LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA

Transcript

LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
!
LA RELATIVITÀ DELLA
CONDIZIONE UMANA
Deformazione del tempo e della memoria
!
!
!
!
Marco Cattaneo, classe V, sez. D LST
I.S.I.S “Giulio Natta” - Bergamo
Esame di stato 2014
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!1
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
!
!
Indice
Indice
2
Prefazione
3
Memento: la decostruzione del tempo cinematografico
4
Negazione del tempo assoluto 7
Da Newton ad Einstein
7
Il contributo di Einstein
9
Il paradosso degli orologi
10
Dal concetto di durata all’inconsistenza del presente
12
Il tempo della scienza e il tempo vissuto
12
Il concetto di durata
13
La memoria
15
Il momento presente
16
Il riflesso delle nuove teorie in letteratura ed in arte
17
La disarticolazione del tempo cronologico
17
La Coscienza di Zeno
18
Il Fu Mattia Pascal
19
Il flusso di coscienza
20
James Joyce and Virginia Woolf
21
Bibliografia
23
Sitografia
23
!
!
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!2
MARCO CATTANEO
!
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Prefazione
Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà non sono certe e, finché sono certe, non
si riferiscono alla realtà. 1
!
È forse di fronte alla morte che l’essere umano per la prima volta ha acquisito il
concetto di esistenza. La morte nega l’essere e allo stesso tempo lo legittima. La
realtà è ciò che ha un’esistenza reale, 2 la realtà è; tuttavia anche la morte è
reale, ecco il primo paradosso dell’esistenza: essere e non essere sussistono
entrambi, l’uomo è di fronte al mistero. La necessità di fare ordine si fa strada
nella mente umana per avere una parvenza di controllo; in parte, forse, per dare
senso al mondo. È lecito credere che l’uomo sia partito da questi presupposti ad
osservare il mondo in modo “critico”, relazionandosi con esso attraverso un
processo “virale”, cioè attraverso un’acquisizione sostanziale della realtà esterna
tanto da renderla congenita. Per dirla come Max Planck: La scienza umana non
può risolvere il mistero ultimo della Natura. E ciò perché, in ultima analisi, noi
stessi facciamo parte del mistero che stiamo cercando di risolvere. 3
Ecco il principio della relatività: l’uomo, elemento della realtà, interiorizza
quest’ultima e la plasma attraverso i propri parametri, conferendo al risultato
valore assoluto. Egli dimentica che il risultato (che nel mondo occidentale è
basato sulla scienza) è in realtà frutto di un processo umano di codifica che
avviene sulla base di categorie derivanti per lo più da convenzioni che possono
essere culturali, sociali, ambientali, esperienziali, etc. e proprio per questo,
relative ad un determinato contesto.
Il cinema nella duplice valenza di narrazione ed immagine introduce nella
relazione con il mondo cui si riferisce degli interrogativi circa la realtà e la
rappresentazione di essa. In particolare si analizza il film Memento di
Christopher Nolan in cui la relatività è ben espressa in particolare dalla
componente Memoria, sostrato cognitivo alla base della narrazione e in
generale della percezione temporale della realtà. 1
Albert Einstein, citato in J.R.Newman (ed.), The world of mathematics, New York, Simon and Schuster, 1956
Il Nuovo Zingarelli, Vocabolario della Lingua Italiana di Nicola Zingarelli, a cura di Miro Dogliotti e Luigi
Rosiello, Bologna, Zanichelli, 1990 2
Max Planck, citato in Giuseppe Tanzella – Nitti, recensione a Thomas Torrance, «Documentazione di scienze
e fede», internet: www.disf.org/AltriLibriRecensiti/Torrance- 1992.asp
3
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!3
MARCO CATTANEO
!
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Memento: la decostruzione del
tempo cinematografico
Leonard ha subito un terribile trauma. Sua moglie è stata stuprata ed uccisa. Da
quel momento egli non è più in grado di mettere ordine ai propri pensieri, ed ai
propri ricordi. Ha perso la memoria a breve termine, e nel giro di pochi minuti
rimuove dalla mente ciò che ha appena fatto, ciò che ha appena detto, le
persone con cui ha da poco comunicato. Gli unici ricordi risalgono a prima
dell'incidente. La sua vita presente consiste unicamente nel desiderio di
vendetta, trovare l'assassino dell'amata moglie e ucciderlo. Per far questo egli si
tatua sul corpo le cose più importanti, quelle da non dover per nessuna ragione
dimenticare, e attraverso fotografie e appunti tenta di dare concretezza alla
realtà come appiglio per ovviare alla sua impossibilità di mantenere un discorso
mentale logico. Chi gli sta attorno sfrutta il suo disturbo come può, e Leonard,
esulando dalla realtà concreta dei fatti, mantiene viva in sé l'unica ragione della
sua nuova esistenza: la vendetta.
!
Memento, di Christopher Nolan, uscito in sordina all'alba del nuovo millennio e
divenuto in breve tempo film di culto, pone in essere, al di là di una trama non
particolarmente innovativa, un motivo di estremo interesse, che la colloca come
concreto oggetto di studio nell'analisi dello sviluppo del cinema contemporaneo:
la rottura della consequenzialità temporale del racconto. Le basi del cinema, e le
regole precipue che da sempre lo governano, indicano lo sviluppo spaziotemporale del racconto filmico come una successione logica e ordinata di
avvenimenti, che si susseguono razionalmente in modo da permettere allo
spettatore di seguire senza troppa difficoltà la vicenda narrata. Occasionalmente
l'uso di flashback, flashforward ed ellissi complica la ricezione della platea
costringendola ad un maggiore sforzo di percezione, ragionamento e
ordinamento della realtà filmica e dei significati da essa portati alla luce.
!
Memento estremizza invece l'autarchia di tanto cinema contemporaneo, pronto
ad ogni occasione a invertire e modificare le regole in modo da presentarsi come
contenitore di nuovi elementi da assimilare ed analizzare. La narrazione a
gambero del film di Nolan scardina il rapporto di contiguità tra fabula (l'ordine
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!4
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
cronologico degli eventi proprio della storia) e intreccio (l'ordine degli eventi
come vengono narrati nel racconto), regalando a quest'ultimo un ruolo di
primaria importanza, e costringendo lo spettatore ad un notevole sforzo mentale
necessario per comprendere lo svilupparsi a ritroso della sceneggiatura. Tocca a
lui, cioè a noi fruitori della pellicola, mettere ordine nelle immagini capovolte
che ci vengono mostrate, collegando insieme i segmenti di questo puzzle per
dare una forma conosciuta alla misteriosa figura che fluttua davanti a nostri
occhi. In base alla teoria psicologica della Gestalt, per cui <<il concetto di forma
emerge non dalla somma delle sensazioni associate a ciascun elemento, ma dalla relazione fra
questi elementi[...]Le totalità percettive possiedono caratteristiche peculiari diverse da quelle
degli elementi che la compongono[...]L'organizzazione automatica degli eventi avviene in virtù
non di mere leggi associative, ma di forze che obbediscono tutte ad un principio di minimo: si
realizza la soluzione più semplice, più regolare, più economica…>> 4, si tende ad
avvicinare ed incollare ogni singola sequenza del film, tentando di trovare un
ordine logico e di rimanere avvinti alla trama proponendo di volta in volta le
opzioni più semplici che ci permettano di identificare il contendere della
questione (chi è l'assassino? Riuscirà Leonard a trovarlo? Uccide le persone
giuste o quelle sbagliate? E la moglie, è realmente stata assassinata?).
!
Per riuscire nell'intento, che resta peraltro volutamente irrisolto nello svolgersi
della pellicola, Nolan ci costringe ad evitare qualsiasi distrazione, a partecipare
alla vicenda con un notevole impiego della nostra capacità di concentrazione, ed
enfaticamente ci impedisce di chiudere gli occhi o di distogliere lo sguardo,
attuando una sorta di Cura Ludovico non molto dissimile da quella a cui
l'istituzione (e di riflesso Kubrick) costringe l'Alex di Arancia Meccanica (A
Clockwork Orange, 1971). L'occhio è obbligato a guardare, a seguire, a non
divagare, a non perdersi in pensieri che esulino dalle immagini, a
immedesimarsi nel racconto mentre Leonard parlando al telefono con un
interlocutore misterioso illustra la propria condizione quasi come se la spiegasse
a noi per ottenere un po' di umana pietà, e ad aiutarlo, virtualmente a
ricostruire le tappe della sua caccia all'uomo e a non cadere nelle trappole che in
ogni dove lo circondano.
!
!
!
4
Paola Bressan, La Percezione Visiva, Padova, Cleup, 1992, pp. 76-77
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!5
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Memento, nella sua unicità e nelle sue radici che ci riportano, quantomeno a
livello di trama, alla tradizione del noir, si basa sull'importanza indissolubile
dell'organizzazione delle parti; basilare, a tal proposito, il pensiero di Leonard
per cui <<devi per forza importi un metodo se vuoi farcela>>. Quello stesso metodo
che il protagonista attua con l'uso di stratagemmi quali i tatuaggi, gli appunti, le
fotografie (metafora dell'occhio umano e del suo desiderio di fermare la realtà e
di dare ad essa durata infinita), quello stesso metodo che alterna con intelligenza
le sequenze a colori e quelle in bianco e nero facendole progressivamente
avvicinare fino a fonderle nel punto focale della narrazione, e che sviluppa in
parallelo la storia di Leonard e quella del presunto malato Jim (disposto a lasciar
morire la moglie pur di dimostrare la veridicità della propria condizione), è in
fondo lo stesso che lo spettatore, rotta sintatticamente la quarta parete che
divide schermo e pubblico, deve imporsi per non perdere (o per scovare) il filo
logico della narrazione, appuntando ciò che accade in ogni sequenza per poterla
agganciare a quella successiva (o meglio, precedente), e ricordandosi che il tutto
naviga in una nebbia di incertezza e confusione, in quanto, sempre per usare le
parole del protagonista, <<I ricordi sono solo delle interpretazioni, non sono la realtà>>.
Derivando il nostro insieme di conoscenze da questo imprescindibile concetto,
siamo chiamati anche noi ad interpretare gli avvenimenti, immergendoci in
un'affascinante sciarada cinefila che si conclude, estremo inganno e
dimostrazione ultima dell'impossibilità a riprodurre fedelmente ed
oggettivamente la realtà, con un nulla di fatto: la trama non ha una fine, i dubbi
seminati da Nolan restano tali, l'ultima sequenza ci riporta all'inizio della
pellicola, il cerchio si chiude ed un nuovo giro di giostra rincomincia, il vortice
in cui siamo avviluppati non concede spiragli, ed il gioco continua.
!
Memento ottimizza una tendenza notevolmente in voga nel cinema
contemporaneo, il quale con sempre più frequenza attua quella decostruzione
delle regole narrative a cui abbiamo accennato sopra: basti pensare a Mulholland
Drive (di David Lynch, 2001), in cui la logica spazio-temporale viene abolita per
riflettere il disordine della dimensione onirica dell'essere, sospeso in una realtà
inconoscibile in cui l'identità stessa dell'individuo è messa in discussione, e a 21
Grammi (21 Grams, di Alejandro Gonzales Inarritu, 2003), in cui il mescolarsi dei
tempi narrativi e l'intrecciarsi graduale di più storie parallele unite da un filo
sottile che converge in un unico climax tenta di attualizzare la struttura classica
del melodramma.
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!6
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Negazione del tempo assoluto
!
Molti credono che il tempo si misuri con l’orologio. Ma non è così.
Sovente la scienza ha voluto dimostrare di avere le risposte a tutto e di poterle
argomentare secondo il cosiddetto rigore scientifico in modo da poter assurgere
a delle conclusioni incontrovertibili.
L’errore più grande è stato quello di voler avere la presunzione di descrivere e
rappresentare le dimensioni della vita umana in toto con strumenti scientifici e
pretendere che la realtà fosse quella regolata dal meccanicismo scientifico.
La scienza ha piegato il tempo alle proprie regole, al proprio mondo di leggi e
formule, ma anche alle esigenze umane.
Tuttavia questa descrizione e segmentazione del tempo non rappresenta la
realtà ma un mondo mentale condiviso dalla comunità per ragioni pratiche di
convivenza, in quanto il tempo è un flusso continuo che non si può arrestare ed
in particolare ogni istante può avere per ognuno di noi una durata ben diversa,
soggettiva.
Ma poi interviene l’orologio che annulla questo relativismo e ci riconduce
all’oggettività: quell’istante dura un certo tempo, niente di più e niente di meno,
ed è uguale per tutti.
!
Da Newton ad Einstein
!
Le leggi del moto di Newton si basavano sul presupposto che, la struttura dello
spazio, l’etere, fosse in quiete e quindi che fosse possibile constatare il moto
assoluto di un oggetto rispetto all’etere.
Ma già Michelson, Nobel per la fisica nel 1907, immaginò che la Terra si
muovesse attraverso un etere immobile e quindi un raggio di luce, che viaggiasse
nella direzione del suo moto e venisse riflesso, avrebbe dovuto percorrere una
distanza minore di un raggio di luce perpendicolare al moto della Terra. Egli
ideò un “interferometro” molto accurato per studiare questo fenomeno.
L’esperimento di verifica (e molti altri più precisi) dimostrò che non vi era
alcuna differenza.
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!7
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Ciò significava che: o l’etere si muoveva con la Terra, cosa priva di senso, o non
esisteva. In entrambi i casi, non esisteva nulla di simile al moto assoluto o allo
spazio assoluto.
L’esperimento di Michelson e Morley è probabilmente il più importante
esperimento con risultato nullo di tutta la storia della scienza.
Nel 1893 il fisico G.F. Fitzgerald sostenne che la materia si contrae sempre nella
direzione del suo moto, e che l’entità di tale contrazione aumenta con la velocità
del moto stesso. Inoltre qualsiasi strumento di misura possibile, compresi gli
organi di senso umani, subiscono una contrazione e quindi è impossibile
misurare la contrazione stessa muovendosi insieme all’oggetto.
Questo fenomeno divenne noto con il nome di “Contrazione di Fitzgerald”: un
oggetto che si muove alla velocità di 11 km/sec. (i moderni razzi più veloci) si
contrae solo due parti su un miliardo nella direzione del moto; ma a velocità di
150 mila Km/sec. (metà della velocità della luce) la contrazione sarebbe del
15%, mentre alla velocità della luce la sua lunghezza nella direzione del moto e
uguale a zero.
Poiché non possono esistere lunghezze minori di zero, se ne deduce che la
velocità della luce nel vuoto è la massima velocità possibile nell’Universo.
Il fisico olandese H.A. Lorentz sviluppò l’idea di Fitzgerald giungendo alla
conclusione che una particella in moto veloce essendo soggetta alla contrazione
di Fitzgerald avrebbe dovuto subire un aumento della propria massa.
Alla velocità di 150 mila Km/sec. la massa di un elettrone sarebbe aumentata
del 15% e alla velocità della luce la sua massa sarebbe infinita.
La contrazione di Fitzgerald e l’aumento della massa previsto da Lorentz, sono
talmente connesse che le loro formulazioni matematiche vengono spesso riunite
sotto la denominazione unica di “Equazione di Lorentz - Fitzgerald”.
Il fisico tedesco E.L. Planck avanzò l’ipotesi che la radiazione fosse fatta di
piccole unità o pacchetti e chiamò tale unità il “quanto”. Egli ipotizzò che la
radiazione possa essere assorbita solo in numeri interi di quanti e che l’energia
di un quanto è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda (o
direttamente proporzionale alla frequenza) ed espresse ciò, per mezzo della sua
famosa equazione:
e = hν
dove “e” indica l’energia del quanto, “h” è la costante di Planck e “ν ” è la
frequenza dell’onda.
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!8
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Il contributo di Einstein
!
Cinque anni dopo un giovane fisico svizzero di nome Albert Einstein verificò
l’esistenza dei quanti di Planck.
Era stato scoperto che colpendo alcuni metalli con un fascio di luce si aveva
l’emissione di elettroni dalla loro superficie (“Effetto fotoelettrico”).
Einstein riuscì a spiegare perché luci di colori diversi provocavano emissione di
elettroni a velocità maggiore o nessun tipo di emissione, utilizzando la teoria dei
quanti di Planck.
Infatti per assorbire abbastanza energia da abbandonare la superficie di un
metallo, un elettrone deve essere colpito da un quanto di energia superiore ad
un valore minimo.
Nel caso un elettrone sia legato debolmente al suo atomo anche un quanto di
luce rossa può bastare; ma se un atomo trattiene i suoi elettroni con maggior
forza occorre una luce gialla, blu o ultravioletta.
In ogni caso maggiore è l’energia del quanto, maggiore è la velocità
dell’elettrone espulso dal metallo.
Per la sua interpretazione per l’effetto fotoelettrico (e non per la teoria della
relatività) Einstein ricevette il Nobel per la fisica nel 1921.
Nella sua teoria della “relatività ristretta” Einstein formulò una concezione nuova
dell’universo, basata su un estensione della teoria dei quanti. Egli avanzò
l’ipotesi che la luce viaggiasse nello spazio sotto forma dei quanti (“fotoni”),
riaffermando l’idea che la luce avesse natura corpuscolare.
Si trattava però di un nuovo tipo di particella che aveva sia le proprietà di
un’onda che quelle di un corpuscolo, ed esibiva in momenti diversi una
proprietà o l’altra alternativamente .
La concezione Einsteiniana del dualismo onda-particella, pur conservando tutte
le conquiste del XIX secolo, compresa l’equazione di Maxwell, consentiva di
trascurare l’esistenza dell’etere.
La radiazione poteva viaggiare nel vuoto in virtù delle proprie caratteristiche
corpuscolari. Einstein introdusse una seconda idea importante nella teoria della
relatività ristretta: quella che la velocità della luce nel vuoto non varia mai
indipendentemente dal moto della sua sorgente.
Secondo la concezione Newtoniana dell’universo un raggio luminoso
proveniente da una sorgente che si sta avvicinando all’osservatore, deve apparire
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!9
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
più veloce di un raggio proveniente da una sorgente che si muove in qualsiasi
altra direzione; nella concezione Einsteiniana ciò non si verifica.
Da tale postulato, Einstein fu in grado di dedurre l’equazione di Lorentz Fitzgerald, mostrando che l’aumento della massa con la velocità, che Lorentz
attribuiva solo alle particelle cariche, si verificava per qualsiasi oggetto.
Inoltre giunse alla conclusione che un aumento di velocità, oltre a causare una
contrazione delle lunghezze e l’aumento della massa, doveva anche rallentare il
tempo.
L’aspetto fondamentale della teoria di Einstein è la negazione dell’esistenza
dello spazio assoluto e del tempo assoluto. Einstein sosteneva che l’unica cosa
che corre è un sistema di riferimento, il più conveniente, a cui rapportare gli
eventi dell’universo.
Le misure dello spazio e del tempo sono “relative” a un sistema di riferimento
arbitrariamente scelto e per questa ragione la teoria di Einstein si chiama “teoria
della relatività”.
Se un corpo sferico si muovesse alla velocità di 262 mila Km/sec. rispetto a noi
e potessimo misurare le sue dimensioni troveremmo che si è contratto del 50%
nella direzione del suo moto, diventando un ellissoide anziché una sfera; inoltre
la sua massa risulterebbe doppia rispetto a prima.
!
!
Il paradosso degli orologi
!
La concezione Einsteiniana dell’universo lega tra loro indissolubilmente lo
spazio e il tempo in modo tale che non ha più senso parlare dell’uno o dell’altro
separatamente.
L’universo è quadridimensionale: il concetto dello spazio tempo fu introdotto da
uno dei maestri di Einstein, il matematico russo-tedesco H. Minkowski.
Lo spazio-tempo gioca degli strani scherzi nella relatività: una teoria ancora
molto discussa tra i fisici è l’idea di Einstein del rallentamento degli orologi.
Einstein sosteneva che un orologio in moto segna il tempo più lentamente di un
orologio in quiete. A velocità ordinarie l’effetto è trascurabile, ma a 262 mila
Km/sec. un orologio sembrerebbe, ad un osservatore fermo, impiegare 2
secondi per batterne uno. Alla velocità della luce, poi, l’orologio sembrerebbe
fermo.
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!10
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
La dilatazione del tempo è più sconcertante degli effetti che implicano
lunghezza e massa. Se un oggetto si riduce alla metà della proprie lunghezza e
poi ritorna alla lunghezza normale, o se raddoppia il proprio peso e poi riprende
quello normale, non resta alcuna traccia che indichi tale cambiamento
transitorio e non vi sono due punti di vista opposti che entrino in conflitto.
Il tempo, invece, è cumulativo. Se un orologio a causa della sua grande velocità,
sembra marciare ad un ritmo dimezzato per un’ora e se poi ritorna in quiete,
esso rimarrebbe indietro di mezz’ora!
Considerando due navi spaziali che si passano accanto, ciascuna ritenendo che
l’altra si muova alla velocità di 262 mila Km/sec., con un tempo rallentato della
metà, quando le due astronavi si rincontrano, gli osservatori su ciascuna di esse
si aspetteranno che l’orologio dell’altra astronave sia rimasto indietro di
mezz’ora rispetto al proprio.
Ma non è possibile che ciascuna di due orologi sia indietro rispetto all’altro e
questo problema prende il nome di “Paradosso degli orologi”. In realtà non esiste
nessun paradosso.
Infatti anche se una delle due astronavi passasse vicina all’altra, e ciascuno dei
due equipaggi giurasse che l’orologio dell’altra astronave è più lento, non
avrebbe alcuna importanza stabilire quale orologio fosse realmente più lento in
quanto le due astronavi si allontanerebbero per sempre e i due orologi non
verrebbero mai più portati nello stesso posto allo stesso momento per essere
confrontati.
In effetti la teoria della relatività ristretta di Einstein è valida solo per il moto
rettilineo uniforme, così che all’interno di tale teoria si può parlare solo di
“separazione definitive”.
Questo fenomeno comporta delle conseguenze per i viaggi spaziali. Se gli
astronauti che si allontanano dalla Terra, accelerassero fino a raggiungere quasi
la velocità della luce, il tempo per loro passerebbe molto più lentamente che per
noi.
Essi potrebbero raggiungere una destinazione molto lontana e fare ritorno nel
giro di quelle che a loro sembrerebbero settimane, mentre nel frattempo
sarebbero passati sulla Terra molti secoli.
!
!
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!11
MARCO CATTANEO
!
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Dal concetto di durata
all’inconsistenza del presente
Il tempo della scienza e il tempo vissuto
!
“…quando seguo con gli occhi sul quadrante di un orologio il movimento delle lancette…non
misuro una durata, come pare si creda, mi limito a contare delle simultaneità, il che è molto
diverso…” 5
“…noi non percepiamo praticamente che il passato dal momento che il puro presente è
l’inafferrabile progresso del passato che fa presa sul futuro…” 6
!
La grande novità della speculazione del filosofo francese Henri Bergson consiste
nell’avere identificato il tempo vissuto con la “durata”, che, per sua natura, non
è percepibile mediante l’intelligenza, ma attraverso la memoria e la coscienza.
Egli nel “Saggio sui dati immediati della coscienza”, scrive: “quando seguo con gli
occhi sul quadrante di un orologio il movimento delle lancette…non misuro una
durata, come pare si creda, mi limito a contare delle simultaneità, il che è molto
diverso”. Il tempo astronomico dell’orologio è, infatti, un insieme di posizioni
delle lancette sul quadrante che al passare degli istanti prendono posizioni
diverse.
!
Ma tutto ciò è solo esteriorità, in quanto una successione degli istanti “esiste
soltanto per uno spettatore cosciente che ricorda il passato e giustappone le due
oscillazioni”. L’orologio rappresenta le convinzioni scientifiche e razionaliste, in
quanto ha una funzione archetipica. E’ l’emblema della costanza, della
precisione e dell’omologazione a cui inevitabilmente porta una concezione del
tempo caratterizzata da una scansione regolare: per cui ogni secondo, ogni
minuto, ogni ora è sempre uguale, ha lo stesso valore, lo stesso peso. Ciò che
conta in questa visione è l’aspetto quantitativo e non quello qualitativo, che,
invece, rappresenta la vera fotografia della nostra percezione del tempo.
5
H. Bergson Materia e memoria, 1896, tr. Adriano Pessina, Laterza, Bari-Rona 1996
6
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889, trad. it. A. Mondadori, Milano 1986, cap. II, pp. 63-64.
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!12
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
E’ evidente in questo esempio la critica di Bergson ai positivisti e a tutti coloro
che armati con il ferreo determinismo della matematica e della fisica pensano di
poter regolare e governare tutte le dimensioni della vita umana, anche il tempo.
Il tempo della fisica “si può rappresentare con una collana di perle separate e
tutte uguali”, come asserisce Bergson in “Introduzione alla Metafisica”. Il tempo
della vita, per converso,
“è come un gomitolo di filo o una valanga, che continuamente mutano e crescono su sé
medesimi”. 7
Con queste metafore Bergson ci suggerisce che il tempo della scienza ed il
tempo vissuto sono diametralmente opposti, sono agli antipodi. Dal brano del
“Saggio”, relativo all’esempio dell’orologio, si evincono alcune riflessioni. Mentre
l’interpretazione del tempo fornitaci dalla scienza è una creazione astratta
dell’uomo, una mera convenzione che ha ragion d’essere solo perché risponde
ad esigenze pratiche, in quanto conferisce ordine e stabilità, la durata è il tempo
concreto. Nel tempo astratto vi è distinzione fra presente, passato, futuro e la
progressione è regolare e continua.
!
Il concetto di durata
!
Nella durata, invece, manca questa distinzione e la progressione è irregolare,
cioè ammette salti, riduzioni e dilatazioni, così che un minuto può essere più
lungo di un’ora o di un giorno o di un anno. Infatti “i fatti della coscienza” non
sono riducibili ad un’astratta successione meccanica, perché “durano”, ossia
vivono, crescono e muoiono. Sono possibili sia sospensioni sia ritorni nel passato
in una visione del tutto soggettiva, in quanto il tempo della vita è il tempo reale
che viene filtrato e rielaborato dalla nostra coscienza. Essa, quindi, è qualcosa di
profondamente unitario e mobile nello stesso tempo: conserva gli input del
mondo esterno perché questi “danno luogo a dei fatti di coscienza che si
compenetrano e…legano il passato al presente…e al futuro”, come sostiene
Bergson.
7
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889, trad. it. A. Mondadori, Milano 1986
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!13
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Non esistono, perciò, due momenti identici, in quanto il successivo contiene
sempre, in più del precedente, il ricordo che quest’ultimo ha lasciato di sé. Si
ingenera, così, un insieme che è in continua evoluzione e la vita interiore è,
quindi, progresso e “slancio vitale”. Ne consegue che il concetto di durata è
caratterizzato da quattro qualità peculiari: 1) è novità assoluta ad ogni istante,
per cui c’è un continuo processo di creazione. 2) Conserva integralmente tutto il
passato, o meglio, come dice Bergson stesso, sempre nel “Saggio”, la durata si
manifesta “quando il nostro io si lascia vivere, quando si astiene dallo stabilire
una separazione tra lo stato presente e quello anteriore ”. 3) E’ “una
eterogeneità pura entro cui non vi sono qualità distinte”. 4) E’ fluire continuo,
poiché ciascun stato della coscienza fluisce in stati successivi formando un tutto
dinamico, un flusso continuo, un divenire senza sosta di istanti che si
compenetrano mutuamente e, in antitesi con quanto diceva la scienza
tradizionale, non sono separabili e non si susseguono. Pirandello riprende questo
tema della filosofia di Bergson, secondo cui l’universo è in continuo divenire,
soggetto ad un’evoluzione creatrice, per cui contemporaneamente resta se stesso
e cambia.
!
Ovviamente anche l’uomo è partecipe di questo moto continuo o flusso vitale,
ma nello stesso tempo, secondo Pirandello, vorrebbe capirlo, schematizzarlo,
riportarlo ad una legge per dominarlo e declinarlo alle proprie esigenze. Scrive,
infatti:
“la vita è un flusso continuo che noi cerchiamo di arrestare, di fissare in forme stabili e
determinate, dentro e fuori di noi ”. “Le forme in cui cerchiamo d’arrestare, di fissare in noi
questo flusso continuo, sono i concetti, sono gli ideali a cui vorremmo serbarci coerenti, tutte le
finzioni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo stabilirci. Ma dentro noi stessi,
(…) il flusso continua, indistinto, sotto gli argini, oltre i limiti che noi imponiamo” ed “il
flusso della vita è in tutti”. 8
Da qui, quindi, nasce il dramma: l’uomo tenta inutilmente di catturare il flusso
in forme fisse e quindi inadeguate, ma più si sforza di produrre forme diverse
più si aliena; quanto più si circonda di forme fittizie, tanto più si allontana dalla
realtà. Anche il tempo è una delle tante forme create dall’uomo per le sue
esigenze di conferire un ordine alla realtà, sottraendola al “caos”, e tale forma è
8
Luigi Pirandello, L’umorismo. Saggio, Lanciano, Carabba, 1908
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!14
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
fallace, falsa ed inconsistente. Vera è, invece, la nozione di durata e tempo
soggettivo, scandito cioè dalla coscienza di ogni singolo individuo. Ma la durata
non conosce la distinzione passato-presente-futuro e non procede neppure
linearmente a senso unico: ammette salti, accelerazioni e decelerazioni. Ogni
individuo è, quindi, un mondo a sé stante, che può sfiorare gli altri, ma che non
può essere comunicato, in quanto manca qualsiasi termine comune di
riferimento. Non può esserci per Bergson né coscienza, né tempo interiore senza
la memoria, di conseguenza “coscienza significa memoria”.
!
!
La memoria
!
Essa non è un ricordo: se quest’ultimo è solo una selezione inconsapevole tra le
esperienze passate, di quella che ci è più utile per il momento contingente, la
memoria, invece, è il risultato dell’intera storia dell’individuo. Scrive, infatti:
“che siamo, che cos’è il nostro carattere se non la sintesi della storia che abbiamo vissuto fin
dalla nascita?…Certamente noi pensiamo solo con una piccola parte del nostro passato, ma è
con tutto il nostro passato…che noi desideriamo, vogliamo ed agiamo”. 9
Questo concetto, elemento nodale della filosofia di Bergson, era già stato
sviluppato nel “Saggio”, quando il filosofo afferma che le nostre azioni
rispondono “all’insieme dei nostri sentimenti, dei nostri pensieri e delle nostre
più intime aspirazioni, a quella particolare concezione della vita che è
l’equivalente di tutta la nostra esperienza passata”. Attuando uno dei suoi
consueti capovolgimenti delle opinioni correnti, Bergson afferma che il ruolo del
passato nella vita cosciente è molto più attivo ed importante della vita cosciente
stessa. Secondo l’opinione tradizionale esisterebbe soltanto ciò che si percepisce
nel presente. Una volta esauritasi la percezione presente, la sua immagine, sino
ad allora colorata si sbiadirebbe subito nel ricordo. Secondo Bergson, di contro:
“si potrebbe dire che non abbiamo presa sul futuro, senza un’uguale e corrispondente prospettiva
sul passato” 10
!
H. Bergson, L’Evoluzione creatrice, 1907, tr. Umberto Segre, Athena, Milano 1925 e Corbaccio-Dall'Oglio,
Milano 1965
9
10
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889, tr. Giuseppe Cavallaro, Signorelli, Roma 1957
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!15
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Il momento presente
A questo punto Bergson non può non chiedersi che cosa sia il momento
presente. La risposta si trova in “Materia e Memoria”: “la caratteristica del tempo è
di scorrere, il tempo trascorso è il passato e chiamiamo presente l’istante in cui
scorre.
!
Ma qui non si tratta di un istante matematico…ciò che chiamo il mio presente
sconfina contemporaneamente sul mio passato e sul mio futuro”. “Bisogna
dunque…che sia una percezione dell’immediato passato ed una determinazione
dell’immediato futuro”. Possiamo, perciò, concludere che il presente è
un’astratta finzione e ciò troverebbe un riscontro sempre in “Materia e Memoria”:
“niente è meno del momento presente, se in tal modo intendete questo limite indivisibile che
separa il passato dal futuro. Quando pensiamo questo presente come dovente essere non è ancora
e quando lo pensiamo come esistente è già passato”. 11
In questo contesto il termine “indivisibile”, riferito al presente, può essere
interpretato in maniera duplice ed ambivalente: come una determinazione del
fluire del tempo che è perpetuo e quindi non scomponibile o come momento
talmente piccolo da essere inconsistente e poter affermare, perciò, che “niente è
meno del momento presente”, poiché quando lo percepiamo è già passato. Di
conseguenza, prosegue Bergson:
“noi non percepiamo praticamente che il passato dal momento che il puro presente è
l’inafferrabile progresso del passato che fa presa sul futuro”.12
!
!
!
!
11
H. Bergson, Materia e memoria, 1896, tr. Adriano Pessina, Laterza, Bari-Rona 1996
12
H. Bergson, Materia e memoria, 1896, tr. Adriano Pessina, Laterza, Bari-Rona 1996
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!16
MARCO CATTANEO
!
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Il riflesso delle nuove teorie in
letteratura ed in arte
La disarticolazione del tempo cronologico
!
“…non solo siamo la somma dei singoli momenti della nostra vita, ma il prodotto dei nuovi
aspetti che essi acquistano ad ogni nuovo momento. Non diventiamo più poveri per il tempo
passato e perduto; solo esso anzi dà sostanza alla nostra vita…” 13
La rivalutazione del passato da parte di Freud e, soprattutto, la concezione del
tempo come durata di Bergson hanno influito moltissimo sulla letteratura e nelle
arti figurative. La nuova concezione del tempo influisce infatti sul cubismo, che,
rappresentando contemporaneamente momenti diversi di una medesima scena,
introduce per la prima volta in arte la variabile temporale. Non a caso Leon
Werth, nel 1910, scrisse che le forme cubiste di Picasso mostrano le “sensazioni
e le riflessioni che sperimentiamo con il passare del tempo”. Nello stesso anno il
pittore cubista Jean Metzinger affermò che nei dipinti di Braque “l’immagine
totale si irradia nel tempo”.
!
Per il cubismo è inutile riprodurre la realtà come la vediamo, perché non è in
quella forma che la conosciamo poiché la nostra coscienza rielabora l’immagine
visiva dell’oggetto che conosciamo, quindi ciò che vediamo è solo un dato di
partenza che verrà trasformato, più volte nel tempo, dalla nostra coscienza.
!
“Guernica” , per esempio, non ha tanto la finalità di descrivere un fatto storico,
ossia il bombardamento della città basca Guernica da parte di aerei tedeschi,
che appoggiavano le truppe del generale Franco contro il governo legittimo
repubblicano di Spagna, quanto l’effetto che tali avvenimenti hanno prodotto
sulla coscienza di Picasso. !
!
13
Arnold Hauser, Storia sociale dell'arte, Einaudi, 1964
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!17
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Analogamente nel romanzo il tempo è sottoposto ad un trattamento nuovo,
fondato sulle rifrazioni che esso ha nella coscienza del protagonista-narratore. Vi
è, infatti, la disarticolazione di un ordine cronologico, di un “prima” e di un
“poi”, nel senso che il narratore contamina presente e passato, legge e sente il
presente, filtrandolo attraverso il passato. A causa della nuova concezione del
tempo, elaborata dal filosofo francese, l’ordinata successione cronologicocausale, generalmente rispettata nel romanzo ottocentesco, va in frantumi e vi è
un continuo passaggio fra presente e passato. Da qui l’introduzione dell’uso
frequente del flash-back, che mette sullo stesso livello il “tunc” ed il “nunc”, con
transizioni rapide ed ingiustificate, se non a livello di associazioni alogiche ed in
particolare di analogie psichiche.
!
!
La Coscienza di Zeno
!
Ecco perché ne “La Coscienza di Zeno” di Svevo, per esempio, troviamo uno
sconvolgimento delle sequenze narrative, con prolessi ed analessi: nel capitolo
relativo alla morte del padre si trovano già annunciati elementi che riguardano il
matrimonio. Inoltre nel capitolo in cui Zeno è arrivato a sposarsi ci sono
riferimenti al suo adulterio, che, a loro volta, sono recuperati ed interpretati
come posteriori nel capitolo dedicato all’associazione commerciale con Guido.
Sempre nello stesso capitolo del matrimonio la digressione sulla morte del
suocero è inserita nel contesto come un’anticipazione. Inoltre l’accenno al
violino che Zeno portava talvolta in casa Malfenti è sempre risultato della
tecnica dell’anticipazione, adottata da Svevo per preparare il lettore ad una
scena futura, che avrà luogo quando apparirà un nuovo personaggio, Guido.
!
Il tempo, pertanto, non ha uno svolgimento diacronico, ma si dilata, si restringe,
si sovrappone a se stesso, si annulla, proprio secondo i ritmi della coscienza.
Ecco quindi che un episodio banale si amplia ed un evento importante, come la
morte, l’amore e l’amicizia, si esaurisce in poche righe. Inoltre eventi di epoche
diverse o contemporanee sono narrati all’interno di un “tempo misto”,
connotato dall’uso alterno del passato e dell’imperfetto, che sono risolti poi nel
condizionale, carico com’è di una valenza introspettiva altrimenti irrealizzabile.
Quindi il lettore non può più contare su quel “filo di Arianna” che gli veniva
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!18
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
fornito dal narratore ottocentesco, che spiegava l’agire dei personaggi ed
esplicitava il trait d’union fra le varie vicende. Adesso, di contro, il vicino viene
allontanato ed il lontano avvicinato, l’importante trascurato ed il banale
valorizzato. Nel romanzo del ‘900 si ha, perciò, un continuo spostarsi alla
rinfusa nel tempo, che, come si è visto, diviene una dimensione puramente
legata al soggetto, proprio come nella filosofia di Bergson. Così si alterano anche
i rapporti tra la durata oggettiva degli eventi e la durata della narrazione: un
evento piccolissimo, filtrato attraverso tutto ciò che passa nella coscienza degli
individui in ogni istante, è in grado di dare vita a ricordi e ad assembramenti di
idee che possono protrarsi per svariate pagine. Così Svevo, nel 4° e 5° capitolo
de “La Coscienza di Zeno”, accelera e decelera i fatti, secondo il valore qualitativo
che la sua coscienza attribuisce loro.
!
!
Il Fu Mattia Pascal
!
Analogamente ne “Il Fu Mattia Pascal” di Pirandello le rr. 1-33 del III capitolo
(che riassumono tutti gli anni della giovinezza e della breve maturità del padre
di Mattia) o le rr. 250-251 (che con ogni probabilità ricoprono addirittura
alcuni anni), in proporzione hanno una durata ben diversa rispetto alle rr.
89-102, dedicate alle dichiarazioni di zia Scolastica riguardo al suo mancato
matrimonio. In questo passo la voce del narratore scivola, senza che il lettore
venga avvertito, nel discorso indiretto della zia, che poi diventa discorso diretto
e trova anche degli interlocutori, dando luogo ad una sorta di teatrino nascosto,
che si interrompe solo con il ritorno delle considerazioni del narratore. E’ chiaro
che dalla durata della narrazione dipende in misura notevole la velocità del
racconto. Basta infatti che il narratore aggiunga un suo commento o
semplicemente non riporti una battuta di un personaggio, perché,
rispettivamente, il discorso sia più lungo o più corto della storia rappresentata.
Ne “Il Fu Mattia Pascal” l’ordine narrativo dei fatti non coincide con l’ordine con
cui essi si sono verificati: vi sono spostamenti all’indietro, ossia analessi e
retrospezioni, e spostamenti in avanti, ovvero prolessi e anticipazioni. Tutto il
romanzo appare costruito come una lunghissima analessi, a partire dal presente,
dal momento in cui Mattia scrive e da questo piano cronologico il soggetto
narrante parla e ad esso sovente ritorna. “Il fu Mattia Pascal” comincia en arrière,
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!19
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
a vicenda conclusa e con questo artificio lo scrittore vuole sottolineare la
distanza che separa il tempo dell’annunciazione dal tempo della storia. In
questa prospettiva, quindi, il leitmotiv del tempo, visto come principio di
logoramento e di dissoluzione, perde importanza, perché noi, come afferma
giustamente Hauser, “non solo siamo la somma dei singoli momenti della nostra
vita, ma il prodotto dei nuovi aspetti che essi acquistano ad ogni nuovo
momento”. “Non diventiamo più poveri per il tempo passato e perduto; solo
esso anzi dà sostanza alla nostra vita”. Di conseguenza la rappresentazione
dell’interiorità del personaggio è, ora, contaminazione di piani cronologici,
magma memoriale perennemente mutevole, da scandagliare con le tecniche più
diverse, in parte già sperimentate prima (il discorso indiretto libero) ed in parte
nuove (il monologo interiore).
!
!
Il flusso di coscienza
!
In ultima analisi, alla luce di quanto sinora esposto, si può dire che la memoria
ripesca gli avvenimenti passati e li reintegra, muovendo dal presente, che, in
continua metamorfosi, si ricostruisce dal confronto con il passato: “il tempo che
passa getta ogni momento un reagente”, scrive Zeno, alla fine del Preambolo.
Joyce e Virginia Woolf, come Svevo, percepiscono la realtà in correlazione con
la coscienza individuale. Questi autori descrivono il flusso di pensieri,
impressioni ed impulsi che si trovano nella mente umana, indipendentemente
dalla volontà dei personaggi. Questo processo mentale è chiamato “stream of
consciousness”, ovvero “flusso di coscienza”. Questa espressione venne utilizzata
per la prima volta dal filosofo americano William James nei suoi “Principi di
Psicologia” (1890). Dal punto di vista letterario il “monologo interiore” è
l’espressione verbale del fenomeno psichico denominato “flusso di coscienza”.
L’autore mediante questa tecnica “registra” il flusso di pensieri del suo
personaggio senza l’interferenza tradizionale del narratore, vale a dire senza
l’uso formale del discorso diretto od indiretto. In accordo con il pensiero di
Bergson, mediante il monologo interiore, l’autore riproduce il fluire caotico di
pensieri e stati emotivi, creando una commistione fra passato, presente e futuro,
senza rispettare l’ordine cronologico. L’uso del monologo interiore, da un lato
permette al lettore di avere un’introspezione nella mente del personaggio,
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!20
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
evidenziando i suoi lati razionali ed irrazionali, e dall’altro libera il romanzo
dalla presenza del narratore, talvolta opprimente.
!
!
James Joyce and Virginia Woolf
!
The conception of the reality changes with the Theory of relativity of Einstein
(1906), the concepts of time and space are conceived as subjective dimensions,
everything is relative and nothing is certain; and La Durèe of Bergson that
elaborates a theory on the time that influences Woolf and Joyce, he considers
the time as a continuous flow of information and images where is impossible to
separate the present clearly from the past and future, he distinguishes the
historical time (the time that spends calculated in hours, minutes, seconds; the
time of the story) and the eternal time (reproduction of what happens in the
human mind, without distinction between past, present and future, this brings to
the stream of consciousness that is express from the interior monologue: directindirect).
To talk about Joyce we have to consider the age in which he lived: the XX
century, in fact, represent an epoch of innovations and experimentations in all
cultural areas.
In the narrative area, for example, researching new ways of expression, James
Joyce found a greater interest in the interior aspects of his characters than in the
content of the novel.
These features make the author’s works different from the traditional one of that
age. Joyce uses the technique of the manipulation of time and he doesn’t respect
the chronological order; for example he uses the “ flash back ”, that is a sort of
“story in the story” .
The main element of style, in Ulysses, is the use of the stream of consciousness
in its basic form of interior monologue.
The stream of consciousness is, infact, to be intended as a psycological category,
and it indicates the casual association of thoughts, impressions and emotions of
a person who is not thinking intentionally but is letting his her mind flow freely.
The use of stream of consciousness secured two results:
!
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!21
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
- it allowed the reader to have an insight into the mind of a character, showing
its rational and irrational sides;
- it liberated the novel from the cumbersome presence of the narrator.
!
The interior monologue opened a new ground for exploration of the human
mind, not only organised conscious moments, but also in the moments in which
it abandons itself to the casual associations causes by external stimuli or by
words and impressions it has come into contact with, and has no control over.
Other main feature rescontrable in his works are the uses of similitude,
metaphors and an unusual interpunction.
In his stories there isn’t only one point of view, but he expresses the points of
view of many characters. His became famous with his neologism and his
“exploration” of language, but he always uses the same theme: the dryness of
his time.
!
Virginia Woolf admitted that life reflected in fiction is not a regularly patterned
universe with an objective existence, it is a state of mind:
!
“Life is a luminous halo, a semi-transparent envelope surrounding us from the beginning of
consciousness to the end.” 14
!
Because existence is not objective, it cannot be absolute. And even time, as
thoroughly interwoven into the fiber of being, cannot be absolute itself. This is
why all of Virginia Woolf ’s novels are, in one way or another, experiments upon
the concept of time. Perhaps the most obvious is “Mrs. Dalloway”, which
envisions time as a complex interplay between the present experience and what
remains in our minds in the form of memories. But other novels, like “To the
Lighthouse”, make use of the concept of time in a much deeper sense: they
create an intricate temporal fabric that is meant to underline the destructive
force of the universe, upon which the human being watches helplessly. “To the
Lighthouse” is an elegy upon time and that is why time appears in such novels
as a complex entity itself.
!
14
Virginia Woolf, The Common Reader, Modern Fiction, 1925
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!22
MARCO CATTANEO
CLASSE V, SEZ. D LST
ANNO SCOLASTICO 2013/2014
Bibliografia
!
Albert Einstein, Idee e opinioni, Schwarz, Milano, 1965
Albert Einstein, Relatività: esposizione divulgativa, Boringheri, Torino, 1964
Albert Einstein, Il significato della relatività, Boringheri, Torino, 1976
Christopher Nolan, Anatomy of a scene, Memento, edizione speciale 2003, Dvd
H. Bergson, L’Evoluzione creatrice, 1907, tr. Umberto Segre, Athena, Milano 1925
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889, trad. it. A. Mondadori,
Milano 1986
H. Bergson, Materia e memoria, 1896, tr. Adriano Pessina, Laterza, Bari-Rona
1996
Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Bologna, Cappelli, 1923; Milano, Morreale,
1930; Milano, Dall'Oglio, 1938; 1947; 1957
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Roma, Nuova Antologia, 1904
Luigi Pirandello, L’umorismo. Saggio, Lanciano, Carabba, 1908
James Joyce, Ulysses, 1922
Virginia Woolf, Mrs Dalloway, 1925
Virginia Woolf, To the Lighthouse, 1927
!
!
Sitografia
http://www.inftub.com/letteratura/Le-origini-del-Decadentismo32978.php
http://www.treccani.it/enciclopedia/relativita/
http://www.voxnova.altervista.org/vivere-tempo.html
http://www.inftub.com/generale/interdisciplinare/LA-CONCEZIONE-DELTEMPO-NEL-PR84384.php
LA RELATIVITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA
!23