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Il passato L’uomo trovato morto vicino alla caserma dei carabinieri Oltre Dora, viveva di lavori saltuari con contatti nel mondo del videopoker LE INDAGINI IL DELITTO DELLA FALCHERA E’ stata un’esecuzione: un colpo alla nuca sparato a bruciapelo L’autopsia sul cadavere trovato sabato in un bagagliaio MASSIMILIANO PEGGIO Un foro di proiettile dietro la nuca. Forse calibro 9 o 7,65. Il colpo, in parte deformato, è stato trattenuto all’interno cranio. L’assassino ha sparato da breve distanza. Tutto farebbe pensare a un’esecuzione. Sono le prime conclusioni dell’autopsia eseguita ieri dal medico legale Roberto Testi sul cadavere di Pietro Tevere, il pregiudicato di 39 anni trovato morto nel bagagliaio dell’auto sabato scorso a Torino. Trovato in una Stilo bordeaux, di proprietà della suocera, regolarmente parcheggiata a poche decine di metri dalla caserma dei carabinieri Oltre Dora, di fronte a una scuola. La morte risalirebbe a venerdì pomeriggio. Uscito alle 16,30 di casa, sarebbe stato ucciso nella stessa serata, a distanza di qualche ora. Aveva un appuntamento. Con chi non si sa. «Non mi diceva mai niente» ha raccontato la moglie Antonella Pellicani, sentita più volte dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Anche ieri sono state interrogate altre persone. Nelle indagini per omicidio si inizia sempre da lì. Cercando di conoscere la vittima, la sua vita, i suoi misteri. E Pietro, probabilmente, ne aveva più di uno. Viveva di lavori saltuari: barista, collaboratore con agenzie di servizi funebri. Era in attesa di una pena definitiva per una condanna per circonvenzione di incapace. La vicenda risale al 2009, quando faceva il portinaio in un palazzo di Lungo Dora Firenze. Con altri due complici aveva portato via circa 500 mila euro a un anziano, con una serie di raggiri. Soldi finiti chissà dove. Un valido movente per un omicidio. I carabinieri stanno valutando tutte le ipotesi. Pietro Tevere aveva tante frequentazioni. Nell’ambiente dei videopoker, e nella criminalità organizzata. Contatti marginali, ma da curare sempre con grande cautela. Il suo nome compare anche tra gli atti dell’inchiesta condotta di recente dai carabinieri di Torino contro la ‘ndrangheta. La sim telefonica in uso a uno dei personaggi indagati era intestata a lui. Faceva il prestanome in cambio di soldi, forse, per permettere a persone in «affari» di eludere le intercettazioni. Oltre alla condanna per circonvenzione di incapace, Tevere aveva avuto in passato altri piccoli guai con la giustizia. Lo scorso anno sarebbe stato denunciato per lesioni da un albanese. Aveva perso la testa e lo aveva picchiato. Quando era giovane era stato accusato di furto. Dettagli, niente di più. Gli investigatori contano di poter ricavare informazioni preziose dagli esami che i carabinieri del Ris di Parma effettueranno sugli indumenti della vittima: un giubbotto bianco e rosso, una maglietta scura e jeans. E dai riscontri balistici sul proiettile. Ma anche indagando sul traffico telefonico del suo cellulare, trovato accesso dentro il bagagliaio.