Edward Snowden e Sarah Harrison lanciano l`allarme

Transcript

Edward Snowden e Sarah Harrison lanciano l`allarme
PD Congresso,
piovono i ricorsi
EGITTO Droghe
low cost
DOCUMENTARI La realtà
va al cinema
Da vendersi obbligatoriamente insieme al numero del 2 novembre de l’Unità.
Nei giorni successivi euro 0,80 + il prezzo del quotidiano
N. 43 | 2 NOVEMBRE 2013 LEFT+L’UNITÀ 2 € (0,80+1,20)
SETTIMANALE LEFT AVVENIMENTI
POSTE ITALIANE SPA - SPED. ABB. POST.
D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004
N. 46) ART. 1, COMMA 1 DCB ROMA
ANN0 XXV - ISSN 1594-123X
AV V E N I M E N T I
LIBERI DI SPIARCI
Edward Snowden e Sarah Harrison lanciano l’allarme:
siamo tutti intercettati. Piccola guida per sfuggire al controllo del web
di Paola Mirenda, Emanuele Polimanti e Maurizio Torrealta
la settimanaccia
2
left.it
2 novembre 2013
left
left.it
AV V E N I M E N T I
DIRETTORE RESPONSABILE
Maurizio Torrealta
[email protected]
DIRETTORE EDITORIALE
Donatella Coccoli
[email protected]
CAPOREDATTORE
Cecilia Tosi
[email protected]
CAPOREDATTORE
CULTURA E SCIENZA
Simona Maggiorelli
[email protected]
REDAZIONE
Via Luigi Turchi 17, 00153 - Roma
Sofia Basso (inviato)
sofi[email protected],
Manuele Bonaccorsi
(inviato, responsabile sviluppo web)
[email protected]
Paola Mirenda
[email protected],
Rocco Vazzana
[email protected]
Tiziana Barillà
(segreteria di redazione)
[email protected]
PROGETTO GRAFICO
Newton21 Roma
Lorenzo Tamaro
[email protected]
GRAFICA
Andrea Canfora
leftgrafi[email protected]
PHOTOEDITOR
Arianna Catania
leftfotografi[email protected]
INFORMATION DESIGNER
Martina Fiore
leftgrafi[email protected]
EDITRICE DELL’ALTRITALIA soc. coop.
Presidente CdA: Ilaria Bonaccorsi Gardini
Consiglieri: Manuele Bonaccorsi,
Donatella Coccoli
Via Luigi Turchi 17, 00153 - Roma
Tel. 06 57289406 - Fax 06 44267008
www.left.it
[email protected]
PUBBLICITÀ
Net1, Via Colico 21, 20158 - Milano
[email protected]
STAMPA
PuntoWeb srl
Via Var. di Cancelliera snc
00040 - Ariccia (RM)
DISTRIBUZIONE
SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A.
Via Bettola 18,
20092 - Cinisello Balsamo (MI)
Registrazione al Tribunale di Roma
n. 357/88 del 13/6/88
LA TESTATA FRUISCE
DEI CONTRIBUTI
DI CUI LA LEGGE AGOSTO 1990, N. 250
left 2 novembre 2013
LA NOTA DI
Maurizio Torrealta
Tre storie tra comunicazione
e spionaggio
Q
ual è il legame che collega tra loro le tre storie sulla comunicazione che pubblichiamo questa settimana?
La prima è la storia di Edward Snowden
il consulente dell’Agenzia della sicurezza americana (Nsa) che ha deciso di svelare come e quante persone sono spiate e
intercettate dalla Nsa in Europa e in tutto il mondo. La seconda storia è sull’ invasione pacifica e, nella maggioranza dei
casi, consensuale, che permette ai social network come facebook, linkedin,
twitter e a motori di ricerca come google, di catturare tutte le nostre informazioni, dai numeri della nostra agenda, ai
siti che visitiamo, alle persone che conosciamo, per utilizzarle o venderle all’industria pubblicitaria. La terza storia riguarda quel ristretto numero di gruppi
sociali che hanno elaborato sistemi per
ritornare anonimi nell’uso di internet e
suggeriscono quali browser, quali motori di ricerca, quali server di posta elettronica sia meglio utilizzare.
Nelle nostre riunioni di redazione non
abbiamo trovato l’accordo su quale di
questi tre settori fosse il più importante. Discussioni del genere svelano una
ricchezza e una profondità dell’argomento, che ci obbliga a modificare l’orbita di astrazione dalla quale analizziamo i fatti. Con il nostro consenso, senza
il nostro consenso, illecitamente, nonostante il nostro dichiarato rifiuto, sfidando la nostra opposizione e resistenza, si
tratta sempre di una violazione della nostra privacy, che avviene mentre comunichiamo, in maggioranza, opinioni, valutazioni, esperienze private, pensieri,
conoscenze, e talvolta scoperte. Questo
flusso immateriale è l’energia che produ-
ce ricchezza. È intelletto sociale che fa
muovere i mercati e la finanza, è il terreno sul quale nel bene e nel male cresce e
si muove la politica. Perdere il controllo su queste informazioni significa rinunciare ad avere il controllo su Stato, governo, industria e ricerca. Una delle poche resistenze contro questa silenziosa e
immateriale invasione l’hanno prodotta
alcuni centri sociali che con pochi soldi
ma molta intelligenza hanno cominciato a costruire server di posta elettronica criptati e a usare sistemi operativi per
computer con software aperto e quindi
controllabile. Questa è la chiara dimostrazione come la ricchezza cognitiva di
questo Paese sia metodicamente ignorata e talvolta addirittura ostacolata. Sono convinto che un settimanale come il
nostro che ha la pretesa, o forse l’illusione, di capire e innovare, debba occuparsi più spesso di quello che viene chiamato capitalismo cognitivo, il capitalismo
che produce beni immateriali che utilizza l’attività più prezioso che l’uomo ha,
l’attenzione della sua mente, la fantasia
della sua immaginazione, la sua capacità di creare.
Facendo un salto indietro nella storia e
prendendo spunto da un mezzo di comunicazione semiestinto come la televisione e dalla miniserie La forza di un sogno
su Adriano Olivetti, al netto di tutta la retorica, una figura visionaria come quella
dell’imprenditore di Ivrea, primo inventore del calcolatore elettronico, non può
che farci rimpiangere tutte le occasioni
perdute del passato. Ma la storia non serve mai a evitare di ripetere gli errori già
commessi. O di seguire improvvisati e
mai estinti pifferai magici.
3
[email protected]
left.it
Un congresso
che dia speranza
Naufragio
nel deserto
Salve, ho 17 anni e sono
un tesserato Pd. È la prima volta che scrivo a left.
Orgoglioso di essermi
iscritto, mi pongo da tempo, delle domande. La nostra coalizione, si sta distruggendo? Una volta,
quando si parlava di centrosinistra, si parlava di
speranza, di futuro e di diritti dei più deboli. Oggi,
possiamo ancora parlare
di queste cose?
Abbiamo una grossa opportunità: un congresso dove possiamo parlare, discutere e mettere in
pratica quello che il nostro partito ci ha insegnato. Dobbiamo dare una
boccata d’ossigeno a questo Paese, perché se andiamo avanti così, sarà
sempre più difficile trovare strumenti per risanare
l’Italia.
Gabriele Gazzotti
Caro left, dopo la strage di
migranti a Lampedusa, mi
sembrava eticamente intollerabile che chiudessimo
occhi e radar su centinaia di esseri umani, in fuga
dai loro Paesi, che affrontano il mare e ci muoiono, dispersi, disperati, magari a
mezzo miglio dalle nostre
coste. Mi sembrava umanamente inaccettabile che assistessimo come spettatori
televisivi a questo eccidio
continuo di persone, colpevoli soltanto di un movimento alla ricerca di un’altra vita. Eppure molti tra
noi non capiscono, molti
tra noi non vogliono capire
che chi arriva in questa impaurita Europa cerca, anche a costo della vita stessa, quella identità realizzabile soltanto fuggendo da
terre native di guerra e carestia. Poi, all’improvviso,
gli eventi si sono fatti ancor
4
più mostruosi e sembra che
“pochi” vogliano convincere questi “molti” di che cosa si può essere capaci per
resistere, per migrare, per
essere umani: abbiamo appreso oggi che decine di
donne, bambini, uomini sono morti, stavolta in mezzo al mare... di deserto tra
Niger e Algeria, abbandonati da inumani trafficanti
di umanissime speranze, in
un naufragio secco che riporta l’orrore nei nostri notiziari e nel nostro inconscio. Di quante altre dimostrazioni i “molti” di questa
anaffettiva Europa hanno
ancora bisogno?
Paolo Izzo
Dal Pdl a Forza Italia.
E il Pd?
Cara redazione di left, confesso una certa predisposizione a non capire, a non
comprendere certi accadimenti che si susseguono
nel mondo della politica.
Facendomi scudo di questa
“ingenuità” vorrei sottoporle un dubbio forte. La questione riguarda la sinistra,
il centro-sinistra e la necessità di essere protagonista
o meno degli scenari nazionali. Riguarda i passaggi interni dell’altro partito,
o come lo si vuole chiamare
che fa parte di quelle “ larghe intese” di cui abbiamo
“appreso” di condividere il
percorso di guida del Paese. In queste ore il suo leader massimo, con una decisione “d’impero” ha chiuso la storia del Pdl per riaprire quella di Forza Italia. Non entro minimamente nelle questioni interne di
un partito che raccoglie vasti consensi nel popolo italiano ma invece ripropongo la questione a quella che
è la parte in cui, pur a fatica,
mi riconosco. Cioè se da un
punto di vista sostanziale,
pratico e politico, tutto ciò
debba scivolare ancora una
volta, su quelle fragili spalle
del Pd, come se niente fosse. In sostanza se si debba
subire in modo automatico,
repentino e poco chiaro, il
passaggio dall’alleanza con
il Pdl a quella con il nuovo
soggetto di Forza Italia. Un
soggetto che avrà avuto le
sue ragioni di nascere. Penso a ragioni strategiche e
non solo da un punto di vista di ricompattamento intorno al suo vecchio capo.
Ragioni che credo imporrebbero al centrosinistra
una più attenta valutazione
e considerazione.
Un caro saluto
Luca Soldi
2 novembre 2013
left
left.it
sommario
IANNO XXV, NUOVA SERIE N. 43 / 2 NOVEMBRE 2013
COPERTINA
SPECIALE SUOLO
FUKUSHIMA
LIBERI DI SPIARCI
SENZA TERRA NÉ LEGGE
DISASTRO APPENA INIZIATO
La fuga di Edward Snowden da
Hong Kong a Mosca. Le intercettazioni Usa ai politici dei Paesi alleati. L’uso spregiudicato
dei nostri dati da parte dei colossi del web
come Google e Facebook. Siamo tutti sotto controllo. Ma almeno dall’invasività della
Rete possiamo difenderci. Ecco come.
In Parlamento giacciono ben
tredici disegni di legge sul consumo del suolo. Ogni giorno,
intanto, scompaiono 80 ettari
di terreno e cresce l’allarme di giuristi e urbanisti. Unica in Italia, la Regione Toscana
ha presentato una riforma che vieta il cemento fuori delle aree urbanizzate.
Il disastro di Fukushima non è
ancora finito. Oltre agli sbagli
del passato, tra reattori troppo vicini al mare e combustibile nelle piscine, pesano gli errori post incidente. Adesso il rischio è la contaminazione dell’Oceano. Ecco perché la comunità
internazionale se ne deve far carico.
16
28
LA SETTIMANA
03
04
04
06
LA NOTA
LETTERE
LA SETTIMANACCIA
FOTONOTIZIA
COPERTINA
16 Dalla parte di Edward di M. Torrealta
19 Ladri d’identità di Emanuele Polimanti
22 Asocial network di Paola Mirenda
SOCIETÀ
24 Calabria, piovono ricorsi
di Rocco Vazzana
26 Congressi, caos anche a Roma
di Sofia Basso
28 Senza terra né leggi di Paolo Berdini
30 Zero cemento di Donatella Coccoli
32 La rivoluzione promessa
di Simona Maggiorelli
34 Sulla cattiva strada di Tiziana Barillà
foto di Filippo Romano
MONDO
40 Mi sento un faraone di Alessandro
Accorsi e Max Siegelbaum
44 I primi della classe di Cecilia Tosi
left 2 novembre 2013
IDEE
12
12
13
14
14
56
RUBRICHE
ARTICOLO 21 di Beppe Giulietti
IL TACCUINO di Adriano Prosperi
#OCCUPY PD di Elly Schlein
LA LOCOMOTIVA di Sergio Cofferati
IN FONDO A SINISTRA
di Fabio Magnasciutti
15 FINANZA&POLITICA
di Ernesto Longobardi
08 COSE DELL’ALTRO MONDO
54 TRASFORMAZIONE di Massimo Fagioli
62 TI RICONOSCO di Francesca Merloni
58 PUNTOCRITICO
CULTURA E SCIENZA
48 Il cinema della realtà
di Manuele Bonaccorsi
50 A Roma il docufilm d’autore
di Camilla Bernacchioni
51 A Firenze schermi d’arte
di C. De Carolis e C. Romito
52 Joyce Lussu e Hikmet, una storia
a due voci di Giampiero Bellingeri
56 Fukushima, disastro appena iniziato
di Giorgio Ferrari
a cura della redazione Esteri
10 COSE DELL’ALTRITALIA
a cura della redazione Interni
11 PICCOLE RIVOLUZIONI
a cura di Paolo Cacciari
39 CALCIO MANCINO
di Emanuele Santi
CINEMA di Morando Morandini
ARTE di Simona Maggiorelli
LIBRI di Filippo La Porta
60 BAZAR
EDITORIA, TENDENZE, MUSICA
60 APPUNTAMENTI
a cura della redazione Cultura
61 IN FONDO di Bebo Storti
Chiuso in tipografia il 30 ottobre 2013
Illustrazione di copertina:
Valerio Paolucci/OfficinaB5
5
fotonotizia
Ripresa
nascosta
La crisi non è finita, ma in
Europa si avvertono i primi segnali di ripresa. Secondo il Fondo monetario
internazionale quest’anno l’Eurozona raggiungerà l’obiettivo di un deficit
medio sotto il 3 per cento del Pil, e l’economia europea tornerà competitiva, anche grazie all’Unione
bancaria. Sul fronte disoccupazione, però, i miglioramenti sono impercettibili. In Spagna è diminuita
dal 26.3 al 26 per cento. E a
Madrid c’è sempre più gente che vive per strada.
(Kudacki/Ap/Lapresse)
cose dell’altromondo
left.it
© HUSSEIN/AP/LAPRESSE
CONFINI DI GUERRA
Dice no alla soluzione militare
ma si prepara alla battaglia
campale contro i ribelli siriani.
Il leader di Hezbollah Hassan
Nasrallah (che nella foto parla
ai suoi sostenitori in un video
registrato da un luogo sconosciuto) ha appena dichiarato
che la guerra in Siria si può risolvere solo con la politica. Ma
contemporaneamente le sue
milizie sciite si preparano per
attaccare l’opposizione siriana
ad al Qalamoun, nord di Damasco. In Libano l’attivismo di
Hezbollah fa paura, e se nella
valle della Bekaa il Partito di Dio
gode ancora di un forte sostegno, nel sud del Paese cresce il
malcontento verso le operazioni
di guerra, che mietono vittime
tra combattenti e civili che, nonostante siano sunniti, sono pur
sempre musulmani.
Figlie di papà
Marine Le Pen. Nata nel 1968, dal
2011 guida il Front national fondato
dal padre, Jean-Marie Le Pen. Alle
presidenziali del 2012 ha ottenuto il
17,9 per cento dei consensi
Rosa Virginia Chavez. La figlia dell’ex
presidente venezuelano è stata appena
incaricata dal successore di suo padre
Maduro di guidare un programma di
cooperazione con Cub (Mision Milagro)
Liz Cheney. La figlia del vicepresidente
di George W. Bush si candida per un
posto al Senato alle elezioni del 2014
in Wyoming. Liz ha già lavorato al
dipartimento di Stato ai tempi di Bush
Park Geun-hye. L’attuale presidente
della Corea del Sud e leader del
Partito conservatore ha ereditato le
sue capacità politiche dal padre Park
Chung-hee, presidente dal 1963 al 1979
Gloria Macapagal Arrojo. Presidente
delle Filippine dal 2001 al 2010,
arrestata nel 2011 per frode elettorale,
è figlia di Diosdado Macapagal,
presidente dal 1961 al 1965
Gulnara Karimova. Figlia del presidente
dell’Uzbekistan, unisce l’attività
diplomatica alla carriera artistica
(canto e disegno di gioielli). Potrebbe
candidarsi alla presidenza nel 2015
CRISI DELLA SETTIMANA Mentre quasi tutte le comunità indigene sono in sciopero contro le violazioni dei diritti umani e
le espropriazioni dei loro terreni, la Colombia vive uno scontro sempre più aspro al suo vertice. Il presidente Santos viene
accusato di eccessiva “disponibilità” nei confronti dei terroristi delle Farc dall’ex presidente Uribe, fiero di rappresentare il
“pugno duro” contro le formazioni illegali. Uribe, che secondo la Costituzione non può più candidarsi alla presidenza, ha già
selezionato un suo fedelissimo per sconfiggere Santos alle elezioni del 2014: l’ex ministro delle Finanze Oscar Ivan Zuluaga.
8
2 novembre 2013
left
left.it
© BABA/AP/LAPRESSE
EGITTO Valico off limits, Gaza isolata
Le autorità egiziane chiudono a singhiozzo il valico di
Rafah, alla frontiera con la Striscia di Gaza. Il punto
d’ingresso è vitale per i palestinesi, che non possono attraversare neanche il confine con Israele. La situazione,
già grave, recentemente è peggiorata con la distruzione di alcuni tunnel sotterranei che collegano la parte palestinese di Rafah con quella egiziana. I tunnel servono
per aggirare l’embargo israeliano e per far entrare alimenti, medicinali e beni di prima necessità provenienti dall’Egitto. Il viceministro dell’Economia di Gaza, Hatem Oweida, ha dichiarato che la distruzione dei passaggi sta annientando l’industria, il commercio,
l’agricoltura e l’edilizia,
provocando un danno di
circa 230 milioni di dollari al mese (circa 170
milioni di euro). A questo si aggiunge il rischio
che la disoccupazione
nella Striscia raggiunga
il tasso del 43 per cento.
238
Il numero di anni che dovrebbe
lavorare un salariato della
Nestlé per guadagnare quanto
l’amministratore delegato
del gruppo svizzero. Nel 2012
lo stipendio di Paul Bulcke,
ceo della Nestlé, è stato pari
a 12,608 milioni di franchi svizzeri
(circa 10,2 milioni di euro),
con un aumento dell’11,6
per cento rispetto al 2011
LA CURIOSITÀ Dammi i soldi e ti catturo
Ricordate Kony 2012? L’anno scorso un video su youtube rese famoso il signore
della guerra liberiano Joseph Kony, responsabile per il rapimento e la riduzione in
schiavitù di 66mila bambini. Da allora Kony è l’uomo più ricercato d’Africa, ma sembra introvabile. Oggi ci prova l’inviato di guerra Robert Young Pelton che ha appena
lanciato su internet una raccolta di fondi a questo scopo. Pelton promette ai suoi finanziatori di recarsi in Africa centrale con due filmmaker e rintracciare Kony nella giungla.
SIRIA Crisi di un mediatore
© SCHNEIDER/AP/LAPRESSE
SETE DI LIBERTÀ
«Nessuno può vincere e
nessuno vincerà questa
guerra». Lakhdar Brahimi,
inviato speciale delle Nazioni unite sulla Siria, dice di
pensare spesso alle dimissioni, «quasi tutti i giorni».
Perché trovare una soluzione al conflitto siriano è pressoché impossibile, al massimo si può arrivare a un compromesso che non soddisferà alcuna delle parti in causa. Alla vigilia della conferenza di Ginevra (il 23 novembre) il mediatore Onu non crede in un successo ma
non getta la spugna. Però la conferenza non parte bene: il 28 ottobre una ventina
di gruppi ribelli hanno annunciato che non parteciperanno all’incontro ginevrino perché sul tavolo non è in discussione la partenza di Assad, premessa per loro necessaria a una riconciliazione. E chi parteciperà, avvertono, sarà considerato un traditore «che i nostri tribunali giudicheranno».
left 2 novembre 2013
Volevano arrivare in Algeria attraversando il deserto del Niger ma non ce l’hanno
fatta. A ucciderli stavolta non è stata
l’acqua ma la sete: i corpi di 5 migranti
nigerini sono stati ritrovati lunedì 28 ottobre dall’esercito locale, morti disidratati
dopo che il camion su cui viaggiavano
è finito in panne. Secondo il sindaco di
Agadez - città del nord del Niger - i morti
sarebbero almeno 35. A confermarlo ci
sono le testimonianze di altri viaggiatori
che ne hanno avvistato i cadaveri lungo
la strada che porta a Tammrasset, ai
confini con l’Algeria. I dieci superstiti della tragedia raccontano di aver aspettato
per giorni l’arrivo dei soccorsi.
9
cose dell’altritalia
left.it
SULCIS. SOLUZIONE RIMANDATA
«Convincere il governo a imporre la sua autorità sull’Alcoa per cedere
lo stabilimento». E salvare così 500 posti di lavoro. Per questo motivo
300 operai cassintegrati del Sulcis il 28 ottobre hanno attraversato il
mar Tirreno per raggiungere Roma. Un’intera giornata di attesa per
conoscere l’esito di un incontro che però non ha dato alcuna risposta. E
dopo qualche tensione i lavoratori hanno deciso di tornare a casa. Tutto
rinviato a novembre. Adesso però Alcoa si dice disponibile a riprendere
le trattative con la svizzera Klesch, che vuole rilevare la fabbrica sarda.
© LAPRESSE
AMBIENTE LE CITTÀ ECOSOSTENIBILI
Un Paese che ha smesso di investire nel cambiamento e nella
tutela ambientale. Così descrive l’Italia Ecosistema urbano l’ultimo
rapporto di Legambiente e Sole 24 ore sulle eco-performance
delle città italiane. Che «è come se avessero eliminato dal loro
orizzonte i temi ambientali e la gestione dei beni comuni, arrese
a un modello di trasporto pubblico fatto di auto private».
BARI Gioco d’azzardo “più lontano”
CATANIA Un cimitero per i migranti
La Puglia prende le distanze dal gioco
d’azzardo. Salirà da 300 a 500 metri la distanza minima delle sale da gioco dai centri sensibili,
cioè scuole, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi, associazioni giovanili e centri sociali. La commissione Assistenza sanitaria e Servizi sociali del Consiglio regionale, infatti, ha approvato all’unanimità la proposta di legge
sul “Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”. Oltre alla formazione obbligatoria per i gestori e alle azioni socio-sanitarie in materia di ludopatia - il gioco
d’azzardo patologico - ha passato il vaglio anche l’emendamento “allunga-distanze”. Dino Marino (Pd), presidente della commissione, è soddisfatto della proposta di legge e auspica che anche il Parlamento nazionale segua la
via pugliese per arginare il fenomeno della ludopatia.
Mai più 366 bare allineate, mai più
corpi sepolti in giro per la Sicilia. La
fondazione Giuseppe Fava lancia la proposta di creare un “cimitero del mare” sfruttando i beni sequestrati alla mafia. Un solo luogo, che custodisca i corpi di chi ha perso la vita nel Canale di Sicilia, cercando la salvezza lontano dal proprio Paese. Elena Fava, vicepresidente della fondazione dedicata al giornalista ucciso da Cosa nostra nel 1984, spiega che
questo sarebbe anche un monito per non scordare le
tragedie del mare. E aggiunge: «Qualcuno potrebbe
obiettare dicendo che adesso dobbiamo occuparci
dei vivi. Ma non possiamo rimanere indifferenti davanti a quelli che hanno perso la vita».
10
2 novembre 2013
left
left.it
RENZI IL VERSO SBAGLIATO
Della serie infelice “noi di left lo avevamo
mo
scritto!”. Appena chiusa la Leopolda,
il consiglio comunale di Firenze ha
approvato la delibera della giunta Renzi
zi sul
cimiterino dei feti a Trespiano, destinato
nato
a chi voglia darne sepoltura. In aula la
delibera è stata difesa da Stefania
Saccardi, assessora ai Servizi
Sociali e vicesindaca, legatissima
a Matteo Renzi. Cattolica e legale
dell’Istituto Diocesano. Definite
dunque le dimensioni delle fosse,
delle urne e dei monumentini, di fatto
ni
si conferisce ai feti lo status di “cittadini
morti”. Reazioni politiche? Per ora
solo quella di un altro candidato alla
segreteria Pd: Giuseppe Civati.
100mila
Gli italiani under 35 che si sono messi in proprio
dall’inizio del 2013. In pratica un terzo delle
circa 300mila imprese nate tra gennaio e fine
settembre. Il rapporto di Unioncamere evidenzia
che il Sud è la culla della vitalità imprenditoriale
(38,5% delle nuove imprese giovanili). E che
i settori principali sono: commercio (20,5%),
costruzioni (9,4%), servizi di ristorazione (5,6%)
#ultimatum
Il mondo della conoscenza lancia un ultimatum al governo Letta: il 15 novembre gli studenti scenderanno in
piazza contro le politiche di austerità. La Rete della conoscenza, il coordinamento universitario Link e l’Unione degli studenti non hanno dubbi: «Se la stabilità è per
pochi e la precarietà per tutti, respingiamo la legge di
stabilità. Il governo delle larghe intese», spiegano gli
studenti, «ha promesso per mesi un cambio di rotta, ma
con le misure imposte nella legge di stabilità si continuano a marginalizzare fette larghissime della popolazione». Si prepara, quindi, la nuova stagione di proteste e, a partire dal 7 e 8 novembre, inizieranno le assemblee nelle scuole, nelle università, nelle case dello studente e nei quartieri.
left 2 novembre 2013
PiccoleRivoluzioni
di Paolo Cacciari
Palermo fa la cosa giusta
Hanno la convinzione che «la politica vera è quella fatta di piccole cose quotidiane». Per esempio, frequentare i negozi che dichiarano di non sottostare ai ricatti della mafia (800 esercizi commerciali a Palermo espongono
il simbolo “Pizzo free”). Per esempio, andare al Teatro
Garibaldi autogestito. Per esempio, conferire gli oggetti
che non si usano più agli Ecopunti della filiera Riuso Rifiuti formata da sedici cooperative che gestiscono isole
ecologiche in vari comuni e che in controvalore donano
“crediti” con cui ottenere pasta e altri prodotti alimentari di produzione locale. Per esempio, rifornirsi di generi alimentari locali attraverso i Gruppi di acquisto solidali (una sessantina nella regione) che hanno generato
consorzi di produttori-fornitori, come quello delle “Galline felici” di Lentini. Per esempio, utilizzando l’energia
fornita dai piccoli salti d’acqua con impianti mini idroelettrici a scala aziendale, progettati dall’Istituto di idraulica dell’università di Catania e prototipizzati da una industria di Caltanisetta. Molte altre ancora sono le buone pratiche che si sperimentano in Sicilia e che verranno esposte, discusse, proposte alla seconda edizione di
Fa la cosa giusta! 8/9/10 novembre). La loro intenzione è
tessere “una rete di gruppi, associazioni e produttori che
promuovono i concetti di equo e solidale”. Non da soli,
ma coinvolgendo le istituzioni locali e gli enti pubblici a
supporto dei loro progetti. A partire dalla nuova amministrazione del Comune di Palermo che patrocina di buon
grado l’iniziativa e che ha gentilmente concesso gli splendidi spazi dei Cantieri culturali alla Zisa, dove si svolgerà
la fiera. Centinaia di espositori da tutta la regione, decine di laboratori per scuole d’ogni ordine e grado (panificazione, orti urbani, energie rinnovabili, mobilità dolce)
e un ricco calendario di incontri culturali. I filoni lungo
cui si snoderà la fiera sono: buono da mangiare, beni comuni, abitare lo spazio, servizi etici, viaggiare, pace e partecipazione, editoria, moda e cosmesi, equo e solidale.
Insomma, l’intera gamma di un possibile “buon vivere”
all’insegna della sostenibilità, della responsabilità, della
relazionalità. I capofila di tanta creatività sono un gruppo
di associazioni di varia formazione culturale che hanno
saputo lavorare assieme con pazienza e profitto: il Centro di documentazione Giuseppe Impastato, Libera terra,
Pago chi non paga, l’Associazione per la pace e lo sviluppo del Mediterraneo, il consorzio Siquillyàh, l’Arci, Lavoro e non solo, l’associazione G. Abbagnato, il consorzio
Litorto e poi cooperative e Ong. Un primo risultato del loro lavoro è una ponderosa guida al consumo critico e agli
stili di vita sostenibili della Sicilia, Fa la cosa giusta!, Terre di Mezzo editore, che pubblica i giornali di strada [email protected]
datti dagli homeless.
11
idee
left.it
articolo 21
di Beppe Giulietti
La minaccia di privatizzare la Rai
I
L’urgenza
è risolvere
il conflitto
di interessi
l ministro Saccomanni ha scelto un programma Rai, quello di Fazio, per annunciare che sta
studiando come privatizzare il servizio pubblico.
Qualche giorno prima il presidente del Consiglio
aveva ribadito la centralità della Rai e auspicato
persino la nascita di un polo pubblico europeo.
Nel frattempo i mazzieri del conflitto di interessi avevano ripreso a sparare a palle incatenate
contro la Rai, indossando le vesti dei moralizzatori e dimenticandosi che, nell’attuale Consiglio
d’amministrazione, detengono la maggioranza e
che, dunque, avrebbero potuto contribuire a tagliare sprechi e a ripulire eventuali zone di corruzione. Evidentemente la campagna in corso ha
altre motivazioni e riguarda la prossima campagna elettorale e la tutela del conflitto di interessi.
Il bombardamento preventivo ha il solo obiettivo di lasciare le cose come stanno, di minacciare sfracelli per impedire il minimo cambiamento. Si minaccia per conservare e per presentarsi in condizioni di favore all’appuntamento elettorale. Di fronte a questa offensiva il centrosinistra risponde diviso, oscillante tra indignazione
e paura di sfiorare un tema “vitale” per il principale alleato di governo. Eppure, senza neppure
alzare i toni, basterebbe ricordare ai Brunetta di
turno che l’Europa non ci ha chiesto di svendere
il servizio pubblico, bensì di risolvere il conflitto
di interessi, rafforzare le norme antitrust, liberare le Autorità di garanzia e la Rai dal controllo diretto dei governi e dei partiti.
Beppe Grillo, che pure non è certo tenero con la
Rai, ha ricordato che prima di ipotizzare forme
di privatizzazione sarà opportuno risolvere il
conflitto di interessi e porre dei seri paletti antitrust, anche per evitare che la vendita si trasformi in una svendita a favore dei soliti noti.
Per una volta la pensiamo come lui e dal momento che, durante la scorsa campagna elettorale, la stessa posizione è stata espresso dal Pd,
da Sel e da alcuni esponenti di Scelta civica, non
sarà forse arrivato il momento di presentare una
proposta di legge e di chiederne la immediata calendarizzazione, discussione e votazione?
Sulla carta esisterebbe una larga maggioranza,
perché non provarci? Non si tratta di fare un dispetto a qualcuno, ma di smetterla di fare “dispetti” alla Costituzione e di consentire all’Italia
di diventare un Paese europeo anche nel settore
dell’informazione, dove, per altro, continuiamo
a occupare uno degli ultimi posti in tutte le graduatorie internazionali.
il taccuino
Etica all’italiana
I
n termini di tempo e di spazio, Berlino è a due passi da Roma. In termini di etica pubblica siamo su pianeti diversi. A Berlino tra il 2010 e il 2013
ben due ministri si sono dimessi senza
indugi. Erano accusati di aver copiato
in parte la loro tesi di dottorato. Uno di
loro, l’allora ministro della difesa KarlTheodor zu Guttenberg, disse che più
di tutto gli rincresceva per lo scandalo perché distraeva i media dal prestare attenzione ai militari feriti o uccisi in
Afghanistan. Qui da noi si sta ballando
12
da mesi un osceno balletto sulla questione se un condannato per evasione
fiscale e pluri imputato di altri crimini anche più odiosi debba o no continuare a sedere in Senato. Chi ha avuto
il coraggio di dire che la questione non
è giuridica ma etica è stato quasi aggredito fisicamente. Ora, proviamo a ragionare come ha ragionato Karl-Theodor zu Guttenberg: quali sono gli effetti
pubblici della lunare controversia che
tiene banco sui media? La gente è autorizzata a pensare che l’importante è ar-
ricchirsi con ogni mezzo, visto che i criminali conclamati e condannati possono continuare a occupare un seggio in
Senato. Quanto sarà devastante in termini di etica pubblica l’esempio che
governo e parlamento danno al Paese?
Lo stato dell’etica condivisa nel Paese
è attestato ogni giorno da casi impressionanti. Prendiamone a caso uno recente: nei giorni scorsi è emerso che
per almeno sei anni (ma certamente
molti di più) il depuratore del Comune
di Fucecchio ha mancato sistematicamente al suo compito, quello di depurare liquami e fanghi altamente inquinanti. Di fatto quantità incalcolabili
2 novembre 2013
left
idee
left.it
#occupyPd
di Elly Schlein
I due congressi democratici
I
n questi giorni si stanno tenendo due congressi del Pd. Uno è quello descritto magistralmente dall’ultimo numero di left, nell’inchiesta dal titolo “Tessere o non essere”. È quello che in meno di una settimana vede lievitare magicamente
gli iscritti di qualche circolo da poche centinaia
a molte migliaia. È quello dei pacchetti di tessere prepagate, delle cosiddette truppe cammellate, che si presentano in diverse forme e persino
nazionalità. Ed è scandaloso che tra i 4 candidati al congresso l’unico a denunciare a gran voce le
storture nel tesseramento sia stato Giuseppe Civati. Insomma, non è certo questo che avevamo
in mente quando chiedevamo un congresso aperto per ricostruire un’identità e un senso di comunità così profondamente minati dai fallimenti del
passato, dai 101 che affossarono Prodi, dalle larghe intese che tendono a diventare lunghe intese,
senza chiedere a nessuno.
C’è però un altro congresso, nel Pd. È quello che
incontriamo tutte le sere in giro per l’Italia nei circoli affollati di persone che discutono, si interrogano, si confrontano. È nelle discussioni di tre
ore a Sasso Marconi per convincere il vecchio
Betti che c’è ancora una speranza di cambiare le
cose. È nella fatica di Alberto, segretario Pd ven-
tenne del vicentino, a convincere suo padre, che
dopo i 101 la tessera gliel’ha stracciata davanti
al naso. È nella signora che al circolo operaio Il
Bruco di Magré, uno dei più antichi d’Italia, dopo
un partecipato dibattito dice sottovoce: «Grazie,
avevo perso ogni fiducia e stasera l’ho ritrovata».
È il ragazzo che, a sorpresa, durante la notte, scrive «mi avete convinto: mi iscrivo al Pd».
A volte basta poco. Basta spiegare che finché ci
siamo allontanati delusi dalla politica, hanno
continuato a farla altri, e le conseguenze le abbiamo pagate sempre e comunque noi. E chi ci guadagna, dalla mancata partecipazione? I 101, gli
interessi personali, le oligarchie. E allora in questo congresso non possiamo perdere l’occasione di travolgerli con un’ondata di partecipazione, di rimettere al centro le proposte per cambiare il Pd e il Paese, di riallacciare i fili dell’ascolto
con tutti coloro che in questi anni abbiamo perso per strada. Sarebbe cosa piccola se in questo
congresso ci giocassimo soltanto il futuro del Pd
- ci giochiamo il futuro del Paese. Quale dei due
congressi Pd vincerà, se quello giocato vigliaccamente a pacchetti di tessere, o quello che tutti ci prendiamo la responsabilità di partecipare,
possiamo deciderlo soltanto noi.
Dipende
da noi se
vinceranno
le tessere
o la politica
di Adriano Prosperi
di veleni sono state sistematicamente immesse nell’acqua dell’Arno e nel
mar Tirreno. Mentre una banda di mascalzoni - uomini comuni, cittadini rispettabili e rispettati - si metteva in tasca milioni di euro di guadagni illeciti frutto di una estesa corruzione e di
pesanti e diffuse omertà, quei veleni si
sono tradotti in gravi patologie umane, degrado dell’aria, dell’acqua e della terra. Un episodio che è tutto fuorché isolato e che si è verificato in una
regione che passa per avere una tradizione civile e politica di buona e antica qualità. Nella cronaca nazionale
non se ne è nemmeno parlato, tanta è
left 2 novembre 2013
l’assuefazione al modo di andare delle cose qui da noi: nel resto del mondo si dice che si fa “all’italiana” e tutti capiscono. La malattia del corpo sociale italiano è profonda. È un fenomeno recente? O è qualcosa che viene da lontano, una sostanziale mutazione antropologica dell’“homo italicus”? La risposta si potrà dare quando saremo capaci di guardare più in
profondità, di interrogare a fondo la
storia del Paese: quella storia dimenticata che abita nei recessi profondi
della memoria. Tutti noi abbiamo una
“Stanza dei fantasmi” come quella che
dà il titolo all’ultimo libro di Corrado
Stajano: un libro che si legge con passione e sofferenza. Lo sguardo estraniato e partecipe di chi aveva guardato alla sua Milano come alla “città degli untori” si concentra qui sui ricordi
personali di famiglia e di vita, sul tempo perduto di una storia d’Italia che è
stata la nostra e prima è stata quella
dei nostri nonni e padri e madri. Vi incontra vittime e carnefici: tra le vittime i ragazzi contadini che il generale Cadorna mandò al muro nel 1917.
E poi tanti magistrati, da Cesare Terranova a Paolo Borsellino; e poliziotti
come Boris Giuliano e cittadini come
Libero Grassi.
13
idee
left.it
di Sergio Cofferati
la locomotiva
L’ennesima occasione sprecata
I
L’ultimo
vertice Ue non
ha affrontato
i gravi
problemi
dell’Europa.
A partire da
crisi sociale e
immigrazione
l vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue
del 24 e 25 ottobre è stata l’ennesima occasione sprecata per far fare un salto di qualità
alle politiche europee. Le dichiarazioni di soddisfazione, più o meno entusiasta, circa l’esito
dell’incontro cozzano infatti con la lettura delle stesse conclusioni del Consiglio. L’impressione è la stessa che ha accompagnato i vertici degli ultimi anni. Questi si presentano sempre carichi di aspettative puntualmente deluse e soprattutto si limitano a sollecitare misure semplici ed ordinarie, che risultano decisamente
inadeguate rispetto alle situazioni di straordinaria emergenza che sta vivendo l’Europa.
La prima emergenza a cui i governi europei non
rispondono è quella sociale. I dati Istat sulla disoccupazione riferiti al secondo trimestre 2013 ci
dicono che sono più di 6 milioni gli italiani ancora in cerca di lavoro. Sebbene il Consiglio si compiaccia dei primi segni di ripresa, questi stentano
a scorgersi nella realtà; si avvertono, e in maniera piuttosto aspra, tutti gli effetti sociali della crisi, a partire dall’esponenziale aumento della povertà e delle disuguaglianze. Non solo non viene
neanche abbozzato alcun piano di intervento per
l’occupazione, ma le stesse prospettive finanzia-
rie negoziate tra Parlamento e Consiglio, vedono quest’ultimo insistere per un bilancio europeo
compresso e ridicolizzato.
L’altra grande emergenza su cui l’azione dell’Ue
è stata invocata senza successo è l’immigrazione. Dopo la tragedia di Lampedusa e la grande
commozione che questa ha destato nell’opinione pubblica, sarebbe stato indispensabile ottenere impegni concreti per una politica europea
dell’immigrazione che non si riduca al rafforzamento delle frontiere. Il governo italiano aveva
molto insistito per l’inserimento di questo punto in agenda, ma il massimo che è stato ottenuto è stata qualche dichiarazione di principio, un
rafforzamento del pattugliamento e un rinvio della discussione su obiettivi specifici al luglio 2014.
Sarebbe stato invece necessario rilanciare sulle
politiche europee di accoglienza e sulla riforma
delle norme Ue in materia di asilo, chiedendo sin
da subito impegni concreti in questa direzione.
In questo senso è giusto che il governo italiano spinga per soluzioni europee sull’immigrazione, rilanciando una politica organica sul Mediterraneo. Ma è anche necessario partire dai
peccati di casa nostra, a partire dalla cancellazione della Bossi-Fini.
in fondo a sinistra
14
2 novembre 2013
left
idee
left.it
finanza&politica
di Ernesto Longobardi
Tasse, decidono le lobby
I
n Francia il governo annuncia un inasprimento della tassazione dei guadagni di capitale realizzati con gli investimenti in azioni e nei
fondi di investimento immobiliare, ma di fronte alla protesta alimentata dalla destra e dalle associazioni di contribuenti fa rapidamente marcia indietro. Analoga misera fine sembra
stia facendo il progetto di una ecotassa sui camion di grandi dimensioni, giustificata dai costi
ambientali che producono. Sono solo gli ultimi
episodi di una serie di repentini cambiamenti di
posizione da parte del governo francese in materia tributaria di fronte alle durissime reazioni, in alcuni casi anche manifestazioni di piazza,
delle categorie potenzialmente colpite dai provvedimenti. Da noi non va diversamente. Il governo Monti fa leva sul clima di emergenza finanziaria per reintrodurre la tassazione dell’abitazione
principale, abolita da Berlusconi. È una misura
sacrosanta, ma dura solo anno, perché alle elezioni il centrodestra gioca la stessa carta, promettendo di nuovo l’abolizione. Il governo Letta
si adatta a questa prospettiva, ma annuncia l’introduzione di un nuovo tributo per finanziare i
servizi comunali, pagato anche sulle abitazioni
principali e anche dagli inquilini. Tuttavia que-
sta nuova imposta, la Tasi, sta cambiando fisionomia ogni giorno, di fronte alle proteste di questa o di quella categoria.
Gli assetti dei sistemi tributari sono sempre più
il risultato di una partita molta complessa, che
si gioca tra i partiti politici, le associazioni di categoria e una miriade di lobby, piccole e grandi.
Il risultato è un sistema tributario sempre più
confuso e, soprattutto, instabile. Un elemento di
continuità si può, tuttavia, forse trovare: da un
pezzo, ormai, nelle battaglie sui tributi, i sindacati operai risultano perdenti (ma si può ancora parlare di sindacati operai? O sono finiti, così come i partiti operai?). Negli anni 70 del ’900
i sindacati avevano preso a contrattare le imposte sui salari e le prestazioni sociali. Da loro hanno poi imparato tutti - tutte le categorie ora contrattano i propri tributi - ma i sindacati sono stati messi in un angolo. Oggi è Carlo De Benedetti
che propone l’imposta patrimoniale sulle grandi
ricchezze. Così come negli Usa è stato il miliardario Warren Buffett a proporre che i ricchi come lui paghino in imposte almeno quanto le proprie segretarie. Grande è la confusione sotto il
cielo ma, presidente Mao, la situazione non sembra davvero eccellente.
Ora De
Benedetti
ha preso
il posto
dei sindacati
di Fabio Magnasciutti
left 2 novembre 2013
15
copertina
DALLA PARTE
DI EDWARD
di Maurizio Torrealta
copertina
Da Hong Kong
a Mosca la lunga fuga
dell’ex analista
della Cia. Inseguito
dalla Nsa per aver
diffuso i dati
di milioni di intercettazioni
© YU/AP/LAPRESSE
N
on rispondeva più ai comandi. Hanno cominciato a frugare a ritroso
nel suo passato, esattamente nello
stesso momento in cui lui ha cominciato a
fuggire, passando da un aereo a un altro. Bastava uno solo come lui e centinaia di agenti
dell’organizzazione sarebbero saltati. Ma il
peggio non sarebbero state le perdite. Gli uomini si rimpiazzano. Però lo svelamento delle
strategie sarebbe stato un disastro. Avrebbe
distrutto due realtà costruite a fatica: quella
diplomatica formale e quella segreta. E da
una catastrofe del genere non ci si rialza facilmente. Doppia ricerca dunque: una indietro
nel tempo per ricostruire il suo profilo ed una
avanti per anticipare le sue mosse. A sedici
anni ha lasciato la scuola. Per il reclutatore
è stato una ottima preda: nessun resistenza,
nessuno che lo spingesse ad altre scelte, una
intelligenza attenta e pronta a ogni avventura,
disponibile a lavorare in altre aree geografiche. Una fidanzatina sempre fuori la sera
mentre lui studiava l’architettura di internet
o si distraeva con i giochi al computer. Ora
tutto il suo percorso da Elizabeth city in Nord
Caroline, dove è nato nel 1983, fino al suo ultimo volo a Honk Kong, è stato ricostruito, ma
lui è stato più veloce degli analisti e degli stessi operativi. La guerra tra analisti e operativi
è un vecchio conflitto, Bin Laden lo hanno individuato gli analisti e lo hanno ucciso senza
operativi sul campo, ma senza di loro sul campo non ci si muove. Ce ne sono in ogni grande
città Gli operativi creano problemi per i soldi
e contrattano sempre come se vendessero
tappeti. Spesso per questo passano dall’altra
parte. Ma nel nostro caso le variabili sono
troppe, il fuggiasco è un ex impiegato della
Cia ed ex contractor per la Booz Allen Hamilton, una società di consulenza della National
security agency, si muove come un operativo,
è motivato da ragioni etiche, afferma di essere un buddista. Troppe variabili, non c’è un
analista della Cia che sia in grado di prevedere i suoi movimenti. Allora ci si affida alle
chiacchiere dei politici e a quelle dei giornalisti. Cominciamo da questi ultimi. Da quanto
tempo ha lasciato la Cia? Dal 13 Giugno 2013.
Allora sono problemi...sa tutto! Sarà peggio
dei “Pentagon Papers” sul presidente John-
Hong Kong,
23 giugno 2013,
all’ingresso di un
centro commerciale
la televisione
trasmette le immagini
di Edward Snowden,
ex impiegato della Cia
e consulente
della Nsa
17
copertina
© VUCCI/AP/LAPRESSE
left.it
Sembrano tutti loschi incapaci
eccetto Edward e Sarah
son? Johnson sembrerà un chierichetto a confronto: i Pentagon Papers parlavano dei musi
gialli dell’Indocina, Snowden di mangiatori di
rane e crauti. Vuol dire che spiavate gli europei? Yap, ora lo capisci il problema? Prova a
entrare in un caffè di Starbucks nei dintorni
di Washington e della sede dell’Nsa, non senti
volare una mosca dal silenzio imposto.
Berlino, 19 giugno
2013, Barack Obama
e Angela Merkel
insieme alla Porta
di Brandeburgo.
Lo scandalo delle
intercettazioni Usa ha
raffreddato i rapporti
tra i due leader
18
LE CHIACCHIERE DEI POLITICI
NON HANNO AGGIUNTO MOLTO
Il capo gabinetto della Casa Bianca, Denis Mc
Donough, ha detto che il presidente non pensa che l’Agenzia della sicurezza nazionale abbia violato alcuna privacy, poi la Casa Bianca
ha leggermente modificato il tono e Obama
ha dichiarato che dovremo rivedere la legge
sulla privacy.
Ma le soffiate hanno battuto in velocità le dichiarazioni ufficiali: le notizie del Guardian
sui leader del G20 spiati dalla Nsa, sui telefoni
della Merkel e di Hollande intercettati, hanno
modificato lo scenario. Ecco la foto dall’alto:
da una parte gli Usa con uno Stato come la California, con 38 milioni di persone, formalmente
in bancarotta e un debito federale già sforato.
Dall’altro lato l’Europa con uno Stato come la
Grecia, con 11 milioni di abitanti, preso per
il collo prima della default ma con un debito
complessivo sotto controllo. Oggetto del contendere: gli investimenti cinesi attualmente negli Usa. La Cina ha circa venti miliardi di dollari
in investimenti diretti negli Stati Uniti e tiene
nei suoi forzieri 1.200 miliardi di dollari in buoni del Tesoro. Si capisce ora perché l’Europa
viene spiata? Si capisce ora perché Zhu Guangyao, vice ministro delle Finanze cinese, abbia
dichiarato poco prima del 17 ottobre, data di
scadenza del bilancio americano: «La Cina è
preoccupata. Gli Usa devono fare dei passi decisivi per evitare la crisi del debito e garantire
la sicurezza degli investimenti cinesi».
Torniamo a Edward Snowden, quel ragazzino che non ha preso nemmeno il diploma
delle scuole superiori, che è stato boy scout
per diversi anni, che preferiva giocare con
il computer anziché uscire con la ragazza,
ballerina di professione. In rete nel 2006 si
faceva chiamare TheTrueHOOHA e su Arstecnica - un sito di “andati fuori di testa” per i
computer - scriveva, parlando del programma
“Interruttore dell’uomo morto” che cancellava tutti i dati del computer: «Te lo puoi scrivere da solo, la rete è piena di programmi open
source orfani, li puoi prendere e finalizzarli a
quello che preferisci».
Ha fatto il salto, come in un gioco elettronico ha cambiato livello, è entrato nei corridoi
dell’aereoporto di Šeremet’evo e là ha continuato a bersagliare i nemici. E da molto distante Sarah Harrison, la bionda idealista che
ha fatto del giornalismo investigativo la sua
missione, non ha avuto dubbi ad accompagnare la fonte principale delle soffiate dalla Nsa
alla sua ultima partita. Un gioco rischiosissimo
e ad altissimo livello. Ora Snowden è stato accolto come esiliato in Russia. Ma la taglia sulla
sua testa ha troppi zeri per essere pronunciata.
Su internet vedete Snowden ricevere il premio
Sam Adam Award per aver svelato il programma di spionaggio dell’Nsa.
La statua della libertà non ha illuminato nulla
in questa storia, pessima avventura per il presidente Usa. Pessima figura per i leader europei. Questa storia non ha morale. Sembrano
tutti dei loschi incapaci, eccetto quel ragazzino che non ha nemmeno terminato le scuole
superiori e quella sua amica che ancora crede
al giornalismo investigativo.
2 novembre 2013
left
copertina
left.it
LADRI
DI PROF
ILO
Google
i dati de , facebook, in
d i Ema
g
s
nuele
t
l
i
a
u
g
t
r
e
a
è semp
nti da v
Pol i m
m
.
S
o
a nt i
n
re più d
endere
o
l
o
r
o
a scegl
ifficile e
ai pubb
ie
vitare d
l
i trasfo icitari. Per gli ire
rmarsi
scritti
in testim
onial
F
acebook, google+, twitter, instagram.
I social network sono ormai parte integrante della nostra vita. Abbiamo
la necessità di condividere, commentare, postare, taggare, aggiungere foto e video con o
senza effetti. Scriviamo i nostri pensieri in un
post molto lungo o in un tweet di 140 caratteri.
Tutto, ma proprio tutto della nostra vita, viene
riversato nei social network.
Ma una volta caricati nel web, alle nostre informazioni cosa succede? Dietro le quinte dell’archiviazione dei nostri dati c’è il business dei
big del web. E se a volte ha senso lamentarsi
di eventuali “buchi” nella gestione della nostra
privacy, abbiamo diritto a indispettirci solo
sino a un certo punto.
Il problema è stato preso in considerazione seriamente solo un paio di anni fa: cosa poteva
mai succedere in fondo? La foto viene carica-
left 2 novembre 2013
ta, archiviata nei server del social network di
turno e protetta. Poi, un bel giorno, qualcuno
si svegliò dicendo: “Ma siamo proprio sicuri
che i nostri dati non vengano utilizzati in altro
modo?”. E venne giù il diluvio.
FACEBOOK
Le critiche al colosso di Mark Zuckerberg si
sprecano: accusati di tutelare la privacy degli
utenti in modo superficiale, i big di Palo Alto
si sono mossi piuttosto velocemente, introducendo una serie di opzioni per rendere il
più protetto possibile il nostro profilo, salvo
poi modificarle più volte nel corso degli anni,
a volte venendo incontro alle esigenze degli
utenti, a volte meno.
In particolare, le principali modalità di gestione della privacy possono essere divise in
base alla tipologia di utente: per i più ansiosi,
19
copertina
left.it
© CHIU/XXAP/LAPRESSE
Su fb arriva graph search: permette di
cercare una persona sulla base dei suoi gusti
Impiegati di Facebook
nel campus di Menlo
park, in California
20
è possibile rendere il proprio profilo del tutto
segreto, impossibile da trovare a persone con
le quali non si è amici; per gli ansiosi di medio
livello, risulta possibile far trovare il proprio
profilo tramite la barra di ricerca di facebook, ma facendo visualizzare solo il nome, una
foto e il pulsante di richiesta di amicizia; per i
menefreghisti puri, invece, è possibile lasciare
il profilo totalmente aperto, permettendo addirittura agli estranei di commentare i propri
post e visualizzare tutte le vostre fotografie.
Tutti felici e contenti, quindi?
Forse, ma se il social network ha provato ad
accontentare i propri utenti, ecco invece che
le ultime modifiche al regolamento sulla privacy annulleranno la possibilità indicata per gli
utenti ansiosi: niente più profilo segreto e invisibile. Tutti troveranno tutti, senza distinzioni. I
contenuti potranno rimanere privati, ma la propria identità non potrà nascondersi dal mondo.
E questo è il meno, se paragonato al nuovo
strumento che gradualmente viene introdotto da “Big F”: il temutissimo graph search.
Avete presente la barra di ricerca utilizzata
per inserire nome e cognome delle persone
che volete trovare? Bene, da oggi avrà utilizzi molto più ampi perché, grazie a un potente algoritmo, sarà possibile, ad esempio,
inserire la seguente stringa di ricerca: “Amici di amici che hanno visto il film Gravity”
oppure “Persone che hanno frequentato la
palestra a via roma nell’ultimo anno” oppure
“Amici appassionati di film di fantascienza a
Milano”. Grottesco.
Certo, anche in questo caso potremmo inserire dei filtri per modulare la privacy, scegliendo quali informazioni sui nostri gusti far visualizzare, ma di fatto (per chi lo consentirà,
e sarà la maggior parte degli utenti) a Palo
Alto prenderanno tutti i nostri dati, le nostre
geolocalizzazioni, i nostri post, le nostre foto
e tutti i luoghi dove siamo stati, e li getteranno nel graph search per farli emergere nelle
ricerche di chiunque.
2 novembre 2013
left
copertina
left.it
GOOGLE+
Il “quasi neonato” social network di Mountain
View ha da sempre gestito la privacy proponendo una serie di opzioni di gestione della privacy
in grado di andare incontro alle esigenze degli
utenti. Tuttavia, anche qui ci sono giganteschi
“buchi” della privacy nella gestione delle fotografie e delle proprie attività online. Per chi ha
un cellulare android con google+ installato, le
foto scattate col telefono vengono automaticamente caricate sul social network e, se non ha
correttamente impostato le opzioni sulla privacy, c’è il rischio che tutte le immagini vengano
visualizzate da tutti, e subito. A dir la verità
l’upload automatico delle foto viene proposto
anche dai vari servizi di archiviazione cloud
(dropbox, box, lo stesso google drive), ma un
conto è trovare automaticamente le proprie
foto su uno spazio di archiviazione personale,
un conto è trovarle su un social network. Diversa, invece, è la novità degli ultimi giorni, il cosiddetto “endorsed advertising” che consente a
google di usare i volti, i profili e i mi piace degli
utenti di google+ per fare pubblicità a qualsiasi
prodotto. In altri termini, si diventa testimonial
involontari. Se un utente segue un ristorante
su google+ , il nome di quella persona, la sua
foto e il suo parere potranno essere utilizzati per gli annunci pubblicitari. L’azienda potrà
quindi vendere i commenti dei suoi utenti agli
oltre due milioni di siti che fanno promozioni
sul web, con un bacino di visitatori pari a circa
un miliardo di persone. Google afferma che lo
scopo della nuova strategia è offrire servizi più
completi e personalizzati. E a chi solleva dubbi sul rispetto della privacy, la società assicura
che gli utenti avranno la possibilità di scegliere
di partecipare o meno al nuovo programma, e
in ogni caso saranno escluse automaticamente
le persone con meno di 18 anni. Perlomeno, gli
utenti si stanno ingegnando, sostituendo la propria foto del profilo con quella dell’amministratore delegato di Google, come forma di protesta
alla nuova politica sulla privacy.
TWITTER
Molto più lineare la situazione del social network in 140 caratteri. Ci si registra, e il profilo
diventa automaticamente pubblico, ricaricabile e navigabile da chiunque. Non volete essere
left 2 novembre 2013
Twitter si limita ad archiviare le nostre foto,
senza utilizzarle a scopi commerciali
seguiti da qualcuno? Nessun problema, potete
selezionare i vostri follower dopo che questi
vi hanno inviato una richiesta di amicizia. E
i nostri tweet e foto? Nessuno ha mai mosso
grandi critiche a Twitter, perché le nostre foto
sono semplicemente archiviate nei server della società e non sono utilizzate per pubblicità
o ricerche varie.
INSTAGRAM
Ma il vero cambiamento in termini di gestione
della privacy l’ha fatto instagram: il social network, acquistato da Facebook lo scorso anno
ha modificato le proprie regole di gestione
della privacy, inserendo una nota che recita:
«Per aiutarci a diffondere contenuti sponsorizzati o a pagamento o promozioni, accetti che
un’azienda possa pagarci per mostrare il tuo
username, i tuoi like, le tue foto (con relativi
metadati) e ogni tua altra azione collegata a
contenuti sponsorizzati o a pagamento, senza
nessun compenso». In altri termini, tu scatti la
foto e noi la usiamo gratuitamente per fare le
pubblicità dei nostri inserzionisti.
Instagram è andata molto più in là di facebook:
almeno il social di Zuckenberg permette di blindare le proprie foto e vietare l’uso della propria
faccia a scopi pubblicitari. Instagram no.
Tutte queste aziende utilizzano i nostri dati,
per finalità interne o esterne, trasformando dati
privati in pubblici. Ma anche nei casi più clamorosi (come quello di Instagram, che sfrutta le nostre foto per le pubblicità), né voi, né alcuno dei
vostri amici si cancellerà da quel social network
In alcuni si può blindare il vostro profilo, in altri
no. Ma in ogni caso, un cittadini è sempre autorizzato anon iscriversi. Chi invece ritiene che i
social network siano parte integrante della vita
moderna, la soluzione migliore sarebbe quella
di caricare pochi dati “sensibili” sulla propria
vita. Perché un conto è caricare una foto “inutile” o scrivere post futili, un altro è riversare nel
web tutta l propria vita. In quest’ultimo caso,
c’è poco da lamentarsi: è l’utente il primo a minare la propria privacy.
21
copertina
left.it
O
rganizzare la fuga dagli occhi indiscreti del web è (quasi) impossibile,
ma rendere la vita difficile a chi ci
spia si può. Il modo più semplice per non far
sapere i fatti propri è stare zitti, ma il miliardo
di utenti di facebook dimostra che il virus delle
chiacchiere è il più potente tra quelli che infestano la rete. A ogni latitudine: sono 160 milioni
gli iscritti al social network russo VKontakte,
52 milioni quelli che hanno una pagina su Orkut (google), 25 milioni quelli che si collegano al
sud coreano Cyworld. Ogni dato che immettiamo sui social contribuisce a disegnare il nostro
“profilo utente”, che diventa immediatamente il
nostro “profilo consumatore”. Ed è questo che
società come facebook vendono: la nostra potenzialità di acquistare merci se adeguatamente
stimolati. «Il “tutto gratis”», scrive il collettivo
Ippolita (ippolita.net), «significa in fondo pagare in un altro modo i servizi: attraverso un controllo sempre più perfezionato». Perché in rete
la libertà non viene dal free ma dall’open, cioè
dalla possibilità di gestire e conoscere ciò che si
usa. Le alternative ai grandi big del web ci sono.
E, le trovate anche su google e su facebook.
ASOCIAL
NETWORK
di Paola Mirenda
© DANIEL Y GO/FLICKR
Liberarsi da facebook, nascondersi
da google, mettere a tacere twitter.
Piccola guida per sottrarsi alla visibilità
del web. Senza perdere amici e lavoro
22
Per entrare nel world wide web c’è bisogno
innanzitutto di un browser, cioè un programma
in grado di “pescare” le pagine e restituircele
aggiornate a ogni richiesta. Da quando è stato
immesso sul mercato, Chrome (Google) è cresciuto fino a diventare il browser più utilizzato al
mondo, scalzando dal podio Internet explorer di
Microsoft. Google finanzia anche il terzo browser più noto a livello globale, Firefox: più dell’80
per cento dei ricavi di Mozilla - la fondazione
che lo sviluppa - vengono da Mountain View.
Meno legati alle due big del settore sono invece
Safari (della Apple) e Opera; ha chiuso invece
la sua stagione Netscape, il primo navigatore
della storia del web. Alcuni browser permettono
di disattivare le funzionalità più invasive, ma la
migliore protezione è quella fornita da Tor (The
onion router). Non è un browser, ma si configura piuttosto come un network di nodi (dove ogni
nodo funziona da router) in grado di far perdere
le tracce dell’utente. La stessa Nsa ha tentato
di forzare il sistema Tor senza riuscirci. Questo
non vuol dire però che casi singoli di tracciamento non siano possibili, tanto che lo scorso
2 novembre 2013
left
left.it
Friendica è l’alternativa
a Zuckerberg. Open source
3 ottobre l’Fbi è riuscito a chiudere Silk Road,
il più noto sito di eCommerce per sostanze stupefacenti, accessibile solo da Tor. Silk Road era
uno dei siti che fanno parte del cosiddetto Deep
Web, la parte della rete non accessibile dai motori di ricerca. Motori che sono gli spioni per eccellenza e per vocazione.
Se cercate su google un ospizio per un’anziana parente, abituatevi a pubblicità su onoranze
funebri e creme contro le rughe ogni volta che
navigherete in internet. È una delle conseguenze
di aver scelto il motore di ricerca più utilizzato
al mondo con i suoi 100 miliardi di richieste al
mese, trasformate in denaro contante attraverso diversi strumenti, in primo luogo i cookie.
Se non volete abbandonare la creatura di Larry Page potete però mantenere le distanze utilizzando Startpage, un motore di ricerca che
interroga google al vostro posto e vi consegna
i risultati senza rendervi identificabile. Startpage proprietà di una società olandese, promette
di non utilizzare i vostri dati personali e avverte
che i suoi guadagni arrivano da siti sponsorizzati. Che «sono indipendenti» e non sono tenuti
«a sottostare alle presenti regole sulla privacy».
Startpage, viene specificato, «non risponde del
contenuto di tali siti, né della raccolta di dati
effettuata da questi o del relativo utilizzo». Insomma, non spia voi ma nemmeno chi vi porta
in casa. I motori di ricerca (e i metamotori come
Startpage o Infospace) hanno solo un parziale
controllo sui siti che promuovono. Meglio allora
motori di ricerca come DuckDuckGo, che produce risultati interrogando direttamente il web.
L’interfaccia utente offre minori possibilità di
google o di yahoo ma il valore della ricerca ,secondo gli estimatori, è più alto perché più selettivo. Certo, si tratta di motori che coprono quote
di mercato bassissime, visto che in Paesi come
l’Italia Mountain View ha oltre il 92 per cento del
mercato. Ma in Cina o in Russia trionfano motori come Baidu (86 per cento) o Yandex (66 per
cento), che lasciano a google solo le briciole di 2
miliardi di potenziali utenti.
Con appena 100 amici su facebook si rischia
di passare per uno sfigato. Il numero di relazioni sul social network sembra certificare la popolarità al pari del pagerank di google. Ma chi
left 2 novembre 2013
copertina
UTILIZZATORI DI SOCIAL NETWORK IN EUROPA
In blu i Paesi con le più alte percentuali di utenti iscritti.
In rosa i Paesi a “bassa connessione”.
(Fonte: ufficio nazionale di Statistica Uk su dati Eurostat)
ha 5mila amici probabilmente non li conosce
davvero tutti. Però ha consegnato loro informazioni su di sé: nome, cognome, età, relazioni
sentimentali, legami familiari, datori di lavoro,
numero di telefono, foto delle vacanze e, per
chi si connette da cellulare, anche indicazioni
sul luogo in cui si trova. A quel punto, è inutile
lamentarsi delle violazioni della privacy. Se ci
tenete al social di Zuckerberg, limitate i danni
impostando diversamente le opzioni, oppure
cancellate (delete) definitivamente l’account su
fb e fatevene uno nuovo, possibilmente senza
dire nemmeno una cosa vera su di voi. La tattica
del “+kaos” funziona: viene applicata ai sondaggi politici, ma è perfetta per quelli di marketing.
La scelta migliore è comunque quella di cambiare il luogo virtuale degli incontri: Friendica,
Diaspora, ArabicMeeting sono strutturati più
o meno come fb, anche se non raggiungono lo
stesso pubblico. Ma tutelano la privacy in maniera più sistematica («Se metti una foto privata
su Friendica, resta privata», dicono gli sviluppatori del progetto open source) e offrono una
serie di funzioni (come l’integrazione tra social
diversi) che facebook non ha.
Se navigate con Chrome facendo ricerche con
google mentre leggete la posta su gmail, lasciando aperto anche il collegamento a facebook da
cui twittate, siete a buon diritto nella categoria
degli incorreggibili, gente che non ha alcuna possibilità di eludere le mosse del grande fratello. I
servizi mail sono i più delicati tra quelli che offre
il web, ed è per questo che sarebbe meglio una
soluzione più sicura anche se più lenta. Eppure
moltissimi hanno scelto @gmail per il loro indirizzo di posta, incuranti del fatto che ogni parola
che scriviamo viene analizzata - in modo automatico e neutro, sostiene google - per costruire
la pubblicità ospitata nella nostra pagina personale. A contrastare questa invasività ci sono
servizi come quelli offerti dal collettivo Riseup
(riseup.net) che ha anche una propria rete sociale. E Autistici (autistici.org): mail, mailing
list, blog in assoluto anonimato, con l’opportunità di scegliere tra molte estensioni per il proprio
dominio di posta. Senza pubblicità, si accettano
solo donazioni libere. Citando ancora ippolita.
net, «la cultura non si compra e non si vende, si
sostiene». Vale anche per la libertà.
23
società
© SCROBOGNA/LAPRESSE
left.it
24
2 novembre 2013
left
società
left.it
CALABRIA
PIOVONO RICORSI
di Rocco Vazzana
Nella punta dello Stivale i congressi del Pd sono appena iniziati ed è già rissa.
Tra tessere negate, pacchetti prepagati e iscrizioni senza controllo. Renziani
e cuperliani si fronteggiano in una sfida che rischia di finire a carte bollate
C’
è chi si indigna per le tessere negate, chi denuncia pacchetti prepagati e chi lamenta iscrizioni senza
controllo. In Calabria i congressi provinciali del
Pd sono appena iniziati e già piovono i primi ricorsi. Colpa delle regole troppo labili e di una
classe dirigente particolarmente litigiosa che dal
2010 è commissariata da largo del Nazareno. Eppure, in terra calabra la competizione è semplificata all’osso: tutti gli aspiranti segretari di federazione si autodefiniscono renziani o cuperliani.
Neanche un candidato vicino a Giuseppe Civati o
a Gianni Pittella. I signori delle tessere si sono riposizionati sui due rivali più quotati.
RENZIANI AL CUBO
A Catanzaro, a contendersi la segreteria sono in
tre. Ma il numero non induca in errore, perché in
realtà nel capoluogo calabrese i candidati rappresentano diverse declinazioni di una sola area
del Pd: i renziani. O almeno così amano definirsi.
A giocarsi la guida della federazione sono: Enzo
Bruno (il favorito), ex consigliere provinciale e
già bersaniano convertito sulla strada di Firenze,
sostenuto dai consiglieri regionali Antonio Scalzo e Vincenzo Ciconte; il segretario provinciale
dei Giovani democratici franceschinian-renziano Domenico Giampà, appoggiato dal consigliere comunale e sindaco mancato Salvatore Scalzo; Francesco Muraca, presidente del Consiglio
comunale di Lamezia Terme, seguace della prima
ora dell’ex rottamatore.
Ma condividere l’entusiasmo nei confronti dello
stesso leader non equivale a rapporti sereni tra
gli sfidanti. Anzi, il congresso provinciale di Catanzaro è segnato da continue tensioni, ricorsi e
accuse reciproche. Ad aprire le danze è stato Antonio Tarantino, membro del circolo Catanzaro Lido, che nei giorni scorsi ha inviato una let-
left 2 novembre 2013
tera a Guglielmo Epifani per chiedere l’esclusione di Enzo Bruno dalla lista dei candidati perché
«nel corso del mandato di consigliere provinciale è stato processato dal tribunale di Catanzaro
ed è stato condannato per truffa». Il militante del
Pd si riferisce a un’indagine sui rimborsi ai consiglieri provinciali conclusasi con una condanna
in primo grado nei confronti dell’attuale candidato segretario che ha replicato: «Sono una persona per bene, il partito deve difendermi perché è
una vicenda che supererò. Non possiamo essere falciati da un’onda giustizialista». Detto fatto,
la commissione nazionale di garanzia ha rigettato il ricorso contro l’incandidabilità, a causa della
«genericità e indeterminatezza delle motivazioni». Questione archiviata. Non, invece, la guerra
tra candidati, che si è spostata sul fronte congres-
A Catanzaro i tre contendenti sono tutti
sostenitori del sindaco di Firenze
suale per eccellenza: le tessere. Nel circolo di Catanzaro centro, la battaglia tra renziani ha raggiunto momenti di tensione tali da spingere il presidente della commissione regionale di garanzia
ad abbandonare i lavori del congresso. Un gesto
che ha portato i sostenitori di Enzo Bruno a chiedere l’annullamento dell’assise denunciando un
«clima di scontro e di stravolgimento delle regole
minime di partecipazione democratica». Secondo i renziani in salsa “bruniana”, «si è impedito fisicamente a circa trenta cittadini democratici di
rinnovare o iscriversi al Pd». Apriti cielo. La voce è arrivata ai piani alti del Nazareno amplificata dall’indignazione del deputato Ernesto Magorno che ha chiesto chiarimenti al segretario Epifani. Pomo della discordia: la circolare firmata
dal responsabile nazionale dell’Organizzazione,
In apertura, Roma,
primarie Pd del 2009
25
Il sindaco di Serra Pedace avrebbe comprato
tessere con un assegno di 200 euro
Davide Zoggia, che fissa un tetto massimo all’aumento del tesseramento. A molti cittadini «è stato impedito di iscriversi al nostro partito», ha detto Magorno, chiamando in causa anche il coordinatore regionale del Pd, Giovanni Puccio, colpevole a suo dire di aver fatto orecchie da mercante
nonostante fosse stato richiamato e sollecitato a
intervenire. «Magorno difende una parte ed è giusto che vada fino in fondo per contrastare ciò che
secondo lui non rientra nel regolamento», replica Puccio, «ma mi sembra che si giochi molto sul
piano mediatico. Il punto è che nel corso di una
battaglia politica ognuno prova a utilizzare tutti
© MONALDO/LAPRESSE
© SCROBOGNA/LAPRESSE
società
gli strumenti che ha a disposizione». E a quanto
pare, gli strumenti utilizzati dal deputato renziano Ernesto Magorno hanno sortito l’effetto desiderato, visto che nel giro di poche ore è arrivata la precisazione di Zoggia che in qualche modo
ha smentito se stesso: «Nessuno deve essere respinto e a nessuno deve essere impedito di votare, chi blocca il voto sbaglia». In altre parole, valgono le regole iniziali: tutti si possono tesserare
anche all’ultimo minuto, la circolare sul limite degli iscritti era solo uno scherzo.
LA SAGA COSENTINA
A Cosenza, invece, la partita è a due: un cuperliano e un renziano. Da un lato, Luigi Guglielmelli (su cui puntano gli scommettitori), sostenuto
dall’europarlamentare Mario Pirillo e da due na-
CONGRESSI, CAOS ANCHE A ROMA
Più voti che votanti e iscrizioni in massa
all’ultimo minuto. Il Pd romano - un partito nel caos in una città e in una Regione riconquistate malgrado la perdita di
consensi assoluti - non sta dando una
grande immagine di sé in questo congresso segnato da pacchetti di tessere
e irregolarità. Col rischio che a vincere
siano i feudi di potere personali.
Tra i casi più inquietanti, quello avvenuto al congresso di Grottaperfetta, che si
è concluso con 149 registrati al voto e
162 voti espressi, e il capovolgimento
degli equilibri annunciati. «Al circolo era
emerso l’accordo sulla mia candidatura
unitaria per dare spazio a tutte le ani-
26
me», dice Giovanna Ceccarelli, 45 anni, impiegata Eni. «Pochi minuti prima
dell’inizio del congresso, mi avvertono
che l’ex segretario ha deciso di ricandidarsi. Mi sono trovata improvvisamente
in guerra». La tensione è esplosa durante il voto: «C’è stato un arrembaggio, con gente che votava senza nemmeno registrarsi, sui tavoli alla vista di
tutti. Non ho neanche fatto venire mio figlio sedicenne perché non volevo coinvolgerlo in questa porcheria», racconta.
Malgrado le proteste di Ceccarelli lo
scrutinio è andato avanti, sancendo
l’elezione di Stefano Mastrantonio con
79 voti contro 77. Né manca la denun-
di Sofia Basso
cia di pacchetti di tessere: «Ho visto
gente che si iscriveva senza pagare,
ma non so cosa sia successo. C’è chi
parla di un blocco di 80 nuove tessere
per le quali sarebbero stati versati solo i
5 euro per la federazione», continua. Altri raccontano di ospiti del vicino centro
anziani e di frequentatori del centro sociale portati ai seggi. «Chi ha gestito la
ricandidatura di Mastrantonio appoggiava Giuntella alla segreteria romana,
ma credo che questo episodio sia una
questione interna al circolo», accusa
Giovanna Ceccarelli, commossa dal
fatto che sia stato lo stesso Giuntella,
vicino ai giovani turchi, a denunciare il
2 novembre 2013
left
società
left.it
vigatissimi esponenti locali del partito: il presidente della Provincia Mario Oliverio e il consigliere regionale Nicola Adamo. Dall’altro Franco
Laratta, franceschiniano sponsorizzato dall’onorevole Magorno e dal capogruppo Pd in consiglio
regionale Sandro Principe. Qui lo scontro Cuperlo-Renzi si trasforma in una battaglia tra gruppi
di potere consolidati che si contendono politicamente tutta la Calabria. E il rischio brogli è in agguato. I primi a lanciare l’allarme sono stati i renziani Amedeo Valente e Luigi Gagliardi, rispettivamente membri della commissione di garanzia
regionale e provinciale. «Desideriamo segnalare
con forza il fatto che, nella nostra Provincia, l’importante fase che precede il congresso del partito
è minata da irregolarità che devono essere chiarite e regolate con la massima urgenza», hanno denunciato congiuntamente i due dirigenti, riferendosi ai circoli di Acri e Rossano in cui «il tesseramento si sta svolgendo senza alcun verifica, con
dirigenti locali che arbitrariamente stanno procedendo alla compilazione di tessere, non rispettando le norme e operando con evidente squilibrio in favore di una delle componenti che concorre alla guida del partito». Con un’aggravante:
a Rossano e ad Acri non esistono i circoli veri e
propri ma solo dei coordinamenti. Resta da capire dunque in che mani vengono consegnate le tessere. Per il momento c’è il massimo riserbo in at-
blitz. La segretaria “mancata” chiede
l’annullamento del congresso di Grottaperfetta. E si sfoga: «Non ho ancora
deciso come mi schiererò a livello nazionale. Ho difficoltà a votare per Cuperlo
per i metodi di chi lo sostiene. Il gruppo
da cui proviene mi ha molto spaventata
sul futuro del nostro partito».
Brutta pagina anche al circolo di Trastevere, in pieno centro. All’ultimo minuto i
sostenitori di Tobia Zevi, candidato alla
segreteria provinciale vicino a Renzi,
hanno imposto un nome per la testa
di lista, detronizzando la persona indicata dal circolo. «Abbiamo protestato
per la candidatura di uno sconosciuto», denuncia Alberto Bitonti, ricercatore 30enne, neosegretario del circolo
left 2 novembre 2013
Dopo le proteste, Zoggia ha fatto dietrofront:
«Nessun limite al numero degli iscritti»
tesa che la commissione di garanzia si riunisca.
La replica cuperliana all’accusa di “cammellamento” non si è fatta attendere. Pochi giorni dopo, i sostenitori di Guglielmelli hanno denunciato il comportamento del sindaco di Serra Pedace
che si sarebbe reso protagonista di un «fatto gravissimo che mina la credibilità del Pd. Risulta, infatti, dal verbale del congresso che il sindaco Leo
Franco Rizzuti ha versato un assegno di 200 euro
per coprire l’iscrizione di nuovi iscritti tesserati
dallo stesso sindaco il giorno del congresso». Ovviamente ne è scaturito un ricorso. Che si aggiunge a quello presentato dopo il congresso del circolo di Paola, in cui i renziani lamentano ancora
impedimenti nelle iscrizioni.
Quasi da spettatori distratti, piccoli gruppi di civatiani provano a organizzarsi, puntando a condizionare il voto per le primarie nazionali dell’8 dicembre. «Puntiamo a portare alle primarie i tanti cittadini delusi dal Pd e dal M5s. A noi non interessa l’elettorato con cui vorrebbe dialogare Renzi, a noi interessano gli elettori di sinistra», dice
Marco Parlato, coordinatore provinciale dell’embrionale comitato pro Civati reggino. In Calabria,
del resto, i 5 stelle hanno fatto il pieno di voti.
nonché vittima del diktat, «e abbiamo
ritirato il sostegno a Zevi». Che però ha
avuto 55 voti. Il sospetto di Bitonti è che
i consensi siano arrivati dai neo iscritti.
«Da giorni il nuovo capolista accompagnava gente a fare la tessera. Il 27 ottobre verso le 12 si sono presentati in
30, compreso un barbone: hanno pagato 20 euro e si sono iscritti. C’è stata un po’ di tensione perché quelli che
hanno sempre frequentato il circolo si
sono indispettiti. Renzi deve prendere
le distanze da chi si spaccia per suo
sostenitore ma ha logiche clientelari».
Prima della chiusura dei seggi, Bitonti
ha denunciato tutto su facebook, mettendo in guardia il sindaco di Firenze da
«logiche di correnti, accordi sottoban-
Nella pagina accanto,
Matteo Renzi e
Debora Serracchiani.
A destra,
Gianni Cuperlo
co, spartizione di posti, caminetti, pacchetti di tessere, clientele, piccoli politici
trombati e riciclati che si apprestano a
salire sul carro del vincitore».
Mentre a Roma i congressi procedono,
con Cosentino in testa seguito da Giuntella, le segnalazioni di irregolarità non si
contano più: oltre il 110% di nuove tessere al circolo di Finocchio, 70 nuovi iscritti
a Centocelle, raddoppio a La Rustica. E
a Montesacro è finita in rissa. Certo, non
sono mancati i circoli dove i congressi si
sono svolti regolarmente, con discussioni vere su un partito che non ha ancora
superato la ferita dei 101. Come nella
storica sezione di via dei Giubbonari, che
ha visto l’entrata di Fabrizio Barca nel direttivo. In bocca al lupo ai buoni.
27
speciale suolo
Senza terra
né legge
di Paolo Berdini
Dopo vent’anni di deregulation il territorio italiano è sempre più minacciato.
Ogni giorno, tra condoni e assenza di regole, 80 ettari vengono distrutti.
E nonostante tredici proposte legislative, il Parlamento non si muove
S
© MINIMOCOMUNEMULTIPLO.LAB/FLCKR
ei anni di crisi economica hanno causato molte rotture con il passato. Il
welfare urbano che sembrava una
conquista definitiva è sottoposto ad una drastica riduzione. I Comuni infatti non hanno più
le risorse sufficienti per garantire l’erogazione
dei servizi e riducono tutto, dall’assistenza sociale al trasporto pubblico. Anche gli altri Paesi europei sono stati investiti dalla crisi, ma
lì i costi per l’erogazione dei servizi sono molto più ridotti. Le città sono compatte, si sono
sviluppate secondo regole e non presentano
la nostra irrazionale dispersione insediativa.
E paradossalmente chi non conosce soste è
l’aggressione al paesaggio agricolo: secondo
l’Ispra consumiamo quotidianamente intorno
agli 80 ettari in tutta l’Italia. Rischiamo di cancellare per sempre paesaggi storici che formano il vanto della cultura italiana.
Una situazione fuori controllo provocata da
venti anni di deregulation, di condoni edilizi, di
demolizione delle regole pubbliche. Di concetti
giuridicamente inesistenti, come i diritti edifi-
catori, di strumenti di moltiplicazione del consumo di suolo come la compensazione urbanistica. Sulla base dei dati del censimento Istat
2011, a fronte di circa 25 milioni di nuclei familiari, esistono circa 29 milioni di alloggi. Per rimediare alla patologia ci sono stati nel recente
periodo autorevoli interventi di enti di ricerca
pubblici come l’Ispra (2012–2013). Il tema è
stato affrontato anche da ricerche e proposte
svolte dal Wwf insieme al Fai (2011–2013), da
Legambiente, dall’Inu, da numerose facoltà
universitarie, nonché da importanti associazioni quali Salviamo il paesaggio o Italia nostra.
Durante il governo Monti è stato il ministro per
le Politiche agricole Mario Catania a dare una
prospettiva a questa vasta elaborazione culturale. Nel settembre del 2012, infatti, presentò
un disegno di legge per limitare il consumo di
suolo. Al di là dei contenuti della sua proposta va ancora una volta sottolineato il grande
merito culturale e politico che il ministro ha
conseguito con il suo provvedimento. Un merito che continua ancora poiché nella 17esima
legislatura sono state finora presentate tredici
proposte di legge (8 alla Camera dei deputati e
5 al Senato) che tentano di porre argine alla distruzione del paesaggio agrario italiano. Inoltre, l’attuale ministro per le Politiche agricole
Nunzia De Girolamo ha riproposto con poche
modifiche il testo di legge ex Catania. Per la
prima volta c’è la concreta speranza che si arrivi all’approvazione di una legge.
Non è questa la sede per un esame comparato
dei caratteri dei provvedimenti legislativi presentati. Conviene dunque fermarsi sulle questioni fondamentali. Sulla stessa definizione di
territorio agricolo si scoprono profonde differenze. Nei due provvedimenti governativi si fa
riferimento alle indicazioni contenute nei piani
urbanistici comunali che come noto largheggiano nelle previsioni edificatorie limitando
le aree agricole. Molte proposte parlamentari
sottopongono molto più opportunamente a tutela l’insieme dei suoli inedificati a prescindere
dalle previsioni dei piani.
Una positiva convergenza si riscontra invece
nell’abrogazione della legge che ha permesso ai
Comuni di utilizzare anche per la spesa corrente i proventi degli oneri di urbanizzazione. Di
fronte ai tagli di bilancio imposti in questi anni
agli enti locali, quello scellerato provvedimento
(proposto e approvato dal centrosinistra) è stato il moltiplicatore dello scempio del territorio.
Differenze profonde si trovano nella riproposizione del principale falso giuridico che ha
intossicato l’Italia: i “diritti edificatori”. Nonostante molte sentenze giurisprudenziali che
Contro lo scempio l’iniziativa M5s che vieta
di costruire e punta sul riuso urbano
demoliscono questa aberrazione, sia il ministro Maurizio Lupi che il Pd (proposta Realacci–Morassut) affermano ancora l’esistenza dei
diritti edificatori: in questo modo sarebbero
salvi per sempre i folli dimensionamenti dei
piani urbanistici comunali e vano ogni tentativo di bloccare il consumo di suolo.
Infine il nodo gordiano. I due provvedimenti
governativi tentano di arginare il disastro fissando una progressiva limitazione del consumo di suolo fino a renderlo nullo nel 2050. È
la procedura utilizzata dalla Germania ma è
palesemente inefficace nel caso italiano sia
per i differenti livelli di autorevolezza delle
pubbliche amministrazioni sia per la mancanza assoluta di regole che ci caratterizza. Alla
gravità della patologia italiana sembra meglio
rispondere la proposta del M5s che ferma da
subito e senza eccezioni il consumo di suolo
favorendo il riuso urbano. Si può discutere
circa la sua radicalità, ma non si può negare
che un simile provvedimento è l’unico che può
riuscire a tutelare il paesaggio agrario. In quel
testo di legge, insomma, trova eco il grande lavoro di analisi e proposta di Salvatore Settis e
Paolo Maddalena: l’unica rivoluzione da fare in
Italia è quella di applicare senza indugi la Costituzione vigente, ad iniziare dall’articolo 9, la
Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della nazione.
Un panorama di Porta
di Roma alla periferia
nord della Capitale
speciale suolo
left.it
Zero cemento
S
Veduta della
campagna senese
30
e il Parlamento stenta a varare una
legge sul consumo del suolo, per via
degli enormi interessi in gioco, la Regione Toscana invece ce l’ha fatta È la prima in
Italia a stabilire lo stop al cemento. Non solo:
la legge ha anche l’obiettivo di pianificare il
territorio con un’azione coordinata tra gli enti
locali, favorendo la partecipazione dei cittadini
alle scelte urbanistiche e valorizzando il ruolo
dell’agricoltura. In nome del concetto di patrimonio territoriale «quale bene comune costitutivo dell’identità collettiva regionale», come
si legge nella relazione introduttiva alle norme
«per il governo del territorio».
«È stata dura, una strada tutta in salita», ammette l’assessore all’Urbanistica Anna Marson, a
Roma ospite del forum “Salviamo il paesaggio”.
Non nasconde la soddisfazione, quando parla
della riforma della legge regionale 1/2005 che il
30 settembre è stata approvata dalla giunta e che
ora è in commissione Ambiente e territorio. A
inizio anno, forse, arriverà l’ok definitivo. L’iter
era iniziato a maggio 2011, mentre da questo
gennaio l’urbanista, docente all’università Iuav
di Venezia, ha partecipato a infuocati “tavoli di
concertazione”. Con i rappresentanti degli enti
locali, delle categorie economiche e sociali, dei
sindacati e delle associazioni ambientaliste.
«In Toscana abbiamo norme molto garantiste»,
precisa. «Prima di portare in giunta un progetto rilevante come questo si deve raccogliere il
consenso di tutti». Con gli enti locali il confronto è stato particolarmente complesso. I Comuni, infatti, temevano una centralizzazione dei
poteri da parte della Regione. «Ma si proponeva
di Donatella Coccoli
di fissare norme certe e di dare azione al ruolo
della Regione, senza nulla togliere a quello degli
enti locali». Soprattutto dopo un periodo in cui
ai Comuni, continua Marson, «erano state date
fortissime deleghe e un’autonomia pressoché
piena», mettere in campo strumenti di “governance” non è stato facile. «Il punto forte è quello
di non prevedere una nuova espansione residenziale al di fuori del territorio urbanizzato», spiega l’assessore. Mentre le altre destinazioni d’uso
sono ammesse nelle aree esterne al territorio
urbanizzato «solo dopo essere state approvate
da una conferenza di copianificazione in cui siedono non solo il Comune interessato, ma anche
la Provincia, la Regione e i Comuni limitrofi, e
che deve verificare che non ci siano alternative
di riuso di aree urbanizzate esistenti».
Allargare lo sguardo oltre i confini comunali
è uno dei principi che sottendono tutta la riforma. «Nel momento in cui un Comune localizza
un’area produttiva o un centro commerciale
in un territorio rurale, deve dividere gli oneri
di urbanizzazione eccedenti quelli necessari a
realizzare l’opera con i Comuni confinanti», risponde Anna Marson. Perché anche il territorio
attraversato dal traffico deve avere dei benefici. Tecnicamente si chiama «perequazione territoriale obbligatoria». La difesa dell’interesse
collettivo si trova anche in un altro dei principi messi nero su bianco nella nuova legge: la
“filiera della pianificazione”. Una “conferenza
paritetica istituzionale” d’ora in poi potrà fermare sul nascere eventuali irregolarità nei piani urbanistici comunali. Anche i semplici citta-
2 novembre 2013
left
speciale suolo
left.it
Il modello toscano: stop alle costruzioni fuori dalle aree
urbane. E un nuovo protagonismo di Comuni e cittadini.
Senza mortificare lo sviluppo economico
© [email protected]/FLICKR
dini contano: «La partecipazione è uno dei temi
fondamentali della legge», continua Marson.
«Quando un Comune propone una modifica
all’assetto urbanistico esistente la popolazione
deve essere consultata. E non è un invito, è un
obbligo», ribadisce l’assessore.
Un altro punto cardine della riforma riguarda
l’agricoltura intesa come attività economica
nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Un
settore delicato, questo, perché talvolta sotto
la voce “trasformazioni in terreno rurale” possono nascondersi fior di speculazioni edilizie.
«Il territorio agricolo deve rimanere tale e devono essere gli imprenditori agricoli professionali a occuparsene», sottolinea Marson.
Ma non ci sono solo vincoli. La legge della
Toscana punta anche a sburocratizzare, a rendere più facili gli interventi utili allo sviluppo
economico. Ad esempio, per gli agricoltori sarà
più facile ottenere i permessi per miglioramenti
strutturali di manufatti temporanei o di laboratori per produrre alimenti. «Inoltre abbiamo
mantenuto il programma di miglioramento agricolo da affidare a tecnici specializzati». Ma tutte
le attività non esattamente rurali, “borderline”,
sono assoggettate alle procedure urbanistiche
ordinarie. E per tutte le tipologie di trasformazioni in ambito agricolo è previsto un regolamento unico regionale che si dovrà raccordare
con il piano paesaggistico, ancora da ultimare.
«Il governo del territorio è fatto da tanti tasselli», continua l’urbanista. «La riforma della legge,
il piano paesaggistico e poi il passaggio successivo: quello delle aree da rigenerare promuoven-
left 2 novembre 2013
L’assessore Marson: «La popolazione
dev’essere sempre consultata. È un obbligo»
do politiche per i territori urbanizzati». Rigenerazione e riqualificazione: la sfida urbanistica sta
in queste due parole. «Le nostre città hanno un
bisogno estremo di essere rinnovate, di avere investimenti nelle reti, negli spazi pubblici» sottolinea Anna Marson. Intanto tramite l’Anci verrà
fatta una ricognizione delle aree urbane degradate. Un tema, quello della rigenerazione delle
città, che trova consenso anche tra i costruttori
edili dell’Ance. Solo che, fa notare l’assessore,
«loro vorrebbero una maggiore libertà volumetrica, mentre noi abbiamo posto dei limiti». Rigenerare sì, ma nel rispetto dei volumi esistenti
nell’area e nei quartieri circostanti, onde evitare
che spuntino grattacieli qua e là.
Il tema della riqualificazione urbana chiama
direttamente in causa la politica nazionale.
Soprattutto per quanto riguarda l’impiego dei
fondi strutturali europei. «La cabina di regia
nazionale sulle politiche urbane, gestita dal
governo, per ora non ha funzionato. È servita
piuttosto come sportello per le domande dei
singoli Comuni». Insomma, «nessuno riesce a
fare progetti di ampio respiro. Che è un po’ il
problema che con questa legge abbiamo cercato di affrontare, obbligando i Comuni a ragionare insieme tra loro» ribadisce Marson. Tenere
insieme tutti i livelli: nazionale, regionale, comunale. «Ma l’Italia non ha mai avuto politiche
urbane», conclude l’assessore Marson «l’ultima
legge organizzata risale al 1942».
Anna Marson,
assessore
all’Urbanistica
della Regione
Toscana
31
speciale suolo
left.it
La rivoluzione
promessa
di Simona Maggiorelli
Fermare l’aggressione al territorio. La Costituzione offre già gli strumenti.
Se ben interpretata e applicata. Lo sostiene il giurista Paolo Maddalena
L
L’isola di Budelli
all’arcipelago
della Maddalena
32
a vendita dell’isola di Budelli, straordinaria oasi naturale, famosa per le sue spiagge rosa, si è già conclusa. E altri lembi
d’Italia rischiano una sorte analoga. Il governo
Letta, non diversamente dai precedenti governi di centrodestra, ricorre alla svendita di pezzi
importanti del patrimonio italiano per fare cassa, mentre non si ferma il consumo di suolo che
erode vertiginosamente la campagna. Cartolarizzazioni, speculazione edilizia, condoni, gestione
emergenzialista di terremoti e dissesti idrogeologici, sistemi produttivi inquinanti e così via, negli
ultimi trent’anni hanno aggredito massicciamente il territorio della Penisola non di rado mettendo a repentaglio la salute dei cittadini (il caso Ilva di Taranto docet). «Speculazione finanziaria e
politiche liberiste hanno sfruttato l’ambiente come fosse un bene inesauribile. E ora siamo giunti
al limite. Non possiamo più aspettare oltre, serve
una moratoria, per fermare da subito il consumo
di suolo», ha detto il giurista Paolo Maddalena intervenendo al convegno “Terra bene comune”
al Tempio di Adriano a Roma, in un ampio confronto fra associazioni per la tutela dell’ambiente e i relatori delle principali proposte di legge sul
consumo di suolo già depositate in Parlamento.
Proposte, merita ricordarlo qui, che affrontano il
problema in modi abissalmente diversi, andando
dall’apertura agli interessi dei costruttori contenuta nell’iniziativa del Pdl alla radicale proposta
di limitazione dei diritti edificatori e di tutela dei
territori agricoli non edificati depositata dai parlamentari del M5s. Al stesura del testo - che ha come primo firmatario il deputato M5s Massimo De
Rosa - ha collaborato l’urbanista Paolo Berdini e
vi si possono riconoscere gli assunti di fondo del
più che trentennale lavoro dell’archeologo Salvatore Settis e del giurista Paolo Maddalena. Insieme, Maddalena e Settis hanno di recente pubblicato un libro, Costituzione incompiuta (Einaudi) dedicato al tema della tutela e della valorizzazione dell’arte, del paesaggio e dell’ambiente. Al centro del volume in cui compaiono contributi anche di Tomaso Montanari e di Alice Leo-
2 novembre 2013
left
speciale suolo
left.it
© TREVIS_LU/FLICKR
ne c’è l’articolo 9 della Costituzione che, come ricorda spesso Settis, ha fatto sì che l’Italia sia stato il primo Paese al mondo a iscrivere la salvaguardia del patrimonio artistico e del paesaggio
fra i valori fondanti dello Stato. E certamente non
per un fatto esornativo o di solo godimento estetico, ma riconoscendo che la straordinaria e originale fusione fra arte e paesaggio che connota
la storia italiana contribuisce alla qualità della vita e ha a che fare con l’uguaglianza dei cittadini e
con il diritto alla cultura che si evince dall’art 34
(sulla scuola pubblica statale e il diritto allo studio) «favorendo - sottolinea Maddalena - quel libero sviluppo della persona umana di cui la Carta parla all’articolo 3». Ma sempre più nel dopoguerra, approfondisce il vice presidente emerito della Corte costituzionale, «l’economia ha dettato legge alla politica. producendo danni immani. Mentre l’idea della compatibilità ambientale,
fra interessi dell’economia e la capacità rigenerativa dell’ambiente, si è rivelata una pura illusione». Che fare allora per fermare l’attacco mortale al territorio sferrato da scriteriate politiche
neoliberiste che, scrive Maddalena, rischiano di
farci fare la fine dell’isola di Pasqua? «Innanzitutto ci vuole un vero cambio di mentalità - sostiene il professore -. Bisogna passare da un principio antropocentrico a un principio ecocentrico
o biocentrico, perché non possiamo più alterare
l’ambiente, lo abbiamo già distrutto abbastanza.
Bisogna affermare quello che avevano capito già
i filosofi presocratici, ovvero che l’uomo è parte
del cosmo». Tradotto su un piano più immediatamente politico «bisogna pensare un diverso modello di sviluppo», dice Maddalena. «Impedire lo
sfruttamento intensivo dei territori da parte di
privati che oltretutto poi delocalizzano le imprese a loro piacimento e impongono le loro leggi al
left 2 novembre 2013
© PROGETTO_REBELDIA/FLICKR
«Non esiste uno ius edificandi dei privati
che sopravanzi l’interesse collettivo»
mercato del lavoro. E al contempo tutelare chi recupera spazi pubblici nell’interesse della collettività come, per esempio, sta accadendo a Pisa,
all’ex colorificio». La multinazionale proprietaria dell’edificio ha cessato la sua attività in Italia
e ha licenziato i lavoratori. In quella struttura abbandonata un collettivo di cittadini ha creato una
sorta di laboratorio aperto in cui si fanno corsi
di avviamento all’artigianato e iniziative sociali.
«Quella struttura destinata ad un uso industriale
è stata abbandonata dal proprietario ed è giusto
che ritorni alla cittadinanza», rileva Maddalena
che al convegno Terra bene comune organizzato
dal M5s ha ripreso il filo rosso del lavoro sul tema
della proprietà demaniale e della proprietà di uso
collettivo presentato nell’ambito della costituente dei beni comuni guidata da Stefano Rodotà e
che ha alle spalle una radicale e lunga riflessione dell’eminente giurista sui limiti costituzionali della proprietà privata. «Il territorio è proprietà comune di tutti. La proprietà è pubblica e privata, secondo determinati vincoli. Lo dice la nostra Carta», ribadisce Maddalena ricordando che
l’art. 9 e gli artt. 41 e 42 offrono già validi strumenti per affrontare il problema dell’aggressione al
territorio. «Non esiste il cosiddetto ius edificandi, inteso come facoltà del proprietario privato»,
avverte il professore. «Non c’è un diritto edificatorio concesso una volta per sempre. Solo un atto
sovrano, preso da un’autorità che rappresenta gli
interessi di tutti può stabilire se un terreno diventa suolo edificabile. La Costituzione dà chiare indicazioni. Ma va applicata. Non a caso Calamandrei la chiamava la rivoluzione promessa».
Il giurista Paolo
Maddalena,
vicepresidente
emerito della Corte
Costituzionale.
La copertina del suo
libro, scritto con
Settis e altri. In alto
l’ex colorificio a Pisa
33
società
SULLA CATTIVA
STRADA
di Tiziana Barillà
foto di Filippo Romano
Quattrocentonovantuno chilometri che uniscono Puglia e Calabria. Viaggio
lungo la SS106, la “statale della morte” che attraversa paesi, siti archeologici
e località turistiche. Tra paesaggi mozzafiato e puzza di ’ndrangheta
34
2 novembre 2013
left
società
left.it
Q
uattrocentonovantuno chilometri
lungo la costa jonica del Mezzogiorno, da Reggio Calabria fino a Taranto passando attraverso la Basilicata. La strada statale 106 non unisce semplicemente tre
regioni, congiunge centinaia di centri abitati.
Una lingua di terra più o meno asfaltata che
penetra scenari selvaggi di natura incontaminata, delineata ora da guard rail, ora da marciapiedi che proteggono alla meno peggio le
porte d’ingresso di case e botteghe, ora da fichi d’india e da piante di agave. Per un viaggio in camper, coast to coast, non c’è niente di
meglio. Partendo dall’origine tarantina diretti
left 2 novembre 2013
a Sud si incontrano aree archeologiche come
quella del tempio dorico di Hera, detto delle
Tavole Palatine, o quella di Capo Colonna nel
crotonese. Oppure località turistiche estive
doc come Le Castella di Crotone, Sellia Marina
nel catanzarese o Riace nel reggino.
Fino a giungere nel cuore della città di Reggio
Calabria. Alla sinistra del conducente, in lontananza, la presenza costante del verde mar
Jonio. A destra, è facile incontrare i migranti
di ritorno a piedi dai campi mentre i numerosi
mazzi di fiori lungo le carreggiate ci ricordano
che quella è anche “la strada della morte”. Sono in pochi, infatti, a vivere la superstrada co-
Le foto di queste
pagine fanno
parte del lavoro
Route 106 di
Filippo Romano e
Eva Frapiccini, in
mostra al festival
di fotografia
La misura del
paesaggio di
Pentedattilo (RC)
A sinistra,
vista della strada
statale 106 a capo
Spulico, Cosenza.
In alto, bagnanti
nel fiume Tara
alle porte
di Taranto
società
left.it
In alto, uno scheletro della costruzione di un residence, bene confiscato dalla magistratura ad una azienda collusa con la ’ndrangheta.
A destra, dall’alto in senso orario, un venditore di fragole nei pressi di Capo Spulico (Cosenza);
l’insegna del Bar 106 a Corigliano Calabro (Cosenza);
un gruppo di lavoratori migranti di ritorno dai campi di lavoro;
una villa abusiva costruita sulla spiagga
me un viaggio d’avventura. Per la maggior parte degli jonici, la 106 è l’arteria principale per
la mobilità, indispensabile per gli spostamenti quotidiani.
Nata nel 1928 per atto del regime fascista, la superstrada ha quasi un secolo di storia. E versa
in uno stato di abbandono che costa caro: centinaia di vite umane spezzate. Con una media di
4 incidenti per chilometro, la “strada della mor-
36
te” è una delle arterie più pericolose d’Italia.
Dal 2001 al 2010 sono stati oltre 3.200 gli incidenti con 6.216 feriti. E i dati aggiornati a ottobre 2013 parlano di 356 vittime. L’ultima è stata
Raffaele Caserta, 38 anni, fratello del più noto
calciatore Fabio Caserta, giocatore della Juve
Stabia che attualmente milita in serie B.
Perché non si ammoderna la superstrada? Anche la 106 - come la compagna di sventura A3
2 novembre 2013
left
società
left.it
Salerno-Reggio Calabria - di lavori in cantiere
per l’ammodernamento ne ha eccome. Zoomando tra le corsie troviamo i cantieri di quattro interventi in corso, per una spesa totale di circa
un miliardo di euro. Restringendo ancora più lo
sguardo, poi, troviamo le inchieste della magistratura sulle presunte infiltrazioni della ’ndrangheta: “Bellu lavuru” e “Affari di famiglia”. Sembrano nomi di fiction, ma è tutto vero. In parti-
left 2 novembre 2013
colare, “Affari di famiglia” ha portato all’arresto di cinque presunti affiliati della cosca Latella-Ficara del reggino. L’operazione è stata possibile grazie alla denuncia del geometra Francesco Testa, rappresentante della ditta di Catania
vincitrice di un appalto sul tratto Reggio Calabria-Melito Porto Salvo. Il geometra, infatti, non
aveva tenuto conto della spartizione territoriale delle cosche locali sui lavori di ammoderna-
37
società
left.it
xxxxxx
xxxxxx
In alto, l’insegna
abbandonata
del bar Jupiter
38
mento. Una volta contattato dalle ’ndrine, Testa
si è presentato dalle forze dell’ordine.
E la politica? Gli enti locali poco possono, o
almeno è quanto dichiara la Regione Calabria, che dalla 106 è attraversata per 415 dei
491 chilometri. Perché la “strada della morte”
è di competenza statale. Pochi giorni fa l’assessore regionale ai Lavori pubblici calabrese, Giuseppe Gentile, ha scritto al presidente dell’Anas, Pietro Ciucci, sollecitando un intervento e ricordando che per la nuova statale106 i fondi ci sono: 800 milioni di euro provenienti dall’Ue. Per il momento, l’arteria è
abbandonata. Gli amministratori sono più interessati al Ponte sullo Stretto o la centrale a
carbone di Saline Joniche.
A MISURA DI PAESAGGIO
«Non ci interessa la fotografia di paesaggio in
quanto esercizio di stile ma piuttosto in quanto strumento di conoscenza e analisi di società
e culture». Da qui nasce il festival di fotografia
La misura del paesaggio di Pentedattilo (RC).
Fino al 3 novembre si alterneranno incontri e
workshop. In mostra, oltre al lavoro di Filippo
Romano, pubblicato in queste pagine, i curatori
Teodora Malavenda, Alessandro Mallamaci ed
Elena Trunfio hanno scelto Migranti Ambientali
di Alessandro Grassani e Stessa spiaggia, stesso mare di Marco Rigamonti. Arianna Catania
2 novembre 2013
left
calcio mancino
società
left.it
Il libro di Luciano Minerva ispirato al polpo che indovinava i risultati dei Mondiali 2010
Storia di Paul
il fenomeno
C
left 2 novembre 2013
Il polpo Paul
© KEPPLER/LAPRESSE
hi se lo ricorda il polpo
Paul? Il cefalopode che indovinava tutti i risultati dei
Mondiali sudafricani del 2010? Se per
i bookmaker era diventato un odioso guastafeste, per i tifosi tedeschi era
una specie di alleato, capace di spingere con favorevoli profezie la Nazionale della Germania fino in semifinale. Il giornalista Luciano Minerva ha
scritto uno splendido libro per le Edizioni Robin, intitolato: Una vita non
basta. Memorie di una metamorfosi. È la storia, romanzata e reale insieme, del polpo Paul: fenomeno mediatico senza precedenti nel suo genere,
vera e propria attrazione dell’acquario di Oberhausen (nel pieno dell’area
carbonifera della Ruhr) e come tutti i
migliori talenti o cervelli in fuga dal
Belpaese, originario dell’Isola d’Elba.
L’autore, nell’arco di una pagina che
toglie il fiato, descrive la metamorfosi
in mare di un ragazzo di vent’anni con
un presente da portiere e un futuro da
professionista, grazie alla gloria e alla
fama appena ottenute con il record di
imbattibilità nel campionato dilettanti
della Toscana. Il libro è poetico, commovente e toccante. Chi narra è proprio il polpo Paul, altalenante tra l’una
e l’altra vita. Tra i pali lo chiamavano
“La piovra” poi, una volta diventato
abitante del mare, parla di se stesso come “Il ragazzo che ero”. C’è il rapporto con l’allenatore, quello più difficile
con il padre, la conquista della libertà
nella casa della madre, la passione per
le immersioni subacquee nei fondali
dell’Elba e l’incontro con l’uomo delfino Jacques Mayol, innamorato degli
stessi paesaggi sottomarini di un’isola
da riscoprire. Parallela, intanto, scorre
un’analisi storica perfetta, con le lotte
e le battaglie dei minatori ripescate da
vecchie cronache del ’900 ed entrate
di Emanuele Santi
Parla il profeta
della Nazionale tedesca,
protagonista
di una vicenda
tra poesia e realtà
nella vita del protagonista attraverso
la figura del nonno. Perché l’eredità del
movimento operaio e del socialismo
non può mai essere estranea al patrimonio genetico di nessuna terra. Tutto
ruota perfettamente intorno all’intuizione di aver regalato a Paul il ruolo di
portiere in una vita precedente. Luciano Minerva, come David Grossmann,
spiega che con il corpo si capisce. Meravigliosa la descrizione della parata di
Lorenzo Arquati, pronto a respingere
con le gambe un tiro in mischia senza
che gli occhi avessero visto la palla arrivare. E poi non può mancare l’amore. La donna si chiama Greta, necessariamente misteriosa, perché le donne non sono mai belle se non sono an-
che un po’ misteriose. Lorenzo e Greta
si amano proprio nello spogliatoio del
campo di allenamento, si amano senza conoscersi, senza essersi conosciuti prima e senza essersi conosciuti mai,
nel modo più bello, con un solo amore comune nel cuore: quello per il mare. La potenza del libro è proprio nella
sua struttura narrativa poetica, capace di commuovere in maniera incontenibile tra le righe delle lettere scritte e mai spedite dalla madre del ragazzo. L’idea originale sta nel parlare del
fenomeno Paul ricollegandolo proprio
agli uomini, gli uomini in competizione mondiale e uguali dappertutto. Proprio per questo, il polpo parla di “Noi
serbi” quando indovina la sconfitta
(tuttavia ininfluente) della Germania
contro la Nazionale di Belgrado. Luciano Minerva ci dice che, per capire la
differenza tra l’umano e l’animale, forse “Una vita non basta”. La bellezza del
suo polpo non è una presunta capacità divinatoria, quanto la necessaria dimensione umana.
[email protected]
39
© ALESSANDRO ACCORSI
mondo
MI SENTO
UN FARAONE
di Alessandro Accorsi e Max Siegelbaum
In Egitto si diffonde a macchia d’olio il Tramadol, un antidolorifico che crea
dipendenza dopo solo tre pasticche. È facile da trovare e costa pochissimo.
Bastano 15 centesimi per affrontare una giornata di lavoro o una lunga notte
di passione. Ma fa male come l’eroina
Pasticche di Tramadol
sopra un giornale
de Il Cairo
© TODRAS-WHITEHILL/AP/LAPRESSE
mondo
C
Un manifestante
di piazza Tahrir
a Il Cairo (2011).
A destra, uno schema
che illustra
gli effetti collaterali
del Tramadol
42
he succede quando in un Paese stanco, impoverito e affamato, compare
una pillola da 15 centesimi che promette di aiutarti ad arrivare a domani? Succede che quel medicinale diventa rapidamente la
seconda droga più diffusa della nazione. La pillola, un derivato oppioide, si chiama Tramadol
e la nazione è l’Egitto. Lo stupefacente - il più
economico sul mercato - genera un traffico da
milioni di euro. Dalle fabbriche indiane e cinesi, dove viene prodotto legalmente come medicinale generico, arriva illegalmente nelle strade
affollate del Cairo, dove viene spacciato come
fosse un “unguento miracoloso”.
C’è chi ha iniziato perché ha sentito dire che il
Tramadol aumenta la resistenza sessuale. C’è
chi lo prende perché dopo ore passate in piedi
non può permettersi il lusso di dormire se vuole sbarcare il lunario: deve resistere per il suo secondo o terzo lavoro. Qualunque sia la ragione
per cui si decide di provarlo, bastano tre pillole di Tramadol e scatta la dipendenza. Chi prova a smettere, sente subito dolori lancinanti alle
ossa e ai muscoli, spossatezza cronica ed esaurimento emotivo. «È peggio di chiudere con
l’eroina, è un dolore che solo i drogati possono capire», spiega Ahmed, un ragazzo egiziano
che ha provato a disintossicarsi da entrambe.
«Crea un’elevata dipendenza, ma si è diffuso come un’epidemia perché non ha lo stigma sociale
di altri narcotici che vanno iniettati, sniffati o fumati», sostiene il dottor Emad Ghoz. «Fa anche
meno paura perché è una medicina, un semplice
antidolorifico ed è facile da ottenere».
Nonostante il conservatorismo sociale e religioso, le droghe leggere hanno un posto di riguardo
nella cultura egiziana. Che sia il bango (“erba”)
fumato nelle slumville o il più pregiato fumo afgano dell’alta borghesia, il consumo di hashish è
tanto un rito quanto un modo per trascorrere il
tempo. Il Tramadol, invece, serve principalmente alla classe lavoratrice per allungare il tempo
e accelerare il ritmo delle giornate. A differenza
dell’hashish, viene preso per lo scopo di migliorare la propria efficienza, non solo per svagarsi.
Gli autisti dei taxi dividono le pillole in quarti e
ne prendono un pezzo ogni volta che perdono
la concentrazione e sentono gli occhi chiudersi per il sonno. Durante la settimana camerieri,
commercianti e operai ingoiano pillole per avere l’energia necessaria a finire il turno ed, eventualmente, fare un secondo lavoro. Pasticca dopo pasticca si può rimanere svegli fino a tre o
quattro giorni. Dopodiché si collassa per un paio di ore e si ricomincia la routine. Almeno fino
al giovedì sera - il fine settimana nel mondo arabo - quando il Tramadol diventa un afrodisiaco di
coppia e marito e moglie, troppo indaffarati durante la settimana, ne prendono una pasticca per
una lunga notte di passione.
«Il 90 per cento delle persone che conosco si fa
di Tramadol e almeno il 60 per cento ne è assuefatto», sostiene Farafiro, uno pseudonimo dietro il quale si cela un piccolo boss di Shoubra, un
quartiere popolare a nord de Il Cairo. «Studenti e lavoratori, uomini e donne, giovani e vecchi.
Perfino l’imam lo prende!». Secondo uno studio
del Programma nazionale di ricerca sulle dipendenze, diretto dal dottor Ghoz, ad abusare maggiormente di Tramadol sono spesso uomini benestanti che continuano a vivere nei quartieri popolari in cui sono nati e cresciuti, cittadini con
un basso livello di istruzione e più di una moglie.
2 novembre 2013
left
mondo
left.it
È un mercato facile per i trafficanti: la droga
arriva nascosta tra le merci made in India
«Queste persone prendono il Tramadol per guadagnare di più, ma poi non sanno come spendere i soldi che ricavano», spiega il Dottor Ghoz.
«Non hanno opzioni, opportunità o cultura. Per
questo o prendono un’altra moglie o si danno alle
droghe». «La persona più ricca del quartiere è anche uno dei peggiori tossici», sostiene Farafiro.
«Prende 20 pillole al giorno», aggiunge scuotendo la testa in un misto di disprezzo e invidia.
«Credo che il problema delle dipendenze», aggiunge il Dottor Ghoz, «derivi da una profonda
inquietudine esistenziale». Nei quartieri popolari in cui queste persone sono rimaste a vivere, la
vita non è solo dura, ma anche noiosa e ripetitiva. I concerti di musica shaabi organizzati per i
matrimoni, i fuochi d’artificio esplosi nel cuore
della notte, le partite del Barcellona da seguire in
tv, le pistole artigianali e le danze con i coltelli diventano gli unici attimi di svago. Così, quando le
droghe come il Tramadol non vengono usate per
lavorare più a lungo, vengono assunte per prolungare i piccoli momenti di piacere. Qualunque
sia lo scopo, la soluzione costa meno di una bottiglia d’acqua. «Proprio per questo negli ultimi
dieci anni è diventato così popolare», dice Faisal
Hegazy dell’ufficio delle Nazioni unite contro la
Droga e il Crimine (Unodc).
Per la maggior parte dei piccoli spacciatori come Farafiro, vendere Tramadol non è molto
profittevole. «Ho sempre delle pillole in tasca e
le vendo per pagare il mio consumo personale»,
dice Farafiro, «ma se vuoi fare soldi, a parità di
rischio, conviene spacciare hashish o eroina».
L’Egitto ha teoricamente una legislazione molto severa in materia di spaccio e «per un paio di
blister di pasticche si rischia la pena di morte o
left 2 novembre 2013
l’ergastolo», aggiunge Emad Ghoz. Ma le leggi
vengono raramente applicate, sia per la facilità con cui si possono corrompere gli ufficiali di
polizia, sia perché gli stessi giudici comprendono che non possono applicare sentenze così severe per i piccoli spacciatori.
«Chi guadagna veramente dal Tramadol è il cartello della droga che ha per primo creato il mercato», spiega Hegazy dell’Unodc. «Lo spaccio interno è diffuso e caotico, ma il contrabbando fino alle coste egiziane è altamente organizzato e
specializzato». Il Tramadol viaggia in centinaia di
container in transito per i porti egiziani, «di cui
solo il 2 per cento viene controllato con attenzione», continua Hegazy. Contrabbandare pillole diventa così quasi un gioco da ragazzi. Soprattutto perché il Tramadol arriva da India e Cina,
esattamente come la maggior parte dei prodotti
di consumo importati in Egitto. I trafficanti possono sfruttare l’enorme flusso di merci e nascondere le pillole nei cargo di vestiti, mobili, giocattoli e prodotti chimici. Rendendo praticamente impossibile controllare ogni spedizione. Solo
nel 2012, le autorità hanno confiscato 520 milioni di pillole di Tramadol, ma Hegazy stima che nel
Paese circolino almeno 5 miliardi di pasticche.
Pur vendute a poche decine di centesimi, generano uno scambio di denaro pari a quasi un miliardo di euro. «È un’industria enorme e in espansione, ma nessuno può veramente fermarla», sostiene Emad Ghoz. «Genera profitti per chi produce
questa droga, per chi la contrabbanda e la spaccia, per chi lavora nei centri di recupero inondati di tossicodipendenti e per il sistema giudiziario
oberato di casi legati alle droghe. Circa sette casi
su dieci nelle corti egiziane sono legati in qualche
modo a traffico e uso di sostanze illecite».
Il Tramadol, però, pone un nuovo problema: come si può combattere contro un farmaco economico, pratico e attraente per una popolazione
stanca e affamata? Non sarà facile combattere
contro una pillola già divenuta un elemento culturale familiare nella società egiziana, in un momento di grande incertezza politica e instabilità. Dieci
anni fa era quasi sconosciuta. Ora, come dice Farafiro, «il Tramadol è più popolare del pane».
43
mondo
left.it
I primi della classe
di Cecilia Tosi
Tra i migliori al mondo per capacità lavorative, formazione e parità di genere.
I finlandesi invitano gli europei a imitarli, soprattutto tenendo i conti in
ordine. Ma senza la Nokia fare i secchioni non è più facile come prima
È
la regina dei secchioni. Premiata con il
voto AAA dalle agenzie di rating, che ne
lodano i conti in ordine, ma anche dalle
organizzazioni internazionali che valutano le capacità dei suoi cittadini. La Finlandia non è solo
la virtuosa dell’austerity, che dispensa lezioni di
finanza oculata agli spendaccioni del sud. Il più
orientale dei Paesi scandinavi, unico tra loro ad
aver subito l’influenza sovietica, registra i migliori risultati del mondo in tutti i test internazionali
sul livello scolastico e formativo. Nell’ultimo rapporto dell’Ocse sulle skills - le capacità - dei lavoratori attivi nei 24 Paesi più sviluppati, la Finlandia arriva seconda, appena dopo il Giappone e
subito prima dei Paesi Bassi. Gli ultimi? Italia e
Spagna, che secondo la ricerca sfornano laureati con le stesse capacità dei diplomati a Tokio. Un
44
divario disarmante, come quello sulla percentuale di popolazione a livello 4 o 5 di alfabetizzazione - che riescono a fare collegamenti complessi e
individuare i principi sottesi ai testi scritti: in Finlandia è del 22 per cento. In Italia meno del 5.
D’altronde sono anni che i finlandesi vengono
presi a modello per la qualità delle loro scuole.
Già nel 2000 gli studenti di Helsinki erano i migliori del mondo per capacità di lettura. Secondo
i test Pisa del 2009 erano secondi in scienza, terzi in lettura e sesti in matematica, sempre a livello globale. Eppure le scuole finlandesi sono governate da regole elastiche e indulgenti, il contrario di quella rigidità che predicano i loro ministri
per le finanza europea. A scuola si cammina scalzi e si fa lezione davanti al caminetto. La bocciatura è talmente rara che viene considerata uno stru-
2 novembre 2013
left
mondo
left.it
mento desueto e tra le ultime novità in campo formativo c’è l’introduzione in un’istituto della capitale di un corso di balli “bollywoodiani”, iniziativa
di un insegnante di origine indiana. Il segreto delle scuole finlandesi non è la disciplina, ma la qualità dei loro insegnanti. Il 25 per cento dei giovani
laureati aspirano a diventare educatori e solo il 10
per cento più qualificato ci riesce. La retribuzione
minima dei professori, ai primi gradi dell’istruzione, è di quasi 40 euro l’ora. Un buon stipendio, ma
non superiore a quello di tanti altri Paesi. Il vero
vantaggio per gli insegnanti è l’estrema autonomia di cui godono: possono stabilire da soli piano
di studi, tempi e modalità di lavoro. Il risultato è
un’incredibile dedizione agli studenti, fino all’assistenza individuale per far recuperare il ritardo
rispetto ai compagni di classe. Vietata, poi, ogni
competizione: molti bambini arrivano alla quinta
elementare senza aver mai preso un voto.
Ma l’eccellenza finlandese non finisce con la
scuola. Secondo il World economic forum (Wef)
Helsinki è in cima alla classifica dei Paesi che
trattano meglio il proprio capitale umano, seconda solo alla Svizzera. La graduatoria prende
in considerazione cinque variabili: istruzione, salute, impiego e condizioni ambientali. A questi si
aggiunge la parità di genere, che secondo un’altra ricerca del Wef innalza di nuovo la Finlandia
al secondo posto nel mondo (dopo l’Islanda).
Con tutte queste medaglie, Helsinki non può
che produrre risultati eccellenti anche nel settore economico. E finora c’è riuscita, restando nel club delle sole quattro nazioni d’Europa (con Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo) che conservano la tripla A di Fitch, Moody’s e Standard and Poors. Il premier finlandese Jyrki Katainen a ottobre è venuto in Italia a
parlare della performance economica nel suo
Paese e di integrazione europea, sostenendo
che la Ue vada ancora sostenuta, ma «dando
solidarietà solo ai Paesi che tengono i conti in
ordine». La politica economica europea, con
tutti i suoi vincoli, «non va cambiata, ma implementata: se tutti rispettiamo le regole tra
dieci anni il continente sarà in perfetta salute». E alla domanda del pubblico “come fate a
restare nel club AAA?” risponde: «Ci sforziamo ogni giorno, tagliamo il budget e puntiamo
sulla competitività». Esattamente il contrario
di quello che fanno a scuola.
left 2 novembre 2013
Ma anche i secchioni hanno le proprie défaillance. La Finlandia al tramonto del 2013 non presenta più quei indicatori economici che tanto facevano sperare alle agenzie di rating. Ne sono responsabili il declino della sua azienda più ricca, la Nokia, e del settore produttivo più longevo, quello
della carta. L’avanzata dell’elettronica ha affossato entrambi. Gli smartphone hanno eclissato Nokia insieme ai giornali fatti di pagine di cellulosa.
Alla fine di ottobre la Finlandia è stata costretta a
dichiarare che sforerà i criteri di Maastricht, perché il debito pubblico supererà il 60 per cento del
Pil anche se solo dello 0,7. Le esportazioni diminuiscono e l’economia potrebbe contrarsi dello
0,5 per cento entro la fine dell’anno. Ma gli analisti finanziari minimizzano: superare il 60 per cen-
Crescono i data center, raffreddati
con gli impianti delle cartiere dismesse
to non è grave se il Paese finora ha dimostrato di
saper superare la crisi e i partiti di governo hanno
sempre trovato una soluzione insieme. Per estromettere gli euroscettici, infatti, i partiti finlandesi
hanno creato un esecutivo di coalizione, socialdemocratici insieme ai conservatori. E insieme
sono riusciti sia a tagliare la spesa che a innalzare l’età pensionabile. Anche se il loro export è legato a doppio filo con l’andamento del mercato
europeo, sono ottimisti: nel 2014 il Continente si
riprenderà e la Finlandia crescerà di almeno l’1
per cento, dice il premier. Intanto, le stesse qualità che hanno reso possibile lo sviluppo di Nokia
e della carta possono servire all’espansione di un
nuovo settore: quello dei data center (centri elaborazione dati), che con le loro apparecchiature
elettroniche hanno bisogno non solo di capacità
tecnologiche, ma anche di tanta acqua e di tanto
freddo per mantenere gli archivi alla giusta temperatura. Google ne vuole costruire uno in Finlandia, e precisamente a Hamina, sfruttando proprio un sistema di raffreddamento che veniva utilizzato da una cartiera. Duecento milioni sono
già stati investiti e altri 150 sono in arrivo. Non è
da meno Microsoft, che dopo aver comprato Nokia vuole radicarsi in Finlandia con un centro dati per cui ha già impegnato 250 milioni di dollari. Con tutte queste informazioni, i finlandesi non
potranno che restare i primi della classe.
In apertura,
una scuola finlandese
45
cultura
48
La rivincita del
documentario
52
Joyce Lussu
e Nazim Hikmet
56
Ritorno
a Fukushima
Artissima, la più importante
mostra mercato dell’arte contemporanea in Italia, compie
vent’anni. E li festeggia al Lingotto di Torino dal 7 novembre
al 12 gennaio. Insieme a ONE
Torino, il progetto espositivo
che coinvolge il Castello di Rivoli, la Fondazione Sandretto,
la Fondazione Merz, la GAM e
Palazzo Cavour.
In foto: Legs di Josh Faught
cultura
left.it
Il cinema
Palermo, Firenze, Roma.
Tre festival mettono
al centro il documentario.
Un genere che interessa
un pubblico sempre più ampio.
Ma che non trova ancora lo spazio
che meriterebbe nelle sale e in tv
Dal basso a sinistra
in senso orario:
The Column
di Adrian Paci
(Italia); Toxic
Camera di Jane
e Louise Wilson
(UK); The Act of
Killing di Joshua
Oppenheimer
(Danimarca); Erwin
Wurm - The Artist
Who Swallowed
The World
di Laurin Merz
(Austria, Svizzera,
Germania); Legend
Of The Stone
di Richard Widmer
(Cina); La mariee
- The bride di Joël
Curtz (Francia)
48
S
arà che oggi la realtà supera spesso la finzione. O che, a più di cent’anni dalla nascita
della settima arte, la vivida fantasia di sceneggiatori e registi si è un po’ asciugata, dinanzi
alla riproposizione pedissequa dei generi dell’industria del cinema. Sarà l’effetto Sacro Gra, il documentario di Gianfranco Rosi, che a sorpresa ha
vinto il prestigioso Leone d’Oro di Venezia. O sarà
un problema di costi, data l’austerity che morde
e rende la produzione di fiction una missione impossibile (almeno in Italia). Sarà tutto questo, ma
nessuno oggi può più negare che l’arte di fare cinema con la realtà - il documentario - stia conquistando un sempre maggiore interesse di pubbli-
2 novembre 2013
left
cultura
left.it
della realtà
di Manuele Bonaccorsi
co. Lo si vede nel numero crescente di produzioni (oltre 200 l’anno) e nella pur timida riapertura di canali di distribuzione (al cinema, ma anche
in tv). E lo si è visto anche a Palermo, sede dal 23
al 26 ottobre dell’Italian doc screening, l’incontro
annuale dedicato al mercato del documentario,
organizzato da Doc/it e diretto dalla produttrice e distributrice Gioia Avvantaggiato. Tre giorni
di incontri, workshop, dibattiti dedicati al mondo dei documentari, a cui hanno partecipato 85
reti televisive da 24 Paesi del mondo e centinaia di registi e produttori. Ma anche un’occasione
per fare il punto su un genere nel quale la crescita dell’interesse non corrisponde a un’apertura di
left 2 novembre 2013
Duane Michals
- The man who
invented himself
di Camille Guichard
(FR); Black Drop
di Simon Starling
(UK); Dans un
océan d’images di
Helen Doyle (CDN);
Legend Of The
Stone di Richard
Widmer, (Cina);
Inside Out The
People’s Art Project
di Alastair Siddons,
(UK-FR); Erwin
Wurm – The Artist
Who Swallowed The
World di Laurin Merz
(AT, CH, DE).
Sopra, Black Drop
di Simon Starling
49
cultura
left.it
A ROMA IL DOCUFILM D’AUTORE AL FESTIVAL DI MARCO MÜLLER
Famiglie non convenzionali, i surreali
abitanti di una comunità abusiva del
Sud, una vera scuola multietnica a Parigi. Sarà possibile vedere queste e molte
altre storie per immagini all’VIII edizione del Festival internazionale del film
di Roma (8 - 17 novembre, diretto da
Marco Müller) che con Prospettive doc
Italia (e non solo) si interroga sulle nuove
linee di tendenza del documentario. In
prima mondiale arriva School of Babel
di Julie Bertuccelli (nella sezione “Alice
nella città”) che racconta la scuola come luogo di integrazione e accoglienza.
Girato in un liceo multietnico di Parigi,
la regista segue gli sforzi per imparare
la nuova lingua di adolescenti tra gli 11
e i 15 anni irlandesi, serbi, brasiliani, tunisini, cinesi o senegalesi; giovani uniti
dall’entusiasmo e l’innocenza dell’affrontare insieme in classe l’inizio di una
nuova vita. Contro gli stereotipi ma in
uno stile più artistico Ho fatto una barca
di soldi è l’opera prima scritta e diretta
da Dario Acocella: racconta il viaggio
di un giorno con l’artista Fausto Delle
Chiaie, da vent’anni ironico dissacratore, pioniere della street art, protagonista
di esposizioni al Museo all’aria aperta di
Roma, sui marciapiedi tra l’Ara Pacis e
il Mausoleo di Augusto. Il documentario - con un’intervista ad Achille Bonito
Oliva - prende infatti il titolo da un’opera
di Delle Chiaie, una barchetta costruita
con la stagnola e riempita al suo interno con monete da pochi centesimi.
«Quando gli ho chiesto perché aveva
deliberatamente scelto di stare lontano dagli spazi espositivi convenzionali
- spiega il regista - mi ha risposto che le
sue opere non c’entrano nei musei, ma
non per questioni di spazio, ma per una
questione di senso». Da qui la scelta di
intraprendere un viaggio che scavasse
nella radice più profonda dell’essere ar-
A partire dagli anni Novanta
sono scomparsi dai palinsesti Rai
La cour de Babel/
School of Babel
di Julie Bertucelli
50
nuovi spazi per la fruizione. Perché il problema,
per i documentaristi italiani, resta sempre lo stesso: la distribuzione. La produzione nel Belpaese
cresce, in quantità e in qualità. Eppure per godere
di una visione pubblica degli ottimi documentari italiani bisogna ancora prendere un aereo. Per
sbarcare sulle tv pubbliche europee, che hanno
mantenuto la propria funzione di servizio pubblico: non solo intrattenere, ma anche far riflettere,
costruire una coscienza critica. Dunque l’inglese
Bbc, la francese Arte, e poi la danese Drtv, da tutti
definita un modello per qualità e fama internazionale. Non è stato sempre così: «A partire dagli anni 90 - spiega la direttrice, Gioia Avvantaggiato il documentario è scomparso dai palinsesti Rai».
La conseguenza? «Oggi i documentaristi italiani
sono maestri di internazionalizzazione, l’assenza
di risorse li ha spinti a cercare spazi fuori dai confini del Paese». Ma a parlare con autori e produttori, a latere degli incontri, il problema resta sem-
tisti. «Avevo la necessità di capire più a
fondo quale fosse il segreto della sua
felicità creativa - aggiunge Acocella - e
se questa nascondesse codici universalmente validi per chiunque altro».
Tra i titoli in concorso poi incontriamo
Ritratti abusivi di Romano Montesarchio e prodotto dalla napoletana I figli
del Bronx di Gaetano di Vaio insieme a
Rai cinema. Il documentario segue gli
abitanti abusivi del Parco Saraceno di
Castel Volturno che da anni, vivono la
propria vita tra miserie e illegalità, sospesi tra violenze quotidiane e il sogno
di una vita normale.
Camilla Bernacchioni
pre lo stesso: come far conoscere in Italia il proprio lavoro. Come dire: nemo profeta in patria.
Non a caso che uno degli incontri più partecipati
- e accesi nei toni - della tre giorni palermitana è
stato quello sulla definizione di una “piattaforma
rivendicativa” nei confronti della Rai. Titolo del
panel: “Why matters”, traducibile con: “Perché è
importante”. Presto detto: alla Rai manca una linea editoriale, trasparenza nei bilanci, mancano
slot dedicati ai documentari e un dialogo con gli
addetti del settore; manca uno spazio riservato
alle produzioni indipendenti e un riconoscimento del ruolo dei documentari nel dibattito pubblico del Paese. Così si legge nel cahier de doléance tracciato dai documentaristi italiani. Eppure
non tutto è buio: «Ci sono cambiamenti in vista
nella tv pubblica», spiega Avvantaggiato. «Poi ci
sono i fondi del ministero che spesso mettono in
moto un circolo virtuoso, e il governo ha esteso i
benefici del tax credit, prima riservati solo al cinema, all’intero settore dell’audiovisivo». E ancora, c’è il ruolo crescente delle “film commission” regionali, che finanziano produzioni girate nel territorio. Tanto che molti documentaristi
2 novembre 2013
left
cultura
left.it
A FIRENZE L’ARTE CONTEMPORANEA SUL GRANDE SCHERMO
Docufilm e film d’artista: con Lo schermo dell’arte il cinema Odeon di Firenze
fa il pieno di arte contemporanea. Dal
13 al 17 novembre si accendono i riflettori sulla VII edizione della rassegna
italiana più importante sui documentari d’arte. In primo piano 25 opere in cui
il cinema e le altre arti si incontrano e
si fondono. Nelle diverse sezioni della
rassegna questa affinità viene esplorata e sviscerata: da una parte il Cinema d’artista, con opere di Adrian Paci, Alain Fleischer, Simon Starling e di
Janez Jansa; dall’altro gli Sguardi che
diversi registi hanno rivolto ad artisti
internazionali. Esplorare il contempo-
raneo significa calarsi nella realtà, come testimonia l’atteso documentario
Inside out: the people’s art project del
regista inglese Alastair Siddons, in cui
arte e attivismo si fondono. Protagonista del racconto cinematografico è
l’artivist francese Jr, autore dei giganteschi ritratti incollati sui palazzi di Rio
de Janeiro e Parigi, e autore di Face 2
Face, la più grande mostra fotografica
illegale mai allestita. Proprio sul muro
di 730 chilometri che divide Israele dai
territori occupati, ebrei e palestinesi
sono ritratti uno accanto all’altro. E
un’artista come Sophie Calle confessa: «Non ho voglia di stare davanti a
stanno costituendo associazioni di rappresentanza per interagire con gli enti regionali. Ci sono, infine, importanti iniziative di promozione,
come il “Mese del documentario”, organizzato
dall’associazione Doc/it (l’edizione 2014 si svolgerà tra gennaio e febbraio). Quest’anno l’iniziativa toccherà 9 città e tre centri di cultura italiana
all’estero. L’anno scorso finì con il pubblico in fila davanti alla Casa del cinema di Roma.
La tre giorni siciliana è stata anche l’occasione
per riflettere sul futuro del genere documentaristico. La visione di The act of killing ha stimolato infuocati dibattiti: girato dal danese-texano
Joshua Oppenheimer, racconta l’uccisione di oltre un milione di comunisti nell’Indonesia della
dittatura di Suharto (1965) a opera di squadroni
della morte. L’autore li spinge a mettere in scena
i loro atti di violenza in un fantomatico film per il
grande pubblico, giocando e storpiando i generi cinematografici (dall’horror al film di guerra,
passando per i western e i gangster), in un grottesco e contraddittorio percorso di coscienza, una
mise en scène goffa e tragica. Il confine tra realtà e fiction si fa intricato, quasi fino a sparire.
left 2 novembre 2013
una telecamera e parlare della mia vita, preferisco stare da sola e registrare
ciò che mi viene in mente. Le cose felici semplicemente le vivo, le cose tristi
le uso», racconta l’artista francese nel
documentario a lei dedicato. Sophie
Calle: last seen è un intrigante ritratto dell’autrice di Take care of yourself,
l’opera contro la discriminazione femminile composta da fotografie, video e
installazioni con le voci di 107 donne,
presentata alla Biennale di Venezia
nel 2007. Attraverso il cinema alcune opere trovano nuova vita. È il caso
di Restless - Keith Haring in Brasile,
attraverso cui i registi Guto Barra e
Gisela Matta guidano lo spettatore
alla scoperta di un’opera poco conosciuta, realizzata in Brasile dal padre
del graffitismo. L’idea della direttrice
Silvia Lucchesi, per quest’edizione,
è quella di creare un festival diffuso.
Una manifestazione che esca dalle
sale cinematografiche per espandersi
in tutta la città, seguendo l’esempio
dell’arte di strada che forza l’indoor
dei musei alla conquista di uno sconfinato spazio esterno.
Claudia Romito e Chiara De Carolis
Un genere che cambia, mescolandosi
con fiction, animazione, reality
Pur in un genere più classico, spicca per inventiva anche il documentario Giuliana Saladino,
come scrive una donna, dedicato alla giornalista del quotidiano l’Ora: un percorso storico che
parte dalla Sicilia delle lotte contadine e arriva a
quella delle stragi di mafia, nel quale alle testimonianze si aggiunge l’animazione e la letteratura.
Fino agli esempi di mix tra reality e documentario presentati nel corso della tre giorni (proposte
che più di qualche mugugno hanno suscitato nel
pubblico). Non solo interviste o materiale di repertorio, dunque. Il documentario cerca nuove
strade. «Per le nuove generazioni servono nuovi linguaggi. Magari per far passare gli stessi concetti, ma in una maniera più osmotica, dall’impatto meno frontale», spiega Gioia Avvantaggiato. L’attenzione del pubblico, insomma, è un bene scarso. Ma ciò che importa è sempre lo stesso: a raccontare e a far capire.
(ha collaborato Sara Petrozzi)
Sophie Calle,
Sans titre di Victoria
Clay Mendosa,
Francia - Usa
51
cultura
left.it
In libreria per L’asino d’oro
Il turco in Italia di Joyce Lussu,
toccante biografia del celebre
poeta turco. Pubblichiamo
uno stralcio della postfazione
M
i è dato adesso il modo di vivere un
ritorno, toccante, con la ripubblicazione di questo libro, dal titolo e senso che vibrano speculari: sui riflessi, i rimandi
lirici, operistici rossiniani. Neppure a scherzare
mi viene da mettermi a stilar lì pedanti chiose
di genere traduttorio sui modi sinuosi dell’arrivo, in forma italiana, grazie a Joyce Lussu, della
poesia di Hikmet, interpretata tuttavia sul filtro
di lingue diverse dal turco (francese e russo,
soprattutto). Vado via, ben alla larga dall’approdo infido a noiose, a me estranee, osservazioni
Lussu e Hikmet
una storia a due voci
di Giampiero Bellingeri
52
2 novembre 2013
left
cultura
left.it
turcologiche, tecnico-scientifiche, disposte qua
e là, nel sussiego, e magari adagiate sul consenso (ci mancherebbe un dissenso, qui!), e sulla
condiscendenza di massima, per la resa - definita, magari sulla base di qualche competenza da
addetto ai lavori, “onesta”, precisa, efficace - dei
versi turchi nel verso, nella versatilità dell’italiano: pedanti, scontate, oziose sarebbero quelle
chiose, e tanto presuntuose, nella loro pacatezza sfalsata, untuosa. Altro sapore arriva ad assumere ed effondere la preziosa e impegnativa
consuetudine di un ritrovarsi di fronte a discorrere nell’eco, nel suggerimento, nell’elogio delle
parole pregnanti, coraggiose di Joyce, in prosa
e poesia, almeno al confronto con un’arroganza
che predica altisonante e vacua il “fare”. Un fare
chissà che poi, e diretto a chi? Nel disprezzo per
coloro, operosi, che alle parole riassegnano la
forza dell’azione. Sappiamo quanto sia difficile
e bello aiutare gli autori stranieri, i poeti, a restare tali (artisti, cioè) in italiano, o nel posto
di un arrivo. Quell’arrivo, intanto, fu un trionfo,
e la sfida lanciata da Joyce alla lingua turca, e
agli idiomi della resistenza eroica, fu e resta vincente: ridondanze vittoriose nel tendersi delle
mani a stringersi per essere più forti insieme,
nella corrispondenza. Testo a fronte vuol dire
rispecchiarsi nella vita, in vita, nella pratica della responsabilità, e non dell’innocenza inconsistente: quando mai traduciamo da operatori
innocui, senza riplasmare parole e forme, nelle
riformulazioni e nel rispetto sempre e nella cedevolezza al fascino di chi ci sta parlando? Nella
considerazione di generazioni di lettori, e studenti, di turco, nostri. E quando le movenze del
turco ritornano a tradursi, di nuovo, in vita sociale ed estetica, non importa attraverso quale
lingua, è il momento magico e intimo di un successo, comunque vadano vendite e tirature (infinite, del resto). Per chi sta scrivendo qui, per
il ricordo di Joyce Lussu, è questa una occasione, pensosa nel sorriso, di rivivere il dibattito
dell’ignoranza felice degli idiomi originali alle
prese con la sapienza dell’interpretazione dei
linguaggi (non più delle lingue). E sarà ancora
poesia, come passata indenne dai filtri rischiosi delle lingue egemoni, per non dire coloniali
(pure verso la cultura e le lingue della Sardegna). Come a ingaggiare e vincere ancora la lotta coloniale, nell’assunzione saggia di strumenti
left 2 novembre 2013
capaci di aprire brecce nei cuori, nei cervelli,
nelle vie delle percezioni. Scambi di gesti e vocaboli tastati, inseguiti, risate e smorfie; mimica,
gesti antichi e ritorno a quel fissare nella mente
le strofe già imparate a memoria da altre persone. Per esempio dalla moglie, durante le visite
nelle carceri in Turchia al poeta, a Nazim dietro
le sbarre, nel reticolo dell’isolamento che rende
muti. Oralità vittoriale, flessibile, fragrante sulla
pagina. Questione di linguaggio, più che di lingue, allora, si diceva. E di intese, da ricercarsi,
stabilirsi ma anche pregresse nella simpatia che
è sofferenza per chi patisce, perseguitato, chiuso in prigione, giusto nella tensione civica, alla
pari, di una donna irritabile, nervosa ai segnali,
Fu un’intesa totale.
Si capivano anche a gesti
persino quelli più camuffati, del divismo maschile, e femminile. Andrà ammesso, tuttavia, che in
sede di traduzione, nella sua letterarietà, Joyce
era di casa. L’educazione in famiglia, l’istruzione
classica, un padre autore di traduzioni da Spencer e Wundt. Traduzioni peraltro utili a quel Benedetto Croce, nel palazzo del quale, a Napoli,
la ragazza Joyce trovava sempre i maccheroni
freddi e scotti, forse per via delle discussioni
accalorate e protratte nel tempo e nei toni, sul
marxismo, sul socialismo, esecrati da Don Benedetto, ospitale. Con l’anglofonia connaturata,
per linea materna: per lei sono solo alcuni degli
elementi con cui commisurarsi e non sentirsi
estranea nel vivere in giro per il mondo attorno.
Si aggiunga una vocazione precoce a scrivere
poesia, recitata ai cavalli, dalle orecchie dritte,
nella scuderia patriarcale. Poi c’è l’accompagnamento delle lezioni di italiano e francese che diciottenne impartisce in un collegio a Heidelberg,
dove si sposta a studiare filosofia, e, dato che è
lì, a sfidare, interpretare la cadenza nevrotica
dell’abbaiare di Hitler, nel 1932, quando la tragedia si delinea e addensa le tenebre nei pensieri.
Interviene l’entrata in clandestinità, l’incontro
con il leggendario Emilio Lussu, evaso da Lipari
nel 1929. L’attrazione totale, fisica, politica per
quell’uomo che provoca in lei, al primo sguardo,
una deflagrazione: parole sue, che ricordano il
dire forte, netto di Hikmet, dei suoi versi.
In apertura,
Joyce Lussu
con Nazim Hikmet.
In basso, Lussu
in compagnia
dei patrioti Curdi
agli inizi degli anni 60.
Sotto, la copertina del
libro Il turco in Italia
edito da L’asino d’oro
53
trasformazione
Massimo Fagioli, psichiatra
La linea nera scompare nel colore
come se la pulsione di annullamento sparisse
PROFILO
rosso di donna
A
ccantono il ricordo che mi farebbe vedere
quelle linee che, dal disordine tra sfumato d’inchiostro e segni neri senza senso, facevano
una forma che non faceva pensare ad un volto ma chiamava la parola viso. Non c’era un riconoscimento perché
non c’era il ricordo cosciente di un volto visto.
Ricordando che la mano si era mossa a caso quando
la coscienza vigile non esprimeva nessuna intenzione,
lo chiamai “scarabocchio”. Cercando, pensammo che
non era neppure la memoria senza coscienza della percezione strana e dell’intelligenza senza ragione che fa
riconoscere al bambino se stesso quando si vede, allo
specchio, la prima volta.
Segni senza significato avevano composto una forma
dall’espressione nuova che non era di un volto. E noi vedemmo la parola umano. Un umano che non era identità
e non era il muso di animale. Poi interpretammo e, pensando al bambino che riconosce se stesso senza ricordo del proprio volto, dissi: “vede”, oltre la percezione del
proprio volto, la propria immagine interiore che non si
percepisce nella veglia.
L’essere umano sa di aver un’identità senza coscienza
e ragione. Ed ora penso che la capacità di immaginare,
senza che sia comparsa un’immagine nella mente, fece il
movimento della mano che, ricreando con le linee il primo momento della nascita, fece un viso umano che è un
universale di tutti gli esseri umani, prima della creazione
dell’immagine interiore. È la fantasia di sparizione che è
soltanto umana perché ha, in sé, la pulsione che non è più
tale perché emerge dal corpo che nasce con la capacità di
reagire che diventa, con la pulsione, vitalità.
Ed ora tremo nello scrivere che non c’è, in questo primo momento della vita, immagine interiore. Ma sono certo di questo pensiero perché so che, per la creazione della memoria-fantasia dell’esperienza avuta dalla realtà
biologica, è necessario che sia iniziato il tempo della vita.
Ed ora vedo che lo “scarabocchio”, fatto soltanto da linee
nere, non ha ancora il colore.
Lo dissi a Palau nell’agosto del 1999. La linea, caratteristica esclusiva degli esseri umani, è sempre nera anche se viene segnata con colori. Dicevo che nel primo momento della vita, che non è respiro, si realizza il pensiero
che è rapporto con il mondo che è il vissuto... “non esiste”.
E, contemporaneamente, si ha l’esistenza della memoriafantasia dell’esperienza avuta.
Dopo anni, per aver visto nei due termini, fantasia di
sparizione che, mescolati come fossero colori ne facevano uno nuovo, realtà esistenti anche se mai pensate, dissi
che emergevano, simultaneamente con la vita, movimento, suono, tempo, pulsione. Dissi anche che fantasia di sparizione aveva l’altro nome detto: capacità di immaginare.
Ed il termine capacità che non è né facoltà né possibilità,
che non hanno in loro stesse il termine movimento, si legò
al termine tempo perché era già unito al termine movimento. Insieme, a gran voce, dissero che la memoria-fantasia
dell’esperienza avuta viene: dopo. Non ha con sé il termine: simultaneamente, anche se la parola tempo non indica
qualcosa di misurabile perché non è realtà materiale.
Ho scritto così ciò che avevo pensato cinquanta anni fa.
Non chiedo perdono perché sono certo che è una ricerca continua che mira a perfezionare la composizione delle parole che, facendo pensieri manifesti, indicano realtà
mai pensate. L’incapacità era dovuta alla credenza dell’inconoscibilità della mente che si esprimeva avendo perduto la coscienza, senza linguaggio articolato. È la ricerca di
un linguaggio nuovo, che non modifica l’espressione manifesta dei termini verbali.
Ed ora accolgo con timore le parole che vogliono
baciarmi perché non sono andate perdute in quello schermo limpido che, con la nettezza della scrittura e delle figure, lascia gli occhi abbagliati che non vedono più il dolore della mente che si frantuma quando lascia la razionalità della coscienza. Guardo, sovrana nelle forme e nel
movimento, la parola: ricreazione. E, subito, supplico l’insieme nuovo delle parole di diciotto anni fa: immagine inconscia non onirica. E penso.
la biologia del sangue che diventa umano si trasforma
54
2 novembre 2013
left
left.it
C’era già, un anno fa, l’espressione del primo momento della vita, quando ancora non c’è l’immagine ma soltanto la capacità di immaginare che fa, con l’indifferenza,
non esistente il mondo e, del non esistente più, la memoria della sua realtà biologica. Ed era lo scarabocchio. Ora
vedo il bianco ed il nero delle linee che, da sole, non hanno signifcato né identità, ma soltanto senso.
Insieme fanno un viso umano che non è, con certezza,
muso animale e non è il ricordo di nessun individuo. È
soltanto realtà umana che si forma, con lo stimolo della
luce, per l’esistenza di una sostanza cerebrale che reagisce creando la pulsione.
E qui, di nuovo, non chiedo perdono perché penso che
il timore sia giusto per il pensiero sulla parola ricreazione.
Non è mai esistita, cancellata sempre dal termine: regressione. Cancellata sempre dalla religione che ha sempre
fatto della razionalità l’unico dio potente che può controllare il Caos che starebbe dentro l’essere umano senza parola. Cancellata dalla stupidità di credere che il bambino,
plasmato da genitori e maestri come se fosse la creta che
diventò, per opera del dio, Adamo. Ed ancora cancellata
dal violentissimo pensiero della parola regressione che dice che “ritornare allo stadio precedente” è feroce pazzia.
Ed ho opposto la verità semplice che, quando scoppia
la pazzia è perché diventa manifesto che non è riuscita la
vita del primo anno nel rapporto con chi nutre e riscalda.
Con timore ho deciso di chiedere all’intelligente e generosa redazione di left di togliere lo scarabocchio, e porre allo stesso posto quelle forme e colori che fanno la copertina del nuovo libro de L’asino d’oro. E il titolo della
collana, Profilo di donna, diventa rosso.
Era tornata, nella mente, la memoria della parola ricreazione ma non esisteva più la possibilità del linguaggio articolato di far conoscere agli altri il movimento che si era
svolto. Essere tornato, con la ricreazione, al primo momento della vita quando c’è soltanto la possibilità di fare,
nel movimento e lo svolgersi del tempo, la linea. Fu per un
pensiero impossibile alla mente che è coscienza. Ma ora
quei segni sono scomparsi e le parole dicono: donna.
C’è il colore e la linea invisibile, non più nera, che,
espandendosi in larghezza, fa curve che parlano di movimento, ed io so che l’origine sta nell’espressione del volto
di donna che, uguale all’uomo nella fronte, nel naso, nelle
gote e nella bocca è, in verità diverso.
E tutti lo vedono e pensano “donna” anche se l’anatomia è uguale all’uomo e non conoscono il nome. Viene la
parola espressione ma non riesco a comporre con la parola percezione. Soltanto, penso, se nello sguardo c’è la fantasia, la rètina può “vedere” il movimento.
Ricreando l’inizio
del tempo della vita
feci, sul bianco,
linee nere.
Ora la linea nera
non è visibile
nel colore rosso scuro,
ma le curve
parlano di movimento.
È la memoria
della realtà biologica...
Giungeva piano l’estate con quel mercoledì detto 5 giugno. Vidi una copertina per un libro nuovo e la
voce forte uscì dalla gola. Nooo. C’era la figura di un
volto di donna. E la mano prese due pennarelli: rosso
e verde azzurro. Segnò a caso, alcuni tratti rossi e, con
l’azzurro-verde, fece la forma di un occhio.
Ricreazione. Non ci fu più il pensiero del linguaggio articolato che, intriso di fantasia, conduce a ricreare il primo momento della vita con la possibilità di fare la linea. La nascita è universale, uguale per
tutti. Ora la parola ricreazione fa il colore ed è necessario vedere nelle curve dei segni, il movimento che
è la linea nel colore.
E non so pensare se il tornare allo stato precedente,
ricreando una realtà diversa, è fare la fantasia di sparizione, realizzare l’identità umana diversa dall’animaiche “inconscio
inconscio mare cal
le... e vengono le parole antiche
caltasia della propria realtà
mo”, che dice memoria-fantasia
biologica senza pensiero.
ercepito e non è
E così so ciò che non è percepito
olore della listato pensato. Rivelato il colore
lla linea
nea è impossibile tornare alla
monera. Il rapporto con anatomofisiologia del corpo uguale
non è la verità. È una realtà che la ragione ha conosciuto. La ricreazione del movimento e della linea urla al vento che,
uguali alla nascita, uomo e
donna sono diversi nel coré
po come nella mente perché
non c’è scissione.
...che crea le linee invisibili del viso di donna...
left 2 novembre 2013
55
scienza
FUKUSHIMA
Disastro appena iniziato
di Giorgio Ferrari
© TSUNO/AP/LAPRESSE
Reattori vicini al mare e combustibile nelle piscine. Oltre agli errori del passato,
quelli dopo l’incidente nucleare. Adesso il rischio è la contaminazione dell’Oceano
A
che punto è il disastro di Fukushima?
Tra i fattori che hanno contribuito ad
aggravare il disastro di Fukushima ci
sono errori di progetto, carenze di gestione e
la stessa modalità dell’incidente. Ad esempio
l’aver costruito questi reattori a pochi metri
dal mare in un Paese in cui gli tsunami sono
più che prevedibili si è rivelato un errore determinante. Tanto per fare un paragone, le
centrali nucleari di Latina e Montalto di Castro
furono costruite a centinaia di metri dal bagnasciuga pur essendo le coste italiane meno
soggette a maremoti di quelle giapponesi. Così
tra gli errori di gestione va annoverato lo stoccaggio addensato del combustibile irraggiato
nelle piscine, che prima ne ha facilitato il surriscaldamento e oggi ne complica l’evacuazione. Infine la modalità dell’incidente: a differenza di Chernobyl, i noccioli di Fukushima
non sono esplosi, ma (seppure fusi) si trovano
all’interno dei contenitori di acciaio (vessel) e
dunque non si può procedere a sommergerli
con piombo, sabbia, boro e cemento, per poi
racchiuderli dentro un “sarcofago”. A Fukushima quindi, le direttrici obbligate di intervento erano e restano due: raffreddare i noccioli per mantenere la temperatura dell’unità
1, 2 e 3 entro limiti tali per cui il vessel non
sia sottoposto a pressioni superiori a quella di
progetto; approntare quanto necessario per rimuovere il materiale fissile dai reattori, ovvero sia il combustibile che si trova nelle piscine
sia quello presente nei noccioli.
56
COSA È STATO FATTO
Dopo aver rimosso detriti e rottami accumulatisi nell’area della centrale, la Tepco è riuscita a completare la copertura dei reattori 1
e 2 (e in prospettiva anche il n. 3) con un rivestimento leggero. Intorno al reattore n. 4, invece, si è costruita una massiccia struttura metallica che servirà ad evacuare il combustibile
dalla piscina. Per ciò che riguarda la situazione
dell’acqua contaminata va detto che dal giorno
dell’incidente questa ricopre il basamento degli impianti per una altezza di 3 metri e siccome queste strutture non sono a tenuta stagna,
è inevitabile che una cospicua quantità di questa acqua sia penetrata e penetri nel terreno e
di qui in mare. Con due conseguenze. Primo, la
contaminazione del mare non ha più confini se
è vero (come è vero) che è stato ripetutamente
pescato pesce radioattivo nelle coste occidentali del nord America. Del resto alzi la mano
chi ha trovato il modo di comunicare ai pesci
che non devono stazionare nei dintorni della
centrale e nemmeno di migrare verso altri lidi.
Secondo, l’acqua infiltrata nel suolo sceglie
percorsi imprevedibili e provoca altrettanto
imprevedibili erosioni del terreno col rischio
di compromettere la stabilità degli impianti: si
teme l’abbassamento di 50 cm del reattore n.
4. Sversamenti di acqua si sono ripetutamente
verificati a causa degli errori commessi dalla
Tepco che, dopo aver costruito grandi serbatoi
di accumulo, ha cambiato strategia ed è passata a collocare centinaia di piccoli serbatoi sul
2 novembre 2013
left
scienza
left.it
ECCO COME L’ACQUA RADIOATTIVA VIENE DECONTAMINATA,
IMMAGAZZINATA E RIUTILIZZATA PER RAFFREDDARE I NOCCIOLI
La comunità internazionale
se ne faccia carico con tutti i mezzi
Per raffreddare i noccioli viene impiegata l’acqua che si è accumulata alla base
degli impianti. Questa acqua è radioattiva e contiene sodio in quanto per alcuni
giorni dopo l’incidente, i noccioli sono stati raffreddati con acqua di mare.
Dopo essere stata desalinizzata e depurata di alcuni radionuclidi, la gran parte
dell’acqua viene immagazzinata in serbatoi di stoccaggio
terreno a monte dei reattori, ma con pessime
modalità di realizzazione in quanto questi serbatoi non sono di acciaio inossidabile: dato
che l’acqua contaminata viene additivata con
cloro, la loro corrosione è inevitabile. Inoltre
non è stato rinforzato il terreno dove poggiano
questi serbatoi (finora si parla di circa 230mila
tonnellate di acqua, ma nel 2015 la Tepco prevede di stoccarne oltre 700mila). Infine c’è da
demistificare le balle mediatiche sulla possibilità di “congelare” il terreno per impedire che
l’acqua contaminata arrivi in mare. Questa
tecnica è applicabile a superfici di modeste dimensioni e per pochi metri di profondità. Dato
che è impossibile congelare tutto il terreno su
cui insistono i serbatoi di stoccaggio, l’idea sarebbe quella di costruire un muro di ghiaccio
sotterraneo profondo 27 metri intorno a questa
area che faccia da contenimento all’acqua, ma
qualsiasi geologo direbbe che è un’idea ridicola
dato che le acque di falda potrebbero deviare il
loro percorso con effetti controproducenti.
COSA FARE
Immagazzinare l’acqua radioattiva come programma di medio-lungo termine è una follia
che ha già fatto salire il tasso di radioattività a
livelli da guerra atomica: 1.800 mSv il 30 agosto
e 2.200 mSv il 4 settembre. L’acqua è il più insidioso veicolo di contaminazione (penetra nel
terreno e reagisce con tutto ciò con cui viene a
contatto), perciò l’obiettivo prioritario non può
essere quello di accumularla, ma di ridurne il
volume. Questo significa aumentare drasticamente la capacità degli impianti di trattamento
per concentrare le sostanze radioattive, ridurre
i volumi di acqua e poi stabilizzarli (cementifi-
left 2 novembre 2013
Fukushima,
una giornalista
controlla il livello
delle radiazioni
nell’area della
centrale nucleare
cazione) come è previsto dalla normativa per i
rifiuti, e sistemarli in deposti che nel frattempo
devono essere costruiti.
Parallelamente occorre approntare quanto necessario per la rimozione del materiale fissile
dai reattori, come sta avvenendo per il n. 4. Ma
mentre in questo caso la cosa è relativamente facile - perché in questo reattore, essendo
spento al momento dell’incidente, tutto il combustibile era collocato in piscina -, per gli altri
tre reattori la rimozione del materiale fissile
presenta difficoltà enormi e per il completamento serviranno decenni. In ogni caso non si
potrà procedere alla rimozione del combustibile dai noccioli (impresa titanica dato che con
la fusione hanno perso la geometria iniziale) se
prima non si svuotano le piscine dal combustibile che vi era depositato, che assomma a 1.573
elementi. Anche questa operazione si presenta
difficile e rischiosa perché le attrezzature degli
impianti sono inservibili, in particolare i carri
ponte situati al top degli edifici reattore con cui
normalmente si fanno queste manovre, senza
considerare che tutto è reso più difficile dagli
alti tassi di radioattività che limitano l’impiego di personale. Dunque occorrerà sviluppare
tecniche di intervento remotizzate, progettare
apparecchiature specifiche e svolgere accurate
prove di simulazione di tutte le manovre per eliminare al massimo ogni imprevisto.
Il disastro di Fukushima è ancora all’inizio e
non è detto che il peggio sia passato. Ma non
basta denunciarne le malefatte, occorre che
questa vicenda sia assunta come prioritaria a
livello internazionale, che salga la pressione
dell’opinione pubblica e dei movimenti sulle
istituzioni nazionali ed internazionali e sulla
(dormiente) comunità scientifica affinché se ne
facciano carico con tutti i mezzi necessari. Se
l’appello lanciato dalla Tepco per una collaborazione internazionale non è un ballon d’essai,
allora il nostro Paese può dare un contributo
concreto alla soluzione di alcuni problemi
mettendo a disposizione la centrale nucleare
di Caorso (che è molto simile ai reattori di Fukushima e non ha più combustibile al suo interno) insieme a una task force di tecnici per
sperimentare al vero tutte le tecniche possibili
volte a operare correttamente la rimozione del
combustibile dai reattori di Fukushima.
57
puntocritico
cultura
ARTE di Simona Maggiorelli
Il vero volto
di Cleopatra
R
oma riscopre la propria vocazione archeologica e alcuni capitoli di storia antica finalmente liberati dalla retorica fascista. Come è stato giustamente notato, solo un anno fa,
un’esposizione dedicata all’imperatore Augusto e al lungo percorso che lo
portò al potere avrebbe avuto il sapore di un’esaltazione della romanità di
marca fascista. Il cambio di governo
in Campidoglio, se non altro, ha sgombrato il campo da ogni ombra di retorica mussoliniana e i curatori della mostra Augusto (aperta fino al 9 febbraio, catalogo Electa) non esitano a dire:
«Con questo evento vogliamo invitare
il pubblico a conoscere la storia romana, e quella di Augusto per quella che è
stata, fra luci e ombre, liberandola da
ogni lettura ideologica». Così Annalisa Lo Monaco, curatrice della mostra
insieme a Eugenio La Rocca, Claudio
Parisi Presicce, Cécile Giroire e Daniel
Roger. È particolarmente interessante è, ai nostri occhi, che questa retrospettiva dedicata ad Augusto - che riunisce pezzi sparsi fra varie collezioni a
Roma, a Parigi e a Londra e che termina con un monumentale bassorilievo
sulla battaglia di Azio - si possa vedere alle Scuderie del Quirinale, mentre
in un’altra zona del centro storico romano è aperta una mostra archeologica dedicata a Cleopatra e che racconRitratto di Cleopatra
(come dea Iside),
marmo greco
II-I secolo a.C.
58
left.it
ta quello stesso episodio: la sconfitta di Antonio e Cleopatra ad Azio,
nel 31 a.C. a opera delle flotte di Ottaviano. Ma stavolta dal punto di vista opposto, ovvero da quello della
regina egiziana che per evitare l’onta di essere fatta prigioniera e trascinata in trionfo da Ottaviano scelse il suicidio. Una morte, si tramanda, causata dal morso di un aspide,
animale divino secondo la tradizione egizia. Giovanni Gentili curatore
della mostra Cleopatra Roma e l’incantesimo dell’Egitto (fino al 2 febbraio, catalogo Skira) ha trasformato le sale scure e ovattate del Chiostro in un prezioso scrigno di immagini di un Egitto esotico e seducente. Bassorilievi, statue, papiri iscritti e mosaici, molti dei quali ritrovati nelle ville patrizie vesuviane e romane, mostrano vivaci scene di gare acrobatiche sulle rive del Nilo,
tuffatori atletici che sfidano i coccodrilli e poi statue di divinità egizie, sfingi e ritratti di Cleopatra come Iside, in un tripudio di alabastri,
marmi, oro e gemme. Si racconta
che Cleopatra si fosse mostrata per
la prima volta ad Antonio solo vestita di gioielli sulla prua di una imbarcazione dalle vele rosse. Certo è che
la regina amava lo stile e l’eleganza
orientale come si evince dalla vera e
propria egittomania che la sua presenza a Roma (nel ’46 a.C. quando
era ospite di Cesare a Trastevere)
scatenò fra le matrone romane assai diverse dalla colta e carismatica
Cleopatra. Figlia del re Tolomeo XII
Aulete (“il flautista”) aveva ricevuto
una raffinata educazione greca, parlava otto lingue, e aveva una notevole statura politica. Ma come ricostruisce bene questa mostra romana, Ottaviano lavorò per infangarne la memoria e attaccarne l’identità femminile e l’immagine pubblica.
La storiografia augustea denigrò le
sue capacità diplomatiche e politiche, rappresentandola con tratti virili e dipingendola come oltremodo
lussuriosa (per questo Dante la immaginò all’inferno). Uno stravolgimento che ben presto diventò vera
e propria damnatio memoriae.
CINEMA di Morando Morandini
Il mondo
di Adele
P
alma d’oro a Cannes 2013 da
una giuria guidata da Steven
Spielberg. La vita di Adele - capitoli 1 e 2 - è un film complicato che
dura tre ore abbondanti. Ispirato al
graphic novel (romanzo a fumetti)
Il blu è un colore caldo di Julie Maroh (tradotto anche in italiano), è
ambientato a Lille, città media del
nord della Francia. Il film di Abdellatif Kechiche (Tunisi 1960) è anzitutto una storia d’amore e di sesso
tra due giovani donne: la bionda Lea
Seydoux (1985) che fa Adele e Adèle Exarchopoulos (Emma nel film)
che nel capitolo 1 ha i capelli tinti
di blu, e nel capitolo 2 (ri)diventa
bionda naturale. Quando cammina
per le strade di Lille, e ci cammina
molto, i capelli della Seydoux le cadono spesso sul volto.
È quasi un suo vezzo. Non è bella,
ma dirla carina sarebbe improprio.
È un’attrice brava e intensa. La fotografia di Sofian El Fani - e ovviamente il regista - la privilegia con
la sua mobilità, sottolineandone la
giovinezza e la ricerca di un’identità sessuale. Poiché Emma va spesso
a prenderla all’uscita della scuola, e
le due si appartano, le amiche gelose e pettegole cominciano a tormentarla: Ma che hai? Sei diventata lesbica? Ha una cultura provinciale e una
mentalità piccolo borghese. Ama
la letteratura, ma preferisce leggere i testi da sola, le lezioni dei prof
le spengono le emozioni. Va d’accor-
2 novembre 2013
left
cultura
left.it
LIBRI di Filippo La Porta
Contro l’obbligo di ironia
S
Alcune scene dal film La vita di Adele
do con mamma e papà che le cucina
piatti di spaghetti al ragù (è uno dei
tanti temi che si ripetono, diventando un leit motiv). Ha anche un amico
gay con cui s’intende e un coetaneo
che la tampina, ma con lui sta bene,
probabilmente perché ancora non
ha capito che cosa la faccia stare bene. Ama ballare e si scatena nei cortei studenteschi di protesta. Quella delle amiche è, in fondo, una forma di controllo sociale. Emma studia Belle arti, la sua è una famiglia
di condizioni e aperture mentali superiori. A quattordici anni ha già fatto la sua scelta, riconoscendosi lesbica. Incontra casualmente Adele con cui avvia una relazione semiclandestina. Qui avvengono due salti temporali nell’azione. Nel capitolo 2, qualche tempo dopo, le due vivono insieme. Adele fa quel che desiderava, la maestra d’asilo con i bambini che adora. Cucina e lava i piatti in cucina e va a letto con un collega che la corteggia. Emma - che ha
già avviato un flirt con un’altra donna - scopre il tradimento, le fa una
scenata e la scaccia. Quando, dopo
un altro salto temporale, le due si rivedono si attraggono ancora disperatamente, ma è troppo tardi, tutto
è cambiato e perduto. In Venere nera (2010), il suo film precedente, Kechiche racconta una storia realmente accaduta nel Sudafrica del primo
Ottocento, e lo fa benissimo. Come
dimostra quel che scrive sul Domenicale del Sole-24 ore, Goffredo Fofi è un suo ammiratore. Lo tiene come il migliore regista francese d’oggi; non rinuncia alla sua parte di Arabia, e ne fa la chiave di lettura, fortemente critica per le sue storie francesi, europee.
left 2 novembre 2013
uggerisco di usare David Foster Wallace per lanciare
una campagna nazionale contro l’abuso di ironia che
si fa in Italia. Nel libro che raccoglie interviste e conversazioni pubblicato da Minimum Fax- Un antidoto contro la solitudine - così lo scrittore risponde: «L’ironia e il cinismo erano
esattamente la reazione che ci voleva all’ipocrisia americana degli anni 50 e 60... il sarcasmo, la parodia, il ricorso all’assurdo sono ottimi modi per strappare le maschere e mostrare la realtà sgradevole che c’è sotto... ma a quel punto che si fa?». E continua:
«L’ironia e il cinismo postmoderni diventano fini a se stessi... l’ironia si è trasformata da strumento di liberazione in uno strumento di schiavitù». Guardiamoci intorno. Cosa c’è di più ironico e trasgressivo di certi spot? Certo, occorre distinguere tra riduzione maligna dell’intera realtà e dissacrazione dell’ipocrisia al potere. Ma il punto è che oggi l’ironia è diventata una coazione e un
obbligo sociale, l’invito ossessivo a non prendere mai niente sul serio, a livellare tutto. Chiunque può alzarsi a dire cose volgari, offensive, tanto dopo potrà sempre dire: “Guardate che ero ironico!”.E, spiace dirlo, questo atteggiamento programmaticamente “leggero” e omologante (bisogna mostrarsi ex
tralight) riguarda anche certa cultura di sinistra, dalla trasmissione “Blob” al
sorriso sempre-uguale di Fabio Fazio di fronte a qualsiasi ospite. Foster Wallace prende anche le distanze da uno scrittore-cult come Easton Ellis perché
non fa altro che riprodurre il mondo contemporaneo - stupido, superficiale,
emotivamente ritardato - con personaggi stupidi, superficiali, emotivamente
ritardati. Eppure ciò che definisce un’opera d’arte è proprio «la capacità di individuare e rivitalizzare gli elementi di umanità e magia». Ed è singolare che
queste cose non ce le dice uno scrittore nobilmente antiquato ma appunto Foster Wallace, che meglio di chiunque altro ha saputo tradurre in uno stile e in
una struttura narrativa la nostra esperienza contemporanea, così «dislocata,
frammentaria, ingarbugliata, disturbata». Non che la letteratura debba essere
edificante, ma oltre alla diagnosi sulla inabitabilità del mondo occorre «mettere in luce la possibilità di viverci dentro da veri esseri umani».
SCAFFALE
CAMUS
DEVE MORIRE
di Giovanni Catelli,
Nutrimenti
159 pagine,
13 euro
L’opposizione di Camus all’intervento dell’Urss in Ungheria
fu netta. E il Kbg non lo perdeva di vista. Ora emergono documenti inediti sulla morte dello scrittore francese nel ’60.
Fu davvero un incidente? Catelli riapre il caso con questo
libro. E il 7 novembre si parla di Camus alla Biblioteca del
Senato, fra i relatori lo scrittore Emanuele Santi.
BELLA
DI GIORNO
di Joseph Kessel,
Edizioni e/o,
164 pagine,
14 euro
Grazie alla nuova collana “Intramontabili” delle edizioni e/o
torna in libreria un classico che ebbe una straordinaria
traduzione cinematografica firmata da Luis Bunuel, con
Deneuve protagonista. Dal libro emerge un acuto e drammatico ritratto di una signora borghese del tutto frigida.
Che in cerca di uno straccio di emozione, si prostituisce.
L’AMOROSA
FIGURA
di Roberto Piumini,
Skira,
74 pagine,
12 euro
Con lo stile terso e icastico che lo contraddistingue, lo
scrittore Piumini racconta la vicenda del grande pittore
Filippo Lippi, protagonista dell’officina pratese nel Rinascimento, ma anche passato alla storia per il rapimento di
una giovane e bellissima suora. Lui stesso era frate. Ma la
passione vinse sulla dottrina. E anche l’arte ne guadagnò.
59
bazar
cultura
left.it
TENDENZE di Sara Fanelli
Leggere contro la crisi
Eco
moda
“L
A
EDITORIA
a grande mutazione” è il titolo dell’edizione 2013 del Salone dell’editoria sociale. Dal 31 ottbre al 3 novembre a Porta Futuro (in
via Galvani 108), in zona Testaccio
a Roma si discute di crisi economica cercando di individuarne le cause
che - come scrivono gli organizzatori
- «per quanto abbia cominciato a farsi sentire dal 2007 affonda le sue radici
in un trentennio di politiche neoliberiste che hanno cambiato la politica,
la società , i modelli produttivi, i consumi, gli stili di vita di milioni di persone». Un tema vastissimo e di stringente attualità, dunque, che le Edizioni dell’Asino, la rivista Lo Straniero,
l’agenzia giornalistica Redattore sociale e gli altri organizzatori della kermesse si sono dati il compito di svolgere in una quattro giorni densa di appuntamenti. Al Salone dell’editoria sociale saranno presenti 130 ospiti italiani e stranieri, 22 stand, 40 editori e organizzazioni del volontariato e del terzo settore, più di 40 incontri tra tavole
rotonde, dibattiti, presentazioni di libri, musica e video. Tema forte è l’economia e gli effetti che produce sulla
società. Con Giorgio Airaudo, deputaUno stand al Salone dell’editoria sociale
to di Sel e con alle spalle lunghi anni di
lavoro come sindacalista Fiom Cgil, si
parlerà in modo particolare di crisi di
disoccupazione e problemi del lavoro,
tema che l’ex sindacalista ha affrontato di recente anche in un libro La solitudine del lavoratore edito da Einaudi. Con Stefano Rodotà, invece, si
parla di Costituzione e di beni comuni. Mentre il tema diritti umani sarà affrontato dal ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge con Luigi Manconi
presidente della commissione del Senato per i Diritti umani. E ancora, fra i
protagonisti, l’economista Giulio Marcon, il giurista Luigi Ferrajoli e lo storico Guido Crainz. Ci sarà anche lo storico dell’arte Tomaso Montanari per
presentare il suo Le pietre e il popolo (Minimum fax) con Goffredo Fofi e
Vittorio Giacopini. Da non perdere anche il dialogo su “Letteratura e denaro” tra il critico Alfonso Berardinelli e
lo scrittore Walter Siti, premio Strega
2013 con Resistere non serve a niente.
Mentre il regista Andrea Segre presenta il film-documentario Indebito viaggio musicale di Vinicio Capossela nella crisi greca. Il programma completo
su: www.editoriasociale.info
ssociate moda, cuore, amore a carcere. Mescolate, lana,
seta, cachemire, cotone, lino, bambù, canapa, ginestra, ortica, cotone bio, lana organica. Nelle carceri d’Italia, si fa moda etica, creativa, ecosostenibile. Gli operai de
“Lacasadipinocchio”, costola della Casa circondariale di Torino, lavorano con materiali che vengono
buttati o dimenticati. Cangiari, nato dal Consorzio sociale Goel, lavora con i beni confiscati alla mafia, A Lecce, l’Officina creativa, ha
dato vita alla linea “Made in carcere”, che produce borse e accessori. Mentre Sartoria di San Vittore,
con la Cooperativa sociale Alice,
produce costumi teatrali, abbigliamento, tessitura e gadget.
[email protected]
IMPERIA
Dieta mediterranea
Torna a Imperia il Forum dieta mediterranea,
dal 14 al 16 novembre. L’edizione 2013 sarà
dedicata alla valorizzazione del pescato mediterraneo e ai mestieri e luoghi del cibo.«La
dieta mediterranea è patrimonio immateriale dell’umanità», commenta il presidente
di Recomed Enrico Lupi. «Rappresenta una
possibilità unica per generare ricchezza nel
mondo rurale, alimentare e produttivo. E il riconoscimento Unesco può stimolare la trasmissione della conoscenza».
60
VERONA
Non solo Monet
Continua il percorso di esplorazione dell’impressionismo e post impressionismo avviato
anni fa da Goldin. E in Palazzo della Gran Guardia, con la mostra Verso Monet fino al 9 febbraio
2014 si possono vedere capolavori di Van Gogh,
come questo campo di grano del 1889. E poi tele di Turner, Cézanne e ovviamente di Monet.
2 novembre 2013
left
cultura
left.it
MUSICA di Federico Sisti
di Bebo Storti
Arcade Fire nipotini di Bowie
E
ra il 2004 quando a
Montreal intorno alla giovane coppia Win Butler - Régine Chassagne prese forma una inaspettata band come gli Arcade fire. Il loro album di debutto Funeral segnò un punto
di svolta sulla scena canadese, poi lavori come Neon
Bible (2006) e The Suburbs (2010) fecero del gruppo
una delle realtà più accattivanti della scena nordamericana. Un misto di pop danzabile ed elegante, testi intelligenti e vaghi echi da David Bowie hanno fatto di loro una band di culto. E questo loro nuovo doppio album, Reflektor ne riconferma il talento. Con qualche
elemento di maturità in più.
Del resto gli Arcade fire si
avviano a festeggiare il loro decennale e nel frattempo molte cose sono cambiate. Alcuni componenti
della band se ne sono andati. E altri sono arrivati. E il
modo di comporre i brani a
poco a poco si è modificato
anche sotto la spinta creativa del multistrumentista Richard Reed Parry e del bassista Tim Kingsbury. Ora,
però, tutti li aspettavano al
varco. E Reflektor non delude, fondendo sapientemente un sound in stile Studio
54, preziosi prestiti dai Talking Heads, con un pizzico
di ska. Mentre Régine Chassagne, in modo personale,
fa tornare alla mente Blondie, sexy regina del glam
rock inizi anni Ottanta. Un
mix che la band di Montreal va distillando da anni. E
che ci appare sempre più
convincente. Forse resterà
delusa quella parte del pubblico che si attendeva l’annunciato cambiamento radicale degli Arcade Fire di
cui si vociferava da tempo
nell’ambiente discografico,
con giornalisti che già mesi fa si lanciavano in spericolati confronti con gli U2
di Achtung baby, un album
che certamente segnò uno
spartiacque nella carriera della band di Bono Vox
e compagni. Reflektor, invece, è un lavoro che, a nostro avviso, si inserisce perfettamente nella storia della band, senza salti, né soluzione di continuità rispetto
al passato. Ma non significa affatto che gli Arcade fire si siano messi le pantofole e la vivace base ritmica dell’album, con accenti
etnici, creoli e haitiani, ne
è una prova macroscopica.
MILANO
LAGO D’ORTA
MONCALIERI (TO)
Seicento lombardo
A tutto jazz
La mostra Seicento lombardo a
Brera Capolavori e riscoperte accende i riflettori su un gruppo di significative opere lombarde del XVII
secolo, restaurate e sottratte all’attuale percorso espositivo. Fino al
12 gennaio. Catalogo Skira. In foto
un quadro del Procaccini.
Dal primo novembre al 17 novembre torna Moncalieri Jazz che
quest’anno compie 16 anni, con
ospiti scoppiettanti come i Funk
Off, e poi The Cuban Tropical
Swing Orchestra, il quartetto Volcan e molti altri. Molte le star attese, fra le quali Joe Lovanio.
left 2 novembre 2013
Acqua ad arte
Fino al 12 gennaio 2014 al Museo Tornielli di Ameno (Lago d’Orta) è aperta la mostra Dove non si
tocca. Una collettiva di arte contemporanea sul tema dell’acqua, curata da Gabi Scardi. In foto
un’opera di Isola e Norzi.
In fondo.
A MUSO DURO
Ma allora! Lo sapete che avete
rotto i coglioni?
Ma che vuoi!? Noi stiamo manifestando per la nostra terra!!
Me ne frega a me del tunnel del
treno! Cazzi vostri...
Anche tuoi che fra 10 anni ti
scavano sotto il culo e ti ritrovi i
polmoni impestati di merda e le
leucemie per l’uranio.
Ripeto, cazzi vostri. Dovete spostarvi che devo passare col Suv.
Sennò vi passo sopra!
Col Suv di tua madre! Se
non ascolti la mia amica devi
ascoltare me. Prepotente! Che
c’ho il bastone e te lo faccio
nuovo il Suv!
Siete violenti! Ecco cosa avete.
Che urlate e non volete andare
a lavorare!
Veramente qua lavorano tutti! E
siamo qui e oggi non ci pagano!
Invece quella che ti mantiene il
Suv lavora oggi?
Ma vaffanculo!
Sai dire solo vaffanculo. Noi abbiamo la nostra terra devastata
la salute minacciata e i nostri figli senza futuro e lui dice vafanculo... E l’esercito che sembra
di essere in una terra occupata.
Sì sì certo... loro sono dei santi e vanno in giro coi bastoni e le
molotov a fare i terroristi!
Ma quale terrorista! Che le
molotov le tira chissà chi, e
chissà chi ce l’ha mandato a
tirarle! L’hai votato tu magari
chi ha mandato gli infiltrati e i
provocatori!
Stai calmo! Stai calmino che se
no scendo!
E scendi! Che ti spiego la lezione che c’ho ottant’anni ma col
bastone che ci vado in montagna ti do una ripassata!
Nonno stai calmo, non guardarlo nemmeno.
Sei uno stupido! Ma devi morire anche tu mentre con le ruspe
portano via tutto. Noi la Tav non
la vogliamo.
61
ti riconosco
di Francesca Merloni
Il “bene” parola
Q
uando Stefano comincia a parlare, o a leggere, quando posa il capo sui fogli o ti guarda,
degno di quell’attenzione che viene da altrove e non sai quanto dura né per quanto resterà ancora, lui non c’è già più. È nella sua notte. In quella lo si vede allontanarsi e non si può rincorrere quel dolore, quell’ardore. Solo aspettarlo, con furia e pazientemente. Perché lui poi
torna. Ma quel viaggio ci è ignoto, di quel paesaggio vediamo solo scintille, un riflesso che non
sbiadisce, non se ne va.
E non voglio - o non posso - parlare della poesia di Stefano, sarebbe invadente, la poesia parla
da sé e ognuno ne fa ciò che vuole, ma di quello che c’è prima, e che, dopo, resiste. È sua la frase che scrivo spesso: «Ho vissuto ogni parola che ho scritto». E dice anche «io credo a ogni parola che mi dici». Ecco, per me è così, o non è. Per questo nostro avanzare gemello, ognuno di
suo lato, ma quasi due forme speculari dei versi nel sentire, per il suo passo che pesa sul mondo, gli chiedo la parola da salvare.
Non so. Io ho cominciato a scrivere per salvare le parole dei miei morti. Poi sono arrivate le parole dei miei
vivi, a chiedermi ascolto. E ho tentato di restituirle al
mondo. Probabilmente fallendo, non so. Poi mi sono accorto che le parole che cercavo di salvare contenevano
l’urto continuo con il destino. Il mio piccolo destino nel
destino di tutti. E destino è un luogo pericoloso.
Mi stai dicendo che non esiste parola da salvare?
Sì, non esiste parola che possa davvero salvarsi. Forse è solo il comportamento nei confronti
del “bene” parola che conta.
Infatti. Mi hai detto, una volta, che la vera pratica della poesia è l’ascolto. Oggi penso che “parola” sia il tuo bene.
Sì, la parola è da salvare più che altro da se stessa. Va riconsegnata a una sua inutilità polemica, anzi guerriera, nei confronti del grande mercato, dentro cui oggi tutti, inesorabilmente, esistiamo. Cercare la parola che possa essere pane per continuare a nutrire il luogo dove
l’urto tra realtà e coscienza individuale genera quell’attimo umano, quindi miracoloso, dove
la cosa non è più soltanto il suo evento ma coincide con la sua essenza. Proprio adesso che viviamo nel continuo evento, nella dittatura dell’intrattenimento. È molto difficile e forse solo
per questo bisogna proseguire nel compito “inutile” e nel lavoro “impossibile” della parola poetica, che è sempre anche profetica. L’unica che può sfuggire alla mirabile e feroce ipnosi del
nostro tempo. L’unica che posso consegnare con fiducia ai miei figli. Cosa ne faranno non lo
saprò mai. Ed è giusto così.
Ho vissuto
ogni parola
che ho scritto
[email protected]
Cominciano a cantare le iene ogni giorno che viene
sulle ossa sorvegliate da madri piene di gloria
intorno alla casa che tiene pulita prigioniera scandita
la storia nel sangue che unisce la rabbia caduta
e quella ancora illesa che regge la schiena e pulisce
le tracce dei denti dopo l’urlo in piena e protegge
i compleanni dei figli con le mani di padre
che fumano e preparano la resa
62
Stefano Massari
inedito da Cancellazione del padre
di prossima pubblicazione
2 novembre 2013
left