VIVERE DI PERIFERIA

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VIVERE DI PERIFERIA
APRILE 2010
SGUARDI DI PERIFERIA
ISSN 2035-701X
“Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 3 Anno 2010”- € 1,20
TUTTI ALL’IJF CON ZAI.NET! 45
Anteprima dal Festival
Internazionale del Giornalismo
RUBRICHE
BACKSTAGE
IERI ACCADRA'
VOTI NOTI
SEGNALIBRO
INTERNET
GIRA LA MODA
FORUM
16
18
COSTUME E SOCIETÀ
LA ROTTA
L’odissea degli immigrati
africani verso il nostro Paese
THE OTHERS
L’Italia vista da fuori
53
CAMPER CITYTELLING
Reportage dalla Scuola Holden
QUANDO TENTANO DI
FARCI PERDERE LA MEMORIA
Conversazione con
Angelo Del Boca
COSA CRESCE
55
SUI NOSTRI ALBERI?
Guerriglia senz’armi ad Alassio
RAGAZZI, CHE
COSTITUZIONE!
22
La seconda edizione del libro e
gli appuntamenti radiofonici
GIOVANI CRITICI
26
38
42
44
50
UNO STRANIERO DI
NOME SANTAMARIA
Palcoscenico
IL SILENZIO DI SAINT-DENIS
Due giornate in compagnia di
Noorih e Alexandre
LA BUONA NOVELLA
DELLA PFM
Intervista con la storica band
WANS
Arrivano i We Are Not
Superman
Speciale
VIVERE DI
PERIFERIA
28
Storie ai margini, culture urbane,
contrasti: in attesa di conoscere i
vincitori il prossimo 16 aprile, un inserto
con alcuni dei migliori scatti in concorso
GUTENBERG
Al Liceo “Galluppi” di
Catanzaro cresce la voglia di
leggere
56
MONDOVISIONE
Notizie che avreste ignorato
58
APPUNTAMENTI
Date da non perdere
61
CRUCIRIPASSO
Tutti pronti per… scienze?
62
aprile
n°3
Direttore responsabile Renato Truce
Vice direttore Lidia Gattini
Coordinamento di redazione
Eleonora Fortunato
Segreteria di redazione Sonia Fiore
Redazione di Torino
Valeria Dinamo
corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To)
tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005
e-mail: [email protected]
Redazione di Genova
Giovanni Battaglio
e-mail: [email protected]
Redazione di Roma
Simona Neri, Matteo Marchetti
via Nazionale, 5 - 00184 Roma
tel. 06.47881106 - fax 06.47823175
e-mail: [email protected]
Hanno collaborato
Antonella Andriuolo, Michele Barbero, Giovanni
Battaglio, Patrizia Battaglio, Roberto Bertoni,
Fiammetta Bertotto, Lorenzo Brunetti, Maria
Elena Buslacchi, Chiara Colasanti, Emanuele
Colonnese, Alessandra D’Acunto, Isabella Del
Bove, Veronica Di Norcia, Chiara Falcone,
Daniele Mainelli, Marzia Mancuso, Matteo
Marchetti, Caterina Mascolo, Serena Mosso,
Jacopo Zoffoli.
Direttore dei sistemi informativi
e multimediali Daniele Truce
Impaginazione Giorgia Nobile,
Gianni La Rocca
Illustrazioni Alessandro Pozzi
Fotografie e fotoservizi
Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia,
Agenzia Infophoto
Sito web: www.zai.net
Francesco Tota
Editore
Mandragola Editrice
società cooperativa di giornalisti
via Nota, 7 - 10122 Torino
“Ritratti di periferia”: la copertina di questo numero non
poteva che essere dedicata alle emozioni, agli sguardi, ai
contrasti immortalati con l’obiettivo e con la scrittura dai
numerosi partecipanti al concorso “Vivere di periferia”
organizzato dalla nostra rivista in collaborazione con
l’Ambasciata di Francia e la Fondazione Sotto i Venti.
Aspettando i vincitori, che verranno proclamati a Roma il 16
aprile nel corso di una giornata interamente dedicata alla
valorizzazione dei migliori elaborati, al centro del giornale vi
aspetta un inserto con alcuni meravigliosi scatti in concorso, in
mostra fino al 24 aprile nel cuore del centro storico di Roma,
presso il Centro Culturale San Luigi dei Francesi, partner
dell’iniziativa. Tra questi, anche la bellissima foto della
copertina vincitrice del premio speciale Zai.net, opera di
Andrea Briscoli dell’Istituto “Genga” di Pesaro.
Ma aprile non è soltanto il mese di “Vivere di periferia”: dal 21
al 25 vi aspettiamo anche al Festival Internazionale del
Giornalismo di Perugia per proporvi quattro pomeriggi di
incontri e discussioni organizzati dalle nostre redazioni: “Il
calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione”, “Il
movimento studentesco e il rapporto con i media”, “La storia
per chi non c’era, tra giornalismo e divulgazione”, “Giovani,
giornalismo e precariato”. Ne discuteremo insieme a ospiti
illustri del mondo del giornalismo e della cultura. Niente paura,
poi, se non potrete essere a Perugia: Radio Jeans su satellite,
in Fm e online vi terrà aggiornati su quello che succede
proponendovi trasmissioni in diretta dal Festival.
E per ingannare l’attesa da questi due appuntamenti così
importanti, cosa c’è di meglio dei servizi, delle interviste e dei
giochi confezionati per voi dai giovani reporter di tutta Italia?
Prima di arrivare al cruciripasso di pagina 62 (impegnativo, in
verità, e non dite che non vi avevamo avvertiti!), le nostre
pagine vi terranno compagnia con l’intervista allo studioso ed
ex partigiano Angelo Del Boca, l’incontro con uno degli attori
più amati, Claudio Santamaria, e con la storica band della
PFM. Insomma, un numero da collezione!
Buona lettura!
Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110
10099 S. Mauro (To)
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Anno IX / n. 3 - Aprile 2010
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n°486 del 05/08/2002
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(9 numeri)
Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice
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A
ST
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C
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Hanno contribuito a questo numero:
Chiara Cacciotti
Giulia De Benedetti
18 anni, studentessa al Liceo
linguistico “Niccolò Machiavelli” di
Roma, scrive per il giornalino
scolastico del suo istituto e sogna
di diventare giornalista. Ama
leggere, ma la sua passione più
grande è la musica: studia canto
moderno da molti anni e non è
raro trovarla a esibirsi in qualche
pub della Capitale. Le piacciono i
film in bianco e nero e il suo idolo
è Audrey Hepburn, di cui possiede
l'intera filmografia!
19 anni, frequenta l’ultimo anno
del Liceo classico linguistico
Chiabrera” di Savona. L’interesse
per il giornalismo è nato alle
medie grazie ad una cara
professoressa e Zai.net, da ben
quattro anni, continua a darle la
possibilità di coltivare questa
grande passione. Nel tempo
libero divora thriller, si dedica al
volontariato e spesso si concede
qualche viaggetto in giro per
l’Italia con i suoi amici.
Fiammetta Bertotto
21 anni, frequenta il terzo anno
di Lettere moderne all’Università
di Torino. Ha molte passioni:
cinema, fotografia, scrittura
entrano di diritto nella top ten,
ma è interessata a qualunque
forma d’arte e cultura che si
proponga di interrogare e
rappresentare il mondo. Alla
domanda “cosa farai da grande?”
non sa ancora dare una risposta
sicura, perché vorrebbe esistesse
una professione in grado di
mettere insieme tutti i suoi
interessi; forse un giorno la
scoprirà.
Micol Debash
Neomaggiorenne, è studentessa e
direttrice del giornale scolastico del
Liceo ebraico “Renzo Levi” di Roma.
Tra orari scolastici interminabili e
progetti extra, cerca di gestire al
meglio la sua vita frenetica,
lasciando spazio ai libri, alla musica,
alla scrittura e a una forte attrazione
verso il mondo americano. Inoltre,
non perde di vista l’importanza
dell’appoggio di chi le è accanto,
come i genitori, senza i quali ogni
aspirazione sarebbe irrealizzabile. Il
suo obiettivo? Una volta terminato il
liceo, mettere il proprio mondo in
una valigia e trasferirsi a New York
per studiare giornalismo
all’università: la volontà non manca
e ce la sta mettendo davvero tutta!
Carlo Guidi
16 anni, studente del liceo
classico “Mazzini” di Genova, si
definisce “un essere sbiadito ed
enigmatico”. Ama scrivere poesie
e testi in prosa. Un tuono
esplode dentro di lui ogni volta
che le lettere nere di un libro
penetrano nella sua mente: è
anche il suo arzigogolato modo
per dire che gli piace la lettura.
Se ancora non si fosse capito,
ama i paradossi. Ah… suona in
una band!
Giulia Molari
18 anni, frequenta l'ultimo anno
di Liceo classico con
sperimentazione linguistica
presso l'istituto “Lucrezio Caro” di
Roma. Le piace leggere libri di
attualità o grandi classici, ama
l'arte moderna, il teatro e il
cinema (in particolare film in
lingua originale). E’ tanto
disordinata e distratta quanto,
nello stesso tempo, determinata
su cosa fare in futuro: la
giornalista inviata all'estero per
ascoltare tante storie e raccontarle
al mondo.
IER
IA
CC
AD
RÀ
A cura di Isabella Del Bove, 18 anni
Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato
1
1924 Adolf Hitler è condannato a cinque
anni di prigione per la sua
partecipazione al Putsch della Birreria: vi
rimase solo nove mesi, durante i quali
scrisse il Mein Kampf.
10
1970 Paul McCartney annuncia lo
scioglimento dei Beatles.
12
19
1937 L'Italia fascista vara la prima
legge di tutela della razza, il regio
decreto legge n. 880/37. L'ordinanza
vieta il “madamismo” (l'acquisto di
una concubina) ed il matrimonio con
le donne di colore delle colonie
africane.
2
23
2005 Alle 21.37, dopo due giorni
di agonia, muore Papa Giovanni
Paolo II. Migliaia di persone
raccolte spontaneamente davanti
alla Basilica di San Pietro danno
vita ad una veglia di preghiera che
si svolge senza sosta fino al giorno
del funerale, venerdì 8 aprile.
1868 Parigi: su “Le Moniteur” si
pubblica un articolo sulla mitragliatrice,
da poco inventata.
15
6
1792 A Parigi viene collaudata la
versione francese della ghigliottina.
25
1945 Insurrezione generale nel Nord
Italia contro i nazi-fascisti. Liberate
Milano, Genova, Torino, Parma.
1327 Ad Avignone Francesco
Petrarca vede per la prima volta
Laura, cui sono dedicate molte
liriche del “Canzoniere” o “Rerum
vulgarium fragmenta”.
1994 Muore Kurt Cobain, chitarrista
e cantante dei Nirvana.
18
1906 Un terremoto distrugge gran
parte di San Francisco, in California.
26
1478 Firenze: Congiura dei Pazzi
contro Lorenzo de' Medici; il fratello
del Magnifico, Giuliano, viene ucciso
in cattedrale.
APRILE
1633 Galileo è accusato di eresia
(Index Librorum Prohibitorum).
TI
O
N
TI
VO
A cura di Lorenzo Brunetti, 20 anni
PER DIRE AL MONDO E A DIO,
L’ITALIA È IL REGNO MIO
IL CANTANTE FALLITO, IL PRINCIPE SCEMO E IL TENORE: QUANDO LA TV DÀ
IL PEGGIO DI SÉ, CERTI PERSONAGGI SONO SEMPRE IN PRIMA FILA
on Sanremo, anche quest’anno, sono arrivate le
solite polemiche, le solite canzoni, i soliti sbadigli e i soliti applausi. Ma l’ultima edizione dell’unico festival che somiglia a un piatto di pasta al forno ha
avuto un elemento caratteristico: Pupo, Emanuele Filiberto
e Luca Canonici. Un terzetto ridicolo che esposto sul palco
faceva l’effetto dei circhi di provincia di cento anni fa.
Il cantante fallito, il principe scemo e un tenore tanto
per gradire: dopo di loro c’era solo da aspettarsi la donna coi baffi e un asino spacciato per zebra. E’, quindi,
l’occasione giusta per fare il punto almeno sul più grottesco del trio: Emanuele Filiberto.
Il 2 giugno 1946 l’Italia sceglie di essere una Repubblica
Democratica. Felici e contenti gli italiani mandano in
esilio a vita il re con tutti i suoi futuri discendenti, compiendo un tragico errore! 57 anni dopo, il 15 marzo
2003, Vittorio Emanuele di Savoia (figlio del sovrano)
con la moglie Marina Doria torna Italia pronto a farcela
pagare affidandoci il figlio stupido: Emanuele Umberto
Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia, Principe di Venezia e di Piemonte (Ginevra, 22 giugno 1972), nipote
dell’ultimo re d’Italia.
Ciò che colpisce di questo ragazzo, oltre allo sguardo oggettivamente un po’ perso, è l’incredibile voglia di lavorare. L’esilio deve aver prodotto in Filiberto una strana fascinazione per l’art. 1 della nostra (Santa) Costituzione.
Ma che cavolo di lavoro sappia fare ’sto ragazzo proprio
non si capisce… Forse ricorderete il suo primo impiego,
quando fresco d’esilio si mise a vendere sottaceti sulle
note di Torna a Surrient’ nell’evocativo spot pubblicitario.
Da lì la sua carriera di ‘nonsisache’ è decollata. Continuamente ospite televisivo, nel 2005 fonda il movimento d'opinione Valori e Futuro e alle elezioni politiche
italiane del 2008 si candida per essere eletto alla Camera dei Deputati nella lista denominata Valori e Futuro con Emanuele Filiberto. Con soltanto lo 0,4%, ottiene peggior risultato della circoscrizione estera “Europa”,
l'unica nella quale si era presentato, diventando l'ultimo partito in assoluto in ordine di preferenze.
Ma questo non basta a deprimere il rampollo, che continua la carriera televisiva partecipando alla trasmissione il Ballo delle Debuttanti su Canale5, dove fa il giudice di bon ton - anche se insieme al padre Vittorio
Emanuele aveva avuto il pessimo gusto di chiedere alla Repubblica italiana un risarcimento di 260 milioni di
euro per danni morali, oltre alla restituzione dei beni
confiscati alla famiglia Savoia. L’allora segretario generale della presidenza del Consiglio, Carlo Malinconico,
replicò che il governo non solo non riteneva di dover
C
pagare nulla ai Savoia, ma che pensava di chiedere a
sua volta i danni all’ex famiglia reale per le responsabilità legate alle note vicende storiche.
Il 2009 è l’anno d’oro: Emanuele Filiberto partecipa a Ballando con le Stelle aggiudicandosi la vittoria e presenta la sua candidatura nelle file dell'UDC, dove il suo nome figura terzo in lista dopo quelli di Magdi Allam e Luca Volonté. Sempre lo scorso anno il Principe dell’idiozia ha ammesso, durante il talk show televisivo Domenica cinque, di aver avuto problemi di tossicodipendenza, ma questo evidentemente non gli ha impedito di
partecipare alla 60° edizione del festival di Sanremo
(senza neanche saper cantare…).
Voto 3
Dopo di loro cʼera solo da
aspettarsi la donna coi baffi e un
asino spacciato per zebra
Emanuele Filiberto
A cura di Marzia Mancuso, 17 anni
SE
GN
AL
IBR
O
IL TERZO
SESSO CHE
NON C’È
UN ROMANZO SULLA BISESSUALITÀ,
FORSE. CON PIÙ EVIDENZA, LA
STORIA SCABROSA TRA DUE
ADOLESCENTI, MARIO E
FERDINANDO, PERDUTI NEL
VORTICE DI UNA INTENSA E
BEFFARDA DOPPIA SEDUZIONE
uesto mese Segnalibro è dedicato ad un caso letterario piuttosto particolare: il romanzo giovanile di
un professore che oggi ha più di settant’anni. Si
tratta de La doppia seduzione, prima opera narrativa del critico letterario e francesista Francesco Orlando. Un testo che
fa capolino in libreria solo quest’anno, ma la cui prima stesura - ne seguirono altre undici - risale al 1956, periodo in
cui l’autore aveva appena 20 anni. Contribuisce ad aumentare l’interesse per l’opera il fatto che la prima critica, peraltro positiva, venne da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, del
quale Orlando fu per un certo periodo allievo.
Ancor più particolare della gestazione del romanzo risulta la
sua impostazione stilistica: abituato alla prosa novecentesca, il lettore resta spiazzato nel ritrovarsi di fronte ad un
testo che, più che agli anni ’50, sembra appartenere
all’Ottocento francese, sebbene con qualche sostanziale differenza. Il narratore è esterno, ma non onnisciente: il suo
punto di vista sulla vicenda è talvolta superficiale se non
persino sviante rispetto alla realtà. Del tutto assenti le
sequenze dialogiche, così che le virgolette appaiono solo
sporadicamente, per sottolineare questo o quel pensiero.
Simili scelte narrative rallentano la lettura creando un distacco tra il lettore e la vicenda: impossibile rivedersi di preferenza in un personaggio, dato che l’autore adotta alternativamente diversi punti di vista sugli eventi.
La trama si costruisce sull’intrecciarsi delle esistenze
dei due personaggi principali, Ferdinando e Mario, concentrandosi sullo studio della seduzione esercitata dall’uno sull’altro, appunto una “doppia seduzione”. Tutti
gli altri personaggi non sono che comparse o ombre
appena abbozzate, del tutto strumentali allo studio dei
due protagonisti e della loro relazione, cui fa da sfondo
una cittadina meridionale degli anni ’50.
Si pone ora il problema di inquadrare, con più precisione, l’opera: certo sarebbe un errore limitarsi a definirla
un libro sull’omosessualità, tanto quanto lo sarebbe
relegarla al genere del romanzo storico, sebbene possegga elementi tanto del primo quanto del secondo. Per
risolvere il problema mi rifaccio ad un’intervista rilasciata dall’autore a Emanuele Zinato: Orlando dichiara
di essersi trovato, quasi involontariamente, a produrre
una sorta di denuncia rivolta alla società. Quest’ultima
Q
risulta colpevole, oggi come nel passato, di non riconoscere a ciascuno la propria sessualità, permettendogli di
viverla appieno: negli anni ’50 era la piena repressione,
nell’epoca contemporanea un finto riconoscimento.
La società moderna identifica l’omosessuale come appartenente ad un “terzo sesso”, quando Freud ha già da
tempo confutato tale convinzione e affermato la presenza, in ciascun individuo, di un’originaria bisessualità
che, con la maturità, si concretizza nell’attrazione per
l’uno o l’altro sesso. Rifacendoci al testo: Ferdinando è
omosessuale, ma è latente in lui una componente eterosessuale, mentre in Mario si verifica l’esatto contrario,
così che risulta possibile un’attrazione tra i due. Storico,
psicologico, ottocentesco o di denuncia, non è un
romanzo da lasciare sullo scaffale.
«Trovo magistralmente ben narrata la squallida storia, perfettamente collegati i movimenti psicologici. Gli ultimi tre capitoli sono i
migliori: vi è una
reale progressione
drammatica, come
dicevano gli antichi;
e in tutta l'opera del
resto, la sensazione
"temporale" è eccellentemente resa. I
capitoli finali sono
avvolti in una luce di
grigia poesia»
Giuseppe Tomasi di
Lampedusa
LA DOPPIA SEDUZIONE
Di Francesco Orlando
Einaudi Collana Arcipelago
13 euro
ET
N
ER
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IN
A cura di Lorenzo Palaia, 19 anni
Chi va piano…
Il blog d’informazione del mese
ono ormai note le innumerevoli multe comminate
dall’Antitrust ai service provider per la lentezza
delle connessioni Adsl italiane: in molti casi, infatti, la velocità effettiva di download e di upload non
corrisponde a quella teorica offerta dai gestori. L’Agcom
sta pensando per questo di provvedere a un software
che testi la velocità della banda larga, al quale il consumatore si possa rivolgere per eventuali reclami. In
realtà la prova possiamo farla personalmente, utilizzando uno dei tanti siti internet che offrono uno speed
test; per questo è nato Isposure, un programma dell’“Osservatorio banda larga Between” che consente di
monitorare la propria reale connessione di rete e di
confrontarla con quella degli altri Internet service provider.
Ma anche Speedtest.net offre un test simile, con un database che raccoglie i risultati da tutto il mondo e offre, quindi, la possibilità di stilare una classifica, secondo la quale, peraltro, il nostro paese non è di certo
ai primi posti. A fronte di un’Europa in cima alle classifiche in quanto a velocità di download - con una media
di 7.71 Mbps - l’Italia è al 45° posto della classifica
mondiale, con una velocità di 5.10 Mbps; la velocità di
upload, del resto, non è migliore (0.61 Mbps), con un
74° posto a livello mondiale, a dispetto di un’Europa
che globalmente è al 2° posto con 1.65 Mbps. Insomma, pare proprio che alla fine chi va piano rimanga ultimo della fila, come spesso accade al nostro Paese per
altre cose molto più importanti.
e il web 2.0 e il giornalismo partecipativo sono il
simbolo della libertà d’espressione per la possibilità che offrono di interagire con il lettore a diversi livelli e, quindi, di garantire la dialettica democratica, un sito in cui chiunque voglia può “postare” una
notizia deve essere senza dubbio alcuno un luogo di
controinformazione eccellente, nel quale viene dato
massimo risalto ad iniziative e idee poco visibili o su
cui nei canali ufficiali si preferisce glissare: tutto questo
è www.indymedia.org (Independent Media Center). Sebbene la mancanza di una vera e propria redazione renda questo sito di informazione un po’ disorganico e a
volte anche statico, è garanzia sicura della libera circolazione delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda le iniziative spontanee territoriali che altrimenti non avrebbero altri mezzi di pubblicizzazione.
S
S
Il sito del mese
l di là delle curiosità comiche che si possono
trovare un po’ dappertutto sul mondo della
scuola, come note scritte, giustificazioni o traduzioni dal latino un po’ stravaganti, “Sette in Condotta” offre il puntuale e qualificato aiuto di un genio del
male, che può rispondere a tutte (o quasi) le vostre domande su ciò che succede tra i banchi, soprattutto dal
lato tecnico-giuridico. Un valido aiuto, quindi, contro
abusi, prepotenze, prevaricazioni o malagestione della
scuola sia da parte dei docenti che dei vostri compagni.
A
LA
A
A
R
GI OD
M
A cura di Alessandra D’Acunto, 21 anni
TRUCCO E
PARRUCCO!
LA NOSTRA RUBRICA PIÙ TRENDY È LIETA DI PRESENTARE UNA MINIGUIDA ALLE
(CONTRO)TENDENZE IN FATTO DI TRUCCO, ACCONCIATURE E MANICURE
arebbe un vero peccato, dopo aver speso molto tempo per scelta e combinazione dei vestiti, cadere in un errore di make-up o capigliatura. Purtroppo o per fortuna, infatti, così come la borsa non deve stridere con le
scarpe, e le scarpe con i pantaloni e via dicendo, anche le mani, gli accessori per capelli e il trucco dovrebbero accordarsi con ciò che indossiamo.
S
RICOSTRUZIONE DELLE UNGHIE
IN perché: permette di decorare con estrema fantasia le
unghie e di mascherare quelle smangiucchiate, dando la
possibilità alle onicofaghe, mangiatrici di unghie per l’appunto, di avere mani finalmente curate.
OUT se: la fantasia eccede di colore. Se avete la possibilità di cambiare fantasia tutti i giorni, in base a ciò che indossate, allora siete donne davvero fortunate. Ma nella
maggioranza dei casi questo non avviene, perciò il consiglio è di puntare su disegni dai colori neutri o poco appariscenti. Oppure, se vi piace cambiare spesso, abbellite
le vostre unghie naturali, a patto che siano curate, con
smalto monocromo: vanno di moda i colori scuri.
TRUCCO
IN perché: ci salva da ogni situazione e dà un tocco di
femminilità inconfondibile.
OUT se: lo applichiamo scorrettamente. Attenzione in
primo luogo al fondotinta, da diffondere in modo omogeneo e fino al collo, per evitare grumi e macchie o
l’effetto cerone teatrale. E’ out anche l’occhio truccatissimo di giorno, soprattutto se di nero: meglio riservare trucchi d’effetto per la sera.
MOLLETTINE & CO
IN perché: ci fanno tornare un po’ bambine! Se ne trovano di tutti i tipi, dalle piccole, per raccogliere qualche ciuffo all’indietro, alle grandi, quest’anno in stile
floreale, da ragazza di campagna.
OUT se: in numero abbondante.
Meglio non esagerare e metterne al massimo due se piccole, una sola se grande: troppi gingilli finiscono per stancare. No ai mollettoni da spiaggia e alle forcine di metallo.
Se volete condividere con le altre lettrici i vostri segreti di bellezza o, al contrario, ricevere consigli in merito, o semplicemente dire la vostra, scrivete a
[email protected].
Vi aspettiamo numerose!
M
RU
FO
A cura di Jacopo Zoffoli, 21 anni
IL RITORNO DEI BARBARI
IL MALAFFARE INVADE I GANGLI DELLA POLITICA, MA NE SIAMO
VERAMENTE INDIGNATI? CHE EFFETTO CI FA SENTIRE CHE SIAMO
SULLA VIA DELLA BARBARIZZAZIONE (CON LA DIFFERENZA CHE I
BARBARI, QUESTA VOLTA, NON VENGONO A COLONIZZARCI DA
FUORI)? SIAMO DAVVERO TUTTI VILIPESI E CONTENTI?
Un’Italia stanca e disillusa
Il forum di questo mese colpisce
davvero nel segno, nel senso che
mai come oggi è opportuno
riflettere sull’atteggiamento del
popolo italiano di fronte alle notizie
che si susseguono di giorno in
giorno. Un tempo, diciamo fino al
1994, anno dell’avvento di Silvio
Berlusconi sulla scena politica,
eravamo capaci di stupirci e di
indignarci, di arrabbiarci e di
combattere. Tre lustri di
berlusconismo hanno condotto il
Paese in un limbo, con un clima di
rabbia e frustrazione miste ad
incertezza, paura, stanchezza e
disillusione.
Non sono d’accordo con chi taccia
gli italiani di ignavia e di codardia,
né con chi dice che il mondo della
cultura non ha fatto abbastanza, o
peggio ancora è rimasto in silenzio,
per opporsi alla deriva in cui stiamo
precipitando. Ciò che è mancato, più
di ogni altra cosa, in questi
quindici anni è stata la politica,
incapace di opporsi all’anti-politica
predicata da Berlusconi: un’antipolitica che si è palesata in
campagna elettorale con la
chiusura di tutte le trasmissioni di
approfondimento giornalistico. Non
parlare, non discutere, non
dibattere, non confrontarsi, non
educare i giovani a formarsi
un’opinione e ad esprimerla:
questo sono gli unici messaggi che
Berlusconi ha trasmesso agli
italiani in maniera surrettizia e
martellante.
Attualmente, abbiamo un Ministro
della Pubblica Istruzione che
asserisce: la politica non deve
entrare nelle scuole. Chissà se
conosce davvero il significato della
parola politica? Chissà se ha mai
sentito parlare di personaggi come
Maria Montessori e don Milani?
L’unica analisi corrente che
condivido è che siamo un popolo
assopito, o per meglio dire
scientificamente sedato da un
governo che rifugge qualsiasi
forma di dialogo.
Molte persone cominciano a
rifugiarsi nell’astensione, per
ripagare con la stessa moneta una
classe dirigente che si è
progressivamente allontanata dai
loro problemi. È questo il lascito
peggiore del berlusconismo, ma
probabilmente era anche il suo
intento fin dall’inizio e adesso l’ha
realizzato.
Roberto Bertoni, 20 anni
Ignavi o stufi?
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran
tempesta, non donna di province,
ma bordello”. Con queste parole
Dante Alighieri si scagliava contro
l’anarchia e il disordine degli
organismi politici dell’Italia duotrecentesca. Quello descritto dal
Sommo Poeta è un paese
abbandonato a se stesso, dove la
Chiesa, oscillante tra la volontà di
dominio e l’incapacità di
esercitarlo, influenza in maniera
preponderante lo Stato, ormai
culla di corruzione, lotte di
fazione e rovine sociali. Siamo nel
2010, e di diverso rispetto ad
allora c’è che a cantare l’Italia
non è più l’Alighieri, ma uno
spiritoso trio, composto da un
cantante-showman, un tenore e,
udite udite, un principe: “Io credo
nella mia cultura e nella mia
religione, per questo io non ho
paura di esprimere la mia
opinione”. In tempi di elezioni e
di “bavagli” all’informazione, una
frase di questo tipo farebbe
15
chiede loro di prodigarsi per
cambiare il sistema “malato” in
cui vivono, quando i veri “untori”
sono proprio gli stessi che
avanzano queste pretese.
Insomma, mi viene proprio da
chiedermi se il letargo degli
italiani è quello di un popolo di
gente ignava o quello di un
popolo di gente stufa.
Giulia Molari, 18 anni
Italia, amore mio!
scalpore, rianimerebbe gli animi
dei cittadini, permetterebbe loro
di assumere maggiore fiducia in
se stessi ricordando che noi tutti
siamo eredi dei nostri nonni
partigiani, dei nostri genitori
sessantottini, che nell’Italia e nella
sua indipendenza ci hanno
creduto davvero senza mai aver
paura di dire la loro.
Eppure, l’italiano medio a una
simile conclusione non ci arriverà
mai, non perché meno intelligente
e perspicace di un francese o di
un tedesco, ma semplicemente
perché il nostro popolo è sempre
stato abituato a seguire un’idea di
regime, che nel ’900 era il
fascismo e che ora è il
“berlusconismo”, come ha di
recente scritto Jacqueline Risset in
un articolo. Ecco, quindi, che
un’opinione, per tornare alla
strofa della canzone, il cittadino
italiano non è in grado di
crearsela, forse perché dopo il
referendum del ’46 tra monarchia
e repubblica ritiene superfluo
qualsiasi altro tipo di votazione,
forse perché lassù in Parlamento
qualcuno che le decisioni le
prende per tutti già c’è, o forse
perché il cittadino italiano non si
sente mai realmente preso in
considerazione e adeguatamente
rappresentato.
E’ anche vero, però, che dagli
Italiani si pretende molto, forse
troppo: si chiede loro di far valere
il proprio diritto al voto quando
ad una settimana dalle elezioni
non si sanno ancora con certezza
i nomi di tutti i candidati, si
Abbiamo la fortuna di abitare nel
Paese del mare, del sole, circondati
da testimonianze storiche ed
artistiche uniche su questo pianeta.
Offriamo ai nostri visitatori non
solo il piacere per gli occhi, con le
nostre belle città, i piccoli borghi,
le cittadine di mare, ma immense
gioie per il palato. Così, mentre
mangiamo una pizza all’ombra dei
monumenti più famosi o sfrecciamo
con la nostra Vespa per i vicoli più
inaccessibili della città, non ci
accorgiamo che, a cento metri dal
bar dove abbiamo gustato l’ultimo
espresso, il politico di turno ci ha
gabbato un’altra volta, proponendo
l’ennesima legge o rilasciando la
duecentesima dichiarazione che ci
farà ridere dietro da tutta Europa –
si scrive “Europa” ma si legge
“Mondo”.
Così, lʼitaliano
medio continua a
sognare la Ferrari e
intanto sfreccia sulla
Vespa come Valentino
Rossi, magari imitando
il suono della moto con
la bocca
L’Italia rassomiglia sempre più a
quell’elemento presente in tutte le
classi di studenti, quello sempre
allegro, con la battuta pronta,
l’anima della festa, che però, non
appena tutti gli altri si riuniscono
per parlare di cose serie, viene
emarginato, ritenuto capace
solamente di ridere e scherzare.
Parliamo tutti male del nostro
paese, ma alla fine non facciamo
niente per migliorarlo, delegando la
responsabilità del declino della
terra italica a un qualsivoglia
personaggio politico oppure ad una
sbagliata combinazione astrale,
colpa di Marte che è entrato nel
segno del Toro. Denominatore
comune: so di poter fare qualcosa
per cambiare le cose, ma qui vige
l’idea che “meglio rimandare a
domani quello che posso fare oggi”.
E meglio ancora se, oltre che
rimandarlo, scarico la responsabilità
su qualcun altro.
Così, coloro che ne hanno la
possibilità fuggono via ed ecco la
“fuga dei cervelli”, concetto che non
riguarda soltanto le giovani
promesse che vanno a lavorare
all’estero, ma anche l’esodo generale
degli encefali che, ripugnati dal
modo di ragionare di gran parte
della società, sono scappati a gambe
levate. I nostri amici ormai privi di
mente passano ore davanti alla
televisione, inebetiti dalle
affascinanti e carismatiche figure che
vengono propinate quotidianamente
e costretti a pensare tutti allo stesso
modo, acclamando in maniera
autorevole gli eminenti personaggi
politici dello schieramento di
appartenenza, senza riflettere un
minuto sulle loro parole.
Dimenticavo, non possono riflettere,
ricordate? La fuga dei cervelli! Così,
l’italiano medio continua a sognare
la Ferrari e intanto sfreccia sulla
Vespa come Valentino Rossi, magari
imitando il suono della moto con la
bocca. E se gli alieni dovessero
invadere il Bel Paese? Gli offriremo
una pizza, un buon bicchiere di vino
e tutti insieme intoneremo convinti
“Italia, amore mio”.
Chiara Castellani, 17 anni
Primo piano
16
THE OTH
L’ I T A L I A V I S T A D
QUELLO CHE DA NOI NON FA PIÙ NOTIZIA SORPRENDE E IN ALCUNI CASI
ADDIRITTURA TRAUMATIZZA LA STAMPA ESTERA. E ALL’ASSIOMA CHE SIAMO E
RESTEREMO SEMPRE UN GRANDE PAESE, ORMAI, CREDIAMO SOLTANTO NOI
di Michele Barbero, 22 anni
n paese che sta sprofondando, in preda alla corruzione e agli affarismi. Una nazione ormai priva di
qualunque fiducia nelle istituzioni, incapace di
risollevarsi da una crisi culturale senza precedenti. Ecco
come emerge l'Italia dalle colonne di innumerevoli giornali stranieri. Tra di essi, molti orientati a sinistra, inutile
negarlo. Ma appare assurdo attribuire questa rappresentazione, come qualcuno sembra avere la tentazione di
fare, a mere questioni di contrapposizione politica. Tanto
più se tra i fogli in questione appaiono quotidiani del calibro di «Le Monde» ed «El Paìs».
Riflettere su quanto misera appaia la nostra situazione all'estero può rivelarsi un'operazione sterile: una facile resa alla
tendenza tipicamente italica a piangersi addosso. Ma, con il
rischio dell'assuefazione sempre dietro l'angolo, dare uno
sguardo ai nostri problemi da un punto di vista differente
può essere l'unica via per farne emergere tutta la gravità. Se
si può fare l'abitudine a tutto; se anche la condizione più
drammatica, protratta nel tempo, si trasforma in normalità,
allora qualunque mezzo utile al “risveglio” va accolto a braccia aperte. Leggendo ciò che l'Europa dice di noi, anche solo
nelle ottime rassegne raccolte da «Internazionale», la presa
di coscienza arriva improvvisa, come un calcio allo stomaco.
Seguita a ruota dalla vergogna.
Gli scandali relativi alla Protezione civile sono stati il colpo
U
di grazia alla credibilità del “sistema-paese”, come andava
di moda chiamarlo un po’ di tempo fa. Che Berlusconi qualche panno sporco ce l'abbia, se si sforza così diligentemente di evitare i processi, è un dato acquisito da tempo all’estero (molto meno in Italia, dove ci si aggrappa in modo
sempre più grottesco al principio dell'innocenza fino a
prova contraria). Ma quella che emerge ora è la reale scala
delle pratiche mafiose e pseudo-mafiose, e il livello di
“intrallazzo” esistente tra affari e politica. E’ così che, per
esempio, il maggior quotidiano spagnolo parla di una corruzione al confronto della quale le valigette piene di soldi
di Tangentopoli “cominciano a sembrare un gioco da
ragazzi”.
Naturalmente la vicenda Di Girolamo, in merito alla quale
l'«Economist» dichiara che “il governo non ha più scuse”,
non ha aiutato a migliorare la nostra immagine oltre i confini. L'intera storia stupisce per la sua platealità, per la
mancanza di pudore dei suoi attori principali: il parlamentare non solo cerca l'appoggio della 'ndrangheta, ci
va pure a cena. Con tanto di messa in posa per le foto.
La collusione mafia-politica, poi, emerge qui in modo talmente lampante, quasi “manualistico”, da far pensare più
ad una sceneggiatura un po' banalotta che alla realtà,
teoricamente complessa e sfaccettata per definizione.
Queste vicende hanno certamente colpito negativamente
anche gli italiani, e non solo gli stranieri. Eppure sono un
riflesso inevitabile dell'aria che tira attualmente nel Bel
Paese, segnato dal “berlusconismo”. Di questo clima, con
17
Un momento delle selezioni del
Grande Fratello; nella pagina
accanto, il ministro per le Pari
Opportunità Mara Carfagna e il
Premier Silvio Berlusconi
ERS
A FUORI
tutte le sue implicazioni (quando esse non si manifestano
in modo troppo evidente, e mantengono un profilo appena più basso) l'italiano medio ha smesso di stupirsi. A differenza del resto del mondo occidentale. Limitandoci solo
alle ultime settimane, «Le Monde» parla dello “stato d'ipnosi in cui gli elettori hanno votato per una destra pseudo-liberale” e dell'asservimento di molti uomini politici di
fronte al leader massimo e alla sua opera di erosione dei
principi democratici. Il familismo e l'oligarchia vengono
denunciati dall'autorevole giornale francese come i principali pilastri della nostra politica, insieme alla diffusa convinzione che “la cosa peggiore è non avere protettori”.
Nessuno oltralpe si spinge a credere che l'intero Paese sia
piegato a questa logica; ma la nazione, nel complesso,
appare come rassegnata o favorevole al Cavaliere e alla
sua “politica del fare”. Una nazione, insomma, che nella
maggioranza dei casi galleggia o nuota nel senso della
corrente; solo in casi isolati contro.
La crisi, poi, è anche culturale. «Libération» denuncia il
livello mediocre della nostra televisione, contemporaneamente specchio e causa del degrado. Scrive Robert
Maggiori: “Tutto è entertainment, pubblicità, talk show
fatti di urla, minigonne e merletti. Sono pochissimi i programmi d'inchiesta, quasi inesistenti quelli di approfondimento cui partecipano filosofi, storici, sociologi, psicologi
e scienziati. Raramente tra il pubblico delle trasmissioni si
vede una persona dalla pelle nera”. Un giudizio lapidario,
ma che ha la precisione di un identikit.
Il familismo e lʼoligarchia
vengono denunciati come i
principali pilastri della nostra
politica, insieme alla diffusa
convinzione che “la cosa peggiore
è non avere protettori”
Sul piano sociale, inoltre, un altro fenomeno lascia basiti
gli osservatori internazionali: la deriva leghista. Sempre
«Libération», titolando “Un paese imbarbarito”, riporta
scandalizzata le uscite apertamente xenofobe e violente
dei media legati al partito di Umberto Bossi, che ormai da
noi non fanno neanche più notizia. E afferma, indignata,
che “nessun paese tollererebbe un tale livello di odio razzista e stupidità”. Tranne il nostro.
La conseguenza naturale di questi giudizi è il declassamento dell'Italia, da parte dell'opinione pubblica occidentale, al di fuori del mondo pienamente democratico e sviluppato: sul piano politico e sociale, veniamo implicitamente considerati sempre più vicini all'Est europeo e
sempre più lontani dal mondo anglosassone, tedesco e
francese. Ed è forse proprio su questo punto che si fa più
intenso il contrasto con il modo in cui gli italiani vedono
se stessi. La nostra abitudine secolare a ritenere che tutto
vada male, infatti, non si è mai separata dalla constatazione che però, allo stesso tempo, riusciamo sempre a
trarci d'impaccio, riuscendo ad evitare il peggio. Ne consegue la propensione a sminuire la gravità dei nostri problemi: ci sono, ci causano un sacco di fastidi, ma in un
modo o nell'altro l'Italia continuerà ad essere un grande
paese. Come gli innamorati troppo coinvolti, che non
riescono a guardare in faccia la realtà, anche noi abbiamo
bisogno di aprire finalmente gli occhi: lo sprofondamento
non è più un rischio da evitare, è già avvenuto.
25 aprile
18
QUANDO TENTANO DI
PERDERE LA MEM
IL REVISIONISMO STORICO E I PERICOLI CHE SI PORTA DIETRO IN
UN’INTERVISTA ALLO STUDIOSO ED EX-PARTIGIANO ANGELO DEL BOCA
di M. B.
l revisionismo storico, che di questi tempi in Italia va
di gran moda, non è altro che un riflesso della deriva politica che ha colpito il nostro Paese. Il linguaggio politico si è, infatti, progressivamente sciolto da
tutti i vincoli che dovrebbero essere base necessaria per
qualunque riflessione degna di questo nome: veridicità
degli assunti di partenza, argomentazione, assenza di
faziosità. Nell’era delle dichiarazioni televisive, tanto
feroci quanto brevi e vuote di significato, questi prerequisiti sono venuti meno, e nessuno nelle alte sfere
sembra sentirne troppo la mancanza.
Ma un simile andazzo non è privo di conseguenze. Se in
un contesto ufficiale come quello televisivo si può dire
qualunque cosa senza che nessuno si sogni di chiedere
spiegazioni, perché allora nell’ambito del dibattito scientifico-culturale la situazione dovrebbe essere diversa?
Ed ecco che il revisionismo storico trova la strada spianata; ad esempio, nella sua rivalutazione in negativo
dei partigiani, trascinati in blocco sullo stesso piano dei
nazi-fascisti. Un’equiparazione, quella all’insegna del
“commisero tutti uguali atrocità”, totalmente priva di
fondamento: essa non tien in alcun conto, infatti, le
ragioni (di ben diverso spessore) delle due parti in
I
lotta, il sostegno di cui godeva la Resistenza presso la
popolazione, documentato dai rapporti delle stesse
autorità dell’epoca, la differenza in termini di numero e
intensità tra le violenze illegittime degli uni e degli altri.
Angelo Del Boca e altri storici, nel recente saggio La
storia negata (Neri Pozza editore), hanno denunciato
questa piega preoccupante presa da una certa storiografia, che può essere definita “di potere”. Hanno tracciato il percorso compiuto dal revisionismo su una serie
di temi, dal Risorgimento alla guerra anti-fascista, mettendone più volte in evidenza le debolezze interpretative e la funzione meramente strumentale. E rispondendo
a questa deriva con le armi della serietà e del rigore.
Perché, se la storia è scritta spesso dai vincitori, non è
detto che chi ha perso abbia buona memoria.
Professor Del Boca, il libro La storia negata, da lei curato, ha come sottotitolo Il revisionismo e il suo uso politico. Ma cos’è, esattamente, il revisionismo storico, e in
cosa si differenzia dalla revisione che ogni buona storia, secondo un’espressione corrente, opera nei confronti di quella precedente?
«All’uscita di questo libro, in effetti, una delle prime critiche rivoltemi è stata proprio “anche lei è un revisionista”. Il riferimento è naturalmente alla mia storia del
colonialismo italiano in Africa (edita dal 1976, ndr), ma
è un discorso che non regge: io mi trovavo di fronte una
19
FARCI
ORIA...
6 maggio 1945. Piazza Vittorio Veneto,
Torino: manifestazione per la liberazione
(Archivio Istoreto); in basso,
un ritratto di Angelo del Boca
tradizione storiografica scarsissima, il cui punto di riferimento principale era ancora lo studio di Ciasca uscito
a fine anni ’30. Ho fatto, quindi, un enorme lavoro di
ricerca basato sui documenti, a partire dai quali mi è
stato possibile ricostruire una storia che sostanzialmente ancora non era stata esplorata, o quantomeno senza
un occhio sufficientemente critico e obiettivo. Per fare
un esempio, nel ’27 un tenente colonnello ordinò il lancio di gas su un’oasi libica, redigendo un rapporto preciso; in più, mandò successivamente alcuni informatori
ad osservare gli effetti dell’attacco, i quali riferirono per
iscritto al loro superiore. Di fronte a ben due documenti di questo tipo, la possibilità per lo storico di “prendere un granchio” raccontando l’episodio è praticamente nulla. Ma nel Ciasca non si trovava alcun riferimento
a questo avvenimento (né a molti altri simili). La revisione storica è, perciò, sacrosanta, nel momento in cui
porta alla luce nuove fonti (rigorosamente indicate in
nota) sulla base delle quali modificare o smentire i
risultati affrettati raggiunti dalla storiografia precedente.
Ma il revisionismo è altra cosa: si tratta di un’operazio-
È necessario riportare
lʼattenzione sui crimini
gravissimi e diffusi compiuti dal
nazi-fascismo
ne che ha in mente un obiettivo preciso, stabilito a priori, con lo scopo di farne un’arma politica; obiettivo che si
tenta di raggiungere in tutti i modi, anche a costo di gravi
leggerezze metodologiche, e spesso forzando i documenti già studiati da altri, a causa dell’impossibilità di individuarne di nuovi che avvalorino la propria tesi».
Ma può un buon lavoro storiografico essere obiettivo? O
aveva ragione Salvemini, secondo cui lo storico che si
dichiara obiettivo è quasi “un lupo travestito da agnello”?
«Sicuramente la storia obiettiva al 100% non esiste. Ma
si può aspirare ad arrivarci vicino, mantenendo onestà
intellettuale e spirito critico. Detto questo, credo anche
che un minimo di partecipazione da parte dello studioso sia non solo inevitabile, ma anche positiva, in quanto lo avvicina all’oggetto del suo lavoro. Quando, per
esempio, mi sono occupato della guerra contro
l’Etiopia, la mia simpatia andava evidentemente agli
indigeni, e credo non sia difficile capirlo dai miei libri.
Ma ciò non mi ha impedito di cercare di essere il più
obiettivo e accurato possibile».
Ne La storia negata emerge più volte l’esistenza di un
“doppio binario”: da una parte la storiografia, dall’altra
la divulgazione e i media; questi ultimi influenzano l’opinione pubblica più facilmente, ma spesso con tesi più
approssimative e strumentali. Il revisionismo, usando
questi canali e curandosi poco delle lunghe verifiche in
teoria necessarie ad avvalorare un’argomentazione, si
rivela spesso più “agile” nel rispondere ai temi scottanti del dibattito culturale. C’è il rischio che la storiografia
“seria” sia messa all’angolo?
«Posso rispondere che, a mio avviso, tra le qualità fondamentali di un buon libro di storia deve esserci la leggibilità: è evidente che un libro scritto in modo poco
chiaro allontana i lettori.
I miei testi, a detta dei loro stessi critici, si leggono bene:
è il frutto del mio passato nel giornalismo, che è stato per
me una vera scuola di chiarezza. Non uso mai più di 7800 parole diverse e tento di evitare termini inutilmente
25 aprile
20
Probabilmente inizio 1944. Pian D’Audi (Corio,
provincia di Torino): gruppo di partigiani
durante la distribuzione del rancio; in basso,
distaccamento partigiano della 42ª brigata
Garibaldi (Archivio Istoreto)
complicati. Un buon libro di storia, fatto con serietà e ben
scritto, può, dunque, rimanere al passo coi tempi, continuando molto a lungo ad avere voce in capitolo sui temi
dell’attualità. Inoltre, spesso gli stessi giornali possono
costituire uno strumento (decisamente reattivo ed adattabile) di una seria formazione anche in campo storico.
Alcuni giornalisti, ad esempio Jean Lacouture, inviato nei
primi anni ’50 di Le Monde in Marocco, hanno mischiato
ottimamente giornalismo e storia».
Il revisionismo sulla Resistenza e sul ruolo del Pci in
Italia è collocabile soprattutto nell’ultimo ventennio.
Quali ne sono state, secondo lei, le cause scatenanti, e
perché esso trova oggi un terreno così fertile?
«Direi che la causa principale risiede nel crollo della
Prima Repubblica e nella nascita della Seconda sotto il
segno di Berlusconi. Questo nuovo corso andava “puntellato” con una nuova storiografia, che erodesse l’anima antifascista della Costituzione tramite la denigrazione di due dei suoi principali garanti, il Partito
Comunista e (non dimentichiamolo) il Partito d’Azione,
in parallelo con lo screditamento della Resistenza. Il
revisionismo che si è scatenato negli ultimi anni è l’opera utilitaristica di una serie di storici e giornalisti che
si sono affollati attorno al nuovo potere, e che pur di
mangiarsi la loro fetta di torta tentano di dare un
appoggio “scientifico” al regime che si è venuto a creare. Un regime che sta portando avanti un duro attacco
contro le prerogative del Parlamento e contro la
Costituzione, la quale si erge in difesa di queste ultime.
Credo sia giusto demitizzare queste pagine del nostro
passato, ammettere che esse non sono immacolate. Ma
tutto ciò è già stato fatto da storici ben più seri di
Pansa e colleghi: penso tra gli altri a Claudio Pavone,
che nel suo ottimo studio ha individuato nella
Resistenza, oltre ad una guerra di classe e di liberazione, anche una terza “anima”, quella di guerra civile.
I recenti revisionisti, invece, si sono lanciati in un’operazione le cui caratteristiche sono l’esagerazione, la
costante assenza di apparato critico (fondamentale perché il lettore possa verificare la validità di quanto affermato da un ricercatore, andando a controllare se necessario i documenti da questi utilizzati), l’estrapolazione dei
fatti dal loro contesto.
Ecco così che, ad esempio, i fascisti uccisi dai partigiani
dopo il 25 aprile sarebbero più di 20.000 secondo Pansa,
quando l’unica cifra certa è quella denunciata dai prefetti
(difficilmente accusabili di aver ritoccato i numeri al ribasso), ovvero 9800. Comunque una strage, nessuno lo nega.
Tuttavia non si può non tener conto del fatto che ci si trovava alla fine di una guerra feroce, e della cui ferocia i
responsabili principali non erano stati certo i partigiani.
Citerò un’esperienza personale: io stesso vidi il tenente
Longarotti (che molti anni dopo rincontrai per caso ad
Aosta, dove era stato nominato magistrato!), sotto cui
servii poco prima di passare alla Resistenza, fracassare la
testa con lo scarpone a un partigiano giovanissimo, ferito
solo leggermente alla gamba. In nome dell’onestà intellettuale menzionata prima, è necessario, insomma, riportare l’attenzione sui crimini gravissimi e diffusi compiuti
dal nazi-fascismo. Di cui molti dei fatti sventolati e ingigantiti da Pansa non furono che la tragica conseguenza».
Si ringrazia con particolare calore l’Istituto piemontese
per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” per averci messo a disposizione
l’archivio fotografico.
Diritti
22
RAGAZZI, CHE
COSTITUZIONE!
NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI A COSA SERVE CONOSCERLA VERAMENTE?
SINTONIZZATEVI SU RADIO JEANS E CON L’AIUTO DEL PROFESSOR PANIZZA E
DEI GIOVANI REPORTER DI ZAI.NET NE SCOPRIRETE IL FASCINO E L’ATTUALITÀ
di Caterina Mascolo, 22 anni
commetto che vorrete girar pagina non appena scorgerete nel titolo di questo articolo la parola
Costituzione, perché credete sia un argomento
molto noioso e per giuristi in erba; però, un po’ per vergogna un po’ per eleganza, non osereste mai ammetterlo.
I miei vaticini sono supportati anche dai sondaggi, dove
la nostra Carta pare amatissima, ma non conosciuta. Vi
domanderete come si possa apprezzare un testo di cui si
ricordano, molto stentatamente, i primi cinque articoli, ma
proviamo a giocare con un piccolo quiz.
S
Un piccolo quiz
Quando è entrata in vigore? Quanti sono i principi fondamentali? Nell’articolo 2 la Repubblica cosa riconosce e
garantisce? Cos’è una perequazione? Prima di sbirciare le
risposte, oppure di lanciarvi in qualche ardito miscuglio di
parole complesse, provate ad analizzare con un po’ di
onestà il vostro livello di preparazione (se il gioco è di
gruppo, a risultati disastrosi vi concedo qualche scappatoia: improvviso disinteresse, svenimenti, fughe in bagno,
chiamate urgenti…).Eppure, se qualcuno vi chiedesse un
vostro giudizio sulla Costituzione, credo ve la cavereste
con un laconico “è sicuramente molto importante”, oppure, dopo un faticoso sforzo di memoria, potreste spiccicare qualche frase ascoltata da un professore in qualche
dibattito televisivo.
Ecco il nodo dell’articolo, direte voi, un bel discorsetto
borioso sulla nostra ignoranza, sulla superficialità… alt!
Non chiudete il giornale proprio ora!
Ma vediamo i risultati del mio auto-test: il primo gennaio
1948 l’azzecco, così come il numero dei principi fondamentali, anche se mi soccorrono il numero degli Apostoli,
degli Dei dell’Olimpo, dei cavalieri di re Artù e delle fatiche di Ercole. L’articolo 2 lo ricordo per sommi capi, il termine esatto mi sfugge e devo leggerlo. La perequazione?
Suona come qualcosa di minacciosamente matematico,
ma, in tutta franchezza, non ne ho la più pallida idea.
Eppure tutte queste nozioni, all’apparenza vuote e formali, ci sarebbero davvero utili.
23
THE BEST OF… I PRIMI 3!
Art. 1 – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art.3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Eccovi di nuovo scettici. Nella vita quotidiana potrò snocciolare una sfilza di commi? Nella mia giornata pratica, a
cosa giova sapere chi sono i titolari dei diritti e delle libertà fondamentali? Ragionamento non proprio scorretto, ma
attenzione: perché allora studiare gli integrali? Per la
spesa basterebbe esercitarsi un po’ con le addizioni. Che
spreco di tempo poi leggere Dante! Per comunicare sono
sufficienti i rudimenti della grammatica italiana. Il ridicolo
si sfiora con la geografia… Non ci si può accontentare
della piantina del quartiere? Una riduzione ai minimi termini porterebbe ad eliminare qualsiasi grado d’istruzione
superiore ai primi anni delle elementari. Potremmo essere allora persone migliori, oppure più felici? “Essere vivo
richiede uno sforzo ben maggiore del semplice respirare”,
così scriveva Neruda. Vivere significa anche rendersi partecipi e consapevoli del panorama che ci circonda, comprese le leggi alle quali siamo sottoposti.
L’ago della bussola
L’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha parlato di patrimonio di valori come di una bussola in grado di
guidarci nelle quotidiane prove della vita. In questo grande
La perequazione? Suona
come qualcosa di minacciosamente
matematico
bagaglio che ognuno di noi costruisce, la Costituzione
dovrebbe essere l’ago magnetizzato della bussola. Non è
semplice considerarla tale se viene percepita come un
pesante insieme di normative, come un macigno di parole difficili ed obsolete. Non pretendo però che voi, terminata la mattina scolastica, dopo i compiti, lo sport e chissà quale altra attività, apriate spontanei e gioiosi la
Costituzione per leggere un articolo ogni sera. Sarebbe
meraviglioso, ma poco realistico e forse in alcuni casi
deleterio. Già, perché se nessuno la spiega in maniera
semplice ma non banale, accattivante ma non sciocca,
rischiamo solo di annoiarci. Se nessuno mostra i “retroscena” e ci guida nella comprensione dei termini più complessi, probabilmente essa sarà molto scarsa.
La Costituzione come la musica!
Come lasciare allora questa secca dove siamo incagliati? Vi
propongo un’opzione non proprio convenzionale: considerate la Costituzione… come la musica! Quindi accendete la
radio, o meglio Radio Jeans! Il nuovo progetto, infatti, viaggerà tra i nuclei più importanti del testo con il brio della
musica e la bravura del Professor Saulle Panizza, docente di
Diritto Costituzionale all’Università di Pisa e autore, peraltro,
del libro Ragazzi, che Costituzione!. L’occasione è invitante:
gli articoli verranno commentati ed illustrati da lui con puntuali riferimenti all’attualità, intervallati da brani musicali in
tema con l’argomento. Avrete
la possibilità di partecipare
attivamente allo svolgimento
delle puntate: perché non
essere presenti in studio?
Essere più ferrati su questa
tematica, oltre ad un riscontro
scolastico (con la nuova riforma diverrà una vera materia),
vi consentirà di gettare le fondamenta per un’impalcatura
solida in futuro.
Insomma, perché non essere
“di
sana
e
robusta
Costituzione?”
RAGAZZI, CHE COSTITUZIONE!
Elementi di cittadinanza e Costituzione
A cura di Saulle Panizza
Con Introduzione tratta dagli intereventi di Carlo
Azeglio Ciampi
Edizioni Plus
436 pagine, 26,00 euro
- La Costituzione italiana entrava in vigore il 1°
gennaio 1948 dalla sintesi delle tre principali
componenti dell’Assemblea Costituente,
ovvero quella cattolica, liberale e socialista.
Tra i principali protagonisti ricordiamo, ad
esempio, Pietro Calamandrei, di cui citiamo
una frase: “Dietro ogni articolo della
Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché
la libertà e della giustizia, potessero essere scritte su questa Carta”.
- I Principi Fondamentali sono 12.
- L’articolo 2 recita: “La Repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale”.
- Per perequazione si intende la distribuzione
delle risorse finanziarie nel settore pubblico,
finalizzata al superamento degli storici ed
attuali squilibri nello sviluppo delle diverse
Regioni; tra gli strumenti dei quali essa può giovarsi, tipicamente il fondo perequativo.
Elemento caratterizzante il nostro Stato sociale.
SOLUZIONI:
Test
24
EDUCAZIONE CIVICA
QUESTA SCONOSCIUTA!
PARCHEGGIARE NELLE AREE RISERVATE AI DISABILI, SPORCARE LE STRADE
CON CARTACCE E RIFIUTI VARI, SCAVALCARE LA FILA SEMPRE E COMUNQUE…
PER QUANTI DI NOI L’EDUCAZIONE CIVICA È SOLO UN OPTIONAL?
A
B
C
A
B
C
A
B
C
Nella vita quotidiana, dove potrò snocciolare una
sfilza di commi?
Sicuramente un giorno nel mondo del lavoro,
ogni santissima volta che tenteranno di fregarmi!
A scuola durante le temutissime interrogazioni a
sorpresa... Una più intelligente alternativa al fingersi morto.
Non ho idea di cosa sia una “sfilza”, né tanto
meno un “commi”... Non so neanche leggere,
perciò sto rispondendo a casaccio mentre faccio
finta di sfogliare avidamente la mia copia di...
di... Ma è il “Corriere dello Sport” questo?
Parcheggio riservato ai disabili!
Qua c'è poco da scherzare – occupare un posto
riservato a disabili è una delle peggiori dimostrazioni d'inciviltà immaginabili!
Dovrebbero piuttosto crearne un maggior numero
– e questo lo dico da disabile... Sì, soffro di vertigini, specie quando vado per tetti a vandalizare le
proprietà altrui!
Beh, che facciamo? Parliamo del tempo che fa?
Tanto non so leggere, ve l'ho detto...
Gettare la cartacce in terra...
Una gran cafonata! Io la tengo fino a quando non
trovo un bel cassonetto bianco!
Se ho un cestino a portata di mano è ok, ma in
caso contrario mi chiedo: gli spazzini che li pagano a fare?
In terra io ci butto di tutto e di più!
all’autista!
C Io prendo esempio dal mio babbo – autista di autobus da vent'anni: lui quando vede una gestante
almeno all'ottavo mese la fa guidare al posto suo!
A
B
C
A
B
A
B
Sull'autobus lasci il posto a sedere a...
Donne incinte, anziani, bambini piccoli...
Insomma, quel che è giusto è giusto, anche perché un giorno capiterà anche a me di aver bisogno di un posto a sedere.
Lascio il posto a sedere solo se arriva il controllore... Poi tento una via di fuga tra la gente e alla
fine, se la faccio franca, faccio pure dei gestacci
C
Dice l'Art. 2 della Costituzione Italiana:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale... ok, l'ho cercato su Wikipedia, ma bene o
male ne ricordavo il senso!
Ma scusate, non lo sanno molti nostri parlamentari e lo dovrei sapere io? E daje, un minimo
di realismo...
Ora, così su due piedi, non ricordo di preciso
cosa dice... ma sono quasi certo che l'Art. 2
viene dopo l'Art. 1 e forse, ma non ne sono sicuro prima dell'Art. 3... La mano sul fuoco però
non ce la metto, ché oltre ad essere analfabeta
so contare solamente fino a due.
In definitiva, quanto è importante avere un minimo di senso civico?
Il senso civico, o almeno il buon senso, dovrebbero essere fondamentali per una tranquilla convivenza... Peccato che troppo spesso ce ne si
dimentichi, e pure “dall'alto” non è che vengano
proposti ottimi esempi (vogliamo parlare delle
risse in Parlamento?).
Se persino gli atti di bullismo più estremi nelle
scuole vengono giustificati dai sempre più diffusi
“genitori chioccia” vuol dire che è andata persa la
consuetudine d'insegnarlo a noi giovani.
Non lo so e non m'interessa – è suonata la campanella della ricreazione!
LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 54
26
TEATRO:
Intervista a
Claudio Santamaria
GIOVANI
CRITICI
29
VIVERE DI PERIFERIA:
Le foto
Palcoscenico
26
UNO
STRANIERO
DI NOME
SANTAMARIA
CADE LA PIOGGIA E UN UOMO,
CHE VIENE DALLA PERIFERIA DI
TUTTE LE METROPOLI, CERCA
DI RICONOSCERSI IN UN
MONDO NOTTURNO,
VISIONARIO. CLAUDIO
SANTAMARIA CI HA SVELATO
CHE COSA SIGNIFICA
METTERSI ALLA RICERCA DI SE
STESSI NE “LA NOTTE PRIMA
DELLA FORESTA”
27
di Isabella Del Bove, 18 anni, e
Veronica Di Norcia, 20 anni
ell’antichità l’attore era il tramite tra il
mondo e l’invisibile: è proprio questo che
mi spinge a mettermi sempre in gioco e a
continuare le mie esperienze teatrali: la performance dal
vivo non ha eguali». Così Claudio Santamaria presenta
il suo ultimo ruolo ne La notte poco prima della foresta, opera teatrale del francese Bernard-Marie Koltès, in
scena al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma per la
regia di Juan Diego Puerta Lopez.
Lontano per una volta dai set cinematografici,
Santamaria ha incarnato sul palcoscenico un uomo, uno
straniero, che in un lungo monologo confida a un passante nella notte la sua frustrazione, la sua malinconia
e l’amarezza del non poter condividere con altri il suo
ideale politico. Quella dello straniero incompreso è una
tematica mai come oggi attuale, ma il dramma interiore
del protagonista può essere letto da diverse prospettive: quella del clandestino che viene in contatto con una
società diversa dalla sua, e deve perciò reinventarsi una
vita spesso in antitesi con i propri sogni, quella dell’uomo moderno che, alienato dai valori in cui ha sempre creduto, si trova ormai sperso nel suo stesso quotidiano, senza più punti di approdo. O ancora, nel
nostro clima di incertezza politica, lo spettatore può
davvero ritrovarsi nel personaggio koltessiano a riflettere sulla propria condizione. Il tutto è accompagnato
dalle musiche di Giuliano Sangiorgi, leader dei
Negramaro. Abbiamo chiesto a Claudio Santamaria di
parlarci della sua performance; la descrive come una
grande prova di recitazione, dove ha avuto una grande
importanza la fisicità del personaggio.
La notte poco prima della foresta è un monologo recitato quasi tutto d'un fiato, molto diverso da una sceneggiatura; come ti sei calato nel testo?
«Esatto, è un monologo senza respiro, ci sono soltanto
virgole, quasi mai punti, come fosse un grido disperato.
Quando lo leggi per la prima volta non puoi decidere
nulla: le idee che ti vengono in mente sono continuamente vanificate, devi recitarlo per capirlo veramente. Il
testo deve entrarti nel corpo, nei muscoli: il lavoro di
prova, quindi, è stato molto intenso, ma per questo
molto stimolante. Ho imparato a gestire la tanta energia che metto in scena».
Nel testo è molto forte la componente simbolista: cosa
rappresenta la notte poco prima della foresta?
«Credo che non si possa dare un’interpretazione univoca: la notte può rappresentare la fine, la morte intesa
anche come liberazione. Il protagonista si trova, però,
poco prima della foresta, un luogo in cui “se esprimi la
tua opinione devi nasconderti, altrimenti ti sterminano
a colpi di mitraglietta”. La foresta simboleggia l’uniformità, la tomba del libero pensiero. In questo senso,
forse, la notte è termine e libertà al tempo stesso».
Il personaggio del monologo odia gli specchi, parla per
ore e ‘abborda’ subito senza pensarci due volte. Hai
qualcosa in comune con lui?
«Forse la sensazione, che ho avuto in passato, di voler
abbandonare tutto, di sentire che non c'è via di uscita;
in un mondo senza via d'uscita non puoi fare nulla per
cambiare le cose perché è già stato demarcato tutto:
“mappe bastarde hanno segnato tutto, le zone per le
donne, gli uomini, le moto, il lavoro, la tristezza, la
chiacchiera”. Ecco, ho provato questo sentimento nella
mia vita, dire: adesso scendo dalla macchina, la lascio
«N
qui e inizio a vagare da solo».
“Cerco una camera solo per stanotte, a casa mia non ci
posso tornare”. Ma cosa cerca veramente il protagonista?
«Il protagonista, come dice lui stesso alla fine, cerca
qualcosa che sia come l'erba “in mezzo a questo macello” su cui potersi stendere, cioè qualcuno con cui condividere l’idea politica di creare un sindacato internazionale per la difesa dei “poveracci”, di quelli che non
hanno nulla, abbandonati e lasciati all'angolo di una
strada senza difesa e senza ragione».
Hai interpretato Rino Gaetano in una fiction di successo; pensi che anche lui possa essere considerato straniero in un mondo che non lo capiva?
«Ah sì, sicuramente Rino è stato considerato uno straniero, specie dopo il successo di Gianna a Sanremo, quando
gli altri pensavano di averlo capito; così è per lo straniero, tutti pensano di capirlo, vedendolo come uno che
viene lì e chiede i soldi, e invece no, non sono i soldi che
lui vuole, non è quello che cerca. Dopo il successo di
Gianna tutti da Rino si aspettavano quel genere di canzone, e invece lui voleva proporre qualcosa di diverso».
In Romanzo criminale di Michele Placido tu hai vestito i
panni di Dandi. C’è qualcosa in comune tra te e lui oppure
lo hai visto come un estraneo, uno “straniero a te stesso”?
«In comune? Sì, sono un criminale (ride, ndr), per forza c’è
qualcosa in comune, nessun ruolo è completamente “straniero” all’attore, perché per affrontare un personaggio
devi sempre ricercare un po’ quelle corde in te stesso; in
comune con Dandi ho sicuramente il narcisismo».
Prossimamente vedremo una miniserie Rai con
Santamaria protagonista; ma se volete incontrarlo dal
vivo, spulciate i localini della riviera romagnola, potreste trovarlo con una band di suoi amici, gli Equ, che
molto spesso accompagna nei live.
La battaglia non sarà più fra
ricchi e poveri, ma fra i poveri e
la classe media
Bernard-Marie Koltès
Vivere di periferia
28
STIAMO
LAVORANDO
PER VOI!
IN ATTESA DELLA CERIMONIA
CONCLUSIVA DEL FESTIVAL, VI
PROPONIAMO NELLE PROSSIME
PAGINE ALCUNE DELLE PIÙ
SIGNIFICATIVE SEQUENZE
FOTOGRAFICHE ARRIVATE IN
OCCASIONE DEL CONCORSO E IN
MOSTRA A ROMA FINO AL 24 APRILE
accontare delle storie ai margini, catturarle in un
testo, in un video o in una fotografia, esprimere,
attraverso l’arte, la cultura urbana. Così, qualche
mese fa, si era aperto il concorso “Vivere di Periferia”,
destinato ai giovani tra i 12 e i 20 anni, e che, in questa sua prima edizione, proponeva due nuclei tematici:
“Periferie, come sono, come le vorrei”, “Seconde generazioni: mio padre, lui non è italiano”. All’appello lanciato da Zai.net, Ambasciata di Francia e Fondazione
Sotto i Venti, avete risposto in tanti, con entusiasmo, da
tutta Italia, presentando punti di vista nuovi ed originali. Diverse sono state le tecniche utilizzate per la realizzazione dei lavori, così come i modi di intendere il concetto stesso di “periferia”; alcuni di voi hanno voluto
interpretarlo nel senso più letterale del termine, proponendo inediti scorci urbani, esperienze di vita vissuta,
filmati documentari o giornalistici, altri, invece, hanno
preferito una chiave di lettura differente, identificando
le aree periferiche come dimensioni astratte, stati mentali e dell’anima. Emozioni, sensazioni ma, soprattutto,
contrasti: la possibilità di veder raffigurate insieme
gioia e malinconia, bellezza e degrado, solidarietà ed
intolleranza, integrazione e solitudine.
In attesa della premiazione del 16 aprile a Roma, in cui
verranno proclamati i vincitori, vi mostriamo nelle pagine seguenti alcuni degli scatti più significativi arrivati in
redazione, già insigniti di un premio molto speciale:
fino al 24 aprile, infatti, faranno parte della mostra
R
“La passione non ha limiti”, di Emiliano Pardo, 19 anni
“C’est ici que j’habite”, allestita presso la sede del Centro
Culturale San Luigi dei Francesi a Roma. Un’esposizione,
questa, che rappresenta una perfetta sintesi di quello che
è stato l’iter del concorso, che permetterà ai visitatori di
calarsi appieno nello spirito dell’iniziativa e di seguire,
grazie ad un cammino ideale tracciato dalle immagini, una
sorta di diario di viaggio.
Ma le sorprese non finiscono qui: il Festival delle Periferie
entra nel vivo dei suoi appuntamenti con una serie di
eventi che vi vedranno protagonisti. Nella giornata del 9
aprile, ad esempio, sempre a Roma presso la sede di San
Luigi dei Francesi, avrà luogo un incontro in cui saranno
presentati gli elaborati degli studenti del Lazio, con un
ampio spazio dedicato ai dibattiti e alle testimonianze.
La cerimonia conclusiva di Vivre de banlieue avverrà il
16 aprile, nell’ambito delle Giornate Romane della
Francofonia, con un ospite d’onore, il fotografo Enrico
Bartolucci, e l’assegnazione di tantissimi premi: un viaggio a Parigi, durante il “Festival Regards Jeunes sur la
Cité”, per il vincitore/vincitori della sezione video, la
realizzazione cinematografica della propria storia per il
vincitore/vincitori della sezione soggetto, una videocamera digitale per il vincitore/trice della sezione fotografia. Saranno, inoltre, nominati anche i vincitori dei
premi Saint-Louis de France, Bleu Blanc Rouge, A tes
côtés, Zai.net, Junior, alla presenza degli sponsor dell’iniziativa: da Atout France al Comune di Torino, da
Hachette FLE Sansoni a CTS.
“C’est ici que j’habite”, la mostra nel cuore di Roma
12 tra i più interessanti lavori fotografici in concorso resteranno esposti a Roma, nella sede del
Centro Culturale San Luigi dei Francesi (Piazza Toniolo, zona Pantheon), fino al 24 aprile. Nelle
pagine che seguono a questo articolo un piccolo assaggio di quello che i visitatori potranno
ammirare passeggiando nei locali della Mediateca.
VIVERE DI PERIFERIA
Vivere di periferia
30
Io non sono qui
Je ne suis pas ici
di Benedetta Saccomanno, 18 anni
Liceo classico “Colombo” - Genova
Né le pietre di Gerusalemme /
Ni les pierres de Jérusalem
Né la salsedine dei carruggi / Ni la salinité des chemins
on c'è più un posto per chi ha lasciato tutto.
Non c'è più patria, non come prima. Non c'è
casa, non strada, non c'è l'amico di una vita da
salutare all'angolo. Non sembra esserci una parte da
recitare, non più la certezza di essere nel proprio
mondo, di appartenere ai ricordi e agli oggetti come
essi appartengono a te. Gli odori, ogni veduta, gli
sguardi, ogni passo, nulla è propriamente tuo, di nulla
più ti senti padre. E porti, tu padre, il tuo futuro, la tua
famiglia in un posto altrove, qualunque e nessuno. Loro
nasceranno figli di quel posto. Non per te ci sarà la
semplice felicità di essere a casa. E lungo vicoli bui,
immerso in piazze affollate, di fronte ad ogni sole sorto
su pietre non tue, là ti sentirai straniero, ti sentirai solo,
come se il tuo colore e i colori di tutto il resto, no, non
potessero far parte, forse neanche un secondo, della
stessa fotografia.
N
Né la folla di piazza Duomo /
Ni la foule de Piazza Duomo
l n’y a plus de place pour ceux qui ont tout quitté. Il n’y
a plus de patrie, du moins pas comme avant. Il n’y a
pas de maison, pas de route, il n’y a pas l’ami d’enfance qu’on salue au coin de la rue. On dirait qu’il n’y a plus
de rôle à jouer, ni la certitude d’être dans son univers, d’appartenir aux objets et aux souvenirs qui sont les siens. Les
odeurs et les regards, chaque vue ou chaque pas, rien n’est
vraiment sien, on ne se sent plus parent de quelque chose.
Et toi le père, tu portes ton futur, ta famille vers un endroit
lointain, quelconque et impersonnel. Les enfants qui naîtront seront de ce lieu. Pour toi, il n’y aura pas le bonheur
tranquille d’être chez soi. Et le long des ruelles sombres,
perdu au milieu des places animées, face au soleil qui se
lève sur des pierres qui ne sont pas tiennes, tu te sentiras
seul, comme si ta couleur et les couleurs de tout le reste
ne pouvaient, ne serait-ce qu’une seconde, faire partie de
la même photographie.
I
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Alla ricerca della felicità
A la recherche du bonheur
di Menon Patwary, 18 anni
Istituto professionale di Stato “Virginia Woolf” - Roma
C'est l'Italie que je vois, différente de la façon dont je l'imaginais, où une fleur arrachée est mise dans une boîte, destinée à pourrir.
C'est mon rêve. Celui de faire un voyage à la recherche de ce lieu merveilleux: le Bangladesh.
ueste tre foto sono lo specchio della mia vita:
un continuo di viaggi, addii e nuove speranze...
Spesso mi sento estraneo sia in Bangladesh sia
in Italia poiché quando dico "al paese mio..." non capisco a quale paese mi riferisco, ma forse questo è un
dono perché ogni cultura mi arricchisce e ogni viaggio
è una fantastica esperienza.
Q
es trois photos sont le miroir de ma vie: un flot continu de voyages, d’adieux et de nouveaux espoirs...
Je me sens souvent étranger aussi bien au
Bangladesh qu'en Italie car quand je dis "dans mon
pays...", je ne comprends pas à quel pays je me réfère, mais
peut-être ceci est-il un cadeau parce que chaque culture
m'enrichit et chaque voyage est une expérience fantastique.
C
Vivere di periferia
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Vivere in periferia
Vivre en banlieue
di Lorenzo Arpea, 18 anni
Istituto professionale di Stato “Virginia Woolf” - Roma
Edificio completamente ricoperto di graffiti / Bâtiment entièrement recouvert de graffiti
o amo la periferia, nel senso che mi piace. Mi piace
percorrere più le strade del centro, lo dico sempre,
perché il centro è bello e lussuoso, ma anche troppo noioso. La creatività del centro è molto diversa da
quella della periferia, e la luce che c’è in periferia è una
luce diversa da quella del centro.
Ho scattato foto a costruzioni triangolari, con muri grigi
immersi in luce grigia attraversati da lanci di raggi di
sole e di azzurro con ombre stranissime, a punta, perfettamente fatte a triangolo (quartiere vicino al Forte
Prenestino). Ci sono strisce grigie e nere che sembrano
dipinte, ma è l’aria sporca che le ha dipinte.
Ho fotografato un edificio di altra forma, cilindrico, completamente ricoperto di graffiti, sulla Rampa Prenestina;
tutto il viale che porta alla rampa è ricoperto di graffiti
pieni di forti emozioni.
Ho fotografato il Guardiano di Ferro del Forte Prenestino
in una giornata di pioggia, immerso nel grigio della nebbia. Forse dovrei rifotografarlo in una giornata di sole, ma
potrebbe andar bene anche così, perché il grigio crea
un'atmosfera irreale e fiabesca, come se fosse neogotica.
I
J’
aime la banlieue, dans le sens qu’elle me plaît.
D’accord, je préfère me promener dans les rues des
centres villes, je le reconnais, parce que le centre est beau
et luxueux, mais j’ajoute qu’il est aussi trop ennuyeux. La
créativité qui règne dans le centre n’a pas grand-chose à
voir avec celle de la banlieue, et la lumière de la banlieue,
c’est autre chose. J’ai photographié des constructions triangulaires, avec des murs gris nimbés d’une lumière grise traversée de rayons de soleil et de bleu avec des ombres tout
à fait étranges, en pointe, parfaitement triangulaires (quartier près du Fort Prenestino). Il y a des bandes grises et noires qui semblent peintes, mais en fait c’est la saleté qui les
a dessinées. J’ai photographié un bâtiment d’une autre
forme, un cylindre, entièrement recouvert de graffiti, sur la
Rampe Prenestina ; tout le boulevard qui mène à la Rampe
est couvert de graffiti pleins d’émotions fortes.
J’ai photographié le Gardien de Fer du Fort Prenestino par
une journée de pluie, plongé dans le gris de la brume. Je
devrais peut-être le reprendre en photo un jour de soleil,
mais pas forcément d’ailleurs, parce que le gris crée une
atmosphère irréelle et féérique, presque néogothique.
33
Dimensioni parallele
Dimensions parallèles
di Elisa Fumagalli, 19 anni
Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB)
Dimensioni parallele 1 / Dimensions parallèles 1
Dimensioni parallele 3 / Dimensions parallèles 3
utto è ordinato, regolato dall'alto, ogni cosa
che ti accade, ti accade perché ha un senso»
(S.Tamaro, Va dove ti porta il cuore)
«La comprensione esige silenzio»
Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte. La vita non
è un cammino semplice e lineare lungo il quale possiamo procedere liberamente e senza intoppi, ma piuttosto
un intricato labirinto attraverso il quale dobbiamo trovare la nostra strada, spesso smarriti e confusi, talvolta imprigionati in un vicolo cieco. Ma sempre, se abbiamo fede, si aprirà una porta: forse non quella che ci
saremmo aspettati, ma certamente quella che alla fine
si rivelerà la migliore per noi!
«È una bella prigione, il mondo». (William Shakespeare)
Noi non conosciamo le persone quando vengono da
noi; dobbiamo andare noi da loro per sapere quel che
sono. Ogni strada seguita precisamente fino alla sua
fine non porta proprio in nessun luogo.
«T
out est ordonné, réglé d’en haut, chaque
chose qui t’arrive t’arrive parce qu’elle a un
sens» (S. Tamaro, Va où ton cœur te porte)
«La compréhension exige silence».
Je tiens le monde pour ce qu’il est: une scène où chacun a un rôle à jouer.
La vie n’est pas un chemin simple et linéaire le long
duquel on peut marcher librement et sans entraves,
mais plutôt un labyrinthe enchevêtré dans lequel on
doit trouver sa route, souvent confus et désorientés,
parfois prisonniers d’une ruelle aveugle. Mais si on a la
foi, une porte s’ouvrira: peut être pas celle à laquelle
on s’attendait, mais certainement celle qui se révèlera
finalement la meilleure!
«C’est une belle prison, le monde». (William Shakespeare)
Nous ne connaissons pas les gens quand ils viennent à
nous ; c’est nous qui devons aller à eux pour savoir qui
ils sont. Une route suivie littéralement jusqu’à la fin ne
débouche nulle part …
«T
Vivere di periferia
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Ritratti di periferia
Portraits de banlieue
di Andrea Briscoli, 18 anni
Istituto Tecnico per Geometri “Genga” - Pesaro
La mia periferia, il mio spazio, i miei sogni
Il mio futuro… / Mon avenir…
L
a periferia come luogo di identificazione, come
spazio che mostra un vissuto: storie di giovani,
del loro mondo, dei loro disagi e dei loro sogni.
a banlieue comme un lieu d'identification, un espace qui témoigne d’un vécu : histoires de jeunes, de
leur monde, de leurs souffrances et leurs rêves.
L
35
La mia periferia
Ma banlieue à moi
di Debora Porta, 18 anni
Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB)
La mia periferia 3 / Ma banlieue à moi 3
utte le periferie sono simili: tranquille, silenziose
e morte. La mia periferia non fa differenza, o
almeno questo era il mio pensiero prima che un
giorno di pioggia mi facesse scoprire un nuovo paesaggio. Attraverso quel piccolo varco creato dall'acqua e
dal calore racchiusi nella mia casa, il cielo, le case e gli
alberi sembrano prendere vita. La mia periferia non è
uguale a nessuna.
T
outes les banlieues se ressemblent : tranquilles,
silencieuses et mortes. Ma banlieue n’est pas différente, du moins c’est ce que je croyais jusqu’à ce
qu’un jour pluvieux me fasse découvrir un nouveau paysage. À travers ce petit passage créé par l'eau et la chaleur
enfermées dans ma maison, le ciel, les maisons et les
arbres semblent prendre vie. Ma banlieue à moi n’est
pareille à aucune autre.
T
Vivere di periferia
36
Perché chiamarla casa?
Pourquoi l’appeler maison?
di Elisa Pepe, 16 anni
Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB)
Attesa / Attente
Fuga / Fuite
on una casa ma un luogo in cui sentirsi al sicuro, dove la tua identità è segnata da un pezzo
di scotch. Il luogo dove ti fermi ad aspettare
qualcosa… anche solo un piccolo cambiamento che però
non arriva. Il luogo da cui vorresti scappare, scappare
con qualsiasi mezzo.
N
on pas une maison mais un lieu dans lequel te
sentir en sécurité, avec ton identité marquée par
un morceau de scotch. Le lieu où tu t’arrêtes pour
attendre quelque chose… ne serait-ce qu’un petit changement mais qui n’arrive pas. Le lieu d’où tu voudrais t’échapper, t’échapper n’importe comment.
N
Vivere di periferia
38
IL SILENZIO DI
SAINT-DENIS
ANCHE GLI STUDENTI DEL LICEO “SUGER” DI SAINT-DENIS SI SONO
ENTUSIASMATI PER IL NOSTRO CONCORSO E HANNO DECISO DI INVIARCI
LE LORO TESTIMONIANZE
di Noorih Mahamudally e Alexandre Lau, 16 anni
Liceo “Suger”, Classe europea - Saint-Denis (Francia)
i chiamo Noorih e abito in Francia. Noorih
non è un nome francese, è arabo e significa “la mia luce”. Ora vi chiederete perché ho un nome arabo, e io vi rispondo dicendovi che
sono musulmana di origine mauriziana (i miei genitori
sono, infatti, nati alle Mauritius). L’isola di Mauritius si
trova nell’Oceano Indiano vicino a quella di Madagascar
e a quella di Reunion; è multiculturale e multiconfessionale: ci sono cattolici, cristiani, musulmani, induisti,
buddisti. La sua multiculturalità si spiega col fatto che
«M
anticamente era governata dagli inglesi, che fecero
affluire numerosi schiavi dalle altre colonie come mano
d’opera per le industrie di canna da zucchero.
Ma torniamo a me: vivo in Francia con la mia sorella
maggiore nella periferia di Parigi, perché il centro costa
troppo caro. Il nostro appartamento non è grande, per
questo condividiamo la stanza da letto; mia sorella ha
23 anni, è nata alle Mauritius, ha studiato in Italia e poi
alla Sorbona di Parigi; ha deciso di stabilirsi in Francia
perché in Italia ha incontrato molte discriminazioni.
39
Al mattino, quando mi sveglio per andare a scuola alle
sette meno un quarto, cerco di fare il più in fretta possibile per uscire dalla stanza senza disturbarla, lei si
sveglia alle otto per andare al lavoro. E’ impiegata in
un’agenzia di viaggi. Durante la settimana, non faccio
colazione. E’ un’abitudine che ho preso quando stavo in
Italia con i miei genitori (a proposito, i miei abitano in
Italia, a Palermo, e siccome andavano al lavoro presto
non si aveva mai il tempo per fare colazione). Poi faccio una doccia rapida, mi vesto ed esco per andare a
scuola. Mi piace mettere i jeans con delle magliette che
coprono i pantaloni, alcune volte metto anche le gonne,
ma solo quando c’é il sole. Non ho uno zaino classico,
cioè portato sulle spalle, ho una borsa, qui è molto di
moda per le ragazze.
Il liceo che frequento è intitolato a “Suger” (in italiano
“Sugerio”), il grande abate cui si deve la costruzione della
basilica gotica che rende Saint Denis, grande città alla
periferia di Parigi, famosa in tutto il mondo. A Saint-Denis
si possono trovare tantissime persone di diverse origini,
è per questo che mi piace molto. Il liceo francese è diverso da quello italiano perché non ci sono classici, scientifici e cosi via, ma un solo tipo di liceo che ha diverse classi. Io sono in una classe scientifica, approfondisco perciò
la matematica, le scienze e la fisica.
Conosco le differenze tra la Francia e l’Italia perchè
quando ero piccola ho fatto la scuola elementare e le
medie in Italia, più precisamente a Palermo. Qui in
Francia abbiamo quasi otto ore di lezione, che sono
divise in quattro ore la mattina e quattro il pomeriggio;
inoltre, a scuola incontro i miei amici, tutti di diverse
origini. Poi a mezzogiorno torno a casa per mangiare i
piatti tipici delle Mauritius, che assomigliano molto a
quelli indiani, come ad esempio il riso con il curry; una
pietanza veramente mauriziana è il riso fritto, fatto con
della verdura mista e fritta. Dopo mangiato, torno di
nuovo a scuola con l’autobus come tante altre persone
(non costa molto ed in più è ecologico). Da casa mia
fino al liceo sono circa 15 minuti; altri studenti che abitano più lontano, in alcuni casi persino in altre città,
NON SOLO PERIFERIA
A Saint-Denis di solito i turisti arrivano con la metropolitana che
parte dal centro di Parigi; la loro
meta è la splendida cattedrale
gotica del XII secolo – secondo
molti è il primo esempio di questo stile costruttivo – che ospita
le tombe dei reali francesi da
Pipino il Breve a Maria
Antonietta D’Austria.
Dopo mangiato, torno di nuovo a scuola con lʼautobus come tante
altre persone (non costa molto ed in più è ecologico)
Vivere di periferia
40
preferiscono rimanere al liceo e mangiare alla mensa.
Qui in Francia sono gli studenti che cambiano aula e
non i professori. Ogni due ore c’è una pausa, durante la
quale chiacchiero e scherzo con le amiche e con i ragazzi, prendendo anche un caffè. Quando suona la campanella, tutti a casa: l’autobus su cui salgo attraversa
tutta la città di Saint-Denis, passa accanto allo stadio e
arriva davanti a casa mia, a La Plaine Saint-Denis.
Rientro, faccio merenda, guardo la tv e poi faccio i compiti. Quando li finisco, accendo il computer e navigo su
internet: qui, quasi tutti i giovani comunicano su MSN
o Facebook e anche a me piace molto, perché in questo
modo posso parlare con i miei amici dopo la scuola e
comunicare anche con quelli che non vedo più. Alle otto
poi rientra mia sorella, che di solito cucina piatti francesi perché sono facili da preparare; la serata trascorre
con i racconti delle nostre giornate, guardiamo la tv e
poi andiamo a letto».
Alexandre, un simpatico pigrone
«Io mi chiamo Alexandre, nome che significa “colui che
guida gli uomini”. Mia madre aveva deciso di chiamarmi con
un’altro nome, ma non voglio dirvelo perché mi vergogno.
Ho quindici anni e frequento il secondo anno al liceo
“Suger”. La mia famiglia è originaria della Cambogia, un piccolo paese nel Sud-Est dell’Asia. Vivo a Saint-Denis con i
miei genitori e sono figlio unico. Sono nato il 24 luglio 1994
a Aubervilliers perché i miei genitori abitavano là, a due
passi da Saint-Denis. A casa, i miei parlano khmer (la lingua
della Cambogia) tra di loro e con me, ma io rispondo solo
in francese. Quando non ho scuola, dormo fino all’una o le
due di pomeriggio - ho bisogno di riposarmi molto e mi
piace molto dormire. Per pranzo, a volte mangiamo piatti
tradizionali della Cambogia, per esempio il riso con vitello e
sugo di pomodoro ; altre volte mia madre cucina piatti italiani come la pasta, la pizza…
Durante il pomeriggio, gioco al computer perché non mi
piace uscire e perché, lo confesso, sono pigro.
Internet mi permette di scaricare e guardare gratuitamente moltissimi film senza andare al cinema; i generi
che preferisco sono il fantasy, d’avventura, d’azione, i
cartoni animati e il 3D.
Mi piace molto anche ascoltare la musica, in particolare
R’n’B, un po’ la musica classica e quella francese, il
rock, il pop, il rap americano e sopratutto la house.
Vado pazzo per i Black Eyed Peas, Kanye West, David
Guetta, amo il ritmo e il dinamismo delle loro musiche:
mi permettono di ballare e di non essere triste.
L’altra cosa che mi piace è giocare ai videogiochi di strategia, di gare automobilistiche, di guerra, di fantastia. Inoltre,
per quelli di sport o di avventura, ho comprato la Wii; i miei
videogiochi preferiti sono Need For Speed (gara),
Borderlands (guerra), Plants vs Zombies (strategia). I videogiochi non sono solo un mezzo per divertirsi, ma permettono di fuggire dalla realtà, dimenticando i guai, la scuola,
diminuendo lo stress della vita quotidiana.
Internet mi serve anche per diverse cose pratiche. Per
esempio, comunico con i miei amici su MSN o
Facebook, consulto la posta elettronica, guardo la tivù,
m’informo, faccio delle ricerche per la scuola o per i
compiti di classe… Internet è l’attività giusta per la
gente pigra come me!
La sera, ho l’abitudine di mangiare solo davanti alla tivù
e poi continuo a stare sul computer fino all’una o alle
due di notte - in pratica, sto su Internet tutta la giornata. L’unico hobby che pratico con i miei amici di classe è giocare al Rubik’s Cube facendo delle competizioni
per stabilire chi è il più rapido».
A casa, i miei parlano khmer
(la lingua della Cambogia) tra di
loro e con me, ma io rispondo
solo in francese
GIORNALISTI
CON UN
BASTA UN COLPO DI MOUSE PER ENTRARE
NELLA REDAZIONE DI ZAI.NET E FAR PARTE DEL
GRUPPO DI REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA.
LORO L'HANNO FATTO...
Cos’è Zai.net?
Un network che prende vita nelle varie edizioni della rivista mensile
(nazionale, Lazio e Liguria), nel sito, nella radio e nelle tante iniziative che
coinvolgono le scuole di tutta Italia.
Dove si trova il mensile?
Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a scuola, in
classe. Per ricevere la tua copia a casa, puoi abbonarti
individualmente andando sul sito www.zai.net e seguendo le
istruzioni alla voce “Abbonamenti”.
Come si entra a far parte della redazione?
Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]), oppure
cercare il gruppo Zai.net su Facebook: noi vi teniamo al corrente sul
percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le
distanze non contano, contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere.
Come si finanzia Zai.net?
Finora ha spesso contato sul contributo economico di Enti pubblici e
privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità
formative. Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta
dalla nostra cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice.
Info: [email protected] - tel. 06 47881106
ELISA, 15 ANNI
Ho conosciuto Zai.net grazie alla
mia professoressa di italiano, che
lo utilizza come un vero e proprio
laboratorio di scrittura. Anche se
ho appena preso contatti con la
redazione, già mi sento a casa e
spero di riuscire presto a
pubblicare qualcosa di mio e a
dare un contributo.
MIRKO, 15 ANNI
La prima volta che ho sfogliato
questa rivista è stato grazie a mio
fratello maggiore, che ci
pubblicava degli articoli. Così ho
cercato di imitarlo, ed eccomi qua!
All’inizio pensavo che sarebbe stato
difficile affrontare la sfida, ma poi
ho capito di poter imparare molto.
GIULIA, 17 ANNI
Leggo Zai.net da un bel po’, ma
pensavo che non fosse semplice
collaborare. Poi un giorno ho
mandato un’email e ho subito
ricevuto la risposta... incredibile!
Adesso ricevo spesso gli inviti della
redazione a scrivere per il forum e
nella rubrica delle recensioni.
Musica
42
LA BUONA NOVELLA DELLA
DOPO IL SUCCESSO DEL TOUR PFM
CANTA DE ANDRE’, LO STORICO
GRUPPO PROGRESSIVE CI REGALA
UN’ALTRA FONDAMENTALE OPERA
DI FABER, INTIMA E DELICATA
di Serena Mosso, 18 anni
Liceo classico “L. Manara”
agli esordi negli anni ’70 a oggi Franz Di Cioccio,
Franco Mussida e Patrick Djivas hanno regalato
ai loro fan storici e ai sempre più numerosi giovanissimi che li seguono il meglio della musica progressive italiana. Da qualche tempo, con il loro tour
“PFM canta De André”, hanno anche restituito un Faber
scomparso e rimpianto da tutti, ma che oggi come non
mai sembra essere vivo sui palchi di tutta Italia. Ne parliamo con il bassista Patrick Djivas.
Com’è nato il tour “PFM canta De André” e come sta
procedendo?
«Qualche anno fa facemmo un concerto a Firenze per
festeggiare il 25° del disco del ’79-’80 con Faber. Dal grande successo che ebbe è nato “PFM canta De Andrè” e da
allora non ci siamo più fermati. Ancora oggi continua, grazie alla richiesta della musica di Faber anche da parte dei
giovani che nel ’79 non erano nemmeno nati. Ci divertiamo tantissimo, ogni volta modifichiamo i pezzi aggiungendo e cambiando alla maniera della PFM. Ma non possiamo definirlo un nuovo tour, perché la PFM suona tutto
l’anno in un “neverending tour” che non finisce mai».
Faber descrisse il vostro progetto come “un esempio di
collaborazione fra due modi completamente diversi di
concepire ed eseguire le canzoni”. Che rapporto avete
avuto con lui?
«La nostra musica non è stata un vestito che ha fatto da
accessorio al testo di Faber. Lui lasciava più spazio al testo
attraverso una musica sobria, mentre per noi ogni nota
aveva un significato intrinseco. Nella nostra collaborazione
abbiamo cercato di ridipingere le parole, ascoltando il testo
e cercando di riproporlo in musica con attenzione e perizia.
Dopo l’esperienza con noi Faber ha cambiato radicalmente
il suo rapporto con la musica, rendendosi conto della sua
D
PFM
43
importanza per essere un artista completo».
Siete state la prima band italiana a scalare le classifiche americane negli anni ’70. Quale pensate sia stato il
segreto del vostro successo mondiale?
«All’epoca eravamo n° 1 in Italia, mentre in America
cominciavamo da zero, suonando 20 minuti all’inizio dei
concerti prima delle star. Piano piano, però, ci siamo
conquistati il nostro spazio attraverso arrangiamenti
elaborati e una scrittura che spesso sconfinava nella
partitura da musica classica, come i gruppi progressive
di quegli anni. Gli americani erano abituati alla cultura
di jazz, rock e blues, dove l’improvvisazione e il lasciarsi andare sul palco sono chiavi fondamentali, e la PFM
è forse uno dei pochissimi gruppi in cui metà del concerto era ed è ancora improvvisato. Questo è stato il
segreto del successo che abbiamo avuto in America».
Quale progetto della PFM ritieni sia il migliore? Esiste
secondo te l’opera perfetta?
«E’ difficile, l’ultimo lavoro è sempre quello che preferisci appena ne concludi la realizzazione, ma quello che
a me è piaciuto di più è Stati di Immaginazione perché,
forse è quello che più ci rappresenta. Avemmo l’idea di
Dopo lʼesperienza con noi,
Faber ha cambiato radicalmente
il suo rapporto con la musica,
rendendosi conto della sua
importanza per essere un artista
completo
improvvisare su dei filmati e, quindi, abbiamo potuto spaziare dal rock durissimo ad altri brani con un minimalismo
estremamente delicato. L’opera perfetta? Dio ce ne scampi!
Perché se ci fosse un’opera perfetta l’arte sarebbe già finita. Si può dire che forse ci sono opere perfette nella
costruzione, come la nona di Beethoven; ci può essere
un’esecuzione perfetta, ecco, ma l’opera non può esserlo».
La PFM si è data molto da fare in favore delle vittime
del terremoto in Abruzzo dello scorso anno. Come è
nato il progetto di solidarietà e qual è stata la risposta
degli altri musicisti italiani e l’esito dell’iniziativa?
«Il nostro batterista e cantante Franz Di Cioccio è abruzzese, perciò ha sofferto particolarmente. Si è dato molto
da fare e noi lo abbiamo assecondato con tutto quello
che potevamo fare. Lui si è esposto in prima persona,
ricevendo da altri musicisti ottimo sostegno; da altri un
po’ meno perché purtroppo quando succedono queste
cose inevitabilmente c’è chi fa calcoli. C’è chi pensa
“Cosa mi conviene fare? Come posso combinare i miei
interessi personali?”. Ciò ha lasciato l’amaro in bocca a
Franz, e qualche delusione».
Come pensi che la PFM abbia influito sulla musica italiana e come credi sia cambiata la musica italiana dagli
anni ’70 a oggi?
«La PFM è stata il primo o forse l’unico gruppo ad avere
avuto una carriera internazionale di un certo tipo, non
legata al circuito italo-americano. Abbiamo inventato un
modo di fare rock nella musica italiana, penso per
esempio alla “tarantella rock” che abbiamo tirato fuori
con Celebration e usato poi in Bocca di Rosa. Tornando
a De André, possiamo dire di averlo aiutato a rendere la
sua musica popolare senza toglierle i connotati artistici
– prima di lavorare con noi, non voleva più fare concerti; aveva un certo timore di pubblico e palco, essendo un cantautore di nicchia, intellettuale.
Da un punto di vista artistico, abbiamo sostenuto il live
in Italia; l’anno scorso abbiamo fatto 120 concerti, e non
andiamo a X Factor o Amici, trasmissioni che ormai
hanno preso in mano le redini della musica italiana e
che sfornano musicisti che fanno sì e no 25 concerti l’anno. Andiamo sul palco senza computer, effetti speciali e
il nostro pubblico si rende conto che la musica non è
solo la trasmissione televisiva, i glitter e il trucco.
Diffondiamo un modo di suonare più vicino a quello dei
locali di jazz o di rock, dove c’è un calore ben diverso
da una produzione televisiva».
Progetti futuri?
«Abbiamo deciso di riarrangiare la Buona Novella di De
André, un’opera molto delicata e intima rimasta di nicchia ancora più delle altre. Ci piaceva molto e dopo
averci lavorato all’epoca come musicisti abbiamo deciso di riprenderla. Il disco uscirà per Pasqua, e seguiranno altri concerti».
Un consiglio per i giovani e le band emergenti?
«L’unica cosa che posso dire a un ragazzo è di non pensare di fare successo con la propria band. Non ha senso,
non è così che si intraprende una carriera, la si intraprende per portarla avanti per 40 anni. Non bisogna uscire e
fare subito successo, ma impostare ciò che si vorrà essere per quarant’anni; questo non significa stare in casa e
fare le scale alla chitarra, ma prepararsi alla propria scelta musicale così come un avvocato si informa e sceglie la
sua università. Non bisogna stare lì ad aspettare dietro
alla porta di Amici un successo travolgente dall’oggi al
domani, perché questi successi durano sei mesi e poi spariscono per sempre, non tornano. L’importante è iniziare
con un piccolo passo; io ho iniziato a 17 anni suonando
in situazioni assurde fino ad arrivare a certi livelli».
Emergenti
44
WANS
IN LOMBARDIA UN GRUPPO SI STA
IMPONENDO SULLA SCENA
MUSICALE UNDERGROUND, MA
SAPPIAMO SOLO CHI NON SONO: I
WE ARE NOT SUPERMAN!
di Chiara Colasanti, 19 anni
tre ragazzi di Como che si fanno chiamare WANS
sono Sergio, 23 anni, cantante, lavora in una ditta
tessile; Marco, 19 anni, chitarra e seconda voce, studia termoidraulica; Stefano, 20 anni, chitarra, studente;
al gruppo si aggiungono anche altri ragazzi che danno
una mano con i live.
Ormai abbastanza conosciuti per la bellissima Is There
Anybody (se non l’avete ancora sentita, correte su
www.myspace.com/wearenotsuperman), scritta da Alex
dei Cinderella’s Revenge (ne abbiamo parlato su queste
pagine, se non vi ricordate chi sono, cercateli in rete,
ndr), i WANS si formano nel settembre 2009 dall’idea di
Seg (voce e screamer dei Tomorrow Can Wait) e Mark
(Fire Of Return); nel novembre 2009 si aggiunge Stenie,
chitarrista in cerca di gruppo. Nascono, così, i primi
pezzi e a dicembre registrano il primo pezzo, Is There
Anybody con la Apocalypse Record.
Quali sono i problemi più grandi ai quali andate incontro quando state assieme?
«Mah… direi nessuno, a parte Seg, che invece di cantare si mette a mangiare ogni due secondi!».
Cosa pensate della situazione contemporanea della
musica in Italia?
«In Italia se non fai quello che vogliono le major ti tocca
rimanere nell’anonimato, purtroppo si ha una mentalità
troppo chiusa rispetto a paesi come Germania, Inghilterra
o Stati Uniti. Li screamo, metal e powerpop sono all’ordine
I
del giorno su MTV. Abbiamo tantissimi gruppi molto validi
in Italia che fanno parte della scena alternativa come noi,
ma che purtroppo non riescono a emergere».
Quanta importanza date al look?
«Se ti dico che ho lo stesso taglio di capelli da 10 anni ci
credi? Scherzi a parte, credo che al giorno d’oggi il look
sia fondamentale. La società odierna punta tutto sull’aspetto fisico e molti gruppi sono venuti fuori solo grazie
al loro aspetto. Quindi mi sa proprio che bisogna adeguarsi (sarà meglio che elimini questa pancetta in fretta,
sennò i Broken Heart College mi rubano la piazza!)».
Progetti futuri?
«Per ora suonare il più possibile. Accettiamo quasi tutte
le date che ci vengono proposte, anche se costano un po’
di sacrificio. Stiamo lavorando su molti pezzi, aspettando
un contratto. Speriamo di riuscire in quest’impresa!».
Quanto ha aiutato myspace?
«Crediamo che myspace, come del resto i milioni di
social network esistenti, facciano molto per la diffusione della musica. Basta pensare ai tantissimi siti che permettono di caricare il proprio pezzo per poi diffonderlo
a milioni di utenti! Diciamo che senza myspace non
saremmo mai riusciti ad arrivare dove siamo ora, anche
se di strada ce n’è ancora molta!».
State ancora fermi a leggere? Andate ad ascoltarvi Is
there anybody, cercateli su Facebook… non vi basterà
mica sapere chi non sono?!
Festival
45
IJF
10
QUARTA EDIZIONE DEL FESTIVAL
INTERNAZIONALE DEL
GIORNALISMO DI PERUGIA.
QUEST’ANNO ANCHE ZAI.NET È
TRA I PARTNER UFFICIALI PER
ORGANIZZARE UNA SEZIONE
RIVOLTA ALLE QUESTIONI DEI
GIOVANI CON OSPITI DI
PRIM’ORDINE
l Festival Internazionale di Perugia, giunto ormai alla
sua quarta edizione, si è affermato negli anni come una
delle più prestigiose iniziative legate al mondo dell’informazione a livello mondiale. Anche quest’anno la città si
tira a lucido per accogliere molti dei più importanti giornalisti del globo e più di duecento volontari da diversi
Paesi. Fra gli ospiti di questa edizione, ricordiamo – scusandoci per non poterli inserire tutti – Gian Antonio Stella,
Concita De Gregorio, Fabrizio Gatti, Lirio Abate, Peter
Gomez, Marco Travaglio. Per gli ospiti internazionali forse
i nomi non vi direbbero niente, ma vi basti sapere che ci
saranno giornalisti della Bbc inglese, del network arabo Al
Jazeera, del quotidiano francese Le Monde… In più, la prestigiosissima presenza del Premio Nobel e fondatore di
Current Tv Al Gore, già vicepresidente degli Stati Uniti.
Anche Zai.net sarà presente con i suoi due migliori
reporter, Matteo Marchetti e Luca Sappino, incaricati di
curare una sezione “generazionale” all’interno della
manifestazione, e con una squadra incaricata di seguire
gli eventi per conto di Radio Jeans. Gli incontri saranno
quattro, si svolgeranno al Centro Servizi “G. Alessi” e gli
ospiti saranno naturalmente di primissimo piano.
I
21 aprile, ore 17:00
Il calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione
Con Oliviero Beha (Il Fatto Quotidiano), Giovanni Francesio
(scrittore, autore di Tifare contro, libro sul mondo ultrà),
Gianni Perrelli (L’espresso) e Matteo Marani (direttore de Il
Guerin Sportivo).Sui treni di tifosi e sulle gradinate degli
stadi intere generazioni hanno sognato, combattuto e scritto una storia del calcio diversa e parallela a quella del
campo. Dai tempi dei cappelli lanciati in aria fino agli assalti alle caserme, passando per battaglie che di sportivo
hanno ben poco, dalle maglierie artigianali alla ipersponso-
rizzazione, il calcio e chi lo segue hanno anticipato e raccontato 80 anni di società italiana, e continuano a farlo.
22 aprile, ore 15:00
Il movimento studentesco e i media
Con Tano D’Amico (uno dei più grandi fotoreporter italiani),
Francesco Raparelli (Uniriot.org), Concetto Vecchio (La
Repubblica) e Mimmo Calopresti (regista, direttore Aamod).
A partire dal Sessantotto l’eco mediatica è una delle gambe
su cui camminano le proteste studentesche: negli anni,
attraverso modalità creative e di impatto, le mobilitazioni
degli studenti hanno cercato modi inediti per catturare l’attenzione. Non sempre, però. Quello con la stampa è un rapporto di amore e odio. Nei luoghi della protesta il giornalista è visto come un possibile mistificatore, alle volte un
servo o comunque un nemico. In realtà dall’impatto mediatico che una protesta ha dipendono direttamente le sue
possibilità di successo. Ma non tutti lo vogliono ammettere.
24 aprile, ore 15:00
La storia per chi non c’era
Con Vittorio Vidotto (Università “La Sapienza”), Benedetta
Tobagi (scrittrice), Giovanni Fasanella (Panorama). Alcuni dei
più travolgenti successi editoriali degli ultimi anni sono stati
saggi di divulgazione storica, spesso a firma di apprezzati
giornalisti. Migliaia di copie spesso finite nelle mani di neofiti o giovani. Questo impone, nell’analisi e nella discussione dei contenuti, questioni relative alla correttezza e all’ammissibilità di una metodologia che, avendo poco di scientifico, si presta a facili strumentalizzazioni (es. Resistenza,
foibe, anni di piombo). Indugiare sul sensazionalismo o
sulla memorialistica può essere di straordinario interesse
per chi rilegge eventi già noti, ma altrettanto fuorviante per
chi, come giovane o neofita, può cadere nel pressapochismo, complice una scuola che quasi sempre lascia scoperta
la storia contemporanea.
25 aprile, ore 15:00
Giovani, giornalismo e precariato
Con Claudio Cerasa (Il Foglio), Stefano Feltri (Il Fatto
Quotidiano), Roberto Seghetti, Erica Vagliengo (freelance, scrittrice) e Claudio Velardi (politico, imprenditore,
già editore di testate come il Riformista). La precarietà
è la costante di una generazione. Qualunque carriera si
scelga di intraprendere sarà il precariato la via d’accesso,
sarà il precariato la condizione labirintica da cui difficilmente si esce. Anche nell’informazione. Tra eterni stagisti
e scuole di giornalismo, manodopera qualificata e gratuita, c’è un problema di accesso alla professione?
Recensioni
46
CINEMA
Crazy Heart
Di Scott Cooper, con Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal
LIBRI
Il castello di Otranto
Di Horace Walpole, Oscar Mondadori
(testo originale a fronte), 255 pagg., 8,40 euro
La vicenda narrata da Horace Walpole
nella seconda metà del Settecento, e
considerata il primo romanzo gotico della letteratura, si ambienta nel castello
della città pugliese, come suggerisce il
titolo, in un tempo che rimanda all’epoca medievale di cui, tuttavia, non compaiono precisi riferimenti cronologici. Il
romanzo si apre con la misteriosa morte di Corrado, principe di Otranto, il giorno delle sue nozze con la principessa di Vicenza, Isabella. Il giovane muore schiacciato da un
gigantesco elmo e suo padre, il re Manfredi, non esita a
risolvere il problema della successione dinastica proponendo a Isabella di sposarlo. Ma presto a corte si verificheranno fatti inspiegabili: tra quadri che prendono vita,
rumori sinistri, un gigante che si diverte a gironzolare per
il castello e l’arrivo di un affascinante contadino, la famiglia reale dovrà accettare il cambiamento del destino della sua discendenza dettato da una profezia che aleggia da
tempo sui consanguinei di Manfredi.
Questo volumetto è una vera e propria finestra aperta
sui costumi del Medioevo: col procedere delle pagine
e presi dal ritmo della narrazione ci si rende conto anche della condizione delle donne, si conosce da vicino la vita di corte, la cultura cortese-cavalleresca e
l’influenza delle superstizioni sugli uomini e donne del
tempo. Non vengono menzionati fatti o riferimenti storici, e per i non appassionati di storia questo non può
che essere un punto a favore.
Un motivo per leggerlo: Precursore della tradizione gotica da cui prenderanno spunto molti autori successivi, come Bram Stoker e Mary Shelley, lo consiglio a coloro che
sono appassionati di questo genere e a quanti, in generale, apprezzano l’analisi sociologica più che quella storica.
Un motivo per non leggerlo: I personaggi sono stereotipati – o troppo buoni o troppo malvagi - e mancano
dell’evoluzione psicologica che troviamo nella letteratura più matura.
Chiara Castellani, 17 anni
La Fox Searchlight è ben nota per la
sua capacità di trovare film indipendenti a basso costo che riescano a raggiungere incassi discreti. L’ultimo, Crazy
Heart, ha già dato le prime soddisfazioni: due Golden Globe e ben tre
Oscar, tra cui miglior canzone per The
Weary Kind, firmata dal famosissimo TBone Burnett e dal compianto Ryan Bingham. La storia,
però, non brilla per originalità: il protagonista, Bad Blake,
è un noto musicista e cantante country che per sopravvivere girovaga per l'America suonando in localacci di dubbio gusto. Un giorno conosce una giornalista, con figlio a
carico, che lo accoglie nella sua vita facendogli scoprire
quanto la normalità e la famiglia siano la vera rivoluzione
della vita. Insomma, la solita tiritera del musicista ribelle
alcolista e ultra-sessantenne che, alla fine, si redime. Eppure la storia viene retta dall'interpretazione del protagonista Jeff Bridges, mai stucchevole, mai eccessivamente
estremo, che riesce a dare spessore al personaggio senza
mai catalizzare troppo le attenzioni su di sé, lasciando spazio anche al resto del cast.
Un motivo per vederlo: Jeff Bridges, appunto!
Un motivo per non vederlo: Maggie Gyllenahaal, troppo poco coinvolgente e a tratti insopportabile.
Francesca Casella, 19 anni
TEATRO
La Locandiera
Regia di Pietro Carriglio. Con Galatea Ranzi, Luca
Lazzareschi, Sergio Basile, Luciano Roman
La sera del 16 marzo al Teatro Eliseo di
Roma sarebbe dovuto andare in scena
il capolavoro goldoniano La Locandiera,
ma quello a cui il pubblico ha assistito
tutto era tranne che una commedia di
Goldoni. Recitazione impostata e shakespeariana, tempi lentissimi, regia, scene
e costumi tristi e sostanzialmente poveri di novità e di idee. Cosa più tragica, l’intero testo è
stato tradotto dal veneziano all’italiano perdendo gran
parte del suo fascino.
Lo spettacolo, diviso in due atti troppo squilibrati tra loro,
è risultato pesante al pubblico che nella pausa ha commentato in maniera pessima la performance. Per fortuna
che prima dell’inizio della rappresentazione il direttore del
teatro ha annunciato uno spettacolo di grande tradizione!
Siamo ridotti davvero male se a tradizione dobbiamo accostare la parola noia o, ancor peggio, approssimazione.
Un motivo per vederlo: Se a scuola vi costringono.
Un motivo per non vederlo: Non sono sufficienti quelli che
vi abbiamo elencato?
Jacopo Zoffoli, 21 anni
Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m ,
47
MUSICA
MOSTRA
Smashes & Trashes
Fabrizio De André - La Mostra
Di Skunk Anansie, 2009
Fino al 30/5/10, Ara Pacis, Roma, biglietto intero:
9 euro (gratuito sotto i 18)
E’ uscito in Italia per Carosello Records
il best of che segna l’attesa reunion
della rock band inglese di Skin dopo
meno di un decennio. Smashes & Trashes contiene brani selezionati dai primi
tre album della band, dalla gioiosa
Weak alla celeberrima Hedonism (Just
Because You Feel Good), da Secretly a
Charlie Big Potato, un album senza tempo dove ritrovare
hit indimenticabili; tre sono gli inediti proposti: Because of
you, in testa alle classifiche da ormai più di un mese,
Squander (nuovo singolo) e Tear The Place Up. Grande è
l’attesa di rivedere su palchi italiani il celebre gruppo rock,
la cui anima è la cantante Skin (Deborah Dyer), che con la
sua immagine originale e le sue irruenti interpretazioni riesce sempre a coinvolgere tutto il pubblico. In occasione
del “Rock in Roma 2010” gli Skunk Anansie si esibiranno
il prossimo 15 luglio all’Ippodromo delle Capannelle in un
concerto dal vivo assolutamente da non perdere. In definitiva, Smashes & Trashes è un ottimo lavoro: il materiale
audio e video è stato curato nei minimi dettagli, per non
parlare dell’aspetto grafico.
Un motivo per ascoltarlo: Non ci sono orpelli, ma importanti riprese, belle foto e memorabilia di ogni tipo
da conservare con gelosia. Costa un centone, ma ne
vale la pena.
Un motivo per non ascoltarlo: Se le band alternative
rock non vi sono mai piaciute.
La nuova tecnologia olografica scopre
le sue meraviglie nell’ambito della grande mostra dedicata al rivoluzionario
cantautore Fabrizio De André nell’Ara
Pacis di Roma; a cura del gruppo internazionale di videoarte Studio Azzurro,
l’allestimento racconta per immagini,
documenti e schermi d'ultima generazione la carriera e la vita del più straordinario cantautore
che l’Italia ricordi. Il percorso alterna documenti reali, quali lettere e appunti, a veri e propri giochi interattivi, uno
dei tanti ispirato all’ultimo concerto di cui si sappia, che
ha visto in scena gigantesche cartografie dei tarocchi. Rivoluzionaria la sezione dedicata agli eventi della vita del
cantautore, divisa in scompartimenti olografici da attivare
a proprio piacimento. Notevole anche la prima sala, dove
un telo sottile che divide l’ambiente mostra e fa ascoltare
spezzoni di interviste e canzoni sui grandi temi della poetica di De André. Alla sorprendente tecnologia si affianca
l’arguzia dei testi, mélange perfetto tra divertimento e riflessione. Certamente si respira un’aria di novità, che non
manca però di rendere giustizia al contesto sociale e di
pensiero che vide De André protagonista e profeta.
Un motivo per vederla: Gli amanti delle musiche e della poesia di Faber troveranno una divertente varietà di
coinvolgimenti multimediali e non, per godere al meglio dei sempre attuali testi dell'artista pensatore.
Un motivo per non vederla: Se la sala è affollata diventa tutto più difficile.
Francesco Fiore, 19 anni
Silvia Torre, 20 anni
DA NON PERDERE
Pigmeo
Di Chuck Palahniuk, Mondadori 2009, 238 pp., 17 euro
Tantissimi aficionados di Palahniuk sono rimasti delusi dal suo ultimo libro, Pigmeo, storia di un bambino di 13 anni che va
in America con un progetto di scambio culturale e che ben presto si scoprirà essere un terrorista addestrato nel suo paese d’origine - un mai citato Stato mediorientale - alla lotta, ai principi della chimica e alla conoscenza approfondita delle armi da
fuoco. Sarebbe stato paradossale che un tredicenne arabo conoscesse bene l’inglese: cosa ha pensato, quindi, il caro e vecchio Chuck? Di scrivere in prima persona il racconto in maniera del tutto sgrammaticata: “Prossimo poi,
sorella scivolata oltre finestra, nero assorbito dentro notte di oggi. Solo permane rumore di accoppiamento di grillo. Ombra di sorella riversa dentro ombra, perde dentro no luce”.
Viene quasi naturale fare i complimenti al traduttore, Matteo Colombo, che ha dovuto affrontare 238
pagine scritte a questa maniera, ma non dimentichiamoci che molto probabilmente l’effetto dato dalla
lingua in cui è stato scritto è ben altro. In ogni caso, anche in italiano, il libro risulta affascinante, esplosivo, sorprendente, in pieno stile Palahniuk. Metodologie di scrittura a parte, si ritrova il leit motiv dei
libri dello scrittore di Portland: l’attacco continuo e satireggiante nei confronti dell’America di oggi. Il
ritratto che ne esce è quello di una nazione grottesca, feroce, fuori da ogni logica dei ben pensanti.
l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t
50
IMMIGRAZIONE:
La rotta per l’Italia
COSTUME &
SOCIETÀ
55
ECOLOGIA:
Che cosa cresce sui nostri
alberi?
Immigrazione
50
LA ROTTA
TUTTI ABBIAMO VISTO LE IMMAGINI DEGLI SBARCHI A LAMPEDUSA.
QUELLA È PERÒ SOLO L’ULTIMA TAPPA DI UN VIAGGIO LUNGHISSIMO,
COSTOSO E MOLTO PERICOLOSO CHE DAL 1988 A OGGI È COSTATO LA
VITA A 15MILA PERSONE. ECCO UN PAIO DI BUONI MOTIVI PER CUI
NESSUNO DI LORO VORREBBE RITORNARE A CASA
di Daniele Mainelli, 18 anni
Liceo scientifico “Avogadro”
er un africano la vita che i cittadini dei Paesi
europei conducono è invidiabile: non ci sono
guerre civili logoranti e continue, il tenore di vita
medio è stellare, specie se confrontato al loro, e quasi
tutte le malattie sono curabili. È dunque chiaro perché
decidano di entrare, anche clandestinamente, nel nostro
Paese. Spesso li trattiamo male, li accusiamo di tutti i
problemi che ci vengono in mente. Forse, se sapessimo
cosa devono passare per arrivare fino a noi, penseremmo un po’ di più prima di parlare. Questa è la testimonianza di Tabù, un rifugiato politico congolese.
P
Il Ciad
Per tutti coloro che desiderano imbarcarsi verso l’Italia,
partendo da un qualunque paese del Centro Africa, la
prima tappa è il Ciad. Qui dovranno trovare camionisti
disposti a portarli in Libia, nascondendo dalle venti alle
venticinque persone sui loro mezzi. «La traversata costa
100 dollari al giorno, che per noi africani equivale a
circa un mese di lavoro». Il viaggio, purtroppo, non è
tranquillo come si potrebbe pensare: ad un giorno e
mezzo dal confine con la Libia, i conducenti dei camion
spesso si fermano in mezzo al deserto, dicendo che il
veicolo è guasto (non è un caso isolato: la maggioranza degli africani immigrati nel nostro Paese conferma
questa versione, che sembra essere una prassi consolidata). Una volta scesi dal mezzo, spesso spogliati di
ogni bene dai loschi conducenti che fanno ritorno in
Ciad, i clandestini sono costretti a vagare nel deserto
per ore, o giorni, senza cibo né acqua, senza neanche
sapere la direzione verso cui andare. Durante questo
tragitto così logorante, alcuni cadono vittime di gruppi
di ribelli o banditi, altri muoiono perché incapaci di
affrontare un viaggio tanto difficile.
L’inferno delle prigioni libiche
In Libia i lavori particolarmente pesanti o degradanti
vengono lasciati ai clandestini. «Al confine col loro
paese, cerchiamo altri congolesi per ricevere informazioni e, nel migliore dei casi, trovare un po’ di ospitalità. I libici offrono lavoro molto volentieri, ma il salario
che pagano equivale ad un euro all’ora, per giornate di
lavoro che durano fino a dieci ore». Di euro ne serviranno almeno mille per il trasporto sulle coste italiane.
Ovviamente, la sicurezza di questa occupazione è minima, se non inesistente: «I libici che un giorno ti ospitano in casa e ti danno un mestiere possono decidere di
denunciarti alla polizia perché ti arrestino». Molti perdono così il poco denaro ottenuto, e devono ricomin-
51
Da quando l’Italia ha siglato il protocollo d’intesa con la Libia, tentare la traversata è
molto più difficile: secondo una stima dello
stesso Ministero, gli sbarchi sarebbero diminuiti del 90%. Non a caso, denuncia l’Alto
Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni
Unite, anche le domande di asilo politico inoltrate al nostro Paese sarebbero diminuite:
dalle 30.492 domande presentate nel 2008 si
è passati infatti a 17.603 richieste di protezione internazionale presentate nel 2009. Molte
associazioni umanitarie hanno protestato
contro quella che viene dipinta come una
semplice “rimozione” del problema-rifugiati,
assegnandolo in toto alla Libia, Paese che
certo non brilla per rispetto dei diritti umani.
ciare tutto da zero. Con la complicità di alcuni generali,
alcuni clandestini riescono però a passare i posti di
blocco in cambio di mille euro; diventeranno millecinquecento una volta giunti al porto. Qui, vengono fatti
sdraiare sul rimorchio dei camion e coperti con un telone; arrivati sulle imbarcazioni, dovranno intraprendere
un viaggio dalla durata variabile, in base alle condizioni climatiche e all’abilità dei piloti (alcuni dei quali non
sanno nemmeno quale sia la rotta da seguire e finiscono per perdersi in mare insieme ai passeggeri). Nel
migliore dei casi, una volta raggiunte le coste italiane,
la polizia portuale li raccoglie e li trasporta nei centri di
accoglienza, per selezionare chi potrà rimanere nel
nostro Paese. Tuttavia, se l’imbarcazione viene fermata
dalla guardia costiera libica, i clandestini vengono arrestati e trasportati nelle prigioni o nei campi di internamento allestiti nel deserto.
Fatawhit, un’immigrata eritrea, racconta la sua prigionia:
«Avevamo già lasciato le coste libiche da tre giorni.
D’un tratto, in mezzo al mare vediamo delle piattaforme
immense da cui escono lingue di fuoco. Proprio da lì è
uscita una nave che ci ha abbordato, credo che l’equipaggio fosse per metà libico e per metà italiano. Quella
barca ci ha scortato fino alle coste libiche e ci ha lasciato nelle mani della polizia; siamo stati prima portati per
due mesi alla prigione di Djuazat, un mese a Misratah e
otto mesi a Kufra. Venivamo trasferiti da una prigione
all’altra in dei pulmini piccolissimi in cui venivano
ammassate fino a 90 persone. Il viaggio è durato tre
giorni e tre notti, non c'erano finestre e non avevamo
niente da bere. Ho visto bere l'urina, e a Misratah molte
persone sono morte davanti ai miei occhi».
«A Kufra – continua Fatawith – le condizioni di vita
erano molto dure, in tutto c'erano 250 persone, 60 per
stanza. Dormivamo in terra, senza neanche un materasso, c'era un unico bagno per tutti, ma si trovava all'interno della stanza e dunque c’era un fetore continuo.
Era quasi impossibile lavarsi, e per questo molti si
ammalavano. Mangiavamo una sola volta al giorno,
quasi sempre riso. Ho visto molte donne violentate: i
poliziotti entravano nella stanza, ne prendevano una e
la stupravano in gruppo davanti a tutti. Molte di loro
sono rimaste incinte e molte sono state obbligate a
subire un aborto. Una volta un ragazzo ha cercato di
scappare, voleva tornare nel suo Paese. Lo hanno preso
e picchiato tanto da spezzargli le ossa, per poi lasciarlo andare. L'unico metodo per uscire dalle prigione libiche è pagare». Ma spesso chi riesce ad uscire in questo
Il nostro intervistato Tabù
Ma perché gli africani che
hanno già intrapreso e superato
questa marcia della morte non
informano i loro connazionali
dellʼaccaduto, così che evitino di
rischiare la vita inutilmente?
modo viene poi derubato di tutto ciò che gli resta un
attimo dopo aver varcato la soglia della prigione.
La vita nel Bel Paese
Dopo questo racconto agghiacciante, Tabù ci ha detto
della sorte di quanti, come lui, sono riusciti ad approdare sulle coste italiane; i centri di accoglienza danno
ai clandestini la possibilità di imparare la nostra lingua
e di cercare un lavoro, dando loro un letto e del cibo
fintanto che non potranno provvedervi autonomamente.
Oltre a questo, lo Stato italiano verifica tramite dei colloqui chi può rimanere nel nostro Paese, valutando le
cause che hanno spinto il clandestino a lasciare il proprio paese utilizzando metodi illegali. In genere, i rifugiati politici ottengono un permesso di soggiorno da
uno a dieci anni, che andrà rinnovato di volta in volta.
Solo il 20% di chi sbarca sulle nostre spiagge riceve lo
status di rifugiato. Il 65% circa di chi compila l’apposita domanda viene dichiarato bisognoso di protezione
internazionale. Tutti gli altri dovranno ritornare nel loro
Immigrazione
52
paese d’origine con mezzi propri: non è infatti lo Stato ad
incaricarsi del loro rientro, né ad assicurarsi che effettivamente lo facciano, e questo è uno dei motivi per cui molti
finiscono per alimentare il racket della malavita.
Ma perché gli africani che hanno già intrapreso e superato questa marcia della morte non avvertono i loro
connazionali dei pericoli che hanno dovuto scampare,
evitando così che altri rischino di perdere la vita? Tabù
ci ha svelato il mistero: «Molti informano la famiglia
delle difficoltà del viaggio, ma vengono presi per bugiardi. Gli altri africani credono che si tratti di leggende, bugie
inventate allo scopo di non farli arricchire».
E che cosa succede a quanti, pur senza permesso di
soggiorno, decidono di restare ugualmente in Italia?
Molti, è vero, finiscono per alimentare il racket della
malavita, ma la cronaca proprio di recente ci ha mostrato come tanti altri non siano disposti né al compromesso né allo sfruttamento da parte della mafia. Ci
piace citare, a questo proposito, le parole di Roberto
Saviano a proposito dei fatti di Rosario: «Gli africani sono
gli unici ad aver mostrato chiaramente una non sopportazione del potere criminale. Certo le modalità possono
essere criticate, ma bisogna guardare oltre: gli africani
sono stufi di sopportare la malavita che gestisce la vita e
la morte. Sarebbe un rischio criminalizzarli, perché vorrebbe dire spingerli nelle mani della criminalità».
Rifugiato è un termine giuridico che indica
chi è fuggito o è stato espulso dal proprio
Paese a causa di discriminazioni – politiche, religiose o razziali – e trova ospitalità in
uno Stato straniero. Lo status di rifugiato è
riconosciuto da diverse convenzioni internazionali (la prima fu siglata a Ginevra, in
Svizzera, nel 1951) e permette di ricevere
asilo politico. Nell’Unione Europea la
norma che disciplina la materia è il cosiddetto Regolamento “Dublino II” (CE n.
343/2003), che ha sostituito fra gli Stati
membri la preesistente Convenzione di
Dublino del 1990. Nel regolamento si legge,
fra l’altro, che ogni rifugiato ha diritto di
vedere esaminata la propria domanda
d’asilo dal Paese di ingresso, regola contro
cui spesso protesta l’Italia in quanto si ritiene più esposta di altri Paesi ai flussi migratori. Le cifre però ci smentiscono: in Italia ci
sono solo 47mila rifugiati, mentre il Regno
Unito ne ospita 300mila, la Francia 150mila,
addirittura i Paesi Bassi ci doppiano con
80mila circa. Anche nelle richieste di asilo
annuali il nostro Paese è molto indietro: le
nostre 17mila e passa domande ci lasciano
molto staccati dalla vetta della classifica
europea che vede in testa la Svezia (oltre
36mila richieste nel 2008), Francia (29mila),
Regno Unito (28mila) e Grecia (25mila).
Reportage Scuola Holden
53
CAMPER CITYTELLING
UNA CITTÀ DA RACCONTARE
METTERSI UN PAIO DI SCARPE E LANCIARSI ALLA (RI)SCOPERTA DELLA
PROPRIA CITTÀ: IL NUOVO PROGETTO TARGATO SCUOLA HOLDEN E CAMPER
CI FARÀ LETTERALMENTE LASCIARE LE ORME SULL'ASFALTO
di Michele Barbero, 22 anni
n una contemporaneità in cui le barriere tra reale e virtuale si fanno sempre più sottili, la Scuola Holden ha
organizzato un concorso che ci riporta saldamente coi
piedi per terra. O meglio, sull'asfalto. Il progetto, che si
terrà tra il 15 aprile e il 15 maggio, si chiama "Camper
Citytelling, una città da raccontare": un web-contest
sponsorizzato dall'omonima azienda produttrice di calzature, basato sulla capacità di osservare e narrare i
nostri centri metropolitani. I premi prevedono corsi di
scrittura creativa in diverse scuole europee e, per il primo
classificato, un week-end a Casa Camper, con scelta tra
Barcellona e Berlino.
Il concorso si preannuncia, insomma, allo stesso tempo
ghiotto e stimolante. Un'occasione, per tanta gente, di
lasciare idealmente un'orma indelebile sul cemento della
propria città. Intervistiamo Simone Fenoil, responsabile
Holden del progetto.
Ci spiega da dove viene l’idea di questo concorso?
“L’idea del concorso nasce dalla voglia di provare a mischiare la voglia di raccontare, di narrare, con l’azione del camminare. Che sono poi le due diverse sfere su cui lavorano la
I
Scuola Holden e Camper. Del resto, il cammino e la riflessione vanno da sempre di pari passo; e allora la sfida diventa riuscire a raccontare una sensazione, una pensiero, un
qualcosa che ci colpisce o che ci può catturare mentre camminiamo per le strade della nostra città”.
Perché avete deciso di dare tanto peso alla dimensione
metropolitana?
“La nostra quotidianità, purtroppo, non è fatta di foreste
e prati, ma di uno spazio cittadino in cui viviamo immersi ogni giorno. E per questa ragione, forse, l’ambiente
urbano è un paesaggio che rischia di diventare un fondale anonimo. Eppure mille storie si incrociano quotidianamente davanti ai nostri occhi senza che ce ne accorgiamo,
così come molti angoli andrebbero riscoperti e valutati
con un altro occhio. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, inoltre, la città può ispirare sentimenti contrastanti e
opposti: accogliere, respingere, evocare scorci e luoghi
lontani nel tempo e nello spazio. Vorremmo che tutte queste emozioni fossero l’ispirazione di chi scriverà per il concorso, raccontando luoghi e ricordi”.
C’è una forma di scrittura, uno stile che si addica specificamente alla città?
“Forse più che di uno stile, si può parlare di una attenzione: sono molti gli scrittori che hanno deciso di indagare
l’ambiente cittadino, in Italia come all’estero. Gli autori che
abbiamo coinvolto nel progetto come giudici hanno quella capacità descrittiva: ad esempio i libri di Enrico Brizzi
sono impregnati di uno spazio cittadino (Bologna, Nizza,
ecc.) che quasi partecipa all’azione; mentre invece Ian
Sinclair ha scritto un libro sulle peregrinazioni dei suoi protagonisti lungo la tangenziale di Londra”.
Quali sono i partner del concorso? E la sua portata internazionale? Sembra avere un respiro tutto europeo...
“La cosa interessante è che il concorso è aperto in cinque
lingue, e a contare sarà la padronanza di una di esse, non
l’appartenenza ad un paese piuttosto che a un altro.
Stiamo ancora limando le collaborazioni: per ora le scuole
europee che concorreranno con la Scuola Holden e con
Camper alla gestione del concorso sono la francese Aleph
Ecriture e la spagnola Escuela de Escritores. La vera forza di
questo progetto è proprio nella rete che abbiamo creato tra
case editrici, scuole di scrittura e un’azienda internazionale
e dal brand affermato del livello di Camper”.
Cosa aspetti a partecipare?
Maggiori informazioni saranno disponibili sul
sito www.camper.com a partire dal 15 aprile;
per contattare direttamente la Scuola Holden:
[email protected].
Tel. 011-6632812.
www.scuolaholden.it
Risultati test
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E TU, CHE CITTADINO SEI? (pag. 24)
Punteggio:
per ogni risposta A:
1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti
Fino a 10 punti:
Da 11 a 15 punti:
Da 16 a 21 punti:
Eroico
Italiano Medio
Cavernicolo
Di fronte a una società dimentica
dei valori che fanno di questo Paese una democrazia, vi ergete eroici
nel vostro piccolo, gettando sempre
negli appositi contenitori la spazzatura, aiutando chi è in difficoltà e
attraversando sempre la strada sulle strisce pedonali. In molti vi prendono per dei noiosi bacchettoni o
semplici sfigati conformisti, ma una
volta tanto, il primo profilo del test
è dalla vostra parte, perché comportarsi correttamente non può mai
essere definito eccesso di zelo o
pedanteria!
Purtroppo è facile che, in un Paese come il nostro fortemente regolato da una burocrazia alienante (diciannovemila leggi contro le
circa cinquemila della Francia), l'italiano medio – cittadino del Paese dei Furbi - tenda spesso ad
agire infischiandosene delle regole fin troppo soffocanti, fino a dimenticare, però, il senso civico e
le più basilari regole della convivenza civile; solitamente il profilo
mediano è quello che suscita
maggiore simpatia, ma stavolta
una tiratina d'orecchi ci sta tutta.
E vabbè, con voi è una battaglia
persa in partenza... Siete mica per
caso stati allevati da un branco di
iene? Egoisti, egocentrici ed incivili, per voi il senso civico non è
che una parola ignota e la Costituzione italiana un'assoluta sconosciuta... Con un tale potenziale
non sfigurereste come parlamentari (e qui c'è poco da ribattere, cari benpensanti, l'ignoranza di molti nostri rappresentanti al Governo
ci è stata mostrata apertamente in
tutta la sua tristezza...). Datevi
una regolata!
Dopo “Piemonte Sotto i Venti” e
“Liguria Sotto i Venti”, “Lazio
Forteen” è la guida monografica a
misura di teenager realizzata da
Zai.net in collaborazione con
Touring Club Italiano e promossa
dalla Regione Lazio per gli studenti
delle scuole medie inferiori. Tra
abbazie, riserve naturali, antichi
mestieri e leggende, tanti i
suggestivi itinerari che vi porteranno alla
scoperta
dell’Appennino
laziale.
Se amate la
natura e avete
voglia di nuove
emozioni, zaino
in spalla... si
parte!
www.sottoiventi.it
Lazio Forteen
Ecologia
55
COSA CRESCE SUI
NOSTRI ALBERI?
CONTENITORI DI OLI ESAUSTI APPESI AI RAMI: UN'INIZIATIVA CHE PORTA A
RIFLETTERE SU QUANTA STRADA CI SIA ANCORA DA COMPIERE PER UNA
VERA TUTELA DELL'AMBIENTE, A PARTIRE DALLE NOSTRE CASE.
DIETRO AL PROGETTO, GLI STUDENTI DI COMUNICAZIONE DELL’ISTITUTO
“GIANCARDI” DI ALASSIO
per cento viene restituito all'ambiente sotto forma di olio
di frittura. Questo significa che restano da smaltire circa
280mila tonnellate di sostanze inquinanti provenienti
soltanto dai nostri fornelli, che altrimenti andrebbero a
n una fredda mattina di marzo gli abitanti di Alassio (Sv),
rendere inutilizzabili le falde acquifere o a formare una peluscendo per andare a comprare il giornale, hanno trolicola su laghi e mari che rende impossibile l'ossigenazione
vato via Torino, solitamente adorna di begli alberi di
della flora e della fauna, e ne determina la morte.
arance, invasa da oltre duecento contenitori per la raccolta
Ma la denuncia di Alassio va innanzitutto contro l'inquinadomestica degli oli e dei grassi vegetali, appesi ai rami delle
mento causato dagli stabilimenti, che rischiano di deturpapiante appena potate. L’iniziativa, voluta dall’assessorato
re irreparabilmente il paesaggio naturale. La Liguria ha semall’Ambiente, è stata ideata dagli alunni del corso di comupre vivo il ricordo del lido di Cornigliano,
nicazione e marketing dell’Istituto “F.
dove un tempo si andava senza remore a
Maria Giancardi”, in una vera e propria
azione di guerriglia senz’armi nell’ambito
I controlli sono fare il bagno “in città”, prima che l'Ilva vi
impiantasse un altoforno e una distesa di
del primo Ambient Space dedicato alle
rari e spesso
capannoni, ma questa situazione è comutematiche della raccolta e del trattamento
superficiali
ne a molte regioni d'Italia. I controlli sono
dei rifiuti, nonché del recupero della filierari e spesso superficiali, disastri ambienra di oli e grassi esausti. La protesta è un
tali magari poco evidenti nel breve periomodo originale per promuovere azioni
do, ma irrecuperabili nel lungo, sono ovunque in atto.
contro l'inquinamento dell'ambiente, dal momento che i
La protesta ecologica di Alassio è un modo per sensibilizsistemi tradizionali di sensibilizzazione alla questione
zare il cittadino comune alla raccolta domestica, ma anche
immondizia non sembrano ancora funzionare a dovere,
un'occasione per dare visibilità ad un problema che troppo
almeno nel comune di Alassio. Partire dalla raccolta domespesso resta confinato negli uffici e nella burocrazia. Se l'estica degli oli e dei grassi vegetali è un primo, piccolo passo
cologia oggi si dà per scontata, si rende necessario trovare
per cambiare le abitudini anche delle grandi industrie.
il modo di riportare il problema ambiente sulla bocca di
tutti, anche con iniziative come i contenitori appesi agli
Chi ben comincia...
alberi. Chissà che i responsabili diretti e le istituzioni, con
Il passo che si compie in casa non è affatto ininfluente: in
questo monito tutti i giorni sotto gli occhi, non facciano da
Italia ogni cittadino consuma circa 25 kg di olio e grasso
oggi un po' più di attenzione!
vegetale (fonte Ministero della Sanità), di cui circa il 20
di Maria Elena, 22 anni
I
La
Liguria ha
sempre vivo
il ricordo del
lido di
Cornigliano,
dove un
tempo si
andava
senza remore
a fare il
bagno ʻin
cittàʼ
Un momento della
“guerriglia senz’armi”
A scuola di idee
56
GUTENBERG:
UNA FIERA DEL
LIBRO TUTTA
PER NOI
TRA “RAGIONI E PASSIONI”, AL LICEO
“GALLUPPI” DI CATANZARO
AUMENTA LA VOGLIA DI LEGGERE
di Elena Dardano, 16 anni
Liceo classico “Galluppi”
i respira un certo fermento nell’atrio del Liceo
Classico “P. Galluppi” di Catanzaro: docenti e studenti con locandine e manifesti in mano, pronti a tappezzare la scuola, camminano a stento tra cataste di libri.
Sono da poco iniziati i preparativi per il tanto atteso
Gutenberg, progetto giunto ormai all’ottava edizione che
quest’anno sviluppa il tema “Ragioni e Passioni”, facendo
riscoprire a noi ragazzi il profumo tutto particolare della
carta stampata e dell’inchiostro e il piacere di trovare nuovi
mondi, nuovi amici immaginari tra le pagine.
Gutenberg coinvolge tutti gli studenti della scuola, che
durante l’anno scolastico leggono i libri consigliati e li
analizzano con l’aiuto dei docenti per poi avere, nelle
S
giornate conclusive di maggio, un confronto aperto con gli
stessi autori dei testi o con studiosi che li commentano.
Le giornate del Gutenberg sono, inoltre, intervallate da
serate musicali, teatrali e altro, frutto del nostro lavoro
annuale anche al di fuori della scuola. Per presentare al
pubblico di Zai.net questa bellissima iniziativa, ho deciso
di rivolgere qualche domanda al preside, Armando Vitale.
Come e perché è nata l’idea del Gutenberg?
«E’ nata dalla constatazione che le scuole devono vivere dentro un circuito culturale più ampio. Devono avere
la capacità soprattutto di stabilire forti legami con il
mondo della cultura. L’idea è stata quella di rendere
stabile e permanente questo contatto forte con i luoghi
e con i soggetti della produzione culturale, uscendo dall’occasionalità. Nei primissimi anni il liceo ha sviluppato iniziative, ma tutto accadeva al di fuori di un conte-
57
sto chiaro; noi abbiamo voluto trasformare quello che
era estemporaneo in un progetto più strutturato, intorno al quale la scuola potesse lavorare nel suo insieme.
Con Gutenberg abbiamo voluto recuperare un rapporto
forte con il libro, ovviamente con un libro che non è il
tradizionale manuale, ma un libro vivo, il libro dell’autore
che si occupa di storie fantastiche e immaginate, o il libro
dello storico che ricostruisce le memorie del passato, il
libro del critico letterario che ci aiuta a penetrare il senso
dell’opera dei grandi autori e così via».
Il progetto coinvolge altri ordini scolastici?
«Sì, molti altri: che l’intuizione di questo progetto sia
stata giusta lo abbiamo visto quando anche altre scuole hanno cominciato ad aderire. Siamo arrivati quest’anno a una rete Gutenberg di oltre 40 istituti della
Calabria; abbiamo iniziato con le superiori e adesso il
nostro circuito comprende anche tante scuole elementari e medie».
Come si organizza concretamente Gutenberg?
«Beh, il segreto del Gutenberg è questo: si individua
ogni anno un tema forte come “L’Occidente e l’altro”
(Chi siamo? Chi sono i diversi da noi? Quali relazioni
dobbiamo avere con i mondi “altri”?). Su questo argomento si scelgono dei libri da consigliare agli studenti.
Le letture si organizzano per gruppi, le classi diventano
laboratori di lettura. Alla fine ci sono una serie di giornate conclusive, solitamente nel mese di maggio, che
vengono destinate all’incontro con gli autori, ma queste
sono il punto d’arrivo, i momenti in cui cultura e festa
si intrecciano.
Ed è importante vedere che i ragazzi sanno confrontarsi con gli autori, porre domande interessanti, ascoltare
fino in fondo, recepire gli aspetti rilevanti di una conversazione con l’autore. La fiera del libro è poi multimediale, ci sono manifestazioni di musica, c’è teatro, c’è
cinema. Tutto questo grazie alla sensibilità crescente delle
istituzioni regionali locali, che aiutano concretamente la
fiera a vivere nella sua materialità».
Quali sono i più importanti tra gli innumerevoli personaggi che hanno partecipato al progetto?
«Abbiamo avuto tanti personaggi importanti, posso
ricordare quelli più conosciuti, famosi anche sul piano
mediatico, ospiti di trasmissioni televisive e che collaborano con grandi testate giornalistiche, Corriere della
Sera, la Repubblica, il Giornale. Posso ricordare filosofi
come Giulio Giorello, Remo Bodei; storici come Valerio
Castronovo, Franco Cardini; figure eminenti della Chiesa
cattolica, come il cardinale Angelo Scola; romanzieri
dell’area del Medio Oriente, Younis Tawfik, presidente
della comunità musulmana di Torino, che ha presentato
il suo romanzo La straniera; Vincenzo Cerami e il suo
libro, L’incontro; scienziati come Edoardo Boncinelli,
Carlo Alberto Redi, il primo scienziato che ha clonato un
topo. Personalità straniere come il drammaturgo Miklòs
Hubay. In sette edizioni abbiamo avuto circa 120 studiosi, un piccolo record da questo punto di vista».
Come pensa che il tema di quest’anno, “Ragioni e
Passioni”, possa incidere su noi ragazzi e le nostre
aspettative?
«Col progetto di quest’ anno vogliamo proporre il gioco che
c’è sempre tra la ragione e l’irrazionalità, tra la passione e
il cinico disinteresse. Un gioco che a ben vedere c’è sempre
stato: penso a Giordano Bruno. Spiegheremo, per esempio,
di quali ragioni e di quante passione erano dotati gli uomini che hanno fatto il Risorgimento. Imposteremo una riflessione sull’Unità d’Italia: nel 2011 sarà il 150° anniversario. Ci
vogliamo chiedere, quindi, com’è l’Italia di oggi? Che progetti avevano i nostri antenati? Lo faremo con uno storico,
Walter Barberi, del comitato nazionale del 150°, che ha scritto un bellissimo libro, Bisogno di Patria, e Lucio Villari, con
Bella e Perduta che rammenta il coro del Nabucco di Verdi».
Immaginava che il progetto sarebbe arrivato all’ottava
edizione?
«Il primo anno ero perplesso; pensavo si trattasse di
un’avventura che valeva la pena tentare, che forse ce
l’avremo fatta per un altro anno, per altri due, ma non
immaginavo che potesse assumere queste dimensioni;
evidentemente, abbiamo toccato un tasto sensibile, ed
evidentemente i giovani non hanno deciso che apparterranno alla “Repubblica dei Non Lettori”, si vogliono
iscrivere alla “Repubblica dei Lettori”, che spero sia
sempre più vasta».
Termina così l’intervista e ringrazio di cuore il preside
Vitale per la sua disponibilità e accoglienza. Pensando
di interpretare il pensiero degli altri studenti del Liceo,
lo faccio anche per le tante occasioni di crescita culturale avute in questi anni, che ci hanno permesso di
intrecciare nozioni ragionate e passioni.
Elena Dardano in uno stand. Nella pagina accanto,
momenti delle passate edizioni; il preside Armando
Vitale è ripreso nella prima foto in alto
Mondovisione
reste ignorato
58
Notizie che av
CILE
Trema la terra e la democrazia
Sotto le macerie del terribile terremoto che ha colpito il Cile il 27 febbraio scorso non sono rimaste solo le oltre 700 vittime. A crollare, dice The Nation (Stati Uniti), è l’immagine stessa
del Paese. Il Cile, infatti, è stato a lungo dipinto
come un’isola felice, dove il reddito pro capite cresce a dismisura e la povertà è in via di estinzione. Questo mito, nato durante la dittatura del generale Augusto Pinochet e portato avanti dopo la sua caduta dai governi democratici, si è
sbriciolato sotto le contraddizioni che la calamità del terremoto ha fatto esplodere. All’emergenza il governo ha risposto con truppe corazzate e un coprifuoco di 18 ore,
mentre una valanga di messaggi su Twitter chiedeva di
sparare contro i saccheggiatori. Di colpo, la democrazia cilena è sembrata meno stabile, e il Paese è
sembrato sfilacciato come prima del golpe. È vero, infatti, che il reddito pro capite è aumentato,
ma il 14% della popolazione vive ancora sotto la
soglia di povertà. In più, seguendo in questo la
politica ultraliberista del generale Pinochet, i
governi democratici, dagli anni Novanta in poi,
hanno avviato una lunga serie di privatizzazioni dei servizi essenziali, dall’università alla rete
elettrica. È aumentato il reddito in Cile, ma anche le disuguaglianze.
FINLANDIA
L’atomo
fuggente
Dopo il disastro di Chernobyl (Ucraina) del 1986,
tutta Europa è pronta a tornare sui propri passi, e quasi
tutta l’Ue è pronta a costruire nuove centrali. Una di queste, in particolare, sarà il fiore all’occhiello della tecnologia
atomica più avanzata. La centrale è quella di Olkiluoto, in Finlandia, un bestione da 1600 megawatt che dovrebbe montare un
reattore Epr (reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata), la
cosiddetta “terza generazione”. Il condizionale, stando a Internazionale
(Italia), è d’obbligo: i ritardi e gli errori di costruzione si moltiplicano di continuo, tanto che l’apertura dell’impianto è slittata dal 2009, al 2011, al 2013; i costi, poi, sono più che raddoppiati. Il direttore dei lavori spiega questi ritardi con i rigorosi standard di sicurezza finlandesi e con le inadempienze di Areva, ditta francese incaricata
dei lavori. Problemi loro? Non tanto. A parte che un’eventuale nube radioattiva impiegherebbe
ben poco tempo a raggiungere le Alpi, c’è da far notare un dato inquietante: Areva è “la ditta
francese leader nel settore” incaricata di costruire in Italia le nuove centrali volute dal governo Berlusconi. E gli standard di sicurezza italiani, si sa, specie se “oliati” a dovere, sono molto meno rigorosi di quelli finlandesi.
59
ISRAELE
L’epidemia di Rabbia
Hamas ha vinto ancora. Il 9 marzo scorso il governo israeliano, guidato dall’estremista di destra Benjamin Netanyahu, ha annunciato la costruzione di 1600 nuove case, ignorando la
contrarietà più volte espressa dagli Stati Uniti: gli
alloggi saranno infatti costruiti a Gerusalemme Est, la parte della Città Santa indicata da numerosi trattati come
capitale del futuro Stato palestinese e occupata da Israele nel
1967 con la Guerra dei Sei Giorni. Hamas, l’organizzazione terroristica alla guida del governo dei Territori, ha risposto
proclamando il 16 marzo la “Giornata della Rabbia”, che
ha visto gravi scontri di piazza. Tutto questo fa chiedere
a Obama se Israele sia davvero l’alleato irrinunciabile
che i politici americani hanno sempre creduto: l’atteggiamento irresponsabile di Netanyahu, infatti,
compromette la sicurezza dell’intera regione, aizzando contro l’Occidente anche gli Stati arabi più
moderati (la stretta su Gerusalemme dà alla vicenda i contorni di una guerra di religione), e
non era mai successo che un governo israeliano
mancasse tanto platealmente di rispetto agli
Usa, suoi principali difensori. Presto il premier
israeliano andrà in visita a Washington; il Financial Times (Gran Bretagna) chiede a Obama
di fargli capire che ha passato il segno.
ETIOPIA
La rivolta
delle schiave
Quando le donne etiopi
pensano al giorno del loro
matrimonio, spesso piangono, ma non di gioia. Nel 2003
il 69% dei matrimoni celebrati nel Paese africano erano
frutto di un sequestro: la donna viene rapita e violentata, e,
a quel punto, non ha altra scelta che sposare il suo stupratore, perché una donna non più vergine non la vuole nessuno. Quella dei matrimoni forzati è una piaga sociale che solo nel 2005 è stata resa illegale: prima era perfettamente lecito. Peccato, però, che in
Etiopia l’autorità del governo non riesca a spingersi molto più in là della capitale Addis Abeba, e che nelle zone più remote valgano ancora le regole tribali,
come ha dimostrato la vicenda di una tredicenne che si è vista respingere dal tribunale
del suo villaggio la richiesta di abbandonare il suo marito-aguzzino: il giudice sosteneva che
l’uomo l’aveva rapita per amore. Ribellarsi però è possibile, scrive l’Independent (Gran Bretagna). Lo ha fatto Boge Gebre, fondatrice della Kmg, “Donne di Kembatta (una città etiope,
ndr) insieme”, cui partecipano uomini e donne. Il lavoro di sensibilizzazione portato avanti
dall’associazione riesce a convincere anche molti uomini come Alemu Kinole, un tempo incallito rapitore di donne e oggi attivista. Cambiare si può, cambiare si deve.
Elaborazione grafica delle bandiere: www.33ff.com/flags
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A
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A cura di Caterina Mascolo, 21 anni
TUTTO IL MESE
ROMA Lasciatevi catturare da due mostre
d’eccezione! Alle Scuderie del Quirinale potrete
ammirare i capolavori di Caravaggio, uno dei
pittori più affascinanti di tutti i secoli. Genio,
maestria e tinte fosche caratterizzano molte delle
pitture in esposizione, ben trenta delle quaranta
opere attribuite con certezza al Merisi… come
seguire un’intera carriera sala dopo sala, insomma!
Un altro appuntamento importante è “L’età della
conquista” ai Musei capitolini. Se vi interessa l’età
repubblicana sarete soddisfatti da una vera
summa di opere esemplificative del “gusto
d’epoca”! Dal ritratto di Cicerone alle copie dei
Tirannicidi, dalla Giunone Cesi alle coppe e ai
crateri tutto concorrerà a permettervi di inquadrare
meglio un’ importante tappa di Roma. Due eventi
imperdibili… valgono bene anche un week-end in
trasferta! Un unico consiglio: prenotate i biglietti,
così da non dover sopportare lunghe ed
estenuanti attese!
3
Dal
al
5
APRILE
MILANO Si parte da qui per un’emozionante
tre-giorni nella Liguria meno nota e battuta. Se
non avete mai provato l’emozione di trascorrere
una notte in un rifugio (o al contrario, se volete
replicare una fantastica esperienza), se volete
cenare attorno ad un fuoco, con il naso rivolto
alle stelle… non vi resta che preparare lo zaino!
Il percorso si snoderà tra mare, ulivi, monti,
panorami da mozzare il fiato. Il giro è per veri
escursionisti (non dimenticate la torcia!) quindi
si astengano i pigri e chi non ama le lunghe
passeggiate!
Per maggiori info navigate sul sito
www.zainoinspalla.it
16
APRILE
APRILE
ROMA Ecco la giornata culminante di “Vivere di
periferia”! Dal mattino fino al pomeriggio
nell’Auditorium della Mediateca del Centro Culturale
St-Louis de France si svolgerà la premiazione dei
migliori lavori nazionali e internazionali, con
testimonianze, dibattiti e proiezione dei video più
interessanti. Ospite della giornata il fotografo Enrico
Bartolucci, che imbastirà un’interessante discussione
sui lavori fotografici dei giovani partecipanti. Subito
dopo verrà proiettato il film “Les Lascars”, vivace
pellicola del 2009 che narra le comiche sventure
vacanziere di alcuni ragazzi francesi.
www.viverediperiferia.it
5
APRILE
COLLEGNO (TO) Il bikini può aspettare… come
rinunciare alle prelibatezze del cioccolato
pasquale? Se volete ispirarvi per dei regalini
originali, oppure per curiosare tra le novità della
stagione, non mancate alla fiera di Collegno! Su
viale Gramsci più di 50 produttori
agricoli/hobbisti/operatori esporranno i loro
prodotti, se volete soddisfare qualsiasi curiosità
non avete che da chiedere! Grande ospite anche
la musica, tra cori gospel e musica country. Se
sarete puntuali, riceverete anche degli omaggi a
partire dalle ore 11,00 (attenti a non far terminare
le scorte… altrimenti rimarrete a bocca asciutta!)
16
e
61
17
23
APRILE
PARMA L’auditorium Paganini sarà il
palcoscenico ideale per l’esibizione di Simone
Cristicchi, uno dei cantautori più apprezzati del
panorama italiano. Dopo il Festival di Sanremo ed
il nuovo album “Grand Hotel Cristicchi2” parte,
dunque, la tournée del poliedrico artista. Il titolo
del disco richiama le vicende dell’autore, tutti i
pezzi infatti sono nati nelle camere d’albergo, tra
uno spostamento e l’altro. Lo accompagneranno i
bravissimi musicisti dello “Gnu Quartet”. Cercate
via internet quando questa scapestrata banda
approderà nella vostra città! Oltre alle nuove
canzoni e ad alcuni brani inediti saranno
rispolverati anche i vecchi successi, in primis
“Vorrei cantare come Biagio”, tutti però riarrangiati
e riletti. Una buona occasione per ascoltare
musica divertente, ma anche per riflettere!
GENOVA Un afflusso di storie e canzoni,
personaggi e imitazioni dello showman italiano per
antonomasia, Fiorello. Per il suo Fiorello Show
porta in giro per i Palasport italiani tutta la sua
verve comica e artistica. Il 16 e il 17 aprile è al
Vaillant Palace di Genova, pronto a far divertire il
pubblico ligure in questo spettacolo che cambia
in ogni data.
Dal
Dal
21
al
25
APRILE
PERUGIA Zai.net è al Festival Internazionale del
Giornalismo con quattro incontri: Il calcio, le
pagine sportive, il racconto di una generazione; Il
movimento studentesco e i media; La storia per
chi non c'era; Giovani, giornalismo e precariato.
25
APRILE
“Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di
essere uomini: di morire da uomini per vivere da
uomini”. Queste le parole di Pietro Calamandrei
sulla Resistenza, ed in questa giornata ognuno
di noi dovrebbe ricordare l’opposizione che
permise la nascita della Repubblica. Numerose le
iniziative in ogni città: a voi informarvi e
partecipare, ad esempio, a cortei come a dibattiti
di discussione storica.
APRILE
27
APRILE
al
28
MAGGIO
TORINO In scena al teatro Alfieri Il ritratto di
Dorian Gray con attori e costumi davvero
eccezionali. Il testo sarà riproposto in
trasposizione musicale, meritevoli anche le
coreografie. Un ottimo pretesto per gustarsi un
classico della letteratura in chiave innovativa e
particolare! Un consiglio: leggete il libro prima di
vedere lo spettacolo, vi godrete di più ogni
singola scena!
Cruciripasso
62
UPGRADE: 1,2,3... SCIENZE!
NUOVO MESE, NUOVO GIOCO: UNO DEGLI ELEMENTI CHIMICI CHE
INCONTRERETE È UTILIZZATO NEI TELEFONI CELLULARI. QUALE? UN PREMIO
IN PALIO PER CHI RISPONDE PIU' VELOCEMENTE!
ORIZZONTALI
1. Boyle ne diede la prima definizione moderna
10. Il simbolo del Cesio
12. E' parte della radiazione elettromagnetica
13. Determina la posizione di un oggetto
nello spazio
14. Il simbolo dell'Americio
16. La punta dell'iceberg
18. Sistema di alimentazione dei motori
a combustione
23. Prefisso greco che indica il fegato
25. Strumento ottico usato in topografia
e nella navigazione
26. Fase del sonno
27. Strato inferiore della crosta terrestre
28. Vi si propagano i fenomeni elettromagnetici
30. Gas liquido dall'odore ammoniacale
33. L'inizio del Triassico
35. Simbolo dell'intensità di un campo
magnetico nel sistema CGS
36. Area inclusa in territori desertici nei
paesi caldi
38. Silicato di magnesio
39. Sale dell'acido carbonico
42. Il simbolo dell'Attinio
43. Hanno due sistemi di respirazione
44. Termine delle leghe
47. L'inizio dell'Astronomia
48. La parte meno appariscente della cometa
49. Liquido presente nelle piante
51. Antagonisti degli acidi
53. Elemento chimico che ha per simbolo Yb
54. ll nostro satellite senza pari
55. Gli estremi di ibridazione
56. Costituita d'aria
58. Forma di erosione dei terreni argillosi
VERTICALI
1. Curva algebrica della famiglia delle coniche
2. Il simbolo del Lutezio
3. Oscuramento parziale o totale di un astro
4. Simbolo del Tellurio
5. Simbolo dell'Iridio
6. Parte di tessuto muscolare
7. L'inizio dell'idrolisi
8. Tomografia Assiale Computerizzata
9. Simbolo dell'Argo
11. Metà dei sali
15. Trasforma l'energia meccanica in elettrica
Una sbirciatina, piccola, alle soluzioni sul sito: www.zai.net
Per inviare la risposta al gioco, scrivete a [email protected]
16. Fra due soluzioni a contatto, quella a
pressione osmotica più elevata
17. Apparecchiatura che rileva particelle
ionizzanti
19. Simbolo del Neon
20. Alcol usato in medicina
21. Lega a base di zinco
22. L'inizio dell'ottica
23. Suddivisioni della cronologia geologica
24. L'inizio dell'onda
28. Inflow: flusso in…
29. Il simbolo del Tantalio
31. Gruppo di rocce eruttive
32. Studia il moto dei corpi
34. Amminoacido contenuto nell'emoglobina
37. Ione dimezzato
38. Lesioni
40. Gli estremi dell'unità del barn
41. Ossigeno e Fluoro
45. Lo è l'ENEA
46. La causa l'attrazione lunare
50. Simbolo del Ferro
52. L'inizio del creazionismo
56. Gli estremi dell'apogeo
57. Simbolo del Radio
Oroscopo
a cura di Cassandra
Segno del mese
Ariete
Ariete
Affari di cuore
Marzo vi ha fatto tirare un
sospiro di sollievo, ma aprile
scuote un po’ troppo gli ormoni.
Amicizia & famiglia
Ok, avete dato spazio alle public
relations durante marzo ma… non
dimenticate gli impegni
lavorativi/scolastici?
Consiglio
Una bella conferenza al Festival
del Giornalismo di Perugia!
21 marzo - 21 aprile
63
Toro
21/04 - 21/05
Affari di cuore
Godetevi il momento che si sta
profilando, ne avevate
decisamente bisogno e diciamo
che ve lo siete anche meritato!
Amicizia & famiglia
Continuate a camminare sul filo
del rasoio con maestria, bravi!
Non è un ottimo periodo per le
pubbliche relazioni, ma sarete in
grado di cavarvela.
Consiglio
Un bel pomeriggio di svago,
ogni tanto serve!
Gemelli
21/05 - 21/06
Affari di cuore
L’inverno vi ha letteralmente
ibernato il cuore o cosa? Non la
sentite la primavera? Gli uccellini, i
fiori che sbocciano… no? Provate
un forno a microonde, allora:
scioglietevi!
Amicizia & famiglia
Dovrete faticare ancora un altro
po’, per poi godervi la situazione!
Ancora uno sforzo!
Consiglio
Perché non incontrate qualcuno di
nuovo? Lasciatevi andare!
Cancro
Leone
Vergine
22/06 - 22/07
23/07 - 23/08
24/08 - 23/09
Affari di cuore
Uhm… non vorrei fare l’uccellaccio
del malaugurio, ma se non
eliminate quella smorfia acida dal
vostro viso… solo gli amanti dello
yogurt scaduto si faranno vivi!
Amicizia & famiglia
Avete decisamente passato il
segno, ma evidentemente era il
momento di abbandonare vecchie
abitudini. In bocca al lupo!
Consiglio
Fate qualcosa di inaspettato!
Affari di cuore
Questo attimo fuggente non
riuscite proprio a coglierlo, eh?
Pare che le chiome fluenti vi
facciano andare nel pallone ma…
vedete di darvi una mossa: nella
savana ci sono le iene, sapete?
Amicizia & famiglia
Le delusioni che ci sono state
serviranno solo a darvi una spinta
in più. Dateci dentro!
Consiglio
Un weekend fuori porta!
Affari di cuore
Non ce la fate più, ok, ci siamo
arrivati… ma qualche pianeta mi
dice che ci saranno degli
avvistamenti interessanti.
Amicizia & famiglia
Che dire? Va proprio alla grande
al momento! Sono proprio felice
per voi, ve lo meritate! Attenzione
però allo studio, Meglio non
lasciar correre troppo!
Consiglio
Un bel film al cinema.
Bilancia
Scorpione
Sagittario
24/9 - 22/10
23/10 - 22/11
23/11 - 21/12
Affari di cuore
Vi avevo detto di non adagiarvi o
sbaglio? Insomma, sembra che
tutto vi sia dovuto! Il partner non è
propriamente d’accordo!
Amicizia & famiglia
Non avete rovinato l’atmosfera,
complimenti! Ora però, ragazzuoli
cari, non potete pretendere che
tutto il mondo stia ai vostri piedi!
Su, un po’ di buon senso!
Consiglio
Un pizzico di umiltà e tutto
meglio funzionerà!
Affari di cuore
Possibile che non vi siate accorti
di nulla? Non ditemi che non
vedete quella persona che
sarebbe pronta a tutto!
Amicizia & famiglia
Avete dato una bella svolta alla
vostra vita, adesso però non
fate indigestione di troppa
indipendenza.
Consiglio
State un pochino attenti alla
salute, potreste essere cagionevoli!
Affari di cuore
Dopo un marzo stellare… questo
aprile parte un po’ al rallentatore,
ma ho fiducia in voi, nella vostra
fantasia e spirito di iniziativa:
stupitemi!
Amicizia & famiglia
Che ne dite di dare un’occhiata a
quei libri impolverati? So che non
sono molto invitanti, ma in questo
momento ne avete bisogno!
Consiglio
Perché non adottare un piccolo
animale domestico?
Capricorno
Acquario
Pesci
22/12 - 21/01
21/01 - 19/02
20/02 -20/03
Affari di cuore
Date retta ai pianeti e lasciate che
le vostre buone abitudini tornino al
loro posto!
Amicizia & famiglia
Avete svegliato il can che dorme
ma si sa, can che abbaia non
morde… perlomeno fino a quando
non vi ha troppo sotto tiro!
Quindi… dategli qualche crocchetta!
Consiglio
Che ne dite di un bel giro in
bici? Con questo sole!
Affari di cuore
La solitudine continua a farvi
compagnia, insieme all’immagine
della Pausini che vi perseguita
ma… tenete duro!
Amicizia & famiglia
La congiunzione astrale sta
passando e se non vi sbrigate a
continuare nei vostri intenti di
rattoppamento… le cose
potrebbero sfasciarsi
improvvisamente!
Consiglio
Un bel concerto!
Affari di cuore
Ma non vi rendete conto che c’è
anche chi soffre per amore? Voi
siete veramente invidiabilissimi
sotto questo punto di vista: da
non credere!
Amicizia & famiglia
Sotto questo punto di vista devo
dire che qualche pecca c’è, eh!
Come mai non riuscite a coordinare
un po’ tutte e due le cose?
Consiglio
Perché non provate a fare un po’
di nuovi acquisti?