Cani randagi ni randagi ni randagi si può fare

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Cani randagi ni randagi ni randagi si può fare
Le opere e i giorni dell'Altipiano
MEMORIE DELL'ALTIPIANO DELLE ROCCHE
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N. 28
aprile 2011
Cani
Cani randagi
si può fare qualcosa?
qualcosa?
Secondo una stima approssimata, solo a Rocca di Mezzo, intorno al centro abitato, vivono circa 70 cani
randagi o liberamente vaganti sprovvisti di microchip: una colonia vive alle coste, una alla stallopoli, un’altra
meno numerosa nel centro storico, altri esemplari stanziano intorno alla piazza, quest’ultimi sono più o meno
alimentati da alcuni benpensanti.
Sembra che finora non ci siano state aggressioni con ferimento di persone, mentre vengono segnalate diversi
attacchi che hanno causato sgomento, paura e addirittura terrore; fra le vittime ci sono diversi ragazzi, che sono
arrivati alla scuola (MUSP della RiRi) sconvolti, altre persone hanno rinunciato a fare passeggiate in campagna
(per funghi ad esempio) dopo essere stati intercettati da gruppi di cani randagi o padronali non richiamati da
proprietari non troppo solerti, altre si sono armate di bastone e altri oggetti da lancio esponendosi a maggiori
pericoli.
Le norme
vigenti sulla prevenzione del randagismo
e la detenzione di animali di affezione (cani
e gatti) sono:
- la Legge quadro
nazionale n. 281
del 14 agosto
1991;
- la Legge regionale
n. 33 del 14 agosto
1981;
- la Legge regionale
n. 86 del 21 settembre 1999;
- la Legge regionale
n. 8 del 23 genna io 2004,
- le sentenze della
Cassazione
n.
10638 del 2002, n.
40618 del 2004 e
n. 27001 del 2005.
Il cane dal pelo lungo e bianco, dalle nostre parti veniva chiamato “cane da pecora” perché serviva
per la custodia e la protezione delle greggi; spesso portava al collo il “reccale” un collare chiodato
che lo difendeva dai lupi. Dal 1958 l’ENCI ( Ente nazionale cinofilia italiana ) lo annovera nella
razza denominata “ Mastino maremmano – abruzzese “, vi è però un’ autorevole corrente che si
batte affinché per il nostro “ cane da pecora “ venga riconosciuta la razza autoctona denominata
“Mastino abruzzese”. Un convinto sostenitore di questa tesi è Giuseppe Maria Fraddosio,
villeggiante e proprietario di casa sul nostro Altipiano; lo stesso è autore del libro “ Viaggio nella
storia del mastino abruzzese” (Schena – Fasano di Puglia 1995) disponibile in biblioteca.
Proprietari e detentori a qualsiasi titolo di cani
In base a tali norme in Abruzzo è applicata l’anagrafe
canina : “Il proprietario o detentore a qualsiasi titolo
dell’animale, residente in Abruzzo, è tenuto a
notificare al Servizio Veterinario
dell’Azienda
U.S.L. competente territorialmente per l’iscrizione
all’anagrafe, il possesso di cani di età superiore a 4
mesi” inoltre “dovrà notificare il parto di cagne, a
qualsiasi scopo detenute, entro 120 giorni dal parto
stesso, con l’indicazione dei numero dei nati, del
sesso degli stessi, del numero dei morti e della
destinazione dei cuccioli….Il cane iscritto
all’anagrafe è contrassegnato da un codice di >>
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Cani randagi si può fare qualcosa ?
riconoscimento impresso mediante inoculazione di
un microprocessore….I proprietari o detentori a
qualsiasi titolo del cane, debbono segnalare al
Servizio Veterinario dell’Azienda U.S.L. di
competenza, i mutamenti nella titolarità della
proprietà e nella detenzione o lo smarrimento o la
morte dell’animale”.
Tali adempimenti possono essere fatti:
- per le comunicazioni con una raccomandata RR. a:
Servizio Veterinario P.O. S. Maria di Collemaggio
pal. B - 67100 l’Aquila. Tel. 0862 368982 Fax 0862
405330, che resta aperto tutti giorni feriali dalle 8.30
alle 13.30;
- per l’ inoculazione del microprocessore bisogna
recarsi presso lo stesso Servizio Veterinario previo
appuntamento.
Nessuna tassa è dovuta per il possesso o la detenzione di un animale.
Animali abbandonati
È vietato a chiunque abbandonare cani, gatti e di un rifugio consortile, magari gestito da una
qualsiasi altro animale comunque detenuto.
associazione animalista o venatoria, con una conLe autorità di Pubblica Sicurezza, il Corpo Forestale seguente campagna di sterilizzazioni e adozioni,
dello Stato, la Polizia Municipale, i Servizi Sanitari, insieme ad uno sforzo finanziario per effettuare una
le Guardie Zoofile Volontarie, le Associazioni prima capillare bonifica.
Venatorie, le Associazioni Animaliste devono Per le infrazioni alle norme sulla detenzione di
segnalare la presenza di cani vaganti, randagi o animali di affezione sono previste pesanti sanzioni
inselvatichiti alla A.S.L., la quale predispone la cattura amministrative.
con la collaborazione del Comune e della Comunità Per quanto riguarda il rimborso dei danni causati da
Montana, che sono tenuti ad organizzare rifugi o asili cani randagi la norme sono carenti, in quanto prein forma singola, associata o in convenzione.
vedono esplicitamente l’indennizzo, da parte della
Gli animali catturati ven
Regione, agli allevatogono portati al “Canile
ri per le perdite di capi
di bestiame; e per i danni
sanitario” istituito presso
alle persone? Ad esemogni A.S.L., dove sono
identificati: se dotati di
pio una persona che
viaggia in bicicletta e fimicrochips vengono renisce investito da un auto
stituiti al proprietario con
spese di soggiorno ed
perché attaccato da cani
eventuali cure a carico
vaganti? O cause secondello stesso; se sprovdarie allo spavento per
visti, dopo essere stati
l’aggressione di animali?
Secondo la Cassazione
sottoposti a trattamento
la pubblica amministrasanitario e a tutti gli
zione è chiamata a
adempimenti di legge, se
non reclamati vengono
rispondere dei danni inferti da animali randagi,
posti in adozione.
qualora abbia omesso e
Gli animali, sprovvisti
trascurato di adottare le
di microprocessore, non
reclamati e non richiesti
cautele idonee a rimuoIl “reccale” collare per la difesa dai lupi
in adozione vengono inviati al rifugio del Comune nel vere e ad eliminare il potenziale pericolo rapprecui territorio è stato catturato, dove deve essere sentato da questi. Ma la stessa si divide in due
mantenuto fino all’adozione o alla morte (il Comune correnti: la prima attribuisce alla A.S.L. tale
di Rocca di Mezzo è convenzionato con il “Canile responsabilità, la seconda insieme alla A.S.L. chiama
marsicano di Lecce dei Marsi”) .
in causa anche il Comune.
Il problema è di costi; il ricovero di un cane costa da Ma a questo punto una domanda sorge spontanea:
1,5 a 3 euro al giorno, per cui facile formulare un “A Rocca di Mezzo nessuno si è accorto che ci sono
budget. La spesa può essere ridotta: con l’istituzione cani vaganti? “
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Fino a una cinquantina di anni fa per le feste giungevano nei nostri paesi, insieme ai venditori ambulanti, uno stuolo
di singolari personaggi: sensali, imbonitori, zingari, mendicanti, indovini, ombrellai, arrotini, una donna dai vistosi
baffi con il gioco della roulette, un signore ben vestito con il gioco delle tre carte e il venditore di pianeta.
Quest’ultimo è il protagonista di “ Lu destine “; portava un piccolo pappagallo chiuso in una particolare gabbia, che
nella parte inferiore aveva un cassettino pieno di bigliettini piegati in quattro, dove vi era stampato l’oroscopo, la
cabala e i migliori auspici per sognare. Quando il venditore apriva il cassettino e lo sportellino della gabbia il
pappagallo saltava sui foglietti colorati, chiamati pianeta, ne estraeva uno, con il becco, per poi tornare in gabbia
dopo averlo consegnato al padrone.
Lu destine
Fu poche tempe fa, alli dicessètte
nnanze alla casa gnova di Libbrate
nu vecchie che seneva gl’organette
diceva: “ currete ne ve vergugnate,
Fu poco tempo fa il diciassette
davanti alla casa nuova di Liberato
un vecchio che suonava l’organetto
diceva: “ correte non vi vergognate,
avete dispiacere? Avete spine?
Saprete l’avvenire i lu passate.
Cu ddu solde lu pappagalle ammaestrate
ve trova la pianeta de lu destine”.
avete dispiaceri? Avete spine ?
Saprete il futuro e il passato.
Con due soldi il pappagallo ammaestrato
vi trova la pianeta del destino
Uh! Lu destine. Mo me revé mmente
quande mammarella certe sere
parleva de destine: “ È come u vente,
Uh! Il destino. Adesso mi torna in mente
quando nonna certe sere
parlava di destino: “È come il vento
- dicéva – n’ze vede i soffia, te scumpiglia,
t’accide, t’accarezza, è nu mistere!....”
Mo, pe ddu solde… Chi n’ze lu piglia?
- diceva – non si vede e soffia, ti scompiglia,
ti uccide, ti accarezza, è un mistero!...
Ora per due soldi… Chi non se lo piglia?
M’avvicine. I quilu vicchiarelle
raprì lu sportellucce: “ Avanti amore!
- fice – scite fore, Rosinelle,
pescate lu destine de lu signore”.
Mi avvicino. E quel vecchierello
aprì lo sportellino: “ Avanti amore!
- fece – uscite fuori, Rosinella,
pescate il destino del signore”.
Lu pappagalle sci da lu sportellucce,
fice tre quattre zumpe loche fore
pigliò mmocca lu cartellucce,
a quande écche lu jatte di zi Salvatore,
Il pappagallo usci dallo sportellino
fece tre o quattro salti la fuori
prese in bocca un cartellino,
quando ecco il gatto di zio Salvatore,
j’afferrò ncanna, i tela come u vente.
“Acchiappetelu! Aiute!... Addie lu capitale!
- fice u vecchie – Leste bbona gente!...”
l’afferrò alla gola e via scappò come il vento.
“Acchiappatelo! Aiuto!.... Addio il capitale!
- fece il vecchio. – Presto buona gente!...”
Ma quilu jatte scappò abballe,
ze ji a ficcà sotte a nu capescale
i ze magnò destine i pappagalle.
Ma quel gatto scappò giù
s’andò a ficcare sotto una rampa di scala
e si mangiò destino e pappagallo.
È difficile scrivere il dialetto, perché mancano
regole condivise, il nostro testo è scritto nel modo
più semplice. Per poterlo leggere bisogna pronunciare la e senza accento semimuta quasi come non ci
fosse. La poesia che presentiamo è una versione,
del maestro Giuseppe Alfiero Benedetti (1888–
1936), in dialetto rocchigiano, con al lato una
tradu-zione letterale in italiano, di “ Lu destine “ di
Modesto Della Porta. Nato a Guardiagrele nel
1885
dove morì a 53 anni nel 1938, Modesto Della Porta
è considerato se non il maggiore poeta dialettale
d’Abruzzo, senz’altro è il più conosciuto. Dopo
scuole elementari frequentò qualche classe di scuola
media, esercitò il mestiere di sarto a Guardiagrele e
Roma . Nel 1933 l’editore Rocco Carabba pubblicò
“ Ta - pù ” una sua raccolta di poesie, peraltro già
note, poiché con impareggiabile bravura le recitava
spesso fra amici e in pubbliche manifestazioni.
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L’eroico
L’eroico sacrificio di Vito e Amabile
Il 5 dicembre del 1950 alle ore 21.30 una violenta esplosione fa
tremare tutta la zona circostante la cittadina di Troina al confine
fra le province di Enna e di Messina, non lontano dall’Etna.
A pochi chilometri dal centro abitato è in costruzione un’imponente diga per la realizzazione del lago artificiale Ancipa, per
produrre energia elettrica e costituire una riserva idrica che alla
fine dei lavori raggiungerà il volume 28 milioni di metri cubi e
fornirà acqua potabile a 13 comuni fra cui Enna.
Vito e Amabile in una foto di Guido Cristoffanini
I lavori sono eseguiti dalla Lodigiani, dalla Sogene e da altre
imprese. Il cantiere della Sogene, che si occupa fra l’altro,
della costruzione di una galleria, è diretto dall’ ing. Giulio Pani
ni e dai fratelli Vito e Amabile Colarossi rispettivamente di 28
e 26 anni, il primo perito minerario, il secondo geometra.
La sera del 5 dicembre, in vista della ripresa dei lavori dopo la
festività di Santa Barbara ed una giornata di sciopero, tre operai si recano in galleria per una verifica dell’ambiente. A causa
dei due giorni di inattività si era accumulato un forte quantitativo di metano che gli aspiratori non erano riusciti a spazzare
via. Gli operai, ritenendo che la quantità di gas fosse minima,
pensarono di disperderlo incendiandolo con una lampada ad
acetilene, ma la fiamma provocò la potente deflagrazione.
Avvertita l’esplosione ed intuita la disgrazia l’ing, Panini,
seguito da Vito, Amabile a da altri operai si precipita in cantiere;
sprovvisto di maschera antigas si addentra nella galleria
per soccorrere gli operai, percorre 100 metri e cade asfissiato,
dopo qualche minuto Vito, munito di
maschera, segue l’ingegnere, ma la
forte quantità di gas è fatale anche per
lui, lo segue subito dopo Amabile, che
cade dopo aver riportato indietro il
fratello per alcuni metri. Gareggiando in
una commovente gara di solidarietà altri
otto operai penetrano nella galleria per
soccorrere i loro dirigenti e compagni di
lavoro. Morirono in 13: tre erano
siciliani ( Giovanni Tuccio di 34 anni,
Francesco Capasso di 42 anni, Antonio
Muscarà di 18 anni), uno calabrese
(Carmelo Verducci di 42 anni), due
romani (Giulio Panini di 27 anni e
Benedetto Vergari di 42 anni), due
emiliani (Armando Giannotti di 36 anni
e Gino Lorenzoni di 34 anni), un
friulano (Luigi Pompeo di 24 anni), uno
di Capistrello (Giuseppe Stati di 34
anni), uno di S. Eusanio Forconese
(Gino Castelli di 52 anni), Vito e
Amabile Colarossi di Rocca di Mezzo.
Il Presidente della Repubblica Luigi
Einaudi nel 1951 conferì la medaglia
d’argento al valor civile alla memoria
dei martiri di Troina e l’anno successivo
analogo riconoscimento fu conferito
dalla fondazione “ Carnegie per gli atti
di eroismo”. Nel 1951 il Comune di
Rocca di Mezzo ha intitolato la via della
loro abitazione “Via Vito e Amabile
Colarossi”.
Il 15 dicembre 2008 il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito la medaglia d’oro al merito civile
alla memoria dei martiri troinesi.
Vito e Amabile riposano nel cimitero di
Rocca di Mezzo in una cappella sulla
cui facciata è scolpito il tipico ingresso
di una galleria . La tragedia del 5
dicembre è ricordata a Troina come una
delle pagine più dolorose della storia
troinese, dove gli anziani ricordano,
ancor oggi, Vito e Amabile come eroi
non dimenticando il loro carattere
allegro e scherzoso.
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Archivio dell’emigrazione
Presso la biblioteca dell’Agenzia Promozione Culturale di Rocca di Mezzo è stato istituito l’ Archivio
dell’emigrazione, si tratta di una raccolta di documenti, fotografie e materiali vari che riguardano l’emigra-zione
italiana nel mondo e in particolare l’odissea dei rocchigiani, che dalla fine dell’ottocento ad oggi hanno raggiunto
tutti i continenti, lasciando ovunque un segno tangibile del loro ingegno e della loro intelligenza .
A tutta la cittadinanza verrà rivolto un invito a depositare in originale o in copia i documenti in loro possesso o
semplicemente segnalarne l’esistenza insieme alle tappe percorse dagli antenati.
La documentazione verrà raccolta, catalogata e sarà oggetto di mostre, studi, ricerche e pubblicazioni. Già nella per
la prossima estate verrà allestita la mostra “Vestivamo all’americana – I rocchigiani in America 1900-1940”
Presentiamo una lettera del 1906 inviata da Rocchigiani residenti a Los Angeles, indirizzata ai compaesani residenti
a S. Francisco.
Los Angeles il 12 dicembre 1906
Signore rocchigiane in posa a Durban nel 1921
Carissimi Amici Nicola Adolfo Peppina e
Tutti
Giusto ieri sera giunse qui la lettera che era
diretta a me e recapito di Davide, il quale fu
letta e trovammo tante belle cose riguardo
alla vostra salute ed al vostro bene stare di
voi e di tutti i vostri come pure dei nostri
paesani in genere: Anche di noi qui grazie
Iddio godiamo perfettamente bene in tutti i
riguardi, tanto per quanto riguarda per
guadagnare come per vivere e in prima il bel
clima della marina che è qualche cosa di
bello il freddo non si conosce affatto ?? Noi
qui viviamo insieme io mia Moglie
Costantino Borsei e Domenica e Davide gli
altri paesani sono tutti convicini ma non sono
due mesi precisi che giunsero qui ma
siccome che Davide aveva smarrito il vostro
indirizzo e non vi sono potuto scrivere prima,
massimo per ringraziarvi a vvoi e a Peppina
della cortese compagnia prestata a mia
moglie per mare e ve ne sarò sempre oblicato
per sempre.
Qui le giornate non sono cattive il più basso
ha 2 $ al giorno poi quelli che anno più
abilità anno 2,50 fino a 3 e 3,50 come Davide
adesso tira 3 scudi al giorno ma quanto prima
avrà 25 $ la settimana e si vive bene.
Mi dice Domenicuccia che il Zafferano che
diceva Peppina è magnifico e saporitissimo.
Intanto vogliatevi ricevere da noi tutti a voi
tutti gli auguri delle buone feste Natalizie e le
prosperità del nuovo anno con insieme i
nostri più risentiti saluti e chiocate forte che
noi qui gli diamo??!
Col bene avvenire vi augura sempre il vostro
Aff.mo amico Pasquale D’Eramo
Risposta
700 Castelar St. Los Angeles Cal.
fateci sapere se è venuto Massimo D’Aroma
se ci mandate la vostra fotografia noi vi
mandiamo la nostra
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Da Amiternum ad Alba Fucens ….
da Aquila ad Avezzano
storie e racconti lungo un’antica via
Fin dall’ antichità la più
breve via di collegamento
fra la valle aquilana e quella
del Fucino attraver sava il
nostro altipiano.
Da quando queste valli
furono abitate l’uomo rag
giunse l’altipiano, forse per
inseguire
prede,
percorrendo le vie naturali
meno ripide e acciden-tate,
quando poi, da cac-ciatore
diventò agricolo- re e
allevatore sicurmen- te
utilizzò i nostri pascoli con
pratica della transu-manza
verticale, allora i vecchi
sentieri
si
allarga-rono
divennero piste. In epoca
romana, secondo lo storico
Benedetto
Orsatti,
l’altipiano fu attraversato
dalla via “Poplica Campana” che congiungeva la
città di Amiternum in
territorio sabino, patria di
Gaio Crispo Sallustio, con L’arrivo dell’autobus Aquila
Alba Fucens in territorio del 1929
equo. Secondo Orsatti la strada superava l’Aterno a Pile
per poi costeggiare la riva destra del fiume passando per
le città romane di Forcona, Aveia e Frustena, la prima
nei pressi di Civita di Bagno, la seconda nei pressi di
Fossa, della terza, che è lo storico ipotizza nei pressi di
Fontavignone, se ne conosce l’esistenza, perché è citata
in diversi documenti storici, ma non la sua ubicazione,
poiché non stati ritrovati reperti significativi. Da Fonteavignone raggiungeva Rocca di Mezzo passando per
Terranera, quindi girava intorno a Rovere, toccava
Ovindoli per poi piegare a destra verso la Magnola e
scendere a Forme costeggiando le pendici della
montagna sul percorso della carrareccia ancor oggi
transitabile per poi raggiungere facilmente Alba Fucens.
Sulla via “Poplica Campana” – il cui nome è inciso su
una pietra ritrovata a Coppito ed è presente nell’antica
Tabula Peutingeriana - non tutti gli storici sono
d’accordo nell’identificare il suo tragitto attra-verso
l’altipiano, ad esempio Sandro Zenodocchio, ipotizza un
percorso completamente diverso. Passan- do a piedi per
sentieri ancor oggi percorribili, la tesi di Orsatti sembra
verosimile con alcune varianti: da
Aveia la strada saliva a S.
Panfilo sotto il castello
dove forse era ubicata
Frustena per poi raggiungere
Fonteavignone
attraverso Casentino e
Stiffe; è improbabile che la
stessa raggiungesse direttamente Terranera è in
vece plausibile che salis-se
fino al bivio della 5 bis per
poi raggiungere, attra-verso
il bosco dei Cerri e il valico
di Rocca di Cam bio,
scendere a S. Lucia e
proseguire per la piana. Ma
che si sia chiamata Poplica
Campana o meno è certo,
che una strada carrabile che
raggiunges-se le nostre
zone è esistita ed stata
percorsa per seco li, fino
all’ apertura di un nuovo
tracciato:
la
rotabi-le
Aquila – Avezzano nel
1870 , che successivamen
– Avezzano dopo la nevicata te sarà denominata S.S. 5
bis Vestina Sarentina.
La rotabile Aquila – Avezzano ebbe una lunga gestazione, il primo decreto risale 1814, fu firmato dal vice
re di Napoli Giacchino Murat, ma non ebbe seguito.
Nel 1855 dopo l’apertura della strada per Napoli
attraverso la Valle del Liri, il Consiglio di Stato del
Regno delle Due Sicilie deliberò il prolungamento per
Aquila attraverso l’altipiano, ma anche questo finì nel
dimenticatoio. Il progetto di realizzare un collegamen to
rapido fra Aquila e Avezzano fu subito ripreso dallo
stato unitario e fu approvato definitivamente nel 1865,
dopo lunghe discussioni fra chi sosteneva il tracciato S.
Martino–Fonteavignone–Terranera–Roc-ca di Mezzo e
chi il percorso S. Martino–Valico dei Cerri–Rocca di
Cambio; prevalse quest’ultimo, ma 100 anni dopo fu
realizzato anche il primo progetto con la costruzione
della Strada Provinciale n. 38. Oggi anche la S.S. 5 bis
ha in parte cambiato nome, essa infatti va dal passaggio
a livello presso il fiume Aterno all’incrocio della S.S.
17, fino al bivio di Campo Felice che da questo punto
assume la denomi- nazione di S.S. 696, che parte dallo
svincolo autostra- dale di Tornimparte attraversa Campo
Felice, la gal-leria in fase costruzione, fino all’incrocio
con la >>>
Le opere e i giorni dell’Altipiano n. 28
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Tiburtina Valeria (S.S. 5) nei pressi di Avezzano passando per Ovindoli e Celano. Oggi gli antichi percorsi
sono abbandonati, ma andrebbero ripristinati come
sentieri per trekking e mountain bike, con aree di sosta, dove con adeguata segnaletica vengano ricordati
fatti storici e letterari che li hanno interessati. Si perché le nostre strade furono percorse da tanti personaggi storici come: Annibale, gli Ottone di Sassonia, Cor
radino di Svevia e Carlo d’Angiò prima della decisiva
battaglia di Tagliacozzo, Braccio da Montone, Agnesi
na di Monfeltro (figlia di Federico duca di Urbino e di
Battistina Sforza, mirabilmente raffigurati da Piero
della Francesca nei famosi due quadri esposti agli
Uffizi), S. Bernardino da Siena, Giuseppe Buonaparte, Menotti Garbaldi (che tenne un discorso a Rocca
di Mezzo nel 1871), forse da Mussolini quando fu
condotto a Campo Imperatore (vi sono attendibili
testimonianze) e tanti altri fino Giovanni Paolo II.
Vi sono passati anche giornalisti e scrittori che hanno
lasciato scritti e impressioni di viaggio, fra questi
vanno ricordati: Richad Keppel Craven nel 1826 e nel
1831, Raffaele Colucci nel 1856, Tito Vespasiani nel
1896, Carlo Ignazio Gavini, Enrico Abbate nel 1900,
Anne MacDonnell intorno al 1905, Anna Curiel Fano
e Natalia Ginzburg nel 1943, Ignazio Silone e Carlo
Emilio Gadda fra il 1950 e il 1960 ed altri, senza
dimenticare i numerosi racconti di Mario Arpea; tante
pagine da poter creare un parco letterario.
Con questo numero iniziamo la pubblicazione di
questi scritti, di altri documenti e curiosità:
da Amiternum ad Alba Fucens ….da Aquila ad
Avezzano storie e racconti lungo un’antica via.
Da Escursioni negli Abruzzi
di Keppel Richard Craven
Richard Keppel Craven è un nobile inglese nato nel 1779; soggiornò per molti anni a Napoli, visitò l’Abruzzo
nel 1826 e nel 1831. Nel 1837 pubblicò a Londra, in due volumi, le impressioni dei suoi viaggi con il titolo
“Excursions in the Abruzzi and northern provinces of Naples”. Per raggiungere Aquila da Avezzano scelse la
via più breve, attraverso le nostre montagne. Il viaggio avvenne probabilmente in autunno, quando nei giorni
nuvolosi il paesaggio è un po’ desolante, o forse in primavera, quando i ribes hanno abbondanti infiorescenze;
il nostro viaggiatore era accompagnato da un suo servitore; in sella a due cavalli percorsero il sentiero più
rapido e più ripido. Riportiamo la descrizione di questo tragitto tratta dalla traduzione di Donatella Lepore e
Rolando Cincione pubblicata a cura della Biblioteca Civica di Sulmona nel 1981 (disponibile in biblioteca).
Lasciando questa graziosa valle
(Celano e il Fucino) con tutte le sue
attrattive e volgendo le spalle al lago,
risalimmo per uno stretto burrone che
si apriva sulle montagne che avremmo
dovuto attraversare.
Il paese di S’Iona sulla sinistra, quello
di San Potito, sulla destra, potrebbero
fornire i peggiori esempi scelti per
insediamenti umani, se Ovindoli, che
viene dopo, non li superasse per la
difficoltà dell’accesso e per lo
squallore dell’ubicazione.
Esso è abbarbicato su un arida roccia
che si protende su una stretta gola attra
verso la quale il sentiero che noi seguimmo conduce ad un’estesa pianura
sulla sommità della catena montuosa.
Il vento, che soffia attraverso questo
passo con allarmante violenza ed è
particolarmente freddo e pungente, ci
diede un immagine più reale degli
orrori della stagione invernale in un
tale posto. Il piano che segue, anche se
>>>
coltivato in parte,
La capanna di sassi e terra al bivio di Fonteavignone sulla SS. 5
bis – Vestina Sarentina, serviva da ricovero a coloro che
attendevano la corriera; da questo punto si può raggiungere il
paese con mezz’ora, percorrendo un bel sentiero oggi in parte
inagibile. A questa località è dedicato un racconto di Mario Arpea
“Il trivio” pubblicato nel libro “Parata d’ombre”- Edizioni
dell’Altipiano 2002 (disponibile in biblioteca) . Il manufatto ed il
sentiero andrebbero restaurati e proposti come testimonianza della
dura vita che si conduceva fra queste montagne.