n.9 2010 - Parrocchia San Josemaria

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n.9 2010 - Parrocchia San Josemaria
Duemila anni di storia non sono riusciti a cancellarle:
segui con noi le orme di Gesù in Terra Santa
Parrocchia San J osemaría Escrivà
Vedi il programma su www.psanjosemaria.it
Anno V
n. 9
Orizzonte
Largo Josemaría Escrivà, 7
Pellegrinaggio del 26 ottobre – 2 novembre 2010
Giugno 2010
www.psanjosemaria.it
tel. 065191933
La Sindone
Come recuperare la verità?
La mia Prima Comunione
Dopo diversi studi si è riuscito a
ricostruire - da Gerusalemme a
Torino, passando per Edessa, Costantinopoli, e la Francia - il percorso di quella che è ritenuta la
reliquia più preziosa della cristianità: il lenzuolo in cui Giuseppe di
Arimatea avvolse il corpo di Gesù.
Come è noto, su questo telo è
rimasta impressa l’immagine di un
uomo morto per crocifissione dopo essere stato sottoposto a flagellazione, e con un casco di spine
sul capo.
Si tratta proprio del lenzuolo di
cui ci parlano i Vangeli? La cosa
straordinaria è che Studi scientifici
accurati e prolungati non hanno
rinvenuto tracce di coloranti, né di
trattamenti manuali sul lenzuolo,
Ormai è fin troppo evidente.
Dopo che il relativismo più radicale ha messo in discussione ogni
verità oggettiva, sì che ognuno ha
la sua verità, si è compiuto il passo
successivo: svincolare ogni verità
soggettiva da qualsiasi legame con
la realtà.
Contro ogni evidenza, contro
ogni coerenza, si afferma con la
massima disinvoltura ciò che torna
più utile al proprio intento, non
importa se a totale ed ingiusto
detrimento altrui - anzi, di solito
l’obiettivo è proprio questo, dato il
clima conflittuale che si crea – e
per di più con la pretesa che ogni
menzogna diventi ipso facto verità
per il solo fatto di essere stata pronunciata.
Assistiamo così alla degenerazione del concetto di libertà in
anarchia assoluta, in cui ogni opzione ha eguale diritto di cittadinanza: perché, dal momento che è
stata cancellata anche la nozione
di bene in sé, l’importante non è
più che cosa scegliere, ma solo
scegliere. Allora ogni scelta diventa legittima e rispettabile, unicamente in forza dell’essere stata
operata.
Ma, tolto alla verità ogni riferimento oggettivo, non è più possibile una qualsivoglia forma di
comunicazione né di intesa, poiché viene a mancare una piattaforma condivisa su cui confrontare le
I giorni prima il mio incontro
con Gesù ero davvero emozionato: andavo in giro per casa con il
foglietto della messa per ripassare
la lettura che avrei fatto il “gran
giorno” e cercavo di recitare tutti i
giorni il Santo Rosario con mamma per preparami bene a ricevere
l’Eucarestia.
Durante il ritiro che abbiamo
fatto in parrocchia due giorni prima della cerimonia, abbiamo assistito alla messa: il vangelo raccontava la parabola delle vergini stolte invitate a nozze. Mi ha molto
colpito l’omelia che sottolineava
l’importanza di mettere l’olio nelle lampade per accogliere lo sposo, cioè Gesù. Non bisogna fare
come quelle vergini che non si
curarono di farsi trovare pronte
all’arrivo dello sposo, ma dobbiamo sempre prepararci per bene per
accogliere Cristo dentro di noi.
Con l’aiuto delle catechiste e di
don Roberto, in questi due anni ho
imparato a conoscere e a conversare con Gesù e quando finalmente ho mangiato il Suo Corpo, l’ho
abbracciato con le parole e i sentimenti, come si abbraccia un grande amico, il migliore.
Quel giorno ero il principe del
cielo e potevo chiedergli qualunque cosa, sicuro che Lui mi avrebbe ascoltato con particolare attenzione!
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Foglio d’informazione redatto dai parrocchiani e aperto al contributo di tutti i lettori: info @psanjosemaria.it
La Sindone
smentendo l’ipotesi di un possibile falso realizzato nei
secoli precedenti da un qualche artista.
Altri hanno invece attribuito l’origine
dell’immagine della Sindone a un ingiallimento del
tessuto, provocato da una forte energia radiante. In
altre parole sarebbe avvenuto a questo lenzuolo ciò
che accade a un giornale esposto per lungo tempo al
sole, ma non hanno saputo spiegare come mai
l’ingiallimento non è diffuso su tutto il telo, ma localizzato solo là dove il corpo era a contatto con il tessuto, in modo da formarne il suo negativo.
Sulla Sindone sono
state effettuate analisi
di diverso genere, che
hanno rinvenuto tracce
di pollini di piante tipiche dell’area di Gerusalemme, la presenza sia
di sangue vitale che di
sangue cadaverico, le
tracce di quegli oli aromatici di cui ci parlano
i Vangeli e, recentemente, l’esame di alcuni negativi fotografici
sembra abbia messo in
evidenza una scritta in aramaico che citerebbe il nome
di “Gesù Nazareno”, condannato a morte “per istigazione popolare” durante “l’impero di Tiberio” e che,
se fosse confermata, rappresenterebbe una vera e propria firma di autenticità della Sacra Sindone.
Altrettanto recenti studi hanno smentito infine la
prova del carbonio 14, che negli anni ‘80 fece tremare
la Chiesa e il mondo cristiano, datando la Sindone
all’età medioevale, senza tuttavia spiegare come e chi
avrebbe potuto in quei secoli produrre un negativo
fotografico.
Ma al di là dei risultati scientifici, ciò che può rendere ancora più credibile l’autenticità della Sindone è
l’esperienza personale che ciascuno realizza alla sua
presenza. La mia è quella di uno dei tanti giunti a
Torino, in occasione di questa ostensione.
Arrivato al Duomo di Torino pensavo che per vedere la Sindone avrei dovuto fare necessariamente una
lunghissima fila e credevo che fosse posizionata in
una qualche cappella laterale della chiesa, di modo
che solo chi si fosse prenotato potesse contemplarla.
Invece, appena entrato in chiesa me la trovo davanti
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agli occhi, in alto dietro l’altare. Emozionatissimo,
cerco di avvicinarmi il più possibile, trovo uno angolo
dove inginocchiarmi e mi metto a guardarla con attenzione. Riesco a scorgere chiaramente le braccia, poi
il volto, poi la macchia di sangue in corrispondenza
del costato, e quelle ai polsi e ai piedi.
La sera partecipiamo alla Via Crucis in Piazza Reale. Per l’ultima stazione, “Gesù deposto nel Sepolcro”, si entra in chiesa e ci si ferma proprio davanti
alla Sindone, dopo aver rivissuto i momenti dolorosi
della Passione, ricapitolati nel misterioso telo
che sta sotto i nostri
occhi.
E quanto è facile
adesso muovere la bocca e sussurrare quelle
preghiere sulla Dolorosa
Passione di Gesù e delle
sue Sante Piaghe, davanti al lenzuolo che ne
è preziosa testimonianza.
Il giorno dopo posso finalmente contemplarla da pochi metri e
riesco a scorgere con
più nitidezza il Volto sfigurato dai diversi colpi subiti,
i molti segni generati dalle spine sul Capo e sulla nuca e soprattutto le tantissime ferite provocate dal flagrum romano, presenti su tutto il dorso e le gambe.
Non si sbagliava la Santa che parlò degli oltre 5000
colpi ricevuti dal Signore durante la sua Passione.
Questo è il segreto della Sindone: parla al cuore
umile del credente, come se il Signore, oltre agli scritti dei Vangeli, avesse voluto lasciarci una prova visiva della sua Passione, Morte e Resurrezione. Una
prova particolarmente utile in questa la nostra epoca,
dove l’immagine è giunta ad assumere un peso quasi
più significativo della parola.
Al momento del rientro non riesco a prendere il
treno senza averla rivista un’altra volta, così mi affretto in un Duomo affollatissimo, che mi costringe a
rimanere dietro, ma mi basta. Quanto ci parla quel
lenzuolo, e quanto ancora parlerà al cuore di ogni
persona per le generazioni avvenire! Grazie Signore
che ci hai lasciato la Sacra Sindone, così umana, così
inspiegabile, e così vera.
Nicola
Lo Scapolare
Lo scapolare è un indumento costituito da due
grandi rettangoli di tessuto uniti da due strisce dello
stesso tessuto che vengono posate sulle spalle (in latino scapulae, da cui il nome scapolare) e lasciano cadere i due rettangoli di tessuto lungo la persona, sulla
schiena e sul petto.
In questa foggia, che è quella originale, lo scapolare è ancora oggi indossato dai membri di molti ordini
religiosi, primi fra tutti i Carmelitani, che sono i principali diffusori di questa devozione.
Esistono però anche versioni più semplificate e ridotte
(e ridottissime) dello scapolare, il che consente di indossarlo qualunque sia il genere di
vita che si conduce.
In ogni caso, lo scapolare
ha un significato e un valore
tutto mariano: da parte nostra
indica un rapporto di appartenenza alla Madonna, e da parte
della Madonna indica uno speciale impegno di protezione e
soccorso.
E queste le sue origini. Nel
1251 l'Ordine del Carmelo,
trapiantato in Europa dalla
Terra Santa, era circondato da
ostilità e opposizioni e rischiava di estinguersi. In preda alla
più grande angoscia, il suo
Priore Generale, l'inglese San
Simone Stock, si rivolse alla
Madonna componendo per lei
l'inno Flos Carmeli.
La Madonna ascoltò la sua
invocazione e gli apparve tenendo fra le mani uno scapolare. Lo porse a Simone, aggiungendo una promessa
che sarebbe stata custodita e ricordata nei secoli:
“Ricevi figlio dilettissimo lo scapolare del tuo ordine,
segno della mia fraterna amicizia, privilegio per te e
per tutti i carmelitani. Coloro che moriranno rivestiti
di questo scapolare non andranno nel fuoco dell'inferno. Esso è un segno di salvezza, protezione e sostegno
nei pericoli e di alleanza di pace per sempre”.
Uomo di fede e figlio del Medio Evo, San Simone
Stock dovette comprendere subito la ricchezza di significati di quel gesto e di quell'indumento! Lo scapolare lo identificava (e con lui tutti quelli che lo avrebbero indossato) come servo della Madonna, ma
anche come sua proprietà e per questo come suo pro-
tetto. Inoltre lo scapolare era come una pubblica dichiarazione che la Madonna sarebbe stata per lui veramente Mea Domina (Mia Signora): la persona alla
quale dedicare la propria vita, il proprio cuore, le proprie azioni.
Sempre nel Medio Evo, in una apparizione a Papa
Giovanni XXII, la Santa Vergine assicurò un privilegio speciale ai devoti dello Scapolare: “Io, Madre di
bontà, scenderò il primo sabato dopo la loro morte, e
quanti troverò nel Purgatorio, libererò e condurrò al
monte santo della vita eterna”.
Questo privilegio fu canonicamente confermato da
un documento ufficiale dello
stesso Papa - la cosiddetta
Bolla Sabatina - risalente al
1322. Da allora in poi la devozione allo scapolare si diffuse in tutta la cristianità e fu
confermata sia dal consenso
popolare, sia dalla voce del
magistero; furono molti i pontefici che ne confermarono il
grande valore. Ne ricorderemo uno per tutti: Giovanni
Paolo II, che nel 2001 così
scriveva: “Anch'io porto sul
mio cuore, da tanto tempo, lo
Scapolare del Carmine”.
Lo Scapolare è ancora
oggi molto diffuso, tanto più
che c'è la possibilità di indossarlo in una forma ridotta; per
una concessione di Pio XII lo
scapolare può essere anche
sostituito da una apposita
medaglietta, che ne conserva
il significato e il valore. Tuttavia la prima imposizione
deve compiersi con uno scapolare di tessuto e viene
effettuata da un sacerdote, che accompagna il gesto
con una apposita preghiera.
Ricordiamo tuttavia che lo scapolare, aiuto meraviglioso per la salvezza spirituale e anche materiale,
non è un passaporto automatico per il cielo!
Così come i miracoli di Gesù erano legati alla fede
di chi li richiedeva, così l'efficacia dello scapolare è
legata alla fede di chi lo indossa, al suo impegno nella
preghiera e alla coerenza della sua vita morale: “ Dio,
che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di
te” (Sant'Agostino, Sermo CLXIX, 13).
Dal sito web “Il Carmelo di Parma”
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Adoro te devote
Sulle pareti della nostra chiesa sono riportate la I,
la V e la VII strofa dell’inno Adoro te devote, che
trascriviamo nella loro versione italiana*:
Ti adoro devotamente, Dio nascosto,
che sotto questi segni a noi ti celi:
a te tutto il mio cuore si sottomette
perché, nel contemplarti, tutto viene meno.
O memoriale della morte del Signore,
pane vivo che dai la vita all’uomo,
fa che la mia mente viva di te
e gusti sempre il tuo dolce sapore.
Gesù, che adesso adoro sotto un velo,
fa che avvenga presto ciò che bramo:
che nel contemplarti faccia a faccia,
io possa godere della tua gloria. Amen .
È questo uno di cinque inni eucaristici che si
pensa siano stati scritti da San Tommaso d'Aquino,
in occasione dell'introduzione della solennità del
Corpus Domini nel 1264, su commissione di papa
Urbano IV. L'attribuzione non è certa poiché le prime testimonianze di tale paternità letteraria risalgono
a non meno di cinquant'anni dalla morte del Dottore
Angelico.
L'inno fu inserito nel Messale Romano del 1570,
voluto da papa Pio V, ed è ora anche citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica (voce 1381). Viene
utilizzato durante le adorazioni eucaristiche e nelle
preghiere di ringraziamento al termine della S. Messa.
Il testo latino è una poetica riflessione sul mistero
Eucaristico, davanti al quale tutti nostri sensi
“falliscono” . Solo la fede può ammetterne la realtà.
È necessario andare al di là delle apparenze sensibili,
del pane e del vino consacrati per adorare l’essere
intero del Verbo incarnato, nello stesso tempo immolato e glorioso.
Gesù ha voluto umilmente occultarsi sotto i tenui
veli delle Specie eucaristiche affinché anche l’uomo
sia indotto dall’umiltà a rifiutare la conoscenza ordinaria attraverso la vista, il gusto, il tatto e persino
l’intelletto, per aderire unicamente alla sola Parola
del Signore.
*Tratta dal Calendario 2010 di S. Josemaría, pag. 71
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La miglior catechesi eucaristica,
l'Eucaristia ben celebrata
La migliore catechesi sull'Eucaristia è la stessa
Eucaristia ben celebrata, ha affermato Benedetto
XVI esortando tutta la Chiesa a celebrarla in modo
degno.
Il Santo Padre ha lasciato questa consegna ai
partecipanti al convegno della nostra Diocesi di Roma che ha inaugurato martedì nella Basilica di San
Giovanni in Laterano, Cattedrale del Vescovo della
Città eterna.
La Santa Messa, celebrata nel rispetto delle
norme liturgiche e con un'adeguata valorizzazione
della ricchezza dei segni e dei gesti, favorisce e promuove la crescita della fede eucaristica, ha affermato
Come recuperare la verità?
Il Teatro
proprie idee. La conseguenza è automatica: una conflittualità senza esclusione di colpi, mirante unicamente alla distruzione dell’altro e all’affermazione
della propria egemonia.
E così, proprio nell’epoca della esasperata velocizzazione tecnologica delle comunicazioni, si vive
nell’incomunicabilità più totale, quasi una nemesi
storica della Torre di Babele: l’uomo, diventato troppo pieno di sé, sfida Dio mettendosi al Suo posto; col
risultato che, parlando ciascuno una propria lingua
senza più una base comune, non ci si capisce più e
ne consegue una confusione litigiosa devastante.
Il teatro è un arte, quindi l'attore è un artista.
Però, per noi ragazzi della parrocchia, il teatro
prima di tutto è un gioco in cui noi siamo i protagonisti. Ogni domenica trascorriamo un' ora in una
grande aula, che è l'ambientazione delle nostre fantasie, poiché nel teatro non si finisce mai di giocare, di
divertirsi e di imparare.
Ognuno di noi può essere un ricco conte francese,
un cameriere pazzo, una principessa medioevale, una
fata, una rock- star,o, perché no, un manager indaffarato, un investigatore privato.
Il teatro, come tutte le attività, richiede nondimeno anche un minimo di sacrificio: partecipare non
costa nulla, però bisogna impegnarsi, imparare le
parti, seguire le prove... . Domenica 16 maggio siamo andati in scena: che divertimento!
Chi l'avrebbe mai pensato: noi, un gruppo di ragazzi, attori! A dirla tutta, solo il nostro Registatecnico-organizzatore Maurizio, ha creduto fin dall'inizio che potessimo presentarci al pubblico ed avere
successo.
Ma andare in scena è solo l'ultimo obbiettivo di
noi ragazzi: il vero spasso sono le prove, occasioni
per stare insieme in allegria.
Certo, è una bella soddisfazione quando sei in
scena e la gente ride a crepapelle della tua battuta;
posso assicurare, per esperienza, che è una sensazione fantastica, da provare.
Tutto questo noi della compagnia teatrale lo facciamo dopo la messa delle ore 10,00, tutte le domeniche, non costa nulla venire a teatro, e chi ci guadagna sei tu!!!
il Pontefice.
Nella celebrazione eucaristica noi non inventiamo qualcosa - ha avvertito -, ma entriamo in una
realtà che ci precede, anzi che abbraccia cielo e terra
e quindi anche passato, futuro e presente.
Questa apertura universale, questo incontro con
tutti i figli e le figlie di Dio è la grandezza dell'Eucaristia: andiamo incontro alla realtà di Dio presente
nel corpo e sangue del Risorto tra di noi.
Per questo, le prescrizioni liturgiche dettate
dalla Chiesa non sono cose esteriori, ma esprimono
concretamente questa realtà della rivelazione del
corpo e sangue di Cristo e così la preghiera rivela la
fede.
Secondo il Vescovo di Roma, è necessario che
nella liturgia emerga con chiarezza la dimensione
trascendente, quella del Mistero, dell'incontro con il
Divino, che illumina ed eleva anche quella
'orizzontale', ossia il legame di comunione e di solidarietà che esiste fra quanti appartengono alla Chiesa. Quando prevale quest'ultima, infatti, non si comprende pienamente la bellezza, la profondità e l'importanza del mistero celebrato.
Il Papa ha quindi chiesto ai fedeli di Roma, e in
particolare ai sacerdoti, di celebrare i divini misteri
con intensa partecipazione interiore, perché gli uomini e le donne della nostra Città possano essere
santificati, messi in contatto con Dio, verità assoluta
e amore eterno.
Allo stesso modo, ha esortato i cattolici a curare
al meglio, anche attraverso appositi gruppi liturgici,
la preparazione e la celebrazione dell'Eucaristia,
perché quanti vi partecipano possano incontrare il
Signore. È Cristo risorto, che si rende presente nel
nostro oggi e ci raduna intorno a sé.
L’uomo quindi non solo pretende di prendere il
posto di Dio, ma anche di usurparne le prerogative:
la sua parola, assunta come verità per il solo fatto di
essere stata pronunciata, si fa tragica parodia della
Parola di Dio, che è efficace proprio perché veramente realizza ciò che esprime: “Sia la luce” e la
luce fu.
Si ripete, in ultima analisi, quanto già avvenuto
con l’ateismo materialista: tolto di mezzo Dio Creatore e messa la materia increata al Suo posto, è stato
giocoforza attribuire ad essa, che esiste solo nello
spazio e nel tempo, il carattere divino dell’eternità!
E chi, nel tentativo di comunicare, si provasse a
dimostrare ciò che invece dovrebbe essere evidente
di per sé, si sente dire: “...ma questo lo dici tu!”. E la
comunicazione è già chiusa.
Per coloro che si attengono a questa logica, la
sola prospettiva è dunque quella di sbranarsi a vicenda. Onestamente, ma soprattutto cristianamente, non
possiamo assistere indifferenti a tale degenerazione
della natura umana.
Occorre pertanto, con umiltà e carità e sempre
distinguendo l’errore dall’errante, far sì che venga
recuperato l’amore per la verità, in forza del mandato
apostolico che ci è stato affidato col Battesimo da
Colui che disse: “Io sono la Verità”.
Leda Fiorillo
Jacopo Alati
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La mia Prima Comunione
Oggi vorrei essere ... umile
II D ore 11:30
La cerimonia è stata stupenda,
tutto perfetto. La musica era meravigliosa: infatti per l’occasione
il “Coro di voci bianche” – del
quale faccio parte anche io! – ha
animato la messa. Nel coro c’era
anche la mia sorellina che mi ha
detto: “oggi canto per te!”
E’ stato un giorno indimenticabile e io mi sentivo trasportato in
cielo!
Grazie don Roberto! Grazie
Patrizia, Laura, Rita, Brunilde,
Luisa, Sebi, Giovanna, Angelina!
Grazie mamma e papà! Tutti voi
mi avete aiutato a scoprire e amare il mio Gesù.
“Come è andata la verifica? Quanto hai preso?”
“Lasciamo perdere. Quella mi ha messo due voti in
meno, mi meritavo il massimo”
“Ma quanti errori hai fatto?”
“Pochissimi e neanche gravi. Guarda”
“Ma che dici, sono gravissimi! Ti è andata anche
bene che hai preso la sufficienza! Io non te l’avrei
messa”
“Anche tu adesso fai così? Ho ragione io: mi meritavo molto di più perchè ho sbagliato cose di poco
conto”
“Pensala come vuoi”
VIA DELLA MUSICA 51 ore 20:30
“ Ma’, io esco stasera”
“Oggi no, hai preso ieri il motorino senza permesso”
“E che sarà mai? Non è la prima volta che ci vado”
“ Sarebbe potuto succedere qualcosa...”
“Stai sempre a pensare a quello che poteva succedere, stai calma!”
“Abbi almeno un po’ d’umiltà per ammettere che
hai sbagliato..”
“No”
Federico Marangi
Io percorro la mia strada con Gesù
Nuovo percorso catechetico per i ragazzi della cresima
Dall’anno prossimo il percorso formativo dei ragazzi che si preparano a ricevere la cresima, sarà caratterizzato da alcune importanti novità, preannunciate già
dal nome: “Io faccio il mio percorso con Gesù”.
A sottolineare che la vita cristiana non si realizza
solo con l’apprendimento di una dottrina ma richiede
innanzitutto l’incontro con Lui. Perciò il percorso è
tutto incentrato sulla Messa domenicale, che è il luogo
per antonomasia dove incontriamo Gesù.
Tutto il resto è la conseguenza naturale di
quell’incontro. I primi cristiani l’avevano capito alla
perfezione, e quando volevano spiegare il senso della
loro nuova vita, semplicemente dicevano di essere
“iuxta dominica viventes”* coloro che vivono secondo
ciò che celebrano ogni domenica, cioè l’Eucaristia e la
Pasqua del Signore.
Bisogna abbandonare l’idea che la catechesi si limiti allo studio di alcune nozioni per poter ricevere la
cresima, quasi che apprendere ad essere cristiano fosse
come andare alla scuola-guida per ottenere la patente.
Ma no! Fortunatamente essere cristiano è tutta
un’altra cosa ed è ciò che vuole mostrare il nuovo percorso che sarà soprattutto un aiuto ai ragazzi ad incon4
trare Gesù: prima nella Messa, poi nella propria vita e
in tutte le loro azioni.
I momenti più salienti del percorso saranno i seguenti. Ogni domenica alle 10 nella cappella feriale ci
sarà la Messa per il gruppo. Poi, per quelli che lo vorranno, i giovedì alle 17 ci saranno incontri dai molteplici contenuti: cineforum, scuola di preghiera, preparazione della domenica, incontri con invitati speciali,
ecc. Ogni trimestre è prevista una giornata di ritiro
spirituale, che sarà anche un momento conviviale e di
amicizia.
Il percorso cambierà ritmo nell’ultimo anno
(normalmente 3ª Media), con momenti specifici di
catechesi sulla dottrina cristiana. La ricezione del sacramento della cresima (verso dicembre) sarà il momento più saliente di quell’anno, ma non il termine del
percorso. Infatti, come abbiamo visto, l’obiettivo ultimo non può essere altro che incontrare Gesù, Amico e
Salvatore, ed imparare a percorrere la nostra vita accanto a Lui.
Alvaro Granados
*(Ignazio di Antiochia; Lettera ai Magnesii, IX)
Se praticassimo l’umiltà con la stessa naturalezza
con cui beviamo l’acqua ogni giorno, il mondo sarebbe veramente diverso. Basterebbe che ognuno di noi
evitasse di essere presuntuoso, al di sopra degli altri,
ma guardasse un po’ più per terra.
A quella terra (humus), da cui deriva non solo il
termine umiltà ma la stessa parola uomo, e che ci invita a cercare le radici di ciò che ci circonda e a coglierne il significato più profondo. L’umiltà ci aiuta a vivere meglio, proprio come se fosse un lampione in mezzo ad una strada buia, un importante riferimento per
orientarsi.
Tuttavia, al giorno d’oggi quante persone sono veramente umili? Non esiste ovviamente una statistica in
proposito ma, basandoci sull’esperienza quotidiana,
possiamo dedurne delle percentuali scoraggianti.
Ma perché è così difficile essere umili?
Per l’arroganza e la superbia dell’uomo che, troppo
presumendo dalle sue doti intellettuali, si “monta la
testa”
Ma cosa sarà dopo molti anni di tutte le sue “gesta”
di cui non rimarrà traccia?
E anche tra i personaggi che hanno conquistato un
posto nella storia, quanti di loro sono ricordati per i
benefici arrecati all’umanità o non piuttosto per la
determinazione con cui hanno perseguito il proprio
personale successo, quasi sempre a scapito del prossimo.
Questo è il pericolo che dobbiamo evitare nei nostri
comportamenti quotidiani: mirare solo al nostro tornaconto senza curarsi delle esigenze degli altri.
“La forza redentrice della nostra vita sarà efficace
pertanto solo se c'è umiltà, solo quando smetteremo di
pensare a noi stessi e sentiremo la responsabilità di
aiutare gli altri”. (San Josemarìa: “È Gesù che passa”;
Il trionfo di Cristo nell'umiltà, punto 18)
II D ore 8: 10
“Ciao”
“Ciao”
“Scusa per ieri, mi sono innervosita... . Ci ho riflettuto e per una cavolata del genere stavamo per litigare.
E’ tutta colpa mia”
“Ok, non è niente”
“Pace?”
“Pace”
VIA DELLA MUSICA 51 ore 8:10
“Mamma?”
“Che c’è?”
“Ho sbagliato a prendere il motorino, dai non lo
faccio più. Promesso”
“ Non preoccuparti sei perdonato, ora esci”
“Pace?”
“Pace”
Chiara Chiessi
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