Flex Index - Ski4People

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3 – Per saperne di più…
3.3- Il Flex index
Premessa. Definizione di flex index e problematiche connesse.
Definizione: il “flex index” è un valore che dovrebbe quantificare la forza necessaria da imprimere,
tramite una leva inserita negli scarponi (che simula la gamba), per flettere il gambetto in avanti di una
determinata misura, (cioè per ruotare il gambetto in avanti di qualche grado).
Per poter esercitare un adeguato controllo sugli sci, e quindi condurlo in ogni fase della sciata, è
necessario che lo scarpone permetta, attraverso la flessione del gambetto, di modulare la sollecitazione
impressa allo sci, al fine di controllarlo e gestirne al meglio le caratteristiche strutturali.
Dobbiamo pensare all’insieme sci-scarponi come a un insieme elastico, ad esempio una fionda o un
arco, e all’azione esercitata dallo sciatore come alla forza impressa per tendere (caricare) questa fionda(o
arco), e a gestire il successivo rilascio. Perché nella sciata moderna, questo comportamento elastico è alla
base delle azioni dinamiche che vengono esercitate, e tanto più il livello è alto, maggiore è la capacità di
produrre e gestire queste azioni dinamiche.
E ciò viene espresso appunto tramite le proprietà elastiche dello scarpone. La modulazione delle forze
impresse, viene svolta in maniera progressiva dalla flessione del gambetto.
Questa flessione va quindi commisurata a:
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Livello tecnico che si è in grado di esercitare;
Caratteristiche costruttive e tecniche dello sci;
Finalità di utilizzo;
Tipo di sciata effettuata
Prestanza fisica (in misura minore rispetto ai dati precedenti).
Per capirci meglio, faremo tre esempi di sciatori di diverso livello tecnico.
Il principiante(1) è solito cimentarsi su piste facili, piste ben preparate, neve farinosa e compatta, e
come finalità di utilizzo(3) cercherà di prendere confidenza con la gestualità del proprio corpo e con la
presa di spigolo che gli permetterà di tenere sotto controllo la velocità, nelle sequenze a spazzaneve(4).
Utilizzerà uno sci caratterizzato(2) dall’essere leggero, facile nello svincolo, poco o nulla reattivo. Egli
imprimerà quindi sollecitazioni blande sul gambetto, ed utilizzerà un modello allround di livello base, e con
un basso valore di flex index.
Mentre uno sciatore intermedio(1), è in grado di scendere con discreta disinvoltura a sci paralleli(4) da
ogni pendio(3), con piste anche non perfettamente preparate, utilizzando uno sci mediamente
strutturato(2). Gli occorrerà uno scarpone con una discreta struttura, una buona precisione, e un flex index
più elevato. Sceglierà un modello di categoria allround top level/allmountain.
Lo sciatore agonista(1), al contrario, è in grado di effettuare una sciata condotta(4) su ogni pendenza e
tipo di terreno, e di gestire andature sostenute anche su piste molto dure e ghiacciate ed anche sullo
sconnesso(3), avrà bisogno di uno sci piuttosto rigido e reattivo(2) ed anche di uno scarpone molto preciso
e diretto nella trasmissione degli impulsi, e un gambetto ben strutturato ma anche molto reattivo. Pertanto
sceglierà un modello della categoria race.
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Ad ogni espressione tecnica in fase di sciata, corrisponde una diversa sollecitazione sul gambetto, che
va a crescere man mano che si sale di livello.
Sicuramente sarà saltato all’occhio il fatto che del punto 5) non se ne è accennato negli esempi
precedenti. Come mai? Beh, la risposta è molto semplice.
E sta nelle tante domande, e risposte sbagliate che molti sciatori si pongono in merito al flex index,
frutto di una non corretta interpretazione del suo concetto. Esempio:
“Ciao ho iniziato l’anno scorso, alto 180 x 90 kg, di che flex index lo devo prendere?”
“Anche se sei un principiante, visto che sei massiccio fisicamente, minimo lo devi prendere da 110”
Per aiutare meglio a comprendere questo elemento, ho optato per una descrizione basata sullo schema
domanda-risposta, al fine di chiarire ogni dubbio al riguardo.
1 Il flex index va valutato in base alle caratteristiche fisiche o a quelle tecniche dello sciatore?
Molti erroneamente associano il flex index all’altezza e al peso dello sciatore, quando in realtà è legato
al livello tecnico che si è in grado di esprimere, ed è secondario alla categoria tecnica di appartenenza dello
scarpone.
Infatti, uno sciatore di livello tecnico maggiore, a parità di ogni altra condizione (peso, altezza,
allenamento), è in grado di esprimere e gestire maggiori velocità, maggiori sollecitazioni dinamiche e
vincolari, e ciò influisce in misura maggiore rispetto ad altri parametri come la prestanza fisica.
D’altra parte, un livello tecnico maggiore porta, nella ricerca del proprio limite sciistico, a un gesto
motorio via via più esasperato, che gli sciatori di livello inferiore non sono in grado di praticare e
controllare.
Per fare un esempio banale, su dati numerici, una ragazza minuta alta 165 cm e pesante 50 kg che fa
gare, solleciterà la struttura del suo scarpone ben più di quanto riesca a fare un uomo alto 190 cm e
pesante 100 kg e più, che ha da poco iniziato a sciare a sci paralleli, nonostante le leve più lunghe di cui è
dotato.
Cosa succede se uno sciatore ha ai piedi uno scarpone con flex index inferiore alle sue caratteristiche
tecniche? Sentirà lo scarpone che lo sostiene scarsamente, non gli consente di guidare bene gli sci perché
troppo cedevole, e non riuscirà a spostare in avanti i suoi limiti.
Se invece, ha uno scarpone con flex index troppo elevato, sentirà il piede ingessato, non riuscirà a
effettuare quei movimenti della caviglia che permettono di variare l’assetto durante la curva, e gli
adattamenti sia al tipo di curva sia al terreno (per gli sciatori di livello avanzato), mentre quelli in evoluzione
faticheranno ad evolvere dalla loro sciata piuttosto statica. In più, se scelgono uno scarpone di livello
superiore alle proprie capacità tecniche (cui corrisponde, in linea generale, un elevato valore del flex index),
trasmette in maniera troppo rapida e precisa le sconnessioni del terreno, costringendo lo sciatore a stare
sulla difensiva, a causa della sua tecnica non adeguata a gestire quelle situazioni.
D’altra parte, la semplice considerazione che sul mercato, gli scarponi per principianti hanno un flex
index fino a 70-80, mentre i race sono solitamente dai 110 in su, indipendentemente dal fatto che il
principiante sia 190 x 100 kg e l’agonista sia 170 x 60 kg, dovrebbe indurre ad una considerazione più
obiettiva dei parametri in gioco.
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2. Ho provato più scarponi di marche diverse, stesso valore di flex index, ma ho notato una rigidezza
diversa del gambetto, cioè che su un modello dovevo fare più forza che su un altro per ottenere una
flessione simile, come mai?
Ecco, ad un lettore attento non sarà sfuggito che nella definizione di flex index, ho scritto che
“dovrebbe” dare una misura della forza necessaria per far flettere il gambetto di un tot gradi.
Qui la questione è ancora più complessa, e cercherò di essere il più possibile sintetico ma al tempo
stesso esaustivo.
Le plastiche di cui sono realizzate gli scarponi, hanno una loro rigidezza.
Questa rigidezza, però, non è costante al variare della temperatura, ma varia, e di molto.
Uno dei parametri con cui viene indicata la rigidezza delle plastiche, è il modulo elastico.
Il modulo elastico di un materiale, è tecnicamente definito come il rapporto tra la tensione impressa al
materiale, e la deformazione del materiale relativa a tale tensione impressa.
Il grafico sotto riportato, tratto da http://www.arkema-inc.com/literature/pdf/306.pdf , mostra un
esempio della variazione del modulo elastico a torsione, al variare delle temperature, di tre diversi tipi di
plastiche impiegate nella costruzione degli scarponi (il PEBAX è un materiale solitamente impiegato, per le
sue caratteristiche di leggerezza e di elasticità negli scarponi da scialpinismo)
Figura 1 – La variazione del modulo elastico a torsione per plastiche impiegate nella realizzazione di scarponi da sci
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Come si vede, questo modulo elastico, se alla temperatura ambiente (20°C) è caratterizzato da un certo
valore, è suscettibile di un incremento pari a circa quattro volte quel valore nel passare ad una temperatura
di -20°C.
Ecco perché in in inverno, con temperature di -10°C, abbiamo sentito le plastiche molto rigide, tanto da
far fatica a calzare gli scarponi, e a sfilarli.
Ecco perché invece, nelle giornate primaverili con +10°C, abbiamo sentito le plastiche piuttosto
cedevoli, e lo scafo “spanciare” quando spingevamo sul gambetto.
Ecco perché nella prova in negozio a temperatura ambiente gli scarponi ci sembrano così morbidi… li
prendiamo più rigidi, e poi in pista li troviamo duri come il marmo!
Un altro problema, è che questa variazione del modulo elastico varia per ogni tipo di plastica, e si
modifica anche in base a come viene trattata, in fase di produzione, una medesima plastica.
Per questo motivo, può accadere che a parità di condizioni climatiche, ed età e condizioni delle
plastiche, uno scarpone con flex index 90, ci può apparire rigido come (se non addirittura di più) di un altro
modello che è indicato con flex 110.
A contorno di queste considerazioni, bisogna tenere conto anche di altre caratteristiche, nel
comportamento elastico di uno scarpone.
Uno di questi, è lo spessore delle plastiche, l’altro è l’esoscheletro (struttura) dello scafo, che
influiscono anch’essi sul comportamento flessionale.
Molti modelli di scarpone in commercio, hanno uno scafo bi-iniettato oppure tri-iniettato, ossia
composto da due o tre pezzi, con plastiche aventi caratteristiche differenti, al fine di conferire determinate
caratteristiche strutturali e meccaniche di progetto.
E ancora: plastiche più spesse (di solito nei modelli da gara le plastiche sono più spesse per
permetterne una maggiore lavorabilità al fine di ottimizzare la calzata, ma lo vedremo più avanti) e una
maggiore nervatura nei punti di sollecitazione della struttura, danno l’idea di uno scarpone più rigido, a
parità di plastiche impiegate.
Oltretutto, ogni marca ha il suo metodo di valutazione del flex index, e a tutt’oggi non esiste un metodo
univoco, stabilito da una norma in vigore, per la misurazione del flex index.
Per tutte queste ragioni, il flex index deve essere considerato niente più niente meno che un dato di
massima, nel senso che non si può paragonare il flex index di un dato modello, con quello di un altro
modello, sebbene nominalmente essi abbiano lo stesso valore di flex index.
3 Il mio scarpone vecchio lo sento più rigido di quand’era nuovo. Significa che ha aumentato il flex
index?
Un altro fattore importante da considerare, che però riguarda gli scarponi usati e non quelli nuovi, è
che le plastiche sono notoriamente un materiale invecchiante, per cui col passare degli anni e a seconda
delle modalità con cui gli scarponi vengono conservati, le plastiche si irrigidiscono, perdono cioè le loro
proprietà elastiche, e assumono comportamento fragile (cioè, si riduce la loro capacità di deformarsi, e
oltre una data sollecitazione, si ha rottura del materiale).
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Foto 1 - Scarpone soggetto a rottura fragile per invecchiamento (fonte: Internet)
Questo NON è da interpretare con un incremento del flex index, bensì con un peggioramento delle
caratteristiche dello scarpone. Infatti le plastiche, invecchiando, diventano sempre più sorde e meno
progressive, inficiando l’assetto elastico-dinamico di sciata. Le plastiche non devono infatti solo “resistere”
al piegamento imposto dallo sciatore, ma devono anche “restituire” in rilascio la deformazione, con delle
modalità che vengono accuratamente studiate nel corso delle fasi di progettazione, sviluppo, e testing degli
scarponi, in base alle finalità d’utilizzo (ad esempio, un rilascio elastico più reattivo e rapido, per le gare di
slalom speciale, o più progressivo e graduale per le gare di velocità).
Per tornare al discorso dell’invecchiamento delle plastiche, qualche azienda raccomanda di cambiare gli
scarponi ogni 5 anni. Comunque, se trattati e conservati adeguatamente, possono garantire qualche anno
in più, sebbene sia inevitabile un calo prestazionale, e magari le scarpette siano comunque da sostituire
dopo un tot sciate, in quanto logore e non più in grado di contenere bene i piedi, per via del fisiologico
assottigliamento delle scarpette con l’uso.
4 Posso aumentare o diminuire il flex index del mio scarpone?
Alcuni modelli di scarpone, in particolare i modelli di alta gamma e quelli della categoria race, è
possibile aumentare o diminuire il valore di flex index dello scarpone. Questa regolazione avviene tramite
l’inserimento di viti, che aumentano il grado di vincolo tra scafo e gambetto.
Di solito, nella parte posteriore è posta una placchetta metallica, dove è possibile inserire da una a tre
viti. La vite più bassa va tenuta inserita in ogni caso, altrimenti si potrebbe avere un gioco non voluto tra
scafo e gambetto.
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Foto 2 – Viti posteriori per l’incremento del flex index. Immagine tratta da un manuale Head
Superiormente è presente un foro, dove poter inserire una vite aggiuntiva (di solito presente nella
confezione d’acquisto). Tale vite pone un ulteriore vincolo tra scafo e gambetto, dando quindi una maggior
resistenza del gambetto al piegamento. In maniera piuttosto grossolana, si quantifica tale incremento con
l’aumento di 10 punti rispetto al valore nominale di flex index. Ad esempio, un flex nominale di 100,
diventa un flex 110 con l’inserimento della seconda vite.
Alcuni modelli, presentano tre fori. In tal caso, oltre alla vite in basso, si pone una vite aggiuntiva sul
foro intermedio, o quello più alto. La differenza è non solo in termini di flessione, ma anche di flessione
laterale del gambetto. Ponendo la vite nel foro intermedio, si ha un incremento di un certo tipo
(quantificato nominalmente in 10 punti del flex index), mentre se viene applicata sul foro più alto, si ha un
ulteriore incremento di rigidezza, dovuto a ragioni fisiche (maggior braccio di leva), e pertanto quantificato
con un incremento nominale di 20 punti del flex index.
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Nelle tre foto sopra, uno scarpone Head Raptor B2. Foto tratte da un manuale Head.
(3): una vite inserita – flex index nominale 140
(4): due viti inserite – flex index nominale 150
(5): tre viti inserite – flex index nominale 160
(5)
Si faccia attenzione: le viti vanno inseriti dal basso verso l’alto, con la prima vite sempre inserita: porre
una sola vite nel foro intermedio o in quello più in alto, è una procedura non corretta in quanto si avrebbe
l’insorgere di un gioco tra scafo e gambetto, oltre a inficiare la rigidezza laterale che si vuole ottenere.
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Altri scarponi pongono tali viti lateralmente nel gambetto per ottenere un irrigidimento.
Foto 6 – Salomon Pro Model Gun, con due viti laterali di irrigidimento.
Esistono altri metodi per aumentare, o al contrario diminuire la rigidezza dei nostri scarponi, ma questo
rientra in quella pratica chiamata bootfitting, e non li tratteremo qui.
Si ringrazia il Dr. Martino Colonna per avermi fornito alcune informazioni utili alla stesura del presente
paragrafo.
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