Prof, cos`è l`Isis?

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Prof, cos`è l`Isis?
L E Z I O N I D I STO R I A
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Caro prof,
ma cos’è
questo Isis?
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Si entra in classe la mattina. Un’altra provocazione dei fondamentalisti
rimbalza su tutto il web e nella testa dei ragazzi. Come aiutarli a orientarsi
e capire? Un giornalista di lunga esperienza ha preparato un percorso di
domande e risposte ad uso degli insegnanti e dei ragazzi
di Alessandro Banfi
Che cosa significa Isis? E perché alcuni giornali scrivono solo Is?
Partiamo dalla definizione. Isis significa Stato islamico di Siria e Irak. In arabo si pronuncia “daesch”, se
accendete Al Jazeera International e l’ascoltate per un
po’, anche in inglese sentirete spesso citare questa parola araba. Isis è il primo nome di questa formazione
che nasce proprio nel territorio fra la Siria e l’Irak. In
una seconda fase, sulla base di una loro espansione
militare, hanno deciso di chiamarsi solo Is, Stato islamico. Molti media americani, preferiscono questa seconda dicitura perché fa dimenticare l’Irak… Prendete
Google Map e cercate Raccah, in Siria: è una delle due
capitali di questo territorio interstatale. Adesso cercate le indicazioni stradali verso Mosul, in Irak. Ecco:
questa fra le due “capitali” è la zona controllata militarmente dall’Isis e dove già oggi ha realizzato il regime del Califfato.
L’ISIS IN AZIONE
Sopra, fotogramma dal video
dell’esecuzione dell’ostaggio
britannico David Cawthorne
Haines, il 13 settembre 2014.
In basso, la distruzionedi opere
nel Museo di Mosul
Qual è il loro principale obiettivo?
Questa è la cartina di propaganda dell’Isis e la potete trovare sulla rivista Oasis, una delle fonti sul Web
VITA — aprile 2015
aprile 2015 — VITA
GEOGRAFIA IN MOVIMENTO
In questo momento una cartina del Medio Oriente dovrebbe
contemplare uno stato in più: è lo stato islamico che si è
aperto tra Siria e Irak, dalle città di Raccah e Mosul
seguito (blog.ilgiornale.it/foa/ ), ancora nel dominio
del Giornale.it, perché aveva lavorato con Montanelli.
Foa è uno dei pochi che ha ricordato, con dettagli, l’appoggio americano alla nascita dell’Isis. La differenza
fondamentale è che mentre Al Qaeda faceva gli attentati spedendo le persone spesso dal Medio Oriente, l’idea dell’Isis è conquistare territorialmente questa parte del mondo e creare il Califfato islamico. Che cos’è il
Califfato islamico? La cosa mostruosa, e giustamente
gli studiosi di Islam più seri lo mettono in luce, è che
nella tradizione islamica il Califfato rappresenta un
momento illuminato, ad esempio nell’alto Medio Evo.
Se studiate la storia di Gerusalemme scoprite come i
primi che hanno, non dico praticato la tolleranza religiosa, ma hanno cominciato a non uccidere quelli delle altre religioni, furono proprio loro
i Califfi. Il Califfato rappresenta nella
storia un esempio di tolleranza, di civiltà, di multiculturalità; non si uccidevano gli ebrei e i cristiani sotto gli
Omayaddi. Ecco perché è ancora più
mostruosa la caricatura che ne viene
fatta dall’Isis. Il Califfato come conquista territoriale, dove loro conquistano il territorio, impongono la loro
legge e vengono uccisi e schiavizzati
cristiani, sciiti – musulmani sciiti –
yazidi, curdi, ecc. e tutti coloro che
sono diversi da loro.
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rorismo compiuto in nome di Allah e del Corano. La
regina Ranja di Giordania in una dichiarazione pubblica ha lanciato un appello perché non si usi più l’aggettivo islamico parlando dei terroristi dell’Isis. Si fa sempre il paragone, in parte fondato, che una sconfitta
culturale e “sociale” del terrorismo islamista può avvenire solo “all’interno” della sinistra islamica, un po’
come capitò per le nostre Brigate Rosse e la sinistra.
Come si finanziano oggi i terroristi dell’Isis?
Secondo tutti gli analisti le fonti di denaro sono tre:
l’aiuto di Stati arabi come il Qatar, il contrabbando del
petrolio estratto dai numerosi pozzi conquistati, la
vendita clandestina, anche qui internazionale, di opere d’arte depredate da musei e luoghi di culto, sempre
nelle zone sotto il loro controllo.
Prima fonte: i vicini consenzienti. Il governo di Baghdad
(quello ufficiale rimasto) ha stimato in 2 miliardi di dollari il capitale “liquido” che farebbe
dell’Isis, il gruppo terrorista più
ricco del pianeta. Maurizio Molinari nel suo instant book appena
uscito, Il Califfato del terrore,
scrive: «I fondi raccolti in Qatar
hanno consentito all’Isis di acquistare armamenti dell’ex Europa dell’Est con sede in Turchia».
A noi occidentali pare abnorme
che capitali del Qatar comprino i
grattacieli nel centro di Milano e
insieme finanzino il terrorismo. Ma non bisogna dimenticare che questi donatori, di fede sunnita, vogliono finanziare chi combatte il nemico sciita (Iran) e l’odiato Assad (Siria).
Seconda fonte: l’oro nero. Il 22 settembre scorso il
Financial Times è uscito con una pagina intera intitolata “Fuelling Isis Inc”, che potremo tradurre: “Rifornendo di benzina l’Isis spa”. Un titolo ironico, molto
inglese. Che cosa viene fuori? Nel territorio conquistato ci sono molti pozzi di petrolio, la cui estrazione è
semplice. L’Isis vende i suoi barili al mercato nero attraverso i contrabbandieri turchi. I turchi sono molto
esperti, la Turchia è geograficamente limitrofa ed è governata da Erdogan, leader molto ambiguo nei confronti dell’Isis. Storicamente i turchi sono dei formidabili contrabbandieri e hanno fatto mercato nero di
petrolio già durante la guerra Iran-Irak, quella degli
anni ’80. Il paradosso è che quando voi andate a fare
benzina tranquilli e sereni, magari state finanziando
l’Isis. Capite? Il mondo è piccolo, più di quanto pensiate, perché i contrabbandieri turchi comprano dai
miliziani migliaia di barili di petrolio greggio e li vendono a prezzo scontato alle grandi multinazionali.
La caricatura che l’Isis fa del
Califfato è mostruosa: infatti i
Califfi nella storia rappresentano
un esempio di tolleranza e di
civilità, di multiculturalità
che vi segnalo per capirci qualcosa, fondata dall’attuale cardinale di Milano, Angelo Scola. Sul sito www.oasiscenter.eu c’è un articolo fatto molto bene – domanda e risposta – che si intitola: “Lo Stato Islamico
spiegato a mio figlio”. Hanno preso degli esperti di
Islam e di Isis e hanno fatto un approfondimento divulgativo. E pubblicano una cartina in cui si vedono le
zone nere, vero obiettivo del Califfato. Tutto il Nordafrica, fino al Centrafrica (è diventata nelle ultime settimane ufficiale l’alleanza dell’Isis con gli estremisti di
Boko Haram), e il Medio Oriente, ma anche i Balcani
e tutta la Grecia fino a Trieste, le repubbliche caucasiche, la Georgia, l’Azerbaigian, il grande Kazachistan ,
Afghanistan e Pakistan fino ai confini di Cina e India.
A occidente tutta la Spagna. Questa mappa propagandistica esprime molto più delle parole, la terribile minaccia di dominio militare e territoriale, spiega il genocidio che si sta diffondendo dall’Irak e dalla Siria e
arriva, nelle aspirazioni dei terroristi, fino al Mediterraneo, al Mar Nero e al Mar Caspio.
Qual è la differenza fra l’Isis e Al Qaeda?
Il punto in comune è tragico: entrambe sono invenzioni occidentali. Nel loro inizio. Al Qaeda è una sigla
inventata dagli americani. Vuol dire la rete, ed era un
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network islamico patriottico, all’origine anti sovietico,
finanziato dalla Cia. Osama Bin Laden, dieci anni prima delle torri gemelle era un agente della Cia che aveva messo su Al Qaeda come rete patriottica islamica
anti Milosevic. L’Isis nasce anche grazie all’incoraggiamento occidentale in chiave anti-Assad, il dittatore siriano. Contro il quale ancora un anno e mezzo fa gli
Usa volevano fare la guerra. L’Occidente ha sempre un
nemico, presentato come il nuovo Hitler, contro il quale tessere alleanze diciamo spregiudicate.
L’Isis si sviluppa come patriottismo islamico antisiriano in una terra di nessuno. Terra di nessuno che
per anni e anni è stata alimentata prima dalla guerra
Iran-Irak, pensate quanti anni fa, e poi dalla guerra
americana e la destituzione di Saddam Hussein. Il guaio è che dopo quella guerra non si è formato un Irak,
in grado non dico di essere una democrazia, ma di
mantenere una convivenza ordinata. Se vi ricordate,
insieme al dittatore, fu spazzata via tutta la classe dirigente, il famoso mazzo di carte di Bush… Il quotidiano Libero aveva regalato il mazzo di carte con 54 grandi leader ricercati in tutto il mondo, iracheni, di cui
molti erano cristiani. Fu completamente tagliata la testa di quella struttura statale… Un grande giornalista
italo svizzero, Marcello Foa, ha un Blog in Italia molto
Quale ispirazione culturale e che
rapporti con la religione islamica
hanno gli estremisti dell’Isis?
L’Isis si rifà al Wahabismo. Che cos’è il Wahabismo?
È una corrente di pensiero della fine dell’800, sunnita,
(perché l’Islam è diviso in tradizioni sciita e sunnita,
sia etnicamente che religiosamente) che è un modo di
interpretare ideologicamente e politicamente il Corano. D’altra parte la fine dell’800 è una stagione in cui
le ideologie cercano di laicizzare le religioni. Theodor
Herlz fonda il sionismo nel 1897, cioè lancia l’idea che
Israele può diventare uno Stato. Prima non c’era
quell’idea. Non si tratta di vera religione. Non si tratta
di Islam, di Corano. È un’ideologia politica che usa la
religione per un progetto di egemonia militare, territoriale, economica e politico-giudiziaria. Qualcuno dice simmetricamente uguale al sionismo israeliano.
Purtroppo nell’Islam non esiste un’autorità spirituale unica. Ma la più grande Università islamica, quella di Al Azhar, ha emesso a più riprese dichiarazioni e
sentenze contro l’Isis e l’uso della religione, condannando il terrorismo. Il presidente egiziano Al Sisi, prima dei fatti di Parigi e di Tunisi, ha pronunciato uno
storico discorso proprio ad Al Azhar, in cui ha chiesto
alla cultura islamica di tutto il mondo di reagire al ter-
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PRONTI A TUTTO
Sopra un miliziano dell’Isis sventola la bandiera nera del
Califfato. Sotto, l’azione provocatoria per togliere la croce
dal monastero di San Giorgio, vicino a Mosul
Terza fonte: le opere trafugate. Tutti hanno visto nei
video girati dai terroristi con la distruzione delle statue assiro babilonesi dell’antica Ninive del museo di
Mosul. Ma quella è soprattutto propaganda. Gli esperti stimano che nel mercato nero delle opere d’arte i
traffici illegali dell’Isis abbiano fruttato all’organizzazione terroristica almeno 36 milioni di dollari. Irina
Bobkova, direttore generale dell’Unesco, ha detto che
saccheggi, distruzioni, depredazioni sono una vera e
propria «pulizia etnico-culturale di stampo barbarico».
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Quanto è militarmente forte l’Isis?
Dall’inizio delle operazioni militari contro il Califfato da parte degli americani di metà settembre 2014,
non si può certo dire che l’Isis abbia perso territori o
forza. La domanda, nel nostro
mondo, è sempre la stessa: si vuole combattere davvero il terrorismo islamico? Il Re Abdullah di
Giordania ha lanciato una vendetta
militare di 72 ore, dopo la sadica
uccisione pubblica del pilota giordano catturato dai terroristi, e
quell’operazione di ritorsione ha
ridotto del 20 per cento la forza militare dell’Isis. Quando gli egiziani,
a loro volta, hanno reagito alla decapitazione dei cittadini copti,
l’ambasciatore del Qatar al Cairo è
stato richiamato in patria, in clamoroso segno di protesta.
L’Isis oggi non ha aerei. Secondo la maggior parte dei servizi militari, il loro esercito
conta sui 30-40mila miliziani, di cui almeno 3mila di
provenienza occidentale, i cosiddetti “foreign fighters”. Giovani, spesso di seconda generazione e che
lasciano il loro Paese: Francia (1050), Regno Unito
(750), Germania (600), Belgio (400) per unirsi alla
guerra del Califfato. I miliziani hanno molti pick up e
kalashnikov e qualche migliaia di carri armati, sottratti agli eserciti dell’Irak e della Siria.
Perché i mass media occidentali si occupano tanto
dell’Isis?
I miliziani del Califfato sono grandi comunicatori
globali. Fabbricano video delle loro terribili esecuzioni, che mostrano anche in pubblico. Il filmato del pilota giordano bruciato vivo nelle gabbia è stato proiettato nella piazza principale di Raccah di fronte ad una
grande folla. In quel caso la modalità dell’esecuzione
era stata decisa in base ad un referendum popolare via
internet. Usano infatti il web e i social network con
grande facilità e naturalezza. I video, confezionati in
stile hollywoodiano, hanno sempre un carattere sadico, molto ostentato. La maggior parte dei mass media
occidentali non mostra mai i video, quantomeno nella loro interezza cruenta e crudele, ma ne dà sempre
notizia e gli stessi video sono sempre disponibili in rete. C’è un dibattito in Occidente su come e quanto
dare spazio nei nostri strumenti di
comunicazione ai messaggi dell’Isis, ma lo “staccare la spina” appare quanto mai velleitario, soprattutto nel mondo dei new media.
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I video dell’Isis, confezionati in
stile hollywoodiano, hanno
sempre un carattere sadico,
molto ostentato. E usano
internet per diventare virali
ALESSANDRO BANFI
Torinese, 1959, è direttore di
Tgcom 24. Nato nella carta
stampata, è passato alla tv nel
1993, diventando vicedirettore
del Tg5 di Enrico Mentana. Banfi
viene spesso chiamato a tenere
incontri nelle scuole su questioni
di attualità: incontri per i quali ha
elaborato un format che qui
condivide con i lettori di Vita
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Gli islamisti vogliono la fine del
mondo?
La rivista dell’Isis in lingua inglese si chiama “Dabiq”. Dabiq è
una città del Nord dell’Irak dove,
secondo una certa interpretazione
della religione islamica, ci sarà la
fine del mondo, al termine di una
battaglia finale (vinta) contro i crociati. Insomma, l’Armageddon islamico. È un fatto che quando i miliziani
dell’Isis nella loro campagna militare hanno raggiunto
la città di Dabiq hanno fatto un’enorme festa. Partendo da qui lo studioso Graeme Wood ha scritto un lungo saggio sulla rivista americana The Atlantic (theatlantic.com) in cui sostiene il carattere profondamente
apocalittico dell’Islam stesso. Tesi cui ha risposto
un’altra grande rivista americana, New Republic
(newrepublic.com), sostenendo che il millenarismo e
l’Apocalisse non sono affatto islamici. Semmai sono
un problema occidentale e specificamente americano.
Roma è nel mirino?
Fra i video più conosciuti dell’Isis ce n’è uno che
sembra il film La grande bellezza, per dire quante inquadrature offre della città eterna, che però si conclude col fotomontaggio della bandiera nera issata su San
Pietro. Memorabile il messaggio via twitter, legato
all’ingresso in Libia: «Siamo a sud di Roma». I tifosi romanisti hanno messo uno striscione di risposta ironica, che è insieme critico verso i calciatori giallorossi:
«Se arriva l’Isis a Roma, pareggia».
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