Leoncillo Leonardi
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Leoncillo Leonardi
Leoncillo Leonardi (Spoleto, 1915 - Roma, 1968) Il cane, 1956 ceramica policroma 85 x 47 x 45 cm Acquisto 2004 ProMuseo Associazione Amici Sostenitori del Museo Cantonale d’Arte L’arte di Leoncillo nasce come impegno sociale nei confronti della realtà tragica della guerra e promuove la ceramica, di solito relegata a ruoli di “decorazione”, a forma d’arte a pieno titolo. Negli anni Trenta sviluppa uno stile classificabile fra Neobarocco ed Espressionismo, attento alla lezione di Scipione. Negli anni Quaranta, l’impegno politico durante la Resistenza e l’irruzione dei linguaggi europei d’avanguardia determinano una nuova fase, in cui il linguaggio espressionista si sviluppa in direzione di una scomposizione plastica dei volumi che già prelude al post-Cubismo. Ma Leoncillo diventa famoso dalla metà degli anni Cinquanta con opere in linea con l’Informale. Colate di ceramica nei colori primari (bianco, nero, rosso) trattata come lava incandescente che si raggruma e si rapprende. Le opere di questo periodo trovano spunto da elementi della natura (fiori, alberi, arbusti, tralci e cespugli) ma lontane dal concetto di mimesis. Con Martini, Marini e Manzù, Leoncillo è considerato uno dei grandi della scultura italiana. Leoncillo nasce a Spoleto nel 1915, dal 1932 studia all’Istituto d’Arte di Perugia e nel 1935 si trasferisce a Roma, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Conosce il poeta Libero de Libero con il quale frequenta l’ambiente della Galleria della Cometa e gli artisti della Scuola Romana. Nel 1939, a Umbertide, si applica alla ceramica, tecnica che rimarrà una costante nella sua produzione e che gli permetterà di approdare a quella sua peculiare compenetrazione tra colore e materia. Gio Ponti si interessa al suo lavoro, e nel 1940 gli allestisce una sala alla Triennale di Milano, con Fancello. Partecipa alla Resistenza e dopo la Liberazione espone con Cagli, Guttuso, Mafai, Mirko e altri alla mostra romana “Arte contro la barbarie” vincendo il primo premio con le due versioni della Madre romana uccisa dai fascisti. Nel 1947 aderisce al “Fronte nuovo delle arti” con Corpora, Franchina, Fazzini e Turcato, e con loro espone alla Biennale di Venezia del 1948. Nel 1949 ha la sua prima personale alla Galleria del Fiore di Firenze, presentato dal critico Roberto Longhi. Nel 1955 esegue per i Giardini napoleonici di Venezia il Monumento alla partigiana veneta, distrutto nel 1962 da un attentato fascista. Nel 1956 in seguito a una profonda crisi ideologica si dimette dal Partito comunista e inizia una severa revisione del suo lavoro dell’ultimo decennio. Nel 1957 espone alla “Tartaruga” di Plinio De Martiis, la nuova produzione decisamente orientata in senso informale. I suoi accesi cromatismi e il controllo della materia plastica e degli smalti, lo portano a risultati di altissimo livello, in cui affronta anche temi spaziali non lontani dalle aperture verso la quarta dimensione di Lucio Fontana. Nel 1968 ha una sala personale alla Biennale di Venezia, nello stesso anno muore prematuramente all’età di 53 anni.