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15 luglio 2016
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INDICE
ANICA - ANICA CITAZIONI
07/07/2016 Box Office
Il futuro dell'Anica
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07/07/2016 Box Office
EVITARE POLITICHE DI PARTE
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15/07/2016 La Repubblica - Nazionale
Aiuto, ci si è ristretta la commedia ma agli incassi pensa Zalone
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15/07/2016 ItaliaOggi
Campagna per portare gente al cinema anche d'estate
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ANICA - ANICA SCENARIO
15/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Moran Atias «Io, israeliana, interpreto una principessa araba Ho tante fan, stanche
di vivere nella rabbia»
17
15/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Nuovo cinema Paradiso: la scommessa romantica di Salina
19
15/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Versace avrà il volto di Banderas, prime riprese a Milano
20
15/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Locarno tra zombie e Bollywood Huppert e Loach tra i più attesi
21
15/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Gifuni in cerca della felicità:
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15/07/2016 Il Sole 24 Ore
I cinesi di Wanda verso Paramount
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15/07/2016 La Repubblica - Nazionale
Il regista errante Terry Gilliam: "Don Chisciotte? Sono io. Ostinato e romantico"
25
15/07/2016 L'Espresso
Che bella musica il tramonto Siae
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15/07/2016 Il Messaggero - Nazionale
«Io, protagonista nel caso Orlandi»
29
15/07/2016 Il Messaggero - Nazionale
Addio al regista Hector Babenco suo "Il bacio della donna ragno"
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15/07/2016 Il Fatto Quotidiano
Un po ' fiction, un po ' docufilm Ma mai abbastanza Indro
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15/07/2016 Il Tempo - Nazionale
Guerra sulla Siae Anomalia italiana
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ANICA WEB - ANICA WEB
13/07/2016 www.ansa.it 15:30
Nel 2015, meno film, ma più investimenti
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14/07/2016 www.larena.it 02:37
Nel 2015 meno filmma più investimenti
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14/07/2016 www.bresciaoggi.it 02:49
Nel 2015 meno filmma più investimenti
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ANICA - ANICA CITAZIONI
4 articoli
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Fare in fretta
Il futuro dell' Anica
Serve un'aSSociazione Sempre più incluSiva, una "confinduStria" dell'audioviSivo
L'Anica sta attraversando una fase di transizione delicata. Riccardo Tozzi, intervistato in copertina su
questo numero, come aveva annunciato da tempo ha lasciato la presidenza prima della scadenza del suo
secondo mandato. Al suo posto - in attesa di nuove elezioni - opera il vicepresidente vicario Richard Borg.
Inevitabile dire che la prima esigenza che ha l'associazione è quella di fare presto a scegliere la nuova
guida (e i diversi presidenti delle sezioni) per affrontare le numerose sfide che il mercato propone. Tozzi ha
lasciato un'Anica che, in questi anni, è stata protagonista, come dimostra il lavoro fatto d'intesa con il
Mibact per la stesura della nuova legge cinema. Un'associazione che si è riavvicinata all'Apt dei produttori
televisivi e che ha cercato di porsi come punto di riferimento per tutto l'audiovisivo. Questo lavoro non va
sprecato, a partire proprio dai rapporti con le istituzioni in merito all'iter parlamentare che sta seguendo la
legge. C'è poi l'esigenza di capire quale sarà l'Anica del futuro. Le sfide che attendono l'associazione sono
diverse e il settore sta cambiando velocemente. L'industria audiovisiva ruota sempre attorno alla sala
cinematografica, che rimane il luogo in cui un film si valorizza, ma ha un peso sempre maggiore il mondo
televisivo con le serie tv (il prodotto italiano più esportabile all'estero); anche le piattaforme on line si stanno
creando il loro spazio, per ora marginale in termini economici, ma comunque destinato a crescere. Il nuovo
presidente Anica si troverà ad affrontare, nei prossimi anni, tutte queste evoluzioni e a gestire i
cambiamenti che, su tutto il settore, saranno apportati dalla nuova legge cinema una volta approvata
definitivamente. Per cui si devono completare al più presto le procedure per la nuova presidenza (al
momento di andare in stampa, a inizio luglio, i lavori sono ancora in alto mare). A questo punto,
auspichiamo che in Anica non ci sia la solita lotta tra chi vuole un presidente "italiano" e chi, invece, opta
per una figura proveniente dalle major; tra chi vuole un produttore e chi un distributore. Non è questo il
tema; le vecchie divisioni e le vecchie politiche fanno solo male e non portano lontano. Il punto è che
l'assemblea dell'associazione dovrà riuscire a esprimere una presidenza che sappia capire, assecondare e
anche guidare i cambiamenti in corso nell'audiovisivo. Una figura che riesca a dare vita a un'associazione
sempre più inclusiva, in cui finalmente possa entrare anche l'Apt e, perché no?, magari creare finalmente
quella famosa "federazione" con il mondo dell'esercizio unificato. Solo così l'Anica potrà diventare
effettivamente la "confindustria" dell'audiovisivo. Naturalmente, un'associazione di questo tipo ha bisogno di
certezze anche economiche. Ecco che diventa fondamentale il tema dei pagamenti delle quote da parte
degli associati. Il nuovo presidente dovrà porlo con chiarezza perché, senza la correttezza e il sostegno
concreto da parte di tutti gli iscritti, si rischia di mettere a repentaglio la sussistenza stessa dell'Anica. E
questo l'industria italiana non può permetterselo.
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EVITARE POLITICHE DI PARTE
RiccaRdo Tozzi traccia il bilancio della sua presidenza all' anica . i risultati ma anche i problemi irrisolti
Stefano Radice
Riccardo Tozzi, presidenTe anica dal 2011, dopo aver faTTo un "passo di laTo" prima della scadenza del
secondo mandaTo, sTila un bilancio di quesTa esperienza. La linea principale seguita è stata quella di
intraprendere azioni per la crescita di tutto l'audiovisivo, incluso un lavoro di lobbying presso le istituzioni in
occasione della stesura della legge cinema in discussione in Parlamento. Ma ci sono ancora tanti problemi
da risolvere, dalla stagionalità a un dialogo non sempre facile tra produttori, distributori ed esercenti, tutti
arroccati sulle proprie posizioni. a pagina 14 ra che ha fatto un "passo di lato" rispetto alla presidenza Anica
, che ha guidato quasi per due mandati dal 2011, Riccardo tozzi può tracciare un bilancio della sua
presidenza. Indicare i successi ma anche i problemi che non solo l'associazione, ma tutta la filiera ha
saputo risolvere. Ora l'Anica è retta, fino alle prossime elezioni, da Richard Borg, vicepresidente vicario:
«Più di tre mesi fa - ci ha raccontato tozzi - ho avvertito l'esecutivo dell'associazione che andava avviata la
procedura per il mio "passo di lato" rispetto alla presidenza. non volevo il secondo incarico alla guida dell'
Anica; siccome non si trovava un successore, ho deciso di rimanere, avvisando che non avrei portato a
termine il mandato. Alla fine ho mantenuto la carica più di due anni rispetto ai tre previsti. Posso dire che si
è creata una bella intesa con l'esecutivo con cui si è operato efficacemente. una volta consolidato il gruppo
di lavoro, avviata la nuova legge su cinema e audiovisivo, raggiunto l'accordo con Sky per la premiazione
dei David di Donatello e intensificata la collaborazione tra Anica e Apt, ho sentito che il mio lavoro fosse
compiuto e che fosse venuto il momento di farmi da parte. Ora le deleghe operative sono passate al
vicepresidente vicario Richard Borg. da chi è formato l'esecutivo anica? ne fanno parte i due vicepresidenti,
Richard Borg e tilde Corsi; Francesca Cima, presidente della sezione produttori; Andrea Occhipinti,
presidente dei distributori; Ranieri De Cinque, presidente delle industrie tecniche; nicola Maccanico,
amministratore delegato di Anica servizi. Inoltre, siamo stati sempre affiancati dal segretario generale
Stefano Balassone. Abbiamo trasferito tutto l'esecutivo all'interno del consiglio di amministrazione di Anica
Servizi, in modo che l'organo politico coincidesse con quello gestionale. Quali sono i tempi per la nomina
del nuovo presidente? Speriamo brevi, per annunciarne il nome alla Mostra del Cinema di Venezia. Anzi,
mi auguro che si arrivi al festival già con il nuovo presidente. si dice che lei abbia fatto questo passo
indietro per evitare conflitti di interesse dopo la nomina di carlo calenda, figlio di sua moglie cristina
comencini, in qualità di ministro dello sviluppo economico. Ma io avevo annunciato la volontà di fare un
passo indietro prima della nomina di Calenda. Certo, è stata una ragione in più, che mi ha confermato nella
volontà di procedere in questo modo. Intanto avevo già fatto cinque anni da presidente dei produttori, in
una fase in cui in quel ruolo ero, di fatto, un secondo presidente Anica. In sostanza, per circa dieci anni
sono stato impegnato assiduamente ai vertici dell'associazione. In Cattleya, poi, ho la responsabilità
editoriale. Con lo sviluppo delle serie tv il lavoro è cresciuto molto e io non riuscivo più a seguire tutto nel
modo migliore. che bilancio può fare del suo mandato? L'associazione è molto cresciuta e ne sono
contento. negli ultimi due anni abbiamo coinvolto molti produttori nuovi, giovani, di aziende più piccole che
cominciano ora ad affermarsi. Abbiamo cercato di conciliare le diverse anime del nostro mondo, e penso
che ci siamo riusciti. Abbiamo curato molto le industrie tecniche fino a spingere affinché, nella legge su
cinema e audiovisivo in discussione in Parlamento, ci fosse un riferimento a questo settore che svolge un
ruolo fondamentale e che era rimasto molto ai margini perché non sostenuto. Parliamo di aziende che si
occupano di post produzione, effetti speciali, che gestiscono studi. Sono una parte determinante del nostro
mondo. Insieme al presidente De Cinque abbiamo fatto un ottimo lavoro. giunge voce, però, che in anica
non tutti gli associati paghino le quote. È un problema che ha avuto ripercussioni sulla vostra attività? È una
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situazione che ho trovato quando sono arrivato. E la crisi non la ha migliorata. non siamo stati favorevoli a
una politica di espulsione per chi non pagava. Abbiamo seguito una linea di persuasione e di attesa; ci
siamo arrabbiati con chi, pur avendo le possibilità economiche, non pagava ma, con gli altri, siamo stati
attenti cercando di coinvolgerli, anche con politiche tariffarie mirate. Se questa situazione continua o si
aggrava - ma così non mi sembra - bisognerà trovare nuove soluzioni perché il "non pagamento" non può
essere considerato un fatto fisiologico. i risultati principali della sua gestione quali sono stati? Aver seguito
due linee. La prima è stata cercare di lavorare per la crescita di tutto il sistema ed evitare politiche settoriali:
contrapposizioni tra produttori e distributori, tra aziende grandi e di dimensioni medie o piccole, tra
produttori cinematografici e audiovisivi. Vedere questa industria come un'unica entità che ha bisogno di
tutti. Far capire che ogni elemento è fondamentale perché può dare il suo contributo alla crescita del
sistema. questa visione e questo approccio "largo", ha fatto sì che l'Anica abbia potuto esprimere il suo
punto di vista sul sistema audiovisivo nel suo complesso. Come associazione non abbiamo fatto nessuna
battaglia per impedire che venissero presi provvedimenti a favore di tutto il settore. Ci siamo sempre mossi
insieme. Pensiamo che i produttori debbano lavorare su tutti i fronti e seguire le opportunità che
l'evoluzione dell'industria fa intravedere. La seconda strada sulla quale ci siamo mossi è stata quella di
insistere sull'internazionalizzazione delle nostre attività. Quali sono i rapporti con apt? L'Anica è
un'associazione che rappresenta tutta l'industria e che si sta avvicinando in modo importante
all'associazione dei produttori televisivi. Già oggi Anica e Apt si muovono in modo coordinato su molti
problemi. questo, secondo noi e secondo Apt, deve portare a un ulteriore passo avanti. Stiamo creando un
comitato di coordinamento tra le due associazioni, con quattro membri Apt e quattro Anica, per favorire il
dialogo e i rapporti. Speriamo che, alla fine, si arrivi a un soggetto unico. Conto molto che la nuova
presidenza segua questa linea. come sono state le relazioni con anec e anem? Direi buoni. Però non siamo
riusciti a creare un dialogo fra produzione, distribuzione ed esercizio che abbia consentito di vedere quali
sono i problemi del settore, di andare verso una modernizzazione dei rapporti. non ne faccio colpa a
nessuno in particolare, ma siamo tutti responsabili. non è possibile che da vent'anni in Italia si sia intorno ai
100 milioni di presenze. quando, nel 2012, abbiamo raggiunto i 115 milioni, ho pensato che avessimo
svoltato e che si potesse crescere ulteriormente. Invece siamo tornati indietro. quest'anno miglioreremo,
ma non c'è un trend costante verso l'alto. tutta l'industria è penalizzata da questa situazione. cosa manca al
settore per crescere? Siamo riusciti a risolvere i problemi quando li abbiamo studiati nel dettaglio e, sulla
base dei dati raccolti, abbiamo trovato soluzioni efficaci. Invece, il problema della mancata crescita del
nostro settore non lo abbiamo studiato bene. È un difetto del rapporto con le associazioni di esercizio, ma
anche del rapporto tra produttori e distributori. Siamo tutti sulla difensiva, sempre. in che senso? noi
produttori pensiamo sempre che i nostri film non siano sfruttati bene e ce la prendiamo con i distributori e
gli esercenti. I distributori ci accusano perché sostengono che vogliamo far uscire i film sempre nello stesso
periodo dell'anno, cosa per altro vera, e hanno poi motivi storici di conflitto con gli esercenti. Gli esercenti,
da parte loro, si lamentano per la gestione del prodotto sia nei nostri confronti che nei confronti dei
distributori. tutto questo fa parte della dialettica della filiera. quello che non va bene è rimanere tutti sulle
stesse posizioni, non sedersi attorno a un tavolo per trovare una soluzione. strano, però, che ci sia bisogno
ancora di una fase conoscitiva all'interno della filiera. Vero, è un nostro ritardo. un aspetto su cui tutti
abbiamo fallito, Anica e associazioni di esercizio. I problemi sono complessi, sicuramente. Però non ci
siamo confrontati sul piano tecnico per cercare di risolverli senza arroccarci ciascuno sulle proprie
posizioni. i suoi inviti a creare un moderno circuito di sale cittadino è stato spesso accolto con fastidio dagli
esercenti. Se mi spiegano, dati alla mano, che questo mio invito è sbagliato, sono il primo a riconoscerlo.
Ma se vedo solo una levata di scudi, sono portato a pensare di aver ragione. Dall'altra parte gli esercenti ci
accusano di non fare abbastanza film rivolti al pubblico; magari hanno ragione. E dovremo riflettere. E la
distribuzione? È al passo con i tempi? Possibile che con tutti i cambiamenti che ci sono stati nell'industria, i
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film si distribuiscono ancora allo stesso modo? Magari è giusto, ma dobbiamo capirlo dati alla mano,
discutendo tra noi operatori. L'importante è dialogare, come abbiamo fatto per la nuova legge su cinema e
audiovisivo. può essere più preciso? Abbiamo detto alle associazioni di esercizio che se avessero avanzato
richieste che fossero state utili allo sviluppo del comparto, noi le avremmo appoggiate. Infatti, abbiamo fatto
un grande lavoro di lobbying perché la legge prevedesse importanti risorse per i cinema. Ci siamo battuti
tutti insieme perché questo aspetto fosse inserito nel testo. È un tema su cui abbiamo lavorato bene ma,
per tornare a quanto si diceva prima, ci sono altre questioni su cui dobbiamo operare meglio. come per la
stagionalità. si riuscirà a risolvere il problema? Lo considero il primo problema del mercato. noi produttori
siamo peggio dei distributori come freno sulla stagionalità e gli autori fanno ancora più resistenza. I
produttori sono riusciti a convincere gli autori a far uscire a maggio i film presentati al Festival di Cannes:
fino a pochi anni fa non succedeva. Però, se andiamo avanti di questo passo, serviranno anni per arrivare a
una stagionalità piena. Penso che potrebbe essere di aiuto anche un moderno circuito di sale nelle città.
Sulla stagionalità, comunque, dovremo fare un lavoro più sincero, lasciando da parte le opinioni, per
cercare una soluzione comune. quando parliamo di estate, pensiamo a luglio e agosto ma già avere film di
peso ad aprile sarebbe importante. Il periodo di concentrazione dei film italiani si è accorciato tra metà
ottobre e fine marzo; praticamente una stagione natalizia allungata. perché non si riesce a fare questo salto
verso lo sfruttamento completo dell'anno? Il problema è che siamo tutti convinti, compresi i distributori
americani, che i film in estate da noi incassino il 20-30% in meno rispetto alle loro potenzialità. Su questo,
senza lanciarci accuse reciproche, dovremmo metterci a studiare insieme formule per risolvere il problema.
Mentre l'industria della fiction ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, il cinema è rimasto fermo.
passiamo alla legge cinema. Quali gli aspetti virtuosi della norma? Per prima cosa la legge è stata creata
con un lavoro serio di sondaggio di tutte le componenti dell'audiovisivo. Il testo che ne è emerso spinge
molto sulla dimensione internazionale che deve avere la nostra industria e ha recepito l'idea della
valorizzazione della produzione indipendente. L'Italia, nel mondo dei media internazionali, non può
competere, ma sulla produzione dei contenuti non è seconda a nessuno. Quali, invece, i limiti? Mi vergogno
un po' a dirlo ma, per il tipo di obiettivi da raggiungere, questa legge mette a disposizione tante risorse che
non sono, però, sufficienti. Se ci si propone di riformare tutto l'audiovisivo, fare un grosso intervento sulle
sale, favorire l'internazionalizzazione e gli under 35, servirebbero alcune risorse in più anche se quelle
previste, lo ribadisco, sono tante. e l'iter parlamentare? come lo valuta? Mi sembra che stia procedendo
bene. I tempi sono rapidi. Si sta lavorando a una modifica per implementare le risorse per i contributi
selettivi, che io considero giusta. nell'ambito del sostegno selettivo, infatti, rientrano alcuni soggetti che - a
mio avviso - non dovrebbero essere inclusi sotto questa voce. Come la Scuola nazionale di Cinema che è
più un tema da Ministero della Pubblica Istruzione, così come ciò che riguarda il progetto La buona scuola.
C'è poi l'argomento tax credit per le produzioni estere. noi abbiamo sostenuto questo provvedimento con
convinzione perché lo riteniamo molto importante. Ma ci sembra una questione da industria delle
esportazioni più che da legge cinema italiana. Ecco, se riuscissimo a recuperare le risorse previste per tali
argomenti, che ammontano a 20-25 milioni all'anno, avremmo a disposizione contributi aggiuntivi
importanti. Con questo non sto dicendo che non debbano essere investire risorse per la formazione
prevista dalle scuole di cinema, anzi. La formazione è fondamentale. c'è però l'incognita referendum
costituzionale. se il governo cadesse e la legge non fosse stata approvata, si rischierebbe uno stop.
Pensiamo tutti, e ci è stato anche detto, che entro settembre il percorso parlamentare della legge sarà
completato. Poi dovremo aspettare i decreti attuativi, ma non sono un tema di discussione parlamentare.
nel ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, abbiamo trovato un interlocutore forte; senza la volontà
del Governo, non si sarebbero ottenuti questi risultati. a proposito di produttori indipendenti, bisognerà
arrivare a una definizione di questo ruolo. L'Europa ha chiarito cosa si debba intendere per produttore
indipendente: l'unione tende a separare il ruolo dei media da quello della produzione. non nascondo che
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questo ha voluto dire, per noi, interrompere la trattativa con Vivendi dopo l'operazione che il gruppo
francese ha concluso con Mediaset. trattativa ferma, quindi? a noi risulta che i contatti proseguano.
L'accordo per l'ingresso di Vivendi in Cattleya era praticamente chiuso, a parte i dettagli. Ma, dopo
l'operazione portata avanti da loro con Mediaset, era chiaro che non avremmo potuto proseguire. Ci
saranno collaborazioni commerciali sulla produzione ma non ingressi in società. questo è chiaro. Peccato,
perché se ci fossimo integrati in un gruppo europeo che controlla Canal+ e Studiocanal, avremmo avuto un
potenziamento industriale forte. Però l'indicazione europea di separare i produttori indipendenti dai colossi
media è giusta. quindi era inevitabile non andare avanti nella trattativa. come procede il progetto di sky di
creare una distribuzione con l'apporto di importanti società di produzione? Si tratta di un'operazione non
semplice ed è normale che serva tempo per prepararla. Il tema dell'ingresso di un altro player nell'ambito
distributivo è attuale. noi produttori siamo andati bene durante il tanto vituperato duopolio tra Rai e
Mediaset; due soggetti forti, con differenze editoriali, ma non contrapposti come linee. Vero che Medusa ha
prodotto molte commedie ma ha anche puntato sul cinema d'autore. Anzi, la maggior parte di giovani
autori, ma anche di produttori, è partita grazie al supporto di Medusa. E il discorso riguarda anche Cattleya.
Rai Cinema faceva un altro tipo di cinema, senza trascurare quello più popolare. quando, per la crisi
economica generale, Medusa ha ridotto gli investimenti, Rai Cinema si è trovata a dover supportare la gran
parte del cinema italiano. È diventata quasi monopolista, suo malgrado. E soffre questa situazione. quindi,
lo spazio per un terzo soggetto importante di distribuzione, c'è. ma perché non può essere organizzato
direttamente da voi produttori? A tutt'oggi, e non si vede alternativa, è molto difficile avere la sicurezza della
vendita e della valorizzazione dei diritti televisivi. Che è il nodo decisivo per un produttore. quindi, la sponda
Sky è fondamentale come lo sono la sponda Mediaset o Rai. non escludo che questo sistema si trasformi,
favorendo meccanismi di libera vendita dei diritti televisivi, totalmente indipendente, ma ci vorranno anni e
una forte volontà ad andare in questa direzione. Perciò lo spazio per l'operazione attorno a Sky, c'è. Deve
essere vissuta come una normale iniziativa di competizione all'interno del mercato, un'operazione di
sistema che riequilibra il settore distributivo. prima citava l'internazionalizzazione: cosa manca alla nostra
industria per fare un salto in questa direzione? La situazione è diversa tra fiction e cinema. Per la fiction la
strada è tracciata e sta a noi percorrerla. Stiamo vivendo una fase in cui, a livello internazionale, c'è
attenzione per la nostra produzione tv. Si è creato un mercato della fiction molto più aperto di prima; c'è un
pubblico televisivo che, su certi prodotti, è più trasversale tra i vari Paesi. lo spettatore europeo della pay tv
è più internazionale di quello della tv generalista, che è più domestico. La fiction italiana in questo momento
è molto ricercata. Abbiamo una grande opportunità che le società di produzione devono sfruttare. Il
prodotto seriale con appeal mondiale è il risultato di una macchina organizzativa professionale. Abbiamo il
talento per realizzarlo, dai registi agli sceneggiatori e agli artisti. Produciamo fiction che ha grandi
potenzialità sul mercato mondiale. anche le esportazioni delle serie tv lo dimostrano. Sì. non è certo un
lavoro facile ma non si prova la frustrazione che viviamo nell'ambito cinematografico, dove è molto faticoso
capire se si riesce a proporre un film per l'estero e, quando ci si riesce, i film italiani non ottengono mai un
grande risultato. In Cattleya, quando iniziamo a parlare di una serie tv, l'entusiasmo è immediato; quando si
progetta un film, si è tutti molto più "frenati". Il cinema ha una difficoltà maggiore ad essere esportato
perché è rimasto più nazionale. Ma non solo in Italia, anche negli altri Paesi europei o in Cina e Corea. In
ogni Paese, tolti i film americani, il pubblico punta ai film nazionali; il cinema soffre perché non ha un
pubblico internazionalizzato. Solo la cinematografia francese circola. oltre a quella francese, anche la
cinematografia spagnola viaggia molto. Certo, è aiutata da una lingua che si parla in un terzo del mondo; i
suoi film sono più esportabili. La Francia può contare su un cinema che è supportato da una grandissima
politica di sostegno e che ha investito nella commedia borghese che in altri Paesi, compresa l'Italia, non si
produce, a parte il caso del grande successo di Perfetti sconosciuti . Da noi si fa soprattutto commedia
popolare. il successo del film di paolo genovese è stato anche internazionale. questo ci dimostra che, sul
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terreno della commedia borghese, possiamo competere. noto che tutti, inoltre, anche in ambito
cinematografico, hanno capito l'importanza del film di genere. Cattleya lavora da anni su questi prodotti con
film quali Romanzo criminale, A.C.A.B., Educazione siberiana, Suburra. In Italia sono stati prodotti tanti film
crime, thriller o horror; siamo stati maestri di questo tipo di cinema nel mondo. Poi abbiamo smesso di
produrli e ora siamo in ritardo. Ma dobbiamo riprendere perché "il film di genere" è esportabile per
definizione. un esempio interessante è stato Lo chiamavano Jeeg Robot . Aggiungo anche che, dal punto
di vista della stagionalità, un film di genere avrei meno paura a farlo uscire d'estate. La commedia, invece,
è più rischiosa perché ha bisogno del grande pubblico, anche degli adulti, più restii ad andare al cinema
perché più abitudinari. I ragazzi, invece, se si propone qualcosa di loro interesse, è più semplice
coinvolgerli. su cosa state lavorando in cattleya? Siamo concentrati sulla commedia popolare che ci ha dato
molte soddisfazioni: negli ultimi anni abbiamo vinto cinque o sei biglietti d'oro. Stiamo lavorando con Luca
Miniero per Non c'è più religione e con Alessandro Siani per Mister Felicità . Qualcosa di nuovo , il film di
Cristina Comencini, è una commedia quasi comica con Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti; stiamo
preparando un film di Daniele Luchetti, sempre di questo genere. È in produzione il film The Jackal-Addio
fottuti musi verdi di Francesco Capalbo, che ci piace molto. Continuiamo anche con il progetto Cattleya
Lab: dopo Troppo napoletano di Gianluca Ansanelli, ci spostiamo in Sicilia con un film che ha per
protagonista la coppia di comici palermitani I soldi spicci. e per quanto riguarda le serie tv? A ottobre
iniziamo Suburra e Gomorra 3 ; in questo momento stiamo girando Tutto può succedere . Poi cominceremo
000 dal libro di Saviano e l'anno prossimo sarà la volta di Django , un vero spaghetti western con
l'inserimento di diversi riferimenti alla modernità: immigrati, omofobia, sfruttamento, ruolo delle donne.
nell'autunno del 2017 partiremo con Diabolik ; in programma abbiamo anche Suspiria De Profundis . Fatto
100 il nostro investimento tra cinema e tv, prima il 60% delle risorse era dedicato al cinema. Ora siamo a un
sostanziale equilibrio tra cinema e serie ma, nei prossimi anni, la quota tv crescerà, non perché
diminuiremo i film ma perché aumenterà la produzione televisiva. Mediamente all'anno investiamo circa 70
milioni di euro, inclusa anche la produzione di spot.
«Il ddl cinema spinge molto sulla dimENsioNE iNtErNazioNalE che deve avere la nostra industria e ha
recepito l'idea della valorizzazione della prodUzioNE iNdipENdENtE »in Qualcosa di nuovo cristina
comencini dirige micaela ramazzotti e paola cortellesi. il film è tratto dalla commedia teatrale la scena
sempre della stessa comencini
riccardo Tozzi ha iniziato la sua carriera in sacis (rAi) dove ha curato la coproduzione e vendita
internazionale di numerosi film. Dall'86 dirige la produzione seriale in Mediaset e nel 1997 fonda cattleya di
cui coordina i settori, seguendo personalmente lo sviluppo di ogni progetto. con cattleya ha prodotto più di
sessanta film, fra cui Romanzo criminale di Michele Placido, La bestia nel cuore di cristina comencini, Mio
fratello è figlio unico di Daniele luchetti, Benvenuti al Sud di luca Miniero, Educazione siberiana di Gabriele
salvatores, Si accettano miracoli di Alessandro siani, Suburra di stefano sollima, e serie tv di respiro
internazionale come Romanzo criminale e Gomorra - La serie . Nel 2011 è stato nominato presidente Anica
, carica che ha lasciato di recente. È anche vicepresidente di confindustria cultura italia. carta d'identitÀNon
c'è più religione è il nuoVo Film di luca miniero , con alessandro gassmann e claudio bisio. con cattleya
miniero ha realizzato: Benvenuti al Sud , Benvenuti al Nord , La scuola più bella del mondo e Un boss in
salotto Film di genere Suburra di stefano sollima è uno dei al centro dell'attività produttiva di cattleya
Una volta coNsolidato il gruppo di lavoro, avviata la nuova legge su cinema e audiovisivo,
raggiUNto l'accordo con Sky per la premiazione dei David di Donatello e iNtENsificata la
collaborazione tra Anica e Apt, ho sentito che il mio lavoro fosse compiuto»
gli iNvEstimENti di cattlEya
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07/07/2016
Pag. 3 N.14/15 - 30 LUGLIO 2016
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ANICA - ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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per mIlIonI DI euro all'anno cInema, FIctIon e spot
Foto: a lato - una seduta alla camera. in parlamento è in discussione la nuova legge cinema e audiovisivo
favorevolmente accolta da tozzi. sotto - riccardo tozzi insieme a richard borg, il vicepresidente vicario che lo
ha sostituito alla guida dell'anica in attesa della nomina del nuovo presidente riccardo tozzi ha da poco
lasciato la presidenza anica. in questa intervista traccia un bilancio del suo mandato alla guida
dell'associazione, parla della nuova legge cinema e dei piani di cattleya
15/07/2016
Pag. 41
diffusione:234691
tiratura:339543
Aiuto, ci si è ristretta la commedia ma agli incassi pensa Zalone
Da notare il sostanziale disinteresse della televisione La Rai ha programmato in prima serata solo 33 film
italiani Si rivela sempre più importante il finanziamento basato sulle agevolazioni fiscali previste dal tax
credit
EMILIANO MORREALE
ROMA COME ogni anno, l'Anica, in collaborazione con il Mibact, ha presentato un'analisi dello stato
economico del cinema italiano: grafici, cifre, insomma una fotografia, che può essere piegata a diverse
interpretazioni ma che ha alcuni dati indiscutibili. Si tratta di un'immagine "in corsa", potremmo dire, ferma
al 31 dicembre 2015, e quindi un attimo prima di un cambiamento significativo. Se non fossero arrivati gli
incassi di Zalone e di Perfetti sconosciuti, questo non sarebbe stato un grande anno per il cinema italiano.
Fino al 31 dicembre, la situazione era tutt'altro che rosea. Tanto che a un certo punto c'è un'aggiunta sul
primo trimestre del 2016 che mostra una crescita incredibile della quota italiana di mercato.
Una fetta che però ha appunto un nome e un cognome: Luca Medici, alias Checco Zalone.
Il cinema italiano, dal punto di vista dei finanziamenti pubblici e degli incassi, è sostanzialmente in linea
con l'anno precedente. Sempre più importanza ha il finanziamento basato sul tax credit, sia pubblico che
privato, sotto forma di agevolazioni fiscali. Un finanziamento, va precisato, non alla qualità dei progetti ma
alla produzione in genere, che si somma a un altro finanziamento automatico, ossia i contributi percentuali
sugli incassi (a seconda di quanto ha incassato, ogni film riceve proporzionalmente i soldi del ministero). Da
questo punto di vista, il finanziamento diretto ai film di interesse culturale costituisce una quota molto
secondaria: 65 film, per un importo medio intorno ai 330 mila euro, e ai 160 mila per le opere prime e
seconde. A saper leggere tra le righe del rapporto, poi, appaiono alcune zone d'ombra. La quota di mercato
del cinema italiano (a parte, come detto, l'exploit di Zalone) è ancora molto limitata (nel 2015 è stata il 20%,
record negativo degli ultimi 10 anni), e soprattutto si è impoverita la fascia di incassi "medi", quelli intorno a
4-5 milioni, che costituivano una decina d'anni fa l'elemento di punta. Gli unici due film non comici nella top
ten degli incassi erano Youth di Sorrentino e Suburra di Sollima; ma nel frattempo le commedie, che si
situano sempre ai primi posti, hanno reso molto meno che negli anni precedenti. E se è vero che in Italia si
producono ben 182 titoli - comprendendo anche i film, per lo più piccolissimi, che non hanno chiesto la
nazionalità italiana: una ventina in meno dell'anno scorso - va aggiunto che la gran parte di essi sono
invisibili, rimanendo ben al di sotto dei 100 mila euro d'incasso. Insomma, l'impressione è di un cinema
polarizzato tra una produzione d'autore che riesce sempre meno a trovare spazio presso un pubblico anche
solo ragionevolmente ampio, e pochi film comici che costituiscono i veri incassi dell'anno (nel 2015, in
realtà, uno solo: Si accettano miracoli di Siani). Anche da un punto di vista produttivo, oltre la metà dei film
italiani sono sostanzialmente a basso budget (sotto il milione di euro). Da un punto di vista estetico,
semmai, nasce il sospetto che la fascia media sia oggi costituita non dal cinema, ma da una nuova
generazione di serie televisive. Le quali però, a differenza di quanto accadeva per la produzione degli anni
2000 (Ozpetek, Comencini, Castellitto, ecc.) non giocano su un registro intimista-melodrammatico, ma sul
recupero di generi, il crime in particolare. Sono forse questi i pochi titoli in grado di interessare un pubblico
medio-colto, per il resto sempre meno attento al cinema italiano.
Un ulteriore elemento critico è il sostanziale disinteresse della televisione pubblica per il cinema recente di
casa nostra, che non ha una sponda sulle reti generaliste (specie pubbliche): la Rai ha programmato in
prima serata 33 film italiani, e poco più della metà erano prodotti negli ultimi 5 anni. Il cinema italiano in tv è
anzitutto ancora quello degli anni 50-60-70, la fascia quella tra le 23 e le 7 del mattino. Osiamo immaginare
che la massima concentrazione sia in estate. Insomma, i film italiani sono considerati per lo più dei
ANICA - ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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R2 SPETTACOLI Cinema italiano I numeri. L' Anica e il Mibact presentano il rapporto per il 2015 e per i
primi mesi del 2016 Oltre 180 film prodotti ma la gran parte resta invisibile, hanno introiti inferiori ai
centomila euro Sorrentino e Sollima reggono al botteghino. "Perfetti sconosciuti" exploit in controtendenza
15/07/2016
Pag. 41
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ANICA - ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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tappabuchi di scarso pregio.
LE CIFRE
20%
È la quota di mercato conquistata dai film prodotti nel nostro paese nel 2015
182
È il totale delle produzioni made in Italy uscite in sala nello scorso anno
www.cinema.beniculturali.it/convegni/DQ/67/pubblicazioni PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: QUO VADO? Il film di Gennaro Nunziante con Checco Zalone, in sala dal 1° gennaio 2016, ha
incassato 65.317.603 euro
Foto: NON ESSERE CATTIVO In sala dall'8 settembre 2015, il film di Claudio Caligari ha incassato
751.783 euro con 129 mila presenze
Foto: YOUTH-LA GIOVINEZZA Uscito il 20 maggio 2015, il film del premio Oscar Paolo Sorrentino ha
incassato 6.492.802 euro
Foto: LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT Il film di Gabriele Mainetti con Claudio Santamaria, uscito il 25
febbraio, ha incassato 4.885.282 euro
15/07/2016
Pag. 1
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Campagna per portare gente al cinema anche d'estate
CLAUDIO PLAZZOTTA
Plazzotta a pag. 19 Campagna per portare gente al cinema anche d'estate In Italia il cinema in sala vive
sempre il suo buco nero da aprile ad agosto, con gli spettatori in fuga. Un andamento che rappresenta
un'eccezione in Europa. Perché anche la Spagna, che per ragioni climatiche si potrebbe paragonare
all'Italia, ha comunque i tre mesi estivi che pesano per il 27% sul totale presenze annue al cinema, contro
l'11% della Penisola (addirittura il 6% fi no a pochi anni fa). E per questo Giuseppe Corrado, amministratore
delegato del circuito The Space cinema, dall'alto dei suoi 36 multiplex, 359 schermi, 20 milioni di spettatori
all'anno e ricavi che nel 2016 dovrebbero arrivare a quota 190 milioni di euro, si fa promotore di iniziative, in
sede Anica (Associazione nazionale industrie cinematografi che audiovisive multimediali) per rivitalizzare
giugno, luglio e agosto: «Nel 1975 il mercato italiano del cinema valeva 750 milioni di presenze in un anno,
e le sale erano chiuse in estate. Ora, invece, vale solo circa 100 milioni di presenze annue, e mai come
adesso è necessario rivitalizzare quei tre mesi. Non bastano soluzioni semplici tipo: riduciamo il prezzo del
biglietto, oppure mettiamo più film di livello in estate. Bisogna cambiare le abitudini degli italiani, e non è
facile, per recuperare 20-30 milioni di presenze. Io propongo di commissionare, in sede Anica, una ricerca
che indaghi in profondità sulle abitudini degli italiani e sui motivi per cui non vanno al cinema in certi mesi. E
poi di creare un fondo, insieme con i distributori, per fare iniziative e campagne di comunicazione e di
promozione, coinvolgendo pure il ministero dei beni e delle attività culturali. Un vero dramma del cinema
italiano», prosegue Corrado, «è anche l'eccessiva concentrazione di titoli tra settembre e dicembre, con 5-6
fi lm nuovi a settimana che quindi non possono dispiegare completamente tutto il loro potenziale. In quei
periodi escono anche 5-6 commedie italiane molto simili, con gli stessi attori. Non è un caso che da due
anni a questa parte, tolto Zalone, la media box offi ce delle commedie italiane sia calata a 2 milioni di euro.
Le faccio un esempio: il prossimo autunno ci sono tre fi lm con Edoardo Leo: ha un senso?». Più in
generale, invece, il sistema delle sale italiane deve migliorare la marginalità della gestione: «Se il prezzo
medio del biglietto era sei euro tre anni fa ed è sei euro anche oggi, qualcosa non va, poiché i costi, nel
frattempo, sono lievitati. Il circuito The Space», prosegue Corrado, «è a 6,80 euro medi per il solo biglietto,
e a 9 euro totali comprese le spese medie per altri servizi. La pubblicità, invece, vale circa 15-20 centesimi
di ricavi per ogni persona. È calata molto, e una volta valeva 50 centesimi». Per Corrado, insomma, anche
l'Italia deve sposare senza polemiche la causa dei prezzi «differenziatissimi, come già accade in Gran
Bretagna, in base al periodo dell'anno, al giorno della settimana, all'ora in cui si va al cinema, in base al
titolo o alla fi la in cui ci si siede, o al tipo di sala e ai servizi che offre. Con politiche tariffarie, quindi, del
tutto simili a quelle degli alberghi o delle linee aeree». Per fare alcuni esempi, in Germania il prezzo medio
del biglietto è di 9,20 euro, cui aggiungere una spesa media procapite di 3,50 euro. In Gran Bretagna il
prezzo medio del biglietto è 14 sterline (16,4 euro), cui sommare una spesa pro capite di 3,6 sterline (4,22
euro). In Italia, invece, il prezzo medio del biglietto è di 6 euro, cui aggiungere 1,80-2 euro di spesa media
pro capite. The Space cinema, controllato dal gruppo inglese Vue entertainment, ha terminato il 2015 con
170 mln di ricavi (+10% sul 2014) e un ebitda di 17 mln (+40%): «Nel 2016 puntiamo a chiudere a 190 mln
di ricavi, con ebitda in crescita ancora del 40%. La raccolta pubblicitaria, affidata a Prs, va meglio: nel 2015
abbiamo chiuso a quota 2,5 mln, pensiamo di salire a 3,5 mln nel 2016. Anche le iniziative Extra vanno
bene: e dopo i 10 mln di ricavi nel 2015, cresceremo a 14 mln nel 2016». Non ci sono, invece, nuove
aperture in vista: «Siamo già in tutte le regioni, ora dobbiamo consolidare le varie location. Ci sono trequattro progetti di aperture», conclude Corrado, «ma se ne parlerà tra qualche anno». La catena di
multiplex ha in mano circa il 40% del mercato italiano insieme con Uci cinemas, network di Odeon & Uci
cinemas che, a livello mondiale, è appena passato sotto il controllo degli americani di Amc Theatres, che lo
ANICA - ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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THE SPACE CINEMA
15/07/2016
Pag. 1
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tiratura:76141
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hanno comprato dal fondo di private equity Terra Firma per 1,07 miliardi di euro. © Riproduzione riservata
Foto: Giuseppe Corrado
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ANICA - ANICA SCENARIO
12 articoli
15/07/2016
Pag. 29
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Moran Atias «Io, israeliana, interpreto una principessa araba Ho tante
fan, stanche di vivere nella rabbia»
Paolo Conti
«I miei fan più fedeli ormai mi seguono dall'Arabia Saudita e da Dubai. Tra poco, passerò qualche giorno di
vacanza con alcuni di questi miei nuovi amici». Per una star cosmopolita è facile collezionare follower
anche dal mondo arabo. Ma la storia diventa straordinaria (una volta tanto l'espressione non è logora né
esagerata) se la protagonista di tanto interesse sul web è un'attrice ebrea di nazionalità israeliana. Moran
Atias, nata in Israele ad Haifa da una famiglia di origine marocchina, dunque una sintesi della cultura e del
fascino del Mediterraneo, sta vivendo un grande successo internazionale che premia un'interpretazione
coraggiosa e densa di significati in un mondo devastato dai fondamentalismi e dalle contrapposizioni
etniche e religiose. Moran Atias sta finendo la lavorazione della terza edizione di «Tyrant», già in onda
sull'emittente statunitense FX Fox eXtended (in Italia si vedrà in autunno su Fox).
Lei, ebrea e israeliana, interpreta Leila Al-Fayeed, moglie di Jamal, primogenito del dittatore
dell'immaginario Stato arabo di Abbudin. Una donna di gran potere, al centro di una intricata vicenda
sentimentale e politica. Ma la terza edizione regala un colpo di scena, in perfetta sintonia con la personalità
di un'attrice incapace di fermarsi solo alla sua bellezza (che basterebbe comunque) per interpretare un
ruolo. Stavolta è stata lei a prendere le redini della trama, e lo racconta con passione: «Il mio personaggio è
la first lady di questo immaginario stato arabo in cui si ritrovano molte circostanze reali che possono far
pensare all'Iraq, all'Arabia Saudita, al Libano, alla Siria. La sua è una presenza forte, è la madre del futuro
erede della dinastia. Per due anni mi sono battuta con gli sceneggiatori perché la mia Leila trovasse il
proprio spazio personale». Ed ecco la svolta voluta da Moran Atias: «Sarà lei stessa in corsa per la
presidenza di Abbudin. Ha vissuto vent'anni di intrighi, ora tocca a lei provare a scalare il potere. Nel
mondo arabo sono molte le donne importanti: penso alla regina Rania di Giordania, alla stessa Sheikha
Mozah bint Nasser al-Missned del Qatar, impossibile dimenticare Benazir Bhutto. Ho voluto che il mio
personaggio fosse un connubio di queste figure, mi sento molto privilegiata perché posso interpretare il
carattere di una donna complessa, legata a un mondo difficile ma anche inserita nella contemporaneità».
Vivere in equilibrio
Un'attrice ebrea e israeliana che interpreta una donna araba e ha successo proprio in quella parte del
mondo. La prendono come modello? «Si identificano, sono coinvolti nelle nostre storie proprio perché le
sceneggiature guardano alla realtà e così la trama è credibilissima». Ma lei, Moran Atias, è un'ebrea
israeliana fiera di esserlo, è stata anche testimonial del padiglione di Israele a Expo 2015 a Milano: «Sì,
sono fiera di essere israeliana. Ma sono anche preoccupata. È vero, Israele è l'unica democrazia in
quell'area geografica. Ma la democrazia non basta per avere la pace. Il nostro problema è trovare il modo
di vivere in equilibrio con i nostri cugini arabi e palestinesi. Apparteniamo tutti alla stessa famiglia. E come
succede con i cugini, non è necessario che ci sia amore. L'importante è vivere in pace, rispettandosi uno
con l'altro. Per esempio in un divorzio non ci si ama più ma, nell'interesse dei figli, ognuno dei due accetta
un compromesso a rinuncia a qualcosa. E lo stesso dovrebbe capitare da noi. Nessuna delle due parti
potrà avere tutto ciò che vorrebbe: ma nell'interesse della pace si può e si deve cedere su qualcosa. Invece
siamo arrivati a un punto molto triste. Manca davvero il rispetto reciproco, si vive nella rabbia, in una paura
terribile. Bisogna smetterla di guardarsi indietro e cominciare a guardare avanti, a progettare un nuovo
futuro». Ma la tragica realtà quotidiana non lascia tregua in nessun angolo del Pianeta, c'è il terrorismo...
«C'è chi trasforma la fede in ideologia e in fanatismo, utilizzando i testi religiosi per i propri scopi di potere.
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Fa l' attrice , è poliglotta (parla quattro lingue) e gira il mondo. Ma c'è un Paese che per lei significa molto:
«In Italia sono diventata donna e ho scoperto la bellezza»
15/07/2016
Pag. 29
diffusione:305863
tiratura:387811
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Perché il terrorismo è comunque una lotta per il potere. I veri leader se ne stanno nascosti, certo non si
fanno esplodere negli aeroporti. Usano quella gente per raggiungere il loro traguardo. Che è proprio il
potere! Così fa l'Isis, o Hamas, o Al Qaeda».
Moran Atias è un'attrice poliglotta, parla correntemente ebraico, inglese, spagnolo e il suo italiano è
eccellente, pieno di sfumature e sinonimi, la ricerca del vocabolo giusto è sorprendente, dal 2000 in poi si è
vista in tv (da «Carramba che fortuna» proprio nel 2000 a «I raccomandati» su Raiuno nel 2003-2004) e
anche al cinema (per esempio in «Le rose del deserto» di Mario Monicelli a «Oggi sposi» di Luca Licini). In
quale scuola ha appreso la nostra lingua? Moran Atias ride di cuore: «Quando lavoravo in Italia, a Milano, il
mio banco era il tavolino del bar, chiedevo cappuccino e cornetto integrale, e sfogliavo il mio libro di testo,
che era proprio il Corriere della Sera ! Prima inseguivo le parole, poi le ritrovavo, le capivo, le imparavo. È
stato un esercizio utilissimo».
Imparare la leggerezza
Domanda inevitabile, soprattutto se si ha a che fare con un'attrice così bella: cosa ama dell'Italia? La sua
voce cambia tono, è quella di una ragazza entusiasta: «In Italia sono diventata donna, amo profondamente
il vostro Paese, da voi ho scoperto l'arte, la letteratura, uno stile di vita unico, una lingua meravigliosa. Voi
amate la bellezza in ogni occasione, dalla cucina all'architettura. E poi, vogliamo dirlo?». Ma sì, diciamolo,
anzi lo dica lei: «Italians do it better? Yes, they do!!! Sapete cosa sia la leggerezza, il gusto del dettaglio, il
significato del verbo godere per i tanti piaceri che la vita offre». Un sogno nel suo cassetto italiano?
«Lavorare con Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini perché scrivono e realizzano idee speciali». Ora
andrà in vacanza... «Sì, e sono felice che il personaggio di Leila abbia abolito nella mia vita molti confini
non solo geografici. I miei amici arabi mi aspettano e io ringrazierò sempre la 'mia' Leila...».
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FOTO COURTESY, COSTUME DI ANTONIO GRIMALDI
Chi è
È nata ad Haifa da una famiglia di origine marocchina. Ha cominciato a fare la modella a 12 anni e ha
debuttato nella tv israeliana nel 1996, in un programma per ragazzi È arrivata in Italia nel 2000 per
partecipare a «Carramba che fortuna». Sta finendo la lavorazione della terza edizione di «Tyrant»
Il futuro Siamo a un punto triste Bisogna smetterla di guardarsi indietro e cominciare a guardare
avanti, a progettare un nuovo futuro
I cugini Noi, e i nostri cugini arabi e palestinesi apparteniamo alla stessa famiglia. Ma non è necessario che
ci sia amore
15/07/2016
Pag. 33
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La più verde delle Eolie riparte dalla cultura. Incontri, concerti e (forse) un grande schermo Granita e
tramonti La più famosa è quella di Alfredo, a Lingua. L'aperitivo a Capofaro, tra i filari di malvasia
Sofia Catalano
Non le basta essere l'isola più verde dell'arcipelago delle Eolie. Non le basta avere un mare cristallino, da
cinque vele Legambiente, e due montagne con percorsi da trekking degni di località alpine: Monte delle
Felci (926 m) e Monte Porro (860 m). Salina rilancia con il turismo culturale: dal Salina Docfest, ad incontri
con attori, scrittori, giornalisti, concerti, mostre. Sede privilegiata Palazzo Marchetti, tipico edificio eoliano,
dalla storia affascinante: fu donato all'associazione culturale Didime '90 da una nobildonna americana,
moglie di un ricco isolano, emigrato in Usa nell'Ottocento. Storie appassionatamente raccontate al Museo
dell'Emigrazione, che merita una visita. La sera è invece tempo di relax sulla magnifica terrazza dell'hotel
Signum, con vista unica: mare, Stromboli e Panarea. Padrona di casa Clara Rametta, instancabile
organizzatrice delle attività salinare, al Signum in team con il marito Michele e i figli: Luca direttore e
Martina, giovanissima chef, già una stella Michelin. I suoi straordinari piatti, spesso rielaborazione di
antiche ricette, si gustano nel dehor «raccontati» dal maître Sergio Zecchini. Non serve molto altro per
appagare corpo e spirito. Ma gli ospiti tornano anche per godere della spa ,che propone trattamenti alla
malvasia, cappero, fico d'India e arancio amaro. Per riposare nelle fresche stanze, tra le bougainville, dove
hanno soggiornato Philippe Noiret, Massimo Troisi, e Maria Grazia Cucinotta, durante le riprese del film «Il
Postino». Ed è proprio nella frazione di Pollara, dov'era la casa del burbero Noiret/Neruda, che si gode del
suggestivo tramonto, anche durante la tipica Sagra del Cappero che dal 1990 sancisce l'inizio dell'estate.
Per un aperitivo glam si va al Capo faro Resort o all'hotel Ravesi, per la granita da Alfredo a Lingua, per
shopping alla boutique Flora, per un tuffo nel passato all'hotel Ariana a Rinella: maestosa villa di charme, a
picco sul mare, avvolta nella leggenda; qui soggiornò anche Anna Magnani durante le riprese del film
«Vulcano». Salina e il cinema, un binomio imprescindibile, eppure l'isola non ha una vera sala
cinematografica, come tutto l'arcipelago. È la nuova crociata di Clara Rametta, che spera di non dovere più
«salpare» per godere del grande schermo. Così come tutti gli eoliani, durante il lungo inverno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'isola
Dopo Lipari, Salina è l'isola più grande dell'arcipelago eoliano. Si arriva con aliscafo o traghetto da Napoli,
Milazzo e Reggio Calabria (www.siremar.itwww.snav.it)
Foto: Bougainville
Una stanza dell'hotel Signum. Qui ha soggiornato
il cast del film «Il Postino»
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Nuovo cinema Paradiso: la scommessa romantica di Salina
15/07/2016
Pag. 48
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Versace avrà il volto di Banderas, prime riprese a Milano
Irene Soave
Ha studiato per un mese alla scuola di moda londinese Central Saint Martins, preparando cartamodelli e
bozzetti - e documentando l'attività sul suo Instagram, @antoniobanderasoficial - per entrare nella parte.
Antonio Banderas sarà Gianni Versace, in un film sulla vita dello stilista scomparso nel 1997, diretto dal
danese Bille August.
«Nel cast ci saranno altre star, ma per ora non posso dire nulla di più», ha dichiarato il regista all'Ischia
Global Festival; proprio a Ischia, lo scorso anno, August e Banderas - già insieme in La casa degli spiriti avevano annunciato l'inizio della produzione per marzo 2016, ma il progetto è slittato e le riprese
«inizieranno a dicembre a Milano. Gireremo lì, a Reggio Calabria e a Miami, i luoghi della sua vita».
Poco si sa, ancora, del film oltre al titolo, Versace ; ma non sarà, ha dichiarato Banderas in passato,
un'opera romanzata alla House of Versace , film tv del 2013 mai autorizzato dai Versace, ma solo un modo
di ricostruirne la vita. Al mondo della moda Antonio Banderas non è estraneo: sfilava a 19 anni, prima di
incontrare Pedro Almodóvar, e a maggio scorso ha presentato a Londra una sua collezione di 30 capi.
All'Ischia Global Fest ieri ha partecipato anche il regista Abel Ferrara, che ha annunciato che nel suo
prossimo film Siberia , le cui riprese dovrebbero iniziare a gennaio, reciterà anche Nicolas Cage. «Oltre a
lui, avrò con me Willem Dafoe, che nel film sarà se stesso. Sarà un film sulla natura».
E la passerella di star sull'isola si è conclusa con un affondo dell'attore Tim Robbins contro il candidato
conservatore Usa Donald Trump: «Dovrei portarlo in tribunale», ha riso. «Ha copiato il mio Bob Robert - il
primo film di Robbins da regista, intitolato a un politico populista e ignorante - e ne ha fatto una campagna
elettorale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il budget
Diretto da Bille August, «Versace» racconta la vita dello stilista scomparso. Nei suoi panni Antonio
Banderas; le riprese iniziano a dicembre con un budget di 11 milioni di euro
Foto: A scuola Banderas al corso di sartoria (foto dal suo Instagram)
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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L'annuncio del regista August a Ischia
15/07/2016
Pag. 49
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Locarno tra zombie e Bollywood Huppert e Loach tra i più attesi
Maurizio Porro
Il Festival di Locarno, giunto alle 69 candeline con un budget di 13 milioni di franchi svizzeri, guarda avanti
e prepara (3-13 agosto) un'edizione cui dedica 3 aggettivi ufficiali: poetica, politica, visionaria. Ci saranno
ospiti di pregio: Jane Birkin, Isabelle Huppert (con un Marivaux), Franco Piavoli e Dario Argento, Ken Loach
con I Daniel Blake vincitore a Cannes, i decorati Mario Adorf, il cileno Alejandro Jodorowski e il giovane
90enne Roger Corman che ha allevato nella sua factory Coppola, Scorsese, Nicholson. Presentato a
Milano il programma con l'esercito svizzero al gran completo: il presidente Marco Solari, il direttore Carlo
Chatrian che dedica l'evento agli scomparsi Kiarostami e Cimino (nel 2015 era a Locarno) ma anche a Bud
Spencer eroe della sua infanzia; e Nadia Dresti, cine ministro degli esteri del Festival.
Sono 16 i titoli della Piazza Grande, iniziando con la zombi-story The girl with all the gift con protagoniste
Glenn Close, Gemma Arterton e una gran paura dello straniero, proseguendo col nuovo Bourne detective e
un film sugli ultimi mesi di esilio nel 1942 del grande scrittore viennese morto suicida Stefen Zweig, per
finire in stile Bollywood con Mohenjo Daro . Da scoprire tutti i 17 film del concorso, 8 diretti da donne, con
nomi che proprio da Locarno hanno preso il via. Notevole il primo dei 15 film dei «Cineasti del presente»
dove si racconta il cineasta vérité Jonas Mekas, di 94 anni, mentre Mr. Universo di Tizza Covi e Rainer
Frimmel va in cerca del circo perduto.
Speciale il documentario girato da Valeria Bruni Tedeschi su una casa di riposo allietata dalla
partecipazione di un ballerino che aiuta a fantasticare. Fuori concorso l'italiano L'amatore di Maria Mauti
sull'architetto milanese Paolo Portaluppi nel «suo» ventennio fascista, scritto da Antonio Scurati e con la
dolcezza off della voce di Giulia Lazzarini.
Probabilità e imprevisti: due film bulgari, un western africano, un thriller dalla Malesia. «Amato e rifiutato: il
cinema della giovane Repubblica federale Tedesca dal 1949 al 1963» è la retrospettiva con 35 film di vario
genere che racconta il cinema Germania Ovest nell'era Adenauer, contribuendo a ricostruire l'identità di un
popolo sconfitto ma senza mai avere il coraggio di parlare del nazismo. Nel 1955 si producevano 160 film
anche di firme che tornavano a casa dopo la fuga, come Lang, Siodmak, Pabst. Edgar Reitz, che conosce
la parola Patria, sarà autorizzato a commentare.
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Rassegna
La 69esima edizione del Festival del film di Locarno si terrà dal 3 al 13 agosto: 17 i film, tutti in prima
mondiale in corsa per il Pardo d'oro
Foto: Esotica L'attrice e modella indiana Pooja Hegde (25 anni) nel film «Mohenjo Daro» di Ashutosh
Gowariker
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Il Festival
15/07/2016
Pag. 49
diffusione:305863
tiratura:387811
Gifuni in cerca della felicità:
Set con Emmanuelle Devos. Il regista Franchi: è il mio ultimo film L' autore «Viviamo in un'epoca barbarica,
ho deciso di dire basta al cinema industriale»
Chiara Maffioletti
La domanda è spaventosa e al tempo stesso semplicissima. Rischia di accendere micce pericolose per chi
teme le incertezze. Perché è quando ci si chiede: «La mia vita mi rende felice?» che si può realizzare di
dover cambiare qualcosa. E non tutti ne hanno la forza.
Quella domanda diventa sempre più ingombrante per Massimo e Francesca, i protagonisti di Dove non ho
mai abitato , nuovo film di Paolo Franchi, di cui sono appena terminate le riprese, nelle sale il prossimo
anno. Fabrizio Gifuni ha prestato il volto a questo architetto «che ha investito gran parte della sua esistenza
sul lavoro, congelando la sfera degli affetti», spiega l'attore. Almeno fino a quando non incontra Francesca
(Emmanuelle Devos), una 50enne che ha messo da parte la carriera per essere solo moglie, oltre tutto
infelice.
Ma siccome spesso sono gli incontri inattesi quelli che stravolgono tutto, anche quello tra loro lo fa. «Lei
apre una crepa nel blocco emotivo del mio personaggio: c'è un gioco di rispecchiamenti per cui ognuno si
rivede nelle fragilità dell'altro», riprende Gifuni. Interpretare questo ruolo non è stato semplice: «Da tempo
aspettavo un lavoro così. Sono abituato a sparire dentro ai personaggi, a inventare prototipi umani diversi
da me. Ma avevo voglia di mettermi a nudo. Così ho azzerato qualsiasi forma di rappresentazione». Lo ha
fatto «perché ho amato molto i film di Paolo. Recitare con Emmanuelle Devos, poi, è stato entusiasmante».
«È una storia d'amore - racconta Franchi -, tra due persone che iniziano a riflettere su tutti i treni persi e le
cose che non hanno fatto». Un cambio di passo per il regista: «È un film lineare. In passato sono stato
definito criptico, oscuro. Avevo voglia di fare un film più semplice dal punto di vista narrativo. E credo di
aver chiuso in bellezza».
Usa la parola «chiuso» senza esitazioni: «Questo sarà il mio ultimo film istituzionale. Viviamo in una società
in cui tutto va elaborato velocemente. Un'epoca barbarica in cui non c'è più un pensiero su nulla ma tutto si
consuma in fretta. I film si vedono anche sui telefonini e per me è impensabile. Per questo dico basta. Non
fare più film industriali è una liberazione: a un certo punto ti senti imprigionato dal tuo destino. Ma ho deciso
di uscirne». Un po' come succede nel film, anche il regista si è accorto di non essere più felice. «Le regole
del cinema industriale non fanno per me. Non frequento certi ambienti e non mi piace bussare alle porte. I
miei film non sono per il pubblico da multisala e cercare di rivendicarlo è diventato difficile. In Italia c'è
sempre meno spazio per il cinema d'autore». E quindi, cosa farà? «Sto lavorando a progetti che
comportano grande lavoro con gli attori ed esulano dalle contrattazioni inevitabili se fai film per il grande
pubblico».
Non rinnega questo suo ultimo lavoro: «Anzi, ne sono felicissimo. Agostino Saccà che lo ha prodotto è una
persona rara in questo ambiente, molto colta. Ho avuto totale libertà, un lusso, e ho lavorato con grandi
professionisti, tra cui Fabio Cianchetti, direttore della fotografia di Bertolucci. Ma sento di aver chiuso
questo ciclo. Molti registi della mia generazione fanno fatica, la nostra formazione è legata a un cinema che
si vedeva e rivedeva. Ora non è più così e per questo dico basta».
In fondo, «vorrei essere il contrario dei miei protagonisti: più felice. Ma esiste una paura della felicità: a
volte è più semplice accontentarsi di non esserlo. Ed è la maledizione di questa epoca».
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Il profilo
Il regista Paolo Franchi (47) ha diretto «La spettatri-ce» (2003), «Nessuna qualità agli eroi» (2007), «E la
chiamano estate» che ha vinto il Premio per la migliore regia al Festival di Roma 2012
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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L'anticipazione
15/07/2016
Pag. 49
diffusione:305863
tiratura:387811
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Interpreti
L'attrice francese Emmanuelle Devos (52 anni) e Fabrizio Gifuni (che ne compie oggi 50), insieme nella
foto, sono i protagonisti di «Non ho mai abitato», il nuovo film di Paolo Franchi la cui uscita nelle sale è
prevista dal prossimo anno Il film racconta la storia d'amore tra due architetti, Francesca (Devos), sposata
con un uomo molto più anziano di lei col quale ha una figlia adolescente, e Massimo (Gifuni). Quando i due
si troveranno a lavorare insieme a un progetto, l'iniziale diffidenza sfocerà, con l'evolversi dei lavori di
ricostruzione, in una forte intimità
15/07/2016
Pag. 30
diffusione:155874
tiratura:211650
I cinesi di Wanda verso Paramount
Andrea Biondi
gruppo londinese di cinema Odeon Uci per circa 1,2 miliardi di dollari, affare condizionato all'ok delle
autorità europee. A oggi Odeon Uci vanta 242 cinema per 2.236 schermi ed è controllato dal fondo di
private equity Terra Firma. Il cinema è però solo uno dei business della società cinese che è una
conglomerata attiva nei settori del real estate, con i tanti Wanda Plaza presenti in Cina e che ha
diversificato a livello globale i propri investimenti nel mondo della sale cinematografiche, dei parchi
divertimenti, del turismo, del basket e del calcio. Di recente Wanda ha chiuso un accordo per promuovere
fino al 2033 tutti gli eventi della Fiba, la Federazione internazionale della pallacanestro. Per quanto riguarda
il calcio l'anno scorso ha anche acquisito Infront, società svizzera advisor della Lega Serie A per la vendita
dei diritti tv del campionato di calcio e attiva nello stesso settore di Mp&Silva, società che vendei diritti del
calcio italiano all'estero e che è passata in altre mani cinesi. L'arrivo di nuova liquidità e l'entrata nel
capitale di un partner strategico in Asia sono le motivazioni che spingono per una vendita che il ceo
Viacom, Philippe Dauman, aveva ufficialmente messo in conto lo scorso febbraio. È una quota di
minoranza ma Redstone siè opposto con un cambio delle regole per far sì che un'eventuale vendita
richieda il via libera unanime del consiglio di amministrazione. La battaglia è solo all'inizio. pFra la
conglomerata cinese "pigliatutto" Wanda e Paramount Pictures- centenaria casa di produzione e
distribuzione che da Ben Hur, a Viale del Tramonto, a Titanic, al Padrino, alla serie di Indiana Jones di
medaglie al petto nella storia del cinema ne ha tante - c'è l'ostacolo non trascurabile della battaglia che si
sta consumando in Viacom, media company americana da 13 miliardi di dollari di giro d'affari nel 2015. Il
93enne miliardario americano Sumner Redstone, che con la sua National Amusements controlla l'80% di
Viacom, considera Paramount come il gioiello della sua vita imprenditoriale. E va detto che lo scontro per la
casa di produzione cinematografica è solo un tassello di un puzzle molto complicato di scontri interni a
Viacom. Intanto però, come riportato ieri dal Wall Street Journal, la cinese Dalian Wanda Group sarebbe
ora in trattativa con Viacom per rilevare il 49% di Paramount. Secondo il quotidiano Usa la società
americana punterebbe a una valutazione di Paramount fra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. Dall'altra parte, con
questa operazione la conglomerata cinese potrebbe aumentare la propria presa sul settore cinematografico
facendo così ulteriori conquiste a ovest. I cinesi di Wanda già controllano infatti la catena Usa di cinema e
teatri Amc, acquistata nel 2012 per 2,6 miliardi di dollari. Qualche giorno fa la stessa Amc ha annunciato
l'intenzione di acquistare il
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Cinema . Trattative con Viacom per il 49%
15/07/2016
Pag. 38
diffusione:234691
tiratura:339543
Il regista errante Terry Gilliam: "Don Chisciotte? Sono io. Ostinato e
romantico"
ARIANNA FINOS
ROMA L'UOMO che uccise Don Chisciotte è ora pronto a resuscitarlo. La voce stanca di Terry Gilliam
insegue l'allegria di un tempo: a 75 anni il cineasta psichedelico si (ri)getta nell'impresa cinematografica di
The man who killed Don Quixote. «Ho bisogno di rimuovere questa cosa che mi porto da vent'anni nella
testa, nel corpo. E poi vivere il resto della vita». Quel fallimento epocale - certificato dal documentario Lost
in La Mancha, girato sul disastroso set spagnolo nel 2000 - si è trasformato in un progetto abortito e rinato
nei decenni. «Stavolta si fa sul serio. Sono appena tornato dalla Spagna per un sopralluogo. Il 3 ottobre il
primo ciak. La scena? Oltre le cascate, l'acqua che cade, un uomo che cade. Un'immagine bizzarra.
E poi ci saranno scene di massa, con molti cavalli». Anche se la trama ufficiale ci consegna un Don
Chisciotte dei giorni nostri. A incarnarlo il Monty Python Michael Palin, mentre ad Adam Driver spetta il
ruolo di Sancho Panza, un pubblicitario travolto dal suo capo, la cui moglie ha il volto di Olga Kurylenko.
Gilliam, torniamo a quando nacque l'impresa.
«Un anno dopo aver finito Le avventure del Barone di Münchausen a Cinecittà, chiamai il produttore di
allora: "Ho bisogno di venti milioni di dollari. Ho due nomi per te: Gilliam e Chisciotte". Quello di Cervantes
è uno dei più grandi libri che abbia mai letto, uno dei personaggi più belli mai concepiti. Un uomo che si
rifiuta di accettare i limiti, che immagina il mondo secondo le sue fantasie. Essenzialmente, un folle». Si
riconosce in lui? «Un amico dice che dovrei interpretarlo io, Don Chisciotte, perché questo sono. Non mi
spaventa il paragone con qualcuno che ostinatamente segue una visione più romantica del mondo e rifiuta
di rinunciarvi».
Quale parte dell'opera ama di più? «La seconda è quella che mi ha sorpreso. Per me rappresenta l'inizio
del romanzo moderno. Cervantes la scrive molti anni dopo l'originale, dopo che ne erano circolate altre
versioni. Stabilisce una volta per tutte che si parla della sua vita. È il suo modo per dire: "Voi siete falsi,
questo sono io"». E la sua versione? «È cambiata negli anni, ci ho incorporato pezzi della mia vita.
Un progetto sempre più autobiografico. Oggi non so più distinguere tra l'originale e le riscritture». Negli
anni ci sono stati tanti Don Chisciotte, da Rochefort a Duvall, a Palin.
«Alcuni nomi sono stati solo sogni. Il ricordo forte è quello dello squisito Jean Rochefort. Sette mesi per
studiare l'inglese, un impegno totale travolto dalla tragedia di quella malattia che pose fine a tutto. Una
vicenda in linea con il mondo di Don Chisciotte, personaggio destinato a vivere nella sofferenza. Il mio
amico Michael Palin mi sembra affine, ma la sua versione la scoprirò solo sul set». Del set a Bardenas
Reales, il deserto trasformato in un mare di fango, il frastuono degli aerei militari, quale ricordo si porta
dietro? «Quello dell'ultimo giorno. Gli investitori tedeschi avevano mollato, tutto era già finito, girammo lo
stesso la scena con Johnny Depp-Sancho Panza che scivola dalla collina e precipita dalle cascate, trova
un pesce enorme nei pantaloni e improvvisa: "Cosa stai pensando? Cosa fai? Tu sei un pesce, io un
uomo". Un momento di pura felicità».
Anche Orson Welles inseguì invano Don Chisciotte.
«C'è chi mi dice che invecchiando somiglio fisicamente a Welles, sto entrando in un territorio pericoloso.
Lui quel film non l'ha finito. Penso che ruberò almeno uno dei suoi bellissimi momenti, non dico quale».
Felice della nuova versione? «Ho avuto la fortuna di aver pronti artisti perfetti al momento giusto. Alberto
Iglesias sta scrivendo il tema musicale romantico che percorrerà tutto il film. Ho acchiappato Adam Driver
prima del delirio di Star Wars: non solo ha letto tutto, ma mi manda per mail le frasi preferite. E poi stavolta
lavoro con la mia figlia maggiore, è uno dei produttori esecutivi.
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R2 SPETTACOLI / Il più visionario dei cineasti (finalmente) alle prese con il più folle dei libri A ottobre, dopo
anni di rinvii, iniziano le riprese del film tratto da Cervantes
15/07/2016
Pag. 38
diffusione:234691
tiratura:339543
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Bello, anche se ogni tanto mi sgrida». Ha disegnato lo storyboard? «È il modo più facile per comunicare,
su un set internazionale.
Inglesi, francesi, spagnoli, portoghesi, italiani: un cast europeo, a parte gli inglesi. Scusi la battuta, ma
sono ancora depresso per la Brexit». Mai pensato che fosse finita, con Don Chisciotte? «Ogni volta che
svanivano i soldi e qualcosa andava storto. The Zero Theorem è il risultato del collasso di Chisciotte. Ho
pensato: ora mi dedico a qualcosa di diverso. Ne sono orgoglioso, grazie a dio è uscito anche in Italia,
proprio ora. Qualcuno lo ha scambiato per un film di fantascienza, mentre racconta molto di oggi, del
presente. Alcuni del resto sanno leggere attraverso la realtà, altri ne sono inconsapevoli. Penso che sia la
migliore prova di Cristoph Waltz».
I divi fanno la fila per lavorare con lei.
«Perché lascio loro la possibilità di sperimentare cose nuove, mentre l'industria chiede loro di ripetersi». È
una brutta estate per i blockbuster, tra stroncature e pochi incassi.
«Era inevitabile. Hanno iniziato a nutrire gli spettatori con cibo sempre più scadente, pieno di aromi
artificiali. Purtroppo i kolossal colonizzano il mercato, oscurando gli altri film. Non mi aspetto che Hollywood
cambi. Basta pensare allo scomparso Cimino che ha firmato capolavori dimenticati. Finché fai soldi sei il re
del mondo, appena smetti sei storia. Non c'è posto per correttezza e giustizia nel mondo del cinema».
L'OPERA Uno dei personaggi più belli di sempre Rifiuta di accettare i limiti e immagina il mondo secondo
le sue fantasie ORSON WELLES Dicono che ormai gli somiglio. Non finì mai il suo Chisciotte Ruberò
almeno qualche momento del suo film
Foto: IL REGISTA Terry Gilliam, 75 anni, in sala in questi giorni il suo film "The Zero Theorem" Sopra, Jean
Rochefort nel primo Chisciotte di Gilliam
15/07/2016
Pag. 34 N.29 - 21 luglio 2016
diffusione:153663
tiratura:204678
Che bella musica il tramonto Siae
Un ente creato nel 1882 e monopolista dal 1941. Noto per ineffcienza e sprechi. Che ora fa lobby per
evitare concorrenti. Ma incassa molti no
Fabio Macaluso
C'È UN MOSCERINO NELL'ORECCHIO di un elefante che gli fa venire il capogiro. C' è un giocatore
piccolo piccolo che sta mettendo alle corde un campione, che reagisce innervosito. Il moscerino è
Soundreef, una società italo-inglese che opera come ente di gestione indipendente dei diritti d'auto re.
L'elefante è la Siae, ente pubblico istituito nel 1882 che ha circa 83 mila associati e gestisce tutti i repertori
dei lavori creativi (musica, teatro o cinema), avendo operato per decenni senza avversari per via del
monopolio attribuitogli dalla legge sul diritto d'autore del 1941. Le due aziende sono in concorrenza nel
segmento più ricco del mercato italiano, quello della raccolta e distribu zione dei diritti d'autore delle opere
musicali diffuse attraverso i vari strumenti trasmissivi (dalla radio a internet) e dei concerti dal vivo.
Soundreef si è introdotta nel mercato un paio di anni fa perché una direttiva europea del 2014 (la direttiva
Barnier) prevede espressamente che un autore possa scegliere liberamente di affdare la gestione dei dirit ti
d'autore sui propri lavori a un qualsiasi intermediario che opera nel territorio dell'Unione Europea. La
direttiva Barnier non è stata ancora recepita in Italia (nonostante sia trascorso il termine in essa indicato del
10 aprile scorso), ma riconosce immediatamente agli autori la facoltà di scelta appena detta. In base a
questo principio, Soundreef ha deciso di sfdare la Siae e sta facendo molto bene. La società dei giovani im
prenditori Davide d'Atri e Francesco Danieli agisce infatti con piattaforme tecnologiche aggiornate per fare
le due cose veramente essenziali nel mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore: rendicontare
analiticamente gli utilizzi delle opere sui diversi canali distributivi e pagare tempe stivamente gli artisti. Ad
esempio, per i concerti il rendiconto dei brani eseguiti è disponibile on line dopo sette giorni dalla data dello
spettacolo e il pagamento integrale dei diritti d'autore avviene entro novanta giorni dalla stessa data. La
società italo-inglese assiste circa 5.000 musicisti indipendenti e nelle scorse settimane ha clamo rosamente
strappato alla Siae due personaggi notissimi come Fedez e Gigi D'Alessio. Non è diffcile prevedere che
altre star si rivolgeranno a Soundreef e questo preoccupa la Siae che cerca di tagliare le ali al suo
concorrente, facendo lobby sui ministri e i parla mentari chiamati a recepire la direttiva Barnier. Questo
pressing è esercitato perché la direttiva non prevede la liberalizzazione del mercato con una norma
esplicita, circostanza peraltro ovvia se si considera che una regolamentazione europea uniforme non può
contenere una disposizione specifca per liberalizzare i due soli mercati del territorio comunitario (italiano e
ceco) in cui vige il monopolio legale. Il miglior esempio dell'effcacia di questo lavoro è con tenuto nell'ormai
nota affermazione del ministro dei beni culturali Dario Franceschini (che, secondo legge, dovrebbe vigilare
sulla Siae) in un'audizione davanti alla Commissione Cultura della Camera del 30 marzo scorso, secondo
cui molti paesi importanti guardano con invidia al modello italiano. Dichiarazione curiosa se si considera
che nella sua storia ultracentenaria la Siae si è comportata in diverse occasioni in modo controverso, ad
esempio investendo spericolata mente le risorse economiche dei propri associati (nel 2008 ha perso alcune
decine di milioni di euro avendo comprato azioni di Lehman Brothers, poi fallita), gestendo in maniera non
chiara il proprio patrimonio immobiliare, assumendo personale in eccesso alle proprie esigenze di uffcio.
Senza dire che, a causa dei difetti nella sua gestione, essa è stata commissariata più volte, nel tentativo di
farle trovare ordi ne ed effcienza. L'ultima nel 2011, quando è stato redatto lo statuto attuale. Questo
prevede che per le determinazioni dell'assemblea ogni associato abbia diritto a un voto più altrettanti voti
corrispondenti a ciascun euro di diritti d'au tore percepiti nell'anno precedente. Così Vasco Rossi o Luciano
Ligabue dispongono di un numero milionario di voti, mentre un autore di avanguardia ha a disposizione
pochissime cartucce. La Siae è attualmente amministrata da un Consiglio di Gestione di cinque membri e
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Autori e burocrazia
15/07/2016
Pag. 34 N.29 - 21 luglio 2016
diffusione:153663
tiratura:204678
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
da un Consiglio di Sorveglianza di 34 membri che dovrebbe vigilare sull'o perato del Consiglio di Gestione.
Al vertice della società stanno il presidente Filippo Sugar e il direttore generale Gaetano Blandini,
quest'ultimo in carica dal 2009. Quali sono i risultati? Secondo il conto economico del 2014, a fronte della
raccolta di diritti d'autore per 524 mi lioni, il valore della produzione è pari a 155,2 milioni di euro, mentre i
relativi costi ammontano a 182,1 milioni di euro. Quindi la Siae spende di più di quanto guadagna. La Siae
incassa per legge anche "l'equo compenso" pagato dai consumatori che comprano un qualsiasi strumento
che permette di registrare la musica o un video (come uno smar tphone o un tablet), che ha portato nelle
casse della società circa 100 milioni di euro. L'analisi di questi risultati diviene impietosa se si fa il raffronto
tra i risultati della Siae e quelli di una sua consorella come la francese Sacem. Nel 2014 quest'ultima ha
incassato un miliardo e trecento milioni per la raccolta dei diritti d'autore, incorrendo in spese per la loro
raccolta di poco più di 150 milioni di euro. Eppure questi risultati non devono colpire più di tanto: secondo la
maggioranza degli economisti i monopoli sono per loro natura ineffcienti perché chi li gestisce non è moti
vato a svolgere azioni razionali. Per sbarrare la strada a Soundreef, la Siae ha impugnato anche la spada
giudiziaria, ricorrendo al Tribunale di Roma in una causa dove verrà determinato se il monopolio sia il
legalmente violato da Soundreef (la decisione è attesa per settembre). Nel 2014 il Tribunale di Milano si
pronunciò in una causa promossa da un'associata Siae contro Soundreef. In quell'occasione, il giudice
decise che affdare obbligato riamente la musica all'intermediazione della Siae è in confitto con i principi
fondamentali del libero mercato e della concorrenza. Conclusioni confermate anche nella segnalazione
dell'Autorità Antitrust inviata a Renzi e ai presidenti del Senato e della Camera lo scorso 1 giugno. Il
documento sottolinea che «in un contesto economico caratterizzato da profondi cambiamenti tecnologici la
mancata apertura del mercato nazionale della gestione dei diritti limita la libertà d'inizia tiva economica
degli operatori e la libertà di scelta degli utilizzatori». Sembra diffcile che il Parlamento e il governo possano
ignorare indicazioni così autorevoli. Forse è il momento in cui monopolio legale della Siae sta veramente
per tra slocare nel passato. Foto: F.Origlia/Gettyimages, Luigi Orrù/Contrasto
Foto: A sinistra: Vasco Rossi, tra gli artisti italiani che incassano di più in diritti d'autore. A destra: il rapper
Fedez, che è appena passato dalla Siae alla concorrente Soundreef
15/07/2016
Pag. 25
diffusione:113520
tiratura:152577
«Io, protagonista nel caso Orlandi»
«NEL FILM SONO L'AMANTE DI SCAMARCIO UN PERSONAGGIO DI UNO SPESSORE DRAMMATICO
INUSUALE NEL CINEMA ITALIANO»
Gloria Satta
Segni particolari: un'intensità fuori del comune, spia di quel fuoco sacro che le brucia dentro. Ultimi premi
vinti: Nastro d'argento e Ciak d'oro per Suburra . Prospettive immediate: i ruoli principali in alcuni dei film
più attesi della prossima stagione, La verità sta in cielo di Faenza sul caso Orlandi (esce il 6 ottobre) e i due
sequel di Smetto quando voglio , regia di Sibilia. Sogni? «Mi piacerebbe interpretare un'atleta», rivela Greta
Scarano. Romana, 30 anni tra un mese, è l'attrice-rivelazione del cinema italiano, il talento esplosivo sul
quale sempre più spesso scommettono produttori e registi. Occhi grandi e chiari in cui passano mille
emozioni, versatilità spericolata e rigore d'altri tempi, Greta predilige i ruoli estremi. Come la criminale
strafatta di Suburra , la prostituta sbandata di Senza nessuna pietà (il bellissimo noir diretto dal compagno
Michele Alhaique), la ragazza malata di cancro della serie In Treatment . Ospite del festival Una notte in
Italia diretto da Piera Detassis che riunisce a Tavolara il meglio della produzione recente (domani sera
verrà presentato proprio Suburra ), Greta racconta la sua irresistibile ascesa nello star system. Nel film sul
caso Orlandi che ruolo interpreta? «Sono Sabrina Minardi, l'amante del boss Renatino De Pedis (l'attore
Riccardo Scamarcio, ndr). Il mio è un personaggio controverso, tuttora in vita. Non ho incontrato Sabrina e
interpretarla ha richiesto un coinvolgimento emotivo totale. Mi sono sentita sul ciglio di un burrone. Ma
volevo quel ruolo a tutti i costi». Perché? «Innanzitutto stimo Faenza. E poi Sabrina trasuda uno spessore
drammatico inusuale nel cinema italiano. Quando mi capita un personaggio così, vado avanti col coltello tra
i denti. Per convincere il regista che ero l'attrice giusta ho cambiato i capelli, da biondi a corvini, in una
notte». Lei si coinvolge sempre tanto sul set? «Sì, mi lascio divorare dall'inquietudine. Non posso negare di
adorare i ruoli drammatici ma sono felice di interpretare le commedie, come Smetto quando voglio : lì faccio
un'ispettrice di polizia». Quando ha scelto di recitare? «A cinque anni ho frequentato i primi corsi di teatro,
sentivo già la passione divorante. E non mi sono più fermata». La sua famiglia ha qualcosa a che fare con
lo spettacolo? «Niente di più lontano. Papà medico, mamma infermiera. Io andavo bene a scuola, ma
recitare era più forte di tutto. A 16 anni sono andata a studiare in America: ho imparato l'inglese e ho
partecipato a tanti spettacoli». A un'attrice in ascesa si chiede sempre: ha dei modelli? «Amo Kate Winslet,
preparatissima e vera. E Anna Magnani: sono fiera di aver avuto il Nastro d'argento 70 anni dopo il suo
vinto per Roma città aperta ». La strada del successo è lastricata di "no"? «Ho rifiutato delle serie tv perché
mi avrebbero impegnata troppo a lungo. E ora ho molta voglia di cinema». Le attrici della sua età sono
tante. Qual è il segreto per uscire dal mucchio? «Il rigore. Il talento è innato, ma devi coltivarlo. Nessuno mi
troverà mai impreparata a un provino». Il cinema sta diventando un po' meno maschilista e riserva sempre
più ruoli di spessore alle attrici? «Piano piano le cose cambiano ed è possibile imbattersi in personaggi
formidabili. Come la protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot (interpretata da Ylenia Pastorelli, ndr). Per
quel ruolo sostenni un provino anch'io ma venni scartata!. C'è un film che avrebbe voluto interpretare? «
The Nice Guys . Nel ruolo di Ryan Gosling».
Foto: Greta Scarano
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Parla Greta Scarano, da "Suburra" al ruolo di donna del boss De Pedis in "La verità sta in cielo" di Faenza
L'INTERVISTA
15/07/2016
Pag. 25
diffusione:113520
tiratura:152577
Addio al regista Hector Babenco suo "Il bacio della donna ragno"
DOPO IL SUCCESSO DEL FILM CON WILLIAM HURT DAL LIBRO DI PUIG LA PARENTESI
HOLLYWOODIANA
Era nato a Mar del Plata il 7 febbraio del 1946 Hector Babenco (foto) e quel suo essere argentino ma
cittadino del mondo fin dalle radici familiari (padre di famiglia ucraina, madre polacca di origine ebraica) gli
sarebbe rimasto attaccato al cuore come un vero marchio di fabbrica. Oggi se ne va con lui una delle voci
più potenti della cultura latino-americana, ma del suo cinema si deve dire che fu sempre allo stesso tempo
senza radici e profondamente legato alla sua terra d'origine. Dopo tre film girati in patria con mezzi limitati
(uno era il ritratto documentario di un eroe nazionale come il corridore di Formula 1 Emerson Fittipaldi), fu
in Brasile, nel 1980, che trovò un produttore capace di scommettere sul suo talento e Peixote divenne in
pochi mesi un film-culto per la sua intera generazione. Quattro anni dopo convinse gli americani a
finanziare il progetto più ambizioso, tratto dal romanzo di Manuel Puig Il bacio della donna ragno . Anche
grazie a William Hurt che della pellicola era il protagonista, il film divenne un blockbuster internazionale,
corse per gli Oscar e regalò all'attore nel 1986 la magica statuetta. Da un giorno all'altro Hector Babenco
diventò così un regista di fama mondiale e la sirena di Hollywood lo attrasse finanziando il successivo
«Ironweed» (1987) con Jack Nicholson e Meryl Streep. Ancora una volta si parlò di un successo, ma era
chiaro all'autore stesso che i legami col suo mondo poetico si andavano allentando; sicché decise di
riprendere le tematiche a lui più care (la ricerca dell'identità, i contrasti sociali, un certo realismo magico di
puro stampo latino) per Giocando nei campi del Signore , prodotto insieme ai brasiliani ma interpretato da
star americane come Tom Berenger, Daryl Hannah e John Lithgow. In un certo senso fu l'inizio della fine
per il percorso americano dell'autore. Il richiamo della sua terra divenne sempre più forte e i successivi
Cuore illuminato (1996) e Il passato (2007) sono frutto di coproduzioni tra Argentina e Brasile con il
sostegno di capitali europei. Faceva un cinema forte, diretto, popolare ammantato di nostalgia segreta
Hector Babenco. Signore gentile, dai modi raffinati, acuto nell'ironia e ispirato nei sogni ad occhi aperti, non
realizzò i mille copioni che aveva nel cassetto. E alla fine il suo nome resta nella storia del cinema proprio
per il miracoloso sodalizio espressivo con Manuel Puig per Il bacio della donna ragno.
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IL LUTTO
15/07/2016
Pag. 22
diffusione:35683
tiratura:84752
Un po ' fiction , un po ' docufilm Ma mai abbastanza Indro
Quindici anni senza di lui Roberto Herlitzka e Domenico Diele nei panni del Montanelli maturo e di quello
giovane. Il 22 luglio ricorre l ' anniversario della morte
NANNI DELBECCHI
contrariamente alle previsioni del diretto interessato, il fantasma di Indro Montanelli continua ad aggirarsi
tra noi, forse perché concentra in sé tutto ciò che il Novecento si è portato nella tomba. Dopo numerosi
tributi letterari, ora è in arrivo un film: Indro. L ' uomo che scriveva sull ' acqua diretto da Samuele Rossi e
prodotto da Echivisivi e Alkermes, che sarà trasmesso in anteprima venerdì prossimo su SkyArte per poi
approdare nelle sale nel prossimo autunno. C U R I O SA operazione questa di Rossi, molto nello spirito
dei tempi (a vocazione più didattica che poetica), che schiva la trappola mortale della fiction-santino, ma
nemmeno percorre la strada del documentario puro. Opta per una via di mezzo, periclitante tra fiction e non
fiction. Ci mostra il grande giornalista intento nell ' in t er p r et azione di due attori, Roberto Herlitzka e
Domenico Diele (rispettivamente nei panni del Montanelli maturo e di quello giovane), mentre a fronte di
questo leitmotiv narrativo scorrono i momenti cruciali di una vita lunga un secolo: l ' adesione al fascismo, il
disinganno seguito alla guerra d ' Abissinia, l ' arre sto da parte dei tedeschi e la condanna a morte, le
prime corrispondenze dalla Finlandia per il Corriere della Sera , quelle dalla rivoluzione di Budapest
repressa dai carri armati dell ' Armata rossa, nelle quali riuscirà a scontentare sia i moderati che i comunisti.
È la stessa indipendenza di giudizio che tanti anni dopo lo farà mettere all ' indi ce prima dai radical chic,
poi dai berluscones. Nessuna luce accesa sul Montanelli scrittore (Longanesi e Malaparte, questi
sconosciuti); e, se ignorare la vita privata può essere una forma di rispetto (il più grande giornalista del
Novecento aveva orrore del gossip, orrore che impose anche ai suoi giornali), si nota un eccesso di
prudenza anche laddove prendere posizione è inevitabile non per schierarsi, ma per capire. Giusto
sottolineare il ruolo del Berlusconi editore che nel 1979 rileva la maggioranza del Giornale nuovo e ne
assicura la sopravvivenza; discutibile glissare su come vent ' anni dopo ci sia stata una vera e propria
cacciata e quindi una guerra senza quartiere dichiarata dalla Fininvest alla Voce . E lui? Ne L ' uomo che
scriveva sull ' acqua Montanelli in persona si vede poco, pochissimo. Qualche frammento di talk dove
rivendica la fondazione del Giornale ( " Ci voleva una voce che rompesse il coro), quella della Voce ( " Che
altro potevo fare? " ) o risponde a Enzo Biagi: " Che cos ' è il giornalismo per te? " . " T utto " . Modica
quantità di Indro; ma, in compenso, una folta presenza di indrologi (l '" Indrologia " , oltre che una scienza
poco esatta, è diventata un genere letterario), chiamati a commentare ogni due per tre il grande uomo e le
sue contraddizioni. Ci sono le testimonianze di alcuni tra i colleghi che gli furono davvero più vicino, come
Paolo Mieli, Beppe Severgnini, Marco Travaglio e Tiziana Abate (l ' inviato della Voce a cui volle dettare le
sue memorie). Ci sono le testimonianze di Sandro Gerbi e Raffaele Liucci, autori della più autorevole
biografia di Montanelli. Ma ci sono anche gli indrologi di complemento, come Salvatore Merlo e altri, che il
grande uomo lo hanno conosciuto poco o punto, ma sono stati lestissimi a metterci sopra il cappello (oltre a
tutto il resto, Montanelli è anche è uno straordinario attaccapanni). NON UN ' OP ER AZI ON E post
moderna, L ' uomo che scriveva sull ' acqua . Più semplicemente, un ' operazione postuma. " I posteri sono
una categoria scomparsa " , aveva profetizzato Montanelli, certo che di lui non sarebbe rimasta alcuna
memoria. Invece a 15 anni dalla morte i posteri tengono duro, e fanno il loro mestiere. A un certo punto
Travaglio cita la fulminante definizione di Leo Longanesi: " Montanelli è uno che spiega agli altri quello che
nemmeno lui riesce a capire " . Teorema di cui il film di Samuele Rossi è un ' ennesima conferma insieme
al suo corollario. Si vede che Montanelli è riuscito a spiegare agli altri perfino chi era lui. R ica r ica IL
FESTIVAL DELLA MENTE L'appuntamento torna dal 2 al 4 settembre a Sarzana (La Spezia). Tre giornate
con 61 relatori italiani e internazionali e 39 appuntamenti tra incontri, workshop, spettacoli e momenti di
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IL FILM In anteprima su Sky Arte "L'uomo che scriveva sull'acqua"
15/07/2016
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approfondi - mento culturali. Filo conduttore è lo spazio, indagato da scienziati, scrittori, artisti, fotografi,
architetti, filosofi, psicologi e storici
Foto: "Il giornalismo è tutto" Alcune immagini tratte dal film "Indro. L'uomo che scriveva sull'acqua" Philippe
Antonello per Antonello& Montesi
15/07/2016
Pag. 19
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tiratura:37020
Guerra sulla Siae Anomalia italiana
Fedez lascia, Baglioni e altri la difendono Ecco perché scricchiola il monopolio I divorzi Anche Gigi
D'Alessio è passato all'inglese Soundreef Battelli (M5S) «Interrompere un regime che dura da 75 anni»
Pietro De Leo
Si scatena un braccio di ferro sulla Siae. Ente pubblico economico italiano, fondato su base associativa,
che ha come scopo l'intermediazione dei diritti d'autore, opera in regime di monopolio legale. Ora, però
incombe la direttiva europea Barnier, in questi giorni al vaglio del Senato, che, di fatto, apre alla piena
libertà per i possessori di diritti di decidere a chi affidarli. Sul punto, la Commissione Ue ha già deliberato
uno stato di messa in mora per il nostro Paese, primo passaggio per una procedura di infrazione visto che
la direttiva risalente al 2014 avrebbe dovuto essere recepita entro aprile di quest'anno e siamo in netto
ritardo. La fine della situazione di monopolio della Siae (che dura dal 1941) sancirebbe un vero e proprio
passaggio d'era. Anticipato dalle scelte di alcuni artisti, come Fedez e Gigi d'Alessio, che hanno deciso di
recente il passaggio Soundreeef, inglese ma fondata da due italiani, Davide D'Atri e Francesco Danieli
(anche se Fedez ha proseguito il suo rapporto con la Siae come editore). Le due star della musica italiana
contemporanea hanno avuto degli emuli. Così anche il rapper calabrese Kento e quello torinese Mastafive
hanno scelto di passare a Sounreef. E di recente anche l'Aie, associazione italiana Editori, per bocca del
suo presidente Federico Motta che ha scritto una lettera al Sole 24 Ore, ha chiesto una profonda riforma
della Siae, in adeguamento alla direttiva Barnier. La Siae, però, è passata al contrattacco, schierando «i
mille». Da Jovanotti a Claudio Baglioni, da Tiziano Ferro a Biagio Antonacci. E poi ancora Roberto Benigni,
Cristina Comencini, Carlo Verdone, lo scrittore Niccolò Ammaniti. In una lettera aperta dichiarano che «non
si può svendere la creatività in nome di una liberalizzazione selvaggia o affidandola a investitori che
puntano a fare profitti sulla intermediazione del nostro lavoro». Il Presidente dell'ente, Filippo Sugar, ha
sottolineato la «risposta trasversale» all'iniziativa, «raccogliendo l'adesione di molti giovani autori e di nomi
noti e meno noti dai diversi settori del comparti creativo e culturale. A riprova del fatto che gli autori
rappresentano il vero e proprio perno della nostra identità culturale». Questa mossa, però, non è andata giù
al Movimento 5 Stelle, che a stretto giro ha diffuso una nota in replica, firmata dai deputati della
Commissione politiche Ue, definendo «vergognosa la propaganda di Filippo Sugar che, pur di
salvaguardare la propria posizione di potere sul mercato italiano, fa credere che abolire il monopolio
equivalga a eliminare il diritto d'autore. È esattamente il contrario: dall'apertura del mercato,
opportunamente regolamentato come proponiamo nella nostra proposta di legge, deriverebbe una maggior
tutela per artisti e imprenditori. Gli unici interessi che verrebbero intaccati sarebbero quelli della Siae».
Primo firmatario di questa proposta di legge è il deputato Sergio Battelli, che ne illustra a Il Tempo gli
obiettivi. «Vogliamo dare la possibilità di uscire dal monopolio Siae dopo 75 anni. E vogliamo trasformare la
Siae in un ente di controllo interamente pubblico», l'Autorità per la garanzia degli autori e degli editori, che,
per meglio chiarire, Battelli definisce «una sorta di Agcom». Il deputato pentastellato spiega: «oggi ci sono
tantissime startup, anche italiane, che devono poter entrare nel mercato, ma non possono farlo in Italia e
perciò devono andare all'estero. Perciò possiamo realmente cogliere l'opportunità della direttiva Barnier per
cambiare questa situazione che c'è in Italia». Ma qual è l'atteggiamento del governo rispetto ad un
superamento del monopolio? «Non ne vogliono sentir parlare», dice Battelli. «Durante il passaggio della
legge di delegazione europea in quattordicesima commissione, dove io sono capogruppo - racconta - è
venuto Franceschini a dirci che la Siae è una realtà che ci invidia tutta Europa. Perciò sono stati bocciati
tutti i nostri emendamenti che andavano contro il monopolio, e molti deputati Pd che avevano presentato
proposte di modifica nella stessa direzione, anche se dal contenuto più blando, sono stati spinti a ritirarli».
Battelli specifica che la proposta dal M5S non avrà l'effetto di una liberalizzazione selvaggia: «vigileremo
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La Ue chiede di liberalizzare il settore. Barricate del governo
15/07/2016
Pag. 19
diffusione:20359
tiratura:37020
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
sul mercato. La nostra sarà una riforma di sistema con più trasparenza e abbattimento di costi e balzelli. Se
altre società faranno collecting» conclude Battelli «non vuol dire che viene meno la tutela del diritto».
Foto: Precursore Fedez è stato il primo artista italiano ad abbandonare la Siae
Foto: Innovatore Davide D'Atri, fondatore italiano e Ceo della società inglese Soundreef
Foto: Battaglia Sergio Battelli del MoVimento 5 Stelle ha presentato una proposta di legge contro il
monopolio della Siae
Foto: Benigni Il comico ha firmato un manifesto in difesa della Siae con un altro migliaio di artisti italiani. Tra
loro anche Baglioni e Verdone
ANICA WEB - ANICA WEB
3 articoli
13/07/2016 15:30
Sito Web
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ANSA) - ROMA, 13 LUG - Meno film (185 contro 201), ma più investimenti (338,8mln nel 2015 contro i
319,5mln del 2014); coproduzioni in crescita (da 21 a 28) e aumenta il numero dei paesi partner (da 11 a
19) con una preponderanza delle partnership con la Francia. Mentre è modesto il numero delle
coproduzioni minoritarie: 6 su 28 nel 2015. Questa in sintesi la fotografia della produzione cinematografica
italiana nel 2015 così come emerge dai dati raccolti da ministero di beni culturali (Mibact) e associazione
delle industrie cinematografiche (Anica). Tra gli altri dati: diminuisce il cinema in tv (-5%) e invece migliora
la distribuzione in sala nel 2015 con un +11%. Bene, infine, il primo trimestre 2016 con il cinema italiano
che si attesta al 46% di quota mercato, quasi triplicando gli incassi 2015 e raddoppiando quelli 2014
ANICA WEB - ANICA WEB - Rassegna Stampa 15/07/2016 - 15/07/2016
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Nel 2015, meno film, ma più investimenti
14/07/2016 02:37
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Checco Zalone in «Quo vado?»
Meno film (185 contro 201 del 2014), ma più investimenti (338,8 milioni nel 2015 contro 319,5);
coproduzioni in crescita (da 21 a 28) e più paesi partner (da 11 a 19) con una preponderanza in Francia.
Modesto infine il numero delle coproduzioni minoritarie: 6 su 28 nel 2015. Questi in sintesi i dati relativi alla
produzione cinematografica dell'anno 2015 forniti da Mibact e Anica.
Sul fronte del cinema in tv, segno negativo (-5%), meglio invece la distribuzione in sala nel 2015 con un
+11%. Bene, infine, nel primo trimestre 2016 il cinema italiano che si attesta al 46% di quota mercato, quasi
triplicando gli incassi 2015 e raddoppiando quelli 2014. Entrando più nei particolari, il costo medio
complessivo dei film italiani prodotti nel 2015 supera i 2 milioni contro 1,9 del 2014. I film ad alto budget,
con costo superiore a 3,5 milioni, sono stati 29 nel 2015 (25 nel 2014), con un costo medio di 5,8 milioni.
(...)
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Nel 2015 meno filmma più investimenti
14/07/2016 02:49
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Checco Zalone in «Quo vado?»
Checco Zalone in «Quo vado?»
Meno film (185 contro 201 del 2014), ma più investimenti (338,8 milioni nel 2015 contro 319,5);
coproduzioni in crescita (da 21 a 28) e più paesi partner (da 11 a 19) con una preponderanza in Francia.
Modesto infine il numero delle coproduzioni minoritarie: 6 su 28 nel 2015. Questi in sintesi i dati relativi alla
produzione cinematografica dell'anno 2015 forniti da Mibact e Anica.
Sul fronte del cinema in tv, segno negativo (-5%), meglio invece la distribuzione in sala nel 2015 con un
+11%. Bene, infine, nel primo trimestre 2016 il cinema italiano che si attesta al 46% di quota mercato, quasi
triplicando gli incassi 2015 e raddoppiando quelli 2014. Entrando più nei particolari, il costo medio
complessivo dei film italiani prodotti nel 2015 supera i 2 milioni contro 1,9 del 2014. I film ad alto budget,
con costo superiore a 3,5 milioni, sono stati 29 nel 2015 (25 nel 2014), con un costo medio di 5,8 milioni.
(...)
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Nel 2015 meno filmma più investimenti