Sonderkommando Auschwitz 28-03-2016
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Sonderkommando Auschwitz 28-03-2016
SONDERKOMMANDO AUSCHWITZ L'autore di questo libro è Shlomo Venezia, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz II (Birkenau). Prima della deportazione, a causa della sua religione,egli viveva a Salonicco, una città situata nel Nord della Grecia. Nel 1940, un anno dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, le truppe di Benito Mussolini invasero l'Albania dove dovettero contrastare una forte resistenza greca e successivamente vennero aiutate dalle truppe tedesche di Adolf Hitler che poi conquistarono la Grecia. Qui le SchutzStaffeln, comunemente chiamate SS, diedero il via alle operazioni mobili di massacro e alle deportazioni in campi di concentramento situati in Germania oppure in campi di sterminio situati nella Polonia occupata. Anche l'esercito italiano aiutò le SS a compiere il loro scopo: cioè rastrellare tutti gli ebrei presenti nelle zone conquistate e per poi sfruttare la loro manodopera per lo sforzo bellico oppure ucciderli negli appositi campi. Nella città di Salonicco Shlomo abitava in un quartiere ebraico con la sua famiglia e tutti furono presi e prima trasferiti in una sinagoga ad Atene, poi deportati nel campo di sterminio di Birkenau che dista circa 70km da Cracovia (nel Sud-Ovest della Polonia). All'arrivo a Birkenau, Shlomo venne sottoposto alla prima selezione, la più letale, perché i prigionieri venivano giudicati abili o inabili al lavoro. Questi ultimi venivano mandati verso il lato sinistro in strutture chiamate Krematorium. Shlomo fu dichiarato da Josef Mengele (il dottore del campo che svolgeva le selezioni) come abile al lavoro. Un giorno giunse presso il kommando di Shlomo un ufficiale delle SS che chiese di poter avere circa 80 persone per un lavoro speciale e aveva bisogno di dentisti, barbieri, muratori, falegnami ecc. Shlomo si finse un barbiere perché dopo al suo arrivo al campo era stato mandato nella Zentralsauna cioè la sala di immatricolazione e lì aveva visto che il lavoro dei barbieri che rasavano le teste ai prigionieri non era così spiacevole come invece lo era quello di trasportare i cadaveri ai crematori, incarico a lui inizialmente affidato. Ovviamente il lavoro che lo attendeva non era questo, ma era ben altro. Venne condotto in una baracca circondata da filo spinato e isolata rispetto alle altre baracche. All'arrivo Shlomo era confuso perché non capiva il motivo del trasferimento in quel luogo. Dentro la baracca si trovava un addetto allo Stubendienst, cioè un prigioniero ebreo che aveva il compito di pulire. Quest'ultimo si offrì di raccontargli ciò in cui consisteva il futuro lavoro che avrebbe dovuto svolgere Shlomo. Lo “sporco” lavoro del Sonderkommando di cui entrò a far parte Shlomo, svolto obbligatoriamente in due turni da dodici ore ciascuno (alcuni lavoravano di giorno altri di notte) consisteva nell'accompagnare le persone destinate alle camere a gas nei grandi spogliatoi che si trovavano al loro ingresso senza far scoprire la tragica sorte che le attendeva, aiutarle a svestirsi nel tempo più breve possibile, ordinare e raccogliere i loro indumenti mentre il personale delle SS le stava assassinando, estrarre i corpi dalle camere a gas, estrarne i denti d'oro, togliere le protesi e tagliare i capelli alle donne, introdurre i corpi nei forni crematori o gettarli nelle fosse all'aperto, sminuzzare le parti delle ossa ancora intatte, gettare le ceneri nel fiume Vistola che scorreva vicino a Birkenau, ripulire le camere a gas e imbiancarle perché le vittime successive non si insospettissero. Il lavoro del Sonderkommando che si svolgeva all'interno dei Krematorium o dei Bunker non durava più di trequattro mesi. Questi prigionieri venivano uccisi regolarmente perché erano la prova di tutto l'orrore che stavano compiendo i nazisti, perciò per evitare che alcuni di questi uomini scappasse ogni trequattro mesi era fatta loro una puntura di fenolo praticata nello Stammlager. Shlomo riuscì a salvarsi perché quando venne assegnato al Sonderkommando (nel 1944) c'era molto bisogno di manodopera nei crematori a causa dell'arrivo di convogli carichi di ebrei provenienti dall'Ungheria (il trasporto degli ebrei ungheresi fu il più grande convoglio arrivato a Birkenau dal giorno della sua apertura). Dopo l'arrivo di questi ungheresi i Sonderkommando non vennero più cambiati, ma rimasero gli stessi fino alla fine. Sebbene Shlomo fosse incaricato solo di tagliare i capelli alle donne, ogni tanto, quando serviva un aiuto ai suoi compagni, svolgeva altre mansioni come ad esempio bruciare i cadaveri, espellere i le salme dalle camere a gas oppure sminuzzare le ossa che rimanevano dopo la cremazione. Tutto questo orrore doveva essere svolto senza opposizione altrimenti si sarebbe fatta la stessa fine. Un giorno gli fu assegnato il compito di estrarre i cadaveri dalle camere a gas perché erano troppi per il personale che normalmente svolgeva questo lavoro. Durante lo svolgimento di questa mansione un prigioniero sentì un rumore all'interno della camera a gas. Subito chiamò i suoi compagni, compreso Shlomo, che gli diedero del pazzo dicendogli che era tutta un'allucinazione, pochi minuti dopo risentì questo rumore e questa volta anche gli altri lo udirono. Assomigliava a un gemito di un bambino, ma i prigionieri ritenevano impossibile il fatto che qualcuno fosse sopravvissuto all'effetto dello Zyklon B. Dopo aver sentito ulteriormente il rumore andarono a verificare e videro che c'era un neonato ancora vivo. Questo stava cercando invano di succhiare il latte dal seno della madre ormai morta… i membri del Sonderkommando lo staccarono dalla madre per portarlo in un'altra stanza, ma un SS li notò e sparò immediatamente al piccolo. Il 18 gennaio ebbe inizio l'evacuazione generale del campo, perché le truppe dell'Armata Rossa stavano avanzando da Est. Tutti i prigionieri dei vari Kommando vennero fatti marciare all'esterno del campo (Marcia Della Morte), mentre quelli del Sonderkommando vennero obbligati a rimanere nella baracca numero 11 che era recintata da filo spinato rispetto alle altre baracche. Insospettiti da questo ordine i prigionieri scapparono dalla baracca e si nascosero tra le colonne di prigionieri che stavano uscendo dal lager. Durante la marcia della morte spesso passava qualche ufficiale delle SS a chiedere se all'interno della colonna di prigionieri ce ne fosse qualcuno che apparteneva al Sonderkommando. Ovviamente nessuno mai rispose, perché si sapeva che sarebbero stati uccisi. Dopo la liberazione ai prigionieri non ammalati i soldati americani chiedevano la destinazione che volevano raggiungere una volta usciti definitivamente dal lager. Shlomo decise di venire in Italia e qui, come lui stesso scrive, fu “ripartorito” a nuova vita. La storia di Shlomo non è da dimenticare, come non lo sono quelle di tutti gli altri sopravvissuti alle atrocità che hanno compiuto i nazisti durante la seconda guerra mondiale. Non si deve trascurare tutta la sofferenza e il dolore che hanno provato queste persone, la forza del ricordo è la cosa più importante perché tutto ciò non si ripeta di nuovo. Alessia Pozzo, classe 2^BAfm