GAME LOVE - Isa Milk

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GAME LOVE - Isa Milk
ISA MILK
GAME LOVE
Alla mia famiglia
(Avere vent’ anni…)
20 febbraio 2007
Non conosceva paura. Era determinato ad entrare. Affrontare quel mondo e lei. Doveva capire se
fosse diventata il suo unico rimpianto. Il solo rimpianto di una vita.
Ufficialmente erano diverse le motivazioni che l' avevano portato lì.
Ufficiosamente, in cuor suo, soltanto una. Vedere che reazione avrebbe avuto, osservandola, per
un’ ultima volta. Prima della partenza. Il biglietto era in tasca.
Canadian Airways: Milano – Montreal.
Ma lei chi era?
Lei era il drago; lui San Giorgio(1). O viceversa? Non importa! E’ sempre stata una sceneggiata,
dove da un momento all' altro i ruoli potevano essere invertiti. Ma per lui no . C’ era qualcosa di
più. Per lui era stato l' incipit, un po' romanzato, di una conoscenza intima, dove sembrava quasi
di poter penetrare nell' altro, senza contatto. Sembrava tutto poggiare sul solo pensiero.
Stava sorridendo, Platone e le sue teorie gli erano sempre stati indifferenti. Il Simposio… la teoria
dell’ eros, e tutte quelle assurdità.
E quindi era destinato al rimpianto eterno?
Ma no… un giorno, durante uno di quegli incontri-scontri surreali, le disse che quando il
sentimento è unidirezionale, tende a dissolversi. Succede gradualmente, non è un evento violento e
travolgente. E' alla pari della fase dell' innamoramento. Quando ami una persona non te lo imponi,
tanto meno impone nessuno. Ti svegli una mattina e puff ... il primo pensiero è lì, da lei.
E la fase di "disinnamoramento" è equipollente. Anche se in alcuni casi, come questo, ha la
premessa di un’imposizione. Ma col fine legittimo di tutelarsi.
Il risveglio è sempre uno qualunque, ma il pensiero ... è il pensiero a cambiare.
Nel GAME LOVE si deve essere in due. Altrimenti la scritta che compare sul display della tua vita
è GAME OVER.
La vera fregatura , in amore, è il raro dono dell' ubiquità. (E proprio perché raro, difficilmente sei
tu il prescelto). Si passa dall' io al noi . E' come trovarsi in due corpi contemporaneamente.
Non vivere con l’ altro, ma vivere nell’ altro.
Ergo: il segreto per un’ eterna storia d’ amore è l' ubiquità. E quindi ci tocca ammettere che, per i
non-eletti, l’ amore è eterno… ma finché dura!
Sono sempre stato dell' idea che una storia, una pseudo storia o una potenziale storia, finisca per
due motivi, sostanzialmente:
1. Il tradimento, lo spettro che si aggira in ogni dove, il più temuto.
2. La mancanza di “ ubiquità sentimentale ”, il non far coincidere il mio tempo con il tuo.
I miei spazi con i tuoi. Ad ognuno sarà capitato di innamorarsi e non essere corrisposto, e poi,
guarda caso, l' altro si risveglia dallo stato vegetativo comatoso di torpore esistenziale... ma il
vostro tempo e voi siete impiegati altrove.
Bisognerebbe trovare un metodo o tecnica o algoritmo, come disse una volta un amico, che possa
risolvere questi disguidi spazio/ temporali.
E allora sì che si potrebbe parlare di felicità, serenità e tutti gli altri "…ità".
Non l' aveva vista. Si era momentaneamente voltato. Era stranamente sereno. La vede muoversi, in
avanti. Di spalle. L' immagine è triste, perchè le spalle gli hanno sempre ricordato la figura di
Giuda.
Ma questa volta non era così. Era semplicemente andata così. Era destino che quegli sguardi non
si incrociassero.
Lui si sarebbe ripreso in mano la sua vita e avrebbe realizzato i propri sogni e progetti, e lei... beh,
lei avrebbe continuato la sua esistenza così come l' aveva scelta e vissuta, da sempre.
Ma a volte, lui si sarebbe continuato a specchiare in quella immagine simmetrica e speculare,
senza illusioni, follie, desideri.
Lei aveva insegnato molto, nonostante i suoi modi e le sue scarse parole.
Parole che forse gli avrebbero fatto capire di più. Ma bisogna accontentarsi e ringraziare.
Perchè quando c' è un affetto, si dice :
Grazie!
Ed ecco arriva l’ alba so
che c’ è qui per me
meraviglioso co me a
volte ciò che sembra
non c’è
fottendosi da sè,
fottendomi da me,
per quello c he non c’è
(Afterhours)
Figlio unico. 25anni. Interista. Giornalista, senza pretese.
Il 110 e lode in Lettere incorniciato nel salone, che si affaccia sul suggestivo Golfo di Gaeta.(2)
I miei, infermieri , delusi dal loro unigenito, mancato medico.
Vi domanderete: e chi te lo fa fare di partire per Milano!
Lo vorrei tanto capire. Forse per dimostrare che anch’ io posso fare qualcosa.
Restare qui comporterebbe due grandi rischi. Il primo, che in realtà mi spaventa meno e non lo vedo
eccessivamente nocivo, è quello di finire mantenuto fino ai quaranta, anno in cui mi toccherebbe
iniziare una terapia con un analista dei fornelli; il secondo … beh, il secondo è più grave. C’ è la
storia con la mia ex da archiviare. Non sono di quelli che rinnegano il passato, ma qui ne va della
mia salute mentale. Da quando ci siamo lasciati, è partito un via vai di voci. Ovviamente LUI, è per
antonomasia lo stronzo. Quello che segretamente l’ ha messa incinta e fatta abortire. Oppure l’ ha
drogata e violentata (anche con storia decennale). LEI, la vergine Santa Maria Goretti, invece,
diventa il cervo quattro stagioni.
Queste voci, ovviamente, sono le voci di Dio, le voci del popolo. Eh sì, perché in un paesotto come
Minturno (3) sei nel cuore della gente. Nel cuore e nella bocca. Casomai dovessi pensare che gli
esseri umani siano una massa di ipocriti, indifferenti ed impudenti: ti sbagli! Basta un semplice
weekend qui, nella magica riviera di Ulisse, che diventi uno di noi.
Codice fiscale, albero genealogico, fedina penale, divorzi alle spalle, figli a carico… noi siamo in
grado di sapere questo ed altro. Noi ci prendiamo cura di te e della tua vita!E allora se poi te ne esci
che qui non c’ è altruismo e privacy : problemi tuoi!
Tutto questo inutile sproloquio per dire che la mia storia forse a breve archiviata, non è come la
descrivono. No!
Io l’ amavo. O amavo l’ idea dell’Amore.
Perla.
Gli amici, come gli a mor i,
non s i cercano: ma si
trovano!
( R. Gervaso)
Alex
29 anni. Appartenente ad un’ importante famiglia aristocratica milanese, di origine calabrese.
Shirley Temple versione femme. Vanitosa come poche, con un quoziente intellettivo superiore alla
media. Rigorosamente griffata ma soprattutto con quei “bei colori pastello di una volta”. Che rottura
quando comincia con la distinzione tra rosa antico e rosa salmone e rosa pesco… E’ rosa, zia, è
semplicemente: R–O–S-A.
Direttore di “Andromeda Fair” , rivista diciamo di gossip e informazione. Per la quale sto andando a
lavorare. A Milano. Senza che storcete il naso, non è di quelle che ti riempiono le pagine di sederi e
tette al vento. No diamine! Al massimo ci sono pubblicità di cosmetici ed intimo come se non ci
fosse un domani! Comunque si scrivono anche articoli di cronaca, politica, welfare, arte &
spettacolo. Ovviamente, io sono in prova. E lei è stata magnanime. Mi occuperò di quest’ ultima
rubrica.
Ero in via Monte Nero. All’ altezza del negozio della Puma. Quello ad angolo, dove svoltando c’ è
un supermercato (peggio di una gioielleria, dato i prezzi).
Ero a Milano per il concerto di Carmen (4), la cantantessa . 9 settembre 2006. Avevo lasciato la
mia sgarrubata opel corsa, vicino il negozio di fiori. Giù nel parcheggio. Faccio per chiudere l’ auto
(nonostante tutto avevo la chiusura automatica) e mi trovo questa figa assurda per terra. Quattro di
bastoni. Per un attimo, lo sguardo si è fermato sul seno e ho anche pensato che lì sotto c’ era una
terza abbondante. Poi mi sono schifato da solo e ho realizzato che la tipa era svenuta e che ad ogni
modo, senza abdurre troppo sui perché e per come, conveniva muovermi. La carico in auto e cerco
un ospedale.
E quindi: che mai avrai fatto di sorprendente!?! Lo so io! C’ ho una sconosciuta in auto, svenuta,
mi trovo a Milano, per la prima volta, senza navigatore o tomtom come si chiama e senza un povero
cristo che sappia darti delle indicazioni per uno ospedale!
Dopo circa una ventina di minuti, non mi si sveglia e mi esplodono i timpani, oltre alla sopraggiunta
crisi anginosa, dipesa dalle sue urla?
- Chi sei? Maniaco! Fammi scendere, tu non sai chi sono io. Io ti rovino! Aiuto, aiuto, aiut___
- Ehi. Calmati ed in fretta. Non sono un maniaco. Prima di tutto. Dammi pure del lei, perché
fino a prova contraria io sono quello che ti ha caricato in auto, mentre ti poggiavi tanto
delicatamente al pavimento del parcheggio, lì a Porta Romana.
- Ma io .. ma tu… ma__
- Ma abbi l’ accortezza di abbassare il tono della voce,… se riuscissi a capire dove diamine
svoltare per riportarti indietro, saremmo tutti felici. Tu per fatti tuoi e io al mio concerto.
Ed è stato questo il magico incontro tra me e Alex. Ovviamente lei ha preteso , e sottolineo preteso,
di essere portata in ospedale per tutti i vari ed eventuali controlli , perché “ non si sa mai ” e poi “tu
non sai chi sono io” …
e il mio concerto della mitica Carmen? A libere professioniste!
Dopo il night- hospital ci fu una bella pizza e birra da willy. Non era mica tanto snob. Aveva un non
so che di comico, bastava una parola che ci ricamava sopra una battuta. La sua compagnia era
piacevole. Ma non mi sfiorava minimamente l’ idea di un dopo-cena. Forse perché i suoi occhi mi
ricordavano … mi ricordavano quelli di Perla. E forse perché ho sempre sperato nel coup de foudre
con tipe come lei. Che non c’era stato, per l’ appunto. Cioè Alex non era la tipa da botta e via.
Bisogna sfatare questo mito degli uomini che quando vedono una, subito come allupati… No, le
distinzioni le facciamo. Lei è una di quelle che ancora ce l’ ha una dignità. E poi era davvero
rilassante e piacevole raccontarsi, così naturalmente ed incondizionatamente. Quando le parlo del
mio lavoro, scatta la stoccata al cuore.
- Ma tu ci verresti a lavorare nella mia rivista? Lo so che aspiri alle grandi testate nazionali o
fare l’ inviato di guerra, data la vena umanitaria… ma capisci? Ti offro una grande
occasione. Con la collaborazione alla mia rivista il tuo curriculum farebbe un salto di
qualità.. e poi anche la tua vita! Passare da Minturno a Milano… Leo ma mi ascolti?
E ora? Cioè teoricamente a quest’ora dovevo intonare “Quello che sento” di zia Carmen sotto le
transenne. Casomai con gli occhi pieni di Perla… era la nostra canzone. Non ce la posso fare! E se
fosse destino? Sì , ricado nel fatalismo…
Eppure in quel momento sembrava che tutto nella mia vita fosse accaduto per arrivare lì.
Era la mia occasione, non potevo perderla così.. no, Leo devi dire sì alla vita…
Sì , eccolo il motto del 2006 : DIRE SI’ ALLA VITA (5)!
Le allungo la mano e detto fatto.
Milano aspettami,
ora.
Tirando avant i lontano
dai guai in attesa del
giorno in cui mor irai!
(Trainspotting)
Ero nel piazzale della stazione di Formia (6). Ci sono dei muretti. I liceali si fermano lì a fumare la
siga “prentrata”. Tutti assonnati e demotivati. Di fronte un albero e sotto dei tavolini di plastica.
Aspettavo le otto e mezza come ogni mattina. Merit in mano. Mano sinistra.
Di fianco mi parte un rutto. Mi volto per complimentarmi. Bellissima.
Stava leggendo “Il muro”: capelli fucsia. Due perle grigie. Guance arrossate.
Peroni in mano. Esito, poi, molto simpaticamente, mi congratulo per l’esternazione liberante.
Ricevo un laconico “sti cazzi”, emblematico, direi. Insisto. Fin quando non mi dice di smetterla
davanti agli amici. Ma non mi arrendo. La sua sfrontatezza, che dio la benedica, pensavo.
Ma ad un certo punto esausta, decide di guardarmi negli occhi. E’ la fine.
Le propongo una colazione. Mi dice di andare a casa sua. E nella mia mente, parte la posizione del
baco da seta, avvinghiato al suo corpo più che scheletrico. Chiacchieriamo al portone, per rompere
il disagio dell’ingresso in casa. E poi, finalmente dentro.
In quel momento avrei voluto teletrasportarmi in classe. Mai visto posto più lugubre! Sembrava il
ritrovo di una setta satanica. Oltre la semioscurità, che regnava ovunque, era suggestivo il poster di
Manson in fondo al salone…salone imbiancato con i melodiosi toni del rosso e del nero. Cicche sul
pavimento. Svuotini sul divano. Tanfo di marcio che giungeva dalla cucina e la mia disperata voglia
di collassare. Casomai il baco da seta un’ altra volta…
Dalla porta semiaperta della stanza adiacente, vedo uno scenario ordinario: tre-quattro corpi (non
saprei esprimermi sulle sessualità di codesti, ma aggrappiamoci all’ ermafroditismo) aggrovigliati.
Sono certo: non un minuto di più.
Mi spinge nella camera da letto e ritrovo il paradiso. Immagine di ballerine sparse ovunque. F4,
matite e pastelli sulla scrivania, copie di Degas alle pareti e le scarpette appesa al chiodo. Non vuole
fare altro che parlare e rullarsi una canna. Magnetico, il suo sguardo. Mi racconta la sua vita. I
genitori morti in un incidente stradale, due anni prima. Un fratello spacciatore ed eroinomane. (Che
teoricamente era fra gli ermafroditi, di là).
Sul volto solo una cosa le si leggeva: disperazione.
Mi alzo, le accarezzo i capelli e mi siedo sul letto. Prendo la canna e la spengo.
Mi avvicino lentamente alle sue labbra.
Il mio cuore batteva.
Perla.
Il c oncetto chiave dello
scrivere, è scrivere!
(Scoprendo Forrester)
Le 08:30 di un ordinario lunedì mattina.
In ascensore sono solo. Ne approfitto per guardare i denti. Perfetti. E grazie al cavolo! I 52 euro di
AZ - whitestripes ne vogliamo parlare? Poi nello specchio… la vedo. Il terrore di ogni individuo.
Eccola: la supercaccola brematurata con scappellamento nella narice destra che penzola. In un nano
secondo la tolgo ovviamente e ringrazio Dio di essere solo ed essermene accorto in tempo. Però che
stronza la donna delle pulizie, poteva avvisarmi?
Primo giorno di lavoro.
Salve a tutti, belli e brutti. Lo penso ma non lo dico. In quel tripudio di visi anestetizzati dalla
nebbia milanese mattutina, cerco la mia salvatrice. Il mio Perseo(8). Arriva più elegante che mai.
Tailleur crema, con una lieve scollatura… sì, confermo la terza abbondante. Capelli alzati, con un
fermaglio a forma di farfalla di swarovski e un trucco leggero. Una perla pendeva dal collo.
- Leonardo sei in orario! Seguimi. Ti mostro la tua postazione .
Le copertine di Andromeda Fair, di questo mezzo secolo di pubblicazioni, tappezzano le pareti.
Un bonsai sulla scrivania con rigoroso Apple. La luce del neon mi irrita la vista. Dalla finestra solo
nebbia e pioggia fitta. Per poco chiudo gli occhi, li stringo, e lo vedo. Vedo il sorgere del sole,
seduto sugli scogli del Porticciolo Romano a Gianola(7). Le onde infrangersi sulla roccia e l’ odore
di mare sul viso. Poi li riapro e c’ è Alex che mi guarda, incuriosita.
Sorriso imbarazzato. Doppiamente imbarazzato perché tutti le danno del lei ed io sono l’ unico
cretino appena arrivato che le dà del tu. Sicuramente è questo quello che pensano, oltre al fatto che
me la sono scopata.
- Senti, inizi subito. Questa settimana ti spetta un’ intervista alla grande Varenne! Domani c’ è la
presentazione del nuovo libro “Hip- hop/Bebop ovvero Io so improvvisare”, al Caffè Le Giubbe
Rosse di Firenze. Ti consiglio vivamente la lettura del libro. Ah, mi auguro che gli altri best-sellers
siano ben stanziati nel tuo bagaglio cultural. Il biglietto del treno è sul tavolo, sotto la mappa. Non
mi deludere, ricorda che sei in prova!
La mia faccia… Volete sapere quella cavolo di espressione che avevo stampata sulla mia faccia?
Avete presente Pluto alla vista di Topolino con la lingua a penzoloni? Cioè, riepiloghiamo: fino a
ieri scrivevo gli auguri per le vecchiette ottuagenarie e domani mi tocca intervistare l’ icona
femminile della letteratura contemporanea Eliana Varenne?
Non ce la posso fare. Non ci posso credere.
Addio Leone!e’ la fine!
L’ a mor
che muove il s ole
e l’ altre stelle
(Dante)
Eliana Phoenix Varenne.
Nata trentacinque anni fa, nella gelida notte del 20 febbraio del 1972 a Modena. Al secolo, scrittrice
(a mio avviso, vera e propria artista) – indiscussa icona femminile della letteratura contemporanea e proprietaria della casa editrice bolognese “Mulini al Vento”, oltre che organizzatrice di numerosi
festival letterari ed eventi musicali. Tra questi vale la pena ricordare:
1. Icone e penorcon
2. Tutti voglion fare jazz e delirio a Las Vegas
3. Words in the wind
Dei best- sellers, giusto per rispolverarmi la memoria:
1. Evans e Izmajlova
2. Logic of love
3. L’ Illusionista
4. Alcibiade vs Woody Allen
5. Il crematore e la fiammiferaia
6. L’ isola di Pan
7. L’ oscuro ceruleo
8. Morte in cabina 511
9.Walk the line, baby
10.Silence, I am thinking!
Eliana.
Avevo un libro da leggere. Immagino che suggestivi sermoni sul jazz! La tipa è fissata alquanto.
Un passato da sassofonista. Amante di Trane e Miller. Teoricamente dovevo anche abbozzare duetre domande, era un’ intervista al Caffè Le Giubbe Rosse! Ma lei stessa elogiava l’ arte dell’
improvvisare, no?
C’ era un grosso problema: cosa indosso? Mi spiego: il capo più elegante che ho nell’ armadio della
pensione a mezza stella, in via Brioschi, è una giacca di velluto verde pistacchio, che usavo con
Perla per travestirmi a Carnevale, da “Pistacchio’s boy”. Meglio di niente…
Ma ecco che viene alla mente lei,il mio Perseo: Alex. La boss, con faccia rigenerata dalla seduta di
meditazione di gruppo, mi catapulta ne La Rinascente.
Dico io: ti sembro il tipo che ha da spendere qui? Ma lei è la donna e il boss. Fa rientrare l’ abito
con tanto di cravatta Hermes, nelle spese della rivista. E io mi sento un verme pezzente.
Parliamoci chiaramente: chi è il pazzo che spende più di duecento euro per una cravatta? E
comunque la cosa non mi quadrava. La paura era quella che la mia unica amica, si stava
innamorando… no impossibile!
E infatti usciti di lì, diretti al bar Le Tre Gazzelle per un affogato al caffè, specifica che con il
tempo, quei soldi verranno detratti dallo stipendio. Ecco la fregatura!
Ma poi mica vado lì, a fare il figodandy! Questo è lavoro, chiaro o no?
Sveglia all’ alba. Maledico Eliana (pardon, ma c’ ho un sonno della miseria dato che mi è toccato
sorbirmi quella cavolata sul jazz e la tua logica wolffiana (9) della musica), Alex e mia madre,
soprattutto. Per non avermi fermato il 9 settembre, per un concerto che mi è rimasto in gola.
Barba rasata. Pizzetto tagliato. E anche sotto il mento. Bravo Leo ! Quanto è adatto il taglio da
adolescente alle prime armi con il rasoio ? Cento!
Calzini, pantalone, camicia orribilmente bianca, cinta, cravatta rossa con i polipetti blu (“Quanto è
dolce!”, ha detto Alex… Non puoi capire!), giacca. Scarpe tirate a lucido. Blaaaa…non sono io!
Mi guardo allo specchio :
- E sciarpa, cappello,cappotto, avanti, indietro, di fianco e di lato!(10)
Irriconoscibile! Due gocce di Blue Chanel . Spengo le luci ed esco.
Il treno maleodorante, come sempre. Tentato di benedire profanamente il WC delle ferrovie dello
stato, ma la donna con l’ alano distesi nel bagno mi hanno fatto desistere di fronte al divino
richiamo della natura.
E finalmente Firenze. Caffè Le Giubbe Rosse
Non dico altro. I caffè letterari, prima della guerra. I ritrovi delle menti.
Ogni volta che entro mi fa sempre lo stesso effetto. Inizio a fantasticare. Per me l’ aldilà dovrebbe
essere così. Se dovessi pensare al paradiso, la location è questa. Poi ovviamente, passando a vita
migliore, anche gli incontri dovrebbero obbligatoriamente esserlo. Non vorrei finire a prendermi un
caffè con la velina mora dell’ 87 o la escort prestata al consiglio regionale del 2010. Che ne so, mi
basterebbe sedere per terra e avere di fronte un tavolo, anzi una tavola rotonda. E se poi mi
costringete a fare dei nomi, beh… vorrei vedere De Andrè, De Filippo, Socrate, Garibaldi, Giovanni
Paolo II, Pascoli, Cavour, Artù, De Sica, Carducci, Sordi, Aristotele,Totò, Fellini,Dalla…
Siamo all’ esterno. Tripudio di fotografi e giornalisti. Sul tavolo, vicino l’ ingresso, c’ è la locandina
del libro appesa (che ci poteva aver mai messo come copertina? Un sax! Di una fantasia
conturbante), ed una copia poggiata.
Una bottiglietta d’ acqua e un bicchiere. Di lei neanche l’ombra.
Dolce Vita. Dior. Il profumo che mi passa di fianco. Una donna con un lungo e stretto abito rosso.
Di raso. Un copri-spalle nero. Pochette nera. Ondeggiava sui fianchi, delicatamente. Sembrava che
ogni parte del suo corpo danzasse armonicamente, fino al tavolo. Capelli sciolti e mossi come quelli
di una parrucca. Lucenti e morbidi. Avevo voglia di alzarmi e toccare, per vedere se fossero veri.
Si volta. Si siede, accavallando le gambe. Magnetico.
A volte basta uno sguardo, e la tua vita è segnata.
Iniettava un senso di superiorità e distacco. Occhi verdi. Intorno l’ iride tendenti al grigiastro. Le
ero di fronte. Scrutavo ogni dettaglio: il naso alla francese, le labbra carnose e pronunciate dal
rossetto, il canino destro leggermente a punta, che si mostrava quando accennava un sorriso, il
pollice e l’ indice che stiravano un riccio ribelle che le accarezzava il collo morbido, forse le faceva
solletico. Il neo sotto l’ occhio destro, le sopracciglia folte. Tutto di lei mi aveva stregato. E con gli
occhi era già mia.
Dopo una mezz’ ora di presentazione, chi è segnato può presentarsi per il proprio turno di domande
a raffica. Ad Eli. Sì, perché ormai per me era Eli. E avrei fatto di tutto per averla.
Mi alzo. Con il taccuino e la penna, ovviamente biro, perché la stilo che fa scena l’ ho dimenticata
sul tavolo, in pensione.
- Salve. Sono Leonardo De Barberis, dell’ Andromeda Fair.
- Salve. Sì, conosco Alex, da anni. Poi me la saluta.
- Certo. Certo.
Volevo morire piuttosto che continuare ad avere quel sorriso beota e iniziare con le domande sulla
sua vita privata, dieta e fitness, toccando l’ apoteosi con zodiaco ed eros. Ma non potevo
discostarmi dal format delle interviste presenti sulla mia rivista. Segno della croce e caduta nel
girone infernale del rincoglionitismo.
- Allora. Perdoni, io comunque inizierei… da cioè... capisce io sono pagato per fare questo…
anche se insomma… vuole per caso un po’ d’acqua?
- innanzitutto mi scusi ma devo fumare. Le posso dare del tu?
- Sì, certo!
- Per quanto riguarda le domande, procedi pure. Ogni tre mesi, vi rilascio un’ intervista. Lo so
che Alex vuole gossip.
Accende una Black Devil. Sono sigarette tedesche, alla vaniglia. Completamente nere, odore
gradevole.
- Allora, inizio.
-
Per grazia divina.
Ecco. Allora…
Dio mio.
Ma se lei continua così, mi blocco!
Ok. Non sono più fidanzata con il magnate della Morphy, Juan Carlos Pereiro. Ci siamo
lasciati due settimane fa, circa. Motivo: lui mi vedeva come un’ amica. La cubana invece la
vedeva come un passatempo. Divertente, no? Che altro aggiungere? Sto incidendo un cd,
che uscirà a Marzo. Hanno partecipato al progetto vari artisti. Sono quasi tutti duetti. Il
ricavato verrà devoluto ai bambini della Guinea Bissau. In estate girerò un lungometraggio
per la Fandango, con la regia di Ligabue. Io e Favino siamo dei Bonnie e Clyde tutti italiani.
Ha altre domande?
- Veramente.. io volevo…
- Guarda, non preoccuparti. Si vede che sei alle prime armi. Tranquillo, non dirò niente ad
Alex. Un consiglio: vedi di svegliarti. E dato che hai un bel sorriso sincero, cosa rarissima
da vedere in questi tempi, ti do un mega scoop. Una canzone del mio cd diventerà la colonna
sonora di un colossal americano. Non chiedermi titoli ed altro. Mi sono già sbilanciata
troppo.
- Grazie Eli… cioè signora Varenne! Mi perdoni.
- Ti ho detto tranquillo. E scusa l’ acidità di prima, ma non ho chiuso occhio stanotte. E’ stato
un piacere signor De Barberis. Alla prossima!
Mi alzo. Con gli occhi pieni di lei. E il suo profumo nelle narici.
Mi volto e la vedo. Lei mi sta fissando. Mi sorride.
Eli, solo due parole: Ti stupirò!
E adesso s pogliat i come
sai fare tu,
ma non illuderti io non ci
casco più,
tu mi rimpiangerai bella
senz’ anima
(R. Cocc iante)
-
Ciao Leo!
Ciao Pasquà!
Ma è vero che ti sei laureato?
Sì.
(Essere nel cuore e nella bocca...)
- Ma ci stai ancora insieme a Perla?
- Che domanda! Lo sanno tutti, sono sette anni ormai.
- Ah, quindi l’ hai perdonata? Tu si che sei un uomo… io al posto tuo le avrei spaccato la
faccia.
- Scusa, non ti seguo.
- A sapere che la mia donna se la spassa con un mio amico e la sua ragazza… certo che sei
proprio open mind… vabbè, ma quelli sicuramente stavano calati…
- Ahahah… bello, se c’ è qualcuno che si droga, quello sei tu!
- Ciao Pasquà!
- Ciao Leocorno!
Cellulare in mano sinistra. Squilla.
- Perla mi senti?
- Sì, Leo. Dimmi, è successo qualcosa?
- Guarda ho incontrato quel matto di Pasqualino112. Oggi ne ha detto una delle sue. Ma ci
sei?
- Sì dimmi.
Le racconto tutto. Ricordo solo un pianto. Di quelli col singhiozzo. Quelli irritanti. ‘Na specie di
attacco d’ asma. Poi mi sembra siano state aggiunte parole come: “non te lo meritavi”.
Guarda: direi proprio di no…
Era stata con una modella durante un rave romano (e sinceramente per quanto c’ è la fantasia latente
di farlo con due donne, quando è la tua metà che se ne va con la modella di colore, c’ è poco di
eccitante). Poi dalla modella è passata a Michelle – la sua amica e vicina di casa – che stava con
Nino , uno della nostra comitiva. Poi è passata a Nino e Michelle insieme, con festini a base di vino
e coca. Io ignoravo tutto.
Ma c’ era una cosa di cui felicitarmi: il triangolo no! Roba da feticisti-conformisti… noi, invece,
eravamo un perfetto romboide!
Chiudo la telefonata. Mai più sentita, né nominata con terzi.
Mutato nomine
de te fabula narratur
(Oraz io)
Accendo la luce della stanza 7, della mezza pensione in via Brioschi.
L’ avevo pensata durante tutto il viaggio. I suoi occhi. I suoi capelli. Le sue labbra. Trance. Non
sapevo che fare. Ero agitato. Di istinto avrei chiamato Alex e chiesto il numero. Sì, e poi? Casomai
avrei telefonato ed esordito con:
“Ciao sono Leo De Barberis di Andromeda Fair! Lo sfigato con la biro che oggi ti guardava mentre
ti davi domande e risposte!” Non Ci Siamo!
Eureka! Per corteggiare un artista ci vuole un po’ di fantasia. Se le devo mandare il centesimo
mazzo di rose rosse col biglietto ciociaro: “Il mio cuore squaquaria per te, come una pentola di
fasuli ‘ncoppa l’ acqua!” non si accorgerà mai di me!
Bisogna inventarsi qualcosa. E allora, un nuovo account di posta elettronica:
“[email protected]”. E scrivo.
MP3 nelle orecchie.
Luis Bacalov - Il Postino
…Non so perchè scrivo. Non ha alcuna logica (ma un sentimento più che logico, è
patologico). I puntini, se non sbaglio, sono segno di un discorso già iniziato , al quale
non hai mai presenziato. Le cose da dire sarebbero tantissime , ma non tutti siamo
contraddistinti da quella vena poetica che ci permette di renderle al meglio: e allora,
perchè sminuirle? O ridicolizzarle?
Bisognerebbe lasciar fare agli occhi. Questi sì che renderebbero ogni virgola dei miei
pensieri.
E' così ridicolo ed imbarazzante scrivere ad una perfetta estranea. Oh dio, perfetta
estranea proprio no . (Ci sono sempre i tuoi scritti!) .
Le domande sarebbero infinite : veramente credi che Trane fosse migliore di Davis?
E chi è il tuo Arciere di Barletta? Ma comunque nessun uomo che ha amato, fa dei
sentimenti, ricordi da passeggio ... poi ... ancora ...sono fermamente convinto che il
silenzio abbia poco a che fare con la virtù terrena, al massimo è un’ arma o una
difesa. E le foto su internet? troppo femme fatale.
Ultima e giuro che mi fermo :
“Hip-hop/Bebop”… peggio de La ricerca del tempo perduto.
Comunque dopo queste quattro "domandine da minestra" ( "Scoprendo
Forrester " film che ti consiglio vivamente) volevo semplicemente ringraziarti.
Sì, strana e piuttosto insolita come lettera. Una lettera di ringraziamento ad una
persona che non ti conosce e che deve e ignorerà per sempre la tua esistenza. Ma non
importa . Grazie, perchè a volte ti convinci che tutto è efficacia, razionalità ed
ipocrisia e che niente può stupire. E poi improvvisamente uno sguardo, un tuo
sguardo, riesce a mandare all’ aria tutti gli schemi.
Bene. Scritto questo, direi che più o meno ho scritto tutto. Tutto no, ma mi
dilungherei troppo. Non ci saranno mail - bis ... questa resterà unica nel suo genere .
Mi auguro soltanto una cosa : di poter assistere ad un’ altra tua conferenza.
L.
PS: Scusa per non essermi presentato ma sarebbe irrilevante ai fini di quanto scritto.
E per averti dato del tu, ma sarebbe stato troppo formale.
Ma fa nie nte è solo
un'altra cosa persa
o qualche volta un'altra
cosa data e dopo tolta
all' improvviso, senza
preavviso,
che rende inferno c iò
che era paradiso
(Articolo 31)
Due perle grigie.
Quando il cielo era nuvoloso, i suoi occhi cambiavano colore.
Avevo organizzato tutto. Volevo che fosse indimenticabile.
Non avevo fretta, nonostante le frequenti erezioni quando si sedeva sulle mie gambe.
Le sarei saltato addosso. La desideravo. Da quel rigurgito poco romantico sulla stazione. Ma era lei,
vera, autentica. Un po’ troia e un po’ bambina. Le espressioni del suo viso sono visibili solo con un
rewind. E le ho sempre con me. E quegli occhioni da cerbiatta quando mi stuzzicava.
Volevo che la nostra prima volta fosse eterna, indimenticabile, insolita e un po’ cinematografica.
Le do appuntamento ai muretti della stazione. Io con la mitica 50 special. La vedo arrivare. Gonna e
camicia nera. Croce celtica al collo. Lettore cd. Bjork a palla. Capelli più ribelli e corti del solito.
Occhiali che non lasciavano intravedere una minima espressione di quegli occhi, tunnel di ipnosi.
Toglie gli occhiali.
Due perle grigie.
Poche parole. Dice che deve prepararsi una striscia. Me la offre. Declino. Volevo chiederle di
evitare. Già le stavo risparmiando il dossier aggiornato di tutti i vari ed eventuali effetti delle droghe
“ soft and strong ” ma così mi passava tutta la poesia, cavolo. Mi diventa esaltata, spalanca gli occhi
e addio perle grigie!
Avevo prenotato una stanza in un albergo di Sperlonga(11). Era sul mare. Visto il potenziale
temporale in arrivo, al massimo ci sarebbe toccato danzare sulla sabbia sotto la pioggia.
L’ immagine mi piaceva. Un po’ meno il suo iperattivismo. Nella camera avevo preparato tutto,
mentre lei si faceva uno spino in bagno. Candele rosse e incenso. Gli Inti llimani dentro la radio
portatile. Tutto pronto. Mancavamo solo noi. La faccio attendere in bagno. Accendo tutto. E quando
entra sono i suoi occhi a parlare. Immobile. A stento respira.
Ho paura, anche di sfiorarla. La abbraccio da dietro. Accarezzo i capelli e la bacio sul collo.
Le sue mani nei miei capelli. Le palpebre chiuse. Il corpo accaldato.
E io che la guardavo, in silenzio.
Ero felice.
To a ll the kids with heroin
eyes, don't do it,
don't do it
Beca use it's not,
not what it see ms
No, no it's not,
not what it see ms
Salvat ion, salvat ion,
salvation is free
(Cranberries)
Corro in ufficio. La bocca impastata di jager. E jack.
La sera prima mi ero fatto del male. Era un mese che mi addormentavo con lei, e la mattina la stessa
ossessione. Non ne potevo più. Mi era difficile pure abbordare un’ altra, perché finivo sempre per
vederle e trattarle come delle luride. Volgari e menomate. Lei, invece, era la mia Musa, piena di
grazia. E il solo pensiero mi strappava un sorriso. Poteva succedermi qualsiasi cosa: pestare la
merda di un cane, incontrare una vecchietta che mi aggrediva per averla spintonata, o l’ edicolante
che mi bloccava venti minuti a parlare dell’ impossibile coppa campioni all’ Inter… Niente, niente
riesce ad innervosirmi. Quando sei innamorato, gli altri (che ti sembrano tesi tra l’ isteria e la
melanconia), ti fanno pure pena. Non ti interessa essere preso a pesci in faccia. Tu hai il tuo amore,
loro, come disse Don Bastiano ne Il marchese del grillo, “loro non sono padroni di un cazzo”.
Teoricamente neanche tu. Ma il tuo amore è la tua salvezza. Anche se non corrisposto.
Trovo Alex (stavolta camicia “ verde acquamarina , ma come non lo trovi due toni in meno a quello
verde smeraldo? ”, no, Alex, non c’ ho mai capito niente!) con… non ci posso credere!
Niente poco di meno che il mitico bassista : Raul Vandana. Ci abbracciamo. Mi spetta recensire il
suo ultimo cd.
Raul è di Sabaudia (12). Siamo stati insieme a Monaco con la CG, nell’estate del ‘97. Sei mesi di
divertimento nel cuore della Baviera, ufficiosamente. Per tutti, invece, la motivazione di codesta
partenza era (la ricordo come fosse ieri):
-
arricchire e consolidare le tue competenze in tutte le abilità linguis tiche. L’insegnamento viene
focalizzato sulla comunicazione corretta in ambito quotidiano grazie all’attenta ar ticolazione in 34
lezioni settimanali (per un totale massimo di 27 ore e 20 minuti), sia al mattino che al pomeriggio
Vi direte, indi per cui? Nulla. Immaginate una cinquantina di ragazzi italiani, minorenni, nel cuore
della Baviera, nella città dell’ Oktoberfest, in Marienplatz… cosa potranno mai fare? Beh, sono
passati troppi anni. E gran parte di quelle settimane sono sfumate nel tempo. Ricordi immortalati da
decine di rullini, chiusi in qualche cassetto della credenza.
Ma l’ immagine di me e Raul, con un boccale da un litro e mezzo di doppio malto scura, ce l’ ho
ben salda in testa. Come i due pezzi di sacher, abbuffati nell’ Hard Rock, che a confronto il cenone
di Capodanno è niente.
Ad ogni modo, ero entusiasta di incontrarlo.
Ma il Raul che avevo di fronte non era il quindicenne punkabbestia con la cresta che sballottava per
via del Fohn. Diciamo che da quel corpo gracilino aveva preso vita un energumeno, a dir poco
impressionante. Completamente rasato, occhiali lavanda e bicipiti suggestivi. Nell’ abbraccio sento
che le due- tre costole ne potrebbero risentire.
Alex ci lascia nel mio ufficio ed inizia l’ interrogatorio sul nuovo album rock di Raul e i suoi
Entropia(13). All’ attivo sette album, il singolo estivo “Ispirazione” disco di platino, tournée in
stadi, piazze e teatri.
Dai… Raul era davvero un capo dello swag!
Poi ovviamente la domanda sul presunto flirt con la showgirl Tinuccia Morech è un must. Ma non è
turbato, anche perché non ho la minima intenzione di infastidirlo.
-
Ma sei fuori. Lo sanno tutti che quella è un caso clinico. Sono due anni che si fa di crack.
Sta al dessert. E poi c’ ho ancora un’ immagine da tutelare! Ma non la scrivere ‘sta roba,
Leo, altrimenti mi denunciano per diffamazion!
Ma non devi neanche dirmelo, era ovvio.(Come no). Dimmi qualcosa sulla sfera
sentimentale almeno. Conosci il giornale…
Ok ok… hai ragione! Niente, ho deposto l’arma da guerra. Sono sei mesi che sto con una. Si
chiama Esther. E’ magrebina. Fa la tatuatrice.
(E bravo Raul, sa pure che significa magrebina … ma se non c’ hai mai preso un congiuntivo ?
Bah…)
Ci salutiamo. Mi dice che negli ultimi weekend è spesso giù , a Sabaudia .
Non aggiunge altro. Non chiedo altro. Gli dico solo che qualora dovessi scendere ci andremmo a
prendere una Guinness al Tennent’ s(14).
I suoi occhi erano spenti. Nonostante gli occhiali lavanda, erano spenti.
Ubi a mici, ibi opes
(Plauto – Quintiliano)
Sunday.
Aveva bisogno di parlarmi. Andiamo in “sede”. Sì, negli ultimi mesi, io ed Alex passavamo il dopo
lavoro in un posto alternativo al solito Taxi driver, dove tutti, invece, vanno per l’ ordinario
campari col bianco.
In corso di Porta Ticinese, poco prima dell’ incrocio alle colonne di San Lorenzo, c’ è una creperia.
Non una qualunque, ma la rinomata creperia “Le colonne”, dove ogni milanese e turista
metropolitano dovrebbero sostare. Fidatevi. L’ unica pecca è che non ci sono tavolini e posti a
sedere. Eccetto il baule appena entri sulla sinistra sotto lo scaffale con le caramelle gommose (io mi
siedo sempre lì) e i due sgabelli all’ ingresso. È il top sia per le crepes, che per i gelati e le
macedonie.
Arriva. Capelli sciolti. Occhi gonfi. Niente trucco. Mi abbraccia e scoppia in lacrime. Non so cosa
fare, mi cala addosso un senso di impotenza, vorrei sapere e capire che diamine stia succedendo.
Che c’ ha questa? La visa si è bloccata o è saltata una lezione di yoga? Che crudele che sono… ma
le donne proprie non le capisco. Ogni volta ti mandano in tilt. Loro sono convinte che qualsiasi
sguardo, articolo o movimento del lobo destro ti faccia capire quel mondo straordinario che si cela
dietro i loro miracolosi silenzi. Infatti il problema è quando aprono le bocche, un altro linguaggio.
La semiotica dovrebbe occuparsi un po’ del gentil sesso, giusto per venirci in aiuto.
Christiane, quattordici anni.
Christiane aveva cessato di esistere.
I dottori vostronori(15) la chiamano “leucemia mieloide acuta”, e detta così, suona anche meno
struggente. Era sua sorella. La chemio, il trapianto di midollo, divisa tra sale d’ attese, stanze d’
ospedali e prigionia dorata casalinga. Una banale letale influenza.
Quando muore qualcuno che non conosci o comunque con il quale non hai alcun legame, non è vero
che non soffri. Semplicemente ci stai male, perché siamo solidali nelle sofferenze. Ma altrettanto
egoisti. E sai perché? Perchè, in cuor tuo, pensi “meno male che non è successo a me”, “e se fosse
capitato a mia sorella?”. Sono domande simili che si accavallano nella tua mente. E allora ti senti in
dovere di essere altruista, gentile e comprensivo per le ore successive, per evitare “punizioni che
potrebbero incombere dall’ Alto”. Che codardia! Che viltà!
La abbraccio sempre più stretta. E la costringo ad andarcene di lì , anche perché pure a Milano, se ti
vedono piangere fuori un locale, si fanno i fatti tuoi.
Le dico che, fame o non fame, stasera pago e decido io: si mangia! Purtroppo alla parola “Ume –
Ristorante Sushi”, si gela il sangue nelle vene ! Niente, mi tocca…
Dolce vita. Dior. Mi volto di scatto.
- Leo andiamo?
Era una signora con il figlio, estasiato dalla coppetta al cioccolato fondente.
Per un attimo, c’ ho creduto.
Buonasera,
oltre ad essere una lettera insolita è pure impegnativa. Dovrei rendere
conto di diverse cose! Di quelle private ovviamente non parlerò.
Dei miei scritti volentieri. Tra Davis e Trane? Ma c’ è un abisso. Comunque io sono
di parte. Resta il fatto che Coltrane sia sta to uno dei più importanti innovatori del
jazz degli anni ‘60, ponendosi come anello di congiunzione tra la poetica del bebop
e la rivoluzione del free jazz. La musica di Davis è un sound liscio, perfetto,
impossibile da “ vivisezionare”. Trane, al contrario, aveva una visione del mondo
intrisa nell’ irrazionale. Però, nella Musica, era pragmatico, materialista: voleva
sapere tutto su ogni cosa che si trovava ad eseguire.
Come potrai ben capire, per quanto riguarda Bepop non ti rispondo, tanto meno
accuso. De gustibus et coloribus non est disputandum.
Per il silenzio… beh, se avessi letto il libro sapresti che per me la pratica del silenzio
è una forma di disciplina spirituale.
Comunque, sperando di fare cosa gradita, ti mando un lavoro analogo e inedito:
“ Mot, Bruit, Your ”, è in italiano, non spaventarti. Credo sia una delle cose che mi
sono riuscite meglio. (Modesta, lo so). Non credo che potrà stravolgerti la vita, ma
spero ti piacerà. Ad ogni modo, se ti va, dimmi che ne pensi.
E.
La casa è l’ uomo, tel le
logis, tel le maitre;
ovvero ‘ dimmi come abit i
e ti dirò chi sei ’
(M. Praz)
Deciso. Ho chiesto un anticipo ai miei per la caparra.
Via Scaldasole. Piazza XXIV Maggio. 450 carte. Due minuti dalle Colonne e da corso San
Gottardo, quindici a piedi fino al Duomo… e chi sta meglio di me?
Non mi soffermo sulla casa. Alla fine mi interessava avere una stanza. E il caso ha voluto che il mio
letto fosse matrimoniale, anche se di questi tempi, non si batte chiodo.
Ma anche il mio appartamento aveva una pecca: la mia proprietaria e coinquilina.
Vi presento Jò Donn, ibero – napoletana! E che ve lo dico a fare: tra il napoletano e lo spagnolo,
non avevo la benché minima pretesa di capirla.
Arrivo e me la trovo in reggiseno e tanga leopardato, spazzolino in bocca. Che mi fa: Hola uagliò!
Non Ci Siamo! Premesso che sono settimane che non spargo seme per lo stivale, con la coinquilina
per lo più proprietaria di casa, non sarei andato mai e poi mai. Ma dico io: almeno la decenza !
Che disagio di donna!
La parte più tragica arriva con:
- Intiendi? Pablito y Ciro song cumm Stalio y Ollio. E i song stata, intiendi, con Pablito e poi
quann Ciro ha saputo, intiendi, mi voleva sguarrà ! Intiendi? Allora, è venuto sotto casa, giù
a Fratta, cu ferro, intiendi?
(Il ferro sarebbe la pistola in Campania!)
- Certo, chica.
- Y me cago. Ciro è capace di sguarrà a me, mammeta e tù!
- Todos bien, chica… ma io che c’ entro?
Comunque mi era ben chiaro che meno frequentavo quella casa, meglio sarebbe stato per tutti.
Già immaginavo il necrologio su Andromeda Fair, vicino l’ ultima pagina, di fianco l’ oroscopo.
Oltre ad un piccolo trafiletto, diviso con il menagè domenicale di Rihanna e Britney Spears.
“Strage in via Scaldasole. Delitto d’ amore, quasi sicuramente, ect ect . Abbiamo perso un valido
collaboratore. Sperando che l’ assassino venga smascherato al più presto (se devo aspettà la
giustizia italiana, il caso finisce in prescrizione…), non ci resta che dire: The show must go on!”
And I had to have this
talk with you
My happiness depends on
you
And whatever you decide
to do, Jole ne
(Dolly Parton)
Dalla tradizione e passione dell’ antico locale di Antigua, nasce a Milano il Colonial Caffè .
Il giovedì c’ è musica live, il Paolo Pellegatti Trio.
Diciamo che ci poteva essere pure dj Gigione delle mitiche sagre del sud Pontino, con le sue
memorabili hit. Io volevo rilassarmi e rimorchiare. Tanto la giacca c’ era. Casomai la cravatta con i
polipetti la evito. Comunque giusto perché amo le puntualizzazioni, il mio guardaroba grazie a
Perseo è decisamente migliorato. Qui incrementiamo su tutti i fronti!
Milano è la città dell’ efficienza!
Per fare numero (rientro tra gli sfigati del giovedì che a venticinque anni potrebbero sguazzare all’
Hollywood…ma, semplicemente, io sto alla disco come Manson sta a Cristo) invito un collega,
quello dell’ Agenda dell’ Amore. Per tutti: Nello. Ci sediamo. Long Island per me. Lui Vodka alla
pesca & Red Bull. Ma si può essere più tristi? L’ ha detto pure Eli che sui gusti… no, stasera Eli
deve restare fuori… poi domani mattina mi risveglierò come sempre con lei. Ma lei ora è fuori.
Arriva una ragazza longilinea. Diciamo che c’ era una carenza di forme. Ma non era un mio
problema. Capelli cortissimi. Ramati. Uno sguardo glaciale.
I suoi occhi erano di un celeste intenso, un celeste come il cielo d’ estate dopo il temporale .
Con le nuvole spazzate via dalla brezza marina. Mi sorride ed è piuttosto disinibita.
Mi volto e me la trovo seduta accanto.
- Ciao! Sono Jolene.
- Ciao!Leo… non sei italiana?
- Non sei timido… no, sono norvegese. Mi trovo qui per lavoro. Tu? Di Milano?
- No, mi trovo qui per lavoro… giornalista.
- Dai, e per cosa scrivi?
- Andromeda Fair. Rubrica Arte & Spettacolo.
- Dai, lo compro sempre il giovedì. Io sono una restauratrice di quadri. Sono qui per un’ asta.
C’ è un pezzo che…
(Questa già parla troppo. Non me ne frega proprio niente. Potresti anche fare la lap dance.
Mi piaci. Non c’ è bisogno di mostrare intelligenza, sensibilità e desiderio di maternità).
- Capito?
- Si certo. Prendi qualcosa?
- Bayles con ghiaccio.
- Per me un Gin Lemon. Grazie.
- Nello tu?
(Ecco che hanno in più gli uomini delle donne. Il sesto senso. Quando un fratello ha un
tresca – a costo che vada in bianco – tu garbatamente ti alzi e vai via. E non ti arrabbi, né
lo vedi come un favore. E’ una legge naturale.
Invece, no . Se fossimo state due donne… apriti cielo !
Per il novantanovevirgolanovepercento dei casi, l’ amica le resta attaccata per tutta la
sera… e tu parli con lei, mentre l’ altra pretende gli aggiornamenti del dialogo – scuotendo
la testa perché tu hai l’ aria da sfigato e “ non ti merita”.
In realtà i tipi come me, alle tipe come l’ amica, non se le calcolano proprio.
E poi al momento del dopo-cena, ecco che dopo aver offerto da bere ad entrambe, ti
salutano e due baci sulle guance. E ti senti un super cretino)
Nello va via. Infila il cappotto. E dagli occhi leggo un “Divertiti, fratello !”.
Jolene si avvicina sempre di più. Finito di bere, la guardo dritto negli occhi.
Le mordo dolcemente le labbra. E poi la bacio, intensamente. Di sottofondo una cover di Dakota.
E’ arrivato il momento di andare. Da me, sperando che Defy (sta per deficiente, così l’ ho
soprannominata Jò) stia dormendo o comunque non rovini tutto.
Mentre apro il portone, più che un bacio sul collo, sento una ventosa! E dicevano pure che le
nordiche sono gelide. i soliti pregiudizi! Luci spente, di Defy neanche l’ ombra e mi tranquillizzo.
La spingo verso la mia camera.
Avevo rigorosamente rifatto il letto (chi mi conosce, sa quale evento paranormale si sia verificato).
Non è che ci credessi davvero in un lieto fine… ma un po’ di sano ottimismo a venticinque anni non
nuoce!
Si stende sul letto. Le apro il cappotto. La cerniera laterale del suo mini tubino violetto scorre
lentamente verso il basso. Mi apre la cerniera del jeans, di gran lungo reattivo. Ma dico io, se parti
subito all’ attacco mi fai male! Fai qualcosa, intiendi? Sputa sopra, ma basta con le mani. Niente!
Insiste. Allungo la mano sotto il tubino, eh? Ma dai non ci credo!
Hai capito ? Autoreggenti e per di più senza mutandine! Quelle belle donne di una volta non
esistono più, mica come la mia Eli… no, Eli è fuori…
Mi spoglio completamente. Pronto per l’ azione, mi ferma e dice che senza preservativi, non ci sta!
Cosa? E dove lo cerco mo, questo proprio mi era passato di mente… Me ne frego altamente, e
riprendo da dove eravamo rimasti. Si divincola da sotto, dicendomi che la sua amica ha appena
partorito e lei ha ventiquattro anni, vorrebbe evitare sia aborto che procreazione.
Mi sarebbe piaciuto argomentare su profilassi e quant’ altro, ma la ragazza non sapeva che se mi
fosse venuta incontro, oltre ad un felice e indiscusso godimento, sarebbe stata un’ opera caritatevole
verso un venticinquenne che si era refuso per una scrittrice di dieci anni più grande, grazie alla
quale aveva iniziato a soffrire di insonnia e sfondarsi di seghe!
La vedo alzarsi. Sono infastidito e decido di non insistere. Non prego nessuno, ma scherziamo?!?
Ritorna , completamente nuda, con un preservativo in mano.
Al Nord sono davvero emancipate! Mi lascia disteso sul letto, dopo aver per breve tempo giocato
con la lingua. E’ questa l’ ascesi! Si mette sopra e la vedo e sento agitarsi, sempre più velocemente.
Mi stringe le mani, mentre continua a gemere. Ma non quelle urla isteriche pre-parto, no!
Un gemito tra il soffocato e l’ imbarazzato. Vorrei rassicurarla e dirle che non c’ è niente di male, a
godere!
E’ distesa nel letto. Si è coperta. Mi alzo. O ilà, un piccolo nodo.
In bagno, seduto sul water, lo guardo in contro luce. Bravo a papà, bravo.
Via sotto la doccia, canticchiando, come sempre:
Di lagrime avea d'uopo or son tranquilla
Lo vedi? ti sorrido
Saro' la', tra quei fior presso a te sempre.
Amami, Alfredo, quant'io t'amo Addio (16)
Getto della doccia sulla faccia.
Ho sempre amato i tuffi a candela dagli scogli, forse perché incapace degli altri.
Ed era quella la sensazione. Essere immerso. Ma l’ odore che avevo nelle narici, no, non era
salsedine:
Dolce Vita. Dior.
Eli
Ti ringrazio, molto apprezzato...
diciamo che internet è una grande cosa. Di cose tue ne ho lette. Da poco anche
“Hip-Hop/Bebop” e “Silence, I am thinking”. Ma c’ è una cosa che non capisco:
perchè , in generale, non c' è mai un messaggio per il domani?
Leggere qualcosa scritto da te, significa che nella mia mente partono a raffica delle
domande - e penso in quella di qualsiasi lettore...- ma non trovo mai, dico mai, un
briciolo di ottimismo. Di una recondita possibilità di cambiamento.
Forse non c' è niente da capire. Ma delle volte, quando leggiamo un libro in un certo
momento della vita o ascoltiamo quella canzona o vediamo quel film, e perchè
ricerchiamo un preciso messaggio che nessuno intorno ha saputo darci. E forse la mia
- per il motivo che ti ho scritto sopra - è una domanda stupida e troppo soggettiva.
Ti allego una mia canzone: si intitola “Sans foi ni loi”.
Per due motivi:
è ovvio che non hanno e non avranno visibilità. Ci tengo a chiarirtelo.
Io scrivo perchè mi rilassa e rientra tra quelle cose naturali e incondizionate,
che faccio. E poi ultimamente succede di frequente ed è un po' la colpa è tua.
Ti tocca questo sforzo e commento.
Grazie,
L.
Fer mezza di fronte al
destino, graz ia nella
sofferenza, non vuol dire
semplice mente subire: è
un’ azione attiva,
un trionfo positivo
( T. Mann)
Le 8:30 di un ordinario venerdì milanese.
Ho gli occhi ancora assonnati. Mi sento stranamente in forma, merito di Jolene.
La cosa che mi preoccupa è di saperla a casa con Defy. Immagino una conversazione tipo: Napoli –
Spagna vs Norvegia!
Viene in mente il mio docente universitario di Filosofia del Diritto (uno degli esami integrativi, non
so se vi è chiaro, ma è una passione) che parlava spesso di un certo Davidson (17). Un filosofo
statunitense. Donald o Dean, non ricordo. Comunque questo diceva che tra gli uomini non c’ è
comunicazione. Anche se penso valga solo per le donne!
Arrivo a lavoro. C’è Alex. Ci abbracciamo. Le chiedo come sta. Si era presa una settimana di
riposo. Non mi va di fare domande sulla sua famiglia. Mi sembra sempre di essere un cretino
invadente su questioni così delicate. È lei a rassicurarmi.
Dice che prima o poi realizzerà, quando le “arriverà la botta”, post- elaborazione del freudiano lutto,
che tanto aspetta e teme. Resto in silenzio. Cambia discorso.
Poggia sul tavolo una foto di Allegra Borlotti. Figlia del Presidente del Consiglio. Iscritta al II a.a.
del corso di Giurisprudenza, della prestigiosa Università Commerciale Luigi Bocconi. Nota anche
per i vari e presunti flirt nello sfavillante luccichio mondo politically and starlette, come lo chiamo
io. Da poco conduttrice di un programma di intrattenimento post-tg.
Ovviamente nella rete televisiva paterna. Ma sono talenti!
Devo intervistarla al bar dell’ Università. Giusto perché vuole dimostrare che anche lei, nonostante
tutto, si accontenta di rilasciare interviste in un bar pidocchioso, all’ interno di un edificio, dove per
sostare, sborsa solamente ottomila e novecento euro all’ anno!
Dal Duomo, dove è la sede della nostra rivista, prendo il 3.
Scendo in Piazza XXIV Maggio. Ne approfitto per un rapido caffè corretto, al Caffè Viarenna.
Il proprietario è di Ostuni. Un tipo davvero spassoso.
A piedi percorro Col di Lana e poi, girando a destra, Col Moschin. Eccomi in piazza Sraffa.
Siamo in Bocconi. E non alla Bocconi, come noi terroni continuiamo a dire. Si dice IN BOCCONI.
-
Salve! Sto cercando il Bar Onama, mi hanno detto di andare in via Gobbi 5? Sa indicarmi?
Ciao! Sta qui, vedi questa chiesa?
Si.
Diritto sulla destra. C’è un portone. Entri. Poi, sempre a destra, scendi le scale e lì trova il
bar! Chiaro?
- Fin troppo. Grazie. Arrivederla.
- Ciao!
C’ è un piccolo corridoio stretto. Ed in fondo un portone di vetro.
Lo sento. Inconfondibile. Dolce Vita. Dior.
Mi volto.
Gonna di tafta crema, lasciava le ginocchia scoperte. Calze velate.
Cappotto nero, stile “Ali Mac Grow in Love story”. Cappello di velluto rasato. Occhiali a maschera.
Le guance paffute. Raggiante. Inconfondibile, Eli.
Mi viene di fronte. E’ con il rocker emiliano: Ligabue. Per quanto “ Certe notti ” abbia addolcito
diverse serate, non faccio proprio caso al grande Luciano. Inoltre non sono uno spavaldo capace di
improvvisare un discorso, con la donna diventata la sua ragion di vita, eppure …
- Salve, signora Varenne!
- Salve. Tu eri il giornalista con biro dell’ Andromeda Fair…
Prima figura di merda
- Conosce Luciano, no?
- Certo… certo. Mi perdoni, salve ! Leonardo De Barberis.
- Luciano Ligabue. Ma chiamami pure Luciano.
Come no, manco fossi Pasqualino112
- Vuoi qualche scoop?
No, vorrei dirti che sono il cretino della mail. E poi invitarti a cena.
- Sì, ho un’ intervista, ma due piccioni con una fava!
Questa è pessima, ma ne dico di stupidaggini all’ occorrenza.
- Stiamo per tenere una conferenza, qui in Bocconi,
su “Musica e Poesia”. Come sempre, c’ è un cd e un libro da presentare.
- Capisco.
- Ti sei preparato qualche domande, questa volta?
- Sì sì.
Non so dove sto trovando coraggio.
- Con il signor Pereiro?
- Archiviato. Una storia archiviata. Nessun flirt. E puoi scriverlo.
- La ringrazio. Allora vi saluto, buona conferenza!
- Qualora fossi in giro tra un’ ora, in Aula Manfredini, nell’ edificio Sarfatti – dove ci sono i
leoni, mi raccomando a non passarci in mezzo(18) – teniamo la conferenza. Ci vediamo lì.
- Cercherò di esserci!
Entro. E’ come la immaginavo. Chantosa ventenne. Che crede di poter mettere tutti sull’ attenti, e
che “il mondo è ai miei piedi”. Non ascolto una parola.
Decido di non tediare ulteriormente la mia esistenza. No, categorico!
Non andrò alla conferenza. Se il destino lo vorrà,
ci rincontreremo.
Wendi, dammi la mazza!
(Shining)
Mi sembrava una Milano diversa. Forse era lei. No, non forse. E’ lei.
E’ capace di cambiarmi l’ umore, il paesaggi e far uscire il sole a Milano, che per chi ci vive, sa
quanto sia bramato.
Apro il portone di casa. Saluto Defy che oggi ha optato per un baby doll verde shock. Puramente ed
esclusivamente tessuti sintetici. Made in China.
- Hola uagliò!
- Ciao Jò ! Tutto ok ? Vuoi del caffè?
(Era pur sempre la mia coinquilina e proprietaria)
- Mmm… Pablito ha scassato eppall!
- Compriendo…
- Mi ha detto che se v’è a cà, scassa todos. Todos el mundo, intiendi? Se crede che mi y ti …
intendiamo!
- Ma gli hai detto che invece…
Scoppia nel pianto. Non ce la posso fare. Pure la psicopatica! Le vado vicino. Mera galanteria.
E le dico che non deve vivere nel terrore e che deve denunciarlo. Così non può andare avanti.
Altrimenti finirà internata!
Mi tocca le palle. Ma forte. Cioè sembra che stia giocando a “ruba bandiera”, e mi fa: “Ti ho
intieso. Vulesse …” sbattendo le ciglia.
All’ improvviso un rigurgito a mo’ di Esorcista vorrebbe esplodere dalla mia bocca. Le ho
delicatamente scostato le mani dai gioielli di famiglia, aggiungendo:
- Jò, tu intiendi quello che te pare. Ma io non vulesse propito niente, né oggi né mai.
Mi defilo in camera e chiudo la porta a chiave. Non voglio vederla fino a domani.
Ne ho abbastanza.
Trovo un post – it giallo, sopra il display del pc. E’ Jolene.
Se avessi bisogno di Gin Lemon, musica live ed endorfina in circolo,
questo è il mio num: 34587109
PS:riponiamo aspettative. Ricorda la prevenzione,la prossima volta!
Jolene
Esco dalla stanza. In boxer. Avevo una voglia smodatas (mi stava contagiando) di succo alla pera.
Ho un brutto difetto: di notte mi muovo nel buio. A costo di urtare con mobili e divani, ma l’ ho
sempre fatto. Da ragazzino, quando capitava di tornare all’ alba, per paura di svegliare i miei, non
accendevo mai la luce. E da allora continuo così.
La cucina e la sala erano un unico ambiente. Tre finestre laterali sigillate.
Ma c’ era qualcosa nell’ aria…
- Porca Eva
Il fornello centrale della cucina era acceso. Nessuna fiamma, solo del puro e rigenerante metano.
L’ odore pregnante aumentava. Aveva riempito tutta la stanza.
Non capisco mai, perché quando ti capitano le situazioni tragicomiche, di assoluta disperazione, ti
estranei. Neanche te ne rendi conto. E’ come quando stai per investire un tipo. Sei fermamente
convinto di non ragionare e ti scosti finendo addosso il guard rail. Il tipo è salvo e se va bene a te
emicrania e collare. E’ come se ti sdoppiassi. Ciò che succede non ti riguarda, tu osservi soltanto il
tutto.
Mi viene subito in mente il maestro Giulio Autore(19), che in terza elementare ci spiegò cosa fare in
caso di fuga (involontaria?) di gas. Si deve:
I.
II.
III.
IV.
Spegnere il fornello. Staccare l’ interruttore, qualora ci fosse.
Mai accendere la luce, altrimenti diventi poltiglia per cani.
Aprire lentamente le finestre, tutte, e il portone di ingresso.
Far arieggiare. Per molto molto molto tempo
Ne aggiungo una io:
V.
Aprire in due la menomata che voleva farvi saltare in aria!
Decido di svegliarla. Sono una iena. Potrei commettere l’ impossibile. Entro in camera sua.
Le afferro le braccia e dritto negli occhi, urlo:
- Stronza, ma che ti sei messa in testa! Che ti girava per la testa? Ho venticinque anni,
capisci?
Mi dice che era disperata, che sta in terapia da tre anni. Non sa perché l’ ha fatto. Scoppia a
piangere. Io ne ho abbastanza. Ho la netta impressione, di avere un’ innata predisposizione alla
conoscenza di casi clinici ed umani. Nel giro di dieci giorni, troverò un altro posto (a costo di
tornare in via Brioschi), e le dico che l’ indomani sarei andato a riprendermi i vestiti.
Le chiavi le avrei consegnate durante il trasloco vero e proprio. Della caparra non parlo proprio.
Può tenersela. Basta che archiviamo questa storia, nel breve periodo.
Chiamo Alex, chiedendole se può ospitarmi solo per stanotte. Ovviamente, non se lo fa ripetere due
volte. Anzi mi viene a prendere con la porche coupè rossa fiammante. Bella uscita di classe,
da via Scaldasole.
Soffro di un amore logico
perché tutto mi conduce a
lei,
perché tutto in lei mi ha
vinto
perché lei ha ciò c he cerco
ma non ha per me l'amore
(G. Tuzet)
Non avevo mai parlato di questa storia.
Non che me ne vergognassi. Ma stavo emergendo una parte di me di cui ignoravo l’ esistenza.
Fondamentalmente, a chi sarebbe interessato? Poi ho sempre detestato i sentimentali… Ma io più
che sentimentale, mi sentivo un romantico. Un vero uomo dell’ 800!
Io Lancillotto, lei Ginevra, io Paolo, lei Francesca, io Dante, lei Beatrice, io Petrarca, lei Laura, io
Romeo, lei Giulietta, io Renzo, lei Lucia, io Abelardo, lei Eloisa, io Jean Paul, lei Simone, io Erik,
lei Ariel, io Edward Louis, lei Vivian.
Eravamo distesi sul divano avorio di quelli ad L, che costeggiano la parete del salotto. Stile Liberty.
Alle pareti qualche copia (dico di sì, ma sarebbe umanamente impossibile… oddio, forse un pezzo
originale, lo potrebbe avere. Tanto non lo saprei riconoscere!) di Klimt, Mucha, Schiele.
Di fronte un televisore al plasma. In mano dell’ eccellente vin brulé. Scherziamo sui colleghi,
presunte storie tra Eddy e quella ninfomane di Carla delle risorse umane.
E poi, nel tepore del caminetto termico e del brulé, inizio il mio racconto, l’ incontro fatale.
In Piazza della Repubblica, 13/14r, Firenze Caffè Le Giubbe Rosse. Resta incantata.
Mi dice che le sembra una storia da film. Come quella di “Kate & Leopold”(20). Il parallelismo mi
disgusta alquanto, ma che bisogna fare, Alex è una di quelle che il giorno di Natale va al cinema a
vedere i fratelli Vanzina. So’ gusti !
Mi chiede cosa ho intenzione di fare adesso. Nulla, cioè quante speranze ho di rivederla, di
conquistarla e di piacerle?
- Hai tutte le carte in regola. E poi, puoi piacerle.
- Ma dai, fino a poco se la spassava con Juan Carlos e ora viene con me? Sii realista!
- Tu sei scettico e cinico!
- Alex smettila.
- Dai, fatti venire un’ idea.
- L’ unica idea che ho è tornare dai miei, questo weekend. La storia di Defy mi ha provato.
- Lo immagino! Ma se ci iniziassi a credere un po’. Solo un po’, dai Leo!
- Una cosa l’ ho pensata…
- Dimmi, dimmi… mi sembra una favola. Racconta.
- Eli è legata al Caffè Le Giubbe Rosse. In diversi articoli, elogiava la corrente futurista.
Ricordo ancora come concluse un articolo su futurismo e letteratura, poche settimane fa,
comparso su una testata nazionale: “…perché vogliamo liberare questo paese dalla sua
fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo
l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che
la coprono tutta di cimiteri” . Ovviamente, è la parte conclusiva del manifesto della
letteratura futurista, con cui Marinetti definì le nuove regole del testo letterario, comparso
nel 1912 sulle pagine di “ Lacerba ”.
- E quindi? Non ti seguo?
- Alex, ma un po’ di storia ? Niente.
- Dai, fammi capire…
Sembrava una bambina…
-
-
-
-
-
Questo Caffè letterario è stato fondato verso gli inizi del ‘900 da due fratelli tedeschi e si
chiama così, perché… ma ti interessa, o ti stai annoiando?
No, dimmi tutto. Fammi capire ti prego!
Dicevo, appunto, si chiama così perché secondo la moda viennese del tempo, i camerieri
indossavano giubbe rosse. Dal 1913 divenne sede dei futuristi fiorentini e luogo di incontro
di artisti letterari e stranieri. Poi, dopo la II Guerra Mondiale, la fama decadde lentamente
fino al 1991.
Perché che è successo nel 1991?
Semplice, i gestori decisero di recuperarne l’ immagine culturale di un tempo, richiamando
giovani artisti e organizzando manifestazioni ed incontri.
Bella storia. Mi sfugge il nesso con Eli:, tu, lei, Le Giubbe Rosse…
Sì, il triangolo! Ora arriva la parte più bella .
Spalanca gli occhi.
Come ogni Caffè, ci sono delle posate, delle tazzine, ed altri utensili con il proprio logo. Per
esempio, hai mai preso un semplice caffè, qui?
Sì.
Hai mai guardato dettagliatamente il cucchiaino con il quale ti appropinquavi a girare il
caffè?
Ma stai fuori, Leo?
E’ d’ argento, argento 800. Sul manico del cucchiaino due lettere “ GB ”: Giubbe Rosse.
Ovviamente non sono oggetti in commercio, ma vengano fabbricati su commissione.
E … ho deciso di rubarne uno. Di fare una confezione. Già me la immagino. Scatola fatta a
mano dal negozio “ Le scatole ” in Via Brioschi. Blu.
Perché blu?
C’ è una spiegazione, perché a tutto c’ è un perché, ricorda! Secondo Wassilly Kandinsky –
mi auguro tu conosca – il blu è il tipico colore del cielo. L’ azzurro, se lo rappresenti
musicalmente è simile ad un flauto.; il blu scuro somiglia al violoncello, e diventando
sempre più cupo, ai suoni meravigliosi del contrabbasso; nella sua forma profonda, solenne,
il suono blu è simile ai gravi toni dell’ organo!
Bello… Leo , ma giuro che non ti seguo… perdonami!
Per fartela breve, lei ama la musica, e quindi ho optato per il blu. Comunque, ti dicevo l’
idea sarebbe questa. Rubare in qualche modo il cucchiaino, nonostante le numerose
telecamere puntate all’ esterno e all’ interno. E’ un rischio, ma per lei farei qualsiasi cosa.
Poi fare una foto e…
E poi?
Scrivere una frase ad effetto, tipo:
“ Due mesi. Un solo sogno,
per nulla oscuro. Io e te,
sotto un portico a
parlare per ore.
Niente di più. ”
-
-
…e poi, un bel nastro d’ organza dorato. Sai quelle belle confezioni “di una volta”, come
dici tu? Ovviamente, ora che ci sei dentro, mi devi aiutare. Tu farai la confezione, e le farai
recapitare la scatola. Non sarà un problema. Che ne so, chiedi al tuo autista, portiere o
insegnante di yoga…
Ma scusa , se tu torni a casa, il cucchiaino come me lo mandi? E quando? e poi perché non
darglielo personalmente?
-
No, non c’ è fretta. Voglio restare ancora nell’ anonimato. Fino a quando non sarà il
momento di uscire allo scoperto. C’è ancora un interessante carteggio in gioco.
Allunghiamo le braccia. Stretta di mano, detto e fatto.
Era nata la speranza!
Ciao Mister L.! E’ la tua E. che parla!
Dai , scherzo… scusa se ti scrivo solo ora, ma il lavoro si fa sempre più fitto.
Allora, partiamo dalla tua canzone : stupenda! L’ ho letta una sola volta. E già
avevo in mente una melodia, una melodia struggente. Di quelli che tolgono il
respiro.
Se devo essere sincera, una domanda vorrei fartela, ma ha poco di minestra!
(Ho visto il f ilm: ma lo sai che l’ ho conosciuto, Sir Sean?) Allora …mi vergogno, ma
soprattutto non è da me: ma la canzone, è autobiografica? L’ immagine che si è
fermata di più nella mente, è quella di Cecilia, dei Promessi Sposi. Questo corpicino,
esile e dal viso raggiante … Perdonami. Semplicemente mi ha toccato nel profondo.
Sono sempre stata piuttosto prevenuta verso gli uomini, pensavo non potessero
raggiungere tale profondità e sensibilità … Lo so, ti starò annoiando. Perdonami. E
poi, l’ hai detto anche tu: io sono un’ estranea. Non ho alcun diritto di fare queste
domande.
Per quanto riguarda, la tua riflessione … beh, devo dire che mi ha spiazzato. Ci ho
pensato molto. Ed hai ragione. Forse, anzi sicuramente, dipende dal mio vissuto.
Ma ne terrò presente, per il futuro. Ora ti saluto. Altro testo inedito. E’ una canzone:
“Riding the Dragon”(21).
ESIGO COMMENTO. J
E.
Bambino: Non cercare di piegare
il cucchiaio, è impossibile. Cerca
invece di fare l’ unica cosa
saggia: giungere alla verità.
Neo: Quale verità?
Bambino: Che il cucchiaio non
esiste.
Neo:Il cucchiaio non esiste?
Bambino: Allora ti accorgerai
che non è il cucchiaio a piegarsi,
ma tu stesso!
(The Matrix)
12:45 Firenze SMN, Piazza della Stazione.
Il treno in perfetto orario. Meglio pausa pranzo o happy hour, per un furto?
Ma cosa mi riduco a fare. Eli, Eli pure in prigione mi fai finire!
Ed eccola, galeotta fu Piazza della Repubblica, 13/14r.
Mi sento un po’ Lupin. L’ ARSENICO Lupin, l’ incorreggibile e lei Margot, è scontato!
Certo che l’ amore rincoglionisce parecchio!
Inizio ad agitarmi. Oggettivamente, qui si tratta di un vero e proprio furto.
Per avere due coordinate a riguardo, in diritto penale, è il REATO previsto dall’ art. 624 ai sensi dei
quali:
chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne
profitto per SE’ e per ALTRI, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da euro 154 a 526[…] Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una
o più circostanze di cui agli articoli 61, nume ro 7 e 625.
Ma questo giusto per avere un’ idea.
Mi siedo fuori. C’ è il sole. Dio non mi abbandonare!
- Salve. Cosa le porto?
- Cappuccino, brioche alla crema e un succo all’ albicocca.
- Benissimo. Scusi, dovrei riprendere il menù o vuole che lo lascio?
- Non so. Sì, anzi no… no lasci pure.
Ecco. Inizio a tremare, non ci siamo. Comunque ditemi voi, dove si è visto che in pausa pranzo uno
fa colazione? Adieu Lupin.
Ritorna, il cameriere sorridente. Porta anche il conto. Bene, lo pago al momento così appena entro
in azione, scappo.
E’ lì, di fronte a me. Non lo uso, ci mancherebbe. Ma lo osservo attentamente. Decido di infilarlo
subito nella tasca sinistra del cappotto con nonchalance, come fosse roba di ordinaria
amministrazione. Con il cuore in gola lo getto in tasca. In quel momento, sento una vampa d’
agosto, le mani sudaticce e in tasca più che grammi, sembra di portare un macigno.
Finisco, controvoglia e lentamente, la colazione. Mi alzo. Con garbo sorrido ad una signorina che
mi sta di spalle, dopo averla urtata con la sedia. Scappo via. Il cielo sopra di me, la mano sulla tasca
sinistra del cappotto. E una canzone che mi preme sulle tempie:
Firenze Santa Maria Novella
scusa
spero di farti una sorpresa…(22)
Ogni dimora è un
candelabro dove ardono
in appartata fiamma,
le v ite
(J. L. Borges)
Casa dolce casa.
Il momento che adoro di più del ritorno non è il valico del portone.
Quando sono a Latina, con il treno, prendo il trolley dal portabagagli e apro le porte automatiche,
che dividono lo scompartimento da quel metro quadrato dove tutti si ammassano al momento dell’
arrivo. Vicino quella sbarra di metallo, poggio il corpo, tenendomi con la mano sinistra dietro la
schiena.
Poi aspetto. Ci vogliono una trentina di minuti prima di arrivare nella stazione di Minturno. Ma non
c’ è emozione più grande, che assistere visivamente e in movimento all’ ingresso nel Golfo di
Ulisse. Per me , solo in quel momento, alla vista del Monte Orlando e delle barche dei pescatori, è
possibile urlare e piangere dalla gioia. Perché sono a CASA.
I miei come al solito, vestiti a festa sul binario. E’ una tradizione di famiglia. E su queste cose sono
profondamente conservatore. Quando qualcuno del parentado parte – zii, cugini, nipoti, figliocci–
bisogna presenziare all’ evento. Ti deve entrare in testa che la tua Famiglia c’ è e ci sarà sempre.
Ed è questa l’ unica certezza. E anche se su quel binario vorresti sprofondare perché non sei amante
di celebrazioni e manifestazioni d’ affetto eccessive, ti arrendi. Alla fine, se non ci fossero, ti
mancherebbero loro e i loro abbracci asfissianti.
Per chi vive e lavora fuori, tornare a casa significa dedicarsi alla famiglia. Dipende. Per me tornare
a casa significa salutare tutto il parentado, che grazie a dio, si riunisce al binario e poi via.
Ci sono facce, strade, spiagge, bar, insomma c’ è un paese in festa. Ma non in festa per te. Per me, il
PAESE ha il concetto di “festa” impresso nel DNA. Il profumo fuori il panificio di Cicciglio, la
fragranza di marsiglia dalle bianche lenzuola stese, lo scrosciare delle onde, i liceali bigianti sui
risciò, gli oleandri e le palme sul lungomare, le donne con i grembiuli a quadretti sui balconi, con i
capelli raccolti che ti salutano, Sandrino fuori il bar che cala la sua Scala Reale, mentre Principino
bestemmia e con un gesto butta a terra: tavolo, birra, soldi e carte… Pippetto che mi chiede “ A
quando la prossima spuntatina ?” , Rosalba che mette da parte una copia di Repubblica e potrei
continuare per ore.
Ma una cosa, c’ è una cosa che mi fa perdere la concezione spazio temporale, che mi riduce –
conduce allo stato infantile…Gli occhi di mia madre.
Mia madre è una donna di poche parole. E quando parla, adora usare i proverbi “fonte di vera
saggezza”. E’ affettuosa, baci e abbracci non mancano.
Ma c’ è una cosa che le invidio e che non ho mai trovato in nessun altro. Mia madre riesce a
parlarmi con gli occhi. Dici una stupidaggine? Il suo sguardo è peggio di una spada laser dei Jedi.
E’ orgogliosa di quello che hai detto o fatto ? Dagli occhi, quei grandi occhi verdi - grigiastri, si
infonde una luce nel viso e non serve altro. Mi fa sentire fiero.
E se sono capace di fare tutto questo per Eli è soprattutto grazie a lei.
Sono della convinzione che gli uomini sappiano amare e rispettare le donne. E’ un’ altra leggenda
che va sfatata. Gli uomini e le donne sono uguali. Si amano ed usano a vicenda, dipende dalla
circostanza e dall’occorrenza. E dalla madre, per noi uomini. Un uomo è in grado di amare e
portare rispetto per una Donna, solo se la madre gliel’ ha insegnato. Una brava madre educa i propri
figli ed è proprio quell’ istinto materno che la porta a spiegare come non vorrebbe che il figlio
trattasse una ragazza. E’come se si sentisse madre anche dell’ altra. Lo si potrebbe definire un
conflitto di interesse.
La Sacra Bibbia. Ezechiele 16, 44:
44
Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre,
tale la figlia.
Il v iaggio è una specie di
porta attraverso la quale
si esce da lla realtà come
per penetrare in una
realtà inesplorata, che
sembra un sogno.
(G. De Maupassant)
Allungai il passo velocemente. Piazza della Stazione. Santa Maria Novella.
- Pronto? Alex ci sei?
- Ciao Leo, allora l’ hai preso? Dimmi di sì, è tutto il giorno che ti penso.
- Sì, tutto ok… ma ora tocca a te!
- In che senso?
- Confido in te, è semplice: il cucchiaino è in viaggio.
- Cosa?
- Stammi a sentire bene. La mia vita, la mia storia con Eli, è nelle tue mani e non puoi e non
devi deludermi. Intesi ?
(Non mi rendevo conto di parlare col boss)
- Sì. Però spiegami tutto per filo e per segno. Nessun linguaggio criptato.
- Alle 17.00 arriva un frecciarossa da Firenze Santa Maria Novella in Stazione Centrale.
Appena lo vedi arrivare, avvicinati al binario.
- Leo ho paura… mi sembra uno di quei film di 007.
- No, qua mi devi solo stare ad ascoltare attentamente. Sali di corsa. Nella prima carrozza del
primo vagone, c’ è il cestino, quello con lo sportello sotto il finestrino. Aprilo.
- Leo, ma ti sei drogato?
- Se mi vuoi aiutare il cucchiaino è lì. L’ ho messo dentro la custodia dei miei occhiali da
sole, all’ interno di una busta gialla. E’ una confezione piccola. Se sei lenta è possibile che
lo svuotano gli addetti alle pulizie.
- Mannaggia a me e quando ti ho detto che ti avrei aiutato!
- Allora, ci vai ? Alex, la sai la storia. Io la amo!
- Avrai il tuo cucchiaino, a costo di dover tornare a Firenze e rubartelo personalmente.
- Grazie Perseo!
- Ma lo faccio anche un po’ per me e tutte quelle come me, che attenderanno una vita prima di
trovare il loro Leonardo.
- Alex : la confezione, il nastro, la foto: hai tutto. Ci pensi tu?
- Sì, ho pagato un fattorino.Tutto pianificato. Passo e chiudo. Goditi il tuo mare. E ti chiamo
appena preso.
- Ciao Perseo! Ti adoro!
Alle 17:00, sul binario 6 arrivò un treno. Via vai di gente. Una ragazza si distinse per la camminata
elegante e sicura. Occhiali scuri. Una busta gialla, infilata frettolosamente in borsa.
Se chiudi gli occhi e resti in silenzio, il suo battito del cuore. Potresti sentirlo ancora. Era parte della
Storia. Alex stava facendo la Storia.
Era emozionata. E felice.
Ho lice nziato Dio
gettato via un a more
per costruir mi il v uoto
nell'anima e nel cuore
Le parole che dico
non han più for ma né
accento
si trasfor mano i suoni
in un sordo lamento
(F. De A ndrè)
Una promessa è una promessa.
Citofono ed in un minuto scende. Sbatte il cancello e detta così sembra normale, ma il fracasso
metallico mi aveva suggestionato.
- Leo, finalmente come i vecchi tempi!
- Eh sì… allora il cd come sta andando?
- Disco di platino! Ora con gli Entropia restiamo qui per una settimana. Il prossimo videoclip
lo giriamo al Tempio di Giove, a Terracina.
- Ma pure Liga. Happy Hour, non l’ ha girato lì?
- Sì, ma a noi è una cosa diversa: tutta n’ altra musica.
- Sì, sì…immagino. Allora dove andiamo? Tennent’s, Clockhouse…?
- Il Clockhouse. Sarà dal liceo che ci manco.
The Clockhouse Old English Pub. Marina di Minturno(23).
Sembra che questi sette, lunghi, anni non siano mai passati. Decidiamo subito per il nostro posto d’
onore, quello che di sbronze ne ha viste… ma di tutti noi e di tutti i tipi. Sulla sinistra, il tavolo
vicino la parete. Non ci sono sedie, ma dei divanetti. Old Style. E’ ovvio.
Devil’s kiss & Guinness. Rigorosamente due porzioni di chele di granchio!
Parliamo di noi, della tatuatrice (sul bicipite “Esther forever” , mi astengo da commenti!), di
Milano, di Berlusca quando c’ era Berlusca e del Rigurgito Antifascista di Meg ed i 99(24).
Gli occhi sono sempre spenti. Ma non me la sentivo. Poi inizia.
Suo padre era morto, due giorni prima che ci vedessimo a Milano. Mi dice di non pensare a chissà
che grave avvenimento. Era morto, sì, ma col sorriso.
Erano le sei di mattina, quando la madre, svegliandosi, l’ha trovato sorridente al suo fianco.
Senza respiro. Senza un rumore. Nel silenzio . Infarto.
Ma sembra quasi che non sia questo a renderlo inquieto.
-
Io ero uscito quella notte, con Esther. Con Esther, Jerry e Clelia. Clelia aveva preso per tutti.
Dovevamo solo darle i soldi. Pippiamo nella macchina, la mia. E poi a ballare.
Ah.
Quella sera non ricordo cosa mi sono fatto… diciamo l’ Africa con l’ India, a costo di
restarci secco. Ricordo che mi sentivo il capo del mondo, un leone… potevo spaccarti la
testa con una mano… ero felice, capisci, paradossalmente pensavo che quello stato di
eccessiva allegria… cioè quello stare sfasato, fosse la felicità. Quando rientro, erano i miei
occhi a parlare per me. Le orbite completamente fuori, non capivo nulla. Mia madre
piangeva seduta sui gradini delle scale. E io le ho detto che era presto per mettersi a pregare
e le ho anche riso in faccia. Leo, dimmelo tu che sono un pezzo di merda. Perché ho provato
a farlo dire a lei, ma si rifiuta. Capisci? Mentre mio padre moriva nel letto, io mi calavo
anfetamine, coca, e tutte quelle merde varie. Mio padre dall’ Alto mi guardava schifato…
Vivrò tutta la vita così, è colpa mia. Se fossi stato lì, se l’ avessi ascoltato una volta, una
soltanto, se non avessi mai tirato quella volta al porto, se…
-
-
-
Se la pianti! Cazzo, Raul. Hai sbagliato. Ok . Non è la vita che vuoi. Non ti ci vedi. Non te
ne vanti. Ma è successo. E’ successo, e i “se” sono aboliti. Se hai bisogno di parlarne, è
perché ti senti un peso dentro. Se hai bisogno di parlarne, è perché c’ è un peso di cui non ti
libererai mai. I fantasmi esistono, e di notte ti vengono sempre a trovare. Ma un peso in due
è diverso. Con l’ esternazione c’ è il riconoscimento di un errore.
E poi arriva il secondo step, il più arduo: il cambiamento. L’ esternazione senza
cambiamento, non è liberante. Per niente. Ti fa sentire più insulso, inetto. Quel senso di
velleità che sembra tormentarti.
E’ proprio così.
E quando è così, guardati allo specchio e ripeti: “Io sono più forte. Io vi apro il sedere!”.
Gli altri ti possono dare un supporto, ma sei tu che devi crederci. Cavolo, afferra le palle del
toro, Raul!
Ma lo sai che quando parli, mi fai quasi paura?
Io ti faccio paura?
Sembri così sicuro, sembra che sai quello che vuoi dalla tua vita. Sei fortunato.
E’ il contrario: io so perfettamente quello che non voglio! Quello che voglio lo scopro
quotidianamente. E sinceramente, non lo voglio sapere. Io non voglio sapere niente del
domani. Voglio solo che ogni giorno, possa apprendere qualcosa. Voglio vivere
intensamente tutti gli istanti, perché la vita non sono altro che una serie ininterrotta di attimi.
Si vede che hai studiato…
No, non sono solo i libri che mi fanno capire questo, ma la gente, la mia curiosità e il non
precludermi niente.
Finiamo la birra. Mi ringrazia. Ma in realtà sono io a voler ringraziare lui. Parlare di me, quelle
poche volte che lo faccio, perché mi imbarazza, ha un non so che di euristico. Sono idee che stanno
ferme, in stand-by, e poi le riavvio.
- E un ultimo consiglio, non me lo dai ? Chissà quando ci ribecchiamo.
- Non scendere mai a compromessi, andando contro la TUA morale. Penso che il segreto sia
tutto qui.
Apro la porta del locale. Due perle. Due schegge grigie.
Non vedo come è vestita. Sta ridendo come una sguaiata alla battuta del suo cavaliere mensile.
Il sorriso è sempre lo stesso. La risata forse è più donna.
Gli zigomi marcati. O saranno ripresi i soliti problemi col peso o la sua cara amica Coke non l’ ha
abbandonata. I capelli biondo platino. Sempre ribelli, con la frangetta che con delicatezza sposta in
alto. Sfrontata come poche, fatale come poche. Le tengo la porta e faccio segno di entrare, a lei e il
suo cavaliere.
Non mi aveva riconosciuto. Sarà che i baffi ancora non mi crescevano a quindici anni.
Lui smette di fare il simpatico. Raul sa e si tiene indietro. Lei mi resta di fronte, lateralmente all’
ingresso.
Occhi negli occhi. I nostri sguardi erano spaesati. Non riuscivamo a capire cosa volessero dire.
Non c’ era odio, rancore, passione, amore, distacco, sdegno, stupore. No. Leonardo e Perla.
Due anni che aspettavo questo momento. Per vedere in faccia il mio boia. Colei che mi ha privato di
tutto, mi ha ridicolizzato, mi ha snobbato, mi ha TRADITO.
Ma in quel momento era scritta la mia vittoria. Lei stava cercando di capire il perché l’ avesse fatto.
Come avesse potuto. A me. L’ unico che l’ aveva amata per quello che era, senza trucchi, maschere
e parole inutili. I miei occhi le rispondevano che era tardi per quelle domande. Che però non doveva
preoccuparsi, non mi aveva ammazzato. E’ impossibile, a nessuno lo lascerei fare. Mi piegherò, ma
non mi spezzerò. Continuo, con gli occhi, dicendo che non doveva sentirsi in colpa, perché non ho
mai pensato che la gente fosse cattiva. Penso che siamo tutti sullo stesso piano. Ma questo smodato
godimento, la tracotanza, la trasgressione in queste sterili ed insignificanti storie… ecco dove
portano ! Ma quella risposta la sapeva già. L’ ho ripetuta troppe volte.
Il linguaggio di uno sguardo.
Occhi negli occhi.
-
Raul, andiamo?
Certo.
Metto in moto. Ora potevo dire che la mia storia era archiviata del tutto.
Eliana, hai la chiave del mio cuore.
Sono libero.
Sono tuo.
Frate Francesco si fermò
per riposare
ed una donna gli s i volle
avvicinare,
bello il suo volto ma
velenoso il s uo cuore,
con il suo corpo lo
invitava a peccare.
Frate Francesco parlò:
‘ Con te io pecc herò ’
(A. Branduardi)
-
34587109
Pronto, Jolene?
Pronto, chi è?
Sono Leo, il giornalista del Colonial!
Ce l’ hai fatta a chiamare.
Diciamo che sono state giornate burrascose.
Diciamo che avevi altro a cui pensare. C’ era il rischio che tornassi ad Oslo.
Che fai stasera?
Tu che proponi?
Ti piace il teatro? Devo andare per lavoro! Mi faresti da accompagnatrice, madame?
Andato. E cosa vediamo? come devo vestirmi?
Metti quello che ti fa stare a tuo agio, che ti frega. Lo spettacolo è a sorpresa.
Voi credete che una donna per venire a teatro, si metta jeans e maglietta? Naaa…
E infatti Jolene sapeva di piacere, e come valorizzarsi: la donna del Tubino!
Piccolo Teatro di Milano – Via Rovello, 2
Metro Rossa, Fermata Cairoli.
Una commedia musicale, di Garinei e Giovannini: Aggiungi un posto a Tavola.
Dorelli e Croccolo, ovviamente insuperabili.
Jolene è fasciata da un tubino. L’ intramontabile Coco Chanel. Sicura di non sbagliare. Tacchi
vertiginosi – giusto per evidenziare i sette centimetri che già ci separano – un copri-spalle ghiaccio.
Capelli cortissimi. Le risaltavano lo sguardo! Mi volto. Dice che “Consolazione” è troppo forte!
Continua a ridere!
Non so perché l’ avessi portata lì. Volevo semplicemente vivere una serata tipo con Eli!
E Jolene, a suo modo, me la ricordava. Sicuramente quella grazia e classe erano incommensurabili,
ma la sua spontaneità e quello sguardo eloquente più di mille parole, erano una sorta di tentativo.
All’ uscita mi ringrazia e confessa che era la prima volta a teatro con un uomo
(Figlia mia, e con chi te la facevi!)
Ero compiaciuto! Per un uomo sapere di essere ricordato da una Donna, per “una prima volta” – che
non sia necessariamente sesso – è motivo di compiacimento. Ti senti un giusto. Lo so è stupido, ma
è così. Senti di aver fatto qualcosa di sensato verso una donna, che diversamente da un tuo
commilitone, non dimenticherà neanche un secondo di quel momento trascorso con te.
Prendiamo la metro in Duomo. Dopo un breve passeggiata nel cuore della Metropoli più fashion di
Italia. Porta Romana. Viale Sabotino. 109. E’ un edificio che rientra pienamente nel gusto e nello
stile milanese. Di quelli grigi e spenti che puzzano di smog e pioggia acida solo a guardarli.
- Ma scusa, non avevi detto che eri qui per lavoro?
-
E’ vero. Ma da due settimane, mi sono trasferita. Adesso organizzo mostre. Beh, se poi vuoi
la verità … ho fatto incontri notturni con le persone giuste!
E come avrebbe detto mia madre: “Che la verità viva a Dio!”
Secondo piano. Apre delicatamente la porta. Aveva delle mani morbide e aggraziate, dita
affusolate. Entriamo. Ora capisco! Pianoforte Steinbach: nero, lucido. 136 centimetri in ottimo
stato. Insisto perché suoni qualcosa. Non se lo fa ripetere.
Ludovico Einaudi – La linea scura
I miei occhi sulle sue mani. Le mie orecchie sulle sue mani. La mia bocca sulle sue mani. Termina.
Applaudo e sorrido estasiato.
Si avvicina, lentamente. Alza il tubino, fino alla vita. Non si è smentita neanche stavolta.
Autoreggenti e niente mutandine! Mi accarezza il volto. Le sento sussurrare qualcosa all’ orecchio,
ma il desiderio confonde i suoni, le parole e la ricezione. Le dico di toglierlo completamente. Io
eccitato, lei bagnata. Entrambi completamente nudi. Vorrebbe andare in camera. Ma non mi alzo.
Le accarezzo le gambe, e stringo le mani sui fianchi. La pelle liscia e gelida. Come i suoi occhi.
Mi guarda. Ha gia capito. Si volta . Le osservo le spalle, la schiena, le natiche ma resto seduto.
Se ha capito la prima, capirà anche la seconda.
Si siede su di me. Le mie mani sui seni. Due corpi in movimento in una stanza completamente
gelida e buia. Un piede mi fa solletico dietro il polpaccio, l’ altro lo sento strusciare sulla
tappezzeria della poltrona. Perfettamente incastrati.
Con una mano mi tengo al poggialo, con l’ altra lei e spingo in avanti. I fianchi non mentono.
Sono distrutto. Mi accascio sulla sua schiena, per un po’. Ne è valsa la pena. Socchiudo gli occhi e
vedo lei. Eli, se solo fossi qui, se fossi tu con me…
- Leo? Ci sei?
- Sì, perché?
- Vorrei alzarmi! Tu guardi la mia schiena e io guardo il mio piano.
- Scusami.
Sarà sfacciata, avanguardista ma è davvero se stessa. E un po’ la invidio ed ammiro.
Mi dà un bacio sul naso e: “Mi scappa la pipì, scusa”. Dopo poco ritorna. Infila una felpa, poggiata
allo schienale della poltrona. Le chiedo un amaro.
Lo gusto, lentamente. Non ho fretta né sonno. Sonno ne avrei, ma ho in mente il viso di qualcuno e
voglio continuare ad immaginarlo. La presenza di Jolene mi infastidisce ora. Vorrei che sparisse,
per un attimo, e mi lasciasse con l’amaro in bocca
A volte questa freddezza che ho verso le donne mi spaventa. Dubito di essere un umano. Ma non mi
interessa, questa è la colpa di avere delle ex. Il problema gira e rigira , nella vita di ognuno, sono gli
ex. Sono dei precedenti che non si possono superare. Ti condizionano e ti condizioneranno.
Nel modo di porti e relazionarti. Nelle esperienze che deciderai di fare. Ed è per questo che quando
ho incontrato Eli, ho capito che non dovevo farmela sfuggire. Era l’ unica che mi aveva liberato
dalla prigione. Prigione in cui ero stato rinchiuso per sette, lunghi, interminabili anni. Per ora, però,
mi accontento davvero di pensarla ed immaginarla, soltanto.
Jolene interrompe la meditazione. Mi chiede di restare a dormire lì. No. Le do un categorico no!
Ma scherziamo? Il suo volto inizia a cambiare espressione.
Non mi interessa. Per me dormire con una persona, significa: IMPEGNO. Non Ci Siamo, Jolene.
Sei buona e cara quanto ti pare… ma è meglio chiarire prima di fraintendere. Resta imbronciata.
Non ci posso fare nulla. Per me dormire con una donna, c’ ha il suo perché. Significa che :
I.
II.
Mi fido ciecamente. Altrimenti è raro che prendo sonno, vicino una persona. E finora l’
unica donna – dopo Perla – con cui ho dormito è Alex. Che comunque è oramai una
sorella più che un’ amica.
C’ è una storia. Che significa? Impegno! Che significa? Che poi ti aspetti attenzioni,
chiamate, sms, cene e controcene, regali, che preferisco lo shopping con te, anziché la
UEFA in tv. Non sono il tuo uomo giusto. Il tutto si concluderebbe con io che vengo
mandato a quel paese e che sono l’ immaturo. Ma stai fuori? Ho venticinque anni e poi
solo per una persona si può parlare di eccezione. Eli.
Mi vesto, senza lavarmi. Infilo il cappotto. La fisso negli occhi.
- Fai finta che non ti abbia detto nulla. Lasciamo le cose così. Sono stata bene stasera.
Chiamami quando vuoi.
- Anch’ io. Al prossimo giro ti tocca un concerto.
Le sorrido. Jolene stava rovinando tutto. Un principio di innamoramento non è ammesso con me!
E io non volevo né deluderla tanto meno illuderla.
Cerco un bar, ho voglia di un cornetto alla nutella!
Ciao E.
Anch’ io a capofitto nel lavoro.
Riding the Dragon che dire?
Il testo si commenta da solo. Un cavaliere del XX secolo alle prese con il quotidiano,
il suo drago da cavalcare e con la paura di restarne “ assuefatto ”.
Allegoricamente la dipendenza dall’ eroina.
Ovviamente, una canzone anche se letta sembra sempre incompleta.
Vorresti ascoltarla. Mi piacerebbe tanto, anche perché, da quanto ne so, la carriera
musicale la stai intraprendendo da poco.
Per quanto riguarda la mia… Ogni canzone nasce da una emozione, che sia gioia o
disperazione, ma pur sempre un’ emozione.
La mia Cecilia aveva solo quattordici anni.
Questa che mando ora si intitola: “ Comé(te) ”.
Ci sentiamo
L.
Anche tu hai commesso
un errore… hai detto che
io non c’ ero, e invece
eccomi qua! […]
Siccome hai detto che
non c’ ero tu farai il
portiere. E s iccome […]
mi cercano sempre e non
voglio essere disturbato,
ogni volta che mi cercano
tu gli r isponderai:
‘Mi dispiace. DIO non c’è ’
( Pap’ Occ hio)
E’ l’ una e mezza. Alex mi aveva chiesto di pranzare con lei.
Ho rifiutato. Sono inquieto, mi sento soffocare. Sta diventando una vera e propria malattia. La cerco
in ogni volto, in ogni bacio, in ogni alba, in ogni imbrunire.
Eliana ma quanti ne potresti avere di uomini, e invece guarda come stai riducendo chi più ti ama e
mai ti avrà!
Ho bisogno di camminare. L’ inquietudine e il dolore le ho sempre combattute in movimento.
O guidando o camminando. E’ come se con il movimento del corpo riuscisse a dare un ordine a
tutto quello che provo, una sorta di razionalizzazione.
Percorro Via Torino. Vedo tutti muoversi freneticamente. Sarà per il ponte di Sant’ Ambrogio, che
verrà a breve. Che triste Natale che si prospetta! E intanto mi godo questo po’ di sole invernale sulla
faccia. Sembra addirittura penetrare nel cappotto.
Colonne di San Lorenzo. Il più importante resto romano in città. Un negozio di scarpe, con un’
insegna rossa sulla sinistra. Ed una chiesa. La Chiesa di San Lorenzo(25).
Nella piazza tantissimi giovani, per lo più punk e dark. Ragazzi che disegnano, altri che leggono,
altri con birra e altri con erba. Into the sun(26).
Ma da quanto tempo non entro in una chiesa? Boh, forse dai tempi della cresima.Ma in fondo, una
chiesa vale sempre la pena visitarla. Non troverai delle risposte. E chi lo dice? E se mi confessassi?
Se parlassi con qualcuno? Qualcuno di competente? Alla fine, un prete non è il rappresentante di
Dio in terra, colui che dovrebbe prendersi cura della tua anima, che dovrebbe ascoltarti senza
giudicare e darti l’ assoluzione con tre Ave Marie ed un Salve Regina!
Entro. Sposto la tenda rossa. Sulla sinistra la statua di San Pio. Sulla destra Giovanni XXIII. Ma che
ci sto facendo, qui?
- Salve. Posso aiutarla?
- Io ho bisogno di parlare con qualcuno, ho bisogno di far uscire quello che ho dentro. Di
raccontare gli ultimi due anni della mia vita. La mia vita sono immagini che vorrei resettare
e non voglio un analista dei fornelli. Lei è un prete, no?
Mi guarda spiazzato. Come se fossi un marziano.
Era un giovane ragazzo, indiano, con il classico abito nero e “colletto bianco”.
Si chiama PREM(27). Gli chiedo se significhi qualcosa. Mi dice che in indiano, oltre ad essere
utilizzato come nome proprio di persona, sta per AMORE.
Un sorriso sincero e degli occhi svegli. Annuisce e mi fa sedere proprio di fronte la statua di San
Pio, su una cassapanca. Ed inizio il mio racconto.
Parlo a ruota libera. Mi sembra un conato di cattiverie, ipocrisie, dolori ed acciacchi che riverso
fuori. Mi sembra di combattere con il drago. Non cavalcarlo, ma provare ad allontanarlo.
Prem inizia a parlare di sé, forse per lasciarmi piangere e attutire i singhiozzi. Studia a Roma al
Sacro Cuore, un dottorato in Storia del Cristianesimo. Anche la sua passione è la filosofia, in cui si
è laureato. Ed è a Milano, soltanto di passaggio.
“Come tutto e tutti, caro Leo… non è solo una tua sensazione. E’ la realtà ! Ricorda che c’ è una
vita terrena, e una ultraterrena”. Inizio a tranquillizzarmi.
Mi asciugo la faccia. Mi passa un fazzoletto, quelli di tessuto. Una bella soffiata, forse poco fine e
galante. Mi dice di tenerlo. Ovviamente.
Prende un blocchetto. Ci sono delle cose scritte in indiano. Propone di aiutarlo su una questione.
Sono due giorni che ci riflette su: “La nudità della croce”, presente in una lettera di San Paolo.
Dice che la chiave di tutto è lì. Forse vuole dirmi implicitamente qualcosa riguardo a quanto gli ho
raccontato.
Ci dovrei pensare, sono questioni filosofiche, non culinarie!
- Tu che ne pensi?
- Beh , qui su due piedi… dovrei rifletterci un attimo… e tu?
- o sono d’ accordo con quelli che ritengono che San Paolo voleva soffermarsi su la Passione
di Cristo, come “Il Miracolo dei Miracoli del Divino Amore”. Che il suo intento fosse quello
di portarci oltre l’ icona del Cristo sofferente sulla croce. Sottolineando il connubio
inscindibile tra Amore e Dolore. In cui l’ un l’ altro diventano indistinguibili, due elementi
di una miscela omogenea. L’ anima di chi Ama, si rasserena nel suo dolore e gioisce nel suo
amore dolente. Il suo invito è quello di accogliere il mistero della croce: mistero che poggia
su una dicotomia. Alfa e Omega, Gloria e Umiliazione. Mi segui?
- Sì
- L’ anima di chi soffre e ama si immerge così nell’ Amore Assoluto, che è l’ amore di Dio.
Quello purissimo, della Nuda Fede. E soltanto così arriva a comprendere la Passione di
Cristo: opera di Dio. Opera del Suo Amore. Comprendi?
- Sì.
- Il “Nudo patire” di cui Paolo parla spesso, è la sofferenza che proviene dal rapporto con
Dio, che soffre dinanzi alla violenza umana. Altre volte patisce per le colpe che egli stesso
commette. I suoi errori lo portano a desiderare la morte per le debolezze, i cedimenti, le
colpe che egli stesso compie. Da questo nudo patire comprendiamo il suo insegnamento,
rivolto alle altre anime. Hai capito cosa ti ho detto?
- Certo.
- E tu come la vedi?
- Concordo. Non ci avevo mai pensato. Ma la prima cosa che mi viene in mente è la figura del
Dio vendicativo, di Isaia. Il Dio che si fregia della Croce come arma per combattere e
sconfiggere il Peccato. La Nudità – quelle delle nostre colpe e dei nostri cedimenti, è il
peccato; la Croce è la liberazione. Isaia 42, 24. Un Dio che è uomo di guerra. Un Dio che
inizialmente silenzioso, decide di armarsi e andare in guerra. Dio va in guerra per eliminare
il nemico. La guerra di Dio è una “ Vendetta ”. Una vendetta che porterà alla liberazione di
Israele. Liberandola dalla schiavitù. La vittoria sopraggiunta alla vendetta è questa: la nostra
liberazione. Israele può così servire Dio, perché è risorto ed è stato riscattato. Israele diviene
giusto e libero. Israele diviene la dimora Dio, in quanto comunità libera ed esultante.
- Per avere venticinque anni… complimenti ragazzo. Mi sembra tu abbia capito cosa volessi
dirti.
- E ora… mi assolve?
- Ascoltami bene. Scaccia l’ inquietudine. Lui ti sta solo indicando la via e a te tocca solo
seguirla. E’ stato un piacere, Leonardo. Io pregherò per te e tu farai lo stesso per me.
- Per me, è stato un onore. Prem.
Prem - AMORE - Prem
Cari LETTORI di Andromeda Fair,
ci ritroviamo con il nostro appuntamento settimanale. E proprio perché il Santo Natale si sta
avvicinando, bisognerebbe proporvi una “bella carrellata dei Cinepanettoni ”! Ma io, come ben
sapete, amo nuotare controcorrente e quindi eccovi un film uscito il 5 dicembre – per restare in tema
– ma nel 2003. Sono di parte e so perfettamente che un buon giornalista dovrebbe “dare (fare?)
informazioni oggettivamente”. Ed io vi informo che ieri sera, riguardandolo, mi sono emozionato
come il giorno dell’ anteprima. Grazie per avermi concesso questa breve premessa!
Lost in Translation ( L’ amore tradotto )
Bob Harris (Bill Murray) è un divo dello schermo americano. Anche lui apparentemente vittima
della crisi di mezza età. Si trova a Tokyo per girare lo spot di un whisky. Padre di famiglia, ma lì è
solo. Dopo venticinque anni, affermerà che il matrimonio è qualcosa di complicato. Fondato su un
equilibrio precario, che può crollare da un momento all’ altro. Si sente un estraneo agli occhi di sua
moglie.
Charlotte (Scarlett Johansson) è una moglie venticinquenne, ma profondamente delusa e
insoddisfatta. Laureata da poco in Filosofia, non vuole pensare al suo futuro. Scrittrice senza
pretese, “che detesta ciò che scrive”; fotografa di “immagini mediocri” .Non pretende più nulla da
sé e dalla sua vita. Si trova lì con un marito fotografo e stacanovista, che non ama lei quanto il suo
lavoro. Charlotte, come Bob, soffre di insonnia e non parla il giapponese.
Vite simili, che inevitabilmente finiranno per incrociarsi. Bob e Charlotte si perdono nei loro punti
di domanda, imprigionati nelle loro esistenze, ma con una smodata voglia di tornare a sorridere e di
essere amati, per quello che sono. Entrambi, incapaci di scegliere sulle cose più ardue di
un’esistenza: ribellione, fuga e cambiamento. Desiderosi di tradurre ciò che prova il loro cuore.
Il destino li fa incontrare, o meglio, “sfiorare” . Nasce un sincero rapporto di amicizia, se così la si
può definire . Un contatto di anime, che li porta a scoprire se stessi e che potrebbe condurli verso
la loro personale felicità. Le loro anime sono identiche. Il loro rapporto reale ed autentico, li porta a
mandare all’ aria quell’apparente rigidismo esistenziale, che li imprigionava.
Ritroveranno il piacere di vivere, ma soprattutto ritroveranno il sorriso.
Al momento del saluto “casuale” a quella città nipponica, velata di tristezza e solitudine, i due
piangeranno silenziosamente. Ma con un sincero sorriso sulle labbra. Si parleranno e la nostra
immaginazione ci porterà ad ascoltare le parole di Bob. Parole di un uomo felice, che “non vorrebbe
più partire”. Ma nonostante tutto felice. E lo stesso vale per Charlotte.
Un saluto e un romantico bacio dell’ addio, sulle note di Just Like Honey dei The Jesus & Mary
Chain.
E allora è chiaro cosa sperava ed è riuscita a dirci Sofia Coppola – alla regia e alla sceneggiatura di questa commedia romantica :
la felicità può essere raggiunta conoscendo se stessi e quello di cui si ha bisogno. Ma soprattutto,
per raggiungerla, bisogna lasciarsi stupire. Non precludersi nulla e credere fermamente che per
sorprendere se stessi, non ci sia età.
Per chi non l’ abbia ancora visto è un invito a farlo. Per gli altri, una (re)visione potrebbe essere un
toccasana, prima dell’ arrivo dei nostri cari e affezionati Cinepanettoni!
Leonardo De Barberis
Portami tu la pianta che
conduce
dove sorgono bionde
trasparenze
e vapora la v ita quale
essenza;
portami il girasole
impazzito di luce
(E. Montale)
Ho sempre creduto che il periodo più bello dell’ anno fosse quello natalizio,
Per quando si è bambini, non occorrono motivazioni. Regali, controregali, cioccolate, la befana, le
vacanze da scuola, il presepio, l’ alberello, i soldi dell’ intero parentado – equamente distribuiti fra
tutti i cinquantatrè cugini, figli di cugini e figli di figli di cugini.
Quando si cresce e si “va fuori di casa”, invece, è in occasioni come queste che ritrovi il calore e la
sicurezza che ti sembrano mancare nella quotidianità. Non amo generalizzare, ma vi presento la
realtà meridionale nel più atteso momento dell’ anno. I preparativi hanno inizio settimane prima…
diciamo dopo l’ Immacolata , si può discutere del fatidico menù. Ma non di quello che si mangia
solo il 25, no… dal 24 al primo dell’ anno, c’ è una tabella di marcia da seguire, spese da fare,
regali, carte, confezioni, nastrini. Il momento più suggestivo è sicuramente quando si cucina, tutti
parte della “fabbricazione” : un’ umana catena di montaggio.
Quest’ anno, per me, Natale non è mai arrivato. Non ho niente dei tradizionali momenti.
Ho lavorato. Mi sono massacrato di lavoro per non pensare. A cosa? E’ un altro mese. Ho mandato
a puttane un altro mese, per chi ? Per cosa ? Ma cosa sto facendo?
Non mi riconosco più. Io non ero così. Dopo Perla mi sono circondato di tanti amici, ragazze ed
esperienze. Sempre in movimento. Per non percepire l’ assenza. La mancanza di ciò per cui ha
senso vivere. E quando meno te lo aspetti, lo incontri. Eppur tentando di scappare, l’ Amore è più
veloce. E allora ti lasci vincere. Non è alla tua metà che ti arrendi, ma a Lui. L’ Amore.
C’ avessi mai capito qualcosa…
Ne ho fatta un’ altra delle mie.
E per capire se era una stupidaggine o meno, ho subito chiamato Alex.
Ma lei ha ribadito che sono un grande. E che non mi sono smentito.
Ero impazzito. La mattina di Natale, vivevo una profonda crisi mistica.
Alla fine ho deciso. Ho deciso che non bisognerebbe mai privare una persona di un augurio sincero.
Questa era la spiegazione ufficiale che mi davo per autoconvincermi che del mio sbandierato
raziocinio non c’ era più niente. L’ avevo perso osservando quel lungo abito di raso rosso, inebriato
di Dolce vita.
Ho chiamato ModenaFlora.
-
Salve ModenaFlora. In cosa possiamo servirvi?
Salve. Mi chiamo Leonardo De Barberis. Io dovrei spedire un fascio di girasoli.
Sì . Mi dovrebbe dire come lo vuole, quanto vuole spendere e soprattutto a chi lo dobbiamo
consegnare.
Allora innanzitutto per i soldi … cioè io voglio un bel fascio. Il più bel fascio che abbiate
mai confezionato. Non mi interessa quanto costa.
Sì ma più o meno? guardi, di solito, nove girasoli sono un bel fascio… poi ci mettiamo un
po’ di nebbiolina…
Seee… solo nove! Non ci siamo capiti… signora, come si chiama?
Elisa. Mi chiamo Elisa….
-
Allora signora Elisa, le ho detto che deve essere un bel fascio, mai confezionato finora e se
ne esce con quello ordinario?
- Ma guardi che i girasoli non sono come le rose o i lilium.
- Non mi interessa. Scusi se insisto. Lo voglio più grande. Faccia lei. Ma deve lasciarla a
bocca aperta. E poi non ci metta nebbiolina. I miscugli non mi sono mai piaciuti. E per
avvolgere il fascio…
- Sì, la carta di che colore la vuole?
- Che carta !!! Ma scherza? Ce l’ avete la rete color corda?
- Certo. Le mettiamo quella?
- Sì. E poi ultima cosa: il nastro con cui legare il fascio, lo voglio di un bell’ arancio acceso.
- Nient’ altro?
- Guardi, lo so… sono strano, un po’ pignolo e apparentemente arrogante.
- Non ho detto questo…
- Ma guardi: è il primo fascio di fiori che mando ad una donna.
- Beh, prima o poi doveva farlo…
- Ma non è una donna qualsiasi. E’ la Donna della mia vita. L’ unica che amo.
- Senta non mi deve raccontare, non si preoccupi. Si capisce benissimo che è agitato.
- E’ una consegna di vitale importanza.
- Va benissimo.. quindi glieli consegniamo il 30? Ma comunque dovrebbe dirmi l’indirizzo
della fortunata !
- ci sarebbe un problema: io non so l’ indirizzo!
- Senta ma lei è pazzo o cosa?
- Sono un uomo innamorato. Innamorato di una donna che non ha la minima percezione della
mia esistenza, e mai la avrà …se questi fiori non le arriveranno con quel biglietto.
- Va bene.. va bene… lei non è pazzo, è disperato!
- Vedo che si sta creando sintonia. Lei è Eliana Phoenix Varenne.
- Ma la …la … la … sign… signora__
- Proprio lei. Lo sa l’ indirizzo?
- Certo, vive in via San Carlo. E’ al centro. Stia tranquillo comunque dopo la consegna, la
chiamo.
- Lei è il mio angelo. Non ci sarebbero parole per dimostrarle la mia gratitudine. Le spedisco
una busta da allegare ai fiori.
- Va bene. ci sentiamo domani.
- Arrivederci. E grazie ancora.
Nella busta gialla una lettera di ringraziamento per la signora Elisa.
E una busta avorio. Con due biglietti del treno.
Sul fronte:
Milano Centrale – Firenze SMN 09.01.07 ore 19:00
Sul retro:
“Un bianco per brindare a te e alla fine di questo avvolgente percorso. Auguri di buon anno,
L.
PS: Abbigliamento informale! ”
Il giorno dopo il telefono squillava. Era tutto pronto. Dies Dierum tanto atteso. Ma sarebbe venuta?
Ciao L.
In primis, ti scrivo per farti gli auguri di buon anno – anche di Natale… ma ormai è
andato. Io sono di partenza. Vado una settimana a Vienna. C’ è un concerto di
beneficenza a cui parteciperò.
Ad ogni modo, andiamo a noi. Comé(te) … allora chi è questa Cometa, come- te?
Canzone d’ amore. Un amore fuori dall’ ordinario. Ma che, a quanto pare, è
destinato a svanire , perire, “ dissolversi nella nebbia”.
Quante volte l’ ho provato sulla mia pelle.
Ma perché non hai mai cercato di pubblicarle? O dargli comunque una forma di
visibilità ? E’ un peccato L. … la tua musicalità … è … non so come dirtelo …
Scusa ma io mi imbarazzo sempre quando devo esprimere qualcosa. Perciò mi
rifugio nell’ arte. Qualsiasi forma. Li mi sento libera di dire quello che penso, senza
pudore e imbarazzo.
Ora devo solo andar via. Comunque sto iniziando un nuovo romanzo : “La
maschera e il velo”. Ti allego i primi VII capitoli. Dimmi che ne pensi.
Tutte le impressioni. Ci tengo tantissimo.
Ancora auguri,
E.
Sei partita adesso
senza di me
dal binar io 4
Senza di me
mi è rimasto addosso
il profumo tuo
(A. Baroni)
Non aveva risposto. Non sapevo cosa pensare.
Alla fine una diva potrebbe essere invitata da qualsiasi maniaco che si firmi “L.”. Ma chi altro
poteva essere se non “ L’ uomo del cucchiaino” e del romantico carteggio?
Mi vesto. Voglio sentirmi il più vero possibile. Niente giacca, cravatta. Solo jeans e cappotto.
Eliana è me che devi vedere!
-
Leo ma come stai?
Agitato. ma perché sei voluta venire ? Alla fine non so neanche se viene!
Ma che dici: dopo tutto perché non dovrebbe venire, alla fine vi scrivete e poi il cucchiaino,
i fiori.
- Alex guarda che non è una qualunque. Sai quante ne riceve di avance e di inviti anonimi dai
fan?
- Leo tu sei sempre l’ emblema dell’ ottimismo… DIAMINE! Lo dici sempre tu : “Dire sì alla
vita”, no? E poi se pensi questo, perché ci stiamo andando, lì?
- …
- Leo rispondimi. Allora?
- Perché se non viene, quasi certamente, voglio restarmene lì.
- Ma non sei normale, non lo sei mai stato.
- Lo so. E’ sempre stato così. Quando mi sento che sta per succedere qualcosa, qualcosa su
cui devo riflettere, io mi rifuggo in un posto… a casa mia, di solito vado sugli scogli o al
cimitero inglese(28)…
- Che belle location . Tutta vita!
- Ahahahahah
- Ahahahahah
- Che scema.
- Lo faccio per farti ridere, cretino… il mio societto!
- Ma la vuoi smette con questo termine, societto?
- Dai, ormai siamo una società, una società in nome collettivo, disciplinata dall’ art. 2249 (29)
- Sì, l’ Ale e Leo SNC!
- Vedo che sei informato, caro il mio societto.
Mi tira una pacca sulla spalla. Meno male che ci sei tu, Alex.
9,il tram. Finalmente dopo trenta minuti, arriviamo.
Stazione Centrale. Una delle stazioni principali d’ Europa.
Opera dell’ architetto Stacchini. La facciata è larga 200 metri e la volta è alta 72, un record quando
fu costruita. Non ha uno stile architettonico definito, ma è una miscela di diversi stili, in particolare
quello Liberty e Art Deco.
L’ architetto Aldo Rossi l’ha definita “La più bella stazione ferroviaria al mondo”; io so solo che
questo posto resterà nel mio cuore, per sempre. Ogni attimo di questo Amore è passato di qui.
La Centrale è stata sempre mia complice.
Entro. Alex sulla mia sinistra . Lo sento. Decine di metri tra me e lei. Ma lo riconosco: Dolce Vita.
Mi volto. Giacca grigia in tweed di lana. Bavero con volpe argentata. Gonna dritta, coordinata alla
giacca e uno spacco vertiginoso sul retro. Soliti occhiali a maschera. E quella cascata di capelli
castani. Un tuffo in quei boccoli morbidi e lucenti.
Si china a raccogliere il biglietto che esce dalle macchinette, quelle automatiche che si trovano in
fondo alla mia destra . Ha un trolley, e dal passo felpato, anche tanta fretta.
- Alex, la vedi?
- Oh mio dio, ma allora è venuta! Hai visto?
- Ma vuoi darti una svegliata? Guarda che ha il trolley e non penso che quello sia un
abbigliamento informale da viaggio.
- Uno si potrà vestire come vuole, non credi?
- Sì e il trolley ce lo trasciniamo in giro per Firenze. Ma per favore.
- E quindi? Corri a parlarle!
- Ma non ci penso proprio! Io vado al mio binario 4. Mi siederò per terra, quando le gambe
non mi reggeranno più, e verserò qualche lacrima.
Mi tira uno schiaffo. E inizia a piangere.
- Ma ti sei impazzito? Perché… perché devi lasciare tutto così?
- Non cambierebbe nulla. Mi sono, mi sto e mi farò solo tanto male. E invece lei si farà solo
una bella risata.
- Come vuoi. Se c’ è una cosa che ho capito di te è che quando ti metti in testa una cosa è la
fine. Sei irremovibile!
- Ecco appunto. Allora dato che l’ hai capito, lasciami nel mio dolore su quel binario e vai via.
Ho bisogno di stare solo, capisci SOLO!
- Scusa, se pensavo di poterti stare vicina. Ok, Mister Solitudine, me ne vado. Poi quando ti
va, chiamami, non farmi preoccupare.
- grazie.
Sono sul binario 4. Il treno è dietro di me. Già stato annunciato. Tra cinque minuti partirà. Sono
minuti in cui ripercorro a rallenty tutti questi ultimi mesi.
Mesi fitti di emozioni. Mi è tutto chiaro. Niente è stato perso. Non è stato tempo perso.
Ma quante coppie di amanti, fidanzati, sposi, ci sono infelici? Che non sanno cosa inventarsi per
sentirsi appagati e felici con il proprio compagno? Mi direte: anche tu sei infelice, ora !
Non è così. Al massimo lo sarà lei, perché non saprà mai di me. L’ unico che l’ amerà per
sempre. Nessuno potrà mai, e ne sono certo, amarla quanto me. Io sono felice perché lo so che
significa incontrare per caso la Donna della tua VITA e sentire il cuore in gola. Io ho visto i
miei giorni assolati da un suo accenno di sorriso, e mi sentivo un UOMO indistruttibile che
aveva tutto dalla vita. Non sono infelice, perché io mi sono sentito vivo, in questi mesi,
nonostante tutto io ci ho creduto e ho fatto l’ impossibile. Ho dato forma e concretezza ai miei
sogni, ho vissuto tutto intensamente, l’ ho rincorsa, fino all’ estenuazione.
Io ce l’ ho messo tutta, non potrei fare di più. Quello che sento è dolore. Dolore per non aver
potute dire a lei queste cose. Per non averle raccontato la mia storia. Per avere la certezza, che
pur volendo, non le avrei mai trovate le parole, per farle capire quello che ho dentro, il mio
universo. Per sognare ancora, ma insieme.
Le tocca le spalle da dietro. Mentre ritirava lo scontrino di un trancio di pizza..
- Salve signora Varenne!
- Alex, ciao! Fatti abbracciare.
- Con che faccia, stronza, con che faccia me lo dici?
- Alex ti senti bene?
- Perché, perché l’ hai illuso così.
- Ma chi? Ma che dici?
- Parlo di Leonardo. L’ uomo del tuo cucchiaino, l’ uomo con il quale ti sei assiduamente
scritta per “un confronto culturale”…come se non ne avessi abbastanza, di artisti vicino!
Eliana stava sbiancando. Non aveva capito davvero chi fosse. O forse stentava a crederci, o
ancora meglio, non aveva avuto il tempo di pensarci.
- Ma io… ma io non posso andare a Firenze?
- Ah, ma allora quei due-tre neuroni ancora ce l’ hai? Ma ti sei almeno resa conto di quanto ti
ama questo cretino? Sono mesi che lo ascolto e vedo piangere per te… mi ha fatto imparare
a memoria i tuoi libri. Mi ha fatto capire davvero il tuo “spirito” , come si ostina a dirmi…
io manco l’ amavo la letteratura! Ma penso che si sia sbagliato, di brutto, stavolta!
- Alex te lo ripeto: io non posso andare a Firenze!
- Non me ne frega niente. Lui è al binario. Binario 4. Ora tu vai e glielo dici!
- Ma io__
- Non mi interessa. Ora tu vai e glielo dici. Io me ne sto andando, ma tu vai…non ti
preoccupare, io me ne vado.
La vedo arrivare. Non è possibile. E che ci fa qui? Non ci sto capendo più nulla.
- Salve. Leonardo!
- Ciao,ma__
- Senti vado di fretta, volevo dirti che io non posso venire a Firenze!
- Lo so, il treno è appena partito!
- Io non posso partire…
- Non mi interessa. Io, invece, vorrei morire, piuttosto che dirti tutto. Ma mi piacerebbe
tentare…riuscire a spiegarti, ma soprattutto a farmi capire.
- Guarda, il treno mi parte tra pochissimo!
- Ok. allora prima che va via e mi dimentico, questo è per te. Non penso che ricevi pochi
regali. Però volevo vedere come avresti reagito davanti un mio regalo. Vedere la tua
espressione: istintiva, autentica e spontanea.
Era un 45giri di Trane. E per trovarlo, dio solo sa cosa ci è voluto. Anche qui, Alex aveva
mostrato le sue amabili qualità di “Donna delle composizioni dei vecchi tempi”: una carta
regalo semplice color cartone. Due nastri sul ramato: doppio fiocco, uno di organza e l’ altro di
raso.
-
Grazie Leo,ma…ma vuoi che sia sincera?
Certo, dimmi…dimmi…
Io, beh, io sono già impegnata!
Ah… che botta!
E’ la verità. E’ meglio che finisce qui. E’ meglio che non ci scriviamo più, forse. Non credi?
Senti, ora non mi interessa questo…posso farti una domanda?
Si!
Ma lui…lui ti rende felice?
…
Allora?
Che significa?
Quello che ti ho chiesto, non fare la stupida con me, Eli. È una domanda e devi rispondere,
ma con una risposta. Non con un’ altra domanda.
Diciamo di sì.
Che bella risposta del cavolo.
Ma tu che ne sai di me? Solo per due regali fuori dall’ ordinario che mi hai fatto e delle
canzoni che ci siamo mandati, pensi di conoscermi? Che sai di me?
Quello che sicuramente saprà anche il pervertito miliardario, tuo compagno di vita.
-
-
-
-
Lui sa quello che so io, vero? IO so che nella scrittura trovi il posto in cui sentirti in pace
con te stessa; so che nella lettura, invece, ricerchi te stessa e una emozione, perché tu, cara
Eliana, non vivi la vita sulla tua pelle, ma solo sulla maschera di femme fatale che ti hanno
cucito addosso. IO so che ami il jazz, che è dentro di te…che vivi a passo di musica…che
sei un’ eterna romantica, confusa e contraddittoria. Che la tua morale…beh la stai ancora
cercando…che cerchi delle “parole nuove, che provengano dal cielo”…IO so che ami il
vino, tanto. E a volte bevi come un vecchio ubriacone irlandese. E ami il cibo, lo trovi
afrodisiaco. IO so che sei un iconoclasta, aborri le immagini perché c’ è stato uno stronzo
che ti ha fatto entrare in una commedia romantica e sul finire ti ha lasciata in un horror-hard.
E penso non sia una piacevole sensazione. IO so che c’ è repulsione ogni volta che metti
piede in uno ospedale e che soltanto quando immaginavo, o cercavo di farlo, sfioravo un
decimo di quel dolore che ti porti dentro per la scomparsa di chi più hai amato e ti ha
amata…la tua Cecilia, tua madre. Piangevo per te, capisci? Ma quando è successo io avevo
solo quindici anni e non ci saremmo mai potuti incontrare.
non posso fare niente, tornare indietro o parlare con santi o dare l’ anima al diavolo. Ma se
ci fossi stato io in quegli anni, ti avrei dato tutto me stesso. Avrei tentato di riempire una
parte infinitesimale di quell’ incolmabile vuoto, quell’ assenza che ti porti dentro.
Ti avrei dato la mia vita, ti avrei dato tutto l’ amore che cerchi, inconsciamente, ma
cerchi…io ci avrei provato almeno. Avrei soltanto cullato il tuo dolore. IO non mi stancherei
mai di te, io non ti direi mai che per me sei un’ amica e che invece, una prostituta che me la
dà una sera è la mia donna ideale. Per me sei tutto. Sei il mio Zahir (30), sei la donna che ho
sempre sognato, con tutte le tue fragilità e contraddizioni, con i tuoi dubbi e ipocondrie…
ma con la mia stessa anima.
Sei mia. Eli, io non voglio che cambi. IO ti amo per come sei, o credi di essere. Voglio solo
che ti convinci che per me sei l’ Unica. Hai capito? L’ Unica. Non ce ne sarà un’ altra,
nessuna potrà capirmi se non tu e nessuno potrà mai conoscerti più di me!
Ma queste cose sicuramente l’avrai già sentite da lui, o comunque lui già le sa e prova.
Vero?
Ma tu, tu che ne sai?
Io ho letto tutto quello che tu hai scritto. Penso che non ci sia al mondo nessuno che possa
fare un’ analisi letteraria ai tuoi scritti, meglio di me. So i tuoi versi a memoria, le tue
simbologie, le tue terminologie, la tua metrica, i tuoi spazi e i tuoi pensieri.
Quello che pensi. E sai perché?
No. Fammi capire!
Perché un uomo o una donna può essere un Grande e Vero scrittore, solo se da quello che
scrive, si capisce chi è e come la pensa… se quando leggi, emerge il suo spirito. E
ovviamente deve essere uno spirito autentico, e libero da tutte quei rigidismi e conformismi
sociali, che risiede solo in un animo puro e nobile.
Leo__
Dimmi!
Io, io non so che dirti…che altro dirti o risponderti!
Non dirmi nulla. Non ti preoccupare. Quando il sentimento è unidirezionale prima o poi, si
dissolve “naturalmente”. Non è una morte violenta e diretta, magari! E’ una lenta agonia. Un
rogo, un patibolo sul quale nessuno ti ha chiesto di salire. Una cosa tu, potresti farla.
Un favore!
Pure due!
Un sorriso. Hai un bel sorriso, sorridi poco, ma hai un bel sorriso. Ecco. Mi auguro soltanto
che quel lurido mantenga sempre vivo questo sorriso…sarebbe un vero peccato!
Ci salutiamo. Una distanza tra noi. Era una distanza di reciproca sicurezza. Sorrisi estasiati e
beoti. Io alzo la mano e lei accenna un saluto, con la testa.
Seduta su una panchina di marmo, con di fianco una barbona e i WC della stazione, la mia socia
Alex. Il mio Perseo. Persa in un lago di lacrime. Dio, il destino e lei, con la Centrale da
testimoni.
Le nostre anime assoggettate ad una violenta e travolgente passione, si erano finalmente
incontrate.
Il suo sorriso e il suo profumo.
This is love for the bass,
and love for the treble
Love for the orchestra,
violonce llo,
Love for computer beat,
hotter than metal
House beat housing,
bouncing in the ghetto
( Will I A m)
Io e la socia.
Un giovedì di gennaio. Corso di Ticinese. Macedonia in sede. Avevo bisogno di parlare. Ed uscire
da casa. Il mio pensiero tornava lì, a quel binario. Che tiro mancino, il mio caro destino! Tutto così
surreale. Quante possibilità c’ erano che una donna di mondo come lei, si trovasse alle 19:00 del 9
gennaio 2007, in quella stazione, e che io la vedessi, una volta entrato?
Stiamo parlando di un venerdì – giorno di rientro per i lavoratori – di un’ ora di punta e della
stazione Centrale di Milano, non di Minturno – Scauri!.Ancora stentavo a crederci.
Era una strana sensazione: felicità di essermi liberato di un peso, ma il pensiero che più si insediava
nella mente, era: “e se non fosse venuta?”. Non avrebbe mai saputo nulla di me, di quello che
provo. Sarebbe stato un insieme di gesti, bei gesti fuori dall’ ordinario ma insensati!
Solo le parole potevano rendere giustizia, se solo fossi riuscito a dirle tutte.
-
Leo, per intavolare un discorso con te, cosa devo inventarmi? Sono due ore che cerco di
parlarti e te ne esci con “mmh, si, hai ragione”!
Scusa!
Svegliati!
Non so cosa fare, vorrei scriverle ancora una volta!
Basta, te l’ ha detto come stanno le cose, devi lasciarla in pace. Lei è occupata.
No occupata, ha detto impegnata! Ma ci pensi, questa vede l’ amore come un impegno!
E’ una cosa orribile! Le storielle, le posso capire ma l’ Amore è tutto tranne che impegno!
Leo la finisci? Basta, cancellala! Anzi non la intervistiamo più! Mai più sul mio giornale!
Non voglio che parli così di lei. E’ come se offendessi me. Ti prego. Ci devo pensare, ad
ogni cosa c’ è un perché. Anche in quello che ha detto e come l’ ha detto.
Ti complichi la vita!
Lo so.
Senti ti scoccia se cambiamo discorso?Io dovrei parlarti di una cosa importante e anche di
una certa urgenza!
Lavoro?
Si!
Ok,dimmi pure.
Non ti inalberare.
Perché? Cosa hai fatto?
ho spedito una tua canzone, ad una mia amica canadese.
Pazienza,si sarà fatta una risata..
Il problema è…che la mia amica è Shania Twain(31)!
Beh, Shania Twain si sarà fatto una risata!
Oltre ad avermi chiesto di conoscerti!
Cosa? E io…ma…scusa…ma io__
Vuole cantare il pezzo e se ti va duettarlo!
Non ci penso proprio!
-
-
Leo è un pezzo country, si sente…e io pensavo di farti felice. E’ la tua buona occasione. Ed
è giusto andartene da qui. Eri venuto per dimenticare la tua ex, per dare una svolta alla tua
vita, per ritrovare te stesso e capire quello che cerchi! Beh, l’ hai fatto. I tuoi lettori ti amano,
i tuoi colleghi lo stesso e hai trovato me.
Quella donna ti sta facendo soffrire, cadere nel tunnel nero dal quale sei venuto. Se non ci
sei già dentro. Devi andartene e presto. Chi più di me può capirti? Ti sentivo la notte,
andare al banco dei liquori, in sala, e farti il tuo cicchetto! Ma tacevo. Ti stai annientando, di
nuovo, per lei. C’ hai creduto e sono stata la prima a supportarti in questa mera follia. Ma se
ti avessi incontrato io…tu non lo meriti il suo disprezzo!
Ti prego basta. E’ il mio punto debole. Vuoi colpire al tallone d’ Achille? Parlami di lei e di
quanto è perfida. Ma voi non potete capire. io so come è! Io so come è dentro: è pura, è vera,
è come me!
Non è come te, cristo! Tu non faresti del male ad una mosca e non sai chi è, perché non
avete mai parlato, se non quella mezza volta sul binario!
Nooo! Ti ho detto BASTA! Io so come è … da quello che scrive!
Finzione!
La poesia, la scrittura non è finzione, l’ arte NON è NE’ FINZIONE NE’ ILLUSIONE!
Sì, ripetimi la storia dello “spirito nobile”: perché tu vedi lo spirito! Io vedo una donna
orribile che sta facendo disperare da mesi la persona più onesta, sincera e leale che abbia
mai incontrato! E mi basta per dire che siete completamente diversi.
Non voglio parlare più di lei. Ti prego, mi sento male se continuiamo così. Hai ragione,
partirò. Dove andrò non lo so, che farò non lo so.
Andrai a Montreal e ti occuperai della sezione “Arte & Spettacolo” della nostra rivista con
sede lì.
Alex__
Abbraccio. Un sincero e stretto abbraccio.
Sono la tua socia. Siamo pur sempre una SNC!
E’ vero!
Poi ti lascio i contatti di Shania e te la vedi con lei! E quando diventi famoso, me la scrivi
una canzoncina?
Stupida!!! Mi dai un po’ per pensarci da solo? Voglio riflettere bene su questa situazione,
parlare anche con i miei.
Va bene. Comunque prima ho esagerato su Eliana. Ci sarebbe un’ altra cosa che può farti
piacere. Sono indecisa se riferirtela.
A parti inverse, vorresti che te la dicessi?
Forse sì.
Su, dimmi.
Il 20 febbraio, al Tiffany American Bar di Ferrara (32)__
Che c’ è? Alex parla!
Eliana presenta il suo primo singolo “Riding the Dragon”. E’ la colonna sonora di un film
noir che uscirà a marzo in Italia e quel giorno in America. Il colossal di cui parlava è questo!
Buon per lei!
Non hai capito. Noi, intendo la redazione, dovremmo fare quell’ intervista. Ma come
preferisci tu!
Ma scherzi, il lavoro è lavoro. Mica può condizion__
Se vuoi ci mando un altro collega!
Fosse l’ ultima cosa che faccio. Non preoccuparti. Il 20 sarò a Ferrara, la città ducale.
Come vuoi. In ogni caso, ti accompagnerò.
Grazie Alex.
Ciao Eliana,
Spero innanzitutto che questa lettera non ti infastidisca né venga considerata come
una qualche forma di insistenza o noncuranza della persona che ti è affianco. Non è
così. Ci tengo solo a puntualizzare le ultime cose, che circa un mese fa, per tempo
limitato ed emozione non sono riuscito a dirti.
Da sempre, l’ unico mio desiderio era quello di poterti parlare per riuscire a rendere il
perché dei miei gesti che analizzati razionalmente, possono solo sembrarti eclatanti e
anche un po’ insensati.
Fin da subito mi è stato chiaro della complessità della tua persona, e non sai quante
volte mi sarebbe piaciuto leggere nella tua mente, capire per un attimo ciò che
pensavi.
In Centrale ho apprezzato la tua sincerità. Ma io sono su una diversa corrente di
pensiero. “Ad ogni cosa c’ è un perché”. Se un mese fa mi è stato possibile
raccontarti un decimo di questi meraviglios i mesi – difficili, estenuanti… ma che mi
hanno fatto sentire vivo – non è dipeso né da te né da me.
Tu dovevi andare via. Io sarei rimasto sul binario 4, a prendere consapevolezza che,
per quanto doloroso fosse, dovevo soltanto far ritorno a casa, privato di quelle ore
fiorentine. Ore di parole… perché in situazioni simili occorrono parole, per non
essere fraintesi.
Forse sei stata troppe volte delusa e troppe volte ti sei illusa, ma non mi è concesso
saperlo, almeno per il momento. Da adesso smetterò di fare supposizioni sul perché, a
volte, sei apparentemente così prevenuta.
Ad ogni modo, resti una persona speciale e alla quale mi sono involontariamente
legato. Non posso mentire a me stesso, capisci? Il 7 ottobre, quando ho comprato
“L’Oscuro ceruleo” ero timoroso ad aprirlo. Poi, dopo il tuo autoritratto, ero in attesa
della dedica. Una lacrima, solo una. Su quella pagina. Non sulla mia, ma sulla tua “
Cecilia ”. Ed è quella la conferma di quanto sei legato ad una persona e che oramai
non si può più tornare indietro.
E allora ti chiedo solo di capire questi gesti degli ultimi mesi. Non sarà il tuo mancato
interesse o la presenza di questa “persona” – perché c’è una presenza, e non un’
essenza- a mutare le cose. Nulla è avvenuta per caso con te.
Anche se non lo paleserò, io sono qui. Ed in qualsiasi momento sarei disposto ad
ascoltarti, se è soltanto questo di cui hai bisogno.
Scusa se per questa volta mi sono dilungato abbastanza. Ma soltanto adesso mi sento
di poter tornare, senza pesi e dubbi, alla mia vita.
Leonardo
Caro Leonardo,
certo che anche tu sei ben lontano dall’ ordinario! E questo intendo
come un pregio.
Come ti ho detto, ci sono stati frangenti in cui la cosa mi sembrava che
rischiasse di finire su un cattivo binario, visto il fatto che restasse
comunque una maschera o un velo.
Ora mi sembra che si possa, se capiterà l’ occasione, dialogare
serenamente.
Ora ti stupirò un po’, forse, ma spero in bene : proprio in questi giorni
ho lavorato intensamente a certe mie canzoni in sospeso che da troppo
tempo devo sistemare.
Credo che un impulso a farlo mi sia venuto dalla tua curiosità, passione
e fedeltà abduttiva.
Se durante questo mese ne avrò le forze e il tempo, per marzo avrò un
nuovo cd da incidere.
Grazie, dunque.
Buona giornata,
Eliana
Avea negli occhi
Reginella
Il dolore de ll’ addio.
Di fianco il Cane,
di sotto il pendio.
Era lombarda.
Era giovane e forte, da sempre a morte.
Mi spostavo da una parte all’ altra di Milano, durante il giorno.
Mattina ufficio, fuori per pausa pranzo, pomeriggio: interviste, rassegne, conferenze, sera: prime,
anteprime e chi più ne ha più ne metta.
La vita metropolitana ti assorbe e a volte è quasi difficile, se non impossibile, trovare la gente vera.
Alex abitava in viale Tibaldi. Da lì, ogni mattina prendevo il 15. Seduto, leggevo la Gazzetta.
Erano due settimane, che quella donna mi sedeva di fianco, sulla panchina.
Una lunga e sudicia gonna grigia, una maglietta gialla a mezza manica e una sciarpa blu. Di fianco,
un cane. Un pastore tedesco, con le zampe sui piedi. Era una donna di strada, perché la strada era la
sua vita. Non sapevo il suo nome, ma la soprannominai Reginella. Reginella e il Cane.
Modena City Ramblers ft Bunna : Il partigiano John
La fissavo. Ogni mattina. Era serena, inverosimilmente serena.
E ogni tanto concedeva due carezze al suo unico e fedele amico.
Un giorno mi fissò. Dritto negli occhi. Era cieca. Reginella non poteva vedere. N ulla.
Ero imbarazzato. Come se potesse percepirlo.
- Perché ti siedi qui ogni mattina?
- Ma…ma lei…ma come…ma__
- Rispondimi. Perché ti siedi di fianco a me, ogni mattina?
- Io…mi siedo. Non per lei!
- E mi fissi!
- Ma lei…ma come…ma__
- Non ti agitare. Mica è colpa tua se non ci vedo!
- Mi incuriosiva. Non lo faccio per importunarla. Ma come ci riesce?
- Il tuo profumo è forte! Sei un uomo, giovane, vero?
- Venticinque anni!
- Allora un giovincello!
- Eh sì!
- Che vuoi chiedermi?
- No, nulla. Ha fame?
- Da anni, da anni ho fame!
- Una colazione, come le sembra?
- Dammi del tu, ragazzo, casomai dopo. Restiamo qui, raccontami un po’. Descrivimi il posto
da dove vieni, il cielo di che colore è oggi, se ieri hai visto la luna sorgere, come è vestita la
bambina che piange davanti a noi. Fammi vedere tutto questo. Ti prego!
Le raccontai di me e di altro. Di tutto quello che avrebbe voluto vedere.
Poi iniziò la sua storia. Aveva circa ottanta anni, non ricordava perfettamente l’ anno in cui
nacque. Ma una cosa la ricordava, come se fosse ieri.
I suoi quindici anni. Sempre affetta da cecità. Giocava in giardino, quello di casa sua.
A Monza. La sua famiglia era una delle più importanti della città. Non usciva mai dalle mura
domestiche. Tutti avevano paura che le potesse succedere qualcosa. Le erano concesse le
domeniche, le feste comandate e le cerimonie dei parenti. Ma a lei non interessava. Era nata per
sbaglio e si sentiva un peso. E’ questo che le ripetevano.
Quel giorno compiva gli anni. Uno zio, emigrato in Germania, venne per trascorrere il weekend
da loro. L’ ospite è sacro in Italia.
In giardino era sola. Poi ricorda delle mani. Mani che, inizialmente, sembravano giocare con lei.
Ma non era un gioco, o meglio, non era tra i giochi che a lei piacevano. L’ aveva portata nel
garage. Le impediva di parlare. Le copriva la bocca.
Dice che pianse ogni notte. Dice che quando lo disse alla madre, tutti iniziarono ad urlare. E a
parlare di “disonore” , “macchia indelebile”, “problema da risolvere”.
La misero sul treno per Milano.
Appena scese le si avvicinò un cane. Il suo Cane. Le restò abbracciata tutta la notte, in quella
stazione. Da lì, capì che quando la fecero sedere sulla poltrona della carrozza, quel bacio di
Giuda, era un bacio dell’ Addio.
Non mi disse il suo nome. Le lasciai dei soldi. Ed andai in ufficio.
Reginella ed il suo Cane.
Una donna mai nata.
Vorrei incontrarti fra
cent'anni
combatterò dalla tua
parte,
perché tale è il mio amore
che per il tuo bene
sopporterei ogni male
( Ron & Tosca )
Citofono insistentemente. Via San Carlo, 22 Modena.
Non ne posso più. I suoi silenzi, i suoi misteri. Mi stai rovinando la vita Eliana. Mi hai rovinato la
vita. Ma come è possibile quella risposta fredda e distaccata? Io non me lo merito. E’ passato un
mese, in silenzio. E pensi che quest’ uscita possa bastarmi ? Non permetto a nessuno di trattarmi
così. Tanto meno a te. Che pensi di me ? Pensi che io sia sincero ? Ti sbagli. Io non sono sincero.
Io fingo, sono spudoratamente finto. Recito la parte del giovane con il mondo in mano, di quello
che non ha bisogno di niente e nessuno, che gli basta il cielo stellato sopra di lui e la legge morale
dentro di sé.
Ho sofferto abbastanza. Ho creduto nell’ Amore, una volta, e non è andata come promesso. Ne mi
hanno rimborsato. Ho creduto che bastava darsi intensamente, senza chiedere niente in cambio.
Capisci ? Io non cerco un niente eppure non sono mai abbastanza. E mi chiudo, lontano da tutti, di
notte.
Fingo anche quando dico che soffro di insonnia. Io di notte voglio piangere, voglio urlare il mio
dolore. Il fatto di non averti di fianco e guardarti nuda mentre respiri. E coprirti con le lenzuola il
piede che resta scoperto, al bordo del letto. E’ lancinante. E’ profondo. E’ una ferita che sanguina in
ogni istante. Ho perso tutto per te! Ho perso la mia vita e solo Dio sa se mai me la restituirai.
Pace. Chiedo una tregua.
La vedo arrivare. Dolce vita. E’ assonnata. Si strofina gli occhi per vedere se sono realmente io.
Una vestaglia avorio, con una cintura alla vita annodata frettolosamente. Dallo scollo, si intravede
una canotta crema, con degli inserti di pizzo nero. Oh, Eli.
- Ma sei matto?
- Voglio che mi spieghi e adesso!
- Forse non ci siamo capiti. La sicurezza mi ha avvisato di averti invitato ripetutamente ad
andartene nelle ultime sei ore. Sono le cinque di mattina e penso che tu abbia davvero dei
forti scompensi!
- Rispondimi: ti sembra normale il tuo atteggiamento?
- Quale?
- Le tue lettere. Le tue parole. Quell’ incontro surreale. E poi il vuoto, il distacco e la
freddezza della lettera di ieri. Dimmi che ti stai per sposare con quel lurido pervertito
miliardario, dimmi che sei omosessuale, dimmi che ti faccio schifo. Ma dimmi qualcosa.
Ma ti sei mai, e dico mai, provata a mettere nei miei panni?
- Leo lasciami perdere. Dimenticami. Abbiamo parlato, abbiamo scritto, ci siamo incontrati
lì…un esercizio, un bell’ esercizio di stile .
- Mah.
- Leo lo dico per te. Io non posso darti quello che cerchi. La mia vita non è come sembra e ora
più di prima. A volte, succedono delle cose improvvise e tu devi soccombere.
- Fanculo te, le improvvisazioni, i linguaggi criptati, i silenzi, la poesia, la musica, le canzoni,
l’ amore. Che parola è amore. Dimmelo? Dimmelo? Ora! SU POETESSA, esponi la nuova
tesi sull’ amore, forse a Freud e Jung gli era sfuggita. Ma tu sai amare, Signora dal cuore di
ghiaccio? SAI COSA SIGNIFICA AMARE, CAZZO?
- Leo stai degenerando. Non sono uscita per sentire le tue offese. Ne ho abbastanza .
-
Eli, ma che ne sai della mia vita. Che ne sai di quello che ho dentro. Pensi che uno solo
perché ha dieci anni in meno, non si è beccato merda in faccia. Hai ragione, lasciamo le cose
così!
Aspetta!
Eli gli accarezza il volto. Era la prima volta che vedeva un uomo piangere, per lei.
Si siedono sul gradino del cancelletto. E’ lei a raccontarsi. Lui la guarda con occhi sbarrati.
Non poteva crederci. Continuava a grattarsi la fronte, mentre lei riusciva a tenere solo la testa
bassa. Non sapeva più cosa aggiungere.
Istintivamente, le sfiora le dita. Poi allontana in fretta la mano. Anche il solo sfiorarla, lo
emoziona. Ha paura di sbagliare ogni frase o gesto, con lei.
Rialza gli occhi puntati sull’ asfalto e gli sorride. Occhi negli occhi, come la prima volta a Firenze.
Mi alzo. Non aveva più senso continuare a parlare. Mi era tutto chiaro. Perché non averlo capito
prima? Forse era giusto che fosse lei a dirmelo, anche se a testa bassa. Stavo per salutarla, come sul
binario 4. E’ un attimo.
Continuiamo a guardarci, in silenzio. Avvicino le mani al suo collo e lo riconosco. Quel profumo,
quante volte l’ ho sentito in questi mesi. Chino la testa in avanti, quel respiro profondo si ferma
sulle mie labbra. Le guardo attentamente gli occhi. Mai visti a questa breve distanza.
Volevano dirmi altro, ma anche lei non sarebbe riuscita. Le sfioro il naso col mio, le labbra si
incontrano appena. Lo sento già il suo sapore. Si tira indietro. Paura, i suoi occhi hanno paura.
La guardo stranito, ma le sorrido naturalmente. Non c’è più nulla di quella donna fatale dalle acide
risposte. L’ abbraccio, ho quasi paura che possa sentirsi soffocare.
Con una mano accarezzo la nuca e sento i suoi capelli morbidi, scorrere tra le dita… come quando
cercavo di trattenere la sabbia… Il suo sapore, e le sue labbra, morbide. La sentivo mia, la sentivo
dentro. E per paura che potesse finire, per paura che quell’ istante dove erano le nostre anime a
respirare, dove riuscivo a sentirmi in apnea fuori dall’ acqua, le mantenevo la testa sempre più
vicino alla mia. I suoi capelli improvvisamente li sentivo mischiati con i miei, e mossi dal vento.
La mia vita l’ ho sempre vista come un infinità di istanti assemblati in modo un po’ confuso e
bizzarro. Ogni cosa è sempre stata vissuta in quell’ attimo, mentre veniva fatta. E subito andava a
costituire il caleidoscopico mosaico, che cerco di comporre da venticinque anni. E vista secondo
questa prospettiva, nulla potrebbe incutermi paura: tanto l’ istante passa, e se vissuto intensamente,
anche senza rimpianti.
Ma cosa succede se un istante diventa l’ Eternità? Cosa succede quando, grazie ad un’ altra persona,
comprendi che solo una volta ti è dato di provare l’ Attimo Eterno? Quello che rimpiangerai una
vita intera? Che ti busserà alla porta nelle melanconiche e insonni notti d’ inverno? Che sei certo di
non provare mai più, perché è così che ti ha detto: “Non c’ è futuro tra noi!”?
La vedo voltarsi, proprio mentre le scorre una lacrima lungo il viso. Che poco fa, era -perché ormai
è tutto passato– tra le mie mani. Le stesse che l’ avrebbero protetta, una vita intera, se solo mi
avesse creduto e ascoltato.
E’ stato l’ unico momento nella mia vita in cui valeva qualcosa restare in silenzio.
La donna della mia vita. Il primo e l’ ultimo bacio, custodito per sempre gelosamente.
Per l’ eternità.
Mi volto. Sorpreso. Anche lei stava aspettando. Io alzo la mano. Lei accenna un saluto con la testa.
Il nostro ultimo sguardo. Il nostro eterno amplesso.
E una melodia che ci alleviava la ferita :
Without you
(I can’t live)
(33)
Salve Ferrara, co' l tuo
fato in pugno
Ult ima nata, creatura
nova
De l'Appennin, del Po, del
faticoso dolore umano!
(G. Carducc i)
Viale Cavour. Ferrara.
In orario. La presentazione è alle undici al Tiffany American Bar.
Una bella colazione da Tiffany, ho voglia anche di fare dell’ ironia, oggi.
Insolita giornata invernale, per essere a Ferrara. Un cielo terso. Chiudo gli occhi, mi piace sentire il
sole in faccia. Alex è di fianco e tace. Sa che il silenzio è quanto di più apprezzo.
Vivaldi: Autunno
Non voglio pensare. Lungo i viali, alberi denudati. Estenuati, come me.
C’è vento e abbasso il mento dentro il collo del cappotto rialzato.
Cresce l’ ansia dell’ attesa. Perché sono qui? Alex mi guarda con la coda dell’ occhio, ma non ci
prova neanche a chiedermi se sono convinto.. Aspettando il drago.
Giriamo a destra, via degli Spadari. Poi a sinistra, nella Contrada di Borgoricco.
Vivaldi: Primavera
Piazza del municipio. Tiffany American bar.
Ho sempre amato i colori dell’ Emilia-Romagna. Bologna, Modena, Ferrara, Carpi, Sasso Marconi,
Casaglia, Pontegradella, Cento, San Matteo della Decima. Colori vivi, intensi. Colori melodiosi di
gente casareccia e caciarona. C’ è un po’ di Roma, lì. In quelle stradine, in quei vicoli, in quelle
sagre e su quelle biciclette.
Ma tra tutte, Ferrara è quella incantevole ed ammaliante. Le sue cinta murarie rinascimentali.
Il suo Castello. Ricordo che la prima volta qui, fu durante una gita liceale. E in una di quelle “ore di
buco”, dove teoricamente avresti massima libertà, rimasi da solo lì. Ai tempi ancora fumavo le mie
care e vecchie Winston blue. Mi sedetti a cavalcioni sul muro che lo costeggia. E gustai la sigaretta.
Senza mai abbassare lo sguardo da quell’ edificio in mattoni, soffermandomi sulle quattro torri.
Come se avessi paura di perdere un dettaglio.
Ricordo che con l’ indice spinsi il filtro nel fossato.
E mi alzai.
20 febbraio 2007
Non conosceva paura. Era determinato ad entrare. Affrontare quel mondo e lei. Doveva capire se
fosse diventata il suo unico rimpianto. Il solo rimpianto di una vita
Non l' aveva vista. Si era momentaneamente voltato. Era stranamente sereno. La vede muoversi, in
avanti. Di spalle. L' immagine è triste, perchè le spalle gli hanno sempre ricordato la figura di
Giuda.
Ma questa volta non era così. Era semplicemente andata così. Era destino che quegli sguardi non
si incrociassero.
Lui si sarebbe ripreso in mano la sua vita e avrebbe realizzato i propri sogni e progetti, e lei.. beh,
lei avrebbe continuato la sua esistenza così come l' aveva scelta e vissuta, da sempre.
Ma a volte, lui si sarebbe continuato a specchiare in quella immagine simmetrica e speculare,
senza illusioni, follie, desideri.
Lei aveva insegnato molto, nonostante i suoi modi e le sue scarse parole.
Parole che forse gli avrebbero fatto capire di più. Ma bisogna accontentarsi. E ringraziare. Perchè
quando c' è un affetto , si dice : Grazie!
Un vestito aderente di lana. Era di Missoni, di quei suoi inconfondibili tessuti: nero, mogano ed oro.
Copri-spalle mogano in volpe. Mentre mi passa di fianco, non sento subito il suo profumo. Ma mi
soffermo su quella sua dolce vita…
vedo finalmente quella rotondità pronunciata. Era anche il suo quinto mese
Un maschietto o femminuccia? E che nome? Mi sarebbe tanto piaciuto chiederle questo e farle gli
auguri per il suo compleanno. E, poi, chiederle se avesse cambiato idea. Vorrei una sola possibilità
per essere il suo compagno, il suo amante e un buon padre, anche se venticinquenne.
Se solo mi avesse permesso di diventare un uomo migliore ! Sarebbe bastata la sua sola presenza!
Ci tenne molto a sottolineare i miei anni, quel giorno, fuori casa sua. Ma forse è giusto così. P
erché insistere, se di fronte c’ è un muro invalicabile?
E’ solo la tua testa a schiantarsi. Ma perché edificò quel muro? Voleva davvero “tutelarmi”?
Per lei, la nostra storia, mai vissuta , sarebbe finita ancor prima di iniziare: per i miei anni, per il
mio carattere, per la mia brama di vivere intensamente, per i suoi troppi impegni, per la sua velleità,
per le sue insicurezze. Ma in realtà, aveva solo paura. Paura di abbandonarsi tra le mie braccia e poi,
un giorno, cadere per terra. Perché le mie braccia sarebbero andate altrove, ad esplorare altri lidi.
Paura di vivermi e non potermi avere per sempre. Paura di non farsi capire. Paura di cambiare.
Paura che qualcuno la potesse amare e trattare come una vera Donna. Paura di un “noi”. Di una sana
fusione, che le avrebbe fatto perdere la sua “indipendenza”. Da cosa? Dalla sua esistenza. E non
vita. C’ è differenza tra le due. E lei lo sa. Quello che non sa è che io le sue paure le avrei spazzate
via con un soffio, con l’ Amore. Con il mio Amore , Assoluto, Puro.
Che senso ha restare qui, ancora? Tocco la tasca sinistra, dove spunta il biglietto di andata :
Milano – Montreal.
Guardo Alex mentre mi alzo. Ha già capito. Le mando un bacio con le dita. E vedo che si sforza in
tutti i modi di trattenere le lacrime. Le dico di darle, a fine intervista, quanto lascio sulla sedia. Mi
fa segno di andare subito via.
Sulla sedia il taccuino, della prima intervista, a Firenze. La biro. E queste parole:
Eliana Phoenix Varenne
Dolce Vita
Donna della mia vita
Eliana
Vorrei essere un uomo migliore , per te
Vorrei darti i miei occhi , per vedere ciò che non vedi
Vorrei averlo concepito io quel figlio , ma con amore
Vorrei sposarti , con Dio che ci fa da testimone
Vorrei dimenticarti ed andare avanti
Vorrei restare ed intervistarti
Vorrei , ma non posso
Leonardo
Aspettando un nuovo incontro ,
Tuo per Sempre
Game Love è un viaggio. Arrivo e partenza in un solo giorno : 20 febbraio 2007. E
Leonardo è l’ errante giornalista che intraprende questo viaggio nella memoria,
dove luoghi, sentimenti e situazioni si mescolano e si rincorrono. Un viaggio che
sente di dover fare, per non dimenticare e per trovare un senso. Un viaggio come
mezzo di razionalizzazione, per un sentimento che non ha nulla di razionale: l’
amore. E così facendo, Leonardo decide di restare in gioco, annullando il suo
Game Over.
1. Si fa riferimento ad un mito dell’ iconografia cristiana, in cui il martire San
Giorgio sconfigge il Drago, emblema della lotta perenne tra il bene e il male
2. Golfo prospiciente la città, che prende il nome dalla tutrice di Enea
3. Famoso sito archeologico dove avvenne l’ agguato a Caio Mario, per opera dei
sicari di Silla
4. Consoli
5. Locuzione nietzschiana in Così parlò Zarathustra
6. Antico sito che fa riferimento al mito di Enea e al vagabondare di Ulisse
7. Sito archeologico, fiore all’ occhiello dell’ Oasi Blu di Gianola ( Frazione
formiana )
8. Figura mitologica greca, figlio di Zeus e Danae . Di ritorno dalla terra degli
Etiopi, liberò la figlia del re Cefeo, Andromeda. Quest’ ultima era stata esposta su
una roccia per essere divorata da un mostro marino, a causa di un’ offesa mossa
a Poseidone.
9. Christian Wolff , considerato uno dei maggiori esponenti dell’ Illuminismo
filosofico tedesco, incentrò la sua metodologia logica attorno al solo principio di
non contraddizione.
10. Filastrocca storica del IIIA del 2006, del Liceo Vitruvio Pollione di Formia
11. Altra perla della Riviera di Ulisse, che, bianca, guarda dall’ alto il teatro
marino conosciuto come “ Grotta di Tiberio ”
12. Cittadina, insieme con Aprilia e Littoria, attuale Latina, espressione di un
progetto urbanistico innovativo del fascismo
13. Gruppo punk formiano, composto da Dario, Elio, Francesco, Peppe. Di
seguito il testo “Ispirazione”
Ispirazione
Magica tensione
Acuto senso
Squallido torpore
Liquido fluido
Raccoglie il nero scuro
Lo mescola alla luce
Confonde terra e cielo
RIT: Ispirazione X4
Catarsi esagonale
Contorsione
Libera confessione
Dimensione
Levita come piuma
Esaltazione
Da spazi terminati
Ad un’ età migliore
RIT
Ispirazione
Magica tensione
Acuto senso
Squallido torpore
Liquido fluido
Raccoglie il nero scuro
Lo mescola alla luce
Confonde terra e cielo
Confonde terra e cielo
RIT
14. Pub di Gaeta
15. Verso di una poesia, tratta dalla raccolta “ Prove dada ” di Giovanni Tuzet
16. Violetta ne La Traviata, Francesco Maria Piave. Musiche, ovviamente, di
Giuseppe Verdi
17. Donald Davidson, filosofo statunitense, viene considerato fra i massimi
esponenti della filosofia analitica
18. Tradizionale gesto scaramantico degli studenti, per obbedire al detto “ Chi
passa tra i leoni non si laurea in Bocconi ”
19. Insegnante elementare di vecchio stampo
20. Commedia romantica del regista James Mangold del 2001
21. “ Cavalcando il drago ”, metafora delle alterazioni psichiche dell’ utilizzo dell’
eroina.
Altresì, celebre battuta della protagonista Nathalie, nel film Le invasioni
barbariche
22. Canzone di Pupo
23. O anche conosciuta come Simonelli, frazione a mare di Minturno
24. Canzone del gruppo alternativo napoletano, 99 Posse
25. Basilica paleocristiana dedicata al martire San Lorenzo, in zona Porta
Ticinese
26. Verso tratto da una poesia della raccolta “ 365 Primo ” di Giovanni Tuzet:
pronta la primavera
arrivederci, l’ hiver
vera fregatura crono:
giornate chiare e l’ invecchiare,
assolutamente in quarzo:
quando luce-forma arriva,
draga il gioco nebuloso,
bisturi vomere sfarzo d’ aria dura,
radente, la useremo, radicale lente,
per avere la fine definita:
scusatemi, signori, per un certo pessimismo,
ma non mente, non mente per niente:
ho in mente bambini, panchine bianche, madri:
sorridono buone a me passante spento,
into the sun, che tiro barbino
del destino, me senza madre e più bambino
giornate chiare e l’ invecchiare
27. Prem, giovane prete indiano conosciuto a Formia. Ti ringrazio per quell’ unica
ed emozionante conversazione.
28. Cimitero della Seconda Guerra Mondiale, ai confini con il sito archeologico
romano dell’ antica Minturnae
29. Articolo del Codice Civile che disciplina i vari tipi di società
30. Termine arabo, che indica un pensiero ricorrente da cui non ci si riesce ad
allontanare.
Altresì, titolo di un racconto di Borges e di un romanzo di Coelho
31. Cantautrice canadese
32. Bar di Ferrara
33. Nota melodia, su cui si sono cimentati numerosi artisti. Tra le interpretazioni
più toccanti, a mio avviso, quella di Mariah Carey.
RINGRAZIO:
la mia famiglia, la mia vita;
Pina, che mostrò ciò che, in realtà, fu;
le 12:30 del 20 febbraio 2007 e il posto in cui mi trovavo,
condizione spazio-temporale, senza la quale, nulla sarebbe stato
scritto.