La scienza ha confutato la Bibbia

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La scienza ha confutato la Bibbia
mito 1
la scienza ha screditato la fede cristiana
“Sono incline a considerare ogni cosa come risultante da leggi intelligenti, e a lasciare i
dettagli, buoni o cattivi che siano, all’azione di quello che potremmo chiamare caso”
Charles Darwin1
“Sono contro la religione perché ci insegna ad accontentarci di non capire il mondo… Il meme
della fede cieca assicura la sua perpetuazione con il semplice espediente inconscio di
scoraggiare l'indagine razionale”
Richard Dawkins2
“Esiste veramente una contraddizione
insuperabile tra religione e scienza?” chiese
Albert Einstein. Questo interrogativo ha
dominato alcuni dei maggiori dibattiti dei
secoli scorsi, e molti hanno risposto che
scienza e religione sono contraddittori. Molti
oggi credono che, poiché le asserzioni della
scienza e quelle della Bibbia sono in conflitto,
o si è intelligenti, informati e aperti
all’indagine scientifica, oppure si accetta la
Bibbia ciecamente, ignorando le scoperte scientifiche. Ma la risposta di Einstein
potrebbe sorprenderci. “Esiste veramente una contraddizione insuperabile tra religione
e scienza? Può la religione essere sostituita dalla scienza? Le risposte a tali domande
hanno, per secoli, sollevato dispute considerevoli e, spesso, scontri amari. Tuttavia,
nella mia mente non c’è dubbio che, in entrambi i casi,
una considerazione
3
spassionata può solo condurre a una risposta negativa” .
Invece di sminuire la fede, un’indagine informata di rapporto tra fede e scienza
mostra in effetti tre importanti prospettive: che la scienza moderna è nata da una
comprensione cristiana della realtà; che le meraviglie dell’universo possono essere
spiegate adeguatamente mediante la fede in un Creatore; e che la narrazione biblica
della creazione del mondo non è in contrasto con le scoperte scientifiche
sull’evoluzione. Esploriamo queste tre prospettive in ordine.
La Scienza è un prodotto del Cristianesimo
L’astronomo di Harvard, Owen Gingerich, ha messo in evidenza un’osservazione
molto interessante: la scienza moderna è il prodotto della visione cristiana del mondo.
1
Lettera ad Asa Gray (22 Maggio1860); http://en.wikiquote.org/wiki/Charles_Darwin
2
Richard Dawkins, citato nel suo sito. http://richarddawkins.net/quotes?utf8=%E2%9C%93&search%5Bauthor_eq%5D=Richard+Dawkins
3
Albert Einstein, “Religion and Science: Irreconcilable?,” The Christian Register (June 1948).
Per lui, la scienza empirica moderna avrebbe potuto nascere soltanto da una serie
specifica di presupposti: che il mondo sia intelligibile, stabile, che funzioni secondo
leggi regolari, che la mente umana lo possa
studiare in modo approfondito. Nei casi di
animismo e panteismo, per esempio, se le
persone credono che un albero sia divino lo
adoreranno, non lo studieranno. Anche nel caso
di politeismo, l’indagine di un mondo stabile non
è incoraggiato se ci sono una quantità di dèi che
si comportano in modo casuale e che lottano tra
loro. Solo la fede in un Dio creatore, che ha
creato un mondo buono restando comunque distinto da esso, e che ha creato l’uomo
come una creatura intelligente, offre la serie di presupposti che consente un’indagine
sistematica della realtà.
Nota un dettaglio chiave sulla nascita della scienza: la scienza empirica non
emerse nell’antica Grecia dove, nonostante ci fosse un dibattito filosofico, la visione
politeistica di dèi in guerra l’uno contro l’altro non incoraggiava un’indagine
sistematica della realtà. C’erano eccezioni, ovviamente, come Aristotele, il quale però
credeva rigorosamente in una Causa primaria dietro l’universo. Invece che in Grecia,
la scienza empirica emerse nei primi anni dell’Europa moderna, ai tempi di Copernico,
Bacon, Bruno e Galileo, in uno strato culturale cristiano. Solo dopo diversi secoli di
fede in un mondo originato, stabile e comprensibile alla mente umana poteva nascere
la scienza moderna.
Due dei più grandi scienziati di ogni tempo, Isaac Newton e Albert Einstein,
confermano la tesi per cui la scienza sia il prodotto di una serie specifica di
presupposti teologici riguardo la natura. Einstein, ad
esempio, spiega che “… ma la scienza può essere creata
soltanto da chi sia totalmente vocato alla verità e alla
comprensione. Questa fonte emotiva, tuttavia, scaturisce
dalla sfera della religione. Ad essa appartiene anche la
fede nella possibilità che le regole valide per il mondo
dell'esistenza siano razionali, cioè comprensibili per la
ragione”4. In una lettera in risposta ad uno studioso
giapponese, Einstein lo afferma in maniera ancora più
categorica: “E’ certo che una convinzione, simile al
sentimento religioso, della razionalità e dell’intelligibilità
del mondo sta dietro ad ogni lavoro scientifico di alto
livello”5. Allo stesso modo, la comprensione di Isaac Newton della natura in quanto
creazione di Dio illustra il presupposto chiave che condusse alla nascita della scienza
empirica. “È la perfezione delle opere di Dio che esse siano tutte create con la più
grande semplicità. Egli è il Dio dell’ordine, non della confusione”6. Aspirare alla verità e
4
Albert Einstein, Out of my Later Years (London: Castle Books, 2005).
5
Albert Enstein, lettera di risposta ad uno studioso giapponese, citata in C. Stephen Evans, Why Believe? Reason and Mystery as Pointers to God
(Grand Rapids: Eerdmans, 1996), 32.
6
Isaac Newton, citato in Richard S. Westfall, Never at Rest: A Biography of Isaac Newton (1983), 326.
credere che il nostro universo sia stabile e intellegibile, presuppone l’opera
intenzionale di un Creatore, in altre parole. La scienza empirica moderna è il prodotto
di una comprensione cristiana della natura.
La complessità dell’universo si può spiegare soltanto mediante la fede in un
Creatore
Una farfalla dai mille colori si posa su una rosa. Un essere umano si evolve da
due sole cellule. Le supernove esplodono di vita in galassie lontane. Il nostro universo
è maestoso, e studiarlo ci riempie di sentimenti di stupore e ammirazione. Gli scettici
possono screditare la fede come puramente sentimentale, ma quando esaminiamo
l’intricata
complessità
necessaria
all’esistenza
dell’universo, la prova è sbalorditiva, e la sola
spiegazione accettabile è che un Creatore intelligente
l’abbia disegnato nei dettagli.
Guardiamo qualche difficile prova. Il cosmologo di
Cambridge, Stephen Hawking, spiega che ci sono diverse
costanti fisiche, le quali, se minimamente modificate,
renderebbero impossibile l’universo e la vita in esso. Per
Hawking, “il fatto notevole è che i valori di tali numeri
sembrano essere stati accuratamente regolati per
rendere possibile lo sviluppo della vita”7. Ad esempio, il
filosofo William Lane Craig, evidenzia l’infinitamente
minima possibilità che il nostro sistema solare sia stato
generato dal caso: “Le possibilità che il nostro sistema
solare si sia formato istantaneamente da una collusione casuale di particelle è 1060”.
Egli mostra inoltre che un’altra minuscola variazione nel modo in cui gli atomi
funzionano impedirebbe l’esistenza della vita. “Se la debole forza atomica, o la forza di
gravità venissero alterati di una parte minima quale una parte in 10100 , l’universo non
potrebbe consentire la vita”.
Come reagiamo noi a questo tipo di complessità meticolosamente regolata?
Mentre molti scienziati credono ancora che il caso abbia portato questo universo
all’esistenza, altri studiosi ritengono che solo la fede in un Creatore onnipotente possa
spiegare un universo tanto complesso. Lo stesso William Lane Craig conclude che “le
probabilità che delle perfette concordanze si siano verificate per caso sono così
incomprensibilmente grandi da non poter essere affrontati ragionevolmente”. Allo
stesso modo, il fisico di Cambridge, John Polkinghorne afferma,
I discussi approfondimenti del Principio Antropico chiariscono che l’universo primitivo
fosse già pregnante di possibilità di vita a base di carbonio miliardi di anni prima della
sua nascita effettiva, in quanto le forze della natura, come noi le viviamo, sono
“ottimizzate” per avere esattamente quel carattere e quelle forze intrinseche che da sole
poterono rendere possibile la lunga e delicatamente equilibrata catena di circostanze,
sia terrestri che astrofisiche, che hanno condotto alla vita sulla terra. Il minimo
7
Stephen Hawking, A Brief History of Time (New York: Bantam Books, 1988), 125.
cambiamento nella dettagliata costituzione di tali forze avrebbe reso l’universo noioso e
sterile nella sua storia8.
Per questi scienziati, la fede non è il mero sentimentalismo che noi sentiamo
quando guardiamo le farfalle, né la negazione dell’evidenza. Al contrario, la fede è per
loro la ragionevole risposta alla complessità
dell’universo, che non può essere spiegato
adeguatamente in alcun altro modo. Albert
Einstein descrive bene il senso di stupore
che uno scienziato avverte quando osserva
l’universo: “… chiunque sia seriamente
impegnato nella ricerca della scienza scopre
nelle leggi dell'universo la presenza di uno
spirito immensamente superiore a quello
dell'uomo, uno spirito di fronte al quale le
nostre misere forze devono farci sentire
umili. La ricerca della scienza conduce dunque ad un sentimento religioso di
particolare genere …”9
Creazione ed evoluzione
Ma potremmo ancora pensare, “Ok, la scienza si sarà pure sviluppata da una
visione cristiana del mondo, ed è difficile spiegare le complessità dell’universo se non
crediamo che siano opera di un Creatore. Ma cosa dire delle specifiche aree di conflitto
tra scienza e fede? Cosa dire di tutto il dibattito sulla creazione del mondo?”
Discutiamo di creazione ed evoluzione dunque. Ciò che viene avvertito come
conflitto tra la narrazione biblica della creazione del mondo e le scoperte scientifiche
su come il mondo si sia creato, sorge in realtà da una lettura avventata della Bibbia.
Sia i letteralisti che gli scettici commettono l’errore di proiettare le moderne categorie
di scienza e storia al suo testo antico. I letteralisti, ad esempio, calcolano che il
racconto della creazione riportato in Genesi ci
dica che l’universo sia stato formato tra i 6.000
e i 10.000 anni fa, e rifiutano la prova
scientifica che mostra che l’universo sia molto
più vecchio. Gli scettici, d’altra parte, leggono
altresì la Genesi con le categorie dei letteralisti
moderni, e giungono alla conclusione che, il
fatto che Dio abbia creato la luce prima di
creare il sole sia una contraddizione, per
esempio, e rifiutano il testo per questo motivo.
Ma entrambe queste posizioni estreme sono scriteriate, perché non leggono il
racconto della creazione per ciò che esso è. L’autore della Genesi non intendeva
8
John Polkinghorne, “Faith in God the Creator”, in Francis Collins, Belief: Readings on the Reasons for Faith (New York: HarperOne, 2011), 209.
9
24 Gennaio 1936, lettera in risposta ad uno studente del sesto anno (Phyllis Wright) che chiese se gli scienziati pregassero, e se sì, per cosa.
scrivere un racconto scientifico della creazione; la scienza empirica è nata molto più
tardi, nel 17° secolo. La sua intenzione era un’altra: comunicare verità teologiche su
chi Dio sia, su chi siamo noi, e su come il mondo sia venuto in essere. Lo studioso
dell’Antico Testamento, Bruce Waltke, spiega: “La Genesi e la scienza discutono
essenzialmente di questioni diverse … l’intento del racconto della creazione non è
quello di specificare le modalità geologiche e genetiche della creazione, ma quello di
stabilire in modo definitivo che la creazione sia il risultato degli atti creativi di Dio”10.
Quando leggiamo la Genesi nel suo contesto storico, e rispettiamo l’intenzione
letteraria del suo autore, le presunte contraddizioni con la scienza evaporano. Prendi
l’apparente contraddizione della creazione della luce prima del sole, ad esempio:
quando la Genesi fu scritta, Israele era appena uscito dall’Egitto, dove le persone
adoravano il sole come un dio. Collocando la creazione della luce prima del sole,
l’autore della Genesi sta dicendo in altre parole: “Penserete che il sole sia un dio, ma
lasciatevi dire che c’è un vero Dio che ha creato ogni cosa, che ha creato il sole, e che
ha creato persino la luce prima del sole”. Se compreso nel suo contesto, ciò che
sembrava una contraddizione è in realtà un’affermazione intenzionale sulla natura del
mondo. Se rispettiamo lo sfondo letterario del racconto della creazione nella Genesi,
comprendiamo ciò che intendeva comunicare. Non è un trattato scientifico, che elenca
i dettagli della composizione biologica, chimica, geologica e astrofisica dell’universo.
Non è una storia di scienza moderna. Viene meglio descritta invece come storia
teologica: una narrazione che comunica verità specifiche su Dio e il mondo.
Lasciatemi dare un esempio. Immagina un
padre che descrive la nascita di sua figlia a un dottore:
“Valentina è nata alle 21:40, dopo 11 ore di
contrazioni, anche se la mamma non è riuscita ad
arrivare a 10 centimetri di dilatazione, ecc.” È un
resoconto oggettivo, più o meno scientifico. Ma quando
descriverà gli stessi eventi a sua figlia, il suo
linguaggio sarà molto diverso: “Quando ho visto il tuo
visetto per la prima volta e ti ho tenuto la mano,
sapevo di non aver mai sentito niente del genere
prima, e quel momento è durato un’eternità per me”.
Ora, quale resoconto è più veritiero? Nessuno dei due, entrambi i resoconti sono
veri. Entrambi i racconti parlano del medesimo evento, ma a due tipi di pubblico
diverso, con strutture linguistiche diverse, per raggiungere scopi diversi. La Genesi,
allo stesso modo, non descrive i dettagli scientifici della creazione del mondo. È
piuttosto una descrizione dello scopo e del significato del mondo: un mondo buono
creato da un Dio buono. Un altro studioso la mette così: “dovrebbe essere chiaro che
quello di Genesi 1:1-2:3 non sia un resoconto scientifico. Intendo dire che abbia usato
parole scelte al suo scopo comunicativo, cioè di raccontare la storia in modo da
inculcare una particolare concezione di Dio e del mondo, una visione pervasa di
stupore, gioia e meraviglia davanti alla sconfinata energia e creatività di Dio”11.
10
Bruce Waltke and Cathi Fredericks, Genesis: A Commentary (Grand Rapids: Zondervan, 2001), 75
11
C. John Collins, Genesis 1-4: A Linguistic, Literary and Theological Commentary (Phillipsburg: P & R Publishing, 2006), 266.
Questa comprensione della Genesi nel suo contesto storico e letterario lascia
uno spazio aperto all’indagine scientifica e all’armonizzazione delle scoperte
scientifiche con la Bibbia. Anzi, i cristiani sono incoraggiati ad esplorare il mondo e a
produrre la migliore scienza, sapendo che il mondo non è privo di significato, o il
prodotto di forze casuali, ma la creazione intenzionale, intelligibile di un artista
magistrale.
Stupirsi e studiare
Possiamo dunque concludere che scienza e fede non siano in conflitto, e che,
piuttosto, la fede in Dio ha originato, motiva ed incoraggia l’indagine scientifica.
Potrebbero restare irrisolte diverse diatribe ancora in corso, che si tratti di biologia,
astrofisica o storia dell’archeologia. Ma la storia ci dimostra che la scienza emerge da
motivazioni religiose, o per lo meno è sostenuta da
presupposti nati dalla fede in un Creatore, e conduce
ad un atteggiamento di fede, poiché le delizie del
nostro universo possono così essere meglio
conosciute e meglio apprezzate.
Una forte fede in Dio non nuoce alla ricerca
intelligente, piuttosto la incoraggia: desideriamo
capire ancora meglio la natura quando la
consideriamo come il capolavoro di un artista
infinitamente creativo. Francis Collins, uno degli
scienziati di spicco odierni e direttore del progetto sul
Genoma Umano, illustra come la sua fede in Dio effettivamente lo motivi a progredire
nella scienza. “Il Dio della Bibbia è anche il Dio del genoma. Egli può essere adorato in
una cattedrale o in un laboratorio. La Sua creazione è maestosa, grandiosa, complessa
e meravigliosa”12. La fede cristiana ci fa apprezzare l’universo come l’affascinante
creazione di Dio, e ci incoraggia a produrre la migliore scienza possibile. Ci accostiamo
al mondo con interesse e stupore, affascinati dalle galassie, dalla storia geologica e
dai piccoli fiori, e adoriamo Dio per la Sua stupenda creazione. Oppure, con le parole
di Einstein: “Voglio sapere come Dio abbia creato questo mondo. Non sono interessato
a questo o quel fenomeno, nello spettro di questo o quell’elemento. Voglio conoscere i
Suoi pensieri, il resto sono solo dettagli”13.
René Breuel
cesanlorenzo.it
12
Francis Collins, The Language of God: A Scientist Presents Evidence for Belief (New York: Simon and Schuster, 2006), 211.
13
E. Salaman, “A Talk with Einstein,” The Listener 54 (1955): 370-371.