A spAsso nellA TunIsIA rIbelle
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A spAsso nellA TunIsIA rIbelle
A R T E E C U L T U R E ia is n u T la Ilaria a A cur di toni* n a d i Gu el n o ss a p s A lle e b i r Un modo insolito di visitare un paese che consente però di andare molto in profondità nelle pieghe della sua storia e del suo sentire è seguire l’itinerario dei luoghi ribelli. In Tunisia si può cominciare dalle magnifiche rovine di Cartagine per risalire all’origine della sua fine, Zaghouan, ad un’oretta di strada dalla Capitale. Cartagine, fondata dai fenici e, secondo la leggenda da Alyssa – Didone – regina di Tiro che per sfuggire al padre che la voleva sposa ad un uomo che non amava fuggì, fu poi distrutta dai Romani. Oggi quartiere residenziale chic della banlieue nord di Tunisi che ancora conserva il porto punico e le meravigliose Terme di Antonino, tra le altre testimonianze, è stata la prima città ad avere una costituzione democratica, sebbene non scritta. Nasce dalla ribellione di una donna, la prima femminista della Tunisia, ancora oggi effige sulla banconota da dieci dinari e fu un esempio di emancipazione. I suoi mosaici infatti sono solo bianchi e neri a disegni geometri e la loro semplicità è un simbolo di democrazia: non c’erano schiavi. Venne il tempo dei romani che costruirono un acquedotto spettacolare che dalla sorgente di Zaghouan, in montagna, portava acqua a Cartagine. Poi fu interrotto e così la città assetata si arrese. Scipione l’Africano si racconta pianse perché vincitore vedeva comunque morire una grande civiltà e sentì preconizzare la fine possibile di Roma. La grande Roma ebbe una sorte peggiore: fu invasa dai Barbari. Scendendo nel Sud ci sono i luoghi dimenticati dal regime di Ben Ali dove prima che altrove ci sono state le avvisaglie della rivolta come a Gafsa, bacino minerario e spina nel fianco anche oggi del governo dove ci fu una sollevazione, una rivolta del pane, nel 2008. Tuttora è un luogo di instabilità come Sidi Bouzid, noto per essere stato la miccia della rivolta del 14 gennaio 2011 nel celebre episodio che ha visto il venditore ambulante Mohamed Bouazizi darsi fuoco dopo uno 42 EC A R T E E C U L T U R E scontro verbale con una poliziotta. Il simbolo del regime del passato dittatore è il Big Ben, l’orologio nella piazza allora detta 7 novembre 1987, data che segna il colpo di stato dell’allora Ministro dell’Interno a danno del padre della patria, Habib Bourguiba, le Combattant Suprême, poi ribattezzata piazza 14 gennaio 2011, il giorno della sua caduta quando un popolo di donne e giovani, soprattutto, ha preso possesso della piazza, la Bastiglia tunisina. L’Avenue Bourguiba, il cui nome è già simbolo di una rivolta, l’indipendenza conquistata dai francesi nel 1956 che fece cambiare il nome all’arteria principale del centro città, già Avenue de France, è il teatro principale di repressioni e rivolte. Insistono sulla via il Ministero dell’Interno, nel Ventennio soprannominato il Ministero del Terrore, che da solo basta a evocare processi politici e torture; mentre l’Hotel Africa, allora proprietà dei Trabelsi, la famiglia della seconda moglie di Ben Ali, ricorda la connivenza tra affari politici e ruberie di vario genere, ma anche fasti e sprechi di uno stile impietoso. Sempre lì vicino, ad Avenue Mohamed V, la sede dell’RCD, Rassemblement Costitutionel 43 EC Démocrate, partito quasi unico di Ben Ali. In quegli anni luoghi più o meno famosi di ‘resistenza’ o ‘sovversione’ politica e culturale erano il - Centre culturel de Carthage e il teatro fou, bocca in arabo, ovvero di parola di MounSef Sayem e di sua moglie che è tornato poi in piena attività all’indomani della rivoluzione; così pure l’adiacente Libreria Fahrenheit 451, dall’omonimo romanzo di fantapolitica censurato di Ray Bradbury, sopravvissuta grazie all’ignoranza della dittatura che non sospettava neppure tanta raffinatezza. Sempre nella banlieue nord, nel quartiere de’ La Marsa, un salotto letterario di discussione e una piccola galleria d’arte, la Libreria Mille Feuilles di Monsieur Lotfi, che vive per i libri e ha convissuto per anni con la paura dei poliziotti che a ogni presentazione di libro o vernissage passeggiavano davanti alle vetrine. Il ricordo della serigrafia con le scatolette che illustravano Che Guevara e la ricetta della rivoluzione dell’artista Mohamed Belkadhi, detto Daly è ancora vivo in questo signore. Gli costò una vetrina sfasciata e un mese di firma quotidiana in commissariato oltre ad un pesante interrogatorio. Con la rivoluzione le librerie tornano a riempirsi di gente e di libri nuovi e le arti plastiche vivono una nuova stagione come Palazzo Abdellaya, proprio a La Marsa dove si è tenuta nel 2011 la settima edizione della Primavera delle arti tutta dedicata al tema della rivoluzione. L’ossigeno finisce presto e l’edizione 2012 finisce su fb e sulla stampa internazionale per atti vandalici che costringeranno la città per alcuni giorni a rimettere il coprifuoco, in nome di alcune opere che avrebbero offeso il profeta. Poi si sarebbe scoperto che una non c’era mai stata e si trovava in Senegal. 44 EC A R T E E C U L T U R E Anche il borgo degli artisti Sidi Bou Saïd, è stato teatro nel 2009 di una manifestazione pacifica di giovani che si sono dati appuntamento alla piccola stazioncina del treno metropolitano con una maglietta bianca e un bouquet ( in arabo machmoum) di gelsomini in mano. La polizia che provò a fermarli alla fine si arrese. L’estate scorsa questo delizioso borgo bianco e blu, sulla via di Cartagine addossato alla collina di Byrsa è tornato ad essere teatro di scontri tra religiosi radicali fautori di una tradizione estranea al paese e musulmani sufi. Qui è stato incendiato un mausoleo. Dietro la medina, patrimonio dell’Unesco che dalla Porte de France, all’estremità opposta dell’Avenue Bourguiba rispetto al Big Ben, la Casbah, luogo dei sitting, uno dei quali fallito, luogo soprattutto di protesta al femminile. In questi giorni si parla di un ritorno alla piazza con la “Casbah 4”, in analogia con i precedenti appuntamenti. Ma la protesta è anche quella di luoghi apparentemente borghesi come l’Atelier raffinato di Sadika Kèskès, a Gammarth, il quartiere nord dei grandi alberghi turistici, artista del vetro e fine designer che ha arredato molte case francesi. Donna impegnata nella difesa dei diritti delle donne soprattutto nel mondo del lavoro per la festa della donna tunisina, il 13 agosto 2011 ha fondato il movimento Femme montrez vos muscles – Donne mostrate i muscoli – oggi diventata un’associazione e recentemente animata anche dall’Unione dei Giovani Tunisini Democratici, lanciata il 12 marzo 2013, con l’intento di unire cultura del lavoro e dignità nelle condizioni, parità nell’accesso; alla cultura e all’impegno per i diritti civili. Un laboratorio che vuole andare oltre il femminismo ideologico o la mera elaborazione culturale promuovendo la ricchezza della differenza. L’8 marzo, giornata internazionale della donna, ha visto anche a Tunisi molti incontri, dibattiti e manifestazioni l’ultime delle quali il 9 marzo si è data nuovamente appuntamento ad Avenue Borguiba di fronte al Téâtre Central, dove donne anziane vestite in modo tradizionale e con il capo coperto erano accanto, unite, a donne giovani e alla moda e a mamme che sollevavano i propri bambini, ricordando che la Tunisia è donna, è fiera, è viva ed è multicolore. Tunis tout court, come recitava uno striscione. *Giornalista, scrittrice e blogger; ha pubblicato la raccolta di poesie e racconti Prima che sia Buio, (Colosseo Grafica Editoriale, novembre 2010); l’istant book I giorni del gelsomino (P&I Edizioni, febbraio 2011); il romanzo verità Tunisi, taxi di sola andata (NO REPLY Editore, marzo 2012); e il reportage Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi Edizioni, Collana REvolution, 14 gennaio 2013). 45 EC