Forma/funzione - Luciano Fabale

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Forma/funzione - Luciano Fabale
Forma/funzione
Luciano Fabale
L’idea che il valore estetico di un oggetto
sia deciso dalla sua funzione non è recente.
Possiamo
dire
che
il
moderno
funzionalismo è una diretta conseguenza
del razionalismo del XVIII secolo.
L’architetto Carlo Lodoli prendeva come
esempio di motivazione razionale dello
stile la gondola veneziana (struttura con la
forma plasmata perfettamente alle esigenze
dell’ambiente in cui si usa).
Il pittore inglese William Hogarth fece
delle osservazioni sulle proporzioni che
derivano dallo scopo. Parlando di un
orologio nautico brutto nell’aspetto ma
perfettamente funzionale osservò «se una
macchina per questo fosse stata opera della
natura, il tutto e ogni singola parte avrebbero posseduto una squisita bellezza di forma senza
il pericolo di distruggere l’esattezza del suo meccanismo» (W. Hogarth, The Analysis of
Beauty, 1753).
Queste però sono visioni meccanicistiche e fra noi e loro si sono frapposti vari movimenti.
Tra l’illuminismo e il moderno funzionalismo ci fu la rivoluzione romantica la quale sostituì
«… al meccanicismo cosmico uno spirito universale che conferiva alla natura una compatta
pienezza, garantita dalla inesauribile varietà delle forme» (M. Vitta, Il Progetto della
Bellezza Einaudi 2001). Cioè si andava verso una visione organica del gusto estetico.
August Schlegel sottolineò in questo modo il carattere organico che avrebbe influito sul
funzionalismo del XIX secolo: «Meccanica è la forma quando essa è risultato di una causa
esterna, senza correlazione con l’essenza dell’opera medesima […] la forma organica, per
l’opposto, è innata col soggetto, passa dal di dentro al di fuori» (A. W. Schlegel, Dottrina
dell’Arte). «Il concetto di bellezza finiva così per coniugarsi con quello di verità, grazie
all’organica fusione d’ogni parte dell’opera con le altre e tutte insieme con la cosmica
pienezza del mondo» (M. Vitta, Il Progetto della Bellezza Einaudi 2001).
La filosofia organicistica non si è ancora esaurita. Pensiamo al progettista che tiene conto
dell’impatto ambientale che avranno i materiali usati per il suo progetto; egli sta mettendo in
pratica un ulteriore sviluppo dell’organicismo che vede la bellezza nell’insieme armonico di
tutti gli elementi del cosmo.
Quindi il riciclare, l’attenzione eco-ambientale il creare forme che si integrino perfettamente
all’ambiente circostante, la sensibilità verso linee e forme fluide che si incastrano tra loro in
maniera armonica, la modularità sono atteggiamenti che derivano dalla filosofia
organicistica.
Quindi il concetto di forma come conseguenza della funzione non è astratto, appartiene alla
nostra cultura ed è il prodotto dell’evoluzione del gusto.
Partiamo dalla Grande Esposizione Universale del 1851 di Londra (Great Exhibition) e
vediamo nel concreto come la cultura funzionalista arriva fino ai nostri giorni.
Figura 1 - ADOLF LOOS - CASA STEINER VIENNA 1910
Il contenitore di questa esposizione, il celebre Crystal Palace, è il primo esempio di
architettura di ferro. Lo progettò Joseph Paxton, costruttore di serre, pensandolo come una
struttura modulare che terminata l’esposizione sarebbe stata smontata (in realtà rimase dove
era fino al 1936, finché un incendio non lo distrusse, solo le due torri si salvarono e furono
abbattute nel 1940 per non permettere ai bombardieri tedeschi di utilizzarle come
riferimento).
Quindi il contenitore della prima grande esposizione industriale fu progettato proprio come
un prodotto industriale, con elementi standardizzati, modulari, ripetibili, formati per lo
scopo a cui era destinato.
Seguiranno le Arts & Crafts e poi arriveremo al Liberty (denominazione italiana dell’Art
Nouveau).
«Il carattere primario del liberty fu quello del valore strutturale della linea. Continua, fluida,
avvolgente, oppure impennata in un repentino zig-zag o colpo di frusta, la linea liberty
annullò di colpo l’elementare geometrismo dello spazio euclideo e la rigida ortogonalità di
quello cartesiano – che erano stati propri delle Arts and Crafts – per trascinare la percezione
in un sinuoso viluppo di piani e superfici che sostituirono la curva alla retta e la parabola al
semicerchio, e fecero della tridimensionalità una sorta di immagine virtuale, sempre
perseguita e mai davvero compiuta. Esso fu uno stile grafico per eccellenza: la plasticità
della materia vi fu ridotta a un nervoso flusso di energia di cui solo la linea, nella sua
essenzialità, poteva rivelare la portata e i percorsi. […] L’ideologia Liberty della curva
flessuosa, si radicò in principi strutturali basilari, in virtù dei quali ciò che appariva
ornamento era in realtà ossatura portante e ciò che era struttura dispiegò tutte le sue
possibilità estetiche. […] Al di là degli aspetti formali, la cultura del Liberty ribadì l’idea
che l’attività progettuale costituisse un continuum nel quale il grande artefatto architettonico
doveva estendere la propria identità stilistica non solo ad ogni suo minimo particolare, ma
anche a tutti gli oggetti, artistici o d’uso, destinati a popolarne gli spazi» (M. Vitta, Il
Progetto della Bellezza Einaudi 2001).
Questo concetto fece acquistare autonomia e dignità al design che ora poteva confrontarsi
con le arti “maggiori” le quali un tempo avevano relegato il design tra le “minori” arti
meccaniche.
Il Liberty si dimostrò erede della tradizione organicistica del design del XIX secolo.
Analizzò lucidamente e tradusse in valori estetici le più avanzate conquiste della scienza e
della tecnica dell’epoca.
Si diffuse rapidamente nella vita quotidiana. «[…] il modello estetico degli edifici si estese
dall’architettura ai mobili, agli utensili e ai più piccoli particolari decorativi; le insegne e le
vetrine dei negozi, le pagine dei libri, le testate dei giornali, manifesti pubblicitari incollati a
ogni angolo di strada ne rinviarono l’immagine gioiosa e febbrile, esuberante e nervosa, che
di lì a poco il cinema ai suoi primi passi avrebbe moltiplicato ingigantendola» (M. Vitta, Il
Progetto della Bellezza Einaudi 2001).
Con questo stile si sviluppa la tendenza ad adoperare nuovi materiali. In questo periodo la
grafica sviluppò il gusto per le stampe orientali, il disegno piatto, l’alternanza di vuoti e
pieni, il piacere dei forti contrasti.
Riepilogando il Liberty è uno stile organico in quanto ebbe lo scopo di integrare la nuova
città industriale con la natura circostante. Le forme dei suoi artefatti si sviluppano con delle
linee filiformi che non vogliono imitare la natura, ma hanno lo scopo di inserire l’artefatto
nell'ambiente naturale senza elementi di rottura, in maniera organica.
È il primo movimento che seriamente e ideologicamente si distoglie dall’ornamento come
elemento sovrapposto ad una struttura gratuitamente e possiamo definirlo il punto di
partenza del funzionalismo moderno.
Da qui si è aperta la strada che porterà al Movimento Moderno, al Razionalismo, al
Funzionalismo e alla celebre scuola della Bauhaus dalla quale discendono i nostri Istituti
d’Arte Applicata.
Tra il Liberty e il Razionalismo c’è di mezzo il Protorazionalismo. Ed è in questo periodo
che si comincia a polemizzare contro l’ornamento in maniera palese.
L’architetto protorazionalista Adolf Loos nel 1908 pubblica “Ornament und Verbrechen”
(Ornamento e Delitto), un testo provocatorio in cui sottolinea l’utilità sociale della
produzione di oggetti di forma semplice e funzionale.
“Vi sono prigioni dove l’ottanta per cento dei detenuti è tatuato. Gli individui tatuati che
non sono in prigione sono delinquenti latenti o aristocratici degenerati. Se avviene che un
uomo tatuato muoia in libertà, significa semplicemente che è morto qualche anno prima di
aver potuto compiere il proprio delitto” (Adolf Loos).
“Se io voglio mangiarmi un pezzo di pan pepato me ne sceglierò uno che sia tutto liscio e
non uno di quelli in forma di cuore o di bambino in fasce o di cavaliere, completamente
ricoperti di ornamenti. L’uomo del quindicesimo secolo non mi comprenderà. Ma tutti gli
uomini moderni mi comprenderanno benissimo. Il difensore dell’ornamento crede che il
mio slancio verso la semplicità equivalga ad una mortificazione. No, illustrissimo
professore della Scuola di Arti Applicate, io non mi mortifico affatto! E’ che a me piace di
più cosi. Le composizioni culinarie dei secoli passati, che esibivano tutti gli ornamenti
possibili per far apparire più appetitosi i pavoni, i fagiani e le aragoste, provocano in me
l’effetto opposto. E’ con orrore che io mi aggiro in una mostra gastronomica, se mi passa
per la mente l’idea di dover mangiare quelle carogne imbalsamate. Io mangio il roastbeef” (Adolf Loos).
Al Protorazionalismo, figlio del Secessionismo viennese, seguirà il Razionalismo
(Movimento Moderno), movimento ancor oggi non esaurito.
Pensiamo al Minimalismo, è un movimento che porta alle estreme conseguenze il pensiero
del Razionalismo.
I suoi artisti spesso realizzano le proprie opere con procedimenti industriali, perché
prediligono la precisione dello strumento meccanico. Le loro opere sono caratterizzate
dall’utilizzo di un lessico essenziale, composte con pochi elementi e materiali industriali,
hanno un limitato cromatismo e la decorazione è ovviamente assente, tendono a far
esprimere l’oggetto per se stesso più che un concetto tramite l’oggetto.
In musica si esprime con l’estrema semplificazione della struttura e della modalità
esecutiva, in letteratura con l’uso economico delle parole e delle descrizioni inutili.
Si inseriscono nell’ambito del Funzionalismo correnti artistiche quali Cubismo, Futurismo e
Dadaismo, movimenti che utilizzano l’osservazione scientifica e lo sviluppo tecnologico
come elementi di ispirazione artistica spesso rivolgendo la propria attenzione sugli oggetti
d’uso quotidiano, non perché belli o utili, ma in quanto oggetti d’arte.
Soprattutto il Dadaismo esprime il proprio concetto di arte utilizzando per esprimersi
oggetti, decontestualizzati, che non sono propriamente artistici come ruote di biciclette,
orinatoi, scolabottiglie, con lo scopo di riscattare l’oggetto d’uso. È la strada che porterà al
moderno design. L’oggetto prodotto industriale assurge a forma di arte.
In questo periodo nasce la scuola del Bauhaus ed è qui che si gettano le basi per la
formazione di quella metodologia progettuale, basata sulla forma funzione, che è l’inizio del
disegno industriale, del vero e proprio design.
Esempi di sviluppo di concept nella nostra società informatica
Televisori, telefoni cellulari e personal
computer hanno segnato il passaggio dal
XX al XXI secolo. Questi oggetti, ancora
fortemente tecnici dal punto di vista
strutturale utilizzati principalmente come
strumenti, si sono diffusi a livello
mondiale;
hanno
cambiato
i
comportamenti collettivi e questo, al di là
del loro tecnicismo e uso strumentale, fa
diventare importante il loro design.
Il televisore LCD
Le nuove generazioni ultrapiatte di televisori LCD tendono ad essere sempre più sottili, fino
quasi ad annullare la tridimensionalità e ad essere solo un rettangolo, una figura
bidimensionale. Li appendiamo ad una parete come un quadro (modo d’uso), e come un
quadro è una sorta di finestra che buca uno spazio per farci ammirare un paesaggio il
televisore egualmente ci apre una finestra sul muro per metterci in contatto con il mondo
esterno. Se non si fosse sviluppata la tecnologia degli LCD mai il design sarebbe approdato
a una soluzione formale di questo tipo (analisi di fattibilità). Quindi il design in questo
settore è riuscito a trovare il giusto concept, grazie allo sviluppo tecnologico, risolvendo sia
un’esigenza d’ordine spaziale (riducendo gli ingombri) che di arredamento (lo utilizziamo
come un quadro per ornare una parete), esigenze che la tecnologia da sola non avrebbe mai
risolto. Questo ha portato un interesse verso il prodotto da parte della produzione industriale
(il concept essendo fattibile è riproducibile) e del marketing (il consumatore risponde
positivamente all’offerta quindi c’è la possibilità di un guadagno).
Il telefono cellulare
La particolarità del telefono cellulare è quella di essere ancora manipolato dall’utente, esso
ha un contatto diretto con il corpo di chi lo utilizza. Questo non permette di poterne ridurre
notevolmente le dimensioni, mettendo così un freno alla miniaturizzazione della struttura
tecnica, che invece è possibile. La sua forma è legata strettamente alle esigenze
ergonomiche. Ma accessori come l’auricolare e il vivavoce stanno permettendo di rivedere
questo contatto fisico. Alcuni concept già prevedono modelli che si indossano come un
orologio che, prolungandosi sul dorso della mano, integrano minicamere e display. Alcuni
prototipi propongono soluzioni simili a «collier» con auricolari nei pendenti degli orecchini.
Tutti concept fattibili, in quanto non limitano la funzione di strumento di comunicazione,
che cercano soluzioni formali al fine di migliorare la qualità della vita del consumatore.
Il personal computer
La forma dei PC è dettata dal «design degli ingegneri» che nei prodotti ad elevato contenuto
tecnologico è sempre dominante. Di fatto gli ingegneri, figli della cultura meccanicistica e
funzionalista, non fanno altro che ricoprire con un involucro il corpo tecnico, il quale detta
la forma dell’oggetto insieme al disegno dell’interfaccia operativo.
Ciò che ha fatto la differenza nello sviluppo del design nei PC è stata la progressiva
informatizzazione della popolazione dei paesi industrializzati, la quale ha portato che la
maggior parte degli individui avessero nelle proprie abitazioni private un PC. Questo ha
fatto si che il marketing si interessasse costringendo i vari produttori, per guadagnare fette
di mercato, a rendere fortemente individualizzabili i propri prodotti (posizionamento sul
mercato).
Ai suoi esordi il computer, conformato in maniera meccanicistica, risultava anche
esteticamente un oggetto complicato. La difficoltà dei primi utenti a impararne l’uso e le
potenzialità era ulteriormente aggravata dal suo aspetto di strumento da laboratorio asettico.
I primi a comprendere che bisognava rendere il PC un oggetto domestico sono stati i
progettisti della Apple. E questa strada la aprirono con l’iMac. Già con la scelta del nome, in
italiano «io Mac», hanno voluto rendere più confidenziale il rapporto utente/macchina, ma il
vero concept vincente è stato quello di rendere trasparente l’involucro. Lasciandone
intravedere il contenuto hanno reso la macchina meno pesante, tendente all’immaterialità
(simile a quello che abbiamo visto per i televisori LCD). Questa elegante leggerezza data
all’oggetto dalla traslucidità ha fatto sì che sembrasse psicologicamente più conoscibile e
nel contempo meno complicato da utilizzare, così l’utente, grazie anche al nome
confidenziale, ci si è avvicinato meno timidamente ed ha imparato a conoscerlo e
utilizzarlo. La traslucidità ha fatto acquistare anche una valenza arredativa all’iMac che è
stata la chiave del suo successo commerciale.
Ancor oggi la Apple mantiene di fatto un netto vantaggio sui suoi concorrenti grazie a
questa attenzione nel design dei suoi prodotti. Quando parliamo di Mac, sappiamo che
hanno un prezzo più alto dei comuni PC, sappiamo che non tutti i software sono disponibili
per la piattaforma OS, che spesso ci sono difficoltà di comunicazione con i più diffusi
sistemi operativi Windows, comunque li compriamo gustando il piacere di possederne uno
che nel suo disegno, nella cura dei suoi materiali riesce a darci quel valore aggiunto che ci
appaga e va oltre la sua funzione strumentale. Questo è design.
Riferimenti bibliografici
M. Vitta, Il Progetto della Bellezza Einaudi 2001