende e dallo stridore del vento cocente, la voce sconosciuta ha come un
guizzo: la sua visione di un futuro volo ascendente è positivamente antitetica allo
"hinabstürzen" della morte.
Ma ritorniamo un istante al titolo della poesia, Pfeilspitze des Ada: forse la voce indefinita
appartiere proprio alla punta della freccia, stanca di essere uno strumento di morte,
desiderosa di salire in alto, verso le diafane, incorporee e dunque invulnerabili gazzelle
della luce.
123
Aristeas I
Aristea I
Die erste Frühe,
als im Gewölk das Gold
der Toten lag. Es schlief der Wind,
wo im Geäst
die nebelgefiederte Krähe saß.
Il primo mattino,
quando nelle nubi era
l'oro dei defunti. Riposava il vento,
ove tra i rami
era il corvo dalle piume di nebbia245.
Der Vogel flog,
sein Fittich schlug das Licht
im Erlengrau,
die milchige Haut der Steppe.
L'uccello volò
la sua ala colpì la luce
nel grigio degli ontani
la pelle lattiginosa della steppa.
Ich, Aristeas,
als Krähe einem Gott gefolgt,
ich schweife,
vom Traum gerissen,
durch Lorbeerhaine des Nebels,
mit starrem Flügel den Morgen suchend.
Ich spähte
in schneeverkrustete Höhlen,
Gesichter, einäugig, feuerbeschienen,
versanken im Rauch.
Und Pferde standen, vereist die Mähnen,
an Pflöcke gefesselt mit Riemen aus Ruß.
Die Krähe strich
ins winterliche Tor,
strich durch verhungertes Gesträuch.
Frost stäubte auf.
Und eine dürre Zunge sprach:
Hier ist das Vergangene ohne Schmerz.
Io, Aristea,
come corvo al seguito di un dio,
erro,
strappato al sogno,
tra le selve d'alloro della nebbia,
con ala rigida cercando il mattino.
Spiavo
in caverne incrostate di neve,
volti monocoli, illuminati dal fuoco,
sprofondavano nel fumo.
E cavalli, le criniere ghiacciate, stavano
avvinti a ceppi con finimenti di fuliggine.
Il corvo volò
nel cancello invernale,
volò tra arbusti morti d'inedia
Gelo si posò.
Ed un'arida lingua disse:
Qui il passato è senza dolore.
La poesia venne pubblicata per la prima volta in "Neue Rundschau 81" (1970), pag. 233 e
successivamente inserita nella raccolta Gezählte Tage. Da ultimo venne accolta nel
volume Die neunte Stunde. Una copia dattiloscritta in possesso di Henry Beissel reca la
seguente versione:
Die erste Frühe,
als im Gewölk das Silber
der Toten lag. Es schlief der Wind,
wo im Geäst
Il primo mattino,
quando nelle nubi era
l'argento dei defunti. Riposava il vento,
ove tra i rami
245
Opto per il termine "corvo" anziché "cornacchia" perchè in quest'ultimo vocabolo colgo tratti lievemente
comici. In quanto sostantivo bisillabo accentato sulla prima sillaba ritengo inoltre che "corvo" traduca meglio
la ritmicità di "Krähe".
In mitologia non si fa distinzione tra corvo comune, corvo imperiale e cornacchia, uccelli dalla connotazione
prevalentemente negativa. Nella Bibbia, però, Noè invia un corvo fuori dall'arca per cercare la terra e un
altro corvo porge al profeta Elia pane e carne nel deserto. Il corvo assume un significato negativo nel
calendario babilonese, dove presiede al tredicesimo mese (bisestile). Secondo la mitologia greca è
considerato ciarliero ed indiscreto, difetti questi che gli impedirono di divenire compagno della dea Atena,
che al suo posto scelse il gufo (cfr. Begegnung).
Si racconta anche che le sue piume originariamente fossero bianche, ma che Apollo, dio del sole, le annerì
per punire la sua loquacità. Tuttavia il corvo era considerato suo accompagnatore. Nella mitologia
germanica ricorre la figura di due corvi, Hugin e Munin ("pensiero" e "ricordo"), che informano il dio Odino di
tutto ciò che avviene nel mondo.
124
die nebelgefiederte Krähe saß.
era il corvo dalle piume di nebbia.
Der Vogel flog, sein Fittich schlug
das kühle Licht, wo unterm Erlengrau,
die Steppe
Das Wissen der Stunde barg.
L'uccello volò, la sua ala colpì
la fresca luce, ove sotto il grigio degli ontani,
la steppa
celava il sapere dell'ora.
Il titolo allude al mito di Aristea (vissuto approssimativamente nella prima metà del VII
sec. a.C.), riportato nel IV libro (13-15) delle Storie di Erodoto. Personaggio a metà tra il
mitico e lo storico, il poeta Aristea, figlio di Castrobio (cfr. Aristeas II: "Ich, Aristeas, Sohn
des Kaystrobios") era originario di Proconneso, isola della Propontide (Mar di Marmara). Il
poema epico da lui scritto, l'Arimaspea, narra di abitanti della Siberia, gli Arimaspi,
monocoli (cfr. terza strofa di Aristea I: "Gesichter, einäugig, feuerbeschienen"), e di grifi
custodi dell'oro246, vicini degli Arimaspi. La parte mitica della biografia di Aristea inizia con
la sua morte. Egli morì in un laboratorio di follatura (cfr. Aristeas II: "noch stampft die
Walkmühle nachts"). Quando i suoi amici vennero a cercare il corpo, fu impossibile
ritrovarlo. Alcuni viaggiatori, lo stesso giorno, arrivando in città dissero di aver incontrato
Aristea sulla strada per Cizico, nella Propontide, sulla costa asiatica. Infatti, secondo il
mito, Aristea poteva morire e risuscitare. Le Storie di Erodoto riportano che egli seguì
Apollo nel mitico paese degli Iperborei sotto forma di corvo.
Con particolare riferimento alle poesie Aristeas I e Aristeas II merita un approfondimento
la figura di Apollo, che non viene menzionato direttamente, ma che è appunto quel dio
che Aristea-corvo accompagna247.
Per le più dirette implicazioni che Apollo ha nella presente poesia dirò brevemente che,
nel corso del tempo, egli divenne il dio della religione orfica, e al suo nome si ricollegò
tutto un sistema semireligioso e semimorale che prometteva la salvezza e la vita eterna ai
246
Secondo studi antropologici, gli Arimaspi monocoli e i grifoni custodi dell'oro sono elementi tipici del
folklore centro-asiatico.
247 Apollo condivide molti tratti della divinità germanica Odino; come questi è infatti dio della divinazione e
della musica. Sul monte Parnaso presiedeva ai giochi delle Muse. I suoi oracoli erano generalmente
espressi in formule versificate (esametri) ed egli ispirava sia gli indovini che i poeti. Condivideva questa
funzione ispiratrice con Dioniso, ma l'ispirazione apollinea si distingue dall'ispirazione dionisiaca per il suo
carattere più misurato (v. anche commento a Ölbaum und Weide).
Apollo era inoltre dio pastorale che i suoi amori con ninfe e giovinetti divenuti fiori ed alberi univano
intimamente con la vegetazione e la Natura. Apollo era anche un dio guerriero (come Odino), capace, con
arco e frecce, d'inviare di lontano, come sua sorella Artemide, una morte rapida. Figlio di Zeus e di Latona,
Apollo ricevette alla nascita alcuni doni dal padre: una mitra d'oro, una lira e un carro tirato da cigni. Gli
venne quindi ordinato di andare a Delfi. Ma i cigni lo condussero dapprima nel loro paese, sulle rive
dell'Oceano, "di là dalla patria del Vento del nord", presso gli Iperborei, popolo che viveva sotto un cielo
sempre puro ed aveva votato ad Apollo un culto celebrato incessantemente.
125
suoi iniziati: (cfr. "Und eine dürre Zunge sprach: / Hier ist das Vergangene ohne
Schmerz").
Dafne, amata da Apollo, era stata trasformata in alloro (cfr. "Durch Lorbeerhaine des
Nebels").
Alle foglie di alloro si attribuiva non soltanto virtù terapeutica, ma anche il
potere di purificare l'anima dalle sue macchie; grazie all'alloro Apollo pronunciava vaticinî
e boschetti di alloro circondavano i santuari di Apollo; la Pizia, sacerdotessa dell'oracolo
di Delfi, masticava una foglia d'alloro durante le sue estasi profetiche sul treppiede ornato
dai ramoscelli dell'albero sacro248.
Dopo queste brevi premesse, analizziamo la poesia più in dettaglio.
La prima strofa di Aristea I evoca la seconda strofa di Wintermorgen in Irland, di cui
riprende, variandola, la metafora che sottintende il sole, simbolo di morte; di quella poesia
simile è anche l'immagine della metamorfosi di un uccello: là si tratta di una gazza, ovvero
del diavolo sotto altre spoglie; qui è un corvo, ossìa Aristeas. Il suo piumaggio di nebbia
ne suggerisce il collegamento con l'aldilà. Si noti che nella prima versione della poesia
nelle nubi non vi è "Gold", bensì "Silber", con chiaro riferimento alla luna.
Nell'incipit della seconda strofa, la dinamicità del verbo "flog" contrasta decisamente con
la staticità di "saß".
E' possibile che con "Erlengrau"249 Huchel abbia inteso alludere al paesaggio della marca
brandeburghese della sua infanzia. L'ontano è infatti un albero di palude, e stagni e
248
Secondo la leggenda, l'alloro era l'unico albero tra tutti quelli piantati dall'uomo a non essere mai colpito
dal fulmine. Durante i sacrifici venivano bruciati ramoscelli d'alloro, il cui crepitare era considerato un
segno propizio. Quali attributi di Apollo e di Giove (a Roma), corone e ramoscelli d'alloro effigiavano
monete e pietre preziose .
L'alloro è anche attributo di Nike, dea della vittoria, che ne tiene in mano una corona che porrà sul capo
degli eroi vittoriosi.
Anche il protocristianesimo tenne in gran conto le foglie d'alloro per la loro natura sempreverde, come
simbolo della vita eterna, in modo particolare della nuova vita dischiusa dall'avvento redentore di Cristo.
249 Ricordo che il grigio non ha valenza positiva, in Huchel. Cfr. Die Schwalbe (da Der Rückzug, G.W.I,
pag.166):
(...)
Weißbrüstige Schwalbe,
Rondine dal candido petto,
dein Schnabel ritzt
il tuo becco incide
das grau sich kräuselnde Wasser
l'acqua che grigia s'increspa
an Schilf und Tote vorbei
sfiorando canne e morti
im gleitenden Flug.
in volo planato.
126
paludi s'incontrano frequentemente nella lirica hucheliana. Nella raccolta Die Neunte
Stunde l'ontano compare nelle poesie Philipp250 e Die Rückkehr251.
Tuttavia, dal verso "die milchige Haut der Steppe" nasce una sensazione di straniamento,
essendo la steppa ambiente inidoneo alla crescita di vegetazione palustre. Il vocabolo
ricorre sia in
Der Holunder che in Melpomene ed Erodoto è fonte comune sia per
Melpomene che per Aristeas I, mentre, come rilevato in sede di analisi della poesia, Der
Holunder si ispira al mito di Gilgamesch. Ciò premesso, nulla autorizza la collocazione
dello scenario di Aristeas I negli stessi mitici luoghi delle poesie appena menzionate. Con
"Steppe" Huchel potrebbe aver inteso riferirsi velatamente all'Unione Sovietica, di cui la
steppa forma tanta parte del paesaggio e nella cui sfera d'influenza si trovava la RDT
all'epoca di composizione della poesia.
Aristea diviene personaggio vivo ed attuale nella terza strofa, in cui esprime il proprio
disagio legato all'oscillazione della sua esistenza tra vita e morte. L'io lirico emerge
anaforicamente tre volte, tuttavia è soprattutto l'incipit, con l'ictus sul pronome personale
e quindi ritmo trocaico, a possedere la maggiore incisività, mentre terzo e settimo verso
sono paralleli sia sintatticamente ("ich schweife" - "Ich spähte", che ritmicamente
(anfibraco).
La terza strofa, che il corpo rientrante pone visibilmente in rilievo, si compone di due
sezioni caratterizzate rispettivamente dalla presenza del tempo presente del verbo nella
prima e del preterito nella seconda.
Si può ipotizzare che il presente identifichi la
condizione di Aristea-corvo cosciente (cfr. "ich schweife, / vom Traum gerissen,") ed il
preterito uno stato catalettico simile alla morte, nel quale la sua visionarietà si acuisce.
Mentre nella prima strofa riposava tra i rami, nella terza vaga, "strappato al sogno". Da
questa espressione si desume che Aristea vive meglio nel mondo notturno. Le sue piume
di nebbia in realtà conferiscono rigidezza alle ali e la ricerca del mattino non gli riesce
(...)
250 "Hier endet der Weg, / die Fangschnur hängt / vereist / im Erlengestrüpp"; cfr. analisi specifica della
poesia.
251 "Ein Schilfblatt / trieb mit der Strömung vorbei. / Die Kähne versanken / im wäßrigen Schatten der
Erlen."; cfr. analisi specifica della poesia.
127
facile. E' forse quel volo attraverso i "Lorbeerhaine des Nebels" che, date le sopra citate
virtù dell'alloro, gli consente di purificarsi e rinascere. L'Aristea mitico-storico è un poeta:
così Huchel. E l'alloro conferisce proprietà divinatorie: Aristea è dunque un "uccelloprofeta", messaggero dell'aldilà, di un mondo dove però non esiste vita futura: la
prospettiva si proietta nel passato, infatti la "dürre Zunge" della quarta strofa sentenzia:
"Hier ist das Vergangene ohne Schmerz".
Come anticipato, nella seconda parte della terza strofa Aristea ritorna al preterito "Ich
spähte (...): è una ricognizione in un mondo sotterraneo - le immagini sono fortemente
oniriche: la neve che incrosta le caverne nasconde il fuoco che illumina creature
monocole. Rammento che il poema scritto da Aristea, Arimaspea, descrive gli abitanti
monocoli di una zona della Siberia; l'ottavo e nono verso della terza strofa sono quindi
perfettamente in consonanza con il tema del poema. D'altronde le creature monocole
potrebbero essere cifra della deformazione indotta da un potere occhiuto, dispotico, e - al
tempo stesso - primitivo, cavernicolo.
L'immagine evocata negli ultimi due versi della terza strofa richiama analoghe scene di
altre liriche, ad esempio: Am Bahndamm rostet das Läutwerk252 e Alt-Seidenberg253; i
cavalli sono messaggeri di morte in Melpomene: "Der Tod wird kommen, / mit
Pferdehufen, endlos".
Ritengo interessante l'interpretazione del topos "caverna" sulla base degli studi di
psicologia del profondo: "Entrare nella caverna significa, in termini psicologici, tornare nel
grembo materno, negare la nascita, scendere nell'ombra e nel mondo notturno
dell'indistinto. E' la rinuncia alla vita terrena a favore della vita superiore di chi non è nato
(...). Nella caverna non esiste tempo, non c'è ieri né domani, poiché in essa anche il
giorno e la notte sono indivisi. Secondo Mircea Eliade questo isolamento rappresenta un'
"esistenza larvale", come quella dei morti nell'aldilà"254.
252
"Hinter der Hürde des Nebels, / Schnee in den Mähnen, / weiden die toten Pferde, / die Schatten der
Nacht"; in Gedichte (G.W. I, pag. 167).
253 "Reiter / auf Pferden mit fleischigen Mähnen / ritten an Gruben / voll Haar und Blut vorbei"; in Gezählte
Tage (G.W. I, pag. 201).
254 E.A.Kasper, Afrobrasilianische Religion, Frankfurt am Main, 1988.
128
Ed ecco che nella quarta strofa Aristeas-corvo "strich / ins winterliche Tor". Questo
"cancello invernale" è forse il passaggio che permette l'entrata nella "schneeverkrustete
Höhle". L'ipotesi potrebbe essere plausibile alla luce della suddetta interpretazione della
caverna come ritorno al grembo materno, quindi al passato: "Und eine dürre Zunge
sprach / Hier ist das Vergangene ohne Schmerz". La lingua sentenzia in tono oracolare,
probabilmente la secchezza la priva della capacità di modulazione e le conferisce una
voce distorta, tipica del medium, portavoce di entità ultraterrene.
Tutta la poesia è dominata dalla presenza del gelo, di forme irrigidite, aride, senza vita,
("winterliches Tor"; "verhungertes Gesträuch"; "Frost stäubte auf"; "dürre Zunge"),
già
rilevate in Winterpsalm, Schottischer Sommer e altrove.
Elevato è il tasso di vocaboli appartenenti alla sfera semantica dei fenomeni atmosferici e
degli elementi naturali: "Gewölk", "Wind", "nebel(gefiedert)" e "Gold", metafora per il sole;
"Licht", "schnee(verkrustet)" "feuer(beschienen)", "(ver)eis(t)", "Frost"
La prima strofa veicola la sensazione di un'atmosfera letargica, sottolineata dalla
presenza di verbi che indicano staticità: "lag", "schlief", "saß".
Ad essa si contrappone la seconda strofa con la dinamicità evocata dai verbi "flog" e
"schlug". Tuttavia il soggetto di quest'ultimo è l'ala di un uccello incorporeo, etereo:
"nebelgefiedert": l'aggettivo suscita sensazioni visivo-tattili di natura ossimorica: il colore
che l'immagine tradizionale del corvo evoca contrasta con il candore delle impalpabili
piume di nebbia. Pare dunque che nella seconda strofa sia in atto una metamorfosi che
trasforma la diafana ala rendendola tanto consistente da poter colpire la luce. Avviene
allora una condensazione della materia ed un irrigidimento dell'ala che diventa, nella
terza strofa un "starrer Flügel". Al contrario, la metafora "die milchige Haut der Steppe",
riferibile sia a "Licht" che a "Erlengrau" (da notare che il colore è comunque un fenomeno
fisico correlato alle radiazioni luminose, quindi il grigio degli ontani è in relazione con il
"Licht" del verso precedente), segnala un processo esattamente opposto, di liquefazione
della pelle in una sostanza lattiginosa.
129
L'incipit della seconda strofa è, da un punto di vista fonico, un verso estremamente
particolare: a parte l'alternanza vocalica e-o-e-o-, l'allitterazione in fricativa labiodentale
ed il susseguirsi di occlusive velari vengono resi fluidi dalla presenza delle consonanti
liquide: "Der Vogel flog".
L'allitterazione coinvolge anche "Fittich", nel secondo verso, ove vengono invertiti rapporti
fenomenici: non è quindi la luce a colpire l'ala di nebbia, bensì il contrario.
La scansione ritmica della prima e seconda strofa è simile: l'ultimo verso (dattilico nella
prima; formato da un dattilo e da un anfibraco nella seconda) si distingue infatti dal ritmo
giambico dei precedenti.
I tempi forti dei versi evidenziano due coppie di vocaboli,
rispettivamente "flog" / "schlug", che terminano con quasi perfetta omofonia, e
"(Erlen)grau" / "Haut" che formano una rima interna.
Significativa è la presenza di allitterazioni in tutta la poesia, sin dalla prima strofa
("Gewölk"-"Gold" / "Wind"-"wo"). Nella terza spicca un'ulteriore allitterazione in occlusiva
velare sonora, "Gott"-"gefolgt", ma è la fricativa labiodentale a fungere da "collante" tra i
vocaboli del secondo, terzo e quarto verso ("... Gott gefolgt, / ich schweife / vom ...") e
degli ultimi cinque, ove si alterna all'affricata bilabiale: "in schneeverkrusteten Höhlen, /
Gesichter, einäugig, feuerbeschienen, / versanken im Rauch. / Und Pferde standen,
vereist die Mähnen, / an Pflöcke gefesselt mit Riemen aus Ruß". La stessa funzione di
legante è svolta dalla fricativa palatoalveolare: "mit starrem Flügel den Morgen suchend. /
Ich spähte / in schneeverkrusteten Höhlen". Questi ultimi tre versi sono dominati da
un'insistente presenza di -e.
A mio avviso due immagini sono particolarmente pregnanti, ovvero quelle che
compongono la seconda parte della terza strofa.
Nei versi
"Ich spähte / in
schneeverkrustete Höhlen / Gesichter, einäugig, feuerbeschienen" si coglie - si potrebbe
dire tattilmente e visivamente- il forte contrasto tra il gelo delle caverne incrostate di neve
e il calore del fuoco che illumina i volti. Inoltre il verbo "spähen" evoca l'immagine di due
occhi - quelli dell'io lirico - che s'insinuano attraverso il varco nella caverna, e quindi in
un qualcosa di cavo, fissando il volto di creature mostruose e a quanto pare ignare dello
sguardo che penetra nel loro ambiente. L'osservante e l'osservato non si scambiano
130
sguardi reciproci, ma anzi, l'occhio dei monocoli diviene esso stesso una cavità nella
quale l'io lirico guarda. Le orbite cave di quegli esseri amplificano l'immagine della
"Höhle" in cui vivono ed addirittura essi "versanken im Rauch", sprofondano in un vuoto
ancor maggiore, pieno di fumo dalla connotazione funerea.
A questa scena si affianca, completandola, quella degli ultimi due versi della terza strofa:
"Und Pferde standen, vereist die Mähnen, / an Pflöcke gefesselt mit Riemen aus Ruß".
Questi cavalli non rimandano all'idea di libertà e movimento insita nell'immaginario
comune. Sono anch'essi riflesso dell'atmosfera gelida ed irrigidita che permea la poesia.
Le loro criniere non si muovono al vento, ma sono ghiacciate, speculari allo "starrer
Flügel" di "Aristeas-Krähe" (sesto verso). Non galoppano, ma sono avvinti a ceppi, così
come Aristea è legato ad un dio (als Krähe einem Gott gefolgt). Seguendo lo stesso
processo di addensamento osservato per l'ala di nebbia dell'uccello, il "Rauch" in cui
sprofondano i visi dei monocoli si rapprende in "Riemen aus Ruß": è la presenza
ossessiva di allitterazioni che pare quasi creare una prigione attorno a queste creature.
L'incipit della quarta strofa è parallelo a quello della seconda sia per la scansione
giambica e la sintassi, sia per la sinonimia dei due sintagmi, che evocano quindi la
stessa l'immagine ("Der Vogel flog" - "Die Krähe strich"), amplificata dall'iterazione di
"strich" all'inizio del terzo verso. La strofa mostra maggior varietà di ritmi rispetto alle
precedenti: giambi (primo e quinto verso), dattili (secondo, terzo e sesto); nel quarto verso
l'immagine del gelo che come polvere si posa viene plasticamente resa dalla fricativa
labiodentale ad inizio e fine verso e la sequenza fonicamente affine di -st: "Frost stäubte
auf". L'impalpabilità del gelo polverizzato evoca l'etereità delle piume di nebbia del corvo
della prima strofa. Anche in questa strofa si registra l'elevata frequenza di fricative di varia
articolazione; tuttavia è la velarità delle consonanti a risaltare (basti a titolo di esempio il
terzo verso: "strich durch verhungertes Gesträuch", ove la secchezza degli arbusti,
antropomorfizzati dal participio passato aggettivato "verhungert", si riflette in quella della
"dürre Zunge"): siano esse fricative o occlusive, la sensazione acustica complessiva che
ne deriva è di notevole asprezza - ulteriormente intensificata dalle vibranti - che ben
riflette l'atmosfera secca e rigida della poesia.
131
Un'atmosfera di stagnazione ed irrigidimento pervade anche la poesia strettamente
correlata ad Aristeas I, ovvero Aristeas II, di cui segue l'analisi.
132
Aristeas II
Aristea II
Die Einsamkeit
der Pfähle im brackigen Wasser,
an lecker Bootswand
kratzt eine tote Ratte.
Hier sitze ich mittags,
ein alter Mann,
im Schatten des Hafenschuppens
auf einem Mühlstein.
La solitudine
dei pali nell'acqua putrida,
contro la parete crepata della barca
raschia un ratto morto.
Qui siedo a mezzogiorno,
un vecchio
all'ombra del capannone del porto,
su una macina.
Flußlotse einst,
doch später fuhr ich Schiffe, arme Frachten,
hoch in den Norden durch die Gezeiten.
Die Kapitäne zahlten mit Konterbande,
es ließ sich leben, Weiber genug
und Segeltuch.
Un tempo traghettavo
più tardi però pilotai navi, miseri carichi
su nel nord, attraverso le maree.
I capitani pagavano col contrabbando
si poteva vivere, donne quanto basta
e tela da vele.
Die Namen verdämmern,
keiner entziffert den Text,
der hinter meinen Augen steht.
Ich, Aristeas, Sohn des Kaystrobios,
blieb verschollen,
der Gott verbannte mich
in diesen engen schmutzigen Hafen,
wo unweit der kimmerischen Fähre
das Volk mit Fellen und Amuletten handelt.
I nomi si fanno vaghi,
nessuno decifra il testo
dietro alle mie pupille.
Io, Aristea, figlio di Castrobio,
rimasi disperso,
il dio mi esiliò
in questo angusto, sordido porto
ove non lontano dal traghetto cimmerio
il popolo commercia in pelli e amuleti.
Noch stampft die Walkmühle nachts.
Manchmal hocke ich als Krähe
dort oben in der Pappel am Fluß,
reglos in der untergehenden Sonne,
den Tod erwartend,
der auf vereisten Flößen wohnt.
Ancor batte il follone a notte.
Talvolta siedo come corvo
là in cima al pioppo sul fiume,
inerte nel sole al tramonto,
attendendo la morte
che dimora su gelide zattere.
Aristeas II venne pubblicata per la prima volta in: Peter Huchel: Unbewohnbar die Trauer
con 8 litografie originali di Piero Dorazio. Erker Presse, St.Gallen, 1976 e
contemporaneamente in "Jahresring 76/77", pag. 59. E' strettamente correlata ad Aristeas
I, per cui, per i riferimenti extratestuali255, rimando all'analisi specifica di quella poesia.
Le quattro strofe di rispettivamente otto, sei, nove e sei versi liberi, sono di ritmo
prevalentemente dattilico. Il tono è elegiaco.
L'incipit della poesia, con la menzione della solitudine dei pali, evoca l'immagine analoga
di Venedig im Regen256: "Keiner nennt / die große Geduld / der Pfähle". In quel contesto i
versi si riferiscono ai pali che reggono la struttura di un'intera città e che però nessuno
mai nomina. L'immagine della prima strofa è di autentica desolazione ed il monologo
255
256
Biografia dell'Aristea storico; Storie di Erodoto, ecc.
Da Gezählte Tage (G.W. I, pag. 181).
133
dell'io lirico sottolinea ancor maggiormente la sua solitudine. I pali subiscono un processo
di antropomorfizzazione, infatti la loro solitudine è solo il riflesso di quella dell'io lirico che
in tutta la poesia non afferma mai di essere solo, bensì alla propria solitudine allude:
"Keiner entziffert den Text ..."; "Ich (...) blieb verschollen"; "der Gott verbannte mich...".
Nell'atmosfera stagnante compaiono due soli verbi che certamente non esprimono
dinamicità: "kratzt", che associato al ratto morto, evoca piuttosto il ritmico oscillare
dell'acqua putrida, e "sitze", che esprime la stanchezza del vecchio. E neppure a
mezzogiorno erompe luce nello scenario: il vecchio siede all'ombra del capannone, su di
una macina, oggetto questo che ricorda la professione del nonno di Huchel, mugnaio.
Forse il "Mühlstein" può essere interpretato come elemento di congiunzione con il
passato più privato del poeta.
In ogni caso questa macina è solo utile come sedile, scollegata com'è dal contesto in cui
dovrebbe trovarsi se venisse ancora impiegata secondo la sua destinazione originaria.
Anch'essa è quindi, in un certo senso, "sola", inutile, come pure la barca, che è crepata
("an lecker Bootswand"), inservibile.
Nella seconda strofa il tono da elegiaco diviene quello di una "ballata del marinaio",
soprattutto quando viene fatto cenno ai "Kapitäne" che pagavano con merce di
contrabbando ed alle "Weiber".
"Flußlotse einst":
letteralmente "un tempo traghettatore sul fiume": l'ictus sulla prima
sillaba e l'ellissi del verbo essere enfatizzano maggiormente il significato della parola.
"hoch in den Norden": potrebbe essere allusione al soggiorno di Aristeas presso gli
Iperborei al seguito di Apollo257.
"Durch die Gezeiten": espressione poeticamente pregnante, "attraverso le maree", ossia
attraverso un fluire e rifluire del tempo. Vi è di nuovo la nozione di un andare e venire, di
un'alternarsi di situazioni, forse di mondi (quello dei morti, quello dei vivi).
Non si
dimentichi che Aristea, possedendo la facoltà di poter resuscitare, è un messaggero tra le
due opposte realtà di vita e morte.
257
Cfr. Aristeas I.
134
E' la tela per le vele ("Segeltuch") che consente alla nave si "fendere le maree"; è quindi
tra i materiali più importanti per il marinaio, quello che gli consente di procedere a sempre
nuovi viaggi (cfr. In Bud: "verleugne die Heimkehr / sei unterwegs / auf Meeren mit
stürzendem Himmelstrich, / wo jeder Name verlorengeht."). Ad ogni buon contro,
"Segeltuch" rima con "Weiber genug". La rima intensifica il valore fonosimbolico della
"scura" -u. L'io lirico si esprime al preterito, che pare indicare l'impossibilità di un recupero
del passato. Come già più volte sottolineato, vi sono parecchie liriche hucheliane, nella
raccolta Die neunte Stunde ed altrove, che affrontano quel tema, ed ecco che, prestando
ancora attenzione a "Segeltuch" non può sfuggire il richiamo ad un analogo vocabolo,
"Schultertuch", che compare nella poesia Die Magd : "Ich frier, nimm mich ins
Schultertuch" e al "Tuch" in Der glückliche Garten258: "Und wenn dann die Mägde uns
holen kamen, / umfing uns das Tuch, in dem man gleich schlief". Forse è solo una
coincidenza che "Segeltuch", nella poesia, venga ad accostarsi, mediante la
congiunzione, a "Weiber genug", con cui rima, ove la figura delle donne rimanda alle
"Mägde" dell'infanzia. E' possibile che inserendo nella poesia proprio quel vocabolo,
"Segeltuch", Huchel abbia inteso alludere cifratamente alla propria infanzia alla fattoria di
Alt-Langerwisch, segnalando mediante la distorsione di alcuni vocaboli peculiari alla sua
prima produzione poetica e quindi all'idillio dell'infanzia in campagna, l'ormai incolmabile
distanza che separa il presente da un'epoca trascorsa. E' lo stesso procedimento che
vediamo adottato in Östlicher Fluß e in Ophelia259 ove la "Sternenreuse" che ricorre nella
poesia omonima, risalente agli anni Trenta, diviene la fatale "Stacheldrahtreuse" al
confine tra le due Germanie. In Aristeas II il caldo e protettivo "Schultertuch" della
fantesca diviene il materiale di cui sono intessute le vele dell'imbarcazione sulla quale l'io
lirico-Aristea compie i suoi viaggi di esiliato.
Nei primi due versi della seconda strofa forte è la pregnanza della fricativa labiodentale:
"Flußlotse einst, / doch später fuhr ich Schiffe, arme Frachten". Significativa è la presenza
di rime assonanti: "einst", al primo verso, concorda con "(Mühl)stein" dell'ultimo verso
della precedente strofa; "Frachten"-"Gezeiten"-"zahlten"-"(Konter)bande" e, come già
258
259
In Gedichte (G.W. I, pag. 74).
Op.cit.; in Gezählte Tage.
135
evidenziato, "Weiber genug"-"Segeltuch". Gli ultimi tre versi sono contrassegnati
dall'allitterazione in occlusiva velare sorda: "Kapitäne"-"Konterbande"; in liquida: "ließ""leben" e vi è il morbido fluire di un vocabolo nell'altro: alcuni iniziano con lo stesso fono
con cui termina il precedente: "... Konterbande / Es ließ sich leben; genug /und
Segeltuch".
Nell'incipit della terza strofa l'io lirico interrompe il viaggio nella memoria iniziato nella
seconda strofa e avviene la transizione al tempo presente: "Die Namen verdämmern", un
verso che evoca In Bud: "... wo jeder Name verlorengeht": Entrambi i versi rimandano alla
condizione di esilio permanente, ad una cancellazione del passato, quasi che
rimuovendolo diminuisca il senso di solitudine e di sradicamento che abbiamo visto
riflesso nei primi due versi della prima strofa. Lo stato di "non memoria", il tema del
ricordo da dimenticare, riemerge più volte nella lirica hucheliana260; in particolare
nell'ultimo verso di Aristeas I: "Und eine dürre Zunge sprach: / Hier ist das Vergangene
ohne Schmerz".
Lo stesso verbo "verdämmern" sottintende una condizione di luce
indistinta, crepuscolare.
La negazione che segue, scandita dal ritmo dattilico che il pronome iniziale imprime al
verso, "Keiner entziffert den Text, / der hinter meinen Augen steht" (ove "Text" rima con
"steht"; il secondo verso è giambico) esprime l'isolamento in cui l'io lirico si trova, ma
anche la sua impenetrabilità agli eventuali tentativi di interpretazione dall'esterno.
L'indecifrabilità non coinvolge più solo un "segno" (cfr. Das Zeichen), ma un intero testo.
Non dimentichiamo che Aristea è un poeta, è dunque opportuno riaccennare al problema,
già precedentemente affrontato, della graduale perdita di fiducia, da parte di Huchel,
nell'efficacia comunicativa della parola, e quindi dell'emergere sempre più deciso del
silenzio nella sua poetica. Ovviamente non è da escludersi che con questi versi Huchel
abbia semplicemente inteso alludere alla propria malattia, che gli rese gradatamente
impossibile l'uso della parola e lo costrinse quindi al quasi totale mutismo.
260 Cfr. Gezählte Tage (v. parte introduttiva: 1963-1971: L'esilio interiore: Gezählte Tage): "Vergiß die
Stadt, / ...Vergiß den Weg ..."
136
La seconda sezione della terza strofa inizia con l'emersione dichiarata dell'io lirico; una
cesura separa il verso in due segmenti, di cui il secondo è l'elegiaco adonio: "Ich,
Aristeas, Sohn des Kaystrobios,". E' evidente il nesso con la terza strofa di Aristeas I:
"Ich, Aristeas, / als Krähe einem Gott gefolgt". L'io lirico ripercorre ulteriori momenti della
propria biografia, proseguendo quindi il monologo iniziato sin dalla prima strofa. Vi è
dunque un alternarsi di tempo presente e passato dei verbi, un'oscillazione tra immagini
"attuali" e ricordo:
"blieb verschollen, / der Gott verbannte mich": il poeta esule vive in un sordido porto ove il
popolo "mit Fellen und Amuletten handelt": (cfr. Melpomene, in cui si accenna ad usi,
costumi e superstizioni degli Sciti) chi mai potrebbe decifrare il suo testo, tanto più se sta
dietro alle sue pupille. E del resto: come potrebbe mai egli renderlo comprensibile a gente
tanto diversa da lui. Il poeta è solo, la sua condizione è l'esilio - e Aristea-Huchel vive in
un esilio soprattutto interiore. Rammento che Apollo è il dio dell'ispirazione poetica.
Aristea I lo segue ("einem Gott gefolgt"), Aristeas II ne subisce invece l'esilio. Forse in
questo verso vi è un riflesso della biografia di Huchel: egli infatti, nella sua incapacità di
accettare compromessi e di rinunciare alla "propria" arte", al "proprio modo" di dirigere
"Sinn und Form", viene messo agli arresti domiciliari a Wilhelmshorst. In un certo senso è
quindi "vittima" del dio dell'arte: "Der Gott verbannte mich".
Nella terza strofa la trama ritmica è varia: anfibrachica (primo verso), dattilica (secondo
verso), giambica (terzo, settimo), trocaica (quinto verso); si snoda lungo i verbi-chiave
"verdämmern", "verschollen", "verbannte", che contribuiscono ad intensificare la
pregnanza della fricativa labiodentale, già rilevata nella strofa precedente. Nell'ottavo
verso, "wo unweit der kimmerischen Fähre" l'aggettivo "kimmerisch" permette, alla luce
delle Storie di Erodoto, di collocare il luogo di esilio di Aristeas sul Mar Nero261.
Evidentemente ad Aristeas, che un tempo traghettava ("flußlotse einst"), il traghetto
cimmerio è interdetto. La "Fähre" è in alcune poesie cifra per la parola poetica: "das Wort
ist die Fähre", ricorre ad esempio in Thrakien: in particolare, è la parola poetica che,
261
Erodoto (Storie, libro IV, cap.12) riporta: "Ancora oggi ci sono nella Scizia mura cimmerie e stretti dei
Cimmerii, e c'è anche una regione che ha nome Cimmeria, nonché un Bosforo detto Cimmerio". La regione
che viene così sottintesa è la parte più angusta dello stretto di Kerc, che mette in comunicazione il Mar
Nero e il Mar d'Azov. I Cimmeri abitavano quindi sul "mare australe", ovvero il Mar Nero.
137
come un battello, consente di attraversare il fiume del tempo, di collegare il presente al
passato262. Il popolo, che comunque non è in grado di "decifrare il testo" (e quindi la
parola poetica) dietro le pupille di Aristea, ignora quell'imbarcazione e neppure ne ha
bisogno, badando invece ai propri commerci: "das Volk mit Fellen und Amuletten
handelt."
L'incipit della quarta strofa, "Noch stampf die Walkmühle nachts", evoca il laboratorio di
follatura presso cui morì Aristea. Forse lo "stampfen" che l'io lirico percepisce è solo
un'eco di quell'accaduto che giunge smorzata nella notte. "Stampfen" significa "pestare i
piedi con forza, battere"; "walken" è sinonimo di "schlagen, stoßen", si crea dunque una
certa ridondanza di termini che indicano l'azione del battere (follare, scardassare).
"Stampfen", vocabolo fonicamente affine a "stumpf" - che definisce fra l'altro suoni sordi,
smorzati - suscita acusticamente la sensazione di una "eco ovattata" di ritmici battiti. La
figura della follatrice potrebbe essere una reminiscenza dell'infanzia di Huchel, come lo
sono alcuni termini lessicali che s'incontrano frequentemente nelle sue poesie e che
designano attrezzi di lavoro, officine, ecc. A titolo di esempio cito alcuni versi: "(gehe ich)
vorbei an rußiger Schmiede, / wo dunkel der Amboß schläft."263; "Hinter erloschenen
Teeröfen"264;
"der
Göpel
ohne
Pferdegespann"265;
"Hinter
den
Ziegelöfen,
/
Gleisentlang"266.
Il verso successivo, "Manchmal hocke ich als Krähe", rimanda all'analoga situazione
tratteggiata nella prima strofa di Aristeas I: "wo im Geäst / die nebelgefiederte Krähe saß"
e si ricollega altresì alla prima strofa di Aristeas II: "Hier sitze ich mittags". I verbi
"hocken"/"sitzen"267 istituiscono quindi una relazione tra le due poesie e si distinguono per
il tempo e la persona: terza persona singolare del preterito in Aristeas I; prima persona
262
Cfr. analisi specifica di Östlicher Fluß.
Da Der polnischer Schnitter, op. cit.
264 Da Brandenburg; v. analisi specifica della poesia.
265 Da Znorovy (in Die neunte Stunde; G.W. I, pag. 240).
266 Da Hinter den Ziegelöfen; (in Chausseen Chausseen; G.W. I, pag. 140).
267 Nella traduzione questi verbi, che indicano la condizione di chi "sta seduto", sono stati da me tradotti
con "stare" in quanto si riferiscono, nel caso specifico, ad un uccello.
263
138
singolare del presente in Aristeas II. Lo scenario della quarta strofa di Aristeas II è quindi
quasi speculare a quello della prima strofa di Aristeas I:
139
Aristeas I - prima strofa
Aristeas II - quarta strofa
Die erste Frühe
als im Gewölk das Gold
der Toten lag. Es schlief der Wind
wo im Geäst
die nebelgefiederte Krähe saß.
Noch stampft die Walkmühle nachts.
Manchmal hocke ich als Krähe
dort oben in der Pappel am Fluß,
reglos in der untergehenden Sonne,
den Tod erwartend,
der auf vereisten Flößen wohnt.
A prescindere dall'opposizione preterito-presente / terza persona singolare-prima persona
singolare, alla "erste Frühe"
si oppone "nachts". La condizione del sole è invertita:
nell'immagine metaforica del secondo verso di Aristeas I il verbo "lag" esprime staticità;
in Aristeas II è Aristeas-corvo ad essere apaticamente
"reglos", mentre il sole è
"untergehend": nello stesso verso si oppongono due verbi, uno indicante inerzia,
immobilità, l'altro dinamismo. In entrambe le strofe incombe la morte, o in forma di "Gold
der Toten", o di qualcosa che si attende, "den Tod erwartend"; si coglie inoltre la
sensazione di uno sprofondare dell'io lirico nella natura.
Premesso che ogni poesia ha un proprio dinamismo interno, un movimento articolato in
strofe, e che quindi non sempre è produttiva la ricerca di corrispondenze tra poesie
diverse, analizziamo la prima e la quarta strofa di Aristeas II:
Die Einsamkeit
der Pfähle in brackigen Wasser,
an lecker Bootswand
kratzt eine tote Ratte.
Hier sitze ich mittags,
ein alter Mann,
im Schatten des Hafenschuppens
auf einem Mühlstein.
Noch stampft die Walkmühle nachts.
Manchmal hocke ich als Krähe
dort oben in der Pappel am Fluß,
reglos in der untergehenden Sonne,
den Tod erwartend,
der auf vereisten Flößen wohnt.
In entrambe le strofe l'io lirico si esprime al presente ed in prima persona singolare, ma
nella prima Aristea-uomo siede "mittags", nella quarta Aristea-corvo descrive uno
scenario crepuscolare-notturno, affermando esplicitamente di attendere la morte che
dimora su gelide zattere; nella prima strofa la morte assume i connotati del ratto che
raspa contro la parete crepata di una barca. E quella macina senza mulino della prima
strofa diviene l'ancora funzionante "Walkmühle" della seconda strofa.
140
Come più volte rilevato, Aristeas II è trapuntata di fricative labiodentali; così anche l'ultimo
verso: "der auf vereisten Flößen wohnt", ove inoltre compare - come participio con
funzione aggettivale - l'ultimo di una serie di verbi caratterizzati dal prefisso ver- che, nei
casi specifici, esprime dispersione, alienazione (cfr. "verschollen"; "verbannte"),
mutazione di stato (cfr. "vereist") e deterioramento (cfr. "verdämmern").
Concludendo ritengo che le due poesie, Aristeas I e Aristeas II, nella loro stretta
relazione, percorrano l'esistenza-morte di Aristea cogliendo istanti diversi della sua
giornata-vita: "erste Frühe - Mittag - Nacht", ovvero rispecchino tre stadi della sua
condizione di uomo-uccello: "erste Frühe", ossìa la transizione dalla morte alla vita;
"Mittag", ovvero la sua condizione umana; "nachts", la morte. Ma è nel momomento del
tramonto, quando è "reglos in der untergehenden Sonne", che Aristeas diviene uccelloprofeta: sa che giungerà la morte, anzi, l'attende. Sa anche dov'essa dimora: "auf
vereisten Flößen", ossìa su zattere ghiacciate che richiamano la "Fähre" cui è stato
accennato sopra, veicolo privilegiato di comunicazione tra mondo dei vivi e mondo dei
defunti.
141
Begegnung
Incontro
Für Michael Hamburger
Per Michael Hamburger
Schleiereule,
Tochter des Schnees,
dem Nachtwind unterworfen,
Civetta velata,
figlia della neve
soggiogata dal vento notturno,
doch Wurzeln fassend
mit den Krallen
im modrig grindigen Gemäuer,
eppure con gli artigli
serrati a radici
nelle mura tignose e muffigne.
Schnabelgesicht
mit runden Augen,
herzstarre Maske
aus Federn weißen Feuers,
das weder Zeit noch Raum berührt,
Faccia a becco
dagli occhi tondi,
maschera dal cuore irrigidito
di penne di candido fuoco,
indifferente a tempo e spazio,
kalt weht die Nacht
ans alte Gehöft,
im Vorhof fahles Gelichter,
Schlitten, Gepäck, verschneite Laternen,
fredda spira la notte
sulla vecchia masseria,
sull'aia progenie sbiadita,
slitte, bagagli, lanterne coperte di neve,
in den Töpfen Tod,
in den Krügen Gift,
das Testament an den Balken genagelt.
nei vasi la morte,
nelle brocche veleno,
il testamento inchiodato alle travi.
Das Verborgene unter
den Klauen der Felsen,
die Öffnung in die Nacht,
die Todesangst
wie stechendes Salz ins Fleisch gelegt.
L'occulto sotto
gli artigli delle rocce,
il varco verso la notte,
la paura della morte
come sale che brucia nella carne.
Laßt uns niederfahren
in der Sprache der Engel
zu den zerbrochenen Ziegeln Babels.
Lasciateci discendere
nella lingua degli angeli
alle mura infrante di Babele.
Un facsimile della poesia manoscritta venne pubblicato nel 1973 in "Die Handschrift"268.
Non recava dedica. La poesia venne stampata per la prima volta nel 1974 nella "Neue
Rundschau"269. La dedica ad Hamburger apparve dapprima in German Poetry 1910-1975.
An Anthology in German & English. Translated and edited by Michael Hamburger,
Manchester 1977270.
268
269
270
Nr. 2; Literarische Vereinigung Winterthur, 1973-74, pag. 4.
Nr. 85, pag. 421.
Con testo tedesco a pag. 170-172 ed indicazione della data: 1974.
142
La poesia è dedicata al poeta, traduttore e germanista Michael Hamburger, nato in
Germania nel 1924 ed emigrato nel 1933 in Gran Bretagna271. Si compone di sette strofe
di lunghezza variabile dai tre ai cinque versi.
Il termine che in italiano corrisponde a "Schleiereule" è "barbagianni"; poiché però questo
vocabolo ha una connotazione vagamente comica, ho optato per "civetta velata", che
essendo inoltre di genere femminile concorda con la definizione del secondo verso,
"Tochter des Schnees".
L'incipit della poesia, incisivo per la presenza di un ditrocheo, si apre dunque con
l'immagine di quest'uccello rapace notturno. I tempi forti del verso segnano il susseguirsi
di due dittonghi, -ai- ed -oi-, racchiusi tra le liquide -l. Acusticamente il verso è molto
scorrevole, fluido. Sinonimo di "Schleiereule" è "Perleule"; entrambi i sostantivi alludono
alla picchiettatura grigia del piumaggio pettorale dell'uccello, che lo "Schleier"
rende
comunque più enigmatico.
Tematicamente la prima strofa si riallaccia alla strofa iniziale di Aristeas I, per la presenza
qui di una civetta "Tochter des Schnees", lì di un corvo "nebelgefiedert". Entrambi gli
uccelli, rivestiti di elementi atmosferici bianchi ed impalpabili, paiono incorporei. Il terzo
verso, "dem Nachtwind unterworfen", evoca invece una buia atmosfera notturna, in
contrasto con il candore della neve. Pare quasi che il vento faccia fluttuare lo "Schleier"
dietro al quale si cela la civetta. La sequenza fonica formata da vocale+fricativa
velare+occlusiva dentale sorda è comune sia alla "Tochter" del secondo verso (un
adonio), che al "Nachtwind" del terzo, la cui spiccata nasalità e labialità scurisce la
sonorità della strofa.
Anche il primo verso della seconda strofa
è un adonio: "doch Wurzeln fassend"; la
congiunzione avversativa in prima posizione ribalta l'immagine di creatura eterea e
271
Michael Hamburger si è dedicato alla diffusione della lirica tedesca in area anglosassone. Sono
soprattutto note le sue traduzioni di Hölderlin (1966), le sue antologie (v. sopra) e i suoi studi scientifici
Reason and Energy: Studies in German Literature (1957) e The Truth of Poetry (1970), nonché le raccolte di
sue liriche The dual site (1958) e Ownerless earth(1970). Nel 1974 venne pubblicato Peter Huchel Selected Poems. Translated by Michael Hamburger, Carcanet Press, Cheadle/Cheshire (31 poesie da
Chausseen Chausseen e Gezählte Tage); nel 1983 The Garden of Theophrastus and other poems.
143
sottomessa che della "Schleiereule" offre la prima strofa: i suoi artigli si stringono infatti
alle radici in mura tignose ed ammuffite: "mit den Krallen / im modrig grindigen Gemäuer".
La strofa, specialmente il secondo e terzo verso, è un susseguirsi di liquide (-l-) e vibranti
(-r); queste ultime seguono occlusive velari ("Krallen", "grindigen") o dentali ("modrig")
creando un effetto complessivo di estrema durezza, specialmente nella serie "modrig
grindigen Gemäuer".
Con "Gemäuer" si sottintende sia un complesso di mura, ma anche un "rudere". Potrebbe
essere giustificata l'ipotesi che Huchel abbia voluto così alludere al Muro di Berlino. Per
sua ammissione, nella poesia Middleham Castle Huchel, con la figura demoniaca di
Gloster aveva inteso rappresentare Honecker. Non sono a conoscenza di documenti in
cui venga esplicitamente ammessa da Huchel un'allusione di Begegnung alla situazione
politica della RDT, pertanto l'orizzonte di totale desolazione che emerge in questa poesia
è piuttosto cifra di un malessere esistenziale universale, che va quindi oltre il riferimento
ad una precisa situazione storico-politica. In ogni caso Huchel introduce l'immagine del
muro anche in altre poesie della raccolta Die neunte Stunde, ad esempio in Pfeilspitze
des Ada272 e Der Ketzer von Padua273.
L'incipit della terza strofa, "Schnabelgesicht", è metricamente un coriambo; l'ictus sulla
prima sillaba pone in evidenza lo "Schnabel". Di strofa in strofa si delinea il carattere
"rapace" dell'uccello notturno. Se, come già rilevato, lo "Schleier" e la sua nivea genesi lo
rendono incorporeo, è comunque dotato di "Krallen" e "Schnabel", nonché di "runde
Augen", la cui sfericità è in netto contrasto geometrico con l'acuminato rostro.
Ancora un adonio si profila nel verso "herzstarre Maske", ove la maschera, per la sua
funzione di schermo, si ricollega a "Schleier-", incipit della poesia, e rende l'uccello ancor
più misterioso. L'irrigidimento tetanico del cuore si riflette sulla maschera. In questa
ipàllage, l'aggettivo "starr" qualifica sia il cuore che la maschera, sicché può alludere
semplicemente alla fissità dello sguardo del rapace, ma altresì indicare che ciò che si
272
V. analisi specifica della poesia.
"Herr, dein Geheimnis ist groß / und eingeriegelt in die Stille der Felsen, / ich bin nur Staub, / der
lockere Ziegel in der Mauer." In Die neunte Stunde (G.W. I, pag. 251 e segg.).
273
144
cela dietro la maschera è in realtà un "fantasma". Infatti esso si pone al di là della
percezione umana di spazio e del tempo: "das weder Zeit noch Raum berührt".
"aus Federn weißen Feuers": l'accostamento di "weiß", il colore della fredda neve (cfr.
"Tochter des Schnees"), a "Feuer", complessivamente sortisce l'effetto di un ossìmoro,
creato fra l'altro concatenando parole che, grazie alla presenza di consonanti e vocali
omofone, allitterano e formano tra loro assonanze, e sono ritmicamente omogenee
(trochei).
Delle prime cinque strofe nessuna termina con un punto fermo, esse sono anzi
concatenate sintatticamente; tuttavia solo le prime tre potrebbero essere considerate
tematicamente una strofa unica, un lungo asindeto di undici versi in cui infatti compare
una sola congiuzione, "doch", che data la sua funzione avversativa pone in rilievo la
seconda strofa rispetto alla prima ed alla terza. Sono tre strofe dense di aggettivi e
sostantivi, tutti volti a tratteggiare l'immagine della "Schleiereule". Solo tre verbi, di cui
due participi: uno passato, "unterworfen", con funzione di predicato; uno presente,
"fassend", con la stessa funzione; un indicativo presente, "berührt".
Anche l'incipit della quarta strofa è ritmicamente un coriambo, quindi con arsi in posizione
iniziale (cfr. "Schleiereule" e "Schnabelgesicht"); la velare sorda iniziale, seguita dalla
vocale accentata, contrasta nettamente con la dentale di "berührt" nella strofa
precedente. Lo stacco sottolinea anche la transizione verso un'altro scenario. Viene
abbandonata la figura della "Schleiereule".
Il verso è una serie di accenti ben scanditi, di cui il primo e l'ultimo, con la loro sequenza
di occlusiva velare + a / a + fricativa velare racchiudono il secondo verbo coniugato,
"weht". Da notare la consonanza delle dentali finali. Il verso successivo, "ans alte Gehöft",
presenta un'allitterazione vocalica dall'articolazione forte quanto l'attacco di "kalt". Sia il
"Gemäuer" della seconda strofa che il "Gehöft" sono espressione del passato: il primo è
ridotto a rudere, il secondo è "alt". In particolare il "Gehöft" potrebbe celare un'allusione
alla fattoria del nonno materno di Huchel, ad Alt-Langerwisch.
145
La fricativa labiodentale di "Gehöft" trapassa nella pregnante allitterazione di "im Vorhof
fahles Gelichter". Frequente è la presenza, nella poesia, di sostantivi collettivi
("Gemäuer", "Gehöft", "Gelichter", "Gepäck"). La scena è confusa, onirica. "Schlitten,
Gepäck": un'andirivieni di persone, anzi, di "fahles Gelichter".
Quest'ultimo termine è ambiguo; ricorre in un'altra poesia hucheliana, Macbeth274:
"Aufgesprengt / die Tore des Himmels, / freigelassen der Geist, / in Windwirbeln / das
Gelichter der Heide". In quel contesto è un chiaro riferimento alle streghe,
spregiativamente definite "gentaglia della brughiera". In Begegnung, tuttavia, il significato
potrebbe essere completamente diverso275, ad esempio "stirpe; progenie".
L'aggettivo "Fahl" si spiega con il fatto che le lanterne sono coperte di neve e quindi la
luce è ovattata. Ma anche un ricordo può essere "fahl", sbiadito. E quindi l'intera scena
potrebbe essere una reminescenza.
Pur essendo la quinta strofa in enjambement sintattico con la precedente, il suo incipit
introduce un nuovo, repentino mutamento di tono e situazione. La visionarietà dell'io lirico
si esprime in toni testamentari: "in den Töpfen Tod / in den Krügen Gift". I due versi
rivelano un doppio parallelismo: mostrano infatti a livello sintattico la stessa disposizione
di preposizione-articolo-doppio sostantivo e a livello ritmico identica scansione
anapestica; inoltre "Töpfen" appartiene allo stesso campo semantico di "Krügen"
(designando entrambi recipienti), mentre "Tod" e "Gift" sono in rapporto effetto-causa.
Quindi, da un punto di vista logico, il secondo verso dovrebbe precedere il primo. Per
quanto concerne invece la veste fonica dei due versi, del primo si rileva l'allitterazione in
occlusiva dentale. "In den Töpfen Tod"; del secondo la velarità: "In den Krügen Gift".
Il verso successivo, "Das Testament an den Balken genagelt", in apparenza non offre
punti di tangenza con la lunga, asindetica serie di immagini che lo precede. Tuttavia si
274
In Gezählte Tage; op.cit.
Riporto qui la definizione data dall' Etymologisches Wörterbuch (Alexander Kluge; ed. Walter de
Gruyter, Berlin-New York 1989, pag. 255): "Gelichter": sostantivo neutro; in alto tedesco medio "stirpe,
congrega", arcaico. Dal XVII secolo decaduto nel significato (cfr. "Sippschaft" come espressione
spregiativa). La parola in origine presumibilmente significava "fratelli" ("Geschwister"), e potrebbe risalire
all'alto tedesco antico lehtar (masch./neutro) "utero" ("che provengono dallo stesso utero" = "fratelli"). Cfr.
greco adelphós, masch. "fratello" dal greco delphýs, femm. "utero", oppure antico nordico barmi, masch.
"fratello", dall'antico nordico barmr, masch. "petto, grembo".
275
146
può scorgere un parallelismo tra la figura dell'uccello i cui artigli sono serrati a radici ed il
testamento inchiodato alle travi. Un'analoga situazione si ricava dal primo e secondo
verso della sesta strofa, "Das Verborgene unter / den Klauen der Felsen". Questi versi
rispecchiano la condizione di un qualcosa di profondamente radicato in una struttura preesistente. Mi spiego meglio: la "Schleiereule" pare "mettere radici" ("Wurzeln fassend") in
non meglio specificate mura, che, per quanto decadute, devono aver svolto una funzione
di sostegno o protezione e che, come già rilevato, sono simbolo di un passato.
Il
testamento è "an den Balken genagelt": quindi fissato per mezzo di aguzzi chiodi (cfr.
"Krallen") ad una struttura portante formata da travi, probabilmente appartenenti al
vecchio "Gehöft", anch'esso simbolo del passato. Del resto lo stesso testamento non è
forse una modalità di trasferimento del passato ai posteri?
A proposito di questo verso ricordo che è costume ebraico appendere allo stipite della
porta di casa un rotolo di pergamena scritto a mano, riportante un passo tratto dall'Antico
Testamento276. Hamburger, a cui Huchel dedica la poesia, è ebreo e - come già anticipato
- per scampare alle persecuzioni naziste dovette rifugiarsi in Inghilterra. Se si riconsidera
per un istante la quarta strofa, chissà che non la si possa interpretare come reminescenza
di una fuga notturna. Potrebbe acquisire maggior senso la definizione "fahles Gelichter",
che rimanderebbe alla dispersione di una "Sippe" ("Gelichter" = "Sippe", v. nota nr. 275),
ovvero alla diaspora ebraica ("Schlitten, Gepäck"; "in den Töpfen Tod, / in den Krügen
Gift, / das Testament an den Balken genagelt").
Ritorniamo, dopo questo excursus, al concetto di un qualcosa di radicato nel passato, che
abbiamo visto espresso nella seconda e quinta strofa e che viene ripreso anche dalla
sesta: "Das Verborgene unter / den Klauen der Felsen" (con enjambement tra primo e
secondo verso). E' immediatamente evidente il richiamo dei "Klauen" ai "Krallen" del
rapace. All'uccello però si ricollegano anche i "Felsen" in quanto celando, occultando,
svolgono la stessa funzione dello "Schleier" ("Schleiereule") e della "Maske". Sulla pietra
(e dunque la roccia) e la sua valenza simbolica nella poetica hucheliana è già stato detto
276 Il rotolo viene detto "Mesusa", dall'ebraico "stipite della porta", e viene custodito in un astuccio di legno o
metallo; il passo dall'Antico Testamento è tratto dal Deutoronomio (6, 4-9; 11, 13-21).
147
ripetutamente: è custode del silenzio e previene l'intrusione del tempo: cfr. "Herzstarre
Maske, / aus Federn weißen Feuers, / das weder Zeit noch Raum berührt.".
Se il "Verborgenes" è interpretabile come immagine del tempo trascorso (e non è ancora
stato accennato al senso di claustrofobia che suscita il verso; gli "artigli delle rocce"
comprimono lo spazio nella loro morsa), la "Öffnung" parrebbe essere uno spiraglio, un
passaggio verso una realtà ove dimensioni temporali e spaziali vengono percepite
diversamente o magari si annullano (con ulteriore richiamo a "das weder Zeit noch Raum
berührt"), come accade morendo. Effettivamente il varco si apre verso la notte, il buio che
evoca la morte, generando "Todesangst / wie stechendes Salz ins Fleisch gelegt"): nella
similitudine anche la paura della morte mostra una natura acuminata ("stechend"), in
grado di penetrare e ferire la carne (atti che vengono fonosimbolicamente espressi
dall'alto tasso di fricative che si susseguono). La paura della morte, una realtà non
percepibile con i sensi, un'esperienza psicologica
estranea alla fisicità del corpo, si
impossessa dolorosamente di quanto di più vitale (e quindi mortale !) esiste: la carne.
Ed ecco ora l'ultima strofa, assolutamente sorprendente: in una poesia quasi priva di
verbi attivi, l'io lirico, rimasto finora in disparte, esordisce con un imperativo che è al
contempo una velata supplica, e si moltiplica nell' "uns". Pare la conclusione di una
discussione tra "noi" e "voi": "Laßt uns niederfahren / in der Sprache der Engel / zu den
zerbrochenen Ziegeln Babels". (verso, quest'ultimo, estremamente denso di affricate
apicoalveolari che sembrano riflettere acusticamente l'affilatezza dei frammenti di
"zerbrochene Ziegel").
E' una strofa affascinante, che permette vari accostamenti: a Der Holunder, con i favolosi
mitici intatti albori babilonesi ("in den Anfängen babylonisch"), alla discesa pentecostale
dello spirito santo, che diede agli apostoli la facoltà di parlare altre lingue, al mito di
Babele e della genesi delle lingue277. Non da ultimo, il riferimento all'angelo, che segue
277
Il nome biblico "Babel" deriva dalla radice bll "confusione".
148
immediatamente ai presagi
di morte della penultima strofa ritengo sia
interpretabile
come segno del sapersi sollevare dal peso della vita terrestre.
Premesso che l'imperativo "laßt" sottintende dei non meglio precisati "ihr", antagonisti del
"noi" lirico, chi si nasconde dietro il pronome "uns" ? Chi desidera in realtà non tanto
"discendere", quanto piuttosto "risalire" lungo il tempo, sino alle origini del linguaggio, ad
una fase anteriore alla frantumazione e dispersione della lingua comune a tutti gli uomini
(cfr. "fahles Gelichter"; "zerbrochene Ziegel") ed ormai prerogativa degli angeli ? Forse
quella "Sprache der Engel" è il linguaggio poetico e solo i "wir"-poeti ne custodiscono il
mistero, la facoltà di trascendere dimensioni spazio-temporali. Non è forse strano che
l'enigmatica figura della "Schleiereule" con cui si apre Begengung venga sostituita dagli
"Engel", anzi, da coloro che parlano "die Sprache der Engel". Sia l'angelo, che la
"Schleiereule" hanno una duplice natura: le ali rendono entrambi sovrannaturali, capaci di
sollevarsi al di sopra della realtà mondana. Ma l'uccello è dotato di artigli che gli
consentono di afferrarla e l'angelo ha aspetto umano. Solo chi sente la morsa terrestre
dei "Krallen" o dei "Klauen" e la paura della morte, ma contemporaneamente, in uno
"Schnabelgesicht" vede (notare che "Gesicht" non indica solo il volto, ma anche la
"visione") "Federn weißen Feuers, / das weder Zeit noch Raum berührt" - in altre parole:
solo chi coglie la dimensione metafisica della realtà può tradurla in un linguaggio
universale, creando le premesse alla "Begegung", all'incontro e ricomposizione del
"fahles Gelichter", della famiglia, dell'umanità
dispersa. Si può forse così meglio
comprendere perché Begegnung sia stata dedicata ad Hamburger: figlio della diaspora,
scampato all'olocausto, traduttore, poeta.
149
Wintermorgen in Irland
Mattino d'inverno in Irlanda
Der Teufel sitzt nachts
im Beichtstuhl des Nebels
und spricht die Verzweifelten an.
Am Morgen verwandelt er sich
in eine Elster,
die lautlos über den Hohlweg fliegt.
Il diavolo siede a notte
nel confessionale della nebbia
ed apostrofa i disperati.
Al mattino si tramuta
in una gazza
che sorvola silenziosa la gola.
Im Winterverlies
das brüchige Gold der Toten
am Eichengesträuch.
Licht rodet die Kälte.
Die vertrauten Gesichter der Dächer
erscheinen wieder.
Nella segreta dell'inverno
il fragile oro dei morti
sulla macchia di querce.
La luce sradica il freddo.
I volti familiari dei tetti
riappaiono.
Die Exerzitien
des Windes über dem Meer,
der erste Eselschrei.
Der Schatten eines Vogels schwebt
am hängenden Felsen die Klippe hinauf.
Gli esercizi spirituali
del vento sul mare,
il primo raglio d'asino.
L'ombra di un uccello si libra
lungo la scogliera, sulla roccia a strapiombo,
Die Brandung,
der gleitende Wall aus Wasser und Licht,
die irische See
verrät nicht, ob Regen
den Mittag begraben wird.
La risacca,
il fluido vallo di acqua e luce,
il mare irlandese
non svela se la pioggia
seppellirà il meriggio.
Delle quattro stofe che compongono la poesia278, di trama ritmica essenzialmente
anfibrachica e dattilica, le prime due sono sestine, le ultime due sono di cinque versi.
L'io lirico non emerge dichiaratamente nel discorso poetico, ma si manifesta piuttosto
attraverso una "voce lirica" che descrive i quattro quadri che formano la poesia.
Nell'incipit della prima strofa esordisce il diavolo, in un contesto ove risulta capovolto il
tradizionale rapporto confessore-fedeli. Dal nebbioso confessionale è infatti il diavolo ad
apostrofare i disperati. La transizione dall'atmosfera notturna del primo verso a quella
mattutina del quarto implica vari mutamenti: il diavolo subisce una metamorfosi e diviene
una gazza, uccello dalla connotazione funesta279; la loquacità con cui il diavolo
apostrofava i disperati si tramuta in silenzio; la staticità espressa dal verbo "sitzen" del
primo verso si trasforma nella dinamicità di "fliegen" dell'ultimo. Al contrario, rimane
278
Pubblicata per la prima volta su "Jahresring 76/77", pag. 61.
Cfr. la novella natalizia Von den armen Kindern im Weihnachtsschnee e la poesia Zwölf Nächte, ove, in
un bosco innevato e demoniaco, compare la gazza: "Zwölf Nächte nahen weiß verhüllt / aus Urnen stäubt
der Schnee. / Die geisterhafte Asche füllt / den nebelgrauen See. Die Elster flattert schwarz und weiß / im
schattenlosen Wind".
279
150
piuttosto regolare il ritmo anfibrachico, ad eccezione del quinto verso, giambico: "In eine
Elster".
Nella seconda strofa, anch'essa percorsa da un ritmo prevalentemente anfibrachico,
ricorre l'immagine dell'oro associato alla morte, un "topos" hucheliano che riemerge
anche in altre liriche, ad esempio Der Holunder ("finster lag das Gold in der Kammer des
Königs") e in Aristeas I
280,
i cui versi "als im Gewölk das Gold / der Toten lag..." offrono
supporto all'ipotesi che l'oro, in Wintermorgen in Irland, sia il sole, imprigionato nella
"Winterverlies". Per quanto attiene alla simbologia legata alla quercia rimando all'analisi
della poesia Schottischer Sommer281.
Similmente agli ultimi tre versi della prima strofa anche gli ultimi tre della seconda
segnalano un cambiamento: In "Licht rodet die Kälte" si registra infatti un positivo segnale
di vita nel gelo dell'inverno. Il verso evoca una commistione di sensazioni visive ("Licht")
e tattili ("Kälte"); se da un canto "rodet" lascia presupporre la presenza di immaginarie
radici nel freddo e lo trasforma in un fenomeno stabile e permanente, radicato appunto
nella realtà della natura come lo "Eichengesträuch" del verso precedente, dall'altro è una
luce antropomorfizzata ad estirparlo, portando con sé immagini familiari di tetti, anch'essi
antropomorfizzati ("Die vertrauten Gesichter der Dächer") che rappresentano la comunità
umana opposta a quella di demoni e dannati della notte.
L'incipit della terza strofa, "Die Exerzitien", come termine appartenente alla sfera
semantica religiosa, si ricollega a "Beichtstuhl" della prima.
"Der erste Eselschrei": la scansione giambica contrappunta una lunga sequenza di -e,
iniziata già nel verso precedente, "(ü)ber dem Meer"; il riferimento al raglio dell'asino crea
un effetto di straniamento: mi pare infatti più consono ad un paesaggio meridionale o
medio-orientale, che non all'Irlanda282. Potrebbe semplicemente alludere al risveglio del
280
V. anche analisi specifica della poesia.
V. "Excursus: Huchel e Shakespeare".
282 L'asino può forse ricollegarsi al culto riservato ad Apollo dagli Iperborei, popolo mitico, situato
all'estremo nord, "di là dal Vento del nord" (cfr. analisi di Aristeas I). Gli Iperborei sacrificavano ad Apollo
degli asini. Avevano costumi gentili, vivevano all'aria aperta, nei campi e nei boschi sacri, erano
estremamente longevi. Allorché i vecchi avevano abbastanza goduto della vita, si precipitavano in mare
281
151
villaggio dopo la notte. Il vocabolo "Exerzitien" evoca il sommesso mormorio di un orante;
nei primi tre versi si sovrappongono dunque tre impressioni acustiche: una breve, roca e
penetrante, simile ad un singhiozzo (il raglio), le restanti due uniformi e continue, ovvero il
soffio del vento cui fa da controcanto il mugghio del mare; quest'ultimo, poi, rimanda ad
una realtà non solo acustica, ma soprattutto visiva. Dalla trasfigurazione lirica di questo
scenario marino nascono quindi molteplici suggestioni.
L'immagine dell'ombra dell'uccello che si libra lungo la scogliera ("Der Schatten eines
Vogels schwebt / am hängenden Felsen die Klippe hinauf") ha tratti inquietanti. Potrebbe
forse trattarsi dell'ombra della demoniaca "Elster" della prima strofa; in ogni caso
nell'ipàllage, ombra e creatura cui l'ombra appartiene divengono due entità distinte, come
già in Pfeilspitze des Ada ("Der Mann, der sich nähert, / geht ohne Schatten"). L'ombra è
in sé la piatta proiezione della realtà, ma in questo contesto lirico "schwebt", dunque
levita staccandosi dalla superficie sulla quale viene proiettata, animandosi di vita propria.
Due verbi pressocché sinonimici indicano entrambi sospensione: "schweben" e "hängen"
(quest'ultimo, come participio presente aggettivato, è caratterizzato dalla tripla sequenza
en-: hängenden, ribadita nel vocabolo successivo, "Felsen") e intensificano quindi il
senso di incorporeità dell'ombra e della dura, massiccia roccia, che tuttavia, proprio
perché sospesa, incombente, assume tratti minacciosi. In "schweben" si riflette il moto
del volo dell'uccello: l'ombra infatti non resta ferma librandosi in qualche punto, ma si
sposta lungo la scogliera. Il verbo assume quindi anche la valenza del dinamico,
sottaciuto "fliegen". Alla sequenza verbale sinonimica ne segue una di sostantivi: "Felsen"
e "Klippe", che rimandano entrambi a concrezioni sedimentarie, destinate a permanere
nel tempo e quindi decisamente contrapposte alla fuggevole ombra che passa su di esse.
Vi è quindi, in questa strofa, un susseguirsi di elementi antitetici in relazione alla loro
durata, che vengono colti nella loro essenza acustica ("Eselschrei"- "Wind"-"Meer") e
visivo-tattile: ("Schatten" - "Fels" - "Klippe").
dall'alto d'una scogliera, con la testa coronata di fiori. Si attribuiva agli Iperborei anche la conoscenza della
magia. Potevano spostarsi nell'aria, trovare tesori, ecc.
152
La quarta strofa, di ritmo essenzialmente dattilico-anfibrachico, presenta nell'incipit un
termine, "Brandung", che ricorre frequentemente nella poesia hucheliana283; l'immagine
evocata dalla metafora "gleitender Wall aus Wasser und Licht" è, nella sua pregnanza, in
un certo senso parallela a quella dell'ombra dell'uccello che si libra lungo la scogliera.
Come accennato, i due verbi "schweben" e "hängen" rendono volatile l'ombra e paiono
smaterializzare la dura consistenza della roccia. "Il fluido vallo di acqua e luce" riflette la
disgregazione e trasformazione di una struttura compatta in elementi naturali primigeni,
ed il verbo "gleiten", che indica un moto che non produce attrito, è omologo a "schweben".
Nella metafora ricorre inoltre una delle rare allitterazioni della poesia, "Wall aus Wasser".
Il terzo verso, "die irische See", ribadisce la collocazione dello scenario entro determinati
confini, già anticipata dal titolo della poesia. I primi tre versi coordinati asindeticamente,
rappresentano dunque tre aspetti della stessa realtà.
La risacca è un fenomeno incessante e deve questa prerogativa alla collisione tra
elementi "eterni", all'infrangersi del mare contro le rocce: che splenda il sole o piova, non
scompare. E quindi non si può trarre da essa alcun auspicio sulle condizioni atmosferiche
a venire. L'io lirico si trova dunque in difficoltà nell'interpretare i "segni della natura". E'
una situazione agli antipodi di quella rilevabile in altre liriche della raccolta Die neunte
Stunde, ad esempio In Bud, ove l'io lirico senza esitazioni decifra il messaggio che il mare
scrive "in der Schrift der Algen". Gli ultimi versi di Wintermorgen in Irland si chiudono
perciò con questa incertezza e con il presagio di morte evocato dal verbo "begraben", che
richiama quindi l'atmosfera cupa della prima strofa. Occorre però prestare attenzione a
due particolari: 1) con "Wall" s'intende un vallo, ovvero una struttura dalla funzione
protettiva. 2) "Verraten" significa "tradire". Come un buon soldato di sentinella, il vallo - e
quindi la natura - non "tradisce" i suoi compagni, gli altri elementi naturali (nel caso
specifico, la pioggia), opponendosi impenetrabile a chi cerca di ricavarne vaticinî sul
futuro. La natura è quindi volubile e rivela unicamente ciò che vuole. Infatti nella prima
strofa osserviamo che l'io lirico coglie apparentemente senza difficoltà gli aspetti
demoniaci della natura notturna ed i successivi segnali di transizione ad un'atmosfera più
283
V. Ölbaum und Weide, Schottischer Sommer, Elegie.
153
serena ("Licht rodet die Kälte"). In realtà siamo in presenza di un raffinato gioco: la natura
offre al poeta innumerevoli elementi di cui egli si serve per costruire appunto le sue
"Naturmetaphern" - che infatti attraversano la poesia dalla prima all'ultima strofa - ma egli
non può servirsene per penetrare tutti i suoi segreti. Infatti, davanti al "gleitender Wall aus
Wasser und Licht", anch'esso una metafora (e pare proprio che Huchel intenda segnalare
la natura metaforica di questa figura esplicitandone i rimandi nel verso precedente, "Die
Brandung", e successivo "die irische See"), il suo sguardo indagatore si arresta.
154
Jan-Felix-Caerdal
Jan-Felix-Caerdal
Für Günter Eich
Per Günter Eich
Am Ende der Öde
sah ich die große Eskorte,
das Banner zerfetzt, die Trommel durchlöchert,
die Sänfte,
von acht zerlumpten Knechten getragen,
war leer.
In fondo al deserto
vidi la grande scorta,
il vessillo a brandelli, il tamburo crivellato,
la portantina
sorretta da otto schiavi cenciosi,
vuota.
Einem Toten,
die Arme zerbrachen wie trockene Äste,
gelang im Sturz der Stirnaufschlag.
Ad un morto,
le braccia spezzate come rami secchi,
riuscì cadendo il colpo di testa.
Ich, der Bretone,
mit meerdurchsickerten Schuhen
und einem Hemd aus Nebel
über dem Sonnengeflecht,
Io, il bretone,
con scarpe stillanti di mare
ed una camicia di nebbia
sul plesso solare
ich, der Nachzügler,
der einst
Geschmeide wie Ähren auflas,
im Licht der Messe versank,
io, la retroguardia,
che un tempo
raccoglieva monili come spighe,
affondando nella luce della fiera,
ging nun voran
mit leeren Händen
und einer Rinne Salz im Gesicht.
avanzavo ora
a mani vuote
ed un rivolo di sale sul volto.
La poesia venne pubblicata per la prima volta con il sottotitolo Im Memoriam Günter Eich,
in Günter Eich zum Gedächtnis284.
Jan-Felix-Caerdal era uno degli pseudonimi del poeta francese André Suares285. Caerdal
in bretone significa "colui che cerca la bellezza";
Il tono delle prime due strofe ricorda la ballata; si rileva in esse l'elevato tasso simbolico
che caratterizza tutta la poesia, nell'incipit della quale, "Am Ende der Öde", si scorge un
riflesso della pittura surrealista (Dalì, ad esempio). L'espressione "Am Ende", che
determina la delimitazione spaziale del deserto, da un punto di vista fonico sconfina
invece nei vocaboli seguenti, che riprendono infatti la sequenza di dentale sonora + e
("Am Ende der Öde"), ritmicamente coincidente con il tempo debole del verso, formato da
un doppio anfibraco.
L'io lirico si palesa al secondo verso, enumerando asindeticamente particolari di una
scena che evoca un campo di battaglia: l'espressione "die große Eskorte" è forse da
284
Frankfurt a.M. 1973, pag. 68
Suares (1868-1953), dal carattere misantropico, nel 1912 nelle Chroniques de Caerdal scrisse di sé: "Je
ne céderai pas aux puissances, quelles qu'elles soient;.. Ils me tueront peut-être; mais ils n'auront pas mon
âme. Je suis celui qui ne recueille rien; bien plus, celui dont le "non" est aussi immuable que la patience."
285
155
intendersi in senso ironico. Le immagini seguenti infatti sono disposte a formare un
anticlimax e contrastano decisamente con quella di un potente esercito: il terzo e quarto
verso allineano elementi simbolici attraverso i quali l'autorità si manifesta, per così dire,
visivamente (il vessillo) ed acusticamente (il tamburo), mentre con il terzo (la portantina)
essa rivela natura sacerdotale. I sintagmi "das Banner", "die Trommel", "die Sänfte", in cui
il sostantivo bisillabo con ictus sulla prima sillaba è preceduto dall'articolo determinativo,
oltre ad avere valenza simbolica hanno identico ritmo anfibrachico, ribadito dai participi in
funzione di predicato che segnalano la degradazione di quei simboli ad oggetti non più in
grado di adempiere alla loro funzione: il vessillo è a brandelli, il tamburo forato ed
evidentemente il personaggio da scortare è scomparso: "die Sänfte / (...) / war leer".
Forse, riservando proprio a "Sänfte" un verso a sé, Huchel intende porre in risalto il
vocabolo. L'immagine degli "acht zerlumpten Knechte" rimanda al terzo verso: l'aggettivo
"zerlumpt" è fonicamente e semanticamente affine a "zerfetzt" (vocabolo dal suono
onomatopeico), essendo come quest'ultimo un participio introdotto dal prefisso zer-, che
sottintende processi distruttivi ed in entrambi i casi indica la consunzione e lacerazione di
un tessuto.
Incuriosisce, nel verso, la presenza del dettaglio rappresentato dal numerale "acht". E'
forse possibile avanzare l'ipotesi che sia un'allusione agli stati facenti parte dell'Ostblock,
o eventualmente ad alcuni intellettuali rimasti nella RDT a sostenere le sorti della cultura.
Ad ogni buon conto "acht" presenta la stessa sequenza di fricativa velare-dentale
rilevabile in "Knechten"; quest'ultimo vocabolo, poi, termina come il vocabolo precedente,
"zerlumpten": si forma quindi una sequenza di -e. "Knechten" inoltre inizia con
un'occlusiva velare, come "getragen". Ciò che quindi maggiormente caratterizza il quinto
verso rispetto agli altri è l'asprezza della sua velarità, il ritmo giambico, che rende
claudicante l'incedere degli schiavi, e l'assonanza-consonanza finale (in -en) degli ultimi
tre vocaboli.
La prima strofa si apre e chiude con una corrispondenza di immagini: la vuota "Sänfte"
pare riflettere il vuoto desolato della "Öde".
156
Nella seconda strofa l'io lirico, aggiungendo un nuovo elemento all'enumerazione iniziata
nella prima strofa, si sofferma nella descrizione di un suo particolare; sintatticamente la
coordinazione è asindetica, come nella prima strofa. Il secondo verso spezza la continuità
tra primo e terzo e rende l'immagine crudamente grottesca, assimilando le braccia
spezzate del morto ai rami privi di linfa vitale di un albero ("die Arme zerbrachen wie
trockene Äste", ove il verbo è preceduto dal prefisso -zer di cui si è già detto); lo
"Stirnaufschlag" del terzo verso, in termini calcistici, è il "colpo di testa": la circostanza
che questo soldato ormai privo di vita, ridotto ad una sorta di fantoccio meccanico, riesca
ancora a fare un miracolo, rievoca la figura del macilento cadavere riesumato e rispedito
in battaglia in Die Legende vom toten Soldat di Brecht; il tono è quello della poesia antimilitarista. La presenza anche in questa strofa di un verbo caratterizzato dal prefisso zerindica quanto essa sia strettamente correlata alla prima, rappresentando infatti il
completamento dell'anticlimax di cui si è detto sopra.
Il terzo verso riprende il ritmo giambico del quinto della prima strofa e accompagna il
crollo verso il basso del corpo e lo scatto verso l'alto del colpo di testa. Segue il ritmo
giambico una sorta di "allitterazione alternata" in fricativa palatale sch-:
∪ 
∪

∪

∪
∪
gelang im Sturz der Stirnaufschlag
Nelle ultime tre strofe il tono diviene elegiaco, intimistico. La visionarietà onirica dell'io
lirico non si proietta più all'esterno; emergendo dichiaratamente nell'incipit anaforico della
terza e quarta strofa - ritmicamente poggiante in entrambi i casi sull'adonio (un metro
elegiaco), l'io lirico muta prospettiva divenendo l'oggetto delle riflessioni su momenti
diversi della propria esistenza. Nella lirica hucheliana normalmente è il tempo passato del
verbo che crea la dimensione del ricordo. In Jan-Felix- Caerdal i verbi sono però
esclusivamente al preterito286, l'identificazione viene quindi mediata dall'introduzione di
avverbi di tempo: "einst" (IV strofa, 2) e "nun" (V strofa, 1). L'inciso costituito dal secondo,
terzo e quarto verso della quarta strofa s'incunea
286
tra la terza e la quinta e con il
Circostanza, questa, piuttosto rara, tra le liriche di Die neunte Stunde; cfr. Die Rückkehr.
157
riferimento ad
azioni che appartengono ad un altro tempo ("einst"), spezza in due
l'enunciato dell'io lirico sul proprio presente.
Nell'esordio dell'io lirico alla quarta strofa ("Ich, der Bretone") si scorge un'allusione di
Huchel a se stesso. Egli infatti soggiornò in Bretagna negli anni Venti. Osserviamo più in
dettaglio il lessico di questa strofa: mare e nebbia sono elementi del paesaggio bretone.
Vi è inoltre un intrecciarsi di vocaboli che appartengono rispettivamente al campo
semantico degli elementi naturali e a quello dei capi d'abbigliamento: dall'enumerazione
nascono immagini di intensa pregnanza: "Mit meerdurchsickerten Schuhen", quasi le
scarpe divenissero esse stesse mare; "Hemd aus Nebel", ovvero un'evanescente camicia
di nebbia che vela il "Sonnengeflecht", che è sì, secondo la traduzione, il "plesso solare",
ma, come d'altronde indica il secondo termine del composto, è letteralmente un
"intreccio", una "trama di sole". L'io lirico assume - è il caso di dirlo! - le vesti di un
sopravvissuto che transita e "rinasce" nella natura - anche tramite la poesia.287 E certo il
suo simbolico abbigliamento ben contrasta con quello tangibilmente misero degli
"zerlumpten Knechte" della prima strofa, mentre l'immagine delle scarpe che fanno acqua
si riallaccia piuttosto a quella della "durchlöcherte Trommel". Soffermandosi per un istante
sull'aggettivo "meerdurchsickert" occorre sottolineare che fa parte di quella serie di vocaboli
coniati da Huchel stesso e la cui frequenza, come rilevato da Ingo Seidler288, si riduce
progressivamente sino quasi a scomparire nella sua tarda produzione poetica. E' invece
proprio tra le
sue prime "Naturlyriken" che si riscontrano frequentemente questi
neologismi. Si ricorderà quando esposto nella parte introduttiva sull'idilliaco rapporto tra
natura ed essere umano che permea quelle "Naturlyriken": non è forse un caso che
proprio dal contatto con la natura scaturisca, in questa
tarda poesia, un simile
neologismo.
Nella quarta strofa, sintatticamente in enjambement con la precedente e la successiva,
l'incipit "Ich, der Nachzügler" rimanda sia alla retroguardia di un esercito (e dunque si
287
288
Cfr. Im Kun Lun Gebirge.
Op. cit.; cfr. il cap. "1953-1963: Il disincanto: Winterpsalm".
158
ricollega alla situazione della prima strofa), sia alla difesa in linguaggio calcistico. In tale
senso si ricollegherebbe a "Stirnaufschlag" della seconda strofa.
Analizzando brevemente l'avverbio "der einst", cui è già stato precedentemente
accennato, sorge la domanda: quale periodo sottintende? Potrebbe forse alludere
all'epoca in cui Huchel viveva nella RDT e raccoglieva onori (notare la quasi perfetta
omofonia di "Ehren" ed "Ähren"), prima di venire estromesso dalla vita culturale del
paese? Fra l'altro le "Ähren" sono uno dei due simboli (l'altro è il compasso, "Zirkel") che
comparivano sulla bandiera della RDT. L'enunciato "Geschmeide wie Ähren auflas"
potrebbe essere confrontato con la citazione da Suarez: "io sono colui che non raccoglie
nulla".
Il termine "Nachzügler" è forse da connettere alla funzione dell'intellettuale rimasto nella
RDT nonostante molti altri l'abbandonassero e che ora, invece, "im Licht der Messe
versank". Da notare il movimento in direzioni antitetiche di "auflas" e "versank",
nuovamente scandito da giambi come quello del terzo verso della seconda strofa.
"Messe" è un vocabolo semanticamente ambiguo: può significare "messa" in quanto
celebrazione liturgica, oppure "mostra; fiera". Può anche significare "mensa", "tavolata".
Ora, il titolo della raccolta cui appartiene questa poesia è Die neunte Stunde, con il già
più volte citato esplicito rimando all'ora della morte di Gesù Cristo. Ciò premesso, il
significato da attribuire al vocabolo in questione è forse proprio quello di celebrazione
liturgica, o meglio, di rito sacrificale. Infatti, se si accetta l'ipotesi che "Nachzügler" alluda
al ruolo di Huchel, intellettuale rimasto a difendere le sorti della cultura nella RDT ad
esempio con il suo lavoro alla redazione di "Sinn und Form", il verso "Geschmeide wie
Ähren auflas" rimanda al periodo in cui mieté onori, e "im Licht der Messe versank" al
momento in cui, secondo "rituali di partito"289 venne sacrificato come una sorta di capro
espiatorio (cfr. Gesù Cristo!).
Ma è di sconfitta, l'immagine offerta dall'ultima strofa? Direi di no, infatti:
"Ging nun voran": avanzavo - è un termine che non solo indica progressione, e quindi si
contrappone al "versank" della strofa precedente, ma addirittura propone un ribaltamento
289 V. il rapporto circostanziato che Huchel fece sulla sua estromissione dalla direzione della rivista; pag. 53
del presente lavoro.
159
della condizione esposta dall'io lirico. Vediamo in che modo: "Nachzügler", come più volte
ribadito, significa "retroguardia". Il "nach-" si trasforma nel "voran" della strofa seguente,
con cui è in rapporto antitetico. "Vorangehen" non significa unicamente "procedere,
avanzare", ma anche "essere alla testa, precedere". Anche in questo caso il movimento
s'accompagna al ritmo di tipo giambico che attraversa tutta la strofa. Le mani dell'io lirico
sono vuote, come la portantina ed il deserto della prima strofa, così come nella terza
strofa - quella centrale - è spoglio il suo corpo, coperto solo di concetti astratti.
Ma a questo punto occorre nuovamente ricordare la citazione di Suarez, poeta come
Huchel e come Günter Eich, cui la poesia è dedicata: "Io non cederò alle forze,
qualunque esse siano;... Mi uccideranno, può darsi, ma non avranno la mia anima. Io
sono colui che non raccoglie nulla; ben più: colui per il quale il "no" è immutabile quanto
la pazienza".
L'io lirico, che nella terza strofa emerge nudo dalla mischia, rivificato dalla natura, diviene
colui che, pur a mani vuote
e con "einer Rinne Salz im Gesicht", simbolo di
un'estenuante fatica - profeticamente precede nella marcia.
160
Philipp
Philipp
Hier endet der Weg,
die Fangschnur hängt
vereist
im Erlengestrüpp.
Qui termina il cammino,
il laccio pende
ghiacciato
nell'intrico di ontani.
Die grashaarigen Kinder
verleugnen das Licht
und suchen den Schnee,
der mit den Krähen über die Berge kommt.
I fanciulli dai capelli d'erba
rinnegano la luce
e cercano la neve
che giunge oltre i monti con i corvi.
Die schweigsamen Kinder
am Eingang der Nacht,
Wind wickelt sie ein ins kühle Tuch,
das nicht den Abdruck der Erde zeigt.
I taciti fanciulli
all'ingresso della notte,
avvolti dal vento nel fresco panno
che non rivela l'impronta della terra.
La poesia venne pubblicata per la prima volta in "Neue Rundschau 85" (1974), pag. 421;
la sua data di composizione risale al 1.12.1973.
Le tre quartine di cui si compone sono di ritmo prevalentemente giambico-dattilico. Il
titolo non è in relazione diretta con la situazione poetica. Lo spunto per comporre Philipp
deriva ad Huchel da un incidente mortale verificatosi entro la cerchia di suoi conoscenti.
Nella prima strofa, l'uscita consonantica dei versi crea quel senso di improvvisa
interruzione espresso a livello semantico nel primo verso: "Hier endet der Weg": qui
termina il cammino, la strada. E' anche una brusca interruzione della serie di -e,
sottolineata dall'arsi sulla prima e- di "endet" e che la durezza della velare di "Weg" rende
ancora più definitiva: una fricativa, o una nasale finali, di diversa e prolungata sonorità,
non avrebbero sortito lo stesso effetto.
"die Fangschnur hängt / vereist":
un laccio ghiacciato pende sinistramente. Il primo
elemento del sostantivo composto "Fangschnur" permette l'instaurarsi di una relazione
fonologica tra le parole dei due brevi versi, poiché "Fang-" allittera con "vereist" e la serie
-ng- si riscontra anche in "hängt". Inoltre il significato di "fangen" (afferrare, prendere,
catturare) qualifica il laccio in questione come qualcosa che serve probabilmente per
cacciare, come un "lazo" che stringendosi priva della libertà di movimento. Anche se nella
161
strofa non vi è esplicito riferimento ad una vittima imprigionata nel laccio, il fatto stesso
che esso sia "vereist" evoca comunque l'immagine di un impiccato che pende irrigidito290.
"im Erlengestrüpp": con "Gestrüpp" si sottintende qualcosa di aggrovigliato, contorto, una
macchia di alberi - precisamente di ontani -
nel cui sottobosco nessuno penetra. E'
natura solitaria e desolata, abbandonata a se stessa. E proprio lì pende quel laccio,
come qualcosa di dimenticato.
La costruzione sintattica della III strofa è parallela a quella della II e ne riprende anche
l'ipotassi tra terzo e quarto verso :
"Die grashaarigen Kinder" (ritmo anapestico) -"Die schweigsamen Kinder" (ritmo dattilico):
la figura dei fanciulli è surreale, probabilmente riferita ai morti che il poeta colloca in
dissolvenza nel buio ospitale della natura. La loro indole silenziosa li distingue dalla
maggior parte dei bambini, generalmente vivaci e loquaci. Il secondo verso di entrambe le
strofe (ritmo dattilico) li rende presenze ancor più crepuscolari.
Coerentemente con quanto affermato nel primo dei due versi, i fanciulli si trovano
all'ingresso della notte: "verleugnen das Licht" - "am Eingang der Nacht". "Rinnegano la
luce" è in rapporto causa-effetto con il terzo verso della seconda strofa, "und suchen den
Schnee": poiché rinnegano la luce, cercano la neve. La neve però è bianca, luminosa.
Occorre a questo punto ricordare che nella poesia hucheliana la neve, come la polvere e
la cenere, rimanda frequentemente alla morte, alla desolazione. Ed infatti la neve, in
Philipp, va incontro ai fanciulli non sola, ma in compagnia di corvi, uccelli funesti spesso
ricorrenti nelle poesie di Huchel. Nella II strofa vi è quindi un incupirsi graduale dello
scenario, che prepara l'ingresso dei fanciulli nella notte. L'impressione è che essi si
trovino in prossimità di un luogo circoscritto, come all'imbocco di un canale. Ed ecco che
"Wind wickelt sie ein ins kühle Tuch": il vento li avvolge in un fresco panno (un sudario),
accentuando il loro senso di isolamento; i fanciulli vengono completamente estraniati
dalla realtà terrena, imprigionati in un tessuto di "metafisica" consistenza, ultraterreno:
290
Tuttavia "Fangschnur" un tempo designava il cordino con cui si fissava il berretto ad un'uniforme;
successivamente i cordoni che fregiano le uniformi degli alti ufficiali. Con un termine affine a "Fangschnur",
"Fangseil", si definisce una corda di sicurezza, usata ad esempio in alpinismo. Mi chiedo a questo punto se
il termine non abbia in realtà valenza positiva. La "Fangschnur" potrebbe allora essere una fune di
sicurezza che non ha però impedito il verificarsi dell'incidente che ispirò la composizione della poesia e che
pende, ghiacciata e solitaria, a ricordo della propria inutilità.
162
"das nicht den Abdruck der Erde zeigt". Probabilmente il verso allude a neve che non ha
ancora toccato terra.
In tre brevi strofe la presenza dell'articolo determinativo è quasi ossessiva. L'io lirico, che
rimane dietro le quinte, si rivolge ad un ascoltatore cui la scena poetica in tutti i suoi
dettagli è evidentemente familiare. L'unica presenza estranea, indeterminata, è quella del
vento, che giunge improvviso ad irretire i fanciulli nel suo panno (notare l'allitterazione
"Wind wickelt", resa più efficace dall'assenza dell'articolo e dalla presenza della stessa
vocale dopo la fricativa sonora), quasi a completare l'elenco di fenomeni naturali introdotti
già nei versi precedenti:
- ghiaccio ("vereist" - prima strofa, terzo verso);
- luce ("Licht" - seconda strofa, secondo verso);
- neve ("Schnee" - seconda strofa, terzo verso), che appartiene allo stesso campo
semantico di "Eis";
- notte ("Nacht" - terza strofa, secondo verso), in rapporto semantico indirettamente
antitetico con "Licht" in quanto è l'assenza di luce a caratterizzare la notte e contrapporla
al giorno. Da un punto di vista fonetico "Licht" e "Nacht", entrambi monosillabi, sono
correlati dalla presenza delle stesse consonanti finali.
L'impalcatura ritmica della poesia è piuttosto semplice, prevalentemente dattilica, con
versi brevi a due-quattro arsi. La sua trama vocalica rivela regolarità nelle sequenze di e
della I strofa (primo e quarto verso), di i ed e della seconda strofa (primo verso), di a - ai a (terza strofa, secondo verso) ed altre ancora. Le u conferiscono una tonalità scura,
specie se seguite da nasale: "und suchen" si trova così fonosimbolicamente in
opposizione al vocabolo precedente, "Licht".
Il terzo e quarto verso della seconda strofa sono un susseguirsi di assonanzeconsonanze: "und suchen den Schnee, / der mit den Krähen über die Berge kommt". Si
instaurano tra le trofe, ed in particolare tra corrispondenti versi, relazioni di tipo
semantico:
secondo verso, strofe seconda-terza: "Licht"-"Nacht", entrambi fenomeni naturali
163
terzo verso, strofe I-II-III: "vereist" - "Schnee" - "Wind" - "kühl": due aggettivi e due
sostantivi relativi a fenomeni atmosferici, connotati dal freddo.
quarto verso, strofe I-II-III: "Erlen" - "Krähen", rappresentanti dei regni naturali della flora
e della fauna; "Berge", ovvero fenomeni geologici connessi a "Erde".
Da rilevare le
assonanze e consonanze tra i vari vocaboli.
Philipp è dunque l'evocazione lirica di un incidente ed il titolo stesso può essere quindi
considerato una poetica lapide funeraria. In tono elegiaco Huchel presenta la silenziosa
trasfigurazione delle vittime in uno scenario freddo e buio, non dissimile da quello di molte
altre sue liriche in cui dominano gli aspetti più estremi della natura.
164
In Bud
A Bud
Nachts
das trockene Husten den Flur entlang,
ich öffne die Tür
und atme den Netzgeruch des Alten,
der unter den Klippen blieb.
Di notte,
la secca tosse lungo il corridoio,
apro la porta
e respiro l'odore umido del vecchio,
rimasto sotto gli scogli.
Die See schreibt
in der Schrift der Algen
die letzte Seite des Logbuchs
auf salzige Felsen verleugne die Heimkehr,
sei unterwegs
auf Meeren mit stürzendem Himmelstrich,
wo jeder Name verlorengeht.
Il mare scrive
in caratteri alghiformi
l'ultima pagina del giornale di bordo
sulla salsedine delle rocce rinnega il ritorno,
resta errante
per mari dalla scoscesa linea del cielo,
ove ogni nome si perde.
Prima pubblicazione: 1979, nella raccolta Die neunte Stunde, pag. 29. La copia
dattiloscritta reca la data del 17.10.1974. Secondo le informazioni sulla genesi della
poesia fornite da Annette Mørkeberg nella sua tesi "Die Neunte Stunde - Eine
Themastudie über den Lyriker Peter Huchel"291, Bud è un piccolo villaggio di pescatori
sulla Møreküste in Norvegia. E' battuto dal vento e spoglio, ma non abbandonato. E' una
natura dura, ma bella. La Mørkeberg visitò Bud nell'autunno del 1973 con Peter Huchel.
La poesia si compone di due strofe di rispettivamente cinque ed otto versi liberi.
L'avverbio che costituisce l'incipit, "nachts", colloca lo scenario lirico della prima strofa a
notte, come avviene in altre poesie della raccolta Die neunte Stunde.
"Das trockene Husten den Flur entlang": la secca tosse può essere posta in correlazione
con l'io lirico, che si palesa nel verso immediatamente seguente. Il ritmo è giambicoanapestico, la sequenza vocalica centrale ripetuta sembra evocare l'insistenza della
tosse; "entlang": non è la tosse, a muoversi lungo il corridoio, ma l'io lirico - "entlang" però
rende l'idea del propagarsi del suono e accompagna i passi dell'io lirico verso la porta.
"ich öffne die Tür": al gesto dell'apertura della porta, espresso con un verso che, nella sua
concisione, sembra sottolineare l'urgenza dell'azione ed alleviare il senso di soffocamento
destato dal verso precedente (lungo il doppio), segue "und atme": "apro e respiro".
Dall'esterno tuttavia non giunge aria fresca, ma "den Netzgeruch des Alten / der unten
291
Università di Oslo 1981, pag. 62.
165
den Klippen blieb".
Anche in In Bud ricorre nuovamente l'immagine, già rilevata in altre
poesie hucheliane, di una materia dura ed immutabile quanto la pietra (in questo caso la
roccia di uno scoglio), che assume il compito di conservare il passato.
Ma il mare, che contrariamente alla roccia è sempre in movimento, nella seconda strofa
indica all'io lirico un'altra direzione in cui muoversi. Non è la prima volta che Huchel
propone il tema del segno, dello "Zeichen", generalmente di difficile interpretazione (v.
Das Zeichen). Questa volta, tuttavia, l'io lirico non esita a decodificare il messaggio del
mare, seppur scritto in caratteri alghiformi:
"verleugne die Heimkehr,": viene ripreso il tema dell'esilio permanente e del ritorno
impossibile, che percorre tutta la raccolta Die neunte Stunde: (Aristeas I "Hier ist das
Vergangene ohne Schmerz"; Aristeas II "Ich, Aristeas, (...) / blieb verschollen, / der Gott
verbannte mich"; Östlicher Fluß "der Kahn ist fort"; Die Rückkehr: "Wozu den Sommer
beschwören?"; Brandenburg: "Im Wasserschierling / versunken / die preußische
Kalesche").
"sei unterwegs / auf Meeren mit stürzendem Himmelstrich": è l'ultima pagina del giornale
di bordo: non resta che volgersi ad un futuro (la morte) che promette l'oblìo in seno alla
natura più tempestosa: "wo jeder Name verlorengeht". Il penultimo verso offre l'immagine
della caduta dell'orizzonte, ossia il franare di una prospettiva futura, una distesa d'acqua
che si arresta davanti al muro del cielo, forse un'allusione alle Colonne d'Ercole, citate
anche nella poesia Ein Toscaner.
La poesia, se confrontata con il senso di angustia che deriva dai suoi primi due versi, si
chiude quindi con un'immagine a tutto campo. Tuttavia il testo veicola una condanna
definitiva; la solitudine dell'io di fronte alla caduta degli orizzonti, a una storia che macina
qualsiasi identità individuale, disperdendo ogni nome.
La natura appare tutt'altro che armonica, offrendo all'io lirico il contrasto tra gli elementi
"roccia", ossìa il vecchio, lo stantìo, umido, soffocante, e "mare", il movimento, la
dinamicità. Antropomorfizzato, il mare scrive sulle rocce: l'io lirico ne diviene l'interprete.
Si tratta di un doppio lavoro di decodificazione che richiede non solo la conoscenza della
166
lingua del mare, ma anche dei caratteri delle alghe di cui esso si serve per scrivere sulla
salsedine. Come se qualcuno scrivesse in italiano servendosi di caratteri cirillici.
Contrariamente a quanto osservato in poesie più lunghe (ad esempio Begegnung e
Östlicher Fluß), una circostanza rende In Bud molto movimentata: l'elevata frequenza di
verbi, di cui la maggioranza è regolarmente coniugata al presente; un solo preterito
("blieb"), un verbo sostantivato ("Husten"), un participio presente con funzione attributiva
("stürzendem"), e due imperativi ("verleugne; "sei").
Verrebbe da chiedersi se il messaggio del mare sia completo. L'io lirico infatti afferma
"Die See schreibt": l'azione quindi è in corso di svolgimento; il mare, con il suo moto
ininterrotto, non smette mai di tracciare segni sulle rocce, ma la pagina del giornale di
bordo è l'ultima. Dal canto loro quei segni non fanno altro che rimandare al movimento
che si autoperpetua, invitando chi legge a imitarlo: "Sei unterwegs".
167
Die neunte Stunde
Ora nona
Die Hitze sticht in den Stein
das Wort des Propheten.
Ein Mann steigt mühsam
den Hügel hinauf,
in seiner Hirtentasche
die neunte Stunde,
den Nagel und den Hammer.
La calura incide nella pietra
la parola del profeta.
Un uomo sale faticosamente
sulla collina,
nella sua bisaccia di pastore
l'ora nona,
il chiodo ed il martello.
Der trockene Glanz der Ziegenherde
reißt in der Luft
und fällt als Zunder hinter den Horizont.
Il secco splendore del gregge di capre
si spezza nell'aria
e ricade come miccia dietro l'orizzonte.
La poesia venne pubblicata per la prima volta in "Jahresring 74/75", pag. 11292. Diseguale
è la lunghezza delle due strofe che la compongono, di rispettivamente sette e tre versi.
Varia è inoltre la trama ritmica della lirica nella quale si evidenziano essenzialmente
anfibrachi (prima strofa, versi 2, 4, 7) e giambi (prima strofa, verso 3, 5, 6). La circostanza
che ogni verso, ad eccezione del secondo della seconda strofa, un coriambo ("reißt in
der Luft") venga introdotto da un articolo, o da una preposizione monosillabica ("in") o
dalla congiunzione ("und"), comporta l'insistente presenza dell'arsi sulla seconda sillaba.
Nel titolo, che è contemporaneamente titolo dell'ultima raccolta poetica hucheliana, è
evidente l'allusione all'ora dell'estrema sofferenza terrena di Cristo293; "Hitze", "Prophet",
"steigt mühsam den Hügel hinauf", "die neunte Stunde", "den Nagel und den Hammer"
sono infatti elementi che evocano il calvario di Cristo.
Come in altre liriche della raccolta, ad esempio Pfeilspitze des Ada, lo scenario di Die
neunte Stunde, nella sua aridità, rappresenta l'estremo opposto del clima gelido rilevabile
in poesie come Aristeas I e II ed altre.
Che l'ora nona sia un'ora di calura intensa non stupisce se si considera che secondo
l'antico sistema ebraico di misurazione del tempo quell'ora corrisponde all'incirca alle due
del pomeriggio.
292 In quella redazione la seconda strofa risulta lievemente diversa:
Es reißt
Si spezza
der trockene Glanz der Ziegenherde
il secco splendore del gregge di capre
und fällt als Zunder hinter den Horizont.
e ricade come miccia dietro l'orizzonte.
293 Cfr. Matteo, 27:45-50; Luca 23:44-46.
168
Come suggerisce l'incipit della poesia, la calura si materializza al punto di divenire un
affilato scalpello che scolpisce nella pietra la parola del profeta: "Die Hitze sticht in den
Stein / das Wort des Propheten". E' la serie di -i che evoca fonosimbolicamente il potere
penetrante ed incisivo del calore, acuito dall'affricata e dalle occlusive apico-alveolari,
dalle aspirate velari e dall'allitterazione in -sch. Vocaboli allitteranti attraversano tutta la
poesia:
"Mann
-mühsam";
"Hügel-hinauf";
"hinter-Horizont",
tuttavia
l'aspetto
fonologicamente più pregnante della poesia è la dentalità delle consonanti, connessa
anche all'alto tasso di articoli determinativi. Oltre al primo verso, già considerato, cito
quali esempi:
- il sesto verso della prima strofa e titolo della poesia: "die neunte Stunde", ove alveolodentale è l'articolazione delle occlusive -d, -t e nasali -n;
- il primo verso della seconda strofa: "Der trockene Glanz der Ziegenherde", ove oltre alle
occlusive sono alveolo-dentali le laterali -l e le affricate -z.
Alla valenza simbolica della pietra come garante del tempo è già stato più volte
accennato. La trascrizione nella pietra intensifica quindi il carattere di eternità della parola
del profeta.
Pur nella sua indefinitezza ("Mann" è l'unico vocabolo in tutta la poesia accompagnato
all'articolo indeterminativo) l'uomo che faticosamente risale la collina è Cristo ("die neunte
Stunde"). Egli è anche pastore ("in seiner Hirtentasche") e martire ("den Nagel und den
Hammer")294. Il chiodo e il martello, oltre che la passione di Gesù Cristo, evocano anche
lo "stechen" dell'incipit, essendo l'aguzzo "Nagel" in grado di scalfire, se martellato, la
dura pietra.
Di più difficile interpretazione è la seconda strofa, in cui viene ribadita la secchezza che
domina lo scenario. Il surrealismo dell' immagine nasce dalla sinestesia: "Der trockene
Glanz" - riferita, con effetto straniante, al gregge di capre - e dalla similitudine "als
Zunder". I tre versi concentrano suggestioni tattili ("trocken"), visive ("Glanz") ed
acustiche ("reißt"), destando in complesso la sensazione che la visione dell'io lirico sia un
294 Il martire che trasporta gli strumenti della propria tortura e morte è un motivo tradizionale (v. anche
Stefano che porta le pietre).
169
miraggio. Forse dietro all'immagine del gregge si cela il riferimento alla comunità di
seguaci creatasi attorno alla figura di Cristo-pastore ("Hirtentasche") e che ne diffonderà il
verbo, mentre lo "Zunder" potrebbe rimandare al potenziale dirompente racchiuso nella
parola del profeta, in grado di proiettarsi quindi oltre la linea dell'orizzonte aprendo la
strada alla trascendenza.
170
Östlicher Fluß
Fiume dell'est
Such nicht die Steine
im Wasser über dem Schlamm,
der Kahn ist fort,
der Fluß
nicht mehr mit Netzen
und Reusen bestückt.
Der Sonnendocht,
die Sumpfdotterblume verglomm in Regen.
Non cercare le pietre
nell'acqua sul fondo,
lontana è la barca,
il fiume
non più provvisto
di reti e nasse.
Lucignolo del sole,
la calta palustre è svaporata in pioggia.
Nur die Weide gibt noch Rechenschaft,
in ihren Wurzeln
sind die Geheimnisse
der Landstreicher verborgen,
die kümmerlichen Schätze,
der rostige Angelhaken,
die Büchse ohne Boden
zum Aufbewahren längst
vergessener Gespräche.
Solo il salice rende ancora conto,
nelle sue radici
si celano
i segreti dei girovaghi,
i miseri tesori,
l'amo arrugginito,
il barattolo sfondato
per custodire
dialoghi da tempo dimenticati.
An den Zweigen
die leeren Nester der Beutelmeisen,
die vogelleichten Schuhe.
Keiner streift sie
den Kindern über die Füße.
Sui rami
i nidi deserti dei pendolini,
scarpe leggere come uccelli.
Nessuno le infila
ai piedi dei bimbi.
La poesia venne pubblicata per la prima volta in "Neue Rundschau" 85 (1974), pag. 442.
Una sua copia, edita in
Andreas-Gryphius-Preisträger 1974/1975, Wulff Verlag,
Dortmund 1976, pag. 24, reca la seguente variante del primo verso della strofa III: "Auf
den Zweigen".
Una copia dattiloscritta in possesso di Michael Hamburger presenta una precedente
redazione, a lui dedicata, dal titolo Rückkehr, datata 22 marzo 1974 (firmata "Mit den
herzlichsten Gedanken - Peter Huchel"):
Such nicht die Steine
im Wasser über dem Schlamm,
der Kahn ist fort,
nicht mehr mit Netzen und Reusen
ist der Fluß bestückt.
Der Sonnendocht
der Sumpfdotterblume ist verbrannt.
Non cercare le pietre
nell'acqua sul fondo,
lontana è la barca,
non più provvisto di reti e nasse
è il fiume.
Il lucignolo solare
della calta palustre è bruciato.
171
Nur die Weide gibt noch Rechenschaft,
in ihren Wurzeln
sind die Geheimnisse
der Landstreicher verborgen,
die kümmerlichen Schätze,
ein rostiger Angelhaken,
eine Flasche voll Sand,
eine Büchse ohne Boden
zum Aufbewahren längst
vergessener Gespräche.
Solo il salice rende ancora conto,
nelle sue radici
si celano
i segreti dei girovaghi,
i miseri tesori,
un amo arrugginito,
una bottiglia piena di sabbia,
un barattolo sfondato
per custodire dialoghi
da tempo dimenticati.
La lirica si compone di tre strofe, rispettivamente di otto, nove e cinque versi. Si apre con
un'esortazione perentoria, "Such nicht die Steine". Come già visto in altre poesie, Huchel
si serve spesso dell'imperativo, frequentemente anteponendo la negazione. L'incipit di
Östlicher Fluß, metricamente un adonio mostra parallelismi, anche dal punto di vista
ritmico, con il primo verso della seconda strofa di Das Grab des Odysseus: ("Such nicht
die Höhle"), o l'incipit di Im Kun-Lun-Gebirge ("Steig nicht hinauf").
L'io lirico fornisce la descrizione di un luogo a lui un tempo familiare, ma evidentemente
mutato nel frattempo. Le tre strofe presentano un'alta incidenza di sostantivi tipicamente
hucheliani, in particolare peculiari delle poesie del primo Huchel. Ed è anche la scelta
lessicale che segnala, a mio avviso, l'intenzione del poeta di sottolineare l'impossibilità di
un recupero del passato. In Thrakien l'io lirico ingiunge: "Hebe den Stein nicht auf" - la
pietra quindi esiste, pare essere proprio lì innanzi al destinatario dell'ordine, ma non
bisogna sollevarla. Qui non è neppure il caso di cercarla, anzi, di cercarle. Sembrerebbe
che le pietre siano
sprofondate nella melma del fiume e si potrebbe interpretare
l'imperativo come un suggerimento: "Non cercare le pietre nell'acqua che sta sopra il
fango - cercale nel fango". Infatti "über" interrompe il ritmo dattilico dei due versi, proprio
come se volesse invitare a considerare il suo contrario.
Ed ecco che dal ritmo dattilico dei due primi versi si passa a quello prevalentemente
giambico che accompagna l'enumerazione asindetica di elementi-ricordo:
"Der Kahn ist fort": è sparita la barca che faceva parte del paesaggio fluviale di un tempo,
inoltre vi è
"der Fluß / nicht mehr mit Netzen / und Reusen bestückt". Un avverbio di tempo, "nicht
mehr", segnala l'opposizione presente-passato ed è appunto il registro centrale della
172
poesia, in opposizione al "noch" del primo verso della seconda strofa, con il quale invece
viene attuato il recupero, per quanto illusorio, del passato nel presente.
Lungo sarebbe l'elenco delle poesie di Huchel in cui ricorre l'immagine del fiume
"provvisto di reti e nasse", e vocaboli quali, appunto, "Netzen", "Reuse", "Kahn"295. Se si
interpreta "der Kahn" come mezzo con cui attraversare, traghettare da una sponda
all'altra del tempo (metafora che ricorre nella più volte citata poesia Thrakien; anzi, in quel
contesto "die Fähre" pone in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti"),
l'assenza della barca rende impossibile il ritorno al passato.
Torniamo al titolo della presente poesia, Östlicher Fluß: il riferimento non è ad un fiume
qualsiasi ma ad un fiume dell'Est, della terra da cui proviene Huchel e nella quale non
può fare ritorno: "Der Kahn ist fort". E' proprio l'aggettivo "östlich" ad offrire coordinate
spazio-temporali utili ad definire la situazione poetica. Considerata la biografia del poeta,
questo aggettivo rende lecito ipotizzare che si tratti di una rivisitazione del passato. Si
osservi che il titolo della copia di una precedente redazione è Rückkehr, evidentemente
un ritorno interiore nel paese natìo.
L'enumerazione prosegue:
"Der Sonnendocht / die Sumpfdotterblume verglomm in Regen": solo la lingua tedesca,
con la facoltà di creare parole composte, riesce a condensare cinque sostantivi in due.
Questi due versi sono un concentrato di musicalità, colori e contrasti, oltre che di elementi
naturali:
"Der Sonnendocht": letteralmente: "lucignolo (stoppino) del sole. La luminosità diviene
iperbolica, se il lucignolo, già di per sé splendente, diviene non "Kerzendocht", bensì
"Sonnendocht".
"Die Sumpfdotter(blume)": (in Der Knabenteich "Sumpfdottergelbe") i due vocaboli
all'inizio di due versi distinti, sono paralleli ed allitteranti. Letteralmente "fiore di palude
color tuorlo". Alla rutilante immagine del verso precedente si aggiunge il giallo-arancione
del fiore, così intenso da spiccare in una palude. Ma questo tripudio di vividi colori è
destinato a soccombere, anzi, a trasformarsi: "verglomm in Regen". La metamorfosi viene
295 Mi limito a rimandare alla raccolta Gedichte (op.cit.) che racchiude anche le poesie del volume Der
Knabenteich e che venne pubblicata in RFT con il titolo di Die Sternenreuse.
173
espressa con l'unico verbo al preterito di tutta la poesia, mentre i restanti verbi sono al
presente; come participi sono in funzione di attributo-predicato. "Verglimmen" significa
"spegnersi lentamente" ed è semanticamente correlato a "Docht". Il preterito, e il prefisso
ver-, che indica la compiutezza ed irreversibilità dell'azione, ripropongono l'impossibilità
del recupero del passato. E' interessante osservare che a "verglomm" segue "in Regen",
all'accusativo. La calta palustre quindi non si spense (o "svaporò", come ho preferito
tradurre) sotto la pioggia, ma si trasformò in pioggia, perdendo per sempre la sua
sostanza vegetale. Con un ossìmoro il fiore solare diviene pioggia, nella quale annegano
le uniche, brillanti note di colore della poesia. Nella precedente redazione della poesia i
versi
"Der Sonnendocht / der Sumpfdotterblume ist verbrannt" non hanno la stessa
potenza evocativa.
Un altro particolare rivela che i sostantivi elencati nella poesia sono riconducibili al
passato dell'io lirico: l'uso dell'articolo determinativo che li accompagna e che li qualifica
come elementi noti al lui ed a colui al quale esso si rivolge. In Östlicher Fluß prevale
quindi il ritmo giambico, creato dalle enumerazioni (costantemente asindetiche; compare,
in tutta la poesia, una sola congiunzione: "mit Nassen und Reusen") in cui è dunque
presente l'articolo determinativo; si può inoltre rilevare un alto tasso di assonanze che
collegano sia le cadenze dei vari versi, sia elementi interni ai versi: (prima strofa)
Schlamm/Kahn; fort/-docht; Fluß/-stückt; Netzen/Regen; (seconda strofa) -borgen /
Bogen; Schätze/-spräche; (terza strofa): Zweigen/-meisen/-leichten; Schuhe/ über/Füße.
Vi sono inoltre sequenze vocaliche che scandiscono versi quali:
"der Sonnendocht" (-e-o-e-o)
"nicht mehr mit Netzen", (-i-e-i-e-e-)
"der rostige Angelhaken" (-e-a-e-a, con doppia sequenza velare-palatale)
"die Büchse ohne Boden", (i-ü-e-o-e-o-e)
o contrassegnano un'intera strofa, ad esempio la terza, forse la più musicale, data anche
la presenza, specie nei primi tre versi, delle nasali finali. Questa strofa è un susseguirsi di
-e, -ei, -n, e la stessa immagine delle scarpe-nido sui rami ha una propria musicalità
(consonanze-assonanze) che la rende ancora più lieve: Beutelmeisen / Vogelleichten.
174
"Nur die Weide gibt noch Rechenschaft": la seconda strofa introduce l'unico elemento che
rende conto del passato: è il salice che non fa che conferire un tono ancor più elegiaco
alla poesia296. Vediamo come svolge la propria funzione di garante del tempo trascorso.
Innanzitutto "in ihren Wurzeln / sind die Geheimnisse / der Landstreicher verborgen".
I "Landstreicher" erano figure familiari ad Huchel; come accennato nell'introduzione le sue
prime poesie sono popolate da personaggi che esercitano mestieri itineranti (Der
Ziegelstreicher, Der polnische Schnitter, ecc.). Ora che il poeta si è trasferito in Occidente,
ritorna con la memoria alle figure di un tempo pre-industriale, a un paesaggio fluviale in
cui gli oggetti dispersi parlano di un passato incontaminato, relitti ormai obsoleti di
un'epoca dimenticata. Un'ulteriore enumerazione chiarisce infatti quali siano i
"Geheimnisse / der Landstreicher": oggetti completamente inservibili ed inutili:
un ossìmoro: "die kümmerlichen Schätze";
"der rostige Angelhaken": nella prima strofa l'io lirico afferma che sul fiume non vi sono
più reti e nasse. E' un fiume inanimato, dal fondo melmoso. Nessuno vi pesca più; non
stupisce quindi che l'amo sia arrugginito.
"die Büchse ohne Boden / zum Aufbewahren längst / vergessener Gespräche". La
relazione che si instaura tra "Büchse ohne Boden" (vocaboli legati da allitterazione) e
"vergessener Gespräche" (sequenza in -e) è, in un certo senso, logica: un barattolo
sfondato riesce a contenere qualcosa di astratto.
Se nella seconda strofa le radici del salice si fanno garanti di un passato perduto per
sempre, nella terza strofa i suoi rami, opposti alle radici, paiono sorreggere il simbolo di
un futuro sterile. I i nidi dei pendolini infatti sono vuoti: "An den Zweigen / die leeren
Nesten der Beutelmeisen". Tutti gli oggetti che dovrebbero essere atti a contenere
qualcosa, in questa poesia sono inservibili ("Büchse ohne Boden") o comunque non
296 Cfr. Ölbaum und Weide: "die wendischen Weidenmütter, / die warzigen Alten / mit klaffender Brust, / am
Rand der Teiche, / der dunkeläugig verschlossenen Wasser, / die Füße in die Erde grabend, / die mein
Gedächtnis ist."
175
svolgono la loro funzione. E' interessante notare la sequenza "Nesten"/"Beutel", termini
che sottintendono la stessa cosa, dal momento che anche "Beutel" (propriamente "borsa,
sacca") è il nido dalla forma particolare che i pendolini si costruiscono.
Mi sono chiesta se con "Zweigen" Huchel abbia inteso alludere alla Germania divisa, data
la derivazione del vocabolo dalla radice indoeuropea *du, ossìa "due". Questa
interpretazione suggerisce l'immagine del fiume come confine, dunque "denaturato",
controllato a vista dai Vopo (cfr. Ophelia), come in realtà era l'Elba.
Alla luce di queste considerazioni, l'ultima strofa diviene meno misteriosa, integrandosi
comunque perfettamente nel contesto della poesia, segnata praticamente ad ogni verso
dalla mancanza, negazione di qualcosa. I nidi dei pendolini sono vuoti, potrebbero
fungere da scarpe "magiche" che conferiscono leggerezza a chi le calza, come
suggerisce la similitudine di grande levità, dal ritmo giambico: "die vogelleichten Schuhe".
Anzi, a ben vedere sono calzature infantili ("den Kindern"), eppure non vi è nessuno che
le infili a piedi dei bimbi. E con questa constatazione si chiude la poesia.
Però, in questo paesaggio desolato e triste, si affaccia una presenza positiva, proprio
legata alla figura dei "Kinder". I versi "Keiner streift sie / den Kindern über die Füsse"
suggeriscono che la presenza dei "Kinder" sia reale. E' vero che nessuno faciliterà il loro
cammino con le "vogelleichte Schuhe", però essi esistono, così come esiste un "du"
implicito al quale l'io lirico si rivolge. E l'unico suono, nella poesia, è quello della sua
voce. Per il resto il silenzio è totale, l'atmosfera stagnante. A prescindere da "verglomm" quasi una "Tod und Verklärung" della calta palustre - non vi sono verbi che esprimano
dinamicità. Solo la figura dei "Landstreicher" evoca movimento, così come l'aggettivo
composto "vogelleicht".
La descrizione paesaggistica della prima strofa colloca la poesia in un presente
autunnale-invernale, la seconda strofa rimanda al passato, con l'esame del contenuto
delle radici-memoria del salice; la terza strofa in realtà si ripiega sul presente e completa
la descrizione della prima strofa. Tuttavia, con la figura dei bambini, si dischiude al futuro.
176
Brandenburg
Brandeburgo
"Ach, wie die Nachtviole lieblich duftet!"
Kleist, Prinz von Homburg
"Oh, come delicatamente profuma la viola notturna!"
Kleist, Principe di Homburg
Hinter erloschenen Teeröfen
ging ich im Brandgeruch der Kiefernheide,
dort saß ein Knecht am Holzhauerfeuer,
er blickte nicht auf,
er schränkte die Säge.
Dietro forni da catrame spenti
andavo nell'odor d'incendio della brughiera di pini
là sedeva un servo al fuoco dei taglialegna
non sollevò lo sguardo,
allicciava la sega.
Noch immer tanzt abends
der rote Ulan
mit Bauerntöchtern auf der Tenne des Nebels,
die Ulanka durchweht
von Mückenschwärmen über dem Moor.
A sera danza ancora
il rosso ulano
con figlie di contadini sull'aia della nebbia,
l'ulanka satura
di nugoli di zanzare sulla palude.
Im Wasserschierling
versunken
die preußische Kalesche.
Sprofondato
nella cicuta acquatica
il calesse prussiano.
Brandenburg venne pubblicata per la prima volta (facsimile del manoscritto) in Peter
Huchel: Unbewohnbar die Trauer. Erker Presse, St.Gallen 1976.
Si compone di tre strofe di cui le prime due di cinque versi e l'ultima di tre.
Un io lirico dislocato nel passato rievoca, nella prima strofa, il suo andare per la brughiera
e l'incontro con un servo. I primi tre versi sono collegati da termini che si riferiscono al
fuoco,
acceso
o
spento
che
sia:
"erloschene
(Teer)öfen",
"Brandgeruch",
"(Holzhauer)feuer"
"Hinter erloschenen Teeröfen": ritmo di tipo dattilico che scandisce i passi dell'io lirico
anche nel verso seguente. L'accenno ai forni da catrame spenti colora il verso di tinte
scure e di sensazioni tattili ("erloschen " = freddo; "Öfen" = caldo), che l'immagine
successiva rende più intense, con associazioni visivo-olfattive: "ging ich im Brandgeruch
der Kierfernheide". Ma dov'è rimasto il delicato profumo della viola notturna, citato in
epigrafe?
Il primo verso, con l'avverbio di luogo "hinter", potrebbe alludere allo scavalcamento del
presente, simbolicamente reso con i "Teeröfen", per giungere, attraverso il secondo
verso, "dort saß ein Knecht am Holzhauerfeuer", al mancato incontro con il passato. L'io
lirico s'imbatte in un servo seduto al fuoco "dei taglialegna": è come se dal passato
177
emergessero due figure umane: "Knecht" - "Holzhauer". Risalta l'allitterazione che nasce
da Holz-Hauer-Feuer.
L'incontro però non avviene - il servo non solleva neppure lo sguardo, assorto com'è ad
allicciare la sega (situazione tratteggiata mediante l'incisiva ripetizione di "er" + verbo
all'inizio di entrambi i versi: come se al mondo esistesse solo lui e nulla lo potesse
distogliere dal proprio lavoro); ma è solo un'apparizione. Il soffermarsi sulla figura del
servo segna inoltre anche un momento di transizione: l'io lirico abbandona l'evocazione in
prima persona singolare, ma la sua voce resta.
I due versi "er blickte nicht auf, / er schränkte die Säge" (∪ - ∪ ∪ - / ∪ - ∪ ∪ - ∪) si segnalano per
essere ritmicamente speculari a "Holzhauerfeuer" (- ∪ ∪ - ∪). Effettivamente tutta la poesia è
organizzata in base a moduli ritmici dattilici
(- ∪ ∪ ; - ∪ ∪
; con o senza anacrusi), che le
conferiscono un movimento di danza talvolta lievemente cullante.
"Noch immer tanzt abends / der rote Ulan": come l'episodio descritto nella prima strofa,
l'immagine evocata dalla seconda strofa è fortemente onirica, evanescente. Vi è come un
emergere e svanire dei personaggi (l'ulano dalla rossa divisa, le contadinelle) nella
bruma, tra le esalazioni e gli insetti della palude.
Sinora ho solo brevemente accennato all'epigrafe di Brandenburg, tratta dal dramma Der
Prinz von Homburg di H. v. Kleist (1810)297.
Huchel, attraverso la citazione dal dramma kleistiano, ha probabilmente inteso alludere al
proprio malessere di individuo-poeta in lotta con le autorità della RDT. Di più: Huchel
istituisce una continuità fra la Prussia assolutista e il presente della RDT. Il "Knecht" che
non degna di uno sguardo il poeta è un ironico controcanto alle immagini radiose
dell'agiografia socialista. Come dire: oggi come ieri l'individuo è servo di un potere che lo
sovrasta. Anche la scena successiva - la danza sull'aia - rimanda al carattere popolar-
297 Riportare qui diffusamente le vicende deI dramma è impossibile, eccone quindi una sintesi estrema:
Friedrich von Homburg è un giovane ufficiale della cavalleria brandeburghese (v. titolo della poesia e la
figura dell'ulano). Ha vinto la battaglia di Fehrbellin (1675) perché ha obbedito all'immagine di gloria che gli
è apparsa in un sogno, che altro non è che espressione di un desiderio inconscio (soffre di sonnambulismo:
v. l'atmosfera onirica della poesia). Per aver agito di propria iniziativa, disattendendo gli ordini, viene prima
condannato a morte e poi graziato. Il nucleo del dramma è costituito dal conflitto tra gli impulsi dell'individuo
e l'astratta ragione di stato.
178
militare della RDT ("rot", "Ulano", con la lancia), incastonato in un'atmosfera stagnante,
accentuata dal "versunken" dell'ultima strofa.
Inoltre la dissidenza - anche interna - della RDT si è spesso espressa negando quel
progresso tecnologico di cui viceversa il governo andava fiero e descrivendo la situazione
del paese come non dissimile da quella imperante ai tempi feudali.
Sono propensa ad interpretare la terza strofa, "Im Wasserschierling / versunken / die
preußische Kalesche", come un'ulteriore affermazione di Huchel sull'impossibilità di
decollo dello stato socialista. Ritorniamo al primo verso, ove il termine "Teeröfen" rimanda
all'asfaltatura delle strade: ecco realizzata, nel primo e nell'ultimo verso, l'antitesi
presente-passato. Si noti che il calesse non si è inabissato nell'acqua, come suggerisce
la contiguità dei vocaboli "Wasser" e "versunken", ma nella cicuta ("Schierling"), erba
velenosa che suscita l'idea del suicidio298: Kleist si suicidò sulle rive del Wannsee, presso
Potsdam, il 21 novembre 1811.
298
Come noto Socrate fu condannato a morire bevendo una pozione di cicuta.
179
Ein Toscaner
Un toscano
Ist es die Stunde,
das Silber von den Dächern zu nehmen,
den Tau von den Blättern des Ölbaums zu schütteln?
E' tempo
di togliere l'argento dai tetti,
di scuotere la rugiada dalle foglie dell'olivo?
Hinfällig
wie der Staub auf vergilbten Manuskripten
ist mein Leben geworden.
Caduca
come la polvere su manoscritti ingialliti
è divenuta la mia vita.
Nicht überschreite
die Säulen des Hercules.
Der Tod, der mürrische Maultiertreiber,
Non oltrepassi
le colonne d'Ercole.
La morte, l'arcigna guardiana di muli,
ich sah ihn gestern abend am Stall,
umschwirrt von Bremsen,
er weiß den Weg.
la vidi ieri sera presso la stalla,
avvolta da un ronzìo di tafani,
lei conosce la strada.
Bald deckt
das schwarze Profil der Berge
den Weinstock und die Brunnen zu.
Presto
il nero profilo dei monti
occulterà la vite e le sorgenti.
La poesia venne pubblicata per la prima volta (facsimile del manoscritto) in Peter Huchel:
Unbewohnbar die Trauer. Erker Presse, St.Gallen 1976.
Al titolo della poesia potrebbe alludere l'uso della terzina, forma strofica cara a Dante,
così come l'olivo, citato nella I strofa. Da notare inoltre la grafia arcaicizzante (-c in luogo
di -k).
La struttura ritmica delle cinque terzine è varia, prevalentemente dattilica, con varianti
anfibrachiche (secondo e terzo verso della prima strofa, secondo verso della terza strofa,
secondo verso della quinta strofa). La seconda strofa è formata da anapesti al secondo e
terzo verso; la quarta strofa è giambica.
L'io lirico esordisce con una domanda:
"Ist es die Stunde": il primo verso evoca il titolo della raccolta Die neunte Stunde ed
allude all'ora estrema, come diviene chiaro dall'esplicito riferimento alla morte nelle strofe
III e IV.
"Das Silber von den Dächern zu nehmen, / den Tau von den Blättern des Ölbaums zu
schütteln": la rugiada può essere simbolicamente interpretata come orma lasciata dalla
dea dell'aurora, Eos; l'argento è frequentemente posto in relazione alla luna, sicché i due
versi, sintatticamente paralleli, risultano essere metafore che si completano, alludendo
180
all'alternarsi dei due opposti fenomeni della notte e del giorno. La questione verte
sull'opportunità di spezzare questa ciclicità senza che sia l'uno o l'altro elemento a
prevalere, ma anzi eliminando entrambi ("zu nehmen" - "zu schütteln"). L'io lirico, che si
palesa nella II strofa, pone la domanda impersonalmente, senza rivolgersi a qualcuno in
particolare, senza attendere una risposta. Come sempre in Huchel il linguaggio
metaforico si fonde con la musicalità, la ritmicità del verso: quattro elementi grammaticali,
di cui tre monosillabici, tra i quali, attraverso l'alternanza di sillaba forte-sillaba debole, si
crea un gioco di fricative-dentali: "Ist es die Stunde" (i-e-i-u-e) che si snoda, soprattutto
per effetto degli articoli determinativi, da una dentale all'altra. Da notare anche la
concordanza di "von den Dächern" con "von den Blättern" e la consonanza tra "Blättern" e
"Schütteln". Il rapporto sonoro tra "Dächern" e "Blättern" istituisce anche associazioni di
significato extracontestuali: il primo vocabolo potrebbe alludere alla comunità umana, il
secondo alla natura. I tetti (la comunità umana) e le foglie (la natura) sfavillano per effetto
rispettivamente del riflesso dei raggi lunari e delle gocce di rugiada: è tempo di spegnere
quelle luci?. La domanda non esclude una possibile allusione al suicidio.
"Hinfällig" - l'incipit della seconda strofa - segue "schütteln", ultimo vocabolo della I strofa
ed entra con esso in una relazione di causa-effetto: scuotere per provocare una caduta.
L'aggettivo funge quindi da "trait d'union" tra la I e la II strofa e rende possibile la
similitudine "Hinfällig / wie der Staub (...) / ist mein Leben geworden". Rugiada viene fatta
cadere dalle foglie, polvere cade dai manoscritti ingialliti; la vita stessa dell'io lirico ("mein
Leben") pare destinata alla stessa sorte.
Tra la seconda e terza strofa si crea un enjambement semantico. "Nicht überschreite / die
Säulen des Hercules": L'io lirico sentenzia che la propria vita non deve superare
le
Colonne d'Ercole. Il passaggio dal ritmo anapestico dei due versi precedenti a quello
dattilico enfatizza il tono dell'io lirico, che l'ictus su "Nicht" rende ancor più perentorio,
quasi esso, presa coscienza della caducità della propria esistenza ed impotenza
nei
confronti della morte, volesse almeno affermarsi sulla vita indicandole un limite da non
181
superare. Tuttavia l'io lirico, pur definendo la vita "mein Leben", rivolgendosi ad essa con
un gesto di volizione estrema, non fa che sottolineare quanto esso le sia estraneo. La vita
e la morte sono entità autonome, l'io lirico assume nei loro confronti il ruolo di spettatore
che segue l'evolversi degli avvenimenti. Non vorrebbe vedere la vita, ormai divenuta
fragile, trascinarsi oltre un certo limite ("die Säulen des Hercules"), ma porre fine allo
spettacolo di notte e giorno che si alternanto in brillante ciclicità non è per lui cosa decisa.
La prima terzina culmina infatti nell'interrogativo.
Nel verso "Auf vergilbten Manuskripten" credo si possa cogliere un riferimento
autobiografico. La seconda strofa si oppone alla prima per l'assenza di colori "vitali".
Mentre nella prima abbiamo i giochi di luce di argento e rugiada, "vergilbt" evoca il tempo
irrimediabilmente trascorso. Il prefisso ver- esprime un processo di deteriorazione
irreversibile. "Staub" entra in relazione con "vergilbt" tramite la preposizione "auf": è un
rapporto mediato foneticamente dal dittongo au e dalla fricatica, che quasi trapassa da
"auf" a "vergilbten". E' inoltre rilevabile la consonanza di "vergilbten" (in cui la b, seguita
da dentale sorda, si desonorizza) e "Manuskripten".
La polvere viene qui definita "hinfällig", ma in realtà trionfa sulla vita (cfr. Das Grab des
Odysseus: "Mein ist alles, sagte der Staub").
"Der Tod, / der mürrische Maultiertreiber": antropomorfizzazione della morte, che assume i
connotati di un'arcigna guardiana di muli. Il mulo è animale noto per la sua caparbietà e
recalcitranza: può forse qui simboleggiare la vita non disposta a lasciarsi sopraffare senza
opporre resistenza. Il mulo tuttavia è anche animale adibito a lavori estenuanti, destinato
per tutta la vita a una condizione di assoggettamento. La sua testardaggine non lo
affranca dal proprio destino, così come la vita non si può affrancare dalla morte.
Tra la terza e la quarta strofa si attua un enjambement: "Ich sah ihn...": . La quarta strofa è
di ritmo giambico. La scena descritta dall'io lirico desta ribrezzo: i tafani, che evocano
l'infierire contro un corpo paziente e indifeso, ronzano attorno alla morte. Due versi da cui
182
emanano, benché sottaciuti, odori acri e penetranti ("am Stall"), di putredine ("Bremsen").
E' un'immagine che rimanda alla terza strofa di Chausseen299:
Tote,
Über die Gleise geschleudert,
Den erstickten Schrei
Wie einen Stein am Gaumen.
Ein schwarzes
Summendes Tuch aus Fliegen
Schloß ihre Wunden.
Morti,
scagliati oltre i binari,
il grido soffocato
come un sasso alla gola.
Un panno nero
ronzante di mosche
chiudeva le ferite.
Alle cupe sensazioni ottiche (è sera, vi sono nugoli di neri tafani) si associano
acusticamente il ronzio, espresso con l'onomatopea "(um)schwirren" e le sollecitazioni
olfattive, non esplicitamente menzionate.
Lapidariamente l'io lirico afferma che la morte "weiß den Weg": la guardiana sa dove
condurre i suoi muli.
"Bald deckt", l'avverbio di tempo che costituisce l'incipit della quinta strofa, esprime
l'imminenza del sopraggiungere del buio, che occulterà viti e sorgenti, simboli biblici di vita
e prosperità. La constatazione "er weiß den Weg" rende possibile il passaggio al tono
profetico degli ultimi versi. La profezia può essere intesa come risposta alla domanda
della prima strofa: non è necessario togliere l'argento dai tetti, ecc.; non è neppure il caso
di preoccuparsene: presto la nera ombra dei monti eliminerà da sé ogni traccia di luce e
vita. L'irrompere dell'oscurità allude alla tenebra che discese sulla terra all'ora nona,
riproponendo il riferimento al titolo della raccolta, già presente nel primo verso di Ein
Toscaner: "Ist es die Stunde?".
299 In Chausseen Chausseen; G.W. I, pag. 14; V. introduzione: "1945-1953: L'ottimismo postbellico: Das
Gesetz".
183
Rom
Roma
Vollendeter Sommer,
am äußersten Rand der Sonne
beginnt schon die Finsternis.
Lorbeerverwilderungen,
dahinter aus Disteln und Steinen
ein Versteck,
das sich der Stimme
verweigert.
Estate compiuta,
al limite estremo del sole
già principia l'oscurità.
Lauri inselvatichiti
e là dietro, di cardi e sassi,
un nascondiglio
che si nega
alla voce.
Transparenz
des Mittagslichtes,
Verse, die an nichts erinnern,
ein helles Wasser
berührt den Mund.
Trasparenza
della luce meridiana,
versi che non evocano nulla,
un'acqua chiara
sfiora la bocca.
Un facsimile della poesia manoscritta venne pubblicato in Peter Huchel: Unbewohnbar
die Trauer. Erker Presse, St.Gallen 1976.300 La poesia venne contemporaneamente edita
in "Jahresring 76/77" pag. 60.
Si compone di due strofe di lunghezza diseguale: rispettivamente di otto e cinque versi
ritmicamente liberi.
L'io lirico non emerge in primo piano ma resta celato dietro alla propria voce. L'incipit,
"Vollendeter Sommer", fornisce una cornice temporale alla poesia. Come già in Rückkehr,
che come Rom301 venne pubblicata per la prima volta in Unbewohnbar die Trauer, ed in
Östlicher Fluß, il tema centrale della poesia, introdotto dal primo verso, è quello del
passato irrimediabilmente trascorso. I tre versi iniziali si pongono in reciproca relazione di
opposizione attraverso il participio passato "vollendet", attributo di "Sommer" ed il verbo
"beginnt", relativo a "Finsternis", sostantivo antitetico a "Sonne". "Sommer" e "Sonne"
sono correlati sia da un punto di vista logico (in quanto entrambi i sostantivi rimandano
alla luce, completamente assente in "Finsternis"), sia fonico; presentano infatti la stessa
sequenza di fricativa apicoalveolare-doppia nasale-vocale e, sicché tra primo e secondo
verso si crea una rima per assonanza. L'ipèrbole "äußerster Rand" appiattisce la sfera
del sole sino a trasformarla in un disco.
300
In quella versione nel sesto verso della prima strofa compariva "ein dichtes Versteck".
Ricordo che, come già indicato nella parte introduttiva (v. Biografia), immediatamente dopo il proprio
trasferimento in Occidente Peter Huchel visse per alcuni mesi a Roma.
301
184
Il testo poetico ripropone il tema di un'altra poesia hucheliana, Unter der Wurzel der
Distel302; è soprattutto il quinto verso della prima strofa di Rom ad evocare l'incipit di
quella poesia. Tra le due liriche pare scorrere una sorta di parallelismo di immagini e
situazioni. Unter der Wurzel der Distel contiene un esplicito riferimento ad una lingua
ritrattasi in un terreno pietroso, sotto la radice dello spinoso cardo che la difende. Anche
in quella poesia l'estate è trascorsa: "Ausgeräumt ist aber / Der Sommer, / Verstrichen die
Frist." La natura appare irrigidita ("Es zittert das starre / Geäst der Metalle."), l'epoca
minacciosa ("Es stellen / Die Schatten im Unterholz / Ihr Fangnetz auf."). Ma anche in
un'epoca così ostile sopravvive la lingua del poeta. E' pur vero che si cela sotto la radice
del cardo, tuttavia "non è discosta" ("nicht abgewandt"). In altre parole: non si ritrae, se vi
ci si accosta. Su di un piano generale l'atmosfera evocata nella poesia è di totale
irrigidimento; la situazione in cui "die Sprache" deve divenire sotterranea e paludarsi di
spine, esprimersi attraverso il pungente fiore del cardo e sottrarsi alla rete tesa dalle
ombre in agguato può venire intesa anche in senso molto concreto come allusione alla
censura, alla repressione attuate da uno stato totalitario, a causa delle quali la lingua
poetica deve divenire un codice cifrato.
In Rom ricorre l'immagine analoga di cardi e pietre che formano un nascondiglio,
immagine che come in Unter der Wurzel der Distel potrebbe essere metafora di una
lingua costretta a celarsi trovando rifugio in una natura inselvatichita ed inospitale.
Tuttavia, mentre in Unter der Wurzel der Distel il linguaggio, pur dimorando sotto la radice
del cardo, era disponibile ("nicht abgewandt") a chi intedeva accostarvisi, in Rom si
ripiega su se stesso, offrendo un quadro di incomunicabilità totale verso l'esterno: "das
sich der Stimme / verweigert".
La seconda strofa crea una sorta di controcanto alla prima per la luminosità dello
scenario del meriggio, i giochi di luce ed acqua, l'atmosfera eterea: "Transparenz / des
Mittagslichtes"; "ein helles Wasser / berührt den Mund". Le "Lorbeerverwilderungen" del
quarto verso della I strofa evocano i "Lorbeerhaine des Nebels" di Aristeas I. Come già
302 "Unter der Wurzel der Distel / Wohnt nun die Sprache, / Nicht abgewandt, / Im steinigen Grund. / Ein
Riegel fürs Feuer / War sie immer. // Leg deine Hand / Auf diesen Felsen. / Es zittert das starre / Geäst der
Metalle. / Ausgeräumt ist aber / Der Sommer, / Verstrichen die Frist. // Es stellen / Die Schatten im
Unterholz / Ihr Fangnetz auf."; dalla raccolta Chausseen Chausseen (G.W. I, pag. 156).
185
indicato nell'analisi di quella poesia, la sacerdotessa dell'oracolo di Delfi, durante le sue
estasi profetiche masticava una foglia d'alloro, pianta consacrata ad Apollo303. Tra Rom e
Aristeas I paiono esistere momenti di tangenza: è il tema del passato da dimenticare, da
cancellare, che maggiormente avvicina Rom ad Aristeas I, i cui ultimi versi recitano: "(Die
Krähe strich ins winterliche Tor, / strich durch verhungertes Gesträuch. / Frost stäubte
auf.) / Und eine dürre Zunge sprach: / Hier ist das Vergangene ohne Schmerz.
La
volontà di incomunicabilità che scaturisce dal verso "das sich der Stimme / verweigert",
ove il verbo esprime il deliberato proposito di tacere, pare quasi dissolversi a contatto con
la "helles Wasser" che sfiora la bocca. Ad una latitudine meridionale304 l'io lirico può
concepire versi "die an nichts erinnern", quasi si abbeverasse alla Fonte dell'Oblìo305.
303
Ed a Giove nell'antica Roma.
"Mittagslicht", con il suo riferimento al mezzogiorno, rimanda appunto al meridione.
305 Lete ("l'Oblìo") era figlia di Eris (la Discordia) e, secondo una tradizione, madre delle Cariti (le Grazie,
cui si attribuiva ogni sorta di influenza sui lavori della mente e sulle opere d'arte). Aveva dato il suo nome a
una fonte, la Fonte dell'Oblìo, situata agli Inferi, e alla quale i morti bevevano per dimenticare la loro vita
terrena.
304
186
Die Rückkehr
Il ritorno
Die stumme Gesellschaft,
in Kähnen kam sie hierher,
noch einmal
den ungebrochenen Glanz des Wassers zu sehen,
die Gewißheit des Sommers,
die Hibiscusblüte in der Farbe der Mitra.
La muta società
giunse qui in barca
per assistere ancora una volta
allo splendore intatto dell'acqua,
alla certezza dell'estate,
al fiore d'ibisco color mitra
Wozu den Sommer beschwören?
Der nubische Steinbock
verließ die Berge,
der Teichrohrsänger flog fort.
Perché evocare l'estate?
Lo stambecco nubiano
lasciò i monti
volò via la cannaiola.
Ein Schilfblatt
trieb mit der Strömung vorbei.
Die Kähne versanken
im wäßrigen Schatten der Erlen.
Sospinta dalla corrente
una foglia di canna trascorse.
Le barche affondarono
nell'ombra acquosa degli ontani
Prima pubblicazione: (facsimile del manoscritto) in Peter Huchel:
Unbewohnbar die
Trauer. Erker Presse, St.Gallen 1976. Contemporanea pubblicazione in Jahresring 76/77,
pag. 62. Il 26.5.1975 Peter Huchel aveva inviato al curatore, Hans Bender, un copia
dattiloscritta306.
3 strofe: 6 / 4 / 4 versi, di ritmo variabile: anfibrachico, giambico, dattilico, anapestico.
Frequenti sono le allitterazioni: k: "Kähnen kam"; h: "hierher"; f: "flog fort" e le fricative
palatali sch: "stumme Gesellschaft", "nubischer Steinbock". Nella
prima strofa si
susseguono numerore fricative-affricate apico-alveolari: "Glanz des Wassers zu sehen",
"Gewißheit des Sommers", "Hibiscusblüte".
Il titolo della poesia rimanda al tema dell'impossibile recupero del passato, già affrontato,
tra l'altro, in Östlicher Fluß e Brandenburg, appartenenti alla stessa raccolta.
Due parole-chiave collegano Die Rückkehr ad Östlicher Fluß: "Kahn" ("in Kähnen kam sie
hierher", con doppia allitterazione di k e h ) e quindi la presenza di un corso d'acqua
("trieb mit der Strömung vorbei") e "Sommer", stagione con la quale viene identificato il
passato. Non possono sussistere dubbi sul fatto che si tratti di un mancato ritorno ad un
tempo ormai perduto, che assume qui il carattere di ricerca collettiva ("Die stumme
306
Cfr. anche Östlicher Fluß (pubblicata nel 1974), che in una precedente redazione reca il titolo Rückkehr.
187
Gesellschaft"); il primo verso della II strofa infatti, attraverso una domanda, va
direttamente al cuore della questione e pone in dubbio lo scopo stesso del tentativo di
evocazione: "Wozu den Sommer beschwören"?.
Le tre strofe segnano tre momenti colti da un io lirico che, pur facendo udire la propria
voce, non emerge con diretti riferimenti a se stesso. Ma due avverbi, di cui uno di luogo
("hierher") ed uno di tempo ("noch einmal") permettono di collocare lo scenario entro
determinate coordinate spazio-temporali, indefinite quanto si vuole, ma sufficienti per
poter affermare che l'io lirico, almeno idealmente, si trova nel luogo in cui avviene la
rievocazione. Inoltre proprio quella domanda, che è il cuore stesso della poesia, pare
rivolta dall'io lirico a se stesso, ed in un certo senso ne esprime lo scetticismo, o meglio,
la coscienza dell'inutilità della "riesumazione" di un'estate ormai irrimediabilmente
trascorsa307.
La prima strofa introduce immediatamente la protagonista della scena: "Die stumme
Gesellschaft", e le motivazioni che la spingono a darsi convegno giungendo "hierher". La
folla di persone che si incontra su imbarcazioni ricorda immagini pittoriche del Settecento
europeo. Considerato che la barca, figura che ricorre in molte poesie hucheliane308, è il
mezzo con cui si attraversa il fiume, linea di confine tra due realtà (presente-passato; vivimorti; RDT-RFT), immagino che la "stumme Gesellschaft" si componga di defunti309
("stumm"), che, con un itinerario a ritroso, tornano a vedere, "noch einmal / den
ungebrochenen Glanz des Wassers / die Gewißheit des Sommers, / die Hibiscusblüte in
der Farbe der Mitra". Quest'ultimo verso, con il riferimento alla mitra, conferisce alla
scena il carattere di una celebrazione rituale.
307
Cfr. Rom: "Vollendeter Sommer, / am äußersten Rand der Sonne / beginnt schon die Finsternis".
Thrakien; Östlicher Fluß; Die Rückkehr; Undine, Aristeas II.
309 Il mutismo, o comunque la silenziosità della "Gesellschaft" potrebbe forse essere interpretata come
manifestazione di una perdita di identità. Se il il fiume evoca la divisione della Germania, ecco che allora la
"società" smembrata perde metaforicamente la facoltà del linguaggio e quindi la possibilità di comunicare a
causa dello sdoppiamento della realtà in due entità distinte, senza punti di riferimento comuni. Forse si
potrebbe vedere nella "stumme Gesellschaft" il riflesso della mancanza di libertà di espressione in uno stato
autoritario, che costringe gli intellettuali al silenzio.
308
188
L'avverbio "noch einmal" può sottintendere un'ultima volta; in ogni caso i fenomeni cui i
silenziosi convenuti intendono assistere si sono già verificati in precedenza, quindi nel
passato. Cercherò di analizzarli brevemente:
"den ungebrochenen Glanz des Wassers": rimanda a una realtà incorrotta, incontaminata,
integra. Sempre ricordando il confine fluviale tra le due Germanie, "ungebrochen"
alluderebbe all'epoca in cui il corso d'acqua non era "fratturato". In realtà, nel verso in
questione, l'elemento intatto è lo splendore, non l'acqua in sé, quasi la lucentezza fosse
una brillante, intatta, lamina di luce che ricopre uniformemente l'acqua. Un'immagine
poetica veramente pregnante, che simboleggia una condizione irrealizzabile, in quanto il
movimento delle acque comunque impedisce che la luce venga riflessa uniformemente.
"die Gewißheit des Sommers": ovvero "la certezza del passato"
"die Hibiscusblüte in der Farbe der Mitra": sinonimo di "Hibiscus" è "Stundenblume", fiore
che - come indica il nome stesso - ha una vita effimera e fiorisce d'estate.
I tre versi sono quindi l'enumerazione di fenomeni che non possono ripetersi o verificarsi.
L'articolo determinativo anteposto a "Hibiscusblüte" indica che non si tratta di un qualsiasi
fiore di ibisco, ma proprio di quello che è già sfiorito nello spazio di un'ora. Come farlo
rifiorire? Come si può vedere, percepire, un sostantivo astratto come "die Gewißheit des
Sommers" ? Dell' "ungebrochenen Glanz" ho già detto.
La seconda strofa introduce il dubbio sull'opportunità, soprattutto sullo scopo di evocare
l'estate: "Wozu den Sommer beschwören?". I tre versi seguenti costituiscono la
sconsolata risposta. Non viene espressamente indicata l'assurdita, l'inutilità del rito,
tuttavia essi suggeriscono che l'assenza dello stambecco e della cannaiola renderanno
vano ogni tentativo di ripristinare una "parvenza" di estate. In particolare, la cannaiola
("Teichrohrsänger") si segnala, con il richiamo sia allo stagno ("Teich") che alle canne
("Rohr"), come uccello tipico della marca brandeburghese e quindi del paesaggio delle
prime liriche hucheliane310.
310
Der Knabenteich, ecc.
189
Ma forse l'esotico "Der nubische Steinbock" crea un effetto di straniamento ancor
superiore a quello dell'altrettanto esotico fiore di ibisco311. Lo stambecco312 è un animale
affine alla capra ("Bock", "capro") e dimora in luoghi montani rocciosi ("Stein"), pare
quindi fuori luogo, nell'ambiente acquatico della poesia. Sull'importanza che la figura
della pietra assume nella poesia hucheliana è già stato riferito ripetutamente313. E nella
parte introduttiva ho accennato all'ariete (anch'esso affine alla capra), tramite il quale
Huchel si riferisce al segno zodiacale sotto cui nacque314. Tutto ciò considerato, è lecito
supporre che nel verso "Der nubische Steinbock / verließ die Berge," Huchel abbia alluso
a sé e al suo espatrio. Ma anche in "Teichrohrsänger" si avverte un richiamo analogo.
Infatti questo vocabolo può venire scomposto in "cantore di stagni e canne(ti)", con
evidente riferimento a Huchel "Naturlyriker". Gli animali hanno abbandonato il loro habitat
naturale, segno che ormai non è più possibile dimorarvi né farvi ritorno: perché evocare il
passato? In altre parole: quel luogo, la Germania Orientale, quei tempi, non saranno mai
più gli stessi, se poeti ed intellettuali sono dovuti emigrare.
La terza strofa rappresenta l'epilogo alla scena svoltasi nella prima. E' come se si
tornasse ad uno "status quo ante": la corrente del tempo porta via con sé una foglia di
canna; le barche sprofondano nel mondo delle ombre. Gli ultimi due versi evocano l'ultima
strofa di Brandenburg: "Im Wasserschierling / versunken / die preußische Kalesche".
Anche quella poesia evoca un passato ormai perduto per sempre. In particolare, come già
rilevato nell'analisi di quella poesia, "versanken" è fuorviante: come là il calesse non
sprofonda nell'acqua, ma nella cicuta acquatica, qui le barche non scompaiono
nell'acqua, come sarebbe logico, ma "im wäßrigen Schatten der Erlen". Huchel pare
avere concluso le due poesie con immagini parallele. Forse il tema comune della
rivisitazione, del ritorno al passato (cfr. il titolo della presente lirica, Die Rückkehr e
311
La Nubia è una regione dell'Africa nord-orientale.
Capra Ibex.
313 Cfr. Thrakien, Östlicher Fluß, In Bud, ecc.
314 Cfr. Der Ammoniter; Abschied von den Hirten.
312
190
Brandeburg, che chiaramente rimanda alla marca dove Huchel trascorse l'infanzia e parte
della vita matura) induce alla scelta degli stessi mezzi stilistici315.
315
Per entrambe le poesie la prima pubblicazione avvenne in: Peter Huchel: Unbewohnbar die Trauer.
Erker Presse, St.Gallen 1976.
191
NICHTS zu berichten.
Das Einhorn ging fort
und ruht im Gedächtnis der Wälder,
NULLA da riferire.
in den Kammern des Mohns,
wenn die Äbtissin Sonne und Mond
den Toten gibt.
nei forzieri dell'oppio,
quando la badessa offre ai defunti
sole e luna.
Der Herbst lichtet sich,
verliert sein Gedächtnis
in der Blutspur der Buche.
L'autunno si dirada316,
smarrisce la sua memoria
nell'orma sanguigna del faggio.
Was bleibt, ist nicht mehr
als der schwarze Draht in der Luft,
der zwei Stimmen vereinigt.
Cosa resta non è più
del cavo nero nell'aria
che congiunge due voci.
In der weißen Abtei des Winters
ein lautloser Flügelschlag.
Im Namen dessen bis ans Ende der Tage.
Nella bianca abbazia dell'inverno
un silenzioso battito d'ali.
Nel nome del quale sino alla fine dei giorni.
L'unicorno è scomparso
e riposa nella memoria dei boschi,
La poesia venne pubblicata per la prima volta (facsimile del manoscritto) in Peter Huchel:
Unbewohnbar die Trauer. Erker Presse, St.Gallen 1976.317
Si compone di cinque strofe, di cui le prime quattro sono terzine, l'ultima una quartina.
Funge da titolo il primo vocabolo del primo verso, stampato a caratteri maiuscoli,
NICHTS. L'enunciato dell'incipit viene immediatamente contraddetto dai versi seguenti,
che annunciano la scomparsa di un animale, l'unicorno. La contraddizione viene
segnalata anche a livello ritmico e si riflette nell'assoluta specularità del secondo verso
rispetto al primo (un adonio:
 ∪ ∪  ∪),
l'unico in tutta la poesia che rechi l'ictus sulla
prima sillaba. La struttura ritmica del secondo verso, di tipo giambico-anapestico (∪ ∪ ∪
),
viene ripresa in quasi tutti i versi successivi.
Simboleggiando l'unicorno la forza e la purezza318, si potrebbe cogliere nella sua
immagine un riflesso dell'integrità morale del poeta, del suo rifiuto di facili compromessi.
315 "Sich
lichten" significa inoltre "rischiararsi".
Insieme a: Die Rückkehr; Ein Toscaner; Brandenburg; Aristeas II; Rom.
318 L'unicorno, nella simbologia antica e medievale, è un animale favoloso, generalmente rappresentato
come cervo bianco con criniera di cavallo e un corno a spirale sulla fronte. Gli scritti dello storico greco
Ctesia (ca. 400 a.C.) prospettano la possibile origine della leggenda; egli narra di un animale selvaggio con
un corno dalle proprietà terapeutiche, fatto che risale probabilmente a descrizioni male interpretate del
rinoceronte indiano.
L'unicorno è anche simbolo di purezza e di forza: miniature e arazzi medievali illustrano che può essere
catturato solo con l'aiuto di una vergine.
317
192
Il verbo che Huchel sceglie per esprimere la sparizione dell'unicorno è il preterito "ging
fort", letteralmente "andò via", un verbo di movimento che potrebbe indicare la migrazione
dell'animale verso un altro territorio. Tuttavia la congiunzione con cui inizia il terzo verso,
e che paratatticamente lo coordina al secondo, introduce un verbo, al presente: "ging fort
/ und ruht". Il contrasto tra i due verbi è marcato, non solo per la differenza di tempo, ma
anche perché il primo esprime dinamismo, il secondo staticità assoluta, che rimanda al
riposo eterno nella natura, anzi, nella memoria dei boschi: "und ruht im Gedächtnis der
Wälder". "Ging fort", l'unico verbo preterito nella poesia, correlato a "ruht" indica che la
partenza dell'unicorno è senza ritorno.
E', quella dei boschi, una memoria collettiva che si perpetua in un ciclo continuo di
nascita, crescita, morte e rinascita. Considerata la vita media di un qualsiasi albero, la
foresta, composta da una moltitudine di alberi, assume un carattere di eternità che il
plurale "Wälder" amplifica ulteriormente. La prima strofa potrebbe essere metafora
dell'impossibilità di ritrovare la propria identità se non nella morte e nell'ingresso in un
ciclo naturale di cui la vita è pur comunque parte.
La seconda strofa è in enjambement sintattico con la prima per coordinazione asindetica.
L'unicorno riposa nella memoria dei boschi e "in den Kammern des Mohns", nei "forzieri
dell'oppio", espressione che evoca il sonno319 e l'oblìo (e quindi si oppone
concettualmente alla "memoria"), pur rimandando, come "ruht", alla morte. Il vocabolo
"Kammer" potrebbe sottintendere sia quella parte del fiore che contiene i semi oppiacei,
sia luoghi o recipienti in cui si conserva il papavero, fiore estivo. Questa constatazione
pone in rilievo l'ambiguità del verso, interpretabile sia come allusione al sonno eterno, sia
all'estate320. In questo "enjambement" di immagini tra due strofe in sequenza ("und ruht
im Gedächtnis der Wälder, // in den Kammern des Mohns") si potrebbe forse cogliere un
319 Nella mitologia greca personificazione del sonno è Hypnos, figlio della notte (in greco Nyx) e fratello
della morte (in greco Thanatos). Nelle arti figurative viene rappresentato come un giovane che porta fiori di
papavero nei capelli ed un piccolo corno in mano. La definizione della figura simbolica di Hypnos oscilla fra
"sonno" e "sogno".
320 In tal caso, i "Kammer des Mohns" conserverebbero la memoria dell'estate. Ricordo qui che in alcune
poesie della raccolta Die neunte Stunde (cfr. Östlicher Fluß; Die Rückkehr) l'estate è metafora di un passato
ormai remoto ed irrecuperabile.
193
riflesso del titolo del ciclo poetico Mohn und Gedächtnis di Paul Celan (ipotesi che
dovrebbe venire adeguatamente indagata).
La seconda strofa accenna ad un rito esoterico: "die Äbtissin" è una figura dai tratti di
sacerdotessa, che offre ai defunti sole e luna (un binomio ossimorico dietro al quale si
celano principi opposti quali giorno e notte, vita e morte, caldo e freddo). Come rivela la
congiunzione "wenn", il riposo dell'unicorno pare enigmaticamente condizionato dalle
offerte della "Äbtissin", alla quale si ricollega il primo verso dell'ultima strofa, "In der
weißen Abtei des Winters".
Il riferimento alla memoria ed al faggio pone in relazione la prima e la terza strofa; in
quest'ultima però la memoria dell'autunno si perde con il fogliame; l'immagine della
"Blutspur der Buche" è pregnante sia da un punto di vista fonico (allitterazione e doppia
sequenza vocalica u-e), sia per la violenza del colore che il metaforico dissanguamento
del faggio introduce nella poesia, sia inoltre per l'impressione che nasce dalla
trasformazione di un concetto astratto come la memoria in uno concreto come il sangue.
Ma la seconda strofa offre ulteriori suggestioni: se si considera che la stagione autunnale
potrebbe essere allusiva della vita umana che si avvia al termine, e che il vocabolo
"Buch" (intendo "libro") deriva dal protogermanico bokiz, che designava il legno di faggio
dal quale si ricavavano assicelle su cui scrivere, parrebbe quasi che libri siano l'eredità
che la memoria di un uomo (il poeta) si lascia alle spalle.
L'incipit della quarta strofa, "Was bleibt, ist nicht mehr" ("Cosa resta non è più") è in se'
paradossale, contraddittorio quanto "Nichts zu berichten". Tuttavia l'enjambement con il
secondo verso chiarisce ciò che resta della trasfigurazione dell'autunno: un cavo
telefonico. E' un elemento prosaico in un'atmosfera quasi metafisica, così come prosaica
è la dichiarazione "Nichts zu berichten", tratta dal registro militare che contrasta
decisamente con quello poetico. L'aria nella quale il cavo è sospeso non lo rende meno
incorporeo. Astratte sono invece le due voci che esso unisce, due entità di cui viene
illuminata soprattutto la natura di fenomeno acustico ("der zwei Stimmen vereinigt"). Il
194
cavo favorisce forse un incontro di onde sonore, ma una vera e propria comunicazione
non ha luogo, perché come già premesso dall'incipit, vi è "Nichts zu berichten".
L'unica voce percepibile nella poesia è quella di un io lirico celato dietro ad immagini
poetiche che, confrontate con l'estrema concretezza della quotidianità, divengono
irriferibili, incomunicabili. Si può immaginare che la voce dell'io lirico vaghi attraverso
l'alternarsi delle stagioni, che le due voci menzionate appartengano a VOPOS di diverse
e solitarie postazioni di frontiera tra le due Germanie, eremiti nella "weiße Abtei des
Winters". In questo scenario surreale emerge, nella quarta strofa, un nuovo ossìmoro, in
cui "lautlos" si oppone
a "Schlag". Le ali sono un attributo del dio Chronos; nella
desolazione del confine, il tempo scorre impercettibile, autoperpetuandosi ("im Namen
dessen"), silenziosamente scandito "bis ans Ende der Tage" - come profetizza l'io lirico.
195
Im Kun-lun-Gebirge
Nei monti del Kun-lun
Steig nicht hinauf
ins öde Kun-lun-Gebirge.
Du zahlst an den Pässen
den Geistern Tribut.
Non salire
sui desolati monti del Kun-lun.
Ai passi pagherai
tributo agli spiriti.
Schneemassen verfinstern den Himmel.
Über den Eschen
fliegt ein Falke im Aufwind und schreit.
Er rüttelt und stürzt in die Dunkelheit,
wo die zerspellte Fichte
lautlos im Schnee versinkt.
Masse nevose ottenebrano il cielo.
Oltre i frassini
un falco grida volando su nel vento.
Librandosi si tuffa nell'oscurità
ove l'abete scheggiato
silenzioso affonda nella neve.
Vier Tage unterwegs auf steilem Pfad,
Quattro giorni in cammino su un sentiero scosceso
der zwischen Felsen und trocknen Tamarisken che tra rocce e tamerici inaridite
sich hochzieht im Kun-lun-Gebirge.
si inerpica sui monti del Kun-lun.
Schneenarben an den Felsen,
Schriftzeichen, nicht zu entziffern.
Cicatrici di neve sulle rocce,
segni di scrittura, indecifrabili.
Und immer die dünne harsche Musik,
die finster das Ohr besetzt.
E sempre l'acuta gelida musica
che cupa invade l'orecchio.
Und nirgends am Weg die elendste Hütte
aus rohen Fichtenstämmen,
wo man auf nacktem Stroh
sein Haupt betten kann.
E per strada neppure la più misera capanna
di grezzi tronchi di abete,
ove, sulla nuda paglia,
si possa adagiare il capo.
Ich irrte umher in schneegreller Nacht
und schlief im grauen Felsenschutt
vor einem Abgrund ein.
Andai vagando nella notte abbagliante di neve
e mi assopii nel grigio pietrisco tra le rocce,
innanzi ad un baratro.
In kalter Frühe,
in weißer leuchtender Schneeluft
stieg ich in ein Tal hinab
und folgte der Spur eines Fuchses.
Nel freddo mattino
nella candida splendente aria di neve
discesi in una valle
e seguii le tracce di una volpe.
Sie führte zu einem alten Maulbeerbaum
mit einem dünnen Riß in der Rinde.
Conducevano ad un vecchio gelso
con una sottile fenditura nella corteccia.
Ich öffnete die Rindentür
und stieg in den Baum.
Die Tür fiel raschelnd zu.
Apersi il varco di scorza
e mi calai nell'albero.
La porta si chiuse frusciando.
Unbeweglich saß ich in der Höhle.
Immobile sedevo nella cavità.
Geister, aus der Materie des wehenden Schnees Spiriti, della materia del soffio di neve
besuchten mich nachts
di notte mi visitavano
mit Gonggetöse und Trommellärm.
con fragore di gong e chiasso di tamburi.
Ich schluckte Wind und Tau
und wagte kaum zu atmen.
Inghiottivo vento e rugiada
ed osavo appena respirare.
196
Oder sie raunten magische Sprüche,
sie rührten mich an,
ich spürte sie, wir saßen Knie an Knie.
Ich lebte in dunkler Ungewißheit.
Oppure sussurravano formule magiche,
mi tastavano,
li avvertivo, sedevamo gomito a gomito.
Vivevo in oscura incertezza.
Manchmal wähnte ich nachts eine Horde
schneepflückender Wesen zu sehen.
Ich griff in die Luft und fing die Kälte.
Talvolta di notte credevo di vedere un'orda
di esseri che raccoglievano neve.
Allungavo la mano nell'aria ed afferravo il freddo.
Hier im hohlen Leib des Baums
überlebte ich die zähe
verzögerte Kälte des Frühjahrs,
Qui, nel corpo cavo dell'albero
sopravvissi al protrarsi
del gelo ostinato di primavera,
hörte nachts die dünne Geistermusik
und fand am Morgen einen Vorrat
von harten Kernen verdichteten Lebens.
di notte udivo l'acuta musica di spiriti
e la mattina rinvenivo una provvista
di duri noccioli di vita rappresa.
Ich schloß die Augen, meditierte,
sah durch die Rinde die Welt
und fühlte mich schuldig.
Chiudevo gli occhi, meditavo,
attraverso la corteccia scorgevo il mondo
e mi sentivo in colpa.
Ich schloß die Augen
und sah die hellfarbenen Pflugochsen
über die Frühlingsfelder schreiten.
Chiudevo gli occhi
e vedevo i chiari buoi al giogo
avanzare sui campi primaverili.
Ich hörte das dumpfe Brüllen und schüttelte
den nassen Lehm aus den Haaren.
Udivo il sordo muggito e scuotevo
l'argilla umida dai capelli.
Ich schloß die Augen
und sah die Tochter des Salzhändlers
mit silberner Sichel
das Laub vom Maulbeerbaum schneiden.
Chiusi gli occhi
e vidi la figlia del mercante di sale
con falce argentea
sfrondare il gelso.
Sie trug im Korb
das Seidenraupenfutter in die Kammer.
Nel cesto recava
in serbo il nutrimento per i bachi.
Ich schloß die Augen,
es kamen zwei Knechte,
sie legten die Säge an den Baum
und töteten mich.
Chiusi gli occhi,
vennero due servi,
presero a segare l'albero
e mi uccisero.
Prima pubblicazione: 1979 nella raccolta Die neunte Stunde. E' la poesia più lunga della
raccolta: 22 strofe di 2-3-4 versi, di ritmo prevalentemente giambico-anapestico.
Il Kun-lun è un massiccio montuoso che sorge nella Cina centrale. Nell'antica Cina veniva
considerato montagna sacra e lo si riteneva strutturato in nove diversi livelli. Il nove,
nell'antica Cina, rivestiva particolare importanza321; nove è anche il numero che ricorre nel
titolo della raccolta hucheliana cui appartiene questa poesia.
321 Nove erano, ad esempio, le cerimonie fondamentali: iniziazione maschile, matrimonio, funerale,
udienza, ambasceria, orgia rituale, sacrificio, ospitalità e riti militari.
197
I strofa
"Steig nicht hinauf": come già in altre poesie hucheliane, nell'incipit una voce ammonisce
con tono vagamente biblico322. E' forse un invito a non misurarsi con forze superiori, a
rimanere nei limiti dell'umano?323 L'io lirico si rivolge ad un "du" non meglio precisato, ma
già nella II strofa inizia a descrivere lo scenario montano, per poi passare ad un monologo
in prima persona (strofa VII: "Ich irrte umher....").
II strofa
La seconda strofa si apre con uno scenario tipicamente hucheliano,
tratteggiato con
un'alta densità di sostantivi ["Schneemassen", "Himmel", "Eschen", "Falke", "Aufwind",
"Dunkelheit" (per effetto di "verfinstern"), "Fichte"] e verbi ("verfinstern", "fliegt", "schreit",
"rüttelt", "stürzt", "versinkt"); un solo aggettivo, "zerspellt" ed un solo avverbio, "lautlos"
(che si oppone semanticamente a "schreit").
Il soggetto più attivo è il falco, mentre gli alberi, soprattutto la "Fichte", pare una figura
perdente: è "zerspellt" (vocabolo che l'affricata iniziale rende ancor più plastico), affonda
nella neve senza neppure emettere un suono. L'uccello vola sui frassini (allitterazione
"fliegt ein Falke", intensificata dalla fricativa sorda di "Aufwind"), con movimento
ascendente, aiutato anche dall' "Aufwind"; grida, si libra, si tuffa nel buio (movimento
discendente)324.
322
Cfr. il divieto di salire sul Sinai e l'ordine impartito a Mosè dal Signore: "Fisserai per il popolo un limite
tutto attorno, dicendo: guardatevi dal salire sul monte e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte
sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: verrà lapidato o colpito dalle frecce.
Animale o uomo non dovrà sopravvivere. Quando suonerà il corno (shofar), allora soltanto essi potranno
salire sul monte." (Esodo, 19, 12-13).
323 La montagna è un simbolo della vicinanza alla divinità diffuso in tutto il mondo. Elevandosi al di sopra
dell'umanità la montagna è più vicina al cielo del territorio circostante, e per questo ritenuta dimora della
divinità. Le cime dei monti si presentano come simboli dell'elevazione al di sopra del piano della
quotidianità.
324 Il falco è un uccello rapace dall'alto valore simbolico. Ancor oggi, specie in Oriente,viene addestrato ed
utilizzato per catturare in volo o in corsa altri uccelli o piccoli animali selvatici. Nella mitologia germanica, il
dio Odino aveva la facoltà magica di volare al di sopra della Terra in forma di falco. Nei bestiari medievali il
falco viene interpretato in modo assolutamente negativo. In tempi più recenti il falco è stato scelto come
emblema di una politica estera aggressiva, in contrapposizione al partito delle colombe, divenute il simbolo
del movimento per la pace.
198
III strofa
"Vier": il numero quattro, come il nove, nell'antica Cina aveva particolare significato.
Immagine di faticoso cammino in una natura dura, arida, solitaria. L'allusione al tempo
trascorso ("vier Tage") introduce un parametro umano in una natura senza tempo. In ogni
caso l'io lirico, pur a fatica, si muove verso l'alto, in contrasto con l'ammonizione della I
strofa.
Le tamerici (allitterazione: "trockenen Tamarisken") evocano climi più meridionali, come
d'altronde la "Fichte" della strofa precedente rimanda ad un paesaggio più nordico. "Kunlun-Gebirge" è un concentrato di consonanze. Mi chiedo se ci sia un motivo particolare
per cui, oltre che nel titolo e nella prima strofa, il nome del massiccio venga ripetuto anche
nella terza, quasi l'io lirico volesse ulteriormente ribadire le coordinate entro cui si muove.
La sacralità accosta il Kun-lun idealmente ad un altro monte, sacro ai pagani: il Brocken,
nello Harz, ovvero nella patria di Huchel. Ed al tema del viandante ed all'ascesa al
Brocken si ricollega l'inno goethiano Harzreise im Winter. E' forse possibile che Huchel
volesse in realtà alludere alla propria persona o comunque ad una condizione esistenziale
familiare, fornendo come sfondo all'io lirico l'antica Cina.325
IV strofa
"Schneenarben an den Felsen": come se qualcosa di lieve ed effimero come la neve
potesse scalfire la dura consistenza della roccia eterna.
Notare la sequenza vocalica quasi speculare: e-e-a-e-a-e-e-e.
"Schriftzeichen, nicht zu entziffern": data la presenza della tripla sequenza dentale
sorda+affricata sorda, acusticamente il verso risulta piuttosto aspro e tagliente. Viene
nuovamente introdotto il tema del segno, già più volte affrontato altrove. I caratteri scritti
sulle rocce introducono tacitamente presenza umana nella presente poesia. Uomini
tracciarono quei segni, la cui indecifrabilità è anche "cifra" di incomunicabilità (cfr. In Bud,
325 Non sarebbe la prima volta, che Huchel adotta questo stratagemma: cfr. Pe-Lo-Thien (da Gezählte
Tage, G.W. I, pag. 219), dal nome del lirico cinese meglio conosciuto come Po-Kü-i (772-846) che visse sei
anni in esilio oltre la Muraglia Cinese.
199
ove l'io lirico decifra senza fatica le scritte del mare, ovvero della natura, così come, nella
VIII strofa di Im Kun-Lun-Gebirge distingue facilmente le orme di una volpe).
Si possono accostare i due versi, "Schneenarben" a "Schriftzeichen"? Prescindendo dalla
fricativa iniziale, i due vocaboli hanno in comune il fatto di essere tracciati sulla roccia. La
"Narbe" è l'indelebile conseguenza di una ferita. Il segno sulla roccia, la cicatrice, hanno
in comune la permanenza nel tempo.
V strofa
"immer": l'avverbio indica continuità, permanenza di uno stato, di una situazione nel
tempo. Si può quindi connettere a "Schneenarben" e "Schriftzeichen". Come nella strofa
precedente, la sintassi dei versi è ellittica.
Dall'attribuzione degli aggettivi "harsch" e
"finster" a "Musik" nascono due sinestesie: "(...) die dünne, harsche Musik, / die finster das
Ohr besetzt". Il primo aggettivo evoca sensazioni tattili, il secondo visive, che entrano in
relazione a "Musik", che implica una percezione acustica ("das Ohr besetzt). Notare
l'invasività di "besetzt". E' una musica misteriosa, chi la produce? Il vento tra le rocce? E' il
suono della "Öde"?
VI strofa:
Incipit nuovamente formato da preposizione + avverbio, questa volta di luogo. E' un
avverbio che si connota "per assenza": "in nessun luogo", mentre "immer" indica presenza
costante. Sulla strada non vi sono neppure capanne di miseri tronchi di abete. E' un luogo
completamente disabitato, inospitale. Il sentiero tra i monti, i segni sulle rocce, implicano
però che esseri umani vi siano passati.
VII strofa:
L'io lirico si è espresso sinora impersonalmente, facendo udire la sua voce ma senza
diretti riferimenti a se stesso. In realtà quella voce può anche essergli estranea. L'uso del
presente, l'avverbio "immer", rendono immutabili lo scenario, la situazione descritti nelle
prime sei strofe, facendo di esse una sezione a sé della poesia.
200
Con l'incipit della VII strofa l'io lirico si manifesta apertamente, assumendo un tono più
personale, intimistico ed adottando il preterito.
"schneegreller Nacht": è un ossìmoro che contrasta con la visione offertaci nella II strofa,
in cui le masse di neve ottenebravano il cielo; "ich irrte umher", indicando un movimento
disordinato in più direzioni, esprime il senso di smarrimento dell'io lirico. Allitterazione di
"Ich" con "irrte".
"vor einem Abgrund" è un'immagine di pericolo incombente, che tuttavia non impedisce
all'io lirico di addormentarsi.
Si affrontano diverse intensità di colore: "schneegrell" - "grau" - "Abgrund". In realtà
quest'ultimo vocabolo non è un sostantivo, ma come non immaginare nero un baratro che
si apre nella notte? Sicché, dal bianco accecante della neve al nero del baratro (cupo
anche per effetto della u) si crea una sorta di climax. Il reiterarsi in ogni verso della velare
sonora g, seguita dalla r, (che in tedesco ha articolazione dorso-uvulare, molto dura per la
sensibilità acustica italiana), conferisce estrema asprezza alla strofa.
VIII strofa:
L'io lirico inizia una discesa a valle: "stieg ich hinab" (opposto a "steig nicht hinauf" della
prima strofa, quasi l'io lirico si decidesse infine a rispettare quel monito). E' in atto un
cambiamento di tono che sdrammatizza lo scenario: il mattino, opposto alla notte, è
freddo, ma l'aria, benché posta in relazione alla neve326, non è fosca o crudamente
abbagliante, ma iperbolicamente "weiß und leuchtend", quasi illuminasse il cammino.
L'ipèrbole si fonde con un ipàllage, in quanto i due aggettivi sono da attribuirsi alla neve,
non all'aria.
"Schneeluft" è un vocabolo composto da due sostantivi appartententi allo stesso campo
semantico. La neve, in questa poesia, entra in molti composti:
"Schneemassen" (II strofa); "Schneenarben" (IV strofa); "schneegrell" (VII strofa);
"Schneeluft" (VIII strofa); "schneepflückend" (XIV strofa). "Schneeluft" è in antitesi con le
compatte ed opprimenti "Schneemassen".
326
Elemento, come già ripetutamente sottolineato, di valenza negativa nella poesia hucheliana.
201
Da un movimento in direzione vaga ("umher") si passa ad una direzione definita: "hinab".
Dopo aver affermato di essersi assopito innanzi al baratro, l'io lirico non dice una parola
per chiarire la natura dell' "Abgrund", forse frutto di un'allucinazione presaga di morte, e
passa a descrivere la discesa a valle.
Il terzo e quarto verso spiccano per le loro marcate sequenze vocaliche: i-i-i-ai-a-i-a-i-a /
u-o-e-e-u-ai-e-u-e-; "folgte" allittera con "Fuchses".
L'io lirico segue la traccia di una volpe, animale che Huchel cita in un'altra poesia della
raccolta Die neunte Stunde, Blick aus dem Winterfenster, definendola "Wahrsager des
Waldes". Questo appellativo sarebbe giustificato anche nella presente poesia, perché
infatti la volpe indica all'io lirico l'albero di gelso in cui esso troverà dapprima rifugio, infine
la morte.
IX strofa:
"Sie führte zu einem alten Maulbeerbaum / mit einem dünnen Riß in der Rinde."
Con "führte" prosegue l'allitterazione iniziata nella strofa precedente; i due versi sono
estremamente musicali: sequenze di m; un solo vocabolo, "Maulbeerbaum", rende
possibile l'allitterazione di b: "(Maul)beerbaum" e di m: "Maulbeerbaum mit"; inoltre
racchiude il doppio dittongo au ed è a sua volta racchiuso tra due m; nel secondo verso
non solo allitterano "Riß" e "Rinde", ma vi è un alternarsi di dentali e nasali (raddoppio di
"einem") e una certa regolarità nella distribuzione vocalica, già rilevata nel primo verso:
i-ü-e-u-ai-a-e-au-e-au / i-ai-e-ü-e-i-i-e-i-e.
X strofa:
La fenditura si rivela un varco attraverso il quale l'io lirico penetra nell'albero. Ha
finalmente trovato un rifugio - è la natura ad offrirglielo, in particolare un gelso327.
L'immagine dell'albero che custodisce qualcosa al suo interno è un topos frequente in
Huchel: (cfr. Die Gaukler sind fort328; Östlicher Fluß329). Come nelle strofe precedenti,
327
Il gelso nell'antica Cina era considerato un albero sacro; nell'antica Roma la mora del gelso era
consacrata alla dea della sapienza, Minerva.
328 "In morscher Kammer des Baums / schlafen die Fledermäuse".
202
prevale il ritmo giambico-anapestico. Tuttavia il primo verso, "Ich öffnete die Rindetür" è
dattilico, e segnala il passaggio ad un'altra sezione della poesia, che si potrebbe definire
"ballata dell'io lirico nell'albero". E' un verso che con i due seguenti evoca misteriosi
passaggi segreti.
XI strofa:
Dato l'angusto spazio della cavità, l'io lirico si trova impedito nei movimenti. Se la prima
strofa accennava agli spiriti cui si deve pagare tributo, ecco ora il loro prepotente
esordio,
accompagnato dal fragore di una musica iniziatica, resa con l'ipèrbole
"Gonggetöse und Trommellärm". Si tratta di due vocaboli composti dalla struttura fonica
particolare: nel primo, decisamente onomatopeico, si evidenzia una sequenza di velari la
cui sonorità è amplificata dalla nasale n, ed una serie vocalica o-e-ö-e, che trapassa nel
vocabolo seguente, o-e-ä, dalla sonorità ancor più nasale e vibrante per la marcata
presenza di r e m. Il secondo termine che li forma inizia con lo stesso fono con cui termina
il primo; il secondo viene pertanto articolato con maggior intensità.
"Geister, aus der Materie des wehenden Schnees": l'accostamento "Geister-Materie" crea
un ossìmoro; benché la consistenza degli spiriti sia rarefatta, il riferimento a "wehender
Schnee" produce sensazioni acustiche ("wehend") e tattili ("Schnee"). L'intensità del
frastuono che gli spiriti producono è inversamente proporzionale alla loro consistenza.
"besuchten mich nachts": l'avverbio di tempo esprime un reiterarsi delle visite notturne; le
fricative velari paiono avere valenza fonosimbolica e riprodurre le folate di "wehender
Schnee".
XII
"Ich schluckte Wind und Tau / und wagte kaum zu atmen.": ritengo che "Wind und Tau"
sia un sintagma sinonimico a "wehender Schnee". La scena, come quella della strofa
seguente, sembra rituale. L'io lirico partecipa ad una sorta di celebrazione eucaristica
nella quale assume in se, anziché "Brot und Wein", "Wind und Tau", ovvero la materia di
329 "Nur die Weide gibt noch Rechenschaft, / in ihren Wurzeln / sind die Geheimnisse / der Landstreicher
verborgen".
203
cui sono costituiti gli spiriti. L'accostamento del verbo "schlucken" e del sostantivo "Wind"
è sinestesico. Il secondo verso della strofa esprime un atteggiamento di timore dell'io
lirico, non facilmente interpretabile.
E' forse a questo punto opportuno cercare di chiarire chi siano i "Geister", cui allude già la
prima strofa e che, con la loro stridula musica, rappresentano una sorta di basso continuo
su cui poggia la voce dell'io lirico. La chiave di interpretazione, a mio parere, è costituita
dalla XIII strofa, in particolare dal suo primo verso: "Oder sie raunten magische Sprüche".
Innanzi tutto, la congiunzione disgiuntiva, "oder", è piuttosto ambigua nella sua funzione
coordinante. E' immediatamente preceduta dalla strofa XII, il cui soggetto è "ich", ovvero
l'io lirico, quindi ci si attenderebbe che fosse seguita nuovamente da "ich" ("Oder ich
raunte magische Sprüche"). Invece il soggetto che la segue è "sie", che si riferisce agli
spiriti. Le proposizioni che si snodano tra le due strofe XI e XIII vengono così coordinate:
"Geister (...) besuchten mich nachts (...). Oder sie raunten magische Sprüche". Ritengo
che Huchel abbia intenzionalmente introdotto questo elemento di ambiguità nella poesia,
che del resto aumenta il fascino dell'atmosfera che la pervade, perché altrimenti la sua
autocitazione sarebbe stata troppo scoperta, troppo concretamente autobiografica. Egli
infatti affermava: "Wenn ich dichte, raune330 ich" ("quando versifico, mormoro)331;
penetrava in tal modo l'essenza fonico-semantica dei vocaboli. Ritengo pertanto che i
"Geister" rappresentino l'ispirazione poetica. Nella scena descritta nella strofa XIII
evocano il "furore creativo" che anticamente si diceva s'impossessasse dei poeti332. In Im
Kun-lun-Gebirge la poesia torna ad essere arte sacerdotale, che necessita di una
relazione con il soprannaturale.
330
Raunen: sussurrare, mormorare (gotico "giruni" = "bisbiglio, consiglio"; alemanno "run" = "accordo
segreto").
331 Dall'intervista con Karl Corino Ich raune Verse vor mich hin. Keine gute Zeit für Lyrik - In G.W. Bd. II, S.
392-393.
332 In tedesco "die Wut", vocabolo riconducibile alla stessa radice indoeuropea da cui trae nome Odino (dal
germanico *woþa < indoeuropeo *uot, *uat "essere spiritualmente eccitato"; cfr. latino vates; alto tedesco
antico Wuotan). Ad Odino, divinità germanica, competono attributi simili a quelli del dio greco Apollo:
signore degli eserciti, dio della poesia e della magia. Per i suoi poteri magici Odino era venerato quale
conoscitore supremo delle rune (antico nordico rún "segreto, magia"), i rametti che consentivano ai
sacerdoti di trarre profezie. "Raunen" ("sussurrare, mormorare"), che come rún deriva dalla medesima
radice celto-germanica, è quindi connesso alla sfera magica: "Sie raunten magische Sprüche". Ricordo
inoltre che Odino si palesava anche come falco (v. nota 4), l'uccello citato nella II strofa della presente
poesia. I rimandi allo spirito poetico sono dunque molteplici.
204
L'ispirazione poetica visita il poeta: "sie rührten mich an, / ich spürte sie, wir saßen Knie
an Knie." E' un'immagine onirica, surreale, estremamente movimentata. I "Geister", così
vivaci e rumorosi, richiamano alla memoria, con la loro iperattività, i folletti delle fiabe
nordiche. L'intera strofa è percorsa da assonanze, consonanze, allitterazioni: "Sprüche""rührten"-"spürte". L'io lirico e gli spiriti vivono a stretto contatto, s'instaura forse una sorta
di ideale comunione, che si rispecchia nella scelta del pronome di prima persona plurale
"wir saßen Knie an Knie": ecco la "Hütte" che l'io lirico non aveva trovato salendo sulla
montagna.
"Ich lebte in dunkler Ungewißheit": il timbro scuro della doppia sequenza u-nasale-velare
amplifica l'oscurità sia della "Ungewißheit" che del verso in sé.
XIV strofa
E' un'altra immagine onirica, un'allucinazione notturna in cui si ritrovano vocaboli già
precedentemente impiegati e appartenenti al campo semantico delle manifestazioni
atmosferiche:
"schnee(pflückend)",
"Luft",
"Kälte".
Probabilmente
la
"Horde
schneepflückender Wesen" è un ulteriore riferimento ai "Geister".
XV strofa:
Viene esplicitata dall'io lirico la funzione protettiva svolta dall'albero, che viene
antropomorfizzato definendo il suo tronco "Leib", "corpo", vocabolo che risale alla stessa
radice indoeurobea di "Leben". Ed effettivamente, nel suo "corpo" cavo l'io lirico
"überlebte (ich) die zähe / verzögerte Kälte des Frühjahrs,". Come in tutte le precedenti
strofe, anche in questa la ricchezza di combinazioni foniche è notevole: allitterazioni
("Hier"-"hohlen"; "Leib"-"(über)lebte"; "verzögerte"-"Frühjahrs"); la crudezza del gelo viene
espressa dall'affricata di "zähe", aggettivo che assona con "Kälte". Perché "gelo ostinato
di primavera"? E' un'allusione ad un tardivo disgelo del clima politico?
XVI strofa:
205
Il primo verso forma enjambement con l'ultimo della strofa XV; l'io lirico accenna
nuovamente alla "dünne Geistermusik" notturna; sembra che l'albero si sia realmente
trasformato in una tana abitata da un io lirico oscillante, che tende a fondersi con la
natura. "Und fand am Morgen einen Vorrat / von harten Kernen verdichteten Lebens: il
rinvenimento mattutino di "duri noccioli di vita rappresa" pare essere effetto delle
inquietanti visite notturne ("hörte nachts ... / und fand am Morgen ..."), ma certo "Kerne"
ricorda anche ciò di cui si nutrono alcune specie animali.
Se "verdichten" da un lato significa addensare, rapprendere, ecc., dall'altro rimanda a
"dichten", "comporre poesie", "versificare". Il verso potrebbe allora essere "metafora di
una metafora" ed alludere a momenti fondamentali (Kerne) di un'esistenza trasfigurata
poeticamente, condensata in metafore.
Ed è grazie a questa provvista (allitterazione di "fand", "Vorrat", "von", "verdichteten") di
"harte Kerne" che l'io lirico affronta e supera il protrarsi del gelo invernale nella primavera.
La strofa coinvolge la sfera dei ricordi. E' la facoltà di ricordare il passato che rende
possibile fissarne alcuni istanti ("Kerne") e trasporli in chiave poetica. Il tema della
memoria e del tentativo di recupero del passato per suo tramite è centrale in Huchel. Mi
riferisco soprattutto agli anni di esilio trascorsi a Wilhelmshorst, nei quali, impossibilitato a
vivere un'esistenza attiva, tagliato fuori dalla vita (non solo culturale) del proprio paese,
attinse alle esperienze vissute e impresse nella propria memoria, che gli fornirono
"sostentamento" per la composizione di molte delle poesie della raccolta Gezählte Tage.
XVII strofa:
Il corpo dell'albero diviene quasi una "torre d'avorio" in cui il poeta si rifugia, meditando e
osservando il mondo "durch die Rinde": pare che la corteccia dell'albero divenga una
seconda pelle dell'io lirico, il quale non vede più con i proprî occhi, cui si sostituisce la
fenditura, una palpebra di scorza che determina il suo campo visivo. Da un lato l'albero lo
protegge, dall'altro lo isola dall'esistenza umana. L'io lirico si sente forse colpevole del
suo ruolo di mero osservatore delle vicende mondane, incapace di uscire dal guscio
protettivo dell'albero, intento ad una meditazione sterile, fine a se stessa.
206
XVIII strofa
Mentre nella strofa precedente
l'anàfora "Ich schloß die Augen" prosegue con
"meditierte, / sah durch die Rinde die Welt", continua qui con "und sah die hellfarbenen
Pflugochsen über die Frühlingsfelder schreiten." Dalla sequenza di azioni nasce un
ossìmoro: chiudevo gli occhi e vedevo. Si tratta di un'ulteriore scena onirica. Il quadro che
viene tratteggiato con una serie di tre vocaboli composti sembra una proiezione
dell'atmosfera della poesia Das Gesetz333. Forse è una reminescenza, un "harter Kern
verdichteten Lebens". Il chiaro colore dei buoi sembra quasi ingentilire la durezza della
loro sorte di animali da tiro, e la stessa considerazione vale per lo scenario in cui si
muovono, ossìa "Frühlingsfelder" in così netto contrasto con la natura selvaggia e aspra
delle prime strofe di Im Kun-lun Gebirge. Il mondo, che l'io lirico nella strofa precedente
sbircia attraverso la fenditura nella corteccia, diviene una realtà abitata dall'essere
umano, che non viene ancora citato, ma cui viene fatto indiretto riferimento introducendo
la figura dei "Pflugochsen", buoi che tirano l'aratro attraverso "Frühlingsfelder", campi che
recano traccia dell'attività umana. Quest'immagine di duro lavoro dei campi, sullo sfondo
di una natura primaverile, ricorda l'iconografia socialista che ricorreva ai simboli di un
rinnovarsi della natura (il sole che sorge, la primavera, la semina) facendosi portavoce
dell'edificazione di una società nuova. Anche "schreiten" evoca l'avanzare delle masse
verso quella meta.
XIX strofa:
Prosegue l'alternarsi al primo verso di "ich hörte" (strofa XVI) e "ich schloß die Augen"
(strofe XVII-XVIII); si susseguono sensazioni visive ed acustiche. "Ich hörte das dumpfe
Brüllen": è un nuovo ossìmoro, ove "dumpf" è in opposizione logica con "hören" e
"Brüllen"; poiché questo aggettivo non significa solo "sordo, soffocato, smorzato", come
nel presente contesto, bensì anche "umido"334, può essere connesso a "naß" ("und
schüttelte / den nassen Lehm aus den Haaren"). "Brüllen": i buoi muggiscono. Se nella
333
V. Introduzione: "1945-1953: L'ottimismo postbellico: Das Gesetz".
ulteriore significato è quello di "ammuffito, marcio".
334 Un
207
strofa XVIII quegli animali avevano acquisito carattere proprio soprattutto in base al
colore (erano infatti "die hellfarbenen Pflugochsen"), emerge qui l'aspetto duro e faticoso
della loro esistenza sottomessa al giogo, che la bella stagione non rende meno gravosa.
Essi divengono creature in grado di sentire e soffrire, non solo semplici elementi di un
quadretto bucolico. Il verbo "brüllen" non assume mai connotazione positiva; a seconda
dei contesti, è espressione di dolore, fatica, ira.
Ritengo più difficile interpretare il gesto del'io lirico che si scuote "den nassen Lehm aus
den Haaren". In molti miti della creazione del mondo la terra argillosa è la materia prima
con cui la divinità forma l'uomo. Nella presente poesia potrebbe sottintendere una
rinascita dell'io lirico ad opera della natura; poiché l'argilla è ancora umida, si potrebbe
quasi pensare che esso sia stato appena riplasmato. Tuttavia, nella strofa XIII esso aveva
affermato "ich lebte in dunkler Ungewißheit", nella XVII "sah durch die Rinde die Welt /
und fühlte mich schuldig", e nella XV "Hier im hohlen Leib des Baums / überlebte ich die
zähe verzögerte Kälte des Frühjahrs". La strofa XVIII introduce una nuova stagione, la
primavera, che segnala la fine di quel periodo di "verzögerte Kälte"; il rilievo acustico dato
alla sofferenza dei buoi (sofferenza imposta loro dall'essere umano che li riduce alla
schiavitù del lavoro dei campi) potrebbe forse aver trasmesso all'io lirico la
consapevolezza della necessità di uscire finalmente allo scoperto, sicché lo scuotersi
l'argilla dai capelli potrebbe significare da un lato essere nato a nuova vita grazie
all'intimo contatto con la natura, fonte di ispirazione poetica (v. le visite dei "Geister"),
dall'altro il rifiuto di una completa identificazione con essa. Ma anche esattamente il
contrario: la sofferenza che regna nel mondo esterno convince l'io lirico, rinato grazie
all'intimo contatto con la natura, a non volersi fare nuovamente uomo, ma a restare
nell'albero.
XX strofa:
I primi due versi sono un'anàfora e riprendono quelli di strofa XVIII: "Ich schloß die Augen
/ und sah...". Nella strofa presente però l'io lirico vede "die Tochter des Salzhändlers / mit
silberner Sichel / das Laub vom Maulbeerbaum schneiden". Per la prima volta viene
introdotta nella poesia una figura umana, benché sia in realtà metafora della morte. La
208
figlia del mercante di sale: già in Begegnung il sale rappresenta un esplicito riferimento
alla morte, o meglio, alla paura della morte: "die Todesangst / wie stechendes Salz ins
Fleisch gelegt.". Dall'ossìmoro "Ich schloß die Augen / und sah..." la scena che l'io lirico
descrive assume il carattere di presagio di morte: la fanciulla, con una falce argentea che
evoca la luna, e quindi la notte, ma soprattutto la morte335, sfronda il gelso in cui l'io lirico
dimora.
L'ultimo verso spicca per il risalto dato al dittongo au, che si ripete tre volte grazie anche
alla presenza del vocabolo "Maulbeerbaum", così particolare nella sua struttura fonica già
precedentemente esaminata. Sia nel secondo che nel terzo verso allitterano vocaboli
inizianti per s-: "sah"-"Salzhändler"; "silberner"-"Sichel"; questi ultimi formano rima interna
assonante.
XXI strofa:
I due versi contrastano per la brevità del primo, formato da quattro monosillabi, e la
lunghezza del secondo, legata al composto "Seidenraupenfutter". La figlia del mercante di
sale provvede a nutrire i bachi da seta che, per la loro natura di invertebrati striscianti,
evocano gli ultimi attori del processo di corruzione che le sostanze organiche subiscono
dopo la morte, i vermi. Questa però non può essere l'unica riflessione sui bachi. Da essi
infatti si ottiene la seta (ulteriore rimando alla Cina) che producono brucando foglie di
gelso. E' un ciclo naturale in cui si è introdotta la mano dell'uomo. Come i buoi, anche il
gelso "serve" all'uomo e rientra in un ben definito rapporto di utilità. Qui però il povero
gelso è isolato. Sembra l'unico albero in mezzo al campo e probabilmente intralcia i buoi
nel loro lavoro.
XXII strofa
335
Con una falce, nella Teogonia di Esiodo, il dio Crono evirò il progenitore Urano, per essere poi a sua
volta colpito con un fulmine, detronizzato ed esiliato dal figlio Zeus. La falce rimarrà quale attributo
specifico di Crono, il cui nome successivamente coinciderà con quello del concetto che esso personifica, il
tempo, raffigurato innumerevoli volte con falci e roncole, a simboleggiare i periodi della vita dell'uomo che
scorrono irreparabilmente. Falce e roncola, anche in relazione a tale particolare significato simbolico,
entrarono nelle tradizionali immagini della morte, ovvero della vita che viene recisa.
209
Nuovamente l'anàfora "Ich schloß die Augen". Questa volta però l'io lirico né vede, né
sente (o immagina, o sogna) qualcuno o qualcosa, ma la sua affermazione, così
frequentemente reiterata nel corso del monologo, assume carattere definitivo: chiude gli
occhi per sempre. Infatti inizia una nuova proposizione il cui soggetto si sdoppia nelle
figure
speculari di due "Knechte", che senza preamboli iniziano a segare il gelso,
uccidendo l'io lirico.
E' una strofa ricca di suggestioni: il vocabolo "Knecht" rimanda a "Folterknecht", ovvero al
torturatore al servizio di terzi. Tali paiono i due "Knechte" dell'ultima strofa: la sorte del
gelso è già stata decisa, essi giungono e, senza esitazione, abbattono l'albero. Come si
deduce dal significato del vocabolo "Knecht", (ossìa servo, schiavo, anche soldato, ma
comunque sempre in posizione subordinata), essi compiono unicamente la volontà di
qualcuno. La scena ricorda l'esecuzione di K. da parte dei due signori in nero, in Der
Prozeß di Kafka.
E per quanto nelle due strofe precedenti l'io lirico presagisca la fine, i due versi
conclusivi destano comunque sorpresa, un senso di straniamento. Infatti, pur segando
l'albero, i servi uccidono l'io lirico. "Sie legten die Säge an den Baum / und töteten mich":
per un istante si è indotti a credere che l'ultimo verso si concluda con "ihn", anche perché
io lirico ed albero, pur nella loro esistenza quasi simbiotica, nel corso della poesia
risultano comunque essere due entità separate, autonome. E anche il presentimento
dell'io lirico nella XX strofa fondamentalmente s'incentra sulla fine dell'albero. La falce si
abbatte sul suo fogliame e l'io lirico non pare venire danneggiato dall'opera di potatura
radicale cui il gelso viene sottoposto e che sembra avere un carattere rituale336.
Inoltre il numero due rimanda alla crocifissione di Gesù Cristo in mezzo ai due ladroni,
così come l'albero potrebbe simboleggiare la croce337. Questo particolare permette un
nuovo riferimento al titolo della raccolta, Die neunte Stunde, di cui fa parte Im Kun-lun
Gebirge. Ricordo infine la figura del servo che compare nella I strofa della poesia
Brandenburg, già precedentemente analizzata: "Hinter erloschenen Teeröfen / ging ich im
336
I capelli sono simbolo di forza vitale diffuso in varie culture.
Il due, come già osservato riguardo al vocabolo "Zweig" in Östlicher Fluß, rimanda anche alla Germania
divisa.
337
210
Brandgeruch der Kiefernheide, / dort saß ein Knecht am Holzhauerfeuer, / er blickte nicht
auf, / er schränkte die Säge."
Chissà che Huchel non abbia voluto istituire un
collegamento interno tra le due poesie. Certo è che la figura del servo di Brandenburg338,
alla luce della tragica fine dell'io lirico e del gelso in Im Kun-lun Gebirge339, assume
connotazioni decisamente sinistre: come se egli non degnasse l'io lirico di uno sguardo,
perché intento a preparare lo strumento di tortura che userà qualche poesia dopo.
Ma vi sono altri aspetti della poesia da indagare. Se l'io lirico è un poeta (e si accetta
quindi l'ipotesi che i "Geister" siano gli spiriti dell'ispirazione poetica), il fatto che esso
viva in "dunkler Ungewissenheit" forse può proprio alludere all'ambiguità della sua
esistenza di uomo e poeta. Tutta la poesia può essere letta nell'ottica dell'isolamento che
normalmente vive il poeta rispetto ai "comuni mortali". Ed il tributo che egli paga agli spiriti
(la poesia) è la solitudine esistenziale.
338
339
Prima pubblicazione: 1976.
Prima pubblicazione: 1979.
211
In memoriam Günter Eich
In memoria di Günter Eich
Hinfließen wird der Himmel,
aber wir werden dem Schnee,
der ins schwarze Wasser sinkt,
kein Tedeum mehr sprechen.
Il cielo svanirà in pioggia,
ma alla neve
che affonda nell'acqua nera
non reciteremo più il Te Deum.
Ein verwüstetes Haus zwischen Himmel und Erde.
Im Torweg die Kröte,
noch immer
die goldene Krone auf dem Kopf.
Una casa abbandonata tra cielo e terra.
Al cancello il rospo,
la corona d'oro
ancora sul capo.
212
Friede
Pace
Zugzeiten der Vögel.
In den stachligen
Grannen gedroschener Ähren
wohnt noch die milde Leere des Sommers.
In den Schießscharten des Wasserturms
wuchert das Gras.
Stagioni di uccelli migratori.
Nelle ariste spinose
delle spighe trebbiate
dimora ancora la mite assenza dell'estate.
Nelle feritoie della torre idrica
l'erba lussureggia.
213
Znorovy
Znorovy
Für Jan Skácel
Per Jan Skácel
Zwischen Kiefer und Brache
die Durchfahrt zum Sommer,
im Gestrüpp, seitwärts, nahe den Scheunen,
die Marderfalle, eingerostet.
Tra pini e maggese
il transito per l'estate
nella sterpaglia, di lato, accanto ai fienili,
la trappola per martore, arrugginita.
Ich werde nie nach Znorovy kommen,
wo die Schatten gefesselt
aus dem Wasser steigen,
der Göpel ohne Pferdegespann
sich lautlos dreht,
das späte Gezeter der Drossel
die Dächer verdunkelt.
Non giungerò mai a Znorovy,
dove le ombre in catene
emergono dall'acqua,
l'argano senza tiro a cavalli
ruota silenziosamente,
il tardo lamento del tordo
oscura i tetti.
Fragwürdig alles,
wenn die Sonne hinter dem Nebel
die Kapsel des Mohns verholzt
und die Körner härter rascheln.
Kein Seismograph
zeigt die Erschütterung der Wesen an.
Tutto si fa incerto,
quando il sole dietro la nebbia
lignifica le capsule del papavero
ed i semi frusciano più duri.
Nessun sismografo
rivela la scossa negli esseri340.
Was zwingt dich,
nachts an der alten Chaussee zu stehn?
Die mährische Kutsche
mit brüchigem Lederdach
rollt nicht mehr, verfolgt von Buchenblättern,
am grauen Gehöft vorbei.
Cosa ti spinge
la notte lungo il vecchio stradale?
La carozza morava
dal tetto di cuoio crepato
non passa più davanti al grigio podere,
inseguita da foglie di faggio.
Der Baummarder liegt im kahlen Geäst
und blickt in die Kühle der Nacht.
Du wartest auf andere Zeichen.
La martora arboricola quatta tra i rami spogli
scruta la frescura notturna.
Tu attendi altri segnali.
340 Dato il ricorrere, nel verso precedente, del termine "Seismograph", ho ritenuto opportuno tradurre
"Erschütterung" con "scossa" anziché con "angoscia" o eventualmente "commozione".
214
Blick aus dem Winterfenster
Sguardo dalla finestra invernale
Kopfweiden, schneeumtanzt,
Besen, die den Nebel fegen.
Holz und Unglück
wachsen über Nacht.
Mein Meßgerät
die Fieberkurve.
Salici nella danza della neve341,
granate che spazzano la nebbia.
Legno e sventura
s'accrescono di notte.
Mio misuratore
il diagramma della febbre.
Wer geht dort ohne Licht
und ohne Mund,
schleift über Eis
das Tellereisen?
Chi vaga là senza luce
e senza bocca,
trascinando sul ghiaccio
la tagliola?
Die Wahrsager des Waldes,
die Füchse mit schlechtem Gebiß
sitzen abseits im Dunkel
und starren ins Feuer.
Divinatrici del bosco,
le volpi dai denti guasti,
siedono in disparte nel buio
e fissano il fuoco.
341 "Kopfweiden" significa propriamente "salici capitozzati", ovvero potati radicalmente. Ho preferito
omettere il termine "capitozzati", troppo tecnico ed impoetico.
215
Mein Großvater
Mio nonno
Tellereisen legen,
das Aufspüren des Marders bei frischem Schnee,
das Stellen von Reusen im Mittelgraben,
das war sein Metier.
Posare tagliole,
Für die Auerhahnjagt
die curische Büchse.
Sie schoß ein Blei,
das nicht stärker als ein Kirschkern war.
Per la caccia all'urogallo
il fucile della Marca342.
Sparava pallini
non più grossi di un nocciolo di ciliegia.
Er pirschte mit dem Jagthund voraus,
ich verkroch mich in den blakenden Abend,
sah über der verschneiten Eiche
am Himmel den Hirsch verbluten.
Cacciava col cane davanti,
io mi rintanavo nella sera che anneriva,
oltre la quercia innevata vedevo
il cervo dissanguarsi nel cielo.
Was wär, wenn ich fortliefe
und ließe ihn mit seinen Netzen,
Remisen und Fallen allein?
Ich ging nicht über die sieben Seen.
Che ne sarebbe, se me ne andassi
e lo lasciassi solo con le sue reti,
rimesse e trappole?
Non superai i sette laghi.
In strengen Wintern saßen
die Rebhühner nah bei den Scheunen.
Mit rauher Zunge leckte der Mond
das klamme Fell der Katze.
Nei rigidi inverni
le starne covavano presso i fienili.
Con lingua ruvida la luna leccava
l'umido pelo del gatto.
Scharf und brandig stand die Luft
dort über dem Schnee.
Der Alte kam hinter der Miete hervor
und trug die Flinte ins Haus zurück.
L'aria stava tagliente e riarsa
là sulla neve.
Il vecchio sbucò da dietro il silo
per riporre il fucile in casa.
Prophetisch begann die Nacht,
messianisch die erste Stunde.
Er kramte im Bücherkasten und las
Profeticamente iniziò la notte,
messianicamente la prima ora.
Rovistò nella cassa di libri e lesse
die "Volksschriften zur Umwälzung der Geister".
gli "Scritti popolari per il sovvertimento degli
spiriti".
Er drehte am Messingring der Lampe.
Die Sonne glomm auf,
der Eichelhäher schrie
und flog in den kalten märkischen Morgen.
Accese la lampada girando l'anello d'ottone.
seguire tracce di martora nella neve fresca,
calare nasse nel fossato centrale,
era questo il suo mestiere.
Il sole brillò fiocamente
la ghiandaia gridò
volando nel freddo mattino della marca.
342 L'aggettivo "curisch" è rapportabile a "Kurmark", che si riferisce ad una zona geografica nel cuore della
marca brandeburghese.
216
Die Katze
Il gatto
Der Wintermorgen,
Il mattino invernale,
noch dunkel in der Schneeverwehung des Traums,
ancor buio nelle folate di neve del sogno,
im Schuppen verstreut
Maiskolbengerippe,
ein Gesicht aus Wasserdunst
vergeht in der Luke.
sparsi nel granaio
scheletri di pannocchie,
un viso di vapore acqueo
scompare nell'abbaino.
Was die Katze
hinter den Augen verbirgt,
nicht weiß es der Rauhreif,
das Salz der Hexen.
Ciò che il gatto
cela dietro le pupille
non lo sa la brina,
il sale delle streghe.
217
Unterwegs
Per strada
Die streifende Rotte
vereister Blätter
fällte der Tag
mit Drähten über der Feuergrube.
Il giorno irretiva343
sulla fossa infuocata
la masnada vagante
di foglie ghiacciate.
Neben dem Karren
im Schutz der Plache
die Zigeunerin,
zu ihren Füßen
eingewickelt das schlafende Kind.
Sie hebt aus dem Schafspelz
einen jungen Hund an die Brust,
ihn säugend,
säugt sie den hungrigen Wind im Schnee.
Accanto al carro
riparata dal telone
la zingara,
ai suoi piedi
in fasce il bimbo assopito
Da sotto la pelliccia di montone solleva
al petto un cucciolo di cane,
allattandolo
allatta il vento famelico nella neve.
Ferne Tochter
der asiatischen Göttin,
die Feuersteinsichel
hast du verloren
am Rand der höllischen Teiche.
Du hörst das Gebell in der Nacht,
Lontana figlia
della dea asiatica,
la falce di selce
hai perduto
sul bordo degli stagni infernali.
Odi nella notte il latrato
das der Radspur folgt von Lager zu Lager.
che segue la traccia di ruote da bivacco a bivacco.
343
Così ho tradotto l'espressione "fällte der Tag mit Drähten".
218
Entzauberung
Disincanto
In die Scheunenwand
zeichnet die Nässe
den verfemten König.
Sulla parete del fienile
l'umidità disegna
il re esiliato.
Er geht in der Kälte
durchlöcherter Zäune
den lehmigen Feldweg hinunter.
Er zieht am Geschirr
die Maultierstute
mit Körben bepackt, mit Kesseln und Töpfen,
und schwindet im Regen
am Mittelgraben hinter den Weiden.
Cammina nel freddo
di recinti crivellati,
giù per l'argillosa strada campestre.
Serra i finimenti
della mula
carica di cesti, di paioli e vasi,
e svanisce nella pioggia
lungo il fosso di mezzo dietro ai salici.
Es ist Itau,
der Zigeuner, vergangenen Sommer
lag er am Vorwerk im groben Stroh
der rostigen Dreschmaschine.
E' Itau,
lo zingaro, l'estate scorsa
nella grangia riposava sulla rozza paglia
della trebbiatrice arrugginita.
Die Frau des Pächters erzählt,
sie habe ihn im späten Oktober
am Rand der Brache gesehn.
Er ging im Kreis
und schlug in die Luft das Zeichen,
ein Feuer fuhr aus der Erde,
das ohne Rauch
mit finsterer Flamme versank.
La moglie del fittavolo racconta
di averlo visto nel tardo ottobre
ai margini del maggese.
Girava in tondo
e tracciava nell'aria il segno,
dalla terra divampò un fuoco
che senza fumo
sprofondò con fiamma tenebrosa.
In Wahrheit
zog Itau, der Zigeuner,
im hellen Juli
durchs Bischofslila der Disteln
für immer fort.
In verità
Itau, lo zingaro,
se ne andò per sempre
nel luglio luminoso
tra il lilla vescovile dei cardi.
219
Bretonischer Klostergarten
Giardino di convento bretone
Der Mittag breitästiger Ulmen.
Der Gichtbrüchige schläft
im Klappstuhl aus Segeltuch.
Meriggio d'olmi dai rami generosi.
Il gottoso riposa
sulla sedia pieghevole di tela marina.
Engel, schmerzliche Geheimnisse,
gehen durch hohes Gras
und rufen versunkene Namen.
Angeli, dolorosi segreti,
incedono tra l'erba alta
e pronunciano nomi sommersi.
Der leichte Widerhall von Schritten,
Bittgänge, Gespräche im Laub,
nur von der Amsel vernommen.
La leggera eco di passi,
postulazioni, colloqui tra le fronde,
colti solo dal merlo.
220
Persephone
Persefone
Die Abgründige kam,
stieg aus der Erde,
aufgleißend im Mondlicht.
Sie trug die alte Scherbe im Haar,
die Hüfte an die Nacht gelehnt.
E giunse l'abissale,
emerse dalla terra,
rifulgendo nel chiaro di luna.
Recava nei capelli l'antico frammento,
l'anca appoggiata alla notte.
Kein Opferrauch, das Universum
zog in den Duft der Rose ein.
Senza vapori sacrificali, l'universo
penetrò nella fragranza della rosa.
221
Nachts
A notte
Über den Wolken
das Knarren von Wagenrädern,
Landflüchtige,
unterwegs.
Oltre le nuvole
il cigolìo di ruote di carro,
profughi
in cammino.
Handfeste Burschen
räumen den Nebel weg,
tragen schlafende Frauen
über die Furt.
Giovani robusti
sgomberano la nebbia
portano donne assopite
oltre il guado.
Röhricht,
kaum zu erkennen.
Ein Mann,
das Fangnetz über die Schulter geworfen,
steht am Gewässer
und weidet die Fische aus.
Canneto,
appena riconoscibile.
Un uomo,
la rete gettata sulle spalle,
sta sulla sponda
e sventra i pesci.
Wundmale
die Kiemen der Fische,
sie leuchten im Mond.
Piaghe aperte,
le branchie dei pesci
rilucono alla luna.
Das Wort, ausgesät für die Nacht,
treibt fort, wurzelt im Wind.
Endlos
die Regenlitanei.
La parola, seminata per la notte,
germoglia, si radica nel vento.
Senza fine
la litania della pioggia.
222
Der Ketzer aus Padua
L'eretico di Padova
I
Ich kam als Schnee ins Wintergestrüpp
und folgte dem Todeskarren.
Gerechtigkeit und Nachsicht
gab auf dieser Erde nicht.
Giunsi come neve nella sterpaglia invernale
seguendo il carro funebre.
Giustizia ed indulgenza
non erano di questa terra.
Als wollte der lombardische Abend
ein letztes Zeichen setzen,
dort oben, im harschen Astgespinst,
ans Weiße des Himmels
ans Kahle geklammert
die nistende Kälte, das leere Vogelnest.
Quasi la sera lombarda volesse
lanciare un ultimo segnale,
lassù, nella gelida trama di rami
nel candore del cielo
avvinghiato alla nudità
il freddo nidificante, il vuoto covo d'uccello.
II
Und hinter den flachen Kähnen im Kanal
die Stadt der Talare und Horoskope
mit ihren Adepten der Alchimie,
mit feuchten Verliesen
und Folterkammern.
E dietro alle piatte imbarcazioni sul canale
la città dei talari e degli oroscopi
con i suoi adepti dell'alchimia,
con umide segrete
e camere di tortura.
O böser Traum,
da das mißhandelte Blut
vom Balken tropfte,
am Eingang der Abtei
das Volk sich duckte
im Stoßwind der Schleudermaschine.
Ein Engel stürzte
Oh, sogno crudele,
giacché il sangue seviziato
stillava dalla trave,
all'entrata dell'abbazia
il popolo si curvava
sotto le raffiche di vento della catapulta
Un angelo, abbattendosi
im rötlichen Dunst der Kirchen und Türme Paduas, nella foschia rossastra di chiese e torri padovane,
fiel durchs Gestänge
und ruhte mit zerbrochener Schulter
vor einem Horizont aus Hellebarden.
Sein Antlitz erlosch.
cadde tra la tiranteria
e giacque, una spalla fratturata,
innanzi ad un orizzonte di alabarde.
Il suo viso svanì.
III
Stadt des Marsilius,
das verblakte Pergament
des Propheten
im weißen Feuer des Schnees -
Città di Marsilio,
la pergamena annerita
del profeta
nel bianco fuoco della neve -
drei Männer ritten schweigend am Karren vorbei,
Kuriere des Kardinals, da war keine Hufspur,
tre uomini a cavallo superarono silenziosi il carro,
corrieri del cardinale, non vi era traccia di zoccolo
die zum Frieden führt.
che conduce alla pace.
Herr, dein Geheimnis ist groß
und eingeriegelt in die Stille der Felsen,
ich bin nur Staub,
der locker Ziegel in der Mauer.
Signore, il tuo mistero è grande
e rinchiuso nella quiete delle rocce,
io sono solo polvere,
il mattone malfermo del muro.
223
IV
Die Finsternis kappte die Bäume,
der Schanzkorb versank.
Noch lagen die Toten auf dem Blachfeld.
Das Fußvolk schlug Holz,
der Kalkofen qualmte.
L'oscurità mutilò gli alberi,
la trincea sprofondò.
I morti giacevano ancora sulla piana.
La fanteria faceva legna,
la calcara fumigava.
Ich ging ins Gestrüpp, ich schob den Karren,
verurteilt,
den alten Jammer
bis zur Vernichtung der Sinne zu sehen.
Penetrai nella sterpaglia, spingevo il carro,
condannato
ad assistere all'antico strazio
sino all'annientamento dei sensi.
224
Todtmoos
Todtmoos
In Todtmoos
sah ich in weißer leuchtender Schneeluft
schneepflückende Wesen fliegen.
Ich griff in den Flockenfall
und fing nur Kälte.
A Todtmoos
nella candida brillante aria nevosa
vidi aleggiare esseri che coglievano neve.
Allungai la mano nella pioggia di fiocchi
ed afferrai solo freddo.
Schneenarben an den Felsen,
Wegzeichen wohin? Schriftzeichen,
nicht zu entziffern.
Cicatrici di neve sulle rocce,
segnavia per dove? Tracce di scrittura,
indecifrabili.
225
Der Fremde geht davon
und hat den Stempel
aus Regen und Moos
noch rasch der Mauer aufgedrückt.
Eine Haselnuß im Geröll
blickt ihm mit weißem Auge nach.
Jahreszeiten, Mißgeschicke, Nekrologe unbekümmert geht der Fremde davon.
Lo straniero si allontana
e repentino ha ancora impresso
il marchio di pioggia e muschio
sul muro.
Una nocciola tra i detriti
lo segue con occhio albuginoso.
Stagioni, sventure, necrologi incurante, lo straniero si allontana.
226
BIBLIOGRAFIA
Peter Huchel:
Gedichte
Aufbau-Verlag, Berlin 1948; Stahlberg Verlag, Karlsruhe 1950.
Chausseen Chausseen
S.Fischer Verlag, Frankfurt a.M. 1963.
Die Sternenreuse
R.Piper & Co. Verlag, München 1967.
Gezählte Tage
Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1972.
Gedichte. A cura di Peter Wapnewsky; Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1973.
Die neunte Stunde
Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1979.
Gesammelte Werke; a cura di Axel Vieregg (Vol. I: Die Gedichte; Vol. II: Vermischte
Schriften); Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1984.
Traduzioni:
Strade Strade; Mondadori, Milano; 1970; traduzione di Ruth Leiser e Franco Fortini.
Letteratura secondaria:
Über Peter Huchel; a cura di Hans Mayer; Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M., 1973.
Arlt Freimut: Besuch in Huchels Revier. In "Neue Deutsche Hefte", a cura di Joachim
Günther; 1982, n° 3 - pag. 560-564.
Best Otto: Nachbemerkung und Lamento. In "Hommage für Peter Huchel zum 3. April
1968"; Piper & Co. Verlag Muenchen, 1968 - pag. 110-114.
Bolliger Bruno: Peter Huchel: "Die neunte Stunde". Gedichte aus den Jahren 1972-1979.
In "Schweizer Monatshefte"; a cura della Gesellschaft Schweizer Monatshefte; Zürich;
1980 n° 6 - pag. 867-870.
Brandt Sabine: Huchels frühe Gedichte. In "Der Monat", Berlin; agosto 1967 n° 227 - pag.
65-68.
Croce, Elena: Peter Huchel. In "Über Peter Huchel"; a cura di Hans Mayer; Suhrkamp
Verlag, Frankfurt a.M.; 1973 - pag. 101-104.
227
Denecke Rolf: Ein Naturlyriker von europäischem Rang. In "Der Literat - Zeitschrift fuer
Literatur und Kunst"; Frankfurt a.M.; aprile 1978, n° 4 - pag. 77-78.
Döderlein J.L.: Peter Huchel. In "Das Einhorn - Jahrbuch Freie Akademie der Künste in
Hamburg", 1957 - pag. 168-172.
Elkmann Bjørn: Peter Huchel. Dezember 1942 / Unter der Wurzel der Distel / Unter der
blanken Hacke des Monds. In "Text & Kontext - Zeitschrift für germanische
Literaturforschung in Skandinavien"; a cura di Klaus Bohnen und Sven-Aage Jørgensen;
Kopenhagen - München, Wilhelm Fink Verlag; 1986 n° 2 - pag. 281-309.
Flores John: Peter Huchel: The Disenchanted Idyll, in "Poetry In East Germany.
Adjustments, Visions And Provocations 1945-1970"; New Haven and London, Yale
University Press 1971 - pag. 119-204.
Gajek Bernhard: Dichter-Natur-Geschichte. Peter Huchels Weg in die deutsche
Gegenwart. In "Die deutsche Teilung im Spiegel der Literatur. Beiträge zur Literatur und
Germanistik der DDR"; a cura di Karl Lamers; Verlag Bonn Aktuell; Stuttgart, 1980 - pag.
121-144.
Göpfert Herbert G.: Peter Huchel: "Der Rückzug". In "Mein Gedicht - Begegnungen mit
deutscher Lyrik", a cura di Dieter E.Zimmer; Limes Verlag Wiesbaden, 1961 - pag. 123125.
Gsteiger Manfred: Unter der Wurzel der Distel. In "Poesie und Kritik"; Francke Verlag
Bern und Muenchen, 1967 - pag. 87-91.
Günther Joachim: Peter Huchel: "Gezählte Tage". In "Neue Deutsche Hefte", Berlin; 1972,
n° 4 - pag. 137-141.
Günther Joachim: Peter Huchel: "Die neunte Stunde". In "Neue Deutsche Hefte", Berlin;
1979, n° 4 - pag. 802-804.
Hartung Rudolf: Peter Huchel. In "Der Friede und die Unruhestifter. Herausforderungen
deutschsprachiger Schriftsteller im 20. Jahrhundert"; a cura di Hans Jürgen Schulz;
Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M., 1973 - pag. 220-231.
Heidenreich Wolfgang: Deutzeichen - Begegnungen und Leseerfahrungen mit Peter
Huchel. In "Festschrift für Gerhart Baumann zum 60. Geburtstag", a cura di Günter
Schnitzler, Gerhard Neumann e Jürgen Schröder; 1980; Wilhelm Fink Verlag München pag. 434-446.
Heydrich Harald: "Traum im Tellereisen - Das Werk Peter Huchels und die DDR. In
"Verbannt und verkannt - Studien & Porträts"; a cura di Heinz Joachim Petzold; Saale
Verlag Jena-Nord, 1992 - pag. 53-63.
Hilton Ian: Huchel and Shakespeare. In "German Life & Letters - A Quarterly Review";
Basil Blackwell, Oxford; 1985-1986, vol. XXXIX - pag. 220-228.
228
Hinck Walter: Peter Huchel: König Lear. In "Frankfurter Anthologie", 1982, vol. 6; Insel
Verlag Frankfurt a.M. - pag. 215-218.
Huchel Peter - Mayer Hans: Winterpsalm, in "Doppelinterpretationen"; a cura di Hilde
Domin; Athaeneum Verlag Frankfurt am Main-Bonn, 1966 - pag. 96-98.
Hutchinson Peter: Aspects of Peter Huchel' Compositional Technique as Illustrated by "In
der Bretagne". In "Neophilologus - An international journal of modern an mediaeval
language and literature"; Wolters-Noordhoff Groningen 1978, vol. LXII - pag. 434-441.
Hutchinson Peter: "Der Garten des Theophrast" - An Epitaph For Peter Huchel?. In
"German Life & Letters", 24 gennaio 1971 - pag. 125-135.
Jens Walter: Wo die Dunkelheit endet. Zu den Gedichten von Peter Huchel. In "Die Zeit",
6 dicembre 1973.
Jokostra Peter: Nicht um Milde bitten. In "Westermanns Monatshefte", 12 dicembre 1972 pag. 117-118.
Jokostra Peter: Peter Huchel oder Das Universum im Duft der Rose. In "Westermanns
Monatshefte", 12 dicembre 1979 - pag. 125.
Kalow Gert: Das Gleichnis oder Der Zeuge wider Willen. Über ein Gedicht von Peter
Huchel. In "Hommage für Peter Huchel zum 3. April 1968"; Piper & Co. Verlag Muenchen,
1968 - pag. 82-89.
Kantorowicz Alfred: Das beredte Schweigen des Dichters Peter Huchels. In "Jahrbuch der
Freien Akademie der Künste in Hamburg", 1968 - pag. 156-182.
Karasek Hellmuth: Peter Huchel. In "Schriftsteller der Gegenwart. Deutsche Literatur. 53
Porträts"; a cura di Klaus Nonnenmann; Olten und Freiburg i.Br., 1963 - pag. 162-167.
Kelletat Alfred: Peter Huchel: Der Garten des Theophrast". In "Drei Deutungen"; a cura
della Gesellschaft "Internationale Studentenfreunde", Goettingen 1971 - pag. 1-4.
Kratzer Walter: Peter Huchel "Gezählte Tage", Neue Gedichte. In "Literatur und Kritik Österreichische Monatsschrift"; a cura di Jeannie Ebner e Rudolf Henz; Otto Müller
Verlag, Salzburg; marzo 1982, n° 82 - pag. 111-113.
Krolow Karl: Apokalyptische Landschaft. Zum Tod von Peter Huchel. In "Jahrbuch der
Deutschen Akademie für Sprache und Dichtung 1981"; Verlag Lambert Schneider,
Heidelberg - pag. 99-101.
Kunert Günter: Peter Huchel: Nachlässe. In "Frankfurter Anthologie", 1984, vol. 8; Insel
Verlag Frankfurt a.M. - pag. 193-198.
Laschen Gregor: Sprache und Zeichen in der Dichtung Peter Huchels. In "Lyrik in der
DDR"; Athaeneum Verlag, Frankfurt a.M., 1971 - pag. 38-49.
229
Lermen Birgit / Löwen Matthias: Peter Huchel. In "Lyrik aus der DDR"; Ferdinand
Schöningh; Paderborn-München-Wien-Zürich, 1987 - pag. 125-156.
Mayer Hans: Erinnerungen an Peter Huchel. In "Peter-Huchel-Preis 1984"; a cura di
Bernhard Rübenach; Elster Verlag, Moos Baden Baden - pag. 28-34.
Mayer Hans: Erinnerungen eines Mitarbeiters von "Sinn und Form". In "Hommage für
Peter Huchel zum 3. April 1968"; Piper & Co. Verlag Muenchen, 1968 - pag. 60-69.
Meidinger-Geise Inge: Peter Huchel. In "Deutsche Dichter der Gegenwart"; a cura di
Benno von Wiese; Erich Schmidt Verlag, Berlin 1973 - pag. 168-182.
Meidinger-Geise Inge: Peter Huchel: "Die neunte Stunde". In "Frankfurter Hefte Zeitschrift für Kultur und Politik"; a cura di Walter Dirks und Eugen Kogon; Dezember
1979, n° 12 - pag. 74-75.
Nolte Jost: Lyrische Fälle: Lehmann contra Huchel. In "Grenzgänge. Berichte über
Literatur"; Europaverlag Wien, 1972 - pag. 13-20.
Nossack Hans Erich: Gespräch mit dem Schweigen. In "Jahresring 77/78"; Deutsche
Verlags-Anstalt, Stuttgart 1977 - pag. 81-86.
Ohl Hubert: Peter Huchel: Das lyrische Werk im Spiegel seiner Titelgedichte. In "Literatur
in Wissenschaft und Unterricht"; a cura di Paul Buchloh, Dietrich Jäger, Horst Kruse,
Peter Nicholaisen; Verlag: Dr. Johannes Königshausen und Dr. Thomas Neumann,
Würzburg; vol. XVI, n° 4, dicembre 1983 - pag. 281-300.
Ohl Hubert: "... im grossen Hof meines Gedächtnisses". Aspekte der memoria in Peter
Huchels Gedichtband "Gezählte Tage". In "Jahrbuch des freien deutschen Hochstifts ", a
cura di Christopf Perels; Max Niemeyer Verlag Tübingen; 1993 - pag. 281-312.
Parker Stephen: The Outsider as Insider: Peter Huchel in the SBZ. In "Internationales
Archiv für Sozialgeschichte der deutschen Literatur"; Max Niemeyer Verlag Tuebingen;
vol. XV, 1990 n° 2 - pag. 169-192.
Parker Stephen: Peter Huchel und Sinn und Form. In "Sinn und Form", a cura della
Akademie der Künste zu Berlin; 1992 n° 5 - pag. 724-822.
Piontek Heinz: Gezählte Tage. In "Wort und Wahrheit - Zeitschrift für Religion und
Kultur", a cura di Otto Maurer, Otto Schulmeister und Anton Boehm; Verlag Herder
Freiburg/Breisgau; 1973 - pag. 92-93.
Roch Herbert: Peter Huchel: "Gedichte". In "Ost und West - Beiträge zu kulturellen und
politischen Fragen bei der Zeit"; a cura di Alfred Kantorowicz; maggio 1949, n° 5 - pag.
Seite 91-92.
Sanders Rino: Peter Huchel: "Chausseen Chausseen". In "Neue Deutsche Rundschau"; a
cura di Golo Mann, Herbert Heckmann, Harry Pross, Gottfried B.Fischer; S.Fischer
Verlag, Berlin und Frankfurt a.M.; 1964 - pag. 324-329.
230
Scher Helene: Silence In The Poetry of Peter Huchel. In "The Germanic Review";
Columbia University Press; vol. LI, 1976 - pag. 52-61.
Schonauer Franz: Peter Huchels Gegenposition. In "Akzente"; a cura di Walter Höllerer e
Hans Bender; Carl Hanser Verlag München; ottobre 1965, n° 5 - pag. 404-414.
Schneider Rolf: Peter Huchel: Kreuzspinne. In "Frankfurter Anthologie", 1984, vol. 8;
Insel Verlag Frankfurt a.M. - pag. 199-202.
Seidler Ingo: Peter Huchel und sein Lyrisches Werk. Zum 65. Geburtstage am 3.April. In
"Neue Deutsche Hefte", 1968 n° 117 - pag. 11-28.
Sweet Philip D.: The Prophet In Peter Huchel's Poetry. In "The Germanic Review";
Columbia University Press; vol. LVII, 1982 - pag. 28-36.
Van Ryckeghem Caroline: Noch immer unter der Wurzel der Distel. In "Studia Germanica
Gandensia - An den Grenzen der Sprache / Interpretationen moderner deutscher Lyrik"; a
cura di Jaak de Vos; 1985 - pag. 18-39.
Vieregg Axel: Ein Gedicht nach Auschwitz. Peter Huchels "Der Ammoniter", in "Festschrift
für E.W.Herd"; Edited by August Obermayer, Department of German University of Otago,
Dunedin 1980 - pag. 263-274.
Vieregg Axel: Die Lyrik Peter Huchels. Zeichensprache und Privatmythologie. Erich
Schmidt Verlag; Berlin, 1976.
Wapnewsky Peter: Zone des Schmerzes. Zu Peter Huchels neuen Gedichten. In "Die
Zeit", 10 novembre 1972.
Welzk Stefan: Überdrüssig der Götter und ihrer Feuer. Zum Tode von Peter Huchel. In
"Frankfurter Hefte - Zeitschrift für Kultur und Politik"; a cura di Walter Dirks und Eugen
Kogon; agosto 1981, n° 8 - pag. 63-38.
Wolken Karl Alfred: "Zwiesprache mit der Wirklichkeit". Die Lyrik Peter Huchels. In "Rias",
Berlin, 14 novembre 1972.
Wondratschek Wolf: Maß und Unmaß des Lobes - Notizen zur Kritik an Peter Huchel. In
"Text + Kritik - Zeitschrift für Literatur"; a cura di Heinz Ludwig Arnold; Verlag Dr. Rudolf
Georgi, Aachen; 1965 n° 9 - pag. 34-36.
Bibliografia ausiliaria:
Manuali ed antologie:
Brak Ivo: Poetik in Stichworten; Verlag Ferdinand Hirt; Kiel; 1974.
Kayser Wolfgang: Kleine deutsche Versschule; A.Francke AG. Verlag, Bern; 1951.
231
Poesia Tedesca del Novecento; a cura di Anna Chiarloni e Ursula Isselstein; Einaudi;
Torino; 1990.
Vocabolari:
Kluge Friedrich: Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache; Walter de Gruyter;
Berlin-New York; 1989.
Macchi Vladimiro: Vocabolario Tedesco-Italiano, Italiano-Tedesco; Sansoni, Firenze;
1987.
Stilwörterbuch der deutschen Sprache; a cura di Günther Drosdowski; Dudenverlag,
Mannheim; 1988.
Wahrig Gerhard: Deutsches Wörterbuch; Bertelsmann Lexikon Verlag; Gütersloh; 1986.
Zingarelli Nicola: Vocabolario della lingua italiana; Zanichelli, Bologna; 1992.
Varie:
Erodoto: Storie, libro IV; Rizzoli; Milano, 1994.
La Sacra Bibbia; a cura della Conferenza Episcopale Italiana; S.E.I., Torino; 1993.
232