VIVERE DI PERIFERIA
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VIVERE DI PERIFERIA
APRILE 2010 SGUARDI DI PERIFERIA ISSN 2035-701X “Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 3 Anno 2010”- € 1,20 TUTTI ALL’IJF CON ZAI.NET! 45 Anteprima dal Festival Internazionale del Giornalismo RUBRICHE BACKSTAGE IERI ACCADRA' VOTI NOTI SEGNALIBRO INTERNET GIRA LA MODA FORUM 16 18 COSTUME E SOCIETÀ LA ROTTA L’odissea degli immigrati africani verso il nostro Paese THE OTHERS L’Italia vista da fuori 53 CAMPER CITYTELLING Reportage dalla Scuola Holden QUANDO TENTANO DI FARCI PERDERE LA MEMORIA Conversazione con Angelo Del Boca COSA CRESCE 55 SUI NOSTRI ALBERI? Guerriglia senz’armi ad Alassio RAGAZZI, CHE COSTITUZIONE! 22 La seconda edizione del libro e gli appuntamenti radiofonici GIOVANI CRITICI 26 38 42 44 50 UNO STRANIERO DI NOME SANTAMARIA Palcoscenico IL SILENZIO DI SAINT-DENIS Due giornate in compagnia di Noorih e Alexandre LA BUONA NOVELLA DELLA PFM Intervista con la storica band WANS Arrivano i We Are Not Superman Speciale VIVERE DI PERIFERIA 28 Storie ai margini, culture urbane, contrasti: in attesa di conoscere i vincitori il prossimo 16 aprile, un inserto con alcuni dei migliori scatti in concorso GUTENBERG Al Liceo “Galluppi” di Catanzaro cresce la voglia di leggere 56 MONDOVISIONE Notizie che avreste ignorato 58 APPUNTAMENTI Date da non perdere 61 CRUCIRIPASSO Tutti pronti per… scienze? 62 aprile n°3 Direttore responsabile Renato Truce Vice direttore Lidia Gattini Coordinamento di redazione Eleonora Fortunato Segreteria di redazione Sonia Fiore Redazione di Torino Valeria Dinamo corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Redazione di Genova Giovanni Battaglio e-mail: [email protected] Redazione di Roma Simona Neri, Matteo Marchetti via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel. 06.47881106 - fax 06.47823175 e-mail: [email protected] Hanno collaborato Antonella Andriuolo, Michele Barbero, Giovanni Battaglio, Patrizia Battaglio, Roberto Bertoni, Fiammetta Bertotto, Lorenzo Brunetti, Maria Elena Buslacchi, Chiara Colasanti, Emanuele Colonnese, Alessandra D’Acunto, Isabella Del Bove, Veronica Di Norcia, Chiara Falcone, Daniele Mainelli, Marzia Mancuso, Matteo Marchetti, Caterina Mascolo, Serena Mosso, Jacopo Zoffoli. Direttore dei sistemi informativi e multimediali Daniele Truce Impaginazione Giorgia Nobile, Gianni La Rocca Illustrazioni Alessandro Pozzi Fotografie e fotoservizi Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia, Agenzia Infophoto Sito web: www.zai.net Francesco Tota Editore Mandragola Editrice società cooperativa di giornalisti via Nota, 7 - 10122 Torino “Ritratti di periferia”: la copertina di questo numero non poteva che essere dedicata alle emozioni, agli sguardi, ai contrasti immortalati con l’obiettivo e con la scrittura dai numerosi partecipanti al concorso “Vivere di periferia” organizzato dalla nostra rivista in collaborazione con l’Ambasciata di Francia e la Fondazione Sotto i Venti. Aspettando i vincitori, che verranno proclamati a Roma il 16 aprile nel corso di una giornata interamente dedicata alla valorizzazione dei migliori elaborati, al centro del giornale vi aspetta un inserto con alcuni meravigliosi scatti in concorso, in mostra fino al 24 aprile nel cuore del centro storico di Roma, presso il Centro Culturale San Luigi dei Francesi, partner dell’iniziativa. Tra questi, anche la bellissima foto della copertina vincitrice del premio speciale Zai.net, opera di Andrea Briscoli dell’Istituto “Genga” di Pesaro. Ma aprile non è soltanto il mese di “Vivere di periferia”: dal 21 al 25 vi aspettiamo anche al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia per proporvi quattro pomeriggi di incontri e discussioni organizzati dalle nostre redazioni: “Il calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione”, “Il movimento studentesco e il rapporto con i media”, “La storia per chi non c’era, tra giornalismo e divulgazione”, “Giovani, giornalismo e precariato”. Ne discuteremo insieme a ospiti illustri del mondo del giornalismo e della cultura. Niente paura, poi, se non potrete essere a Perugia: Radio Jeans su satellite, in Fm e online vi terrà aggiornati su quello che succede proponendovi trasmissioni in diretta dal Festival. E per ingannare l’attesa da questi due appuntamenti così importanti, cosa c’è di meglio dei servizi, delle interviste e dei giochi confezionati per voi dai giovani reporter di tutta Italia? Prima di arrivare al cruciripasso di pagina 62 (impegnativo, in verità, e non dite che non vi avevamo avvertiti!), le nostre pagine vi terranno compagnia con l’intervista allo studioso ed ex partigiano Angelo Del Boca, l’incontro con uno degli attori più amati, Claudio Santamaria, e con la storica band della PFM. Insomma, un numero da collezione! Buona lettura! Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110 10099 S. Mauro (To) Zai.net Lab Anno IX / n. 3 - Aprile 2010 Autorizzazione del Tribunale di Roma n°486 del 05/08/2002 Abbonamento sostenitore: 25 euro Abbonamento annuale studenti: 10 euro (9 numeri) Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice società cooperativa di giornalisti versamento su c/c postale n° 73480790 via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel 06.47881106 - fax 06.47823175 Col contributo di: La rivista è stampata su carta riciclata E 2000, Cartiere Cariolaro Questa testata fruisce dei contributi statali diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250. Centro Unesco di Torino Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Sponsor: Col contributo di: In associazione con: Col patrocinio di: Con la partecipazione di: Media partner: GE A ST K C BA Hanno contribuito a questo numero: Chiara Cacciotti Giulia De Benedetti 18 anni, studentessa al Liceo linguistico “Niccolò Machiavelli” di Roma, scrive per il giornalino scolastico del suo istituto e sogna di diventare giornalista. Ama leggere, ma la sua passione più grande è la musica: studia canto moderno da molti anni e non è raro trovarla a esibirsi in qualche pub della Capitale. Le piacciono i film in bianco e nero e il suo idolo è Audrey Hepburn, di cui possiede l'intera filmografia! 19 anni, frequenta l’ultimo anno del Liceo classico linguistico Chiabrera” di Savona. L’interesse per il giornalismo è nato alle medie grazie ad una cara professoressa e Zai.net, da ben quattro anni, continua a darle la possibilità di coltivare questa grande passione. Nel tempo libero divora thriller, si dedica al volontariato e spesso si concede qualche viaggetto in giro per l’Italia con i suoi amici. Fiammetta Bertotto 21 anni, frequenta il terzo anno di Lettere moderne all’Università di Torino. Ha molte passioni: cinema, fotografia, scrittura entrano di diritto nella top ten, ma è interessata a qualunque forma d’arte e cultura che si proponga di interrogare e rappresentare il mondo. Alla domanda “cosa farai da grande?” non sa ancora dare una risposta sicura, perché vorrebbe esistesse una professione in grado di mettere insieme tutti i suoi interessi; forse un giorno la scoprirà. Micol Debash Neomaggiorenne, è studentessa e direttrice del giornale scolastico del Liceo ebraico “Renzo Levi” di Roma. Tra orari scolastici interminabili e progetti extra, cerca di gestire al meglio la sua vita frenetica, lasciando spazio ai libri, alla musica, alla scrittura e a una forte attrazione verso il mondo americano. Inoltre, non perde di vista l’importanza dell’appoggio di chi le è accanto, come i genitori, senza i quali ogni aspirazione sarebbe irrealizzabile. Il suo obiettivo? Una volta terminato il liceo, mettere il proprio mondo in una valigia e trasferirsi a New York per studiare giornalismo all’università: la volontà non manca e ce la sta mettendo davvero tutta! Carlo Guidi 16 anni, studente del liceo classico “Mazzini” di Genova, si definisce “un essere sbiadito ed enigmatico”. Ama scrivere poesie e testi in prosa. Un tuono esplode dentro di lui ogni volta che le lettere nere di un libro penetrano nella sua mente: è anche il suo arzigogolato modo per dire che gli piace la lettura. Se ancora non si fosse capito, ama i paradossi. Ah… suona in una band! Giulia Molari 18 anni, frequenta l'ultimo anno di Liceo classico con sperimentazione linguistica presso l'istituto “Lucrezio Caro” di Roma. Le piace leggere libri di attualità o grandi classici, ama l'arte moderna, il teatro e il cinema (in particolare film in lingua originale). E’ tanto disordinata e distratta quanto, nello stesso tempo, determinata su cosa fare in futuro: la giornalista inviata all'estero per ascoltare tante storie e raccontarle al mondo. IER IA CC AD RÀ A cura di Isabella Del Bove, 18 anni Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato 1 1924 Adolf Hitler è condannato a cinque anni di prigione per la sua partecipazione al Putsch della Birreria: vi rimase solo nove mesi, durante i quali scrisse il Mein Kampf. 10 1970 Paul McCartney annuncia lo scioglimento dei Beatles. 12 19 1937 L'Italia fascista vara la prima legge di tutela della razza, il regio decreto legge n. 880/37. L'ordinanza vieta il “madamismo” (l'acquisto di una concubina) ed il matrimonio con le donne di colore delle colonie africane. 2 23 2005 Alle 21.37, dopo due giorni di agonia, muore Papa Giovanni Paolo II. Migliaia di persone raccolte spontaneamente davanti alla Basilica di San Pietro danno vita ad una veglia di preghiera che si svolge senza sosta fino al giorno del funerale, venerdì 8 aprile. 1868 Parigi: su “Le Moniteur” si pubblica un articolo sulla mitragliatrice, da poco inventata. 15 6 1792 A Parigi viene collaudata la versione francese della ghigliottina. 25 1945 Insurrezione generale nel Nord Italia contro i nazi-fascisti. Liberate Milano, Genova, Torino, Parma. 1327 Ad Avignone Francesco Petrarca vede per la prima volta Laura, cui sono dedicate molte liriche del “Canzoniere” o “Rerum vulgarium fragmenta”. 1994 Muore Kurt Cobain, chitarrista e cantante dei Nirvana. 18 1906 Un terremoto distrugge gran parte di San Francisco, in California. 26 1478 Firenze: Congiura dei Pazzi contro Lorenzo de' Medici; il fratello del Magnifico, Giuliano, viene ucciso in cattedrale. APRILE 1633 Galileo è accusato di eresia (Index Librorum Prohibitorum). TI O N TI VO A cura di Lorenzo Brunetti, 20 anni PER DIRE AL MONDO E A DIO, L’ITALIA È IL REGNO MIO IL CANTANTE FALLITO, IL PRINCIPE SCEMO E IL TENORE: QUANDO LA TV DÀ IL PEGGIO DI SÉ, CERTI PERSONAGGI SONO SEMPRE IN PRIMA FILA on Sanremo, anche quest’anno, sono arrivate le solite polemiche, le solite canzoni, i soliti sbadigli e i soliti applausi. Ma l’ultima edizione dell’unico festival che somiglia a un piatto di pasta al forno ha avuto un elemento caratteristico: Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici. Un terzetto ridicolo che esposto sul palco faceva l’effetto dei circhi di provincia di cento anni fa. Il cantante fallito, il principe scemo e un tenore tanto per gradire: dopo di loro c’era solo da aspettarsi la donna coi baffi e un asino spacciato per zebra. E’, quindi, l’occasione giusta per fare il punto almeno sul più grottesco del trio: Emanuele Filiberto. Il 2 giugno 1946 l’Italia sceglie di essere una Repubblica Democratica. Felici e contenti gli italiani mandano in esilio a vita il re con tutti i suoi futuri discendenti, compiendo un tragico errore! 57 anni dopo, il 15 marzo 2003, Vittorio Emanuele di Savoia (figlio del sovrano) con la moglie Marina Doria torna Italia pronto a farcela pagare affidandoci il figlio stupido: Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia, Principe di Venezia e di Piemonte (Ginevra, 22 giugno 1972), nipote dell’ultimo re d’Italia. Ciò che colpisce di questo ragazzo, oltre allo sguardo oggettivamente un po’ perso, è l’incredibile voglia di lavorare. L’esilio deve aver prodotto in Filiberto una strana fascinazione per l’art. 1 della nostra (Santa) Costituzione. Ma che cavolo di lavoro sappia fare ’sto ragazzo proprio non si capisce… Forse ricorderete il suo primo impiego, quando fresco d’esilio si mise a vendere sottaceti sulle note di Torna a Surrient’ nell’evocativo spot pubblicitario. Da lì la sua carriera di ‘nonsisache’ è decollata. Continuamente ospite televisivo, nel 2005 fonda il movimento d'opinione Valori e Futuro e alle elezioni politiche italiane del 2008 si candida per essere eletto alla Camera dei Deputati nella lista denominata Valori e Futuro con Emanuele Filiberto. Con soltanto lo 0,4%, ottiene peggior risultato della circoscrizione estera “Europa”, l'unica nella quale si era presentato, diventando l'ultimo partito in assoluto in ordine di preferenze. Ma questo non basta a deprimere il rampollo, che continua la carriera televisiva partecipando alla trasmissione il Ballo delle Debuttanti su Canale5, dove fa il giudice di bon ton - anche se insieme al padre Vittorio Emanuele aveva avuto il pessimo gusto di chiedere alla Repubblica italiana un risarcimento di 260 milioni di euro per danni morali, oltre alla restituzione dei beni confiscati alla famiglia Savoia. L’allora segretario generale della presidenza del Consiglio, Carlo Malinconico, replicò che il governo non solo non riteneva di dover C pagare nulla ai Savoia, ma che pensava di chiedere a sua volta i danni all’ex famiglia reale per le responsabilità legate alle note vicende storiche. Il 2009 è l’anno d’oro: Emanuele Filiberto partecipa a Ballando con le Stelle aggiudicandosi la vittoria e presenta la sua candidatura nelle file dell'UDC, dove il suo nome figura terzo in lista dopo quelli di Magdi Allam e Luca Volonté. Sempre lo scorso anno il Principe dell’idiozia ha ammesso, durante il talk show televisivo Domenica cinque, di aver avuto problemi di tossicodipendenza, ma questo evidentemente non gli ha impedito di partecipare alla 60° edizione del festival di Sanremo (senza neanche saper cantare…). Voto 3 Dopo di loro cʼera solo da aspettarsi la donna coi baffi e un asino spacciato per zebra Emanuele Filiberto A cura di Marzia Mancuso, 17 anni SE GN AL IBR O IL TERZO SESSO CHE NON C’È UN ROMANZO SULLA BISESSUALITÀ, FORSE. CON PIÙ EVIDENZA, LA STORIA SCABROSA TRA DUE ADOLESCENTI, MARIO E FERDINANDO, PERDUTI NEL VORTICE DI UNA INTENSA E BEFFARDA DOPPIA SEDUZIONE uesto mese Segnalibro è dedicato ad un caso letterario piuttosto particolare: il romanzo giovanile di un professore che oggi ha più di settant’anni. Si tratta de La doppia seduzione, prima opera narrativa del critico letterario e francesista Francesco Orlando. Un testo che fa capolino in libreria solo quest’anno, ma la cui prima stesura - ne seguirono altre undici - risale al 1956, periodo in cui l’autore aveva appena 20 anni. Contribuisce ad aumentare l’interesse per l’opera il fatto che la prima critica, peraltro positiva, venne da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, del quale Orlando fu per un certo periodo allievo. Ancor più particolare della gestazione del romanzo risulta la sua impostazione stilistica: abituato alla prosa novecentesca, il lettore resta spiazzato nel ritrovarsi di fronte ad un testo che, più che agli anni ’50, sembra appartenere all’Ottocento francese, sebbene con qualche sostanziale differenza. Il narratore è esterno, ma non onnisciente: il suo punto di vista sulla vicenda è talvolta superficiale se non persino sviante rispetto alla realtà. Del tutto assenti le sequenze dialogiche, così che le virgolette appaiono solo sporadicamente, per sottolineare questo o quel pensiero. Simili scelte narrative rallentano la lettura creando un distacco tra il lettore e la vicenda: impossibile rivedersi di preferenza in un personaggio, dato che l’autore adotta alternativamente diversi punti di vista sugli eventi. La trama si costruisce sull’intrecciarsi delle esistenze dei due personaggi principali, Ferdinando e Mario, concentrandosi sullo studio della seduzione esercitata dall’uno sull’altro, appunto una “doppia seduzione”. Tutti gli altri personaggi non sono che comparse o ombre appena abbozzate, del tutto strumentali allo studio dei due protagonisti e della loro relazione, cui fa da sfondo una cittadina meridionale degli anni ’50. Si pone ora il problema di inquadrare, con più precisione, l’opera: certo sarebbe un errore limitarsi a definirla un libro sull’omosessualità, tanto quanto lo sarebbe relegarla al genere del romanzo storico, sebbene possegga elementi tanto del primo quanto del secondo. Per risolvere il problema mi rifaccio ad un’intervista rilasciata dall’autore a Emanuele Zinato: Orlando dichiara di essersi trovato, quasi involontariamente, a produrre una sorta di denuncia rivolta alla società. Quest’ultima Q risulta colpevole, oggi come nel passato, di non riconoscere a ciascuno la propria sessualità, permettendogli di viverla appieno: negli anni ’50 era la piena repressione, nell’epoca contemporanea un finto riconoscimento. La società moderna identifica l’omosessuale come appartenente ad un “terzo sesso”, quando Freud ha già da tempo confutato tale convinzione e affermato la presenza, in ciascun individuo, di un’originaria bisessualità che, con la maturità, si concretizza nell’attrazione per l’uno o l’altro sesso. Rifacendoci al testo: Ferdinando è omosessuale, ma è latente in lui una componente eterosessuale, mentre in Mario si verifica l’esatto contrario, così che risulta possibile un’attrazione tra i due. Storico, psicologico, ottocentesco o di denuncia, non è un romanzo da lasciare sullo scaffale. «Trovo magistralmente ben narrata la squallida storia, perfettamente collegati i movimenti psicologici. Gli ultimi tre capitoli sono i migliori: vi è una reale progressione drammatica, come dicevano gli antichi; e in tutta l'opera del resto, la sensazione "temporale" è eccellentemente resa. I capitoli finali sono avvolti in una luce di grigia poesia» Giuseppe Tomasi di Lampedusa LA DOPPIA SEDUZIONE Di Francesco Orlando Einaudi Collana Arcipelago 13 euro ET N ER T IN A cura di Lorenzo Palaia, 19 anni Chi va piano… Il blog d’informazione del mese ono ormai note le innumerevoli multe comminate dall’Antitrust ai service provider per la lentezza delle connessioni Adsl italiane: in molti casi, infatti, la velocità effettiva di download e di upload non corrisponde a quella teorica offerta dai gestori. L’Agcom sta pensando per questo di provvedere a un software che testi la velocità della banda larga, al quale il consumatore si possa rivolgere per eventuali reclami. In realtà la prova possiamo farla personalmente, utilizzando uno dei tanti siti internet che offrono uno speed test; per questo è nato Isposure, un programma dell’“Osservatorio banda larga Between” che consente di monitorare la propria reale connessione di rete e di confrontarla con quella degli altri Internet service provider. Ma anche Speedtest.net offre un test simile, con un database che raccoglie i risultati da tutto il mondo e offre, quindi, la possibilità di stilare una classifica, secondo la quale, peraltro, il nostro paese non è di certo ai primi posti. A fronte di un’Europa in cima alle classifiche in quanto a velocità di download - con una media di 7.71 Mbps - l’Italia è al 45° posto della classifica mondiale, con una velocità di 5.10 Mbps; la velocità di upload, del resto, non è migliore (0.61 Mbps), con un 74° posto a livello mondiale, a dispetto di un’Europa che globalmente è al 2° posto con 1.65 Mbps. Insomma, pare proprio che alla fine chi va piano rimanga ultimo della fila, come spesso accade al nostro Paese per altre cose molto più importanti. e il web 2.0 e il giornalismo partecipativo sono il simbolo della libertà d’espressione per la possibilità che offrono di interagire con il lettore a diversi livelli e, quindi, di garantire la dialettica democratica, un sito in cui chiunque voglia può “postare” una notizia deve essere senza dubbio alcuno un luogo di controinformazione eccellente, nel quale viene dato massimo risalto ad iniziative e idee poco visibili o su cui nei canali ufficiali si preferisce glissare: tutto questo è www.indymedia.org (Independent Media Center). Sebbene la mancanza di una vera e propria redazione renda questo sito di informazione un po’ disorganico e a volte anche statico, è garanzia sicura della libera circolazione delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda le iniziative spontanee territoriali che altrimenti non avrebbero altri mezzi di pubblicizzazione. S S Il sito del mese l di là delle curiosità comiche che si possono trovare un po’ dappertutto sul mondo della scuola, come note scritte, giustificazioni o traduzioni dal latino un po’ stravaganti, “Sette in Condotta” offre il puntuale e qualificato aiuto di un genio del male, che può rispondere a tutte (o quasi) le vostre domande su ciò che succede tra i banchi, soprattutto dal lato tecnico-giuridico. Un valido aiuto, quindi, contro abusi, prepotenze, prevaricazioni o malagestione della scuola sia da parte dei docenti che dei vostri compagni. A LA A A R GI OD M A cura di Alessandra D’Acunto, 21 anni TRUCCO E PARRUCCO! LA NOSTRA RUBRICA PIÙ TRENDY È LIETA DI PRESENTARE UNA MINIGUIDA ALLE (CONTRO)TENDENZE IN FATTO DI TRUCCO, ACCONCIATURE E MANICURE arebbe un vero peccato, dopo aver speso molto tempo per scelta e combinazione dei vestiti, cadere in un errore di make-up o capigliatura. Purtroppo o per fortuna, infatti, così come la borsa non deve stridere con le scarpe, e le scarpe con i pantaloni e via dicendo, anche le mani, gli accessori per capelli e il trucco dovrebbero accordarsi con ciò che indossiamo. S RICOSTRUZIONE DELLE UNGHIE IN perché: permette di decorare con estrema fantasia le unghie e di mascherare quelle smangiucchiate, dando la possibilità alle onicofaghe, mangiatrici di unghie per l’appunto, di avere mani finalmente curate. OUT se: la fantasia eccede di colore. Se avete la possibilità di cambiare fantasia tutti i giorni, in base a ciò che indossate, allora siete donne davvero fortunate. Ma nella maggioranza dei casi questo non avviene, perciò il consiglio è di puntare su disegni dai colori neutri o poco appariscenti. Oppure, se vi piace cambiare spesso, abbellite le vostre unghie naturali, a patto che siano curate, con smalto monocromo: vanno di moda i colori scuri. TRUCCO IN perché: ci salva da ogni situazione e dà un tocco di femminilità inconfondibile. OUT se: lo applichiamo scorrettamente. Attenzione in primo luogo al fondotinta, da diffondere in modo omogeneo e fino al collo, per evitare grumi e macchie o l’effetto cerone teatrale. E’ out anche l’occhio truccatissimo di giorno, soprattutto se di nero: meglio riservare trucchi d’effetto per la sera. MOLLETTINE & CO IN perché: ci fanno tornare un po’ bambine! Se ne trovano di tutti i tipi, dalle piccole, per raccogliere qualche ciuffo all’indietro, alle grandi, quest’anno in stile floreale, da ragazza di campagna. OUT se: in numero abbondante. Meglio non esagerare e metterne al massimo due se piccole, una sola se grande: troppi gingilli finiscono per stancare. No ai mollettoni da spiaggia e alle forcine di metallo. Se volete condividere con le altre lettrici i vostri segreti di bellezza o, al contrario, ricevere consigli in merito, o semplicemente dire la vostra, scrivete a [email protected]. Vi aspettiamo numerose! M RU FO A cura di Jacopo Zoffoli, 21 anni IL RITORNO DEI BARBARI IL MALAFFARE INVADE I GANGLI DELLA POLITICA, MA NE SIAMO VERAMENTE INDIGNATI? CHE EFFETTO CI FA SENTIRE CHE SIAMO SULLA VIA DELLA BARBARIZZAZIONE (CON LA DIFFERENZA CHE I BARBARI, QUESTA VOLTA, NON VENGONO A COLONIZZARCI DA FUORI)? SIAMO DAVVERO TUTTI VILIPESI E CONTENTI? Un’Italia stanca e disillusa Il forum di questo mese colpisce davvero nel segno, nel senso che mai come oggi è opportuno riflettere sull’atteggiamento del popolo italiano di fronte alle notizie che si susseguono di giorno in giorno. Un tempo, diciamo fino al 1994, anno dell’avvento di Silvio Berlusconi sulla scena politica, eravamo capaci di stupirci e di indignarci, di arrabbiarci e di combattere. Tre lustri di berlusconismo hanno condotto il Paese in un limbo, con un clima di rabbia e frustrazione miste ad incertezza, paura, stanchezza e disillusione. Non sono d’accordo con chi taccia gli italiani di ignavia e di codardia, né con chi dice che il mondo della cultura non ha fatto abbastanza, o peggio ancora è rimasto in silenzio, per opporsi alla deriva in cui stiamo precipitando. Ciò che è mancato, più di ogni altra cosa, in questi quindici anni è stata la politica, incapace di opporsi all’anti-politica predicata da Berlusconi: un’antipolitica che si è palesata in campagna elettorale con la chiusura di tutte le trasmissioni di approfondimento giornalistico. Non parlare, non discutere, non dibattere, non confrontarsi, non educare i giovani a formarsi un’opinione e ad esprimerla: questo sono gli unici messaggi che Berlusconi ha trasmesso agli italiani in maniera surrettizia e martellante. Attualmente, abbiamo un Ministro della Pubblica Istruzione che asserisce: la politica non deve entrare nelle scuole. Chissà se conosce davvero il significato della parola politica? Chissà se ha mai sentito parlare di personaggi come Maria Montessori e don Milani? L’unica analisi corrente che condivido è che siamo un popolo assopito, o per meglio dire scientificamente sedato da un governo che rifugge qualsiasi forma di dialogo. Molte persone cominciano a rifugiarsi nell’astensione, per ripagare con la stessa moneta una classe dirigente che si è progressivamente allontanata dai loro problemi. È questo il lascito peggiore del berlusconismo, ma probabilmente era anche il suo intento fin dall’inizio e adesso l’ha realizzato. Roberto Bertoni, 20 anni Ignavi o stufi? “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”. Con queste parole Dante Alighieri si scagliava contro l’anarchia e il disordine degli organismi politici dell’Italia duotrecentesca. Quello descritto dal Sommo Poeta è un paese abbandonato a se stesso, dove la Chiesa, oscillante tra la volontà di dominio e l’incapacità di esercitarlo, influenza in maniera preponderante lo Stato, ormai culla di corruzione, lotte di fazione e rovine sociali. Siamo nel 2010, e di diverso rispetto ad allora c’è che a cantare l’Italia non è più l’Alighieri, ma uno spiritoso trio, composto da un cantante-showman, un tenore e, udite udite, un principe: “Io credo nella mia cultura e nella mia religione, per questo io non ho paura di esprimere la mia opinione”. In tempi di elezioni e di “bavagli” all’informazione, una frase di questo tipo farebbe 15 chiede loro di prodigarsi per cambiare il sistema “malato” in cui vivono, quando i veri “untori” sono proprio gli stessi che avanzano queste pretese. Insomma, mi viene proprio da chiedermi se il letargo degli italiani è quello di un popolo di gente ignava o quello di un popolo di gente stufa. Giulia Molari, 18 anni Italia, amore mio! scalpore, rianimerebbe gli animi dei cittadini, permetterebbe loro di assumere maggiore fiducia in se stessi ricordando che noi tutti siamo eredi dei nostri nonni partigiani, dei nostri genitori sessantottini, che nell’Italia e nella sua indipendenza ci hanno creduto davvero senza mai aver paura di dire la loro. Eppure, l’italiano medio a una simile conclusione non ci arriverà mai, non perché meno intelligente e perspicace di un francese o di un tedesco, ma semplicemente perché il nostro popolo è sempre stato abituato a seguire un’idea di regime, che nel ’900 era il fascismo e che ora è il “berlusconismo”, come ha di recente scritto Jacqueline Risset in un articolo. Ecco, quindi, che un’opinione, per tornare alla strofa della canzone, il cittadino italiano non è in grado di crearsela, forse perché dopo il referendum del ’46 tra monarchia e repubblica ritiene superfluo qualsiasi altro tipo di votazione, forse perché lassù in Parlamento qualcuno che le decisioni le prende per tutti già c’è, o forse perché il cittadino italiano non si sente mai realmente preso in considerazione e adeguatamente rappresentato. E’ anche vero, però, che dagli Italiani si pretende molto, forse troppo: si chiede loro di far valere il proprio diritto al voto quando ad una settimana dalle elezioni non si sanno ancora con certezza i nomi di tutti i candidati, si Abbiamo la fortuna di abitare nel Paese del mare, del sole, circondati da testimonianze storiche ed artistiche uniche su questo pianeta. Offriamo ai nostri visitatori non solo il piacere per gli occhi, con le nostre belle città, i piccoli borghi, le cittadine di mare, ma immense gioie per il palato. Così, mentre mangiamo una pizza all’ombra dei monumenti più famosi o sfrecciamo con la nostra Vespa per i vicoli più inaccessibili della città, non ci accorgiamo che, a cento metri dal bar dove abbiamo gustato l’ultimo espresso, il politico di turno ci ha gabbato un’altra volta, proponendo l’ennesima legge o rilasciando la duecentesima dichiarazione che ci farà ridere dietro da tutta Europa – si scrive “Europa” ma si legge “Mondo”. Così, lʼitaliano medio continua a sognare la Ferrari e intanto sfreccia sulla Vespa come Valentino Rossi, magari imitando il suono della moto con la bocca L’Italia rassomiglia sempre più a quell’elemento presente in tutte le classi di studenti, quello sempre allegro, con la battuta pronta, l’anima della festa, che però, non appena tutti gli altri si riuniscono per parlare di cose serie, viene emarginato, ritenuto capace solamente di ridere e scherzare. Parliamo tutti male del nostro paese, ma alla fine non facciamo niente per migliorarlo, delegando la responsabilità del declino della terra italica a un qualsivoglia personaggio politico oppure ad una sbagliata combinazione astrale, colpa di Marte che è entrato nel segno del Toro. Denominatore comune: so di poter fare qualcosa per cambiare le cose, ma qui vige l’idea che “meglio rimandare a domani quello che posso fare oggi”. E meglio ancora se, oltre che rimandarlo, scarico la responsabilità su qualcun altro. Così, coloro che ne hanno la possibilità fuggono via ed ecco la “fuga dei cervelli”, concetto che non riguarda soltanto le giovani promesse che vanno a lavorare all’estero, ma anche l’esodo generale degli encefali che, ripugnati dal modo di ragionare di gran parte della società, sono scappati a gambe levate. I nostri amici ormai privi di mente passano ore davanti alla televisione, inebetiti dalle affascinanti e carismatiche figure che vengono propinate quotidianamente e costretti a pensare tutti allo stesso modo, acclamando in maniera autorevole gli eminenti personaggi politici dello schieramento di appartenenza, senza riflettere un minuto sulle loro parole. Dimenticavo, non possono riflettere, ricordate? La fuga dei cervelli! Così, l’italiano medio continua a sognare la Ferrari e intanto sfreccia sulla Vespa come Valentino Rossi, magari imitando il suono della moto con la bocca. E se gli alieni dovessero invadere il Bel Paese? Gli offriremo una pizza, un buon bicchiere di vino e tutti insieme intoneremo convinti “Italia, amore mio”. Chiara Castellani, 17 anni Primo piano 16 THE OTH L’ I T A L I A V I S T A D QUELLO CHE DA NOI NON FA PIÙ NOTIZIA SORPRENDE E IN ALCUNI CASI ADDIRITTURA TRAUMATIZZA LA STAMPA ESTERA. E ALL’ASSIOMA CHE SIAMO E RESTEREMO SEMPRE UN GRANDE PAESE, ORMAI, CREDIAMO SOLTANTO NOI di Michele Barbero, 22 anni n paese che sta sprofondando, in preda alla corruzione e agli affarismi. Una nazione ormai priva di qualunque fiducia nelle istituzioni, incapace di risollevarsi da una crisi culturale senza precedenti. Ecco come emerge l'Italia dalle colonne di innumerevoli giornali stranieri. Tra di essi, molti orientati a sinistra, inutile negarlo. Ma appare assurdo attribuire questa rappresentazione, come qualcuno sembra avere la tentazione di fare, a mere questioni di contrapposizione politica. Tanto più se tra i fogli in questione appaiono quotidiani del calibro di «Le Monde» ed «El Paìs». Riflettere su quanto misera appaia la nostra situazione all'estero può rivelarsi un'operazione sterile: una facile resa alla tendenza tipicamente italica a piangersi addosso. Ma, con il rischio dell'assuefazione sempre dietro l'angolo, dare uno sguardo ai nostri problemi da un punto di vista differente può essere l'unica via per farne emergere tutta la gravità. Se si può fare l'abitudine a tutto; se anche la condizione più drammatica, protratta nel tempo, si trasforma in normalità, allora qualunque mezzo utile al “risveglio” va accolto a braccia aperte. Leggendo ciò che l'Europa dice di noi, anche solo nelle ottime rassegne raccolte da «Internazionale», la presa di coscienza arriva improvvisa, come un calcio allo stomaco. Seguita a ruota dalla vergogna. Gli scandali relativi alla Protezione civile sono stati il colpo U di grazia alla credibilità del “sistema-paese”, come andava di moda chiamarlo un po’ di tempo fa. Che Berlusconi qualche panno sporco ce l'abbia, se si sforza così diligentemente di evitare i processi, è un dato acquisito da tempo all’estero (molto meno in Italia, dove ci si aggrappa in modo sempre più grottesco al principio dell'innocenza fino a prova contraria). Ma quella che emerge ora è la reale scala delle pratiche mafiose e pseudo-mafiose, e il livello di “intrallazzo” esistente tra affari e politica. E’ così che, per esempio, il maggior quotidiano spagnolo parla di una corruzione al confronto della quale le valigette piene di soldi di Tangentopoli “cominciano a sembrare un gioco da ragazzi”. Naturalmente la vicenda Di Girolamo, in merito alla quale l'«Economist» dichiara che “il governo non ha più scuse”, non ha aiutato a migliorare la nostra immagine oltre i confini. L'intera storia stupisce per la sua platealità, per la mancanza di pudore dei suoi attori principali: il parlamentare non solo cerca l'appoggio della 'ndrangheta, ci va pure a cena. Con tanto di messa in posa per le foto. La collusione mafia-politica, poi, emerge qui in modo talmente lampante, quasi “manualistico”, da far pensare più ad una sceneggiatura un po' banalotta che alla realtà, teoricamente complessa e sfaccettata per definizione. Queste vicende hanno certamente colpito negativamente anche gli italiani, e non solo gli stranieri. Eppure sono un riflesso inevitabile dell'aria che tira attualmente nel Bel Paese, segnato dal “berlusconismo”. Di questo clima, con 17 Un momento delle selezioni del Grande Fratello; nella pagina accanto, il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna e il Premier Silvio Berlusconi ERS A FUORI tutte le sue implicazioni (quando esse non si manifestano in modo troppo evidente, e mantengono un profilo appena più basso) l'italiano medio ha smesso di stupirsi. A differenza del resto del mondo occidentale. Limitandoci solo alle ultime settimane, «Le Monde» parla dello “stato d'ipnosi in cui gli elettori hanno votato per una destra pseudo-liberale” e dell'asservimento di molti uomini politici di fronte al leader massimo e alla sua opera di erosione dei principi democratici. Il familismo e l'oligarchia vengono denunciati dall'autorevole giornale francese come i principali pilastri della nostra politica, insieme alla diffusa convinzione che “la cosa peggiore è non avere protettori”. Nessuno oltralpe si spinge a credere che l'intero Paese sia piegato a questa logica; ma la nazione, nel complesso, appare come rassegnata o favorevole al Cavaliere e alla sua “politica del fare”. Una nazione, insomma, che nella maggioranza dei casi galleggia o nuota nel senso della corrente; solo in casi isolati contro. La crisi, poi, è anche culturale. «Libération» denuncia il livello mediocre della nostra televisione, contemporaneamente specchio e causa del degrado. Scrive Robert Maggiori: “Tutto è entertainment, pubblicità, talk show fatti di urla, minigonne e merletti. Sono pochissimi i programmi d'inchiesta, quasi inesistenti quelli di approfondimento cui partecipano filosofi, storici, sociologi, psicologi e scienziati. Raramente tra il pubblico delle trasmissioni si vede una persona dalla pelle nera”. Un giudizio lapidario, ma che ha la precisione di un identikit. Il familismo e lʼoligarchia vengono denunciati come i principali pilastri della nostra politica, insieme alla diffusa convinzione che “la cosa peggiore è non avere protettori” Sul piano sociale, inoltre, un altro fenomeno lascia basiti gli osservatori internazionali: la deriva leghista. Sempre «Libération», titolando “Un paese imbarbarito”, riporta scandalizzata le uscite apertamente xenofobe e violente dei media legati al partito di Umberto Bossi, che ormai da noi non fanno neanche più notizia. E afferma, indignata, che “nessun paese tollererebbe un tale livello di odio razzista e stupidità”. Tranne il nostro. La conseguenza naturale di questi giudizi è il declassamento dell'Italia, da parte dell'opinione pubblica occidentale, al di fuori del mondo pienamente democratico e sviluppato: sul piano politico e sociale, veniamo implicitamente considerati sempre più vicini all'Est europeo e sempre più lontani dal mondo anglosassone, tedesco e francese. Ed è forse proprio su questo punto che si fa più intenso il contrasto con il modo in cui gli italiani vedono se stessi. La nostra abitudine secolare a ritenere che tutto vada male, infatti, non si è mai separata dalla constatazione che però, allo stesso tempo, riusciamo sempre a trarci d'impaccio, riuscendo ad evitare il peggio. Ne consegue la propensione a sminuire la gravità dei nostri problemi: ci sono, ci causano un sacco di fastidi, ma in un modo o nell'altro l'Italia continuerà ad essere un grande paese. Come gli innamorati troppo coinvolti, che non riescono a guardare in faccia la realtà, anche noi abbiamo bisogno di aprire finalmente gli occhi: lo sprofondamento non è più un rischio da evitare, è già avvenuto. 25 aprile 18 QUANDO TENTANO DI PERDERE LA MEM IL REVISIONISMO STORICO E I PERICOLI CHE SI PORTA DIETRO IN UN’INTERVISTA ALLO STUDIOSO ED EX-PARTIGIANO ANGELO DEL BOCA di M. B. l revisionismo storico, che di questi tempi in Italia va di gran moda, non è altro che un riflesso della deriva politica che ha colpito il nostro Paese. Il linguaggio politico si è, infatti, progressivamente sciolto da tutti i vincoli che dovrebbero essere base necessaria per qualunque riflessione degna di questo nome: veridicità degli assunti di partenza, argomentazione, assenza di faziosità. Nell’era delle dichiarazioni televisive, tanto feroci quanto brevi e vuote di significato, questi prerequisiti sono venuti meno, e nessuno nelle alte sfere sembra sentirne troppo la mancanza. Ma un simile andazzo non è privo di conseguenze. Se in un contesto ufficiale come quello televisivo si può dire qualunque cosa senza che nessuno si sogni di chiedere spiegazioni, perché allora nell’ambito del dibattito scientifico-culturale la situazione dovrebbe essere diversa? Ed ecco che il revisionismo storico trova la strada spianata; ad esempio, nella sua rivalutazione in negativo dei partigiani, trascinati in blocco sullo stesso piano dei nazi-fascisti. Un’equiparazione, quella all’insegna del “commisero tutti uguali atrocità”, totalmente priva di fondamento: essa non tien in alcun conto, infatti, le ragioni (di ben diverso spessore) delle due parti in I lotta, il sostegno di cui godeva la Resistenza presso la popolazione, documentato dai rapporti delle stesse autorità dell’epoca, la differenza in termini di numero e intensità tra le violenze illegittime degli uni e degli altri. Angelo Del Boca e altri storici, nel recente saggio La storia negata (Neri Pozza editore), hanno denunciato questa piega preoccupante presa da una certa storiografia, che può essere definita “di potere”. Hanno tracciato il percorso compiuto dal revisionismo su una serie di temi, dal Risorgimento alla guerra anti-fascista, mettendone più volte in evidenza le debolezze interpretative e la funzione meramente strumentale. E rispondendo a questa deriva con le armi della serietà e del rigore. Perché, se la storia è scritta spesso dai vincitori, non è detto che chi ha perso abbia buona memoria. Professor Del Boca, il libro La storia negata, da lei curato, ha come sottotitolo Il revisionismo e il suo uso politico. Ma cos’è, esattamente, il revisionismo storico, e in cosa si differenzia dalla revisione che ogni buona storia, secondo un’espressione corrente, opera nei confronti di quella precedente? «All’uscita di questo libro, in effetti, una delle prime critiche rivoltemi è stata proprio “anche lei è un revisionista”. Il riferimento è naturalmente alla mia storia del colonialismo italiano in Africa (edita dal 1976, ndr), ma è un discorso che non regge: io mi trovavo di fronte una 19 FARCI ORIA... 6 maggio 1945. Piazza Vittorio Veneto, Torino: manifestazione per la liberazione (Archivio Istoreto); in basso, un ritratto di Angelo del Boca tradizione storiografica scarsissima, il cui punto di riferimento principale era ancora lo studio di Ciasca uscito a fine anni ’30. Ho fatto, quindi, un enorme lavoro di ricerca basato sui documenti, a partire dai quali mi è stato possibile ricostruire una storia che sostanzialmente ancora non era stata esplorata, o quantomeno senza un occhio sufficientemente critico e obiettivo. Per fare un esempio, nel ’27 un tenente colonnello ordinò il lancio di gas su un’oasi libica, redigendo un rapporto preciso; in più, mandò successivamente alcuni informatori ad osservare gli effetti dell’attacco, i quali riferirono per iscritto al loro superiore. Di fronte a ben due documenti di questo tipo, la possibilità per lo storico di “prendere un granchio” raccontando l’episodio è praticamente nulla. Ma nel Ciasca non si trovava alcun riferimento a questo avvenimento (né a molti altri simili). La revisione storica è, perciò, sacrosanta, nel momento in cui porta alla luce nuove fonti (rigorosamente indicate in nota) sulla base delle quali modificare o smentire i risultati affrettati raggiunti dalla storiografia precedente. Ma il revisionismo è altra cosa: si tratta di un’operazio- È necessario riportare lʼattenzione sui crimini gravissimi e diffusi compiuti dal nazi-fascismo ne che ha in mente un obiettivo preciso, stabilito a priori, con lo scopo di farne un’arma politica; obiettivo che si tenta di raggiungere in tutti i modi, anche a costo di gravi leggerezze metodologiche, e spesso forzando i documenti già studiati da altri, a causa dell’impossibilità di individuarne di nuovi che avvalorino la propria tesi». Ma può un buon lavoro storiografico essere obiettivo? O aveva ragione Salvemini, secondo cui lo storico che si dichiara obiettivo è quasi “un lupo travestito da agnello”? «Sicuramente la storia obiettiva al 100% non esiste. Ma si può aspirare ad arrivarci vicino, mantenendo onestà intellettuale e spirito critico. Detto questo, credo anche che un minimo di partecipazione da parte dello studioso sia non solo inevitabile, ma anche positiva, in quanto lo avvicina all’oggetto del suo lavoro. Quando, per esempio, mi sono occupato della guerra contro l’Etiopia, la mia simpatia andava evidentemente agli indigeni, e credo non sia difficile capirlo dai miei libri. Ma ciò non mi ha impedito di cercare di essere il più obiettivo e accurato possibile». Ne La storia negata emerge più volte l’esistenza di un “doppio binario”: da una parte la storiografia, dall’altra la divulgazione e i media; questi ultimi influenzano l’opinione pubblica più facilmente, ma spesso con tesi più approssimative e strumentali. Il revisionismo, usando questi canali e curandosi poco delle lunghe verifiche in teoria necessarie ad avvalorare un’argomentazione, si rivela spesso più “agile” nel rispondere ai temi scottanti del dibattito culturale. C’è il rischio che la storiografia “seria” sia messa all’angolo? «Posso rispondere che, a mio avviso, tra le qualità fondamentali di un buon libro di storia deve esserci la leggibilità: è evidente che un libro scritto in modo poco chiaro allontana i lettori. I miei testi, a detta dei loro stessi critici, si leggono bene: è il frutto del mio passato nel giornalismo, che è stato per me una vera scuola di chiarezza. Non uso mai più di 7800 parole diverse e tento di evitare termini inutilmente 25 aprile 20 Probabilmente inizio 1944. Pian D’Audi (Corio, provincia di Torino): gruppo di partigiani durante la distribuzione del rancio; in basso, distaccamento partigiano della 42ª brigata Garibaldi (Archivio Istoreto) complicati. Un buon libro di storia, fatto con serietà e ben scritto, può, dunque, rimanere al passo coi tempi, continuando molto a lungo ad avere voce in capitolo sui temi dell’attualità. Inoltre, spesso gli stessi giornali possono costituire uno strumento (decisamente reattivo ed adattabile) di una seria formazione anche in campo storico. Alcuni giornalisti, ad esempio Jean Lacouture, inviato nei primi anni ’50 di Le Monde in Marocco, hanno mischiato ottimamente giornalismo e storia». Il revisionismo sulla Resistenza e sul ruolo del Pci in Italia è collocabile soprattutto nell’ultimo ventennio. Quali ne sono state, secondo lei, le cause scatenanti, e perché esso trova oggi un terreno così fertile? «Direi che la causa principale risiede nel crollo della Prima Repubblica e nella nascita della Seconda sotto il segno di Berlusconi. Questo nuovo corso andava “puntellato” con una nuova storiografia, che erodesse l’anima antifascista della Costituzione tramite la denigrazione di due dei suoi principali garanti, il Partito Comunista e (non dimentichiamolo) il Partito d’Azione, in parallelo con lo screditamento della Resistenza. Il revisionismo che si è scatenato negli ultimi anni è l’opera utilitaristica di una serie di storici e giornalisti che si sono affollati attorno al nuovo potere, e che pur di mangiarsi la loro fetta di torta tentano di dare un appoggio “scientifico” al regime che si è venuto a creare. Un regime che sta portando avanti un duro attacco contro le prerogative del Parlamento e contro la Costituzione, la quale si erge in difesa di queste ultime. Credo sia giusto demitizzare queste pagine del nostro passato, ammettere che esse non sono immacolate. Ma tutto ciò è già stato fatto da storici ben più seri di Pansa e colleghi: penso tra gli altri a Claudio Pavone, che nel suo ottimo studio ha individuato nella Resistenza, oltre ad una guerra di classe e di liberazione, anche una terza “anima”, quella di guerra civile. I recenti revisionisti, invece, si sono lanciati in un’operazione le cui caratteristiche sono l’esagerazione, la costante assenza di apparato critico (fondamentale perché il lettore possa verificare la validità di quanto affermato da un ricercatore, andando a controllare se necessario i documenti da questi utilizzati), l’estrapolazione dei fatti dal loro contesto. Ecco così che, ad esempio, i fascisti uccisi dai partigiani dopo il 25 aprile sarebbero più di 20.000 secondo Pansa, quando l’unica cifra certa è quella denunciata dai prefetti (difficilmente accusabili di aver ritoccato i numeri al ribasso), ovvero 9800. Comunque una strage, nessuno lo nega. Tuttavia non si può non tener conto del fatto che ci si trovava alla fine di una guerra feroce, e della cui ferocia i responsabili principali non erano stati certo i partigiani. Citerò un’esperienza personale: io stesso vidi il tenente Longarotti (che molti anni dopo rincontrai per caso ad Aosta, dove era stato nominato magistrato!), sotto cui servii poco prima di passare alla Resistenza, fracassare la testa con lo scarpone a un partigiano giovanissimo, ferito solo leggermente alla gamba. In nome dell’onestà intellettuale menzionata prima, è necessario, insomma, riportare l’attenzione sui crimini gravissimi e diffusi compiuti dal nazi-fascismo. Di cui molti dei fatti sventolati e ingigantiti da Pansa non furono che la tragica conseguenza». Si ringrazia con particolare calore l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” per averci messo a disposizione l’archivio fotografico. Diritti 22 RAGAZZI, CHE COSTITUZIONE! NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI A COSA SERVE CONOSCERLA VERAMENTE? SINTONIZZATEVI SU RADIO JEANS E CON L’AIUTO DEL PROFESSOR PANIZZA E DEI GIOVANI REPORTER DI ZAI.NET NE SCOPRIRETE IL FASCINO E L’ATTUALITÀ di Caterina Mascolo, 22 anni commetto che vorrete girar pagina non appena scorgerete nel titolo di questo articolo la parola Costituzione, perché credete sia un argomento molto noioso e per giuristi in erba; però, un po’ per vergogna un po’ per eleganza, non osereste mai ammetterlo. I miei vaticini sono supportati anche dai sondaggi, dove la nostra Carta pare amatissima, ma non conosciuta. Vi domanderete come si possa apprezzare un testo di cui si ricordano, molto stentatamente, i primi cinque articoli, ma proviamo a giocare con un piccolo quiz. S Un piccolo quiz Quando è entrata in vigore? Quanti sono i principi fondamentali? Nell’articolo 2 la Repubblica cosa riconosce e garantisce? Cos’è una perequazione? Prima di sbirciare le risposte, oppure di lanciarvi in qualche ardito miscuglio di parole complesse, provate ad analizzare con un po’ di onestà il vostro livello di preparazione (se il gioco è di gruppo, a risultati disastrosi vi concedo qualche scappatoia: improvviso disinteresse, svenimenti, fughe in bagno, chiamate urgenti…).Eppure, se qualcuno vi chiedesse un vostro giudizio sulla Costituzione, credo ve la cavereste con un laconico “è sicuramente molto importante”, oppure, dopo un faticoso sforzo di memoria, potreste spiccicare qualche frase ascoltata da un professore in qualche dibattito televisivo. Ecco il nodo dell’articolo, direte voi, un bel discorsetto borioso sulla nostra ignoranza, sulla superficialità… alt! Non chiudete il giornale proprio ora! Ma vediamo i risultati del mio auto-test: il primo gennaio 1948 l’azzecco, così come il numero dei principi fondamentali, anche se mi soccorrono il numero degli Apostoli, degli Dei dell’Olimpo, dei cavalieri di re Artù e delle fatiche di Ercole. L’articolo 2 lo ricordo per sommi capi, il termine esatto mi sfugge e devo leggerlo. La perequazione? Suona come qualcosa di minacciosamente matematico, ma, in tutta franchezza, non ne ho la più pallida idea. Eppure tutte queste nozioni, all’apparenza vuote e formali, ci sarebbero davvero utili. 23 THE BEST OF… I PRIMI 3! Art. 1 – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art.3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Eccovi di nuovo scettici. Nella vita quotidiana potrò snocciolare una sfilza di commi? Nella mia giornata pratica, a cosa giova sapere chi sono i titolari dei diritti e delle libertà fondamentali? Ragionamento non proprio scorretto, ma attenzione: perché allora studiare gli integrali? Per la spesa basterebbe esercitarsi un po’ con le addizioni. Che spreco di tempo poi leggere Dante! Per comunicare sono sufficienti i rudimenti della grammatica italiana. Il ridicolo si sfiora con la geografia… Non ci si può accontentare della piantina del quartiere? Una riduzione ai minimi termini porterebbe ad eliminare qualsiasi grado d’istruzione superiore ai primi anni delle elementari. Potremmo essere allora persone migliori, oppure più felici? “Essere vivo richiede uno sforzo ben maggiore del semplice respirare”, così scriveva Neruda. Vivere significa anche rendersi partecipi e consapevoli del panorama che ci circonda, comprese le leggi alle quali siamo sottoposti. L’ago della bussola L’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha parlato di patrimonio di valori come di una bussola in grado di guidarci nelle quotidiane prove della vita. In questo grande La perequazione? Suona come qualcosa di minacciosamente matematico bagaglio che ognuno di noi costruisce, la Costituzione dovrebbe essere l’ago magnetizzato della bussola. Non è semplice considerarla tale se viene percepita come un pesante insieme di normative, come un macigno di parole difficili ed obsolete. Non pretendo però che voi, terminata la mattina scolastica, dopo i compiti, lo sport e chissà quale altra attività, apriate spontanei e gioiosi la Costituzione per leggere un articolo ogni sera. Sarebbe meraviglioso, ma poco realistico e forse in alcuni casi deleterio. Già, perché se nessuno la spiega in maniera semplice ma non banale, accattivante ma non sciocca, rischiamo solo di annoiarci. Se nessuno mostra i “retroscena” e ci guida nella comprensione dei termini più complessi, probabilmente essa sarà molto scarsa. La Costituzione come la musica! Come lasciare allora questa secca dove siamo incagliati? Vi propongo un’opzione non proprio convenzionale: considerate la Costituzione… come la musica! Quindi accendete la radio, o meglio Radio Jeans! Il nuovo progetto, infatti, viaggerà tra i nuclei più importanti del testo con il brio della musica e la bravura del Professor Saulle Panizza, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Pisa e autore, peraltro, del libro Ragazzi, che Costituzione!. L’occasione è invitante: gli articoli verranno commentati ed illustrati da lui con puntuali riferimenti all’attualità, intervallati da brani musicali in tema con l’argomento. Avrete la possibilità di partecipare attivamente allo svolgimento delle puntate: perché non essere presenti in studio? Essere più ferrati su questa tematica, oltre ad un riscontro scolastico (con la nuova riforma diverrà una vera materia), vi consentirà di gettare le fondamenta per un’impalcatura solida in futuro. Insomma, perché non essere “di sana e robusta Costituzione?” RAGAZZI, CHE COSTITUZIONE! Elementi di cittadinanza e Costituzione A cura di Saulle Panizza Con Introduzione tratta dagli intereventi di Carlo Azeglio Ciampi Edizioni Plus 436 pagine, 26,00 euro - La Costituzione italiana entrava in vigore il 1° gennaio 1948 dalla sintesi delle tre principali componenti dell’Assemblea Costituente, ovvero quella cattolica, liberale e socialista. Tra i principali protagonisti ricordiamo, ad esempio, Pietro Calamandrei, di cui citiamo una frase: “Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e della giustizia, potessero essere scritte su questa Carta”. - I Principi Fondamentali sono 12. - L’articolo 2 recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. - Per perequazione si intende la distribuzione delle risorse finanziarie nel settore pubblico, finalizzata al superamento degli storici ed attuali squilibri nello sviluppo delle diverse Regioni; tra gli strumenti dei quali essa può giovarsi, tipicamente il fondo perequativo. Elemento caratterizzante il nostro Stato sociale. SOLUZIONI: Test 24 EDUCAZIONE CIVICA QUESTA SCONOSCIUTA! PARCHEGGIARE NELLE AREE RISERVATE AI DISABILI, SPORCARE LE STRADE CON CARTACCE E RIFIUTI VARI, SCAVALCARE LA FILA SEMPRE E COMUNQUE… PER QUANTI DI NOI L’EDUCAZIONE CIVICA È SOLO UN OPTIONAL? A B C A B C A B C Nella vita quotidiana, dove potrò snocciolare una sfilza di commi? Sicuramente un giorno nel mondo del lavoro, ogni santissima volta che tenteranno di fregarmi! A scuola durante le temutissime interrogazioni a sorpresa... Una più intelligente alternativa al fingersi morto. Non ho idea di cosa sia una “sfilza”, né tanto meno un “commi”... Non so neanche leggere, perciò sto rispondendo a casaccio mentre faccio finta di sfogliare avidamente la mia copia di... di... Ma è il “Corriere dello Sport” questo? Parcheggio riservato ai disabili! Qua c'è poco da scherzare – occupare un posto riservato a disabili è una delle peggiori dimostrazioni d'inciviltà immaginabili! Dovrebbero piuttosto crearne un maggior numero – e questo lo dico da disabile... Sì, soffro di vertigini, specie quando vado per tetti a vandalizare le proprietà altrui! Beh, che facciamo? Parliamo del tempo che fa? Tanto non so leggere, ve l'ho detto... Gettare la cartacce in terra... Una gran cafonata! Io la tengo fino a quando non trovo un bel cassonetto bianco! Se ho un cestino a portata di mano è ok, ma in caso contrario mi chiedo: gli spazzini che li pagano a fare? In terra io ci butto di tutto e di più! all’autista! C Io prendo esempio dal mio babbo – autista di autobus da vent'anni: lui quando vede una gestante almeno all'ottavo mese la fa guidare al posto suo! A B C A B A B Sull'autobus lasci il posto a sedere a... Donne incinte, anziani, bambini piccoli... Insomma, quel che è giusto è giusto, anche perché un giorno capiterà anche a me di aver bisogno di un posto a sedere. Lascio il posto a sedere solo se arriva il controllore... Poi tento una via di fuga tra la gente e alla fine, se la faccio franca, faccio pure dei gestacci C Dice l'Art. 2 della Costituzione Italiana: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale... ok, l'ho cercato su Wikipedia, ma bene o male ne ricordavo il senso! Ma scusate, non lo sanno molti nostri parlamentari e lo dovrei sapere io? E daje, un minimo di realismo... Ora, così su due piedi, non ricordo di preciso cosa dice... ma sono quasi certo che l'Art. 2 viene dopo l'Art. 1 e forse, ma non ne sono sicuro prima dell'Art. 3... La mano sul fuoco però non ce la metto, ché oltre ad essere analfabeta so contare solamente fino a due. In definitiva, quanto è importante avere un minimo di senso civico? Il senso civico, o almeno il buon senso, dovrebbero essere fondamentali per una tranquilla convivenza... Peccato che troppo spesso ce ne si dimentichi, e pure “dall'alto” non è che vengano proposti ottimi esempi (vogliamo parlare delle risse in Parlamento?). Se persino gli atti di bullismo più estremi nelle scuole vengono giustificati dai sempre più diffusi “genitori chioccia” vuol dire che è andata persa la consuetudine d'insegnarlo a noi giovani. Non lo so e non m'interessa – è suonata la campanella della ricreazione! LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 54 26 TEATRO: Intervista a Claudio Santamaria GIOVANI CRITICI 29 VIVERE DI PERIFERIA: Le foto Palcoscenico 26 UNO STRANIERO DI NOME SANTAMARIA CADE LA PIOGGIA E UN UOMO, CHE VIENE DALLA PERIFERIA DI TUTTE LE METROPOLI, CERCA DI RICONOSCERSI IN UN MONDO NOTTURNO, VISIONARIO. CLAUDIO SANTAMARIA CI HA SVELATO CHE COSA SIGNIFICA METTERSI ALLA RICERCA DI SE STESSI NE “LA NOTTE PRIMA DELLA FORESTA” 27 di Isabella Del Bove, 18 anni, e Veronica Di Norcia, 20 anni ell’antichità l’attore era il tramite tra il mondo e l’invisibile: è proprio questo che mi spinge a mettermi sempre in gioco e a continuare le mie esperienze teatrali: la performance dal vivo non ha eguali». Così Claudio Santamaria presenta il suo ultimo ruolo ne La notte poco prima della foresta, opera teatrale del francese Bernard-Marie Koltès, in scena al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma per la regia di Juan Diego Puerta Lopez. Lontano per una volta dai set cinematografici, Santamaria ha incarnato sul palcoscenico un uomo, uno straniero, che in un lungo monologo confida a un passante nella notte la sua frustrazione, la sua malinconia e l’amarezza del non poter condividere con altri il suo ideale politico. Quella dello straniero incompreso è una tematica mai come oggi attuale, ma il dramma interiore del protagonista può essere letto da diverse prospettive: quella del clandestino che viene in contatto con una società diversa dalla sua, e deve perciò reinventarsi una vita spesso in antitesi con i propri sogni, quella dell’uomo moderno che, alienato dai valori in cui ha sempre creduto, si trova ormai sperso nel suo stesso quotidiano, senza più punti di approdo. O ancora, nel nostro clima di incertezza politica, lo spettatore può davvero ritrovarsi nel personaggio koltessiano a riflettere sulla propria condizione. Il tutto è accompagnato dalle musiche di Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro. Abbiamo chiesto a Claudio Santamaria di parlarci della sua performance; la descrive come una grande prova di recitazione, dove ha avuto una grande importanza la fisicità del personaggio. La notte poco prima della foresta è un monologo recitato quasi tutto d'un fiato, molto diverso da una sceneggiatura; come ti sei calato nel testo? «Esatto, è un monologo senza respiro, ci sono soltanto virgole, quasi mai punti, come fosse un grido disperato. Quando lo leggi per la prima volta non puoi decidere nulla: le idee che ti vengono in mente sono continuamente vanificate, devi recitarlo per capirlo veramente. Il testo deve entrarti nel corpo, nei muscoli: il lavoro di prova, quindi, è stato molto intenso, ma per questo molto stimolante. Ho imparato a gestire la tanta energia che metto in scena». Nel testo è molto forte la componente simbolista: cosa rappresenta la notte poco prima della foresta? «Credo che non si possa dare un’interpretazione univoca: la notte può rappresentare la fine, la morte intesa anche come liberazione. Il protagonista si trova, però, poco prima della foresta, un luogo in cui “se esprimi la tua opinione devi nasconderti, altrimenti ti sterminano a colpi di mitraglietta”. La foresta simboleggia l’uniformità, la tomba del libero pensiero. In questo senso, forse, la notte è termine e libertà al tempo stesso». Il personaggio del monologo odia gli specchi, parla per ore e ‘abborda’ subito senza pensarci due volte. Hai qualcosa in comune con lui? «Forse la sensazione, che ho avuto in passato, di voler abbandonare tutto, di sentire che non c'è via di uscita; in un mondo senza via d'uscita non puoi fare nulla per cambiare le cose perché è già stato demarcato tutto: “mappe bastarde hanno segnato tutto, le zone per le donne, gli uomini, le moto, il lavoro, la tristezza, la chiacchiera”. Ecco, ho provato questo sentimento nella mia vita, dire: adesso scendo dalla macchina, la lascio «N qui e inizio a vagare da solo». “Cerco una camera solo per stanotte, a casa mia non ci posso tornare”. Ma cosa cerca veramente il protagonista? «Il protagonista, come dice lui stesso alla fine, cerca qualcosa che sia come l'erba “in mezzo a questo macello” su cui potersi stendere, cioè qualcuno con cui condividere l’idea politica di creare un sindacato internazionale per la difesa dei “poveracci”, di quelli che non hanno nulla, abbandonati e lasciati all'angolo di una strada senza difesa e senza ragione». Hai interpretato Rino Gaetano in una fiction di successo; pensi che anche lui possa essere considerato straniero in un mondo che non lo capiva? «Ah sì, sicuramente Rino è stato considerato uno straniero, specie dopo il successo di Gianna a Sanremo, quando gli altri pensavano di averlo capito; così è per lo straniero, tutti pensano di capirlo, vedendolo come uno che viene lì e chiede i soldi, e invece no, non sono i soldi che lui vuole, non è quello che cerca. Dopo il successo di Gianna tutti da Rino si aspettavano quel genere di canzone, e invece lui voleva proporre qualcosa di diverso». In Romanzo criminale di Michele Placido tu hai vestito i panni di Dandi. C’è qualcosa in comune tra te e lui oppure lo hai visto come un estraneo, uno “straniero a te stesso”? «In comune? Sì, sono un criminale (ride, ndr), per forza c’è qualcosa in comune, nessun ruolo è completamente “straniero” all’attore, perché per affrontare un personaggio devi sempre ricercare un po’ quelle corde in te stesso; in comune con Dandi ho sicuramente il narcisismo». Prossimamente vedremo una miniserie Rai con Santamaria protagonista; ma se volete incontrarlo dal vivo, spulciate i localini della riviera romagnola, potreste trovarlo con una band di suoi amici, gli Equ, che molto spesso accompagna nei live. La battaglia non sarà più fra ricchi e poveri, ma fra i poveri e la classe media Bernard-Marie Koltès Vivere di periferia 28 STIAMO LAVORANDO PER VOI! IN ATTESA DELLA CERIMONIA CONCLUSIVA DEL FESTIVAL, VI PROPONIAMO NELLE PROSSIME PAGINE ALCUNE DELLE PIÙ SIGNIFICATIVE SEQUENZE FOTOGRAFICHE ARRIVATE IN OCCASIONE DEL CONCORSO E IN MOSTRA A ROMA FINO AL 24 APRILE accontare delle storie ai margini, catturarle in un testo, in un video o in una fotografia, esprimere, attraverso l’arte, la cultura urbana. Così, qualche mese fa, si era aperto il concorso “Vivere di Periferia”, destinato ai giovani tra i 12 e i 20 anni, e che, in questa sua prima edizione, proponeva due nuclei tematici: “Periferie, come sono, come le vorrei”, “Seconde generazioni: mio padre, lui non è italiano”. All’appello lanciato da Zai.net, Ambasciata di Francia e Fondazione Sotto i Venti, avete risposto in tanti, con entusiasmo, da tutta Italia, presentando punti di vista nuovi ed originali. Diverse sono state le tecniche utilizzate per la realizzazione dei lavori, così come i modi di intendere il concetto stesso di “periferia”; alcuni di voi hanno voluto interpretarlo nel senso più letterale del termine, proponendo inediti scorci urbani, esperienze di vita vissuta, filmati documentari o giornalistici, altri, invece, hanno preferito una chiave di lettura differente, identificando le aree periferiche come dimensioni astratte, stati mentali e dell’anima. Emozioni, sensazioni ma, soprattutto, contrasti: la possibilità di veder raffigurate insieme gioia e malinconia, bellezza e degrado, solidarietà ed intolleranza, integrazione e solitudine. In attesa della premiazione del 16 aprile a Roma, in cui verranno proclamati i vincitori, vi mostriamo nelle pagine seguenti alcuni degli scatti più significativi arrivati in redazione, già insigniti di un premio molto speciale: fino al 24 aprile, infatti, faranno parte della mostra R “La passione non ha limiti”, di Emiliano Pardo, 19 anni “C’est ici que j’habite”, allestita presso la sede del Centro Culturale San Luigi dei Francesi a Roma. Un’esposizione, questa, che rappresenta una perfetta sintesi di quello che è stato l’iter del concorso, che permetterà ai visitatori di calarsi appieno nello spirito dell’iniziativa e di seguire, grazie ad un cammino ideale tracciato dalle immagini, una sorta di diario di viaggio. Ma le sorprese non finiscono qui: il Festival delle Periferie entra nel vivo dei suoi appuntamenti con una serie di eventi che vi vedranno protagonisti. Nella giornata del 9 aprile, ad esempio, sempre a Roma presso la sede di San Luigi dei Francesi, avrà luogo un incontro in cui saranno presentati gli elaborati degli studenti del Lazio, con un ampio spazio dedicato ai dibattiti e alle testimonianze. La cerimonia conclusiva di Vivre de banlieue avverrà il 16 aprile, nell’ambito delle Giornate Romane della Francofonia, con un ospite d’onore, il fotografo Enrico Bartolucci, e l’assegnazione di tantissimi premi: un viaggio a Parigi, durante il “Festival Regards Jeunes sur la Cité”, per il vincitore/vincitori della sezione video, la realizzazione cinematografica della propria storia per il vincitore/vincitori della sezione soggetto, una videocamera digitale per il vincitore/trice della sezione fotografia. Saranno, inoltre, nominati anche i vincitori dei premi Saint-Louis de France, Bleu Blanc Rouge, A tes côtés, Zai.net, Junior, alla presenza degli sponsor dell’iniziativa: da Atout France al Comune di Torino, da Hachette FLE Sansoni a CTS. “C’est ici que j’habite”, la mostra nel cuore di Roma 12 tra i più interessanti lavori fotografici in concorso resteranno esposti a Roma, nella sede del Centro Culturale San Luigi dei Francesi (Piazza Toniolo, zona Pantheon), fino al 24 aprile. Nelle pagine che seguono a questo articolo un piccolo assaggio di quello che i visitatori potranno ammirare passeggiando nei locali della Mediateca. VIVERE DI PERIFERIA Vivere di periferia 30 Io non sono qui Je ne suis pas ici di Benedetta Saccomanno, 18 anni Liceo classico “Colombo” - Genova Né le pietre di Gerusalemme / Ni les pierres de Jérusalem Né la salsedine dei carruggi / Ni la salinité des chemins on c'è più un posto per chi ha lasciato tutto. Non c'è più patria, non come prima. Non c'è casa, non strada, non c'è l'amico di una vita da salutare all'angolo. Non sembra esserci una parte da recitare, non più la certezza di essere nel proprio mondo, di appartenere ai ricordi e agli oggetti come essi appartengono a te. Gli odori, ogni veduta, gli sguardi, ogni passo, nulla è propriamente tuo, di nulla più ti senti padre. E porti, tu padre, il tuo futuro, la tua famiglia in un posto altrove, qualunque e nessuno. Loro nasceranno figli di quel posto. Non per te ci sarà la semplice felicità di essere a casa. E lungo vicoli bui, immerso in piazze affollate, di fronte ad ogni sole sorto su pietre non tue, là ti sentirai straniero, ti sentirai solo, come se il tuo colore e i colori di tutto il resto, no, non potessero far parte, forse neanche un secondo, della stessa fotografia. N Né la folla di piazza Duomo / Ni la foule de Piazza Duomo l n’y a plus de place pour ceux qui ont tout quitté. Il n’y a plus de patrie, du moins pas comme avant. Il n’y a pas de maison, pas de route, il n’y a pas l’ami d’enfance qu’on salue au coin de la rue. On dirait qu’il n’y a plus de rôle à jouer, ni la certitude d’être dans son univers, d’appartenir aux objets et aux souvenirs qui sont les siens. Les odeurs et les regards, chaque vue ou chaque pas, rien n’est vraiment sien, on ne se sent plus parent de quelque chose. Et toi le père, tu portes ton futur, ta famille vers un endroit lointain, quelconque et impersonnel. Les enfants qui naîtront seront de ce lieu. Pour toi, il n’y aura pas le bonheur tranquille d’être chez soi. Et le long des ruelles sombres, perdu au milieu des places animées, face au soleil qui se lève sur des pierres qui ne sont pas tiennes, tu te sentiras seul, comme si ta couleur et les couleurs de tout le reste ne pouvaient, ne serait-ce qu’une seconde, faire partie de la même photographie. I 31 Alla ricerca della felicità A la recherche du bonheur di Menon Patwary, 18 anni Istituto professionale di Stato “Virginia Woolf” - Roma C'est l'Italie que je vois, différente de la façon dont je l'imaginais, où une fleur arrachée est mise dans une boîte, destinée à pourrir. C'est mon rêve. Celui de faire un voyage à la recherche de ce lieu merveilleux: le Bangladesh. ueste tre foto sono lo specchio della mia vita: un continuo di viaggi, addii e nuove speranze... Spesso mi sento estraneo sia in Bangladesh sia in Italia poiché quando dico "al paese mio..." non capisco a quale paese mi riferisco, ma forse questo è un dono perché ogni cultura mi arricchisce e ogni viaggio è una fantastica esperienza. Q es trois photos sont le miroir de ma vie: un flot continu de voyages, d’adieux et de nouveaux espoirs... Je me sens souvent étranger aussi bien au Bangladesh qu'en Italie car quand je dis "dans mon pays...", je ne comprends pas à quel pays je me réfère, mais peut-être ceci est-il un cadeau parce que chaque culture m'enrichit et chaque voyage est une expérience fantastique. C Vivere di periferia 32 Vivere in periferia Vivre en banlieue di Lorenzo Arpea, 18 anni Istituto professionale di Stato “Virginia Woolf” - Roma Edificio completamente ricoperto di graffiti / Bâtiment entièrement recouvert de graffiti o amo la periferia, nel senso che mi piace. Mi piace percorrere più le strade del centro, lo dico sempre, perché il centro è bello e lussuoso, ma anche troppo noioso. La creatività del centro è molto diversa da quella della periferia, e la luce che c’è in periferia è una luce diversa da quella del centro. Ho scattato foto a costruzioni triangolari, con muri grigi immersi in luce grigia attraversati da lanci di raggi di sole e di azzurro con ombre stranissime, a punta, perfettamente fatte a triangolo (quartiere vicino al Forte Prenestino). Ci sono strisce grigie e nere che sembrano dipinte, ma è l’aria sporca che le ha dipinte. Ho fotografato un edificio di altra forma, cilindrico, completamente ricoperto di graffiti, sulla Rampa Prenestina; tutto il viale che porta alla rampa è ricoperto di graffiti pieni di forti emozioni. Ho fotografato il Guardiano di Ferro del Forte Prenestino in una giornata di pioggia, immerso nel grigio della nebbia. Forse dovrei rifotografarlo in una giornata di sole, ma potrebbe andar bene anche così, perché il grigio crea un'atmosfera irreale e fiabesca, come se fosse neogotica. I J’ aime la banlieue, dans le sens qu’elle me plaît. D’accord, je préfère me promener dans les rues des centres villes, je le reconnais, parce que le centre est beau et luxueux, mais j’ajoute qu’il est aussi trop ennuyeux. La créativité qui règne dans le centre n’a pas grand-chose à voir avec celle de la banlieue, et la lumière de la banlieue, c’est autre chose. J’ai photographié des constructions triangulaires, avec des murs gris nimbés d’une lumière grise traversée de rayons de soleil et de bleu avec des ombres tout à fait étranges, en pointe, parfaitement triangulaires (quartier près du Fort Prenestino). Il y a des bandes grises et noires qui semblent peintes, mais en fait c’est la saleté qui les a dessinées. J’ai photographié un bâtiment d’une autre forme, un cylindre, entièrement recouvert de graffiti, sur la Rampe Prenestina ; tout le boulevard qui mène à la Rampe est couvert de graffiti pleins d’émotions fortes. J’ai photographié le Gardien de Fer du Fort Prenestino par une journée de pluie, plongé dans le gris de la brume. Je devrais peut-être le reprendre en photo un jour de soleil, mais pas forcément d’ailleurs, parce que le gris crée une atmosphère irréelle et féérique, presque néogothique. 33 Dimensioni parallele Dimensions parallèles di Elisa Fumagalli, 19 anni Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB) Dimensioni parallele 1 / Dimensions parallèles 1 Dimensioni parallele 3 / Dimensions parallèles 3 utto è ordinato, regolato dall'alto, ogni cosa che ti accade, ti accade perché ha un senso» (S.Tamaro, Va dove ti porta il cuore) «La comprensione esige silenzio» Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte. La vita non è un cammino semplice e lineare lungo il quale possiamo procedere liberamente e senza intoppi, ma piuttosto un intricato labirinto attraverso il quale dobbiamo trovare la nostra strada, spesso smarriti e confusi, talvolta imprigionati in un vicolo cieco. Ma sempre, se abbiamo fede, si aprirà una porta: forse non quella che ci saremmo aspettati, ma certamente quella che alla fine si rivelerà la migliore per noi! «È una bella prigione, il mondo». (William Shakespeare) Noi non conosciamo le persone quando vengono da noi; dobbiamo andare noi da loro per sapere quel che sono. Ogni strada seguita precisamente fino alla sua fine non porta proprio in nessun luogo. «T out est ordonné, réglé d’en haut, chaque chose qui t’arrive t’arrive parce qu’elle a un sens» (S. Tamaro, Va où ton cœur te porte) «La compréhension exige silence». Je tiens le monde pour ce qu’il est: une scène où chacun a un rôle à jouer. La vie n’est pas un chemin simple et linéaire le long duquel on peut marcher librement et sans entraves, mais plutôt un labyrinthe enchevêtré dans lequel on doit trouver sa route, souvent confus et désorientés, parfois prisonniers d’une ruelle aveugle. Mais si on a la foi, une porte s’ouvrira: peut être pas celle à laquelle on s’attendait, mais certainement celle qui se révèlera finalement la meilleure! «C’est une belle prison, le monde». (William Shakespeare) Nous ne connaissons pas les gens quand ils viennent à nous ; c’est nous qui devons aller à eux pour savoir qui ils sont. Une route suivie littéralement jusqu’à la fin ne débouche nulle part … «T Vivere di periferia 34 Ritratti di periferia Portraits de banlieue di Andrea Briscoli, 18 anni Istituto Tecnico per Geometri “Genga” - Pesaro La mia periferia, il mio spazio, i miei sogni Il mio futuro… / Mon avenir… L a periferia come luogo di identificazione, come spazio che mostra un vissuto: storie di giovani, del loro mondo, dei loro disagi e dei loro sogni. a banlieue comme un lieu d'identification, un espace qui témoigne d’un vécu : histoires de jeunes, de leur monde, de leurs souffrances et leurs rêves. L 35 La mia periferia Ma banlieue à moi di Debora Porta, 18 anni Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB) La mia periferia 3 / Ma banlieue à moi 3 utte le periferie sono simili: tranquille, silenziose e morte. La mia periferia non fa differenza, o almeno questo era il mio pensiero prima che un giorno di pioggia mi facesse scoprire un nuovo paesaggio. Attraverso quel piccolo varco creato dall'acqua e dal calore racchiusi nella mia casa, il cielo, le case e gli alberi sembrano prendere vita. La mia periferia non è uguale a nessuna. T outes les banlieues se ressemblent : tranquilles, silencieuses et mortes. Ma banlieue n’est pas différente, du moins c’est ce que je croyais jusqu’à ce qu’un jour pluvieux me fasse découvrir un nouveau paysage. À travers ce petit passage créé par l'eau et la chaleur enfermées dans ma maison, le ciel, les maisons et les arbres semblent prendre vie. Ma banlieue à moi n’est pareille à aucune autre. T Vivere di periferia 36 Perché chiamarla casa? Pourquoi l’appeler maison? di Elisa Pepe, 16 anni Istituto dʼIstruzione Superiore “Modigliani” – Giussano (MB) Attesa / Attente Fuga / Fuite on una casa ma un luogo in cui sentirsi al sicuro, dove la tua identità è segnata da un pezzo di scotch. Il luogo dove ti fermi ad aspettare qualcosa… anche solo un piccolo cambiamento che però non arriva. Il luogo da cui vorresti scappare, scappare con qualsiasi mezzo. N on pas une maison mais un lieu dans lequel te sentir en sécurité, avec ton identité marquée par un morceau de scotch. Le lieu où tu t’arrêtes pour attendre quelque chose… ne serait-ce qu’un petit changement mais qui n’arrive pas. Le lieu d’où tu voudrais t’échapper, t’échapper n’importe comment. N Vivere di periferia 38 IL SILENZIO DI SAINT-DENIS ANCHE GLI STUDENTI DEL LICEO “SUGER” DI SAINT-DENIS SI SONO ENTUSIASMATI PER IL NOSTRO CONCORSO E HANNO DECISO DI INVIARCI LE LORO TESTIMONIANZE di Noorih Mahamudally e Alexandre Lau, 16 anni Liceo “Suger”, Classe europea - Saint-Denis (Francia) i chiamo Noorih e abito in Francia. Noorih non è un nome francese, è arabo e significa “la mia luce”. Ora vi chiederete perché ho un nome arabo, e io vi rispondo dicendovi che sono musulmana di origine mauriziana (i miei genitori sono, infatti, nati alle Mauritius). L’isola di Mauritius si trova nell’Oceano Indiano vicino a quella di Madagascar e a quella di Reunion; è multiculturale e multiconfessionale: ci sono cattolici, cristiani, musulmani, induisti, buddisti. La sua multiculturalità si spiega col fatto che «M anticamente era governata dagli inglesi, che fecero affluire numerosi schiavi dalle altre colonie come mano d’opera per le industrie di canna da zucchero. Ma torniamo a me: vivo in Francia con la mia sorella maggiore nella periferia di Parigi, perché il centro costa troppo caro. Il nostro appartamento non è grande, per questo condividiamo la stanza da letto; mia sorella ha 23 anni, è nata alle Mauritius, ha studiato in Italia e poi alla Sorbona di Parigi; ha deciso di stabilirsi in Francia perché in Italia ha incontrato molte discriminazioni. 39 Al mattino, quando mi sveglio per andare a scuola alle sette meno un quarto, cerco di fare il più in fretta possibile per uscire dalla stanza senza disturbarla, lei si sveglia alle otto per andare al lavoro. E’ impiegata in un’agenzia di viaggi. Durante la settimana, non faccio colazione. E’ un’abitudine che ho preso quando stavo in Italia con i miei genitori (a proposito, i miei abitano in Italia, a Palermo, e siccome andavano al lavoro presto non si aveva mai il tempo per fare colazione). Poi faccio una doccia rapida, mi vesto ed esco per andare a scuola. Mi piace mettere i jeans con delle magliette che coprono i pantaloni, alcune volte metto anche le gonne, ma solo quando c’é il sole. Non ho uno zaino classico, cioè portato sulle spalle, ho una borsa, qui è molto di moda per le ragazze. Il liceo che frequento è intitolato a “Suger” (in italiano “Sugerio”), il grande abate cui si deve la costruzione della basilica gotica che rende Saint Denis, grande città alla periferia di Parigi, famosa in tutto il mondo. A Saint-Denis si possono trovare tantissime persone di diverse origini, è per questo che mi piace molto. Il liceo francese è diverso da quello italiano perché non ci sono classici, scientifici e cosi via, ma un solo tipo di liceo che ha diverse classi. Io sono in una classe scientifica, approfondisco perciò la matematica, le scienze e la fisica. Conosco le differenze tra la Francia e l’Italia perchè quando ero piccola ho fatto la scuola elementare e le medie in Italia, più precisamente a Palermo. Qui in Francia abbiamo quasi otto ore di lezione, che sono divise in quattro ore la mattina e quattro il pomeriggio; inoltre, a scuola incontro i miei amici, tutti di diverse origini. Poi a mezzogiorno torno a casa per mangiare i piatti tipici delle Mauritius, che assomigliano molto a quelli indiani, come ad esempio il riso con il curry; una pietanza veramente mauriziana è il riso fritto, fatto con della verdura mista e fritta. Dopo mangiato, torno di nuovo a scuola con l’autobus come tante altre persone (non costa molto ed in più è ecologico). Da casa mia fino al liceo sono circa 15 minuti; altri studenti che abitano più lontano, in alcuni casi persino in altre città, NON SOLO PERIFERIA A Saint-Denis di solito i turisti arrivano con la metropolitana che parte dal centro di Parigi; la loro meta è la splendida cattedrale gotica del XII secolo – secondo molti è il primo esempio di questo stile costruttivo – che ospita le tombe dei reali francesi da Pipino il Breve a Maria Antonietta D’Austria. Dopo mangiato, torno di nuovo a scuola con lʼautobus come tante altre persone (non costa molto ed in più è ecologico) Vivere di periferia 40 preferiscono rimanere al liceo e mangiare alla mensa. Qui in Francia sono gli studenti che cambiano aula e non i professori. Ogni due ore c’è una pausa, durante la quale chiacchiero e scherzo con le amiche e con i ragazzi, prendendo anche un caffè. Quando suona la campanella, tutti a casa: l’autobus su cui salgo attraversa tutta la città di Saint-Denis, passa accanto allo stadio e arriva davanti a casa mia, a La Plaine Saint-Denis. Rientro, faccio merenda, guardo la tv e poi faccio i compiti. Quando li finisco, accendo il computer e navigo su internet: qui, quasi tutti i giovani comunicano su MSN o Facebook e anche a me piace molto, perché in questo modo posso parlare con i miei amici dopo la scuola e comunicare anche con quelli che non vedo più. Alle otto poi rientra mia sorella, che di solito cucina piatti francesi perché sono facili da preparare; la serata trascorre con i racconti delle nostre giornate, guardiamo la tv e poi andiamo a letto». Alexandre, un simpatico pigrone «Io mi chiamo Alexandre, nome che significa “colui che guida gli uomini”. Mia madre aveva deciso di chiamarmi con un’altro nome, ma non voglio dirvelo perché mi vergogno. Ho quindici anni e frequento il secondo anno al liceo “Suger”. La mia famiglia è originaria della Cambogia, un piccolo paese nel Sud-Est dell’Asia. Vivo a Saint-Denis con i miei genitori e sono figlio unico. Sono nato il 24 luglio 1994 a Aubervilliers perché i miei genitori abitavano là, a due passi da Saint-Denis. A casa, i miei parlano khmer (la lingua della Cambogia) tra di loro e con me, ma io rispondo solo in francese. Quando non ho scuola, dormo fino all’una o le due di pomeriggio - ho bisogno di riposarmi molto e mi piace molto dormire. Per pranzo, a volte mangiamo piatti tradizionali della Cambogia, per esempio il riso con vitello e sugo di pomodoro ; altre volte mia madre cucina piatti italiani come la pasta, la pizza… Durante il pomeriggio, gioco al computer perché non mi piace uscire e perché, lo confesso, sono pigro. Internet mi permette di scaricare e guardare gratuitamente moltissimi film senza andare al cinema; i generi che preferisco sono il fantasy, d’avventura, d’azione, i cartoni animati e il 3D. Mi piace molto anche ascoltare la musica, in particolare R’n’B, un po’ la musica classica e quella francese, il rock, il pop, il rap americano e sopratutto la house. Vado pazzo per i Black Eyed Peas, Kanye West, David Guetta, amo il ritmo e il dinamismo delle loro musiche: mi permettono di ballare e di non essere triste. L’altra cosa che mi piace è giocare ai videogiochi di strategia, di gare automobilistiche, di guerra, di fantastia. Inoltre, per quelli di sport o di avventura, ho comprato la Wii; i miei videogiochi preferiti sono Need For Speed (gara), Borderlands (guerra), Plants vs Zombies (strategia). I videogiochi non sono solo un mezzo per divertirsi, ma permettono di fuggire dalla realtà, dimenticando i guai, la scuola, diminuendo lo stress della vita quotidiana. Internet mi serve anche per diverse cose pratiche. Per esempio, comunico con i miei amici su MSN o Facebook, consulto la posta elettronica, guardo la tivù, m’informo, faccio delle ricerche per la scuola o per i compiti di classe… Internet è l’attività giusta per la gente pigra come me! La sera, ho l’abitudine di mangiare solo davanti alla tivù e poi continuo a stare sul computer fino all’una o alle due di notte - in pratica, sto su Internet tutta la giornata. L’unico hobby che pratico con i miei amici di classe è giocare al Rubik’s Cube facendo delle competizioni per stabilire chi è il più rapido». A casa, i miei parlano khmer (la lingua della Cambogia) tra di loro e con me, ma io rispondo solo in francese GIORNALISTI CON UN BASTA UN COLPO DI MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA. LORO L'HANNO FATTO... Cos’è Zai.net? Un network che prende vita nelle varie edizioni della rivista mensile (nazionale, Lazio e Liguria), nel sito, nella radio e nelle tante iniziative che coinvolgono le scuole di tutta Italia. Dove si trova il mensile? Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a scuola, in classe. Per ricevere la tua copia a casa, puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”. Come si entra a far parte della redazione? Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]), oppure cercare il gruppo Zai.net su Facebook: noi vi teniamo al corrente sul percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le distanze non contano, contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere. Come si finanzia Zai.net? Finora ha spesso contato sul contributo economico di Enti pubblici e privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative. Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice. Info: [email protected] - tel. 06 47881106 ELISA, 15 ANNI Ho conosciuto Zai.net grazie alla mia professoressa di italiano, che lo utilizza come un vero e proprio laboratorio di scrittura. Anche se ho appena preso contatti con la redazione, già mi sento a casa e spero di riuscire presto a pubblicare qualcosa di mio e a dare un contributo. MIRKO, 15 ANNI La prima volta che ho sfogliato questa rivista è stato grazie a mio fratello maggiore, che ci pubblicava degli articoli. Così ho cercato di imitarlo, ed eccomi qua! All’inizio pensavo che sarebbe stato difficile affrontare la sfida, ma poi ho capito di poter imparare molto. GIULIA, 17 ANNI Leggo Zai.net da un bel po’, ma pensavo che non fosse semplice collaborare. Poi un giorno ho mandato un’email e ho subito ricevuto la risposta... incredibile! Adesso ricevo spesso gli inviti della redazione a scrivere per il forum e nella rubrica delle recensioni. Musica 42 LA BUONA NOVELLA DELLA DOPO IL SUCCESSO DEL TOUR PFM CANTA DE ANDRE’, LO STORICO GRUPPO PROGRESSIVE CI REGALA UN’ALTRA FONDAMENTALE OPERA DI FABER, INTIMA E DELICATA di Serena Mosso, 18 anni Liceo classico “L. Manara” agli esordi negli anni ’70 a oggi Franz Di Cioccio, Franco Mussida e Patrick Djivas hanno regalato ai loro fan storici e ai sempre più numerosi giovanissimi che li seguono il meglio della musica progressive italiana. Da qualche tempo, con il loro tour “PFM canta De André”, hanno anche restituito un Faber scomparso e rimpianto da tutti, ma che oggi come non mai sembra essere vivo sui palchi di tutta Italia. Ne parliamo con il bassista Patrick Djivas. Com’è nato il tour “PFM canta De André” e come sta procedendo? «Qualche anno fa facemmo un concerto a Firenze per festeggiare il 25° del disco del ’79-’80 con Faber. Dal grande successo che ebbe è nato “PFM canta De Andrè” e da allora non ci siamo più fermati. Ancora oggi continua, grazie alla richiesta della musica di Faber anche da parte dei giovani che nel ’79 non erano nemmeno nati. Ci divertiamo tantissimo, ogni volta modifichiamo i pezzi aggiungendo e cambiando alla maniera della PFM. Ma non possiamo definirlo un nuovo tour, perché la PFM suona tutto l’anno in un “neverending tour” che non finisce mai». Faber descrisse il vostro progetto come “un esempio di collaborazione fra due modi completamente diversi di concepire ed eseguire le canzoni”. Che rapporto avete avuto con lui? «La nostra musica non è stata un vestito che ha fatto da accessorio al testo di Faber. Lui lasciava più spazio al testo attraverso una musica sobria, mentre per noi ogni nota aveva un significato intrinseco. Nella nostra collaborazione abbiamo cercato di ridipingere le parole, ascoltando il testo e cercando di riproporlo in musica con attenzione e perizia. Dopo l’esperienza con noi Faber ha cambiato radicalmente il suo rapporto con la musica, rendendosi conto della sua D PFM 43 importanza per essere un artista completo». Siete state la prima band italiana a scalare le classifiche americane negli anni ’70. Quale pensate sia stato il segreto del vostro successo mondiale? «All’epoca eravamo n° 1 in Italia, mentre in America cominciavamo da zero, suonando 20 minuti all’inizio dei concerti prima delle star. Piano piano, però, ci siamo conquistati il nostro spazio attraverso arrangiamenti elaborati e una scrittura che spesso sconfinava nella partitura da musica classica, come i gruppi progressive di quegli anni. Gli americani erano abituati alla cultura di jazz, rock e blues, dove l’improvvisazione e il lasciarsi andare sul palco sono chiavi fondamentali, e la PFM è forse uno dei pochissimi gruppi in cui metà del concerto era ed è ancora improvvisato. Questo è stato il segreto del successo che abbiamo avuto in America». Quale progetto della PFM ritieni sia il migliore? Esiste secondo te l’opera perfetta? «E’ difficile, l’ultimo lavoro è sempre quello che preferisci appena ne concludi la realizzazione, ma quello che a me è piaciuto di più è Stati di Immaginazione perché, forse è quello che più ci rappresenta. Avemmo l’idea di Dopo lʼesperienza con noi, Faber ha cambiato radicalmente il suo rapporto con la musica, rendendosi conto della sua importanza per essere un artista completo improvvisare su dei filmati e, quindi, abbiamo potuto spaziare dal rock durissimo ad altri brani con un minimalismo estremamente delicato. L’opera perfetta? Dio ce ne scampi! Perché se ci fosse un’opera perfetta l’arte sarebbe già finita. Si può dire che forse ci sono opere perfette nella costruzione, come la nona di Beethoven; ci può essere un’esecuzione perfetta, ecco, ma l’opera non può esserlo». La PFM si è data molto da fare in favore delle vittime del terremoto in Abruzzo dello scorso anno. Come è nato il progetto di solidarietà e qual è stata la risposta degli altri musicisti italiani e l’esito dell’iniziativa? «Il nostro batterista e cantante Franz Di Cioccio è abruzzese, perciò ha sofferto particolarmente. Si è dato molto da fare e noi lo abbiamo assecondato con tutto quello che potevamo fare. Lui si è esposto in prima persona, ricevendo da altri musicisti ottimo sostegno; da altri un po’ meno perché purtroppo quando succedono queste cose inevitabilmente c’è chi fa calcoli. C’è chi pensa “Cosa mi conviene fare? Come posso combinare i miei interessi personali?”. Ciò ha lasciato l’amaro in bocca a Franz, e qualche delusione». Come pensi che la PFM abbia influito sulla musica italiana e come credi sia cambiata la musica italiana dagli anni ’70 a oggi? «La PFM è stata il primo o forse l’unico gruppo ad avere avuto una carriera internazionale di un certo tipo, non legata al circuito italo-americano. Abbiamo inventato un modo di fare rock nella musica italiana, penso per esempio alla “tarantella rock” che abbiamo tirato fuori con Celebration e usato poi in Bocca di Rosa. Tornando a De André, possiamo dire di averlo aiutato a rendere la sua musica popolare senza toglierle i connotati artistici – prima di lavorare con noi, non voleva più fare concerti; aveva un certo timore di pubblico e palco, essendo un cantautore di nicchia, intellettuale. Da un punto di vista artistico, abbiamo sostenuto il live in Italia; l’anno scorso abbiamo fatto 120 concerti, e non andiamo a X Factor o Amici, trasmissioni che ormai hanno preso in mano le redini della musica italiana e che sfornano musicisti che fanno sì e no 25 concerti l’anno. Andiamo sul palco senza computer, effetti speciali e il nostro pubblico si rende conto che la musica non è solo la trasmissione televisiva, i glitter e il trucco. Diffondiamo un modo di suonare più vicino a quello dei locali di jazz o di rock, dove c’è un calore ben diverso da una produzione televisiva». Progetti futuri? «Abbiamo deciso di riarrangiare la Buona Novella di De André, un’opera molto delicata e intima rimasta di nicchia ancora più delle altre. Ci piaceva molto e dopo averci lavorato all’epoca come musicisti abbiamo deciso di riprenderla. Il disco uscirà per Pasqua, e seguiranno altri concerti». Un consiglio per i giovani e le band emergenti? «L’unica cosa che posso dire a un ragazzo è di non pensare di fare successo con la propria band. Non ha senso, non è così che si intraprende una carriera, la si intraprende per portarla avanti per 40 anni. Non bisogna uscire e fare subito successo, ma impostare ciò che si vorrà essere per quarant’anni; questo non significa stare in casa e fare le scale alla chitarra, ma prepararsi alla propria scelta musicale così come un avvocato si informa e sceglie la sua università. Non bisogna stare lì ad aspettare dietro alla porta di Amici un successo travolgente dall’oggi al domani, perché questi successi durano sei mesi e poi spariscono per sempre, non tornano. L’importante è iniziare con un piccolo passo; io ho iniziato a 17 anni suonando in situazioni assurde fino ad arrivare a certi livelli». Emergenti 44 WANS IN LOMBARDIA UN GRUPPO SI STA IMPONENDO SULLA SCENA MUSICALE UNDERGROUND, MA SAPPIAMO SOLO CHI NON SONO: I WE ARE NOT SUPERMAN! di Chiara Colasanti, 19 anni tre ragazzi di Como che si fanno chiamare WANS sono Sergio, 23 anni, cantante, lavora in una ditta tessile; Marco, 19 anni, chitarra e seconda voce, studia termoidraulica; Stefano, 20 anni, chitarra, studente; al gruppo si aggiungono anche altri ragazzi che danno una mano con i live. Ormai abbastanza conosciuti per la bellissima Is There Anybody (se non l’avete ancora sentita, correte su www.myspace.com/wearenotsuperman), scritta da Alex dei Cinderella’s Revenge (ne abbiamo parlato su queste pagine, se non vi ricordate chi sono, cercateli in rete, ndr), i WANS si formano nel settembre 2009 dall’idea di Seg (voce e screamer dei Tomorrow Can Wait) e Mark (Fire Of Return); nel novembre 2009 si aggiunge Stenie, chitarrista in cerca di gruppo. Nascono, così, i primi pezzi e a dicembre registrano il primo pezzo, Is There Anybody con la Apocalypse Record. Quali sono i problemi più grandi ai quali andate incontro quando state assieme? «Mah… direi nessuno, a parte Seg, che invece di cantare si mette a mangiare ogni due secondi!». Cosa pensate della situazione contemporanea della musica in Italia? «In Italia se non fai quello che vogliono le major ti tocca rimanere nell’anonimato, purtroppo si ha una mentalità troppo chiusa rispetto a paesi come Germania, Inghilterra o Stati Uniti. Li screamo, metal e powerpop sono all’ordine I del giorno su MTV. Abbiamo tantissimi gruppi molto validi in Italia che fanno parte della scena alternativa come noi, ma che purtroppo non riescono a emergere». Quanta importanza date al look? «Se ti dico che ho lo stesso taglio di capelli da 10 anni ci credi? Scherzi a parte, credo che al giorno d’oggi il look sia fondamentale. La società odierna punta tutto sull’aspetto fisico e molti gruppi sono venuti fuori solo grazie al loro aspetto. Quindi mi sa proprio che bisogna adeguarsi (sarà meglio che elimini questa pancetta in fretta, sennò i Broken Heart College mi rubano la piazza!)». Progetti futuri? «Per ora suonare il più possibile. Accettiamo quasi tutte le date che ci vengono proposte, anche se costano un po’ di sacrificio. Stiamo lavorando su molti pezzi, aspettando un contratto. Speriamo di riuscire in quest’impresa!». Quanto ha aiutato myspace? «Crediamo che myspace, come del resto i milioni di social network esistenti, facciano molto per la diffusione della musica. Basta pensare ai tantissimi siti che permettono di caricare il proprio pezzo per poi diffonderlo a milioni di utenti! Diciamo che senza myspace non saremmo mai riusciti ad arrivare dove siamo ora, anche se di strada ce n’è ancora molta!». State ancora fermi a leggere? Andate ad ascoltarvi Is there anybody, cercateli su Facebook… non vi basterà mica sapere chi non sono?! Festival 45 IJF 10 QUARTA EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL GIORNALISMO DI PERUGIA. QUEST’ANNO ANCHE ZAI.NET È TRA I PARTNER UFFICIALI PER ORGANIZZARE UNA SEZIONE RIVOLTA ALLE QUESTIONI DEI GIOVANI CON OSPITI DI PRIM’ORDINE l Festival Internazionale di Perugia, giunto ormai alla sua quarta edizione, si è affermato negli anni come una delle più prestigiose iniziative legate al mondo dell’informazione a livello mondiale. Anche quest’anno la città si tira a lucido per accogliere molti dei più importanti giornalisti del globo e più di duecento volontari da diversi Paesi. Fra gli ospiti di questa edizione, ricordiamo – scusandoci per non poterli inserire tutti – Gian Antonio Stella, Concita De Gregorio, Fabrizio Gatti, Lirio Abate, Peter Gomez, Marco Travaglio. Per gli ospiti internazionali forse i nomi non vi direbbero niente, ma vi basti sapere che ci saranno giornalisti della Bbc inglese, del network arabo Al Jazeera, del quotidiano francese Le Monde… In più, la prestigiosissima presenza del Premio Nobel e fondatore di Current Tv Al Gore, già vicepresidente degli Stati Uniti. Anche Zai.net sarà presente con i suoi due migliori reporter, Matteo Marchetti e Luca Sappino, incaricati di curare una sezione “generazionale” all’interno della manifestazione, e con una squadra incaricata di seguire gli eventi per conto di Radio Jeans. Gli incontri saranno quattro, si svolgeranno al Centro Servizi “G. Alessi” e gli ospiti saranno naturalmente di primissimo piano. I 21 aprile, ore 17:00 Il calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione Con Oliviero Beha (Il Fatto Quotidiano), Giovanni Francesio (scrittore, autore di Tifare contro, libro sul mondo ultrà), Gianni Perrelli (L’espresso) e Matteo Marani (direttore de Il Guerin Sportivo).Sui treni di tifosi e sulle gradinate degli stadi intere generazioni hanno sognato, combattuto e scritto una storia del calcio diversa e parallela a quella del campo. Dai tempi dei cappelli lanciati in aria fino agli assalti alle caserme, passando per battaglie che di sportivo hanno ben poco, dalle maglierie artigianali alla ipersponso- rizzazione, il calcio e chi lo segue hanno anticipato e raccontato 80 anni di società italiana, e continuano a farlo. 22 aprile, ore 15:00 Il movimento studentesco e i media Con Tano D’Amico (uno dei più grandi fotoreporter italiani), Francesco Raparelli (Uniriot.org), Concetto Vecchio (La Repubblica) e Mimmo Calopresti (regista, direttore Aamod). A partire dal Sessantotto l’eco mediatica è una delle gambe su cui camminano le proteste studentesche: negli anni, attraverso modalità creative e di impatto, le mobilitazioni degli studenti hanno cercato modi inediti per catturare l’attenzione. Non sempre, però. Quello con la stampa è un rapporto di amore e odio. Nei luoghi della protesta il giornalista è visto come un possibile mistificatore, alle volte un servo o comunque un nemico. In realtà dall’impatto mediatico che una protesta ha dipendono direttamente le sue possibilità di successo. Ma non tutti lo vogliono ammettere. 24 aprile, ore 15:00 La storia per chi non c’era Con Vittorio Vidotto (Università “La Sapienza”), Benedetta Tobagi (scrittrice), Giovanni Fasanella (Panorama). Alcuni dei più travolgenti successi editoriali degli ultimi anni sono stati saggi di divulgazione storica, spesso a firma di apprezzati giornalisti. Migliaia di copie spesso finite nelle mani di neofiti o giovani. Questo impone, nell’analisi e nella discussione dei contenuti, questioni relative alla correttezza e all’ammissibilità di una metodologia che, avendo poco di scientifico, si presta a facili strumentalizzazioni (es. Resistenza, foibe, anni di piombo). Indugiare sul sensazionalismo o sulla memorialistica può essere di straordinario interesse per chi rilegge eventi già noti, ma altrettanto fuorviante per chi, come giovane o neofita, può cadere nel pressapochismo, complice una scuola che quasi sempre lascia scoperta la storia contemporanea. 25 aprile, ore 15:00 Giovani, giornalismo e precariato Con Claudio Cerasa (Il Foglio), Stefano Feltri (Il Fatto Quotidiano), Roberto Seghetti, Erica Vagliengo (freelance, scrittrice) e Claudio Velardi (politico, imprenditore, già editore di testate come il Riformista). La precarietà è la costante di una generazione. Qualunque carriera si scelga di intraprendere sarà il precariato la via d’accesso, sarà il precariato la condizione labirintica da cui difficilmente si esce. Anche nell’informazione. Tra eterni stagisti e scuole di giornalismo, manodopera qualificata e gratuita, c’è un problema di accesso alla professione? Recensioni 46 CINEMA Crazy Heart Di Scott Cooper, con Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal LIBRI Il castello di Otranto Di Horace Walpole, Oscar Mondadori (testo originale a fronte), 255 pagg., 8,40 euro La vicenda narrata da Horace Walpole nella seconda metà del Settecento, e considerata il primo romanzo gotico della letteratura, si ambienta nel castello della città pugliese, come suggerisce il titolo, in un tempo che rimanda all’epoca medievale di cui, tuttavia, non compaiono precisi riferimenti cronologici. Il romanzo si apre con la misteriosa morte di Corrado, principe di Otranto, il giorno delle sue nozze con la principessa di Vicenza, Isabella. Il giovane muore schiacciato da un gigantesco elmo e suo padre, il re Manfredi, non esita a risolvere il problema della successione dinastica proponendo a Isabella di sposarlo. Ma presto a corte si verificheranno fatti inspiegabili: tra quadri che prendono vita, rumori sinistri, un gigante che si diverte a gironzolare per il castello e l’arrivo di un affascinante contadino, la famiglia reale dovrà accettare il cambiamento del destino della sua discendenza dettato da una profezia che aleggia da tempo sui consanguinei di Manfredi. Questo volumetto è una vera e propria finestra aperta sui costumi del Medioevo: col procedere delle pagine e presi dal ritmo della narrazione ci si rende conto anche della condizione delle donne, si conosce da vicino la vita di corte, la cultura cortese-cavalleresca e l’influenza delle superstizioni sugli uomini e donne del tempo. Non vengono menzionati fatti o riferimenti storici, e per i non appassionati di storia questo non può che essere un punto a favore. Un motivo per leggerlo: Precursore della tradizione gotica da cui prenderanno spunto molti autori successivi, come Bram Stoker e Mary Shelley, lo consiglio a coloro che sono appassionati di questo genere e a quanti, in generale, apprezzano l’analisi sociologica più che quella storica. Un motivo per non leggerlo: I personaggi sono stereotipati – o troppo buoni o troppo malvagi - e mancano dell’evoluzione psicologica che troviamo nella letteratura più matura. Chiara Castellani, 17 anni La Fox Searchlight è ben nota per la sua capacità di trovare film indipendenti a basso costo che riescano a raggiungere incassi discreti. L’ultimo, Crazy Heart, ha già dato le prime soddisfazioni: due Golden Globe e ben tre Oscar, tra cui miglior canzone per The Weary Kind, firmata dal famosissimo TBone Burnett e dal compianto Ryan Bingham. La storia, però, non brilla per originalità: il protagonista, Bad Blake, è un noto musicista e cantante country che per sopravvivere girovaga per l'America suonando in localacci di dubbio gusto. Un giorno conosce una giornalista, con figlio a carico, che lo accoglie nella sua vita facendogli scoprire quanto la normalità e la famiglia siano la vera rivoluzione della vita. Insomma, la solita tiritera del musicista ribelle alcolista e ultra-sessantenne che, alla fine, si redime. Eppure la storia viene retta dall'interpretazione del protagonista Jeff Bridges, mai stucchevole, mai eccessivamente estremo, che riesce a dare spessore al personaggio senza mai catalizzare troppo le attenzioni su di sé, lasciando spazio anche al resto del cast. Un motivo per vederlo: Jeff Bridges, appunto! Un motivo per non vederlo: Maggie Gyllenahaal, troppo poco coinvolgente e a tratti insopportabile. Francesca Casella, 19 anni TEATRO La Locandiera Regia di Pietro Carriglio. Con Galatea Ranzi, Luca Lazzareschi, Sergio Basile, Luciano Roman La sera del 16 marzo al Teatro Eliseo di Roma sarebbe dovuto andare in scena il capolavoro goldoniano La Locandiera, ma quello a cui il pubblico ha assistito tutto era tranne che una commedia di Goldoni. Recitazione impostata e shakespeariana, tempi lentissimi, regia, scene e costumi tristi e sostanzialmente poveri di novità e di idee. Cosa più tragica, l’intero testo è stato tradotto dal veneziano all’italiano perdendo gran parte del suo fascino. Lo spettacolo, diviso in due atti troppo squilibrati tra loro, è risultato pesante al pubblico che nella pausa ha commentato in maniera pessima la performance. Per fortuna che prima dell’inizio della rappresentazione il direttore del teatro ha annunciato uno spettacolo di grande tradizione! Siamo ridotti davvero male se a tradizione dobbiamo accostare la parola noia o, ancor peggio, approssimazione. Un motivo per vederlo: Se a scuola vi costringono. Un motivo per non vederlo: Non sono sufficienti quelli che vi abbiamo elencato? Jacopo Zoffoli, 21 anni Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m , 47 MUSICA MOSTRA Smashes & Trashes Fabrizio De André - La Mostra Di Skunk Anansie, 2009 Fino al 30/5/10, Ara Pacis, Roma, biglietto intero: 9 euro (gratuito sotto i 18) E’ uscito in Italia per Carosello Records il best of che segna l’attesa reunion della rock band inglese di Skin dopo meno di un decennio. Smashes & Trashes contiene brani selezionati dai primi tre album della band, dalla gioiosa Weak alla celeberrima Hedonism (Just Because You Feel Good), da Secretly a Charlie Big Potato, un album senza tempo dove ritrovare hit indimenticabili; tre sono gli inediti proposti: Because of you, in testa alle classifiche da ormai più di un mese, Squander (nuovo singolo) e Tear The Place Up. Grande è l’attesa di rivedere su palchi italiani il celebre gruppo rock, la cui anima è la cantante Skin (Deborah Dyer), che con la sua immagine originale e le sue irruenti interpretazioni riesce sempre a coinvolgere tutto il pubblico. In occasione del “Rock in Roma 2010” gli Skunk Anansie si esibiranno il prossimo 15 luglio all’Ippodromo delle Capannelle in un concerto dal vivo assolutamente da non perdere. In definitiva, Smashes & Trashes è un ottimo lavoro: il materiale audio e video è stato curato nei minimi dettagli, per non parlare dell’aspetto grafico. Un motivo per ascoltarlo: Non ci sono orpelli, ma importanti riprese, belle foto e memorabilia di ogni tipo da conservare con gelosia. Costa un centone, ma ne vale la pena. Un motivo per non ascoltarlo: Se le band alternative rock non vi sono mai piaciute. La nuova tecnologia olografica scopre le sue meraviglie nell’ambito della grande mostra dedicata al rivoluzionario cantautore Fabrizio De André nell’Ara Pacis di Roma; a cura del gruppo internazionale di videoarte Studio Azzurro, l’allestimento racconta per immagini, documenti e schermi d'ultima generazione la carriera e la vita del più straordinario cantautore che l’Italia ricordi. Il percorso alterna documenti reali, quali lettere e appunti, a veri e propri giochi interattivi, uno dei tanti ispirato all’ultimo concerto di cui si sappia, che ha visto in scena gigantesche cartografie dei tarocchi. Rivoluzionaria la sezione dedicata agli eventi della vita del cantautore, divisa in scompartimenti olografici da attivare a proprio piacimento. Notevole anche la prima sala, dove un telo sottile che divide l’ambiente mostra e fa ascoltare spezzoni di interviste e canzoni sui grandi temi della poetica di De André. Alla sorprendente tecnologia si affianca l’arguzia dei testi, mélange perfetto tra divertimento e riflessione. Certamente si respira un’aria di novità, che non manca però di rendere giustizia al contesto sociale e di pensiero che vide De André protagonista e profeta. Un motivo per vederla: Gli amanti delle musiche e della poesia di Faber troveranno una divertente varietà di coinvolgimenti multimediali e non, per godere al meglio dei sempre attuali testi dell'artista pensatore. Un motivo per non vederla: Se la sala è affollata diventa tutto più difficile. Francesco Fiore, 19 anni Silvia Torre, 20 anni DA NON PERDERE Pigmeo Di Chuck Palahniuk, Mondadori 2009, 238 pp., 17 euro Tantissimi aficionados di Palahniuk sono rimasti delusi dal suo ultimo libro, Pigmeo, storia di un bambino di 13 anni che va in America con un progetto di scambio culturale e che ben presto si scoprirà essere un terrorista addestrato nel suo paese d’origine - un mai citato Stato mediorientale - alla lotta, ai principi della chimica e alla conoscenza approfondita delle armi da fuoco. Sarebbe stato paradossale che un tredicenne arabo conoscesse bene l’inglese: cosa ha pensato, quindi, il caro e vecchio Chuck? Di scrivere in prima persona il racconto in maniera del tutto sgrammaticata: “Prossimo poi, sorella scivolata oltre finestra, nero assorbito dentro notte di oggi. Solo permane rumore di accoppiamento di grillo. Ombra di sorella riversa dentro ombra, perde dentro no luce”. Viene quasi naturale fare i complimenti al traduttore, Matteo Colombo, che ha dovuto affrontare 238 pagine scritte a questa maniera, ma non dimentichiamoci che molto probabilmente l’effetto dato dalla lingua in cui è stato scritto è ben altro. In ogni caso, anche in italiano, il libro risulta affascinante, esplosivo, sorprendente, in pieno stile Palahniuk. Metodologie di scrittura a parte, si ritrova il leit motiv dei libri dello scrittore di Portland: l’attacco continuo e satireggiante nei confronti dell’America di oggi. Il ritratto che ne esce è quello di una nazione grottesca, feroce, fuori da ogni logica dei ben pensanti. l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t 50 IMMIGRAZIONE: La rotta per l’Italia COSTUME & SOCIETÀ 55 ECOLOGIA: Che cosa cresce sui nostri alberi? Immigrazione 50 LA ROTTA TUTTI ABBIAMO VISTO LE IMMAGINI DEGLI SBARCHI A LAMPEDUSA. QUELLA È PERÒ SOLO L’ULTIMA TAPPA DI UN VIAGGIO LUNGHISSIMO, COSTOSO E MOLTO PERICOLOSO CHE DAL 1988 A OGGI È COSTATO LA VITA A 15MILA PERSONE. ECCO UN PAIO DI BUONI MOTIVI PER CUI NESSUNO DI LORO VORREBBE RITORNARE A CASA di Daniele Mainelli, 18 anni Liceo scientifico “Avogadro” er un africano la vita che i cittadini dei Paesi europei conducono è invidiabile: non ci sono guerre civili logoranti e continue, il tenore di vita medio è stellare, specie se confrontato al loro, e quasi tutte le malattie sono curabili. È dunque chiaro perché decidano di entrare, anche clandestinamente, nel nostro Paese. Spesso li trattiamo male, li accusiamo di tutti i problemi che ci vengono in mente. Forse, se sapessimo cosa devono passare per arrivare fino a noi, penseremmo un po’ di più prima di parlare. Questa è la testimonianza di Tabù, un rifugiato politico congolese. P Il Ciad Per tutti coloro che desiderano imbarcarsi verso l’Italia, partendo da un qualunque paese del Centro Africa, la prima tappa è il Ciad. Qui dovranno trovare camionisti disposti a portarli in Libia, nascondendo dalle venti alle venticinque persone sui loro mezzi. «La traversata costa 100 dollari al giorno, che per noi africani equivale a circa un mese di lavoro». Il viaggio, purtroppo, non è tranquillo come si potrebbe pensare: ad un giorno e mezzo dal confine con la Libia, i conducenti dei camion spesso si fermano in mezzo al deserto, dicendo che il veicolo è guasto (non è un caso isolato: la maggioranza degli africani immigrati nel nostro Paese conferma questa versione, che sembra essere una prassi consolidata). Una volta scesi dal mezzo, spesso spogliati di ogni bene dai loschi conducenti che fanno ritorno in Ciad, i clandestini sono costretti a vagare nel deserto per ore, o giorni, senza cibo né acqua, senza neanche sapere la direzione verso cui andare. Durante questo tragitto così logorante, alcuni cadono vittime di gruppi di ribelli o banditi, altri muoiono perché incapaci di affrontare un viaggio tanto difficile. L’inferno delle prigioni libiche In Libia i lavori particolarmente pesanti o degradanti vengono lasciati ai clandestini. «Al confine col loro paese, cerchiamo altri congolesi per ricevere informazioni e, nel migliore dei casi, trovare un po’ di ospitalità. I libici offrono lavoro molto volentieri, ma il salario che pagano equivale ad un euro all’ora, per giornate di lavoro che durano fino a dieci ore». Di euro ne serviranno almeno mille per il trasporto sulle coste italiane. Ovviamente, la sicurezza di questa occupazione è minima, se non inesistente: «I libici che un giorno ti ospitano in casa e ti danno un mestiere possono decidere di denunciarti alla polizia perché ti arrestino». Molti perdono così il poco denaro ottenuto, e devono ricomin- 51 Da quando l’Italia ha siglato il protocollo d’intesa con la Libia, tentare la traversata è molto più difficile: secondo una stima dello stesso Ministero, gli sbarchi sarebbero diminuiti del 90%. Non a caso, denuncia l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, anche le domande di asilo politico inoltrate al nostro Paese sarebbero diminuite: dalle 30.492 domande presentate nel 2008 si è passati infatti a 17.603 richieste di protezione internazionale presentate nel 2009. Molte associazioni umanitarie hanno protestato contro quella che viene dipinta come una semplice “rimozione” del problema-rifugiati, assegnandolo in toto alla Libia, Paese che certo non brilla per rispetto dei diritti umani. ciare tutto da zero. Con la complicità di alcuni generali, alcuni clandestini riescono però a passare i posti di blocco in cambio di mille euro; diventeranno millecinquecento una volta giunti al porto. Qui, vengono fatti sdraiare sul rimorchio dei camion e coperti con un telone; arrivati sulle imbarcazioni, dovranno intraprendere un viaggio dalla durata variabile, in base alle condizioni climatiche e all’abilità dei piloti (alcuni dei quali non sanno nemmeno quale sia la rotta da seguire e finiscono per perdersi in mare insieme ai passeggeri). Nel migliore dei casi, una volta raggiunte le coste italiane, la polizia portuale li raccoglie e li trasporta nei centri di accoglienza, per selezionare chi potrà rimanere nel nostro Paese. Tuttavia, se l’imbarcazione viene fermata dalla guardia costiera libica, i clandestini vengono arrestati e trasportati nelle prigioni o nei campi di internamento allestiti nel deserto. Fatawhit, un’immigrata eritrea, racconta la sua prigionia: «Avevamo già lasciato le coste libiche da tre giorni. D’un tratto, in mezzo al mare vediamo delle piattaforme immense da cui escono lingue di fuoco. Proprio da lì è uscita una nave che ci ha abbordato, credo che l’equipaggio fosse per metà libico e per metà italiano. Quella barca ci ha scortato fino alle coste libiche e ci ha lasciato nelle mani della polizia; siamo stati prima portati per due mesi alla prigione di Djuazat, un mese a Misratah e otto mesi a Kufra. Venivamo trasferiti da una prigione all’altra in dei pulmini piccolissimi in cui venivano ammassate fino a 90 persone. Il viaggio è durato tre giorni e tre notti, non c'erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto bere l'urina, e a Misratah molte persone sono morte davanti ai miei occhi». «A Kufra – continua Fatawith – le condizioni di vita erano molto dure, in tutto c'erano 250 persone, 60 per stanza. Dormivamo in terra, senza neanche un materasso, c'era un unico bagno per tutti, ma si trovava all'interno della stanza e dunque c’era un fetore continuo. Era quasi impossibile lavarsi, e per questo molti si ammalavano. Mangiavamo una sola volta al giorno, quasi sempre riso. Ho visto molte donne violentate: i poliziotti entravano nella stanza, ne prendevano una e la stupravano in gruppo davanti a tutti. Molte di loro sono rimaste incinte e molte sono state obbligate a subire un aborto. Una volta un ragazzo ha cercato di scappare, voleva tornare nel suo Paese. Lo hanno preso e picchiato tanto da spezzargli le ossa, per poi lasciarlo andare. L'unico metodo per uscire dalle prigione libiche è pagare». Ma spesso chi riesce ad uscire in questo Il nostro intervistato Tabù Ma perché gli africani che hanno già intrapreso e superato questa marcia della morte non informano i loro connazionali dellʼaccaduto, così che evitino di rischiare la vita inutilmente? modo viene poi derubato di tutto ciò che gli resta un attimo dopo aver varcato la soglia della prigione. La vita nel Bel Paese Dopo questo racconto agghiacciante, Tabù ci ha detto della sorte di quanti, come lui, sono riusciti ad approdare sulle coste italiane; i centri di accoglienza danno ai clandestini la possibilità di imparare la nostra lingua e di cercare un lavoro, dando loro un letto e del cibo fintanto che non potranno provvedervi autonomamente. Oltre a questo, lo Stato italiano verifica tramite dei colloqui chi può rimanere nel nostro Paese, valutando le cause che hanno spinto il clandestino a lasciare il proprio paese utilizzando metodi illegali. In genere, i rifugiati politici ottengono un permesso di soggiorno da uno a dieci anni, che andrà rinnovato di volta in volta. Solo il 20% di chi sbarca sulle nostre spiagge riceve lo status di rifugiato. Il 65% circa di chi compila l’apposita domanda viene dichiarato bisognoso di protezione internazionale. Tutti gli altri dovranno ritornare nel loro Immigrazione 52 paese d’origine con mezzi propri: non è infatti lo Stato ad incaricarsi del loro rientro, né ad assicurarsi che effettivamente lo facciano, e questo è uno dei motivi per cui molti finiscono per alimentare il racket della malavita. Ma perché gli africani che hanno già intrapreso e superato questa marcia della morte non avvertono i loro connazionali dei pericoli che hanno dovuto scampare, evitando così che altri rischino di perdere la vita? Tabù ci ha svelato il mistero: «Molti informano la famiglia delle difficoltà del viaggio, ma vengono presi per bugiardi. Gli altri africani credono che si tratti di leggende, bugie inventate allo scopo di non farli arricchire». E che cosa succede a quanti, pur senza permesso di soggiorno, decidono di restare ugualmente in Italia? Molti, è vero, finiscono per alimentare il racket della malavita, ma la cronaca proprio di recente ci ha mostrato come tanti altri non siano disposti né al compromesso né allo sfruttamento da parte della mafia. Ci piace citare, a questo proposito, le parole di Roberto Saviano a proposito dei fatti di Rosario: «Gli africani sono gli unici ad aver mostrato chiaramente una non sopportazione del potere criminale. Certo le modalità possono essere criticate, ma bisogna guardare oltre: gli africani sono stufi di sopportare la malavita che gestisce la vita e la morte. Sarebbe un rischio criminalizzarli, perché vorrebbe dire spingerli nelle mani della criminalità». Rifugiato è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è stato espulso dal proprio Paese a causa di discriminazioni – politiche, religiose o razziali – e trova ospitalità in uno Stato straniero. Lo status di rifugiato è riconosciuto da diverse convenzioni internazionali (la prima fu siglata a Ginevra, in Svizzera, nel 1951) e permette di ricevere asilo politico. Nell’Unione Europea la norma che disciplina la materia è il cosiddetto Regolamento “Dublino II” (CE n. 343/2003), che ha sostituito fra gli Stati membri la preesistente Convenzione di Dublino del 1990. Nel regolamento si legge, fra l’altro, che ogni rifugiato ha diritto di vedere esaminata la propria domanda d’asilo dal Paese di ingresso, regola contro cui spesso protesta l’Italia in quanto si ritiene più esposta di altri Paesi ai flussi migratori. Le cifre però ci smentiscono: in Italia ci sono solo 47mila rifugiati, mentre il Regno Unito ne ospita 300mila, la Francia 150mila, addirittura i Paesi Bassi ci doppiano con 80mila circa. Anche nelle richieste di asilo annuali il nostro Paese è molto indietro: le nostre 17mila e passa domande ci lasciano molto staccati dalla vetta della classifica europea che vede in testa la Svezia (oltre 36mila richieste nel 2008), Francia (29mila), Regno Unito (28mila) e Grecia (25mila). Reportage Scuola Holden 53 CAMPER CITYTELLING UNA CITTÀ DA RACCONTARE METTERSI UN PAIO DI SCARPE E LANCIARSI ALLA (RI)SCOPERTA DELLA PROPRIA CITTÀ: IL NUOVO PROGETTO TARGATO SCUOLA HOLDEN E CAMPER CI FARÀ LETTERALMENTE LASCIARE LE ORME SULL'ASFALTO di Michele Barbero, 22 anni n una contemporaneità in cui le barriere tra reale e virtuale si fanno sempre più sottili, la Scuola Holden ha organizzato un concorso che ci riporta saldamente coi piedi per terra. O meglio, sull'asfalto. Il progetto, che si terrà tra il 15 aprile e il 15 maggio, si chiama "Camper Citytelling, una città da raccontare": un web-contest sponsorizzato dall'omonima azienda produttrice di calzature, basato sulla capacità di osservare e narrare i nostri centri metropolitani. I premi prevedono corsi di scrittura creativa in diverse scuole europee e, per il primo classificato, un week-end a Casa Camper, con scelta tra Barcellona e Berlino. Il concorso si preannuncia, insomma, allo stesso tempo ghiotto e stimolante. Un'occasione, per tanta gente, di lasciare idealmente un'orma indelebile sul cemento della propria città. Intervistiamo Simone Fenoil, responsabile Holden del progetto. Ci spiega da dove viene l’idea di questo concorso? “L’idea del concorso nasce dalla voglia di provare a mischiare la voglia di raccontare, di narrare, con l’azione del camminare. Che sono poi le due diverse sfere su cui lavorano la I Scuola Holden e Camper. Del resto, il cammino e la riflessione vanno da sempre di pari passo; e allora la sfida diventa riuscire a raccontare una sensazione, una pensiero, un qualcosa che ci colpisce o che ci può catturare mentre camminiamo per le strade della nostra città”. Perché avete deciso di dare tanto peso alla dimensione metropolitana? “La nostra quotidianità, purtroppo, non è fatta di foreste e prati, ma di uno spazio cittadino in cui viviamo immersi ogni giorno. E per questa ragione, forse, l’ambiente urbano è un paesaggio che rischia di diventare un fondale anonimo. Eppure mille storie si incrociano quotidianamente davanti ai nostri occhi senza che ce ne accorgiamo, così come molti angoli andrebbero riscoperti e valutati con un altro occhio. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, inoltre, la città può ispirare sentimenti contrastanti e opposti: accogliere, respingere, evocare scorci e luoghi lontani nel tempo e nello spazio. Vorremmo che tutte queste emozioni fossero l’ispirazione di chi scriverà per il concorso, raccontando luoghi e ricordi”. C’è una forma di scrittura, uno stile che si addica specificamente alla città? “Forse più che di uno stile, si può parlare di una attenzione: sono molti gli scrittori che hanno deciso di indagare l’ambiente cittadino, in Italia come all’estero. Gli autori che abbiamo coinvolto nel progetto come giudici hanno quella capacità descrittiva: ad esempio i libri di Enrico Brizzi sono impregnati di uno spazio cittadino (Bologna, Nizza, ecc.) che quasi partecipa all’azione; mentre invece Ian Sinclair ha scritto un libro sulle peregrinazioni dei suoi protagonisti lungo la tangenziale di Londra”. Quali sono i partner del concorso? E la sua portata internazionale? Sembra avere un respiro tutto europeo... “La cosa interessante è che il concorso è aperto in cinque lingue, e a contare sarà la padronanza di una di esse, non l’appartenenza ad un paese piuttosto che a un altro. Stiamo ancora limando le collaborazioni: per ora le scuole europee che concorreranno con la Scuola Holden e con Camper alla gestione del concorso sono la francese Aleph Ecriture e la spagnola Escuela de Escritores. La vera forza di questo progetto è proprio nella rete che abbiamo creato tra case editrici, scuole di scrittura e un’azienda internazionale e dal brand affermato del livello di Camper”. Cosa aspetti a partecipare? Maggiori informazioni saranno disponibili sul sito www.camper.com a partire dal 15 aprile; per contattare direttamente la Scuola Holden: [email protected]. Tel. 011-6632812. www.scuolaholden.it Risultati test 54 E TU, CHE CITTADINO SEI? (pag. 24) Punteggio: per ogni risposta A: 1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti Fino a 10 punti: Da 11 a 15 punti: Da 16 a 21 punti: Eroico Italiano Medio Cavernicolo Di fronte a una società dimentica dei valori che fanno di questo Paese una democrazia, vi ergete eroici nel vostro piccolo, gettando sempre negli appositi contenitori la spazzatura, aiutando chi è in difficoltà e attraversando sempre la strada sulle strisce pedonali. In molti vi prendono per dei noiosi bacchettoni o semplici sfigati conformisti, ma una volta tanto, il primo profilo del test è dalla vostra parte, perché comportarsi correttamente non può mai essere definito eccesso di zelo o pedanteria! Purtroppo è facile che, in un Paese come il nostro fortemente regolato da una burocrazia alienante (diciannovemila leggi contro le circa cinquemila della Francia), l'italiano medio – cittadino del Paese dei Furbi - tenda spesso ad agire infischiandosene delle regole fin troppo soffocanti, fino a dimenticare, però, il senso civico e le più basilari regole della convivenza civile; solitamente il profilo mediano è quello che suscita maggiore simpatia, ma stavolta una tiratina d'orecchi ci sta tutta. E vabbè, con voi è una battaglia persa in partenza... Siete mica per caso stati allevati da un branco di iene? Egoisti, egocentrici ed incivili, per voi il senso civico non è che una parola ignota e la Costituzione italiana un'assoluta sconosciuta... Con un tale potenziale non sfigurereste come parlamentari (e qui c'è poco da ribattere, cari benpensanti, l'ignoranza di molti nostri rappresentanti al Governo ci è stata mostrata apertamente in tutta la sua tristezza...). Datevi una regolata! Dopo “Piemonte Sotto i Venti” e “Liguria Sotto i Venti”, “Lazio Forteen” è la guida monografica a misura di teenager realizzata da Zai.net in collaborazione con Touring Club Italiano e promossa dalla Regione Lazio per gli studenti delle scuole medie inferiori. Tra abbazie, riserve naturali, antichi mestieri e leggende, tanti i suggestivi itinerari che vi porteranno alla scoperta dell’Appennino laziale. Se amate la natura e avete voglia di nuove emozioni, zaino in spalla... si parte! www.sottoiventi.it Lazio Forteen Ecologia 55 COSA CRESCE SUI NOSTRI ALBERI? CONTENITORI DI OLI ESAUSTI APPESI AI RAMI: UN'INIZIATIVA CHE PORTA A RIFLETTERE SU QUANTA STRADA CI SIA ANCORA DA COMPIERE PER UNA VERA TUTELA DELL'AMBIENTE, A PARTIRE DALLE NOSTRE CASE. DIETRO AL PROGETTO, GLI STUDENTI DI COMUNICAZIONE DELL’ISTITUTO “GIANCARDI” DI ALASSIO per cento viene restituito all'ambiente sotto forma di olio di frittura. Questo significa che restano da smaltire circa 280mila tonnellate di sostanze inquinanti provenienti soltanto dai nostri fornelli, che altrimenti andrebbero a n una fredda mattina di marzo gli abitanti di Alassio (Sv), rendere inutilizzabili le falde acquifere o a formare una peluscendo per andare a comprare il giornale, hanno trolicola su laghi e mari che rende impossibile l'ossigenazione vato via Torino, solitamente adorna di begli alberi di della flora e della fauna, e ne determina la morte. arance, invasa da oltre duecento contenitori per la raccolta Ma la denuncia di Alassio va innanzitutto contro l'inquinadomestica degli oli e dei grassi vegetali, appesi ai rami delle mento causato dagli stabilimenti, che rischiano di deturpapiante appena potate. L’iniziativa, voluta dall’assessorato re irreparabilmente il paesaggio naturale. La Liguria ha semall’Ambiente, è stata ideata dagli alunni del corso di comupre vivo il ricordo del lido di Cornigliano, nicazione e marketing dell’Istituto “F. dove un tempo si andava senza remore a Maria Giancardi”, in una vera e propria azione di guerriglia senz’armi nell’ambito I controlli sono fare il bagno “in città”, prima che l'Ilva vi impiantasse un altoforno e una distesa di del primo Ambient Space dedicato alle rari e spesso capannoni, ma questa situazione è comutematiche della raccolta e del trattamento superficiali ne a molte regioni d'Italia. I controlli sono dei rifiuti, nonché del recupero della filierari e spesso superficiali, disastri ambienra di oli e grassi esausti. La protesta è un tali magari poco evidenti nel breve periomodo originale per promuovere azioni do, ma irrecuperabili nel lungo, sono ovunque in atto. contro l'inquinamento dell'ambiente, dal momento che i La protesta ecologica di Alassio è un modo per sensibilizsistemi tradizionali di sensibilizzazione alla questione zare il cittadino comune alla raccolta domestica, ma anche immondizia non sembrano ancora funzionare a dovere, un'occasione per dare visibilità ad un problema che troppo almeno nel comune di Alassio. Partire dalla raccolta domespesso resta confinato negli uffici e nella burocrazia. Se l'estica degli oli e dei grassi vegetali è un primo, piccolo passo cologia oggi si dà per scontata, si rende necessario trovare per cambiare le abitudini anche delle grandi industrie. il modo di riportare il problema ambiente sulla bocca di tutti, anche con iniziative come i contenitori appesi agli Chi ben comincia... alberi. Chissà che i responsabili diretti e le istituzioni, con Il passo che si compie in casa non è affatto ininfluente: in questo monito tutti i giorni sotto gli occhi, non facciano da Italia ogni cittadino consuma circa 25 kg di olio e grasso oggi un po' più di attenzione! vegetale (fonte Ministero della Sanità), di cui circa il 20 di Maria Elena, 22 anni I La Liguria ha sempre vivo il ricordo del lido di Cornigliano, dove un tempo si andava senza remore a fare il bagno ʻin cittàʼ Un momento della “guerriglia senz’armi” A scuola di idee 56 GUTENBERG: UNA FIERA DEL LIBRO TUTTA PER NOI TRA “RAGIONI E PASSIONI”, AL LICEO “GALLUPPI” DI CATANZARO AUMENTA LA VOGLIA DI LEGGERE di Elena Dardano, 16 anni Liceo classico “Galluppi” i respira un certo fermento nell’atrio del Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro: docenti e studenti con locandine e manifesti in mano, pronti a tappezzare la scuola, camminano a stento tra cataste di libri. Sono da poco iniziati i preparativi per il tanto atteso Gutenberg, progetto giunto ormai all’ottava edizione che quest’anno sviluppa il tema “Ragioni e Passioni”, facendo riscoprire a noi ragazzi il profumo tutto particolare della carta stampata e dell’inchiostro e il piacere di trovare nuovi mondi, nuovi amici immaginari tra le pagine. Gutenberg coinvolge tutti gli studenti della scuola, che durante l’anno scolastico leggono i libri consigliati e li analizzano con l’aiuto dei docenti per poi avere, nelle S giornate conclusive di maggio, un confronto aperto con gli stessi autori dei testi o con studiosi che li commentano. Le giornate del Gutenberg sono, inoltre, intervallate da serate musicali, teatrali e altro, frutto del nostro lavoro annuale anche al di fuori della scuola. Per presentare al pubblico di Zai.net questa bellissima iniziativa, ho deciso di rivolgere qualche domanda al preside, Armando Vitale. Come e perché è nata l’idea del Gutenberg? «E’ nata dalla constatazione che le scuole devono vivere dentro un circuito culturale più ampio. Devono avere la capacità soprattutto di stabilire forti legami con il mondo della cultura. L’idea è stata quella di rendere stabile e permanente questo contatto forte con i luoghi e con i soggetti della produzione culturale, uscendo dall’occasionalità. Nei primissimi anni il liceo ha sviluppato iniziative, ma tutto accadeva al di fuori di un conte- 57 sto chiaro; noi abbiamo voluto trasformare quello che era estemporaneo in un progetto più strutturato, intorno al quale la scuola potesse lavorare nel suo insieme. Con Gutenberg abbiamo voluto recuperare un rapporto forte con il libro, ovviamente con un libro che non è il tradizionale manuale, ma un libro vivo, il libro dell’autore che si occupa di storie fantastiche e immaginate, o il libro dello storico che ricostruisce le memorie del passato, il libro del critico letterario che ci aiuta a penetrare il senso dell’opera dei grandi autori e così via». Il progetto coinvolge altri ordini scolastici? «Sì, molti altri: che l’intuizione di questo progetto sia stata giusta lo abbiamo visto quando anche altre scuole hanno cominciato ad aderire. Siamo arrivati quest’anno a una rete Gutenberg di oltre 40 istituti della Calabria; abbiamo iniziato con le superiori e adesso il nostro circuito comprende anche tante scuole elementari e medie». Come si organizza concretamente Gutenberg? «Beh, il segreto del Gutenberg è questo: si individua ogni anno un tema forte come “L’Occidente e l’altro” (Chi siamo? Chi sono i diversi da noi? Quali relazioni dobbiamo avere con i mondi “altri”?). Su questo argomento si scelgono dei libri da consigliare agli studenti. Le letture si organizzano per gruppi, le classi diventano laboratori di lettura. Alla fine ci sono una serie di giornate conclusive, solitamente nel mese di maggio, che vengono destinate all’incontro con gli autori, ma queste sono il punto d’arrivo, i momenti in cui cultura e festa si intrecciano. Ed è importante vedere che i ragazzi sanno confrontarsi con gli autori, porre domande interessanti, ascoltare fino in fondo, recepire gli aspetti rilevanti di una conversazione con l’autore. La fiera del libro è poi multimediale, ci sono manifestazioni di musica, c’è teatro, c’è cinema. Tutto questo grazie alla sensibilità crescente delle istituzioni regionali locali, che aiutano concretamente la fiera a vivere nella sua materialità». Quali sono i più importanti tra gli innumerevoli personaggi che hanno partecipato al progetto? «Abbiamo avuto tanti personaggi importanti, posso ricordare quelli più conosciuti, famosi anche sul piano mediatico, ospiti di trasmissioni televisive e che collaborano con grandi testate giornalistiche, Corriere della Sera, la Repubblica, il Giornale. Posso ricordare filosofi come Giulio Giorello, Remo Bodei; storici come Valerio Castronovo, Franco Cardini; figure eminenti della Chiesa cattolica, come il cardinale Angelo Scola; romanzieri dell’area del Medio Oriente, Younis Tawfik, presidente della comunità musulmana di Torino, che ha presentato il suo romanzo La straniera; Vincenzo Cerami e il suo libro, L’incontro; scienziati come Edoardo Boncinelli, Carlo Alberto Redi, il primo scienziato che ha clonato un topo. Personalità straniere come il drammaturgo Miklòs Hubay. In sette edizioni abbiamo avuto circa 120 studiosi, un piccolo record da questo punto di vista». Come pensa che il tema di quest’anno, “Ragioni e Passioni”, possa incidere su noi ragazzi e le nostre aspettative? «Col progetto di quest’ anno vogliamo proporre il gioco che c’è sempre tra la ragione e l’irrazionalità, tra la passione e il cinico disinteresse. Un gioco che a ben vedere c’è sempre stato: penso a Giordano Bruno. Spiegheremo, per esempio, di quali ragioni e di quante passione erano dotati gli uomini che hanno fatto il Risorgimento. Imposteremo una riflessione sull’Unità d’Italia: nel 2011 sarà il 150° anniversario. Ci vogliamo chiedere, quindi, com’è l’Italia di oggi? Che progetti avevano i nostri antenati? Lo faremo con uno storico, Walter Barberi, del comitato nazionale del 150°, che ha scritto un bellissimo libro, Bisogno di Patria, e Lucio Villari, con Bella e Perduta che rammenta il coro del Nabucco di Verdi». Immaginava che il progetto sarebbe arrivato all’ottava edizione? «Il primo anno ero perplesso; pensavo si trattasse di un’avventura che valeva la pena tentare, che forse ce l’avremo fatta per un altro anno, per altri due, ma non immaginavo che potesse assumere queste dimensioni; evidentemente, abbiamo toccato un tasto sensibile, ed evidentemente i giovani non hanno deciso che apparterranno alla “Repubblica dei Non Lettori”, si vogliono iscrivere alla “Repubblica dei Lettori”, che spero sia sempre più vasta». Termina così l’intervista e ringrazio di cuore il preside Vitale per la sua disponibilità e accoglienza. Pensando di interpretare il pensiero degli altri studenti del Liceo, lo faccio anche per le tante occasioni di crescita culturale avute in questi anni, che ci hanno permesso di intrecciare nozioni ragionate e passioni. Elena Dardano in uno stand. Nella pagina accanto, momenti delle passate edizioni; il preside Armando Vitale è ripreso nella prima foto in alto Mondovisione reste ignorato 58 Notizie che av CILE Trema la terra e la democrazia Sotto le macerie del terribile terremoto che ha colpito il Cile il 27 febbraio scorso non sono rimaste solo le oltre 700 vittime. A crollare, dice The Nation (Stati Uniti), è l’immagine stessa del Paese. Il Cile, infatti, è stato a lungo dipinto come un’isola felice, dove il reddito pro capite cresce a dismisura e la povertà è in via di estinzione. Questo mito, nato durante la dittatura del generale Augusto Pinochet e portato avanti dopo la sua caduta dai governi democratici, si è sbriciolato sotto le contraddizioni che la calamità del terremoto ha fatto esplodere. All’emergenza il governo ha risposto con truppe corazzate e un coprifuoco di 18 ore, mentre una valanga di messaggi su Twitter chiedeva di sparare contro i saccheggiatori. Di colpo, la democrazia cilena è sembrata meno stabile, e il Paese è sembrato sfilacciato come prima del golpe. È vero, infatti, che il reddito pro capite è aumentato, ma il 14% della popolazione vive ancora sotto la soglia di povertà. In più, seguendo in questo la politica ultraliberista del generale Pinochet, i governi democratici, dagli anni Novanta in poi, hanno avviato una lunga serie di privatizzazioni dei servizi essenziali, dall’università alla rete elettrica. È aumentato il reddito in Cile, ma anche le disuguaglianze. FINLANDIA L’atomo fuggente Dopo il disastro di Chernobyl (Ucraina) del 1986, tutta Europa è pronta a tornare sui propri passi, e quasi tutta l’Ue è pronta a costruire nuove centrali. Una di queste, in particolare, sarà il fiore all’occhiello della tecnologia atomica più avanzata. La centrale è quella di Olkiluoto, in Finlandia, un bestione da 1600 megawatt che dovrebbe montare un reattore Epr (reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata), la cosiddetta “terza generazione”. Il condizionale, stando a Internazionale (Italia), è d’obbligo: i ritardi e gli errori di costruzione si moltiplicano di continuo, tanto che l’apertura dell’impianto è slittata dal 2009, al 2011, al 2013; i costi, poi, sono più che raddoppiati. Il direttore dei lavori spiega questi ritardi con i rigorosi standard di sicurezza finlandesi e con le inadempienze di Areva, ditta francese incaricata dei lavori. Problemi loro? Non tanto. A parte che un’eventuale nube radioattiva impiegherebbe ben poco tempo a raggiungere le Alpi, c’è da far notare un dato inquietante: Areva è “la ditta francese leader nel settore” incaricata di costruire in Italia le nuove centrali volute dal governo Berlusconi. E gli standard di sicurezza italiani, si sa, specie se “oliati” a dovere, sono molto meno rigorosi di quelli finlandesi. 59 ISRAELE L’epidemia di Rabbia Hamas ha vinto ancora. Il 9 marzo scorso il governo israeliano, guidato dall’estremista di destra Benjamin Netanyahu, ha annunciato la costruzione di 1600 nuove case, ignorando la contrarietà più volte espressa dagli Stati Uniti: gli alloggi saranno infatti costruiti a Gerusalemme Est, la parte della Città Santa indicata da numerosi trattati come capitale del futuro Stato palestinese e occupata da Israele nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni. Hamas, l’organizzazione terroristica alla guida del governo dei Territori, ha risposto proclamando il 16 marzo la “Giornata della Rabbia”, che ha visto gravi scontri di piazza. Tutto questo fa chiedere a Obama se Israele sia davvero l’alleato irrinunciabile che i politici americani hanno sempre creduto: l’atteggiamento irresponsabile di Netanyahu, infatti, compromette la sicurezza dell’intera regione, aizzando contro l’Occidente anche gli Stati arabi più moderati (la stretta su Gerusalemme dà alla vicenda i contorni di una guerra di religione), e non era mai successo che un governo israeliano mancasse tanto platealmente di rispetto agli Usa, suoi principali difensori. Presto il premier israeliano andrà in visita a Washington; il Financial Times (Gran Bretagna) chiede a Obama di fargli capire che ha passato il segno. ETIOPIA La rivolta delle schiave Quando le donne etiopi pensano al giorno del loro matrimonio, spesso piangono, ma non di gioia. Nel 2003 il 69% dei matrimoni celebrati nel Paese africano erano frutto di un sequestro: la donna viene rapita e violentata, e, a quel punto, non ha altra scelta che sposare il suo stupratore, perché una donna non più vergine non la vuole nessuno. Quella dei matrimoni forzati è una piaga sociale che solo nel 2005 è stata resa illegale: prima era perfettamente lecito. Peccato, però, che in Etiopia l’autorità del governo non riesca a spingersi molto più in là della capitale Addis Abeba, e che nelle zone più remote valgano ancora le regole tribali, come ha dimostrato la vicenda di una tredicenne che si è vista respingere dal tribunale del suo villaggio la richiesta di abbandonare il suo marito-aguzzino: il giudice sosteneva che l’uomo l’aveva rapita per amore. Ribellarsi però è possibile, scrive l’Independent (Gran Bretagna). Lo ha fatto Boge Gebre, fondatrice della Kmg, “Donne di Kembatta (una città etiope, ndr) insieme”, cui partecipano uomini e donne. Il lavoro di sensibilizzazione portato avanti dall’associazione riesce a convincere anche molti uomini come Alemu Kinole, un tempo incallito rapitore di donne e oggi attivista. Cambiare si può, cambiare si deve. Elaborazione grafica delle bandiere: www.33ff.com/flags TI N E M A NT U P AP A cura di Caterina Mascolo, 21 anni TUTTO IL MESE ROMA Lasciatevi catturare da due mostre d’eccezione! Alle Scuderie del Quirinale potrete ammirare i capolavori di Caravaggio, uno dei pittori più affascinanti di tutti i secoli. Genio, maestria e tinte fosche caratterizzano molte delle pitture in esposizione, ben trenta delle quaranta opere attribuite con certezza al Merisi… come seguire un’intera carriera sala dopo sala, insomma! Un altro appuntamento importante è “L’età della conquista” ai Musei capitolini. Se vi interessa l’età repubblicana sarete soddisfatti da una vera summa di opere esemplificative del “gusto d’epoca”! Dal ritratto di Cicerone alle copie dei Tirannicidi, dalla Giunone Cesi alle coppe e ai crateri tutto concorrerà a permettervi di inquadrare meglio un’ importante tappa di Roma. Due eventi imperdibili… valgono bene anche un week-end in trasferta! Un unico consiglio: prenotate i biglietti, così da non dover sopportare lunghe ed estenuanti attese! 3 Dal al 5 APRILE MILANO Si parte da qui per un’emozionante tre-giorni nella Liguria meno nota e battuta. Se non avete mai provato l’emozione di trascorrere una notte in un rifugio (o al contrario, se volete replicare una fantastica esperienza), se volete cenare attorno ad un fuoco, con il naso rivolto alle stelle… non vi resta che preparare lo zaino! Il percorso si snoderà tra mare, ulivi, monti, panorami da mozzare il fiato. Il giro è per veri escursionisti (non dimenticate la torcia!) quindi si astengano i pigri e chi non ama le lunghe passeggiate! Per maggiori info navigate sul sito www.zainoinspalla.it 16 APRILE APRILE ROMA Ecco la giornata culminante di “Vivere di periferia”! Dal mattino fino al pomeriggio nell’Auditorium della Mediateca del Centro Culturale St-Louis de France si svolgerà la premiazione dei migliori lavori nazionali e internazionali, con testimonianze, dibattiti e proiezione dei video più interessanti. Ospite della giornata il fotografo Enrico Bartolucci, che imbastirà un’interessante discussione sui lavori fotografici dei giovani partecipanti. Subito dopo verrà proiettato il film “Les Lascars”, vivace pellicola del 2009 che narra le comiche sventure vacanziere di alcuni ragazzi francesi. www.viverediperiferia.it 5 APRILE COLLEGNO (TO) Il bikini può aspettare… come rinunciare alle prelibatezze del cioccolato pasquale? Se volete ispirarvi per dei regalini originali, oppure per curiosare tra le novità della stagione, non mancate alla fiera di Collegno! Su viale Gramsci più di 50 produttori agricoli/hobbisti/operatori esporranno i loro prodotti, se volete soddisfare qualsiasi curiosità non avete che da chiedere! Grande ospite anche la musica, tra cori gospel e musica country. Se sarete puntuali, riceverete anche degli omaggi a partire dalle ore 11,00 (attenti a non far terminare le scorte… altrimenti rimarrete a bocca asciutta!) 16 e 61 17 23 APRILE PARMA L’auditorium Paganini sarà il palcoscenico ideale per l’esibizione di Simone Cristicchi, uno dei cantautori più apprezzati del panorama italiano. Dopo il Festival di Sanremo ed il nuovo album “Grand Hotel Cristicchi2” parte, dunque, la tournée del poliedrico artista. Il titolo del disco richiama le vicende dell’autore, tutti i pezzi infatti sono nati nelle camere d’albergo, tra uno spostamento e l’altro. Lo accompagneranno i bravissimi musicisti dello “Gnu Quartet”. Cercate via internet quando questa scapestrata banda approderà nella vostra città! Oltre alle nuove canzoni e ad alcuni brani inediti saranno rispolverati anche i vecchi successi, in primis “Vorrei cantare come Biagio”, tutti però riarrangiati e riletti. Una buona occasione per ascoltare musica divertente, ma anche per riflettere! GENOVA Un afflusso di storie e canzoni, personaggi e imitazioni dello showman italiano per antonomasia, Fiorello. Per il suo Fiorello Show porta in giro per i Palasport italiani tutta la sua verve comica e artistica. Il 16 e il 17 aprile è al Vaillant Palace di Genova, pronto a far divertire il pubblico ligure in questo spettacolo che cambia in ogni data. Dal Dal 21 al 25 APRILE PERUGIA Zai.net è al Festival Internazionale del Giornalismo con quattro incontri: Il calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione; Il movimento studentesco e i media; La storia per chi non c'era; Giovani, giornalismo e precariato. 25 APRILE “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”. Queste le parole di Pietro Calamandrei sulla Resistenza, ed in questa giornata ognuno di noi dovrebbe ricordare l’opposizione che permise la nascita della Repubblica. Numerose le iniziative in ogni città: a voi informarvi e partecipare, ad esempio, a cortei come a dibattiti di discussione storica. APRILE 27 APRILE al 28 MAGGIO TORINO In scena al teatro Alfieri Il ritratto di Dorian Gray con attori e costumi davvero eccezionali. Il testo sarà riproposto in trasposizione musicale, meritevoli anche le coreografie. Un ottimo pretesto per gustarsi un classico della letteratura in chiave innovativa e particolare! Un consiglio: leggete il libro prima di vedere lo spettacolo, vi godrete di più ogni singola scena! Cruciripasso 62 UPGRADE: 1,2,3... SCIENZE! NUOVO MESE, NUOVO GIOCO: UNO DEGLI ELEMENTI CHIMICI CHE INCONTRERETE È UTILIZZATO NEI TELEFONI CELLULARI. QUALE? UN PREMIO IN PALIO PER CHI RISPONDE PIU' VELOCEMENTE! ORIZZONTALI 1. Boyle ne diede la prima definizione moderna 10. Il simbolo del Cesio 12. E' parte della radiazione elettromagnetica 13. Determina la posizione di un oggetto nello spazio 14. Il simbolo dell'Americio 16. La punta dell'iceberg 18. Sistema di alimentazione dei motori a combustione 23. Prefisso greco che indica il fegato 25. Strumento ottico usato in topografia e nella navigazione 26. Fase del sonno 27. Strato inferiore della crosta terrestre 28. Vi si propagano i fenomeni elettromagnetici 30. Gas liquido dall'odore ammoniacale 33. L'inizio del Triassico 35. Simbolo dell'intensità di un campo magnetico nel sistema CGS 36. Area inclusa in territori desertici nei paesi caldi 38. Silicato di magnesio 39. Sale dell'acido carbonico 42. Il simbolo dell'Attinio 43. Hanno due sistemi di respirazione 44. Termine delle leghe 47. L'inizio dell'Astronomia 48. La parte meno appariscente della cometa 49. Liquido presente nelle piante 51. Antagonisti degli acidi 53. Elemento chimico che ha per simbolo Yb 54. ll nostro satellite senza pari 55. Gli estremi di ibridazione 56. Costituita d'aria 58. Forma di erosione dei terreni argillosi VERTICALI 1. Curva algebrica della famiglia delle coniche 2. Il simbolo del Lutezio 3. Oscuramento parziale o totale di un astro 4. Simbolo del Tellurio 5. Simbolo dell'Iridio 6. Parte di tessuto muscolare 7. L'inizio dell'idrolisi 8. Tomografia Assiale Computerizzata 9. Simbolo dell'Argo 11. Metà dei sali 15. Trasforma l'energia meccanica in elettrica Una sbirciatina, piccola, alle soluzioni sul sito: www.zai.net Per inviare la risposta al gioco, scrivete a [email protected] 16. Fra due soluzioni a contatto, quella a pressione osmotica più elevata 17. Apparecchiatura che rileva particelle ionizzanti 19. Simbolo del Neon 20. Alcol usato in medicina 21. Lega a base di zinco 22. L'inizio dell'ottica 23. Suddivisioni della cronologia geologica 24. L'inizio dell'onda 28. Inflow: flusso in… 29. Il simbolo del Tantalio 31. Gruppo di rocce eruttive 32. Studia il moto dei corpi 34. Amminoacido contenuto nell'emoglobina 37. Ione dimezzato 38. Lesioni 40. Gli estremi dell'unità del barn 41. Ossigeno e Fluoro 45. Lo è l'ENEA 46. La causa l'attrazione lunare 50. Simbolo del Ferro 52. L'inizio del creazionismo 56. Gli estremi dell'apogeo 57. Simbolo del Radio Oroscopo a cura di Cassandra Segno del mese Ariete Ariete Affari di cuore Marzo vi ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma aprile scuote un po’ troppo gli ormoni. Amicizia & famiglia Ok, avete dato spazio alle public relations durante marzo ma… non dimenticate gli impegni lavorativi/scolastici? Consiglio Una bella conferenza al Festival del Giornalismo di Perugia! 21 marzo - 21 aprile 63 Toro 21/04 - 21/05 Affari di cuore Godetevi il momento che si sta profilando, ne avevate decisamente bisogno e diciamo che ve lo siete anche meritato! Amicizia & famiglia Continuate a camminare sul filo del rasoio con maestria, bravi! Non è un ottimo periodo per le pubbliche relazioni, ma sarete in grado di cavarvela. Consiglio Un bel pomeriggio di svago, ogni tanto serve! Gemelli 21/05 - 21/06 Affari di cuore L’inverno vi ha letteralmente ibernato il cuore o cosa? Non la sentite la primavera? Gli uccellini, i fiori che sbocciano… no? Provate un forno a microonde, allora: scioglietevi! Amicizia & famiglia Dovrete faticare ancora un altro po’, per poi godervi la situazione! Ancora uno sforzo! Consiglio Perché non incontrate qualcuno di nuovo? Lasciatevi andare! Cancro Leone Vergine 22/06 - 22/07 23/07 - 23/08 24/08 - 23/09 Affari di cuore Uhm… non vorrei fare l’uccellaccio del malaugurio, ma se non eliminate quella smorfia acida dal vostro viso… solo gli amanti dello yogurt scaduto si faranno vivi! Amicizia & famiglia Avete decisamente passato il segno, ma evidentemente era il momento di abbandonare vecchie abitudini. In bocca al lupo! Consiglio Fate qualcosa di inaspettato! Affari di cuore Questo attimo fuggente non riuscite proprio a coglierlo, eh? Pare che le chiome fluenti vi facciano andare nel pallone ma… vedete di darvi una mossa: nella savana ci sono le iene, sapete? Amicizia & famiglia Le delusioni che ci sono state serviranno solo a darvi una spinta in più. Dateci dentro! Consiglio Un weekend fuori porta! Affari di cuore Non ce la fate più, ok, ci siamo arrivati… ma qualche pianeta mi dice che ci saranno degli avvistamenti interessanti. Amicizia & famiglia Che dire? Va proprio alla grande al momento! Sono proprio felice per voi, ve lo meritate! Attenzione però allo studio, Meglio non lasciar correre troppo! Consiglio Un bel film al cinema. Bilancia Scorpione Sagittario 24/9 - 22/10 23/10 - 22/11 23/11 - 21/12 Affari di cuore Vi avevo detto di non adagiarvi o sbaglio? Insomma, sembra che tutto vi sia dovuto! Il partner non è propriamente d’accordo! Amicizia & famiglia Non avete rovinato l’atmosfera, complimenti! Ora però, ragazzuoli cari, non potete pretendere che tutto il mondo stia ai vostri piedi! Su, un po’ di buon senso! Consiglio Un pizzico di umiltà e tutto meglio funzionerà! Affari di cuore Possibile che non vi siate accorti di nulla? Non ditemi che non vedete quella persona che sarebbe pronta a tutto! Amicizia & famiglia Avete dato una bella svolta alla vostra vita, adesso però non fate indigestione di troppa indipendenza. Consiglio State un pochino attenti alla salute, potreste essere cagionevoli! Affari di cuore Dopo un marzo stellare… questo aprile parte un po’ al rallentatore, ma ho fiducia in voi, nella vostra fantasia e spirito di iniziativa: stupitemi! Amicizia & famiglia Che ne dite di dare un’occhiata a quei libri impolverati? So che non sono molto invitanti, ma in questo momento ne avete bisogno! Consiglio Perché non adottare un piccolo animale domestico? Capricorno Acquario Pesci 22/12 - 21/01 21/01 - 19/02 20/02 -20/03 Affari di cuore Date retta ai pianeti e lasciate che le vostre buone abitudini tornino al loro posto! Amicizia & famiglia Avete svegliato il can che dorme ma si sa, can che abbaia non morde… perlomeno fino a quando non vi ha troppo sotto tiro! Quindi… dategli qualche crocchetta! Consiglio Che ne dite di un bel giro in bici? Con questo sole! Affari di cuore La solitudine continua a farvi compagnia, insieme all’immagine della Pausini che vi perseguita ma… tenete duro! Amicizia & famiglia La congiunzione astrale sta passando e se non vi sbrigate a continuare nei vostri intenti di rattoppamento… le cose potrebbero sfasciarsi improvvisamente! Consiglio Un bel concerto! Affari di cuore Ma non vi rendete conto che c’è anche chi soffre per amore? Voi siete veramente invidiabilissimi sotto questo punto di vista: da non credere! Amicizia & famiglia Sotto questo punto di vista devo dire che qualche pecca c’è, eh! Come mai non riuscite a coordinare un po’ tutte e due le cose? Consiglio Perché non provate a fare un po’ di nuovi acquisti?